Cassazione Civile, Sez. 6, 01 giugno 2018, n. 14054 - Sospensione della prescrizione triennale dell'azione per il riconoscimento delle prestazioni da infortunio sul lavoro e malattie professionali


 

 

 

Presidente: CURZIO PIETRO Relatore: GHINOY PAOLA Data pubblicazione: 01/06/2018

 

 

 

Rilevato che:

 

1. Il Tribunale di L'Aquila accoglieva la domanda di V.F., volta ad ottenere la condanna dell'INAIL al pagamento della rendita ai superstiti ex art. 85, commi 1 e 2, del DPR 1124/1965, oltre al rimborso delle spese funerarie, previo riconoscimento dell'origine professionale del melanoma che aveva cagionato il 6 settembre 2007 il decesso del coniuge L.V.P.;
2. la Corte d' Appello della stessa città accoglieva il gravame proposto dall'Inail e, in riforma della sentenza appellata, rigettava la domanda, ritenendo maturata la prescrizione prevista dall'art. 112 del T.U. n. 1124 del 1965 , essendo stato depositato il ricorso introduttivo del giudizio solo in data 19/12/2013, oltre i termine di tre anni dalla scadenza dei 150 giorni successivi alla presentazione della domanda (dell'agosto 2008), previsti dall'art. 111 comma 3 del medesimo T.U. per l'esaurimento del procedimento amministrativo;
5. V.F. ha proposto ricorso per la cassazione di tale sentenza, affidato a 2 motivi, illustrati anche con memoria ex art. 380 bis comma 2 c.p.c.
6. l'Inail ha resistito con controricorso.
 

 

Considerato che:
1. con il primo motivo di ricorso viene denunciato, ex art. 360 n. 5 c.p.c., l'omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, in quanto la Corte d'Appello non avrebbe tenuto in adeguata considerazione, ai fini dell'interruzione della prescrizione ex art. 112 del d.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124, la presentazione del ricorso amministrativo in data 5/10/2010, all'esito del quale l'Inail aveva emesso in data 14/3/2011 un provvedimento interlocutorio per il riesame della domanda ed un successivo rigetto comunicato con nota del 1/7/2011, nonché la collegiale medica del 27 giugno 2011, nella quale si sollecitava una definizione positiva della pratica.
2. Con il secondo motivo di ricorso viene denunciata, ex art. 360 n. 3 c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 104 e 111 del D.P.R. 1124/1965, stante l'erronea individuazione, da parte del Giudice di secondo grado, del dies a quo da cui computare i 150 giorni per la definizione del procedimento amministrativo, che dovrebbero esser fatti decorrere dal ricorso amministrativo del 5/10/2010, non essendosi l'Inail in precedenza pronunciato sulla domanda.
3. Il ricorso non è fondato.
Esaminando preliminarmente il secondo motivo, anteriore in ordine logico, occorre qui ribadire che la sospensione della prescrizione triennale dell'azione per il riconoscimento delle prestazioni da infortunio sul lavoro e malattie professionali, di cui all'articolo 111, secondo comma, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, opera limitatamente al decorso dei centocinquanta giorni previsti per la liquidazione amministrativa delle indennità dal terzo comma della stessa disposizione: la mancata pronuncia definitiva dell'INAIL entro il suddetto termine configura un' ipotesi di "silenzio significativo" della reiezione dell'istanza dell'assicurato e comporta, quindi, l'esaurimento del procedimento amministrativo e, con esso, la cessazione della sospensione della prescrizione (v. Cass. n. 211 del 12/01/2015, Cass. n. 17822 del 30/08/2011, Cass. n. 25261 del 04/12/2007).
Correttamente dunque la Corte territoriale ha fatto decorrere la prescrizione dal decorso dei 150 giorni successivi alla presentazione della domanda amministrativa del 2008, non potendo conseguire una nuova sospensione al ricorso amministrativo del 2010, quando già si era formato il silenzio-rigetto da parte dell'ente, né rilevando i successivi atti da questo adottati.
4. Passando quindi ad esaminare il primo motivo, si rileva che la prescrizione delle azioni per conseguire le prestazioni dell’Inail di cui all'art. 112 d.P.R. n. 1124 del 1965 può legittimamente essere interrotta, secondo le norme del codice civile, non solo con la proposizione dell'azione in giudizio, ma anche con idonei atti stragiudiziali (v. Cass. Sez. U, n. 783 del 16/11/1999, Cass. n. 5609 del 04/05/2000) .
Ne consegue che se il ricorso amministrativo del 5/10/2010 poteva valere ad interrompere la prescrizione, da tale data iniziava a decorrere un nuovo termine triennale, scaduto però nel caso anteriormente alla proposizione dell'azione giudiziaria, avvenuta con ricorso depositato il 19.12.2013.
Lo stesso valore interruttivo non poteva invece assumere la collegiale medica, nella quale i periti non hanno potere di rappresentanza della parte, essendo loro attribuita solo la funzione accertativa strumentale e preordinata all'adozione del provvedimento di attribuzione della prestazione (v. Cass. n. 1393 del 06/06/1964, Cass. n. 16569 del 07/08/2015)
5. Per tali motivi, condividendo il Collegio la proposta del relatore, il ricorso, manifestamente infondato, va rigettato con ordinanza in camera di consiglio, ai sensi dell'art. 375, comma 1, n. 5, cod. proc. civ..
6. La regolamentazione delle spese processuali segue la soccombenza.
7. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall'alt. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall'alt. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 .
 

 

P.Q.M.
 

 

rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 2.500,00 per compensi, oltre ad € 200,00 per esborsi, rimborso spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell'art. 13, co. 1 quater, del d.lgs. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 5.4.2018