Categoria: Cassazione penale
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Cassazione Penale, Sez. 1, 13 giugno 2018, n. 27227 - Lesioni colpose gravi commesse con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro. Trattamento sanzionatorio


 

 

Presidente: DI TOMASSI MARIASTEFANIA Relatore: CENTOFANTI FRANCESCO Data Udienza: 27/04/2018

 

 

 

FattoDiritto

 

1. Con sentenza ex art. 444 cod. proc. pen., pronunciata il 21 settembre 2015, irrevocabile dal 9 ottobre 2015, il Tribunale di Genova applicava ad E.L. la pena di otto mesi di reclusione, in ordine al reato di cui all'art. 590, primo e terzo comma, prima ipotesi, cod. pen., in relazione all'art. 583, primo comma, n. 1), dello stesso codice (lesioni colpose gravi, commesse con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro).
Il calcolo della pena muoveva dalla quella base di diciotto mesi di reclusione, ridotta a dodici mesi a seguito del riconoscimento delle attenuanti generiche, ulteriormente ridotta di un terzo per il rito.
2. Con successiva istanza E.L. proponeva incidente di esecuzione, lamentando l'illegalità della pena come sopra determinata, a partire da una base superiore al massimo edittale stabilito per la fattispecie contestata, aggravanti incluse, per giungere, all'esito del giudizio di comparazione (e dell'implicito giudizio di prevalenze delle attenuanti), ad una pena conclusiva nuovamente superiore, tenuto anche conto della diminuente del rito, al limite consentito.
Con il provvedimento in epigrafe l'adito Tribunale di Genova dichiarava l'istanza inammissibile, negando che la pena applicata fosse contra legem, rilevando che l'errore di calcolo avrebbe dovuto essere risolto mediante la tempestiva impugnazione della sentenza ed affermando che la rideterminazione in executivis del trattamento sanzionatorio fosse possibile solo a fronte di declaratoria d'illegittimità costituzionale o di sentenza della Corte EDU da cui nascesse un obbligo di conformazione.
3. Ricorre per cassazione il difensore di fiducia dell'interessato, sulla base di duplice motivo, tramite cui la decisione impugnata è censurata, sotto gli aspetti dell'inosservanza della legge penale e del vizio di motivazione, per aver negato la denunciata illegalità della pena nonché la competenza del giudice dell'esecuzione a provvedere alla sua rimozione.
4. Il ricorso è fondato, nei termini di seguito precisati.
5. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, è da considerare illegale, ab origine, la pena che risulti diversa, per specie, da quella che la legge stabilisce per quel certo reato, ovvero risulti inferiore o superiore, per quantità, ai relativi limiti edittali (tra le tante, Sez. 6, n. 32243 del 15/07/2014, Tanzi, Rv. 260326; Sez. 6, n. 22136 del 19/02/2013, Nisi, Rv. 255729; Sez. 2, n. 20275 del 07/05/2013, Stagno, Rv. 255197); mentre esula dalla relativa nozione la sanzione che, senza fuoriuscire da quegli ambiti, sia solo determinata sulla base di un percorso argomentativo viziato (in ordine alle variazioni quantitative imputabili alle circostanze, e più in generale ai «passaggi intermedi»: cfr. Sez. 5, n. 8639 del 20/01/2016, De Paola, Rv. 266080).
Una situazione d'illegalità, nei termini appena definiti, si riscontra nel caso in esame, in cui, a prescindere dal risultato finale, la pena base - individuata in diciotto mesi di reclusione, al di là quindi della cornice edittale stabilita, per le lesioni colpose gravi, cagionate da inosservanza della normativa antinfortunistica, dall'art. 590, terzo comma, prima ipotesi, cod. pen. (reclusione da tre mesi ad un anno o multa da 500 a 2.000 euro) - fuoriesce certamente dal sistema sanzionatorio delineato dal codice penale.
6. Quanto alla rilevabilità della patologia, la giurisprudenza di legittimità ha precisato, tramite ripetute pronunce del suo massimo consesso (da ultimo, v. Sez. U, n. 47766 del 26/06/2015, Butera, Rv. 265108), che, entro l'ambito delineato, essa debba essere rimossa non solo con i rimedi previsti in sede di cognizione, ma anche dal giudice dell'esecuzione, dopo il passaggio in giudicato della sentenza, atteso che il principio di legalità della pena, di cui si discute, «informa l'intero ordinamento giuridico penale e trova un ulteriore conferma nell'art. 7 CEDU in cui si afferma che non può essere inflitta alcuna pena superiore a quella che era applicabile al momento in cui il fatto è stato commesso» (Sez. U., n. 33040 del 26/02/2015, Jazouli, Rv. 264206).
In definitiva, «il principio di legalità deve essere affermato non solo con riferimento al precetto penale, ma anche alla sanzione ad esso collegato. L'art. 25, secondo comma, Cost., nel proclamare il principio della irretroattività della norma penale, allo stesso tempo dà fondamento legale alla potestà punitiva del giudice, che si esplica attraverso l'applicazione di una pena adeguata al fatto antigiuridico» e «la conformità a legge della pena deve essere costantemente garantita dal momento della sua irrogazione fino a quello della sua esecuzione» (Sez. U, n. 18821 del 24/10/2013, dep. 2014, Ercolano, Rv. 258651).
Si deve pertanto conclusivamente ritenere che, nel caso di specie, l'illegalità originaria della pena, sopra individuata, andasse certamente rilevata dal giudice dell'esecuzione.
7. Il provvedimento impugnato, che a tali principi non si è attenuto, deve essere quindi annullato, con rinvio al Tribunale di Genova per nuovo esame.

 

P.Q.M.

 


Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Genova.
Così deciso il 27/04/2018