Categoria: Cassazione civile
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Cassazione Civile, Sez. 6, 24 maggio 2018, n. 12986 - Diritto alla rendita per malattia professionale


 

Presidente: DORONZO ADRIANA Relatore: SPENA FRANCESCA Data pubblicazione: 24/05/2018

 

 

 

Rilevato
che la Corte d'Appello di Messina, con sentenza del 22 marzo- 26 aprile 2016 numero 478, respingeva l'appello di V.C. avverso la sentenza del Tribunale di BARCELLONA POZZO DI GOTTO, che aveva dichiarato inammissibile la domanda proposta dal V.C. nei confronti dell' INAIL per il riconoscimento del diritto alla rendita per malattia professionale;
che la Corte territoriale rilevava che il ricorrente aveva proposto in primo grado una domanda ( attribuzione della rendita, all'esito della domanda amministrativa luglio 1994) identica a quella azionata con precedente ricorso, proposto nell'anno 1996, definito con giudicato di riconoscimento della rendita in misura del 15%. L'atto introduttivo non conteneva, invece, alcun riferimento al precedente giudicato né ad una successiva domanda di aggravamento né ai fatti inerenti all'aggravamento della malattia. La domanda relativa all'aggravamento non poteva essere proposta per la prima volta in appello ;
che avverso la sentenza ha proposto ricorso V.C., articolato in cinque motivi, cui ha resistito con controricorso l'INAIL;
che la proposta del relatore è stata comunicata alle parti— unitamente al decreto di fissazione dell'udienza— ai sensi dell'articolo 380 bis codice di procedura civile
 

 

Considerato

 

che il collegio ha disposto la redazione della motivazione in forma semplificata;
che il ricorrente ha dedotto: 
- con il primo motivo— ai sensi dell'articolo 360 numero 3 codice di procedura civile— violazione dell'articolo 53 d.p.r, 1124/1965.
Ha censurato la sentenza per avere considerato nuova la domanda di adeguamento della rendita per aggravamento delle proprie condizioni di salute laddove non poteva essere ritenuta nuova— né in sede amministrativa né in sede giudiziaria— una domanda di prestazione assicurativa erroneamente qualificata: il lavoratore aveva obbligo unicamente di presentare domanda della prestazione; la riqualificazione avrebbe dovuto essere operata dal giudice, anche nel grado di appello;
- con il secondo motivo— ai sensi dell'articolo 360 numero 3 codice di procedura civile— violazione dell'articolo 112 per omessa pronuncia sulla domanda di aggravamento delle proprie condizioni di salute
- con il terzo motivo — ai sensi dell'articolo 360 nr.3 codice di procedura civile— violazione dell'articolo 149 delle disposizioni di attuazione al codice di procedura civile, esponendo che a tenore della norma citata doveva essere accertato l'aggravamento delle condizioni di salute verificatosi in corso di causa;
- con il quarto e quinto motivo — ai sensi dell'articolo 360 nr. 3 e nr. 5 codice di procedura civile- violazione dell'articolo 112 del codice di procedura civile ed omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ed oggetto di discussione tra le parti, per non avere la corte di merito disposto la richiesta consulenza tecnica d'ufficio;
che ritiene il Collegio si debba rigettare il ricorso;
che i motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per la loro stretta connessione, sono infondati. Decisivo è il rilievo che, per quanto si legge nella sentenza impugnata, nel primo grado non erano stati allegati «fatti e circostanze inerenti al preteso aggravamento della malattia professionale» (pagina 3 della sentenza); pertanto, diversamente da quanto si assume con il primo motivo, non vi era questione di mera riqualificazione della domanda ma inammissibile introduzione di fatti nuovi nel grado di appello, come correttamente osservato nella sentenza impugnata.
Ne consegue la infondatezza delle censure di omessa pronunzia, svolte con il secondo ed il quarto motivo e di vizio della motivazione, oggetto del quinto motivo; appare, altresì, evidente non essere conferente il richiamo alle previsioni dell'articolo 149 disp.att.cod.proc.civ., poiché non si verte in ipotesi di modifica delle infermità in corso di giudizio ma di mancata allegazione di fatti preesistenti.
che, essendo da condividere la proposta del relatore, il ricorso deve essere respinto;
che le spese di causa, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;
che, trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013, sussistono le condizioni per dare atto- ai sensi dell'alt.1 co 17 L. 228/2012 ( che ha aggiunto il comma 1 quater all'art. 13 DPR 115/2002) - della sussistenza dell'obbligo di versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione integralmente rigettata .
 

 

P.Q.M.

 


La Corte rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in €
200 per spese ed € 2.000 per compensi professionali oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell'alt. 13 co. 1 quater del DPR 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma nella adunanza camerale del 21 febbraio 2018