Tribunale di Reggio Emilia, Sez. 2 Civ., 31 agosto 2017, n. 863 - Infortunio mortale in cantiere e responsabilità


 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

TRIBUNALE ORDINARIO DI REGGIO EMILIA

 

SEZIONE SECONDA CIVILE

 

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. ssa Chiara Zompi ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA
 

 

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. X promossa da: C. J. (C.F. X), IN PROPRIO E QUALE GENITORE ES. POTESTA' SUI MINORI H. I. E. A., con il patrocinio dell' avv. DI F. M., elettivamente
domiciliato in  REGGIO NELL' EMILIA presso il difensore avv. DI F. M. ATTORI - contro - G. L. P. (C.F. X), con il patrocinio dell' avv. T. G., elettivamente domiciliato in  POVIGLIO presso il difensore avv. T. G. P. P. (C.F. X), con il patrocinio dell' avv. T. G., elettivamente domiciliato in  POVIGLIO presso il difensore avv. T.G. D. G. (C.F. X), con il patrocinio dell' avv. T. G., elettivamente domiciliato in POVIGLIO presso il difensore avv. T. G. C. R. (C.F. X), con il patrocinio dell' avv. B. L. elettivamente domiciliato in P. V.  REGGIO NELL' EMILIA presso il difensore avv. B.
L. R. R. TITOLARE DELLA E. R. SNC DI R. R. & C. (C.F. X), CONVENUTO-CONTUMACE ASSICURAZIONE Z. con il patrocinio dell' avv. G. C. e dell' avv. G. C. REGGIO EMILIA; elettivamente domiciliato in  REGGIO EMILIA presso il difensore avv. G. C. TERZO CHIAMATO B. N., DECEDUTO CONVENUTO-CONTUMACE
 

 

CONCLUSIONI
Gli attori hanno concluso come da fogli allegati al verbale d' udienza di precisazione delle conclusioni; I convenuti P. G. E. P. hanno concluso come da atto introduttivo; Il convenuto G. D. ha concluso come da introduttivo con la precisazione che voglia il Giudice condanna le compagnia assicurativa al rimborso delle spese legali ai sensi dell' art. l917 cc e della polizza; C. R. ha concluso come da foglio di precisazione depositato telematicamente in data 5.4.2017, allegato in copia di cortesia all' udienza di precisazione delle conclusioni; ASSICURAZIONE  Z. ha concluso come da terza comparsa di risposta depositata il 10.10.14.

 

FattoDiritto

 

Con atto di citazione ritualmente notificato, J. C., in proprio e quale genitore esercente la potestà sui minori H. I. e H. A., conveniva in giudizio, innanzi all' intestato Tribunale, P. P., P. G., D. G., R. C. e la società E. s.n.c. di R. R. per sentirli condannare, in solido tra loro e secondo i rispettivi titoli di responsabilità, al risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, sofferti, in proprio e iure successionis, in conseguenza dell' infortunio mortale sul lavoro occorso a H. A. (rispettivamente marito dell' attrice e padre dei minori H. I. e H. A.) in data 30.10.2006, in località S. S. di Poviglio, mentre prestava attività lavorativa nel cantiere edile sito in via X. gli attori che la causa dell' incidente andava individuata "nell' assenza del piano di sicurezza, del piano di demolizione e comunque delle necessarie cautele previste per l' apertura e la gestione del cantiere". Deducevano pertanto la concorrente responsabilità dei fratelli P., in qualità di proprietari dell' immobile in cui era avvenuto l' infortunio, della E. s.n.c. in qualità di committente dei lavori, dell' arch. G. D. in qualità di progettista e direttore lavori e di R. C., quale esecutore materiale dell' intervento edilizio. Si costituivano in giudizio, con separate comparse ma con medesimo difensore, P. G. L., P. P. e l' arch. G. D. eccependo in via preliminare il parziale difetto di procura ad litem dell' avv. G., difensore degli attori, sul rilievo che la procura alle liti posta a margine dell' atto di citazione era stata sottoscritta d J. C. solo in proprio, e non anche in qualità di genitore esercente la potestà sui minori. Sempre in via preliminare, eccepivano la nullità dell' atto di citazione per indeterminatezza dell' oggetto della domanda e per carente esposizione del fatto. Nel merito, i fratelli P. si difendevano esponendo di aver stipulato nell' ottobre 2004, ovvero in data ampiamente antecedente ai fatti di causa, contratto preliminare di vendita avente ad oggetto l' immobile ove si era verificato il sinistro e di averne contestualmente trasferito il possesso al promissario acquirente società G. s.r.l.. Negavano pertanto di aver svolto alcun ruolo nell' esecuzione dell' intervento edilizio e, in particolare, di aver mai rivestito la qualità di committenti delle opere. L' arch. G. D., progettista e direttore lavori, a sua volta negava di aver mai ricoperto alcun incarico in merito alla sicurezza del cantiere e ad ogni buon conto chiedeva di essere manlevato e tenuto indenne, previa sua chiamata in causa, dalla propria compagnia assicuratrice per la responsabilità professionale Z s.p.a.. Si costituiva anche R. C. eccependo, in via X 508/2 017gdela31/08/2017 passiva sul rilievo che egli " avrebbe dovuto essere convenuto nel presente giudizio non già personalmente, ma in qualità di Presidente del CDA e legale rappresentante della società CN s.r.l.", cui era stata appaltata l' opera; eccepiva altresì la nullità della citazione "per mancanza ovvero indeterminatezza del requisito di cui al punto 4) dell' art. 163 c.p.c.". Nel merito, contestava la propria responsabilità e, a ciò autorizzato, chiamava in causa B. N., cui erano stati subappaltati i lavori di demolizione, per sentir dichiarare la responsabilità esclusiva di quest' ultimo nella causazione dell' infortunio occorso all' H.. Concludeva pertanto chiedendo il rigetto delle domande formulate dagli attori nei suoi confronti. Si costituiva in giudizio anche la terza chiamata Z., eccependo in via preliminare la nullità dell' atto introduttivo, per mancanza della descrizione del fatto e delle ragioni della domanda; sempre in via preliminare, eccepiva il difetto di legittimazione attiva degli attori, per non essere provato che H. A. fosse marito dell' attrice e padre dei due minori; eccepiva inoltre l' inoperatività della garanzia assicurativa, sotto plurimi profili, e in subordine invocava i limiti di operatività della garanzia stessa, anche con riferimento al massimale e alla franchigia previsti dalla polizza. Nel merito, aderiva alle difese del proprio assicurato, contestando le domande attoree anche in punto di quantum debeatur. Nel corso del giudizio, celebratosi nella contumacia della convenuta società E. s.n.c. e del terzo chiamato B. N., il G.I., ritenuta fondata l' eccezione di nullità dell' atto introduttivo sollevata da tutte le controparti, assegnava agli attori termine per integrare la domanda ai sensi dell' art. 164, co. V, c.p.c.. Integrati gli atti introduttivi e successivamente espletati gli incombenti di cui all' art. 183 c.p.c., il G.I. ammetteva le prove per testi e per interpello dedotte dalle parti nei limiti di cui all' ordinanza riservata del 22.7.2013. All' udienza del 6.3.2014 veniva dichiarata l' interruzione del processo per effetto dell' intervenuto decesso del terzo chiamato contumace, B. N.. Alla riassunzione provvedevano gli attori e gli eredi del N. rimanevano contumaci. Esaurita l' istruttoria, preso atto del fallimento delle trattative a lungo coltivate dalle parti, all' udienza del 6.4.2017 il G.I., in funzione di Giudice Unico, sulle conclusioni precisate dai procuratori delle parti, tratteneva la causa in decisione a norma dell' art. 190 c.p.c.. Va anzitutto rigettata l' eccezione di "difetto di procura per i minori"sollevata in via preliminare dai convenuti P. e G.. Ed invero, come già osservato da questo G.I. nella propanza giurisprudenza che la procura rilasciata da un genitore che abbia agito - per se e quale legale rappresentante - per il risarcimento di danni sopportati dal proprio figlio minore, deve intendersi rilasciata oltre che in nome proprio anche in nome e per conto del figlio medesimo, qualora ciò risulti dall' intestazione e dal contenuto dell' atto introduttivo del giudizio, a margine o in calce al quale la procura sia apposta, ancorché nella procura medesima il minore non sia menzionato (per tutte, Cass.n. 6503/1980); ciò che è avvenuto nel caso di specie, atteso che in citazione l' attrice espressamente dichiara di agire anche in nome e per conto dei figli minori H. I. e H. A. Ogni ulteriore approfondimento sul punto appare superfluo ove si consideri che i convenuti, nelle loro successive difese, non hanno insistito nell' eccezione in questione che neppure risulta reitera negli scritti conclusivi. Giova altresì rilevare, sempre in via preliminare, che, all' udienza di precisazione delle conclusioni, gli attori hanno espressamente rinunciato "alla richiesta di danno patrimoniale già risarcito dall' INAIL (...) e del danno biologico subito dal de cuius e trasmesso iure hereditatis agli eredi", insistendo unicamente nella domanda di risarcimento del danno morale sofferto in proprio (cd danno da perdita parentale). Deve perciò ritenersi superata l' eccezione del convenuto R. C. di incompetenza del Tribunale Ordinario di Reggio Emilia "a conoscere le domande risarcitorie per complessivi .30.000, 00 proposte iure hereditario da parte attrice "in relazione alle quali sarebbe stato funzionalmente competente il Giudice del Lavoro, vertendo l' eccezione su domanda rinunciata. Ciò posto, la residua domanda degli attori, volta (soltanto) al conseguimento del risarcimento del danno dagli stessi subito iure proprio, va senz' altro qualificata come azione di responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c., in quanto, indipendentemente dal richiamo all' art. 2087 c.c. effettuato nella memoria integrativa del 22.12.2010 nei soli confronti di R. C. e B. N., i congiunti sono estranei all' eventuale rapporto di lavoro della vittima con questi ultimi. Attesa la ontologica diversità delle due azioni, una quella "iure proprio", con cui i congiunti fanno valere un autonomo diritto al risarcimento del danno da essi subito, avente la sua fonte nella responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c., l' altra, quella "iure hereditario", volta al risarcimento del danno subito dal de cuius derivante dalla responsabilità contrattuale del datore di lavoro nei confronti del loro dante causa, quest' ultima non può considerarsi ricompresa nella generica domanda di risarcimento di tutti i danni subiti a causa dell' infortunio. Deve dunque ritenersi che gli attori, nel presente procedimento, abbiano dedotto a carico di tutti i convenuti esclusivamente una responsabilità extracontrattuale, per violazione del generale principio del neminem laedere (art. 2043 c.c.), allegando, quali fatti costi. n. t da parte di costoro delle doverose cautele e precauzioni volte a prevenire il sinistro mortale occorso al loro congiunto, sull' assunto che "competeva a ciascuno di essi di evitare che l' infortunato avesse accesso ad un cantiere aperto e gestito in spregio ad ogni norma di sicurezza e di tutela dei lavoratori addetti". Ne deriva che, sotto il profilo del contenuto e della distribuzione degli oneri probatori, incombeva ai danneggiati di provare la sussistenza degli elementi costitutivi indicati dall' art. 2043 c.c. e, in particolare, sul piano oggettivo, del nesso causale tra l' allegato comportamento omissivo dei convenuti e il sinistro mortale oggetto di causa e, sul piano soggettivo, della colpevolezza del comportamento omissivo. Premesso quanto sopra, si osserva, in ordine alla dinamica del sinistro, che la stessa può essere ricostruita con ragionevole certezza sulla base di quanto emerso dall' espletata istruttoria e della documentazione versata in atti tra cui, in particolare, l' informativa antinfortunio II/28/2006 a firma del funzionario SPSAL ing. F. Avio (doc. 1 att.), l' informativa R/AF/56/2006 (doc. 2 att.) e gli atti del procedimento penale a carico di R. C. per omicidio colposo, conclusosi con il patteggiamento della pena (doc. 3 att.). Dai suddetti elementi probatori è emerso anzitutto che l' infortunio si è verificato nel corso dei lavori di parziale demolizione dell' immobile di proprietà dei convenuti P. G. e P. P., lavori che costituivano le opere iniziali di un più complesso progetto di restauro conservativo e realizzazione di abitazioni per il quale era stato richiesto, nel luglio 2006, permesso di costruire. Circa due anni prima (nell' ottobre 2004), i fratelli P. avevano stipulato un preliminare di compravendita, obbligandosi a vendere alla società G. s.r.l., nella persona dell' allora amministratore unico M. G., l' immobile in questione di cui avevano contestualmente trasferito il possesso al promissario acquirente, obbligandosi altresì a sottoscrivere tutti i documenti necessari ad ottenere le prescritte autorizzazioni edilizie. La G. s.r.l. aveva quindi incaricato la società E. s.n.c. di R. R. di effettuare i lavori inerenti all' intervento complessivo e quest' ultima, nella persona del suo legale rappresentante R. R., aveva affidato all' ing. G. D. la redazione del progetto esecutivo dell' opera. In attesa del permesso di costruire, l' arch. G. era stato incaricato verbalmente di predisporre la DIA per iniziare gli interventi di manutenzione straordinaria, DIA presentata il 13.6.2006 da P. P. e G., all' epoca ancora proprietari.  Successivamente alla comunicazione della predetta DIA, lRepert.ln. 2508/2017 del 31/08/2017 affidare i lavori ad altra impresa, la C.N. S.r.l. di cui era legale rappresentante R. C., la quale era subentrata nel cantiere, come comunicato al Comune di Poviglio in data 18.9.2006. A sua volta la CN s.r.l. aveva subappaltato le opere di demolizione della copertura, delle pareti interne e dei solai al sig. B. N., titolare dell' omonima impresa individuale. Come manodopera operavano sul cantiere, oltre a S. A., socio della CN s.r.l., il N., tal C. G. e l' H., tutti artigiani edili iscritti alla CCIAA come imprenditori individuali. Il 30.10.2006, quando le opere di demolizione erano iniziate da pochi giorni, l' H. e il B. si trovavano al primo piano del fabbricato e stavano utilizzando, a turni, un martello pneumatico. Sennonché, come risulta dalla informativa infortunio II/28/2006 del Servizio Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro della Azienda USL di Reggio Emilia, le vibrazioni provocate dal martello pneumatico verosimilmente determinavano il crollo della parete indicata con la lettera "S" (nell' allegato 15 all'informativa), del soprastante pianerottolo (lett. "P"- allegato 16 all' informativa) e di parte della rampa di scala contrassegnata come "rampa 4". Secondo quanto puntualmente ricostruito dal funzionario del Servizio Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro della Azienda USL di Reggio Emilia ing. F., "le vibrazioni indotte dal martello pneumatico hanno, con ogni probabilità, indebolito la struttura portante della rampa 4 la quale, per la configurazione che presenta, esercita una spinta nella direzione della parete S (...) e del pilatro da 20/25 cm"su cui appoggiava la parete S; "siccome il solaio del locale era già stato
demolito, non c' era più nessun elemento strutturale che collaborasse ad equilibrare tale spinta e ciò ha consentito il ribaltamento della parete S, la caduta del pianerottolo, di parte della rampa 4 e di pareti adiacenti alla zona interessata al crollo" (doc. 1 att.). Tale ricostruzione trova conforto, per quanto occorrer possa, anche nella deposizione del teste S. A. il quale sul punto ha dichiarato: ". l' H. aveva iniziato a demolire il muro dal punto sbagliato, cioè da quello che non era contiguo alla scala interna. In questo modo, quando è rimasto in piedi solo il pezzo di muro che confinava con la scala (lettera S), la pressione esercitata dalla scala è diventata troppo forte e il muro restante è crollato". Il crollo della parete investiva l' H. il quale decedeva pressoché immediatamente. Così ripercorsa la dinamica del sinistro, che peraltro non risulta oggetto di contrasto fra le parti, occorre procedere separatamente alla disamina delle responsabilità ascritte dagli attori, a diverso titolo, ai convenuti. Partendo dalla posizione del convenuto R. C., deve anzitutto essere rigettata l' eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata da quest' ultimo. Assume il R. che egli operava sul cantiere non in proprio, ma quale presidente della società CN s.r.l., in capo alla quale soltanto avrebbe potuto ipotizzarsi la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato con l' H. Sul punto basti osservare che la domanda risarcitoria promossa nei confronti del R. in proprio si fonda non solo sulla sua - eventuale - qualità di datore di lavoro del defunto, ma anche e soprattutto sulla sua - comprovata - qualità di responsabile della sicurezza. E che il R. fosse stato indicato dalla committenza come responsabile delle sicurezza quale persona fisica - e non quale legale rappresentante della CN srl - si evince chiaramente dal tenore letterale della Notifica Preliminare ai sensi del D.Lgs. 494/96 e del D. Lgs 528/99, sottoscritta dallo stesso R., ove, alla terza riga, si legge testualmente: "Responsabile dei Lavori: sig. R. C. nato a Napoli il X residente in X, con a seguire codice fiscale (doc. 7 conv. P.). Ciò premesso e venendo al merito, ritiene questo giudice che sussista responsabilità del convenuto R. C. per i fatti di causa, come risulta anche dalla sentenza di patteggiamento emessa nei suoi confronti in sede penale dal Tribunale di Reggio Emilia. Quest' ultima, benché non spieghi efficacia di giudicato nel presente giudizio, ben può offrire al giudicante elementi di rilievo liberamente apprezzabili (cfr. Cass. 26250/2011) ed anzi "..costituisce indiscutibile elemento di prova per il giudice di merito il quale, ove intenda disconoscere tale efficacia probatoria, ha il dovere di spiegare le ragioni per cui l' imputato avrebbe ammesso una sua insussistente responsabilità ed il giudice penale abbia prestato fede a tale ammissione.." (Cass. 25487/2010). Tale sentenza in effetti, con riferimento all' imputazione di omicidio colposo p.p. dall' art. 589 co. 2 c.p., afferma che "come risulta dagli accertamenti del Servizio Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro Reggio Nord - Distretto di Guastalla"non vi sono le condizioni per emettere sentenza di proscioglimento a carico dell' imputato. Emerge infatti dagli atti del procedimento penale la colpa del R., in qualità di legale rappresentante della CN s.r.l., ditta esecutrice dei lavori presso l' immobile di via Parma, responsabile dei lavori e datore di lavoro dell' H., "consistita nella mancata predisposizione dei piani di sicurezza di cui al D.Lgs. 494/96 (art. 3, 2 comma e 4, 1 comma, nonché art. 9 comma e bis), di un piano di demolizione che indicasse con precisione le fasi e le modalità operative da seguire (art. 72 DPR 164/56) e di dispositivi atti a convogliare al piano il materiale di risulta delle demolizioni (art. 74 DPR 164/56) "nonché l' evidente nesso di causalità tra tale condotta colposa e il decesso dell' H. "formalmente artigiano ma di fatto lavoratore subord Rep ert. a n. 2 508/2017 del 31/08/2017 imputazione, doc. 3 att.). E' d' altro canto pacifico tra le parti nonché documentato che R. era stato designato dai committenti quale responsabile della sicurezza (notifica preliminare del 18.09.2006, sottoscritta dal R. - doc. 8 conv. P.). Su di lui gravava dunque, ai sensi dell' art. 3 co.1, del D. Lgs 494/96 - norma che ha disciplinato compiutamente la materia degli appalti nei cantieri temporanei o mobili ove si svolgono lavori edili, quale è quello in esame, applicabile alla fattispecie ratione temporis - l' obbligo di attenersi ai principi e alle misure generali di tutela previste dall' art. 3 D.Lgs. n. 626/94 nella fase di progettazione dell' opera, esecuzione del cantiere e organizzazione delle operazioni di cantiere, provvedendo alla valutazione dei rischi per la salute e sicurezza, alla predisposizione delle misure tecniche ed organizzative necessarie alla tutela dell' integrità psicofisica dei lavoratori, alla loro formazione ed informazione sulle norme antinfortunistiche e a fornire le adeguate istruzioni, nonché il dovere di predisporre e trasmettere alle imprese appaltatrici il piano di sicurezza e di coordinamento (artt. 12 e 13 D.Lgs. 494/96). Inoltre, ai sensi del successivo co. 3 del medesimo articolo 3 D. Lgs 494/96, egli aveva l' ulteriore obbligo di provvedere - ove ritenuti sussistenti i presupposti di legge - alla nomina di un coordinatore per la progettazione, figura che avrebbe dovuto procedere, ai sensi del successivo art.4, a redigere il piano di sicurezza e di coordinamento di cui all' articolo 12, comma 1 del Decreto Legislativo più volte citato. Nel caso di specie, tuttavia, non si è proceduto alla nomina del coordinatore e alla mancata nomina è seguita l' assenza del piano di sicurezza e coordinamento (PSC) e del piano operativo per la sicurezza (POS) e quindi la mancata individuazione, analisi e valutazione dei rischi delle lavorazioni, delle procedure, degli apprestamenti e delle attrezzature atte a garantire la sicurezza dei lavoratori, con particolare riferimento alle misure generali contro il rischio di seppellimento e di crolli. Ebbene, tale omissione deve senz' altro ritenersi causa diretta ed immediata dell' infortunio. Ed invero, se in esecuzione di detti piani di sicurezza si fossero adottate le dovute protezioni idonee ad evitare il rischio di seppellimento o di crollo e se si fossero specificamente pianificate le demolizioni e la successione delle stesse, l' infortunio non si sarebbe verificato (come ritenuto dal Servizio Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro- doc. 1 att.). D' altro canto, anche ove si ritenesse la non obbligatorietà della nomina di un coordinatore per la progettazione, difettandone i presupposti, sarebbe comunque gravato sul R., quale responsabile della sicurezza, predisporre i piani di sicurezza in questione e adottare tutte le misure necessarie a salvaguardare la sicurezza dei lavoratori sul cantiere. Ed invero, stante le condizioni dell' immobile - che se non . ave' ; "^c^^ne r fatiscenti' '", come ammesso dallo stesso R. in sede di interpello - e la delicatezza delle operazioni di demolizione, nonché in considerazione delle più che prevedibili conseguenze sull' incolumità fisica delle persone che vi stavano procedendo, ciascuna fase avrebbe dovuto essere necessariamente preceduta da una concreta individuazione e valutazione del rischio, dalla predisposizione di un piano operativo di sicurezza quanto più possibile specifico ed analitico nonché dalla redazione ed allegazione di un piano specifico delle demolizioni che avrebbero dovuto essere effettuate, se del caso anche attraverso a predisposizione di un cronoprogramma delle lavorazioni al fine di consentire ai lavoratori, alcuni dei quali non esperti, di operare in loco in condizioni di massima sicurezza, e, soprattutto, per non scaricare in definitiva sugli stessi l' individuazione concreta delle modalità operative con le quali procedervi. Ed invece, nulla di tutto ciò è stato fatto. Al di là della formale violazione degli obblighi di nomina di un coordinatore per la progettazione e per l' esecuzione, la mancata individuazione ex ante delle modalità operative di demolizione, la mancata predisposizione del cronoprogramma dei lavori ed il mancato espletamento di una o più riunioni preliminari al fine di definire con esattezza la sequenza delle demolizioni da effettuare, le procedure di sicurezza da adottare in concreto, i macchinari e le attrezzature da utilizzare nonché i rischi da evitare costituisce violazione, non solo formale, bensì sostanziale di previsioni normative basilari previste in materia di cantieri temporanei atteso che, per effetto di quanto previsto originariamente dai d. lgs. n. 626/1994 e 494/1996, applicabili ratione temporis, nonché, oggi, dal d. lgs. n.81/2008, l' omissione di ogni valutazione sui rischi costituisce un comportamento talmente grave da comportare finanche la sospensione dell' attività di cantiere. Ma vi è di più. Benché sul punto non vi siano elementi oggettivi di riscontro, le risultanze istruttorie e, in particolare, la testimonianza di S. A. fanno presumere che il R. rivestisse l' ulteriore qualità di datore di lavoro dell' H. - come ritenuto anche dal Pubblico Ministero procedente e formalizzato nel capo di imputazione a carico del R. Emerge infatti dagli accertamenti eseguiti dal funzionario dello SPSAL che al momento dell' infortunio l' H., al pari degli altri lavoratori presenti sul cantiere, B. N. e C. G., non operava in condizioni di reale autonomia, ossia con propria attrezzatura, propria organizzazione e proprio rischio di impresa; ciò in quanto molti dei lavori da eseguirsi richiedevano necessariamente la collaborazioni di più persone, "chi dava le indicazioni di come procedere alle demolizioni era il sig. R. se presente"e almeno uno dei lavoratori (il CristaRepert. en. 2508/2017adel 31/08/2017 nel settore edile. A dispetto della formale iscrizione alla Camera di Commercio quale lavoratore autonomo l' H. operava quindi sul cantiere quale lavoratore subordinato. Resta da chiarire alle dipendenze di chi l' H. lavorasse, atteso che, sul punto, l' informativa dello SPSAL nulla dice e che il R. asserisce che le opere di demolizione erano state subappaltate al B. N. il quale si era avvalso dell' operato del defunto in regine di franca subordinazione. Sennonché l' assunto difensivo del R., secondo il quale l' effettivo datore di lavoro dell' H. sarebbe stato non già esso convenuto ma il terzo chiamato B. N., appare smentito dal tenore della deposizione resa da S. A., già socio della CN s.r.l., il quale, sotto l' impegno di rito, ha riferito che era la della società CN a pagare individualmente ciascuno dei lavoratori presenti sul cantiere e dunque anche l' H., che quest' ultimo lavorava sotto le direttive impartite dai soci della CN e che era stato il R. ad accordarsi con i tre lavoratori circa l' entità del compenso e le modalità dei pagamenti. Tali elementi inducono a ritenere che il rapporto di subordinazione sussistesse, direttamente, tra l' H. e la ditta CN s.r.l. di cui il R. era presidente. Ne discende l' ulteriore responsabilità di quest' ultimo anche nella sua qualità di datore di lavoro dell' H., come tale tenuto al rispetto delle norme di prevenzione degli infortuni e, in specie, degli artt. 72 e 74 DPR 164/56. Ne discende altresì il rigetto della domanda, di accertamento mero, spiegata dal R. nei confronti del terzo chiamato B. N. e volta a sentir dichiarare la responsabilità esclusiva o concorrente di quest' ultimo, in ordine alla causazione dell' infortunio per cui è causa. Deve pertanto ritenersi che l' infortunio occorso all' H. si sia verificato a causa della condotta colposa di R. C., il quale ha omesso di adempiere ai numerosi obblighi sopra descritti e su di esso gravanti sia in qualità di responsabile della sicurezza sia in qualità di datore di lavoro del defunto. Passando a questo punto alla liquidazione del danno non patrimoniale patito dagli attori, deve rammentarsi che, in sede di precisazione delle conclusioni e comparsa conclusionale, questi ultimi hanno espressamente rinunciato alla pretesa risarcitoria afferente il danno biologico sofferto dal de cuius e trasmissibile iure hereditatis nonché al danno patrimoniale. Quanto invece al danno non patrimoniale patito dagli attori, iure proprio, in conseguenza della morte di H. A., rispettivamente marito di J. C. e padre dei minori H. I. e H. A., ritiene il giudicante che detto pregiudizio vada inteso come somma del danno morale soggettivo tradizionalmente inteso e del danno non patrimoniale da leRepert. an. o2508/2017udel 31/08/2017 della componente c.d. esistenziale, disancorato da ogni astratto riferimento ad un danno biologico del 100% subìto dalla vittima "primaria", e che, invece, debba, più opportunamente, privilegiarsi nella liquidazione il legame familiare tra la vittima primaria e le vittime secondarie, tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto, tra cui, soprattutto, la sopravvivenza o meno di altri congiunti, la convivenza o meno di quest' ultimi, la qualità ed intensità della relazione affettiva familiare residua, la qualità ed intensità della relazione caratterizzante il rapporto parentale con la persona perduta. Detto questo ed applicando i parametri "a forbice"previsti dalle Tabelle elaborate dal Tribunale di Milano nell' anno 2014 e recepite da questo Tribunale, relativamente al decesso del genitore ("forbice"da .163.990, 00 a .327.990, 00) e relativamente al decesso del coniuge non separato ("forbice"da .163.990, 00 a 327.990, 00), tenendo conto delle circostanze in precedenza indicate (età del deceduto-41 anni; incontestato rapporto di convivenza con la moglie e i figli minori nell' ambito di una famiglia unita, giovanissima età dei minori), tenuto altresì conto delle tragiche modalità del decesso, appare equo e congruo liquidare, all' attualità, il danno de quo nei valori massimi tabellari. Pertanto, si procede alla seguente liquidazione del danno non patrimoniale: per la moglie convivente: .327.990, 00; per ciascuno dei figli minori conviventi: .327.990, 00. Sulle somme come sopra liquidate, all' attualità, a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale, ai predetti attori spetta, altresì, il risarcimento dell' ulteriore pregiudizio da ritardato pagamento, accertato in via presuntiva e da liquidarsi in via equitativa, giusta sentenza della Corte di Cassazione n. 1712/95, mediante il riconoscimento degli interessi calcolati, però, da epoca intermedia tra la data del fatto (30.10.2006) e quella della presente decisione ad un tasso anch' esso medio, all' incirca, tra quelli scelti nel periodo dal legislatore. sulla somma liquidata, all' attualità, a titolo di danno non patrimoniale, sono, quindi, dovuti, a decorrere dalla data intermedia del 31.3.2012 e fino alla data della presente decisione, gli interessi al tasso medio dell' 1, 5%. Sulle somme come sopra complessivamente determinate, spettano agli attori gli ulteriori interessi di legge dalla presente decisione al saldo. Non può invece trovare accoglimento la domanda proposta dagli attori nei confronti degli altri convenuti. Va anzitutto esclusa la responsabilità di P. G. e P., proprietari dell' immobile. Giova sul punto anzitutto osservare che, com' è pacifico e documentato, alla data di verificazione dell' infortunio mortale per cui è causa i fratelli P. avevano già concluso con un soggetto terzo (società G. srl) contratto preliminare di compravendita Repert. in .s2508/2017ldel t31/08/2017 S., che prevedeva il contestuale trasferimento del possesso al promissario acquirente (vedasi preliminare di vendita 25.10.2004 -doc. 1 conv. P.). Se è vero pertanto che i promittenti venditori, a ciò tenuti in forza di espressa previsione contrattuale (doc. 1- art. 5), hanno sottoscritto la DIA (doc. 4 conv. P.) e le notifiche preliminari (docc. 6 e 7 conv. P.), va altresì sottolineato che il permesso di costruire è stato rilasciato direttamente alla società di nuova costituzione G. s.r.l. (doc. 3 conv. P.) e che, come asserito dai convenuti e non specificamente contestato da parte attrice, tutte le successive attività connesse alla ristrutturazione del fabbricato, tra cui richieste di autorizzazioni, contratti con le ditte esecutrici e rapporti con i professionisti incaricati (fra cui il DL arch. G.) sono state seguite dal sig. M. G., amministratore della promissaria G. s.r.l.. Tali circostanze trovano riscontro nella deposizione dei testi P. M. e di P. I., rispettivamente sorella e padre dei convenuti P., i quali hanno entrambi riferito, sotto l' impegno di rito, che nessuno dei contratti con le ditte esecutrici dei lavori venne sottoscritto da questi ultimi e che costoro non ebbero mai rapporti diretti col G., il quale si relazionava per tutti gli aspetti sia tecnici che economici con il M. e il R.. Di ciò, invero, appaiono consapevoli gli stessi attori i quali hanno convenuto in giudizio i P. nella loro mera qualità di proprietari dell' immobile e non quali committenti dell' intervento edilizio. Giova inoltre richiamare il consolidato orientamento di legittimità secondo cui, in caso di appalto di lavori, elemento determinante per escludere o configurare la responsabilità del committente, quale proprietario e custode dell' immobile nel quale i lavori sono eseguiti, è la conservazione in capo allo stesso di quel potere dì fatto sulla cosa che giustifica l' attribuzione di responsabilità ai sensi dell' art. 2051 cod. civ.. Pertanto, nel caso di appalto che implichi il trasferimento all' appaltatore del potere di fatto sull' immobile nel quale deve essere eseguita l' opera appaltata, viene meno per il committente, che non sia detentore attuale del bene, il dovere di custodia e di vigilanza e, con esso, la conseguente responsabilità ex art. 2051 cod. civ., che presuppone la sussistenza del rapporto di custodia tra il responsabile e la cosa che ha determinato l' evento lesivo (tra le tante, Cass. n. 15734/11). Come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, infatti, l' appaltatore, poiché nella esecuzione dei lavori appaltati opera in autonomia, con propria organizzazione ed apprestando i mezzi a ciò necessari, è, di regola, esclusivo responsabile dei danni cagionati a terzi nella esecuzione dell' opera, salva (a parte l' ipotesi di una culpa in eligendo, che nel caso di specie non è mai stata dedotta né provata) l' esclusiva responsabilità del committente, se questi si sia ingerito nei lavori con direttive vincolanti, che abbiano ridotto l' appaltatore al rango di nudus minister, ovvero la sua corresponsabilità, qualora si sia ingerito con direttive che soltanto riducano l' autonomia dell' app Ne c responsabilità del committente ove non sia accertato che questi, avendo in forza del contratto di appalto la possibilità di impartire prescrizioni nell' esecuzione dei lavori o di intervenire per chiedere il rispetto della normativa di sicurezza, se ne sia avvalso per imporre particolari modalità di esecuzione dei lavori o particolari accorgimenti antinfortunistici che siano stati causa (diretta o indiretta) del sinistro (Cass. 20/09/2011 n. 19132; Cass. 12 luglio 2006 n. 15782). Pertanto, la pretesa degli attori di far discendere dalla sola qualità di proprietari in capo ai P. la loro responsabilità per il fatto verificatosi nel compimento di lavori appaltati alla ditta CN s.r.l. non è fondata in diritto, una volta che sia stato provato - e nella specie è pacifico - che i P. non rivestivano la qualità di committenti, non avevano (più) la disponibilità del cantiere e dei luoghi e, in ogni caso, non avevano mai ingerito in alcun modo nei lavori. Per quanto poi concerne gli obblighi che l' art. 3 D. Lgs. 494/1996 pone a carico del committente, deve considerarsi che, ai sensi della definizione contenuta nel medesimo decreto, committente è "il soggetto per conto del quale l' intera opera viene realizzata", mentre i P., avendo già promesso in vendita l' immobile, non avevano alcun interesse proprio alla realizzazione delle opere e non avevano conferito alcun incarico, né alle imprese esecutrici, né al progettista e direttore dei lavori. Ma anche a voler ritenere che ai P. debba essere attribuita la qualifica di Committenti ai sensi della normativa sopra richiamata, appare dirimente la circostanza, documentata e comunque pacifica, che sul cantiere oggetto di causa era stato designato un responsabile dei lavori, prima nella persona di R. R. (doc. 6 conv. P.) e, successivamente, nella persona di R. C., il quale aveva sottoscritto la Notifica Preliminare ai sensi del DLgs 494/96 del 18.9.2006 (doc. 7 conv. P.). Ciò detto, giova rammentare che l' art. 6 del D.Lgs. più volte citato prevede che "Il committente è esonerato dalle responsabilità connesse all' adempimento degli obblighi limitatamente all' incarico conferito al responsabile dei lavori". La designazione di un soggetto responsabile dei lavori sul cantiere ha, dunque, comunque esonerato i committenti dalle responsabilità connesse al mancato rispetto delle prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri. Queste stesse considerazioni sono state poste a fondamento della richiesta di archiviazione della posizione dei P. avanzata, all' esito delle indagini penali, dal P. e ritualmente accolta dal GIP procedente, ove si legge: "In tale ambito, quindi, è vero che non era obbligatoria la notifica preliminare di cui all' art. Il, ma certo non poteva ritenersi interdetta: nel caso di specie era stata utilizzata per notiziare lo SPSAL del nominativo del responsabile dei Lavori, indicato nell' indagato R. C.; questi, avendo sottoscritto il modulo o Repert. an. 2508 /201 7 del 3 1/0 8/2017 qualifica, venendo ad essere investito di tutti gli obblighi altrimenti gravanti sui committenti (responsabilità prevista in via alternativa dall' art. 3). La nomina di questo Responsabile dei Lavori ha, quindi, esonerato i committenti da qualsiasi responsabilità specificamente prevista dal D.Lgs. 494 / 1996. (...) Conclusivamente, soltanto R. C. (oltre eventualmente al datore di lavoro) era garante della sicurezza dei lavoratori nel cantiere in cui operava H., e dell' applicazione delle misure di tutela di cui all' art. 3 D.lgs. 626 / 1994 (vds. art. 3, 1 comma D.lgs. 494 / 1996); mancando, legittimamente, il coordinatore per la progettazione e per l' esecuzione, il piano di sicurezza avrebbe dovuto essere redatto da lui (cfr combinato disposto art. 4, 1 comma e 3, 2 comma D. lvo 494 / 1996) " (doc. 12 conv. P.). Per le stesse ragioni, deve essere esclusa anche la responsabilità della convenuta società E. s.n.c. di R. R.. Ed invero il R., in una prima fase nominato responsabile dei lavori, non rivestiva più tale qualifica al momento del verificarsi dell' infortunio, essendo il R. subentrato nel ruolo di responsabile dei lavori a far data dal 18.09.2006 (doc. 7 conv. P.). Né la società E. operava sul cantiere, atteso che, com' è pacifico e documentato, a partire dal settembre 2006 si era verificato il subentro della ditta CN srl nella prosecuzione dell' opera (vedasi la "Comunicazione di Sostituzione di Impresa per L."inoltrata al responsabile A. T. del Comune di Poviglio in data 18.09.2006, sottoscritta sia dalla E. quale impresa uscente sia dalla CN s.r.l. quale impresa entrante - doc. 8 conv. P.). Resta quindi da esaminare la posizione del convenuto arch. G. D.. Da quanto risulta dagli atti e dai documenti di causa, nonché dagli accertamenti condotti dai funzionari dello SPSAL, l' Arch. G. era stato incaricato di redigere il progetto esecutivo in relazione al complesso intervento edilizio di "restauro e risanamento conservativo di edificio con ambio di destinazione d' uso (.) nuova costruzione di autorimesse e n. 1 alloggio"che avrebbe dovuto interessare l' immobile di proprietà P. (vedasi permesso di costruire rilasciato il successivo 20.2.2007 dal Comune di Poviglio - doc. 3 conv. G.). Nell' attesa del rilascio del permesso di cui sopra, come già si è detto, R. R., quale legale rappresentante della E. R. s.n.c., aveva richiesto all' Arch. G. di presentare una DIA per l' esecuzione di lavori di manutenzione straordinaria, preparatori del più complesso e successivo intervento (doc. 4 conv. P.), la quale venne in effetti presentata al Comune di Poviglio in data 13.06.2006. Nella DIA in questione e nell' allegata relazione asseverata, si comunica che il DL sarà l' arch. G. D., che i lavori saranno eseguiti dall Rep ert. n. 2508/2017 del 31/08/2017 manutenzione straordinaria da eseguirsi sarebbero consistite in: "a) allestimento del cantiere; b) costruzione del ponteggio sui lati dell' edificio; c) rimozione coppi (manto di copertura) perché pericolosi per gli addetti ai lavori; d) consolidamento dei muri perimetrali mediante raddoppio della muratura interna; e) rimozione solai" (docc. 4 e 5 conv.). Ciò posto, diversamente da quanto vorrebbero gli attori, non può ritenersi il G. responsabile del sinistro in forza della sua mera qualità di progettista e direttore lavori. Com' è noto, infatti, ed è stato sottolineato anche dal funzionario del SPSAL nella sua informativa, il D. Lgs. 494/1996 (applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame) non poneva a carico del Direttore dei Lavori alcun obbligo in materia di sicurezza. Al DL competono piuttosto quei compiti di direzione e sorveglianza dei lavori, che sono finalizzati a garantire la buona riuscita dell' opera e la corretta esecuzione del progetto. Sul tema si è ripetutamente espressa anche la giurisprudenza di legittimità, affermando che "la qualifica di direttore dei lavori non comporta automaticamente la responsabilità per la sicurezza sul lavoro ben potendo l' incarico di direttore limitarsi alla sorveglianza tecnica attinente alla esecuzione del progetto. Infatti, avendo riguardo alla disciplina di settore (ora gli art. 17, 18 e 19 d.lg. n. 81 del 2008), destinatari delle norme antinfortunistiche sono i datori di lavoro, i dirigenti e i preposti, mentre il direttore dei lavori per conto del committente è tenuto alla vigilanza dell' esecuzione fedele del capitolato di appalto nell' interesse di quello e non può essere chiamato a rispondere dell' osservanza di norme antinfortunistiche ove non sia accertata una sua ingerenza nell' organizzazione del cantiere. Ne consegue che una diversa e più ampia estensione dei compiti del direttore dei lavori, comprensiva anche degli obblighi di prevenzione degli infortuni, deve essere rigorosamente provata, attraverso l' individuazione di comportamenti che possano testimoniare in modo inequivoco l ingerenza nell' organizzazione del cantiere o l' esercizio di tali funzioni" (Cass. Penale 17/06/2015, n. 29792). Nel caso di specie, gli attori non hanno dedotto né provato che l' arch. G. avesse ingerito nell' organizzazione del cantiere con particolare riferimento ai presidi di sicurezza e, d' altra parte, è pacifico che quest' ultimo non rivestiva la qualità di responsabile della sicurezza (attribuita, come già si è detto, prima al R. e successivamente al R.). Né alcun ulteriore elemento può evincersi dalla informativa dello SPSAL, dove al contrario si legge: "non conoscendo gli accordi che l' architetto G. ha assunto con il sig. R., il sig. M., la sig. ra G. e il sig. R., eventualmente oltre a quelli Rep ert. n. 2508/2 017 del, 31/ 0 8/2017 possibile per lo scrivente ipotizzare eventuali responsabilità in capo al medesimo". Coerentemente con tali conclusioni, il Servizio Prevenzione non ha contestato alcuna infrazione di legge all' Arch. G. il quale neppure è stato rinviato a giudizio all' esito delle indagini condotte dalla Procura di Reggio Emilia in relazione all' infortunio per cui è causa. Occorre altresì sottolineare che, come eccepito dal G., il crollo nel quale è rimasto coinvolto l' H. è avvenuto nel corso di un' attività, quella di demolizione, che non rientrava tra le opere di manutenzione previste nella DIA predisposta dal suddetto professionista. Né vi è prova che il G. fosse a conoscenza del fatto che, nel cantiere, fossero in corso demolizioni, ove si consideri che la qualità di DL non richiede necessariamente una presenza quotidiana sul cantiere e che, com' è pacifico, il sinistro è avvenuto pochi giorni dopo l' inizio delle attività. Gli attori, nella memoria integrativa all' atto di citazione, hanno dedotto un ulteriore profilo di responsabilità a carico del G., assumendo che "su indicazione del direttore dei lavori (n.d.r. l' Arch. G.), il quale riteneva (erroneamente) la mancanza dei presupposti di cui alla normativa D. Lgs. 494/1996 per la nomina di un Coordinatore per la sicurezza in fase di Progettazione e di uno in fase di esecuzione, non veniva redatto il Piano di Sicurezza e Coordinamento (PSC) né venivano redatti i Piani Operativi per la Sicurezza (POS) da parte delle ditte esecutrici". Sul punto occorre anzitutto rilevare che la questione della sussistenza o meno, nel caso di specie, dei presupposti previsti dall' art. 3, co. 3, D. Lgs. 494/96 (contemporanea presenza sul cantiere di più imprese e, alternativamente, entità del cantiere pari o superiore a 200 uomini/giorno o esecuzione di lavori comportanti i rischi particolari di cui all' allagato II) è opinabile. Prova ne sia che, sul punto, il P. procedente in sede penale ha ritenuto di dissentire dalla conclusioni del funzionario SPSAL ing. F., giungendo ad escludere la sussistenza dell' obbligo. In effetti, anche a voler ritenere che sul cantiere operassero più imprese, appare arduo ipotizzare una entità presunta del cantiere pari o superiore a 200 uomini/giorno, anche considerato l' intervento edilizio nel suo complesso; al momento dell' infortunio, infatti, erano presenti solo 4 operai. Ma, a prescindere da ogni ulteriore riflessione sul tema, ciò che appare dirimente è il fatto che non vi è prova alcuna che l' indicazione, eventualmente errata, fornita dall' arch. G. abbia influenzato l' operato del responsabile della sicurezza, sul quale soltanto gravava l' obbligo di provvedere alla designazione del coordinatore per l' esecuzione. Ciò a maggior ragione ove si consideri che il R. era persona di comprovata e lunga esperienza nel settore edile, senz' altro in grado di valutare autonomamente la ricorrenza o meno dei presupposti di cui all' art. 3, co. 3, del decreto legislativo più volte citato. Manca pertanto la prova - che incombeva agli attori fornire - della causalità tra la condotta del G. e l' infortunio occorso all' H.. Il rigetto della domanda proposta dagli attori nei confronti dell' arch. G. rende superflua la disamina della domanda di manleva formulata dal professionista nei confronti della sua compagnia assicuratrice. Venendo infine alle spese di lite, in ossequio al generale principio della soccombenza, il convenuto R. C. va condannato al rimborso in favore degli attori delle dette spese, liquidate come in dispositivo sulla base dei parametri di cui al DM 55/2014. Quanto invece al rapporto processuale tra gli attori e le altre parti in causa, ritiene questo giudice che, in ragione delle peculiarità della vicenda e delle oggettive difficoltà di individuare e distinguere, a priori, le responsabilità dei soggetti coinvolti a diverso titolo nel cantiere, sussistano gravi ed eccezionali ragioni per disporne l' integrale compensazione. Quanto al rapporto processale tra il convenuto R. C. e il terzo chiamato B. N., nulla sulle spese in difetto di costituzione del predetto terzo e dei suoi eredi. Quanto infine al rapporto processuale tra il convenuto G. e la terza chiamata Z., quest' ultima deve essere condannata, come espressamente richiesto dal G. ai sensi dell' art. 1917, co. 3, c.c., alla rifusione delle spese di lite sostenute dal proprio assicurato per resistere (nel caso di specie, vittoriosamente) all' azione risarcitoria. Come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, infatti, nell' assicurazione per la responsabilità civile, la costituzione e difesa dell' assicurato, giustificata dall' instaurazione del giudizio da parte di chi assume di aver subito un danno, è svolta anche nell' interesse dell' assicuratore, ritualmente chiamato in causa, in quanto finalizzata all' obbiettivo ed imparziale accertamento dell' esistenza dell' obbligo di indennizzo. Pertanto, anche nel caso in cui nessun danno venga riconosciuto al terzo che ha promosso l' azione, l' assicuratore è tenuto a sopportare le spese di lite dell' assicurato, nei limiti stabiliti dall' art. 1917 c.c., comma 3 (Cass. n. 5300/08; n. 2227/77).
 

 

P.Q.M.
 

 

Il Tribunale, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, ogni altra domanda ed istanza disattesa: 1) condanna il convenuto R. C. al pagamento, a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale, delle somme calcolate all' attualità di .327.990, 00 in favore di J. C., di. 327.990, 00 in favore del minore H. I. e di. 327.990, 00 in favore del minore H. A., oltre interessi al tasso dell' 1, 5% dalla data intermedia del 31.3.2012 alla data della presente decisione e oltre gli ulteriori interessi di legge sulle somme come sopra determinate dalla decisione al saldo;  2) rigetta la domanda formulata dagli attori nei confron Repert. n. 2508/2017 del 31/08/2017 3) rigetta la domanda formulata da R. C. nei confronti del terzo chiamato B. N.; 4) condanna R. C. alla rifusione in favore degli attori delle spese processuali liquidate in 27.804, 00 per compensi di avvocato, oltre spese generali, IVA e CPA come per legge; 5) dispone l' integrale compensazione delle spese di lite tra la parte attrice e le altre parti in causa; 6) condanna la terza chiamata Z. alla rifusione in favore del convenuto G. D. delle spese processuali liquidate in. 27.804, 00 per compensi di avvocato, oltre spese generali, IVA e CPA come per legge. REGGIO EMILIA, 29 agosto 2017 Il Giudice dott. Chiara Zompi.