Categoria: Cassazione civile
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Cassazione Civile, Sez. Lav., 12 settembre 2018, n. 22191 - Infortunio mortale a seguito di rottura del cavo di sollevamento della gru


 

Presidente: NOBILE VITTORIO Relatore: PATTI ADRIANO PIERGIOVANNI Data pubblicazione: 12/09/2018

 

 

 

Fatto

 


Con sentenza in data 7 ottobre 2013, la Corte d'appello di Palermo rigettava l'appello proposto da V.A.B. e A.T. avverso la sentenza di primo grado, che aveva condannato il primo alla corresponsione, a titolo di danno morale in conseguenza del decesso del suo dipendente C.A. per l'infortunio sul lavoro occorsogli il 14 dicembre 2007, della somma di € 230.000,00 in favore di G.S., di € 180.000,00 ciascuno a D. e G.C. e di € 150.000,00 in favore di G.S.C.: tutti eredi del lavoratore deceduto, nei confronti dei quali aveva pure dichiarato inefficace la costituzione del fondo patrimoniale, con atto del 7 gennaio 2008, tra il predetto datore di lavoro e A.T., limitatamente ai beni e alle quote di proprietà del primo; ed infine condannato entrambi alla rifusione delle spese processuali.
A motivo della decisione, la Corte territoriale escludeva la nullità del ricorso introduttivo del giudizio, per la puntuale descrizione della dinamica dell'incidente (improvvisa rottura del cavo di sollevamento della gru, nel cantiere per la costruzione di un complesso edilizio nel quale lavorava C.A., dipendente di V.A.B. con la qualifica di carpentiere, che ne rimaneva violentemente colpito al viso dalla parte rimasta libera dal cestello, decedendo immediatamente), imputabile al datore di lavoro (attraverso il riferimento alla pendenza di procedimento penale a suo carico per omicidio colposo), di cui riteneva la responsabilità in esito alle scrutinate risultanze istruttorie.
Infine, la Corte palermitana ravvisava la correttezza della condanna alle spese processuali di primo grado anche del coniuge di V.A.B., A.T., siccome partecipe della costituzione del fondo patrimoniale in immediata sequenza temporale all'infortunio.
Avverso tale sentenza V.A.B. e A.T., con atto notificato il 16 ottobre 2013, proponevano ricorso per cassazione con due motivi; gli eredi appellati intimati non svolgevano difese. 
 

 

Diritto

 


1. Con il primo motivo, i ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione degli artt. 2087 c.c., 163, terzo e quarto comma, 414 c.p.c. e contraddittoria ed insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, per la nullità dell'atto introduttivo del giudizio, erroneamente esclusa dalla Corte territoriale pertanto incorsa in error in procedendo, in assenza dei necessari requisiti di chiarezza, precisione e completezza nella descrizione dei fatti e degli elementi di diritto a fondamento della domanda risarcitoria ai sensi dell'art. 2087 c.c., non soddisfatti dalla produzione degli atti del procedimento penale a carico datoriale con la memoria istruttoria comunicata a norma dell'art. 426 c.p.c..
2. Con il secondo, i ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione dell'art. 102 c.p.c., per erroneo rigetto del motivo di censura della condanna solidale alle spese del giudizio di primo grado anche del coniuge del datore, A.T., estranea al rapporto di lavoro nel cui svolgimento si era verificato il sinistro mortale del lavoratore, nell'inosservanza dei principi di diritto dell'incidenza dell'inefficacia della costituzione di fondo patrimoniale nei soli confronti del coniuge debitore e non anche dell'altro, neppure litisconsorte necessario
3. In disparte la sua inammissibilità per genericità, in violazione della prescrizione di specificità dell'art. 366, n. 4 e n. 6 c.p.c., sotto il profilo di inosservanza del principio di autosufficienza, per omessa trascrizione dell'atto introduttivo (Cass. 30 luglio 2010, n. 17915, con principio affermato ai sensi dell'art. 360bis, n. 1 c.p.c.; Cass. 31 luglio 2012, n. 13677; Cass. 3 gennaio 2014, n. 48; Cass. 7 giugno 2017, n. 14107), da rispettare anche nell'ipotesi in cui questa Corte, come appunto per il vizio di error in procedendo, sia giudice del fatto processuale, dovendo comunque la censura essere proposta dal ricorrente in conformità alle regole fissate al riguardo dal codice di rito (Cass. s.u. 22 maggio 2012, n. 8077), il primo motivo è infondato.
3.1. La denunciata violazione e falsa applicazione degli artt. 2087 c.c., 163, terzo e quarto comma, 414 c.p.c. e contraddittoria ed insufficienza motivazione su un punto decisivo della controversia, per erronea esclusione della nullità dell'atto introduttivo del giudizio, deve infatti essere esclusa.
3.2. Essa ricorre soltanto quando "l'esposizione dei fatti costituenti le ragioni della domanda", prescritta dall'art. 163 c.p.c. n. 4, sia stata omessa o risulti assolutamente incerta, con valutazione da compiersi caso per caso, occorrendo tenere conto sia che l'identificazione della causa petendi della domanda va operata con riguardo all'insieme delle indicazioni contenute nell'atto di citazione e dei documenti ad esso allegati, sia che la nullità della citazione deriva dall'assoluta incertezza delle ragioni della domanda, risiedendo la sua ratio ispiratrice nell'esigenza di porre immediatamente il convenuto nelle condizioni di apprestare adeguate e puntuali difese (Cass. 15 maggio 2013, n. 11751; Cass. 21 novembre 2008, n. 27670).
3.3. D'altro canto, la Corte territoriale ha positivamente accertato la ricorrenza dei requisiti dell'atto introduttivo (quanto ad allegazione della dinamica dell'infortunio sul lavoro purtroppo tale e alla responsabilità del datore di lavoro), con motivazione rispondente ai requisiti prescritti dal novellato testo art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c. (per le ragioni esposte dal penultimo comma di pg. 2 al primo di pg. 3 della sentenza): con la conseguente inconfigurabilità del vizio motivo denunciato (Cass. s.u. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. 8 ottobre 2014, n. 21257; Cass. 20 novembre 2015, n. 23828; Cass. 12 ottobre 2017, n. 23940) e insindacabilità nell'odierna sede di legittimità dell'accertamento del giudice di merito.
4. Il secondo motivo, relativo a violazione e falsa applicazione dell'art. 102 c.p.c. per erroneo rigetto della censura di condanna solidale alle spese del giudizio di primo grado anche di A.T., coniuge del datore estranea al rapporto di lavoro in cui è occorso il sinistro mortale, è infondato.
4.1. I coniugi stipulanti un fondo patrimoniale per i bisogni della famiglia sono, infatti, litisconsorti necessari nel giudizio promosso dal creditore personale al fine di revocare l'atto costitutivo del fondo, al quale abbiano preso parte entrambi, per la necessità, in conseguenza della natura reale del vincolo di destinazione impresso dalla costituzione del fondo, che la sentenza di revoca faccia stato nei confronti di tutti coloro per i quali il vincolo stesso è stato costituito (Cass. 18 ottobre 2011, n. 21494; Cass. 27 gennaio 2012, n. 1242; Cass. 3 agosto 2017, n. 19330).
4.2. Sicché, correttamente è stato applicato il regime di ripartizione delle spese processuali, con adeguata argomentazione motiva (per le ragioni esposte al secondo capoverso di pg. 5 della sentenza), insindacabile in sede di legittimità.
5. Dalle superiori argomentazioni discende coerente il rigetto del ricorso, senza assunzione di provvedimenti sulle spese, non avendo svolto difese le parti intimate vittoriose.
 

 

P.Q.M.

 


La Corte
rigetta il ricorso; nulla sulle spese.
Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma il 17 maggio 2018