Cassazione Penale, Sez. 4, 13 settembre 2018, n. 40788 - Lavoro notturno di saldatura sui binari e operaio attinto da un incendio. Prescrizione


 

Presidente: FUMU GIACOMO Relatore: DI SALVO EMANUELE Data Udienza: 18/07/2018

 

 

 

FattoDiritto

 


1. C.L. ricorre per cassazione avverso la sentenza in epigrafe indicata, con la quale è stata confermata la pronuncia di condanna emessa in primo grado, in ordine al reato di cui all'art. 589 cod. pen., perché in qualità di amministratore unico della srl "Omissis", datore di lavoro, cagionava la morte di R.G., fornendo ai dipendenti, per lo svolgimento di lavori di saldatura sui binari in ora notturna esclusivamente un faro collegato a un elettrogeneratore alimentato a benzina, in modo tale da rendere necessaria l'accensione dello stesso anche durante le operazioni di rifornimento di carburante e omettendo di formare i lavoratori circa le procedure di sicurezza da adottare nel corso del rifornimento (per esempio, utilizzo di imbuto). In tal modo il R.G., intento a rifornire di carburante l'elettrogeneratore, mantenuto acceso, da solo e senza l'ausilio di imbuto, veniva attinto dall'incendio innescatosi mentre ancora teneva una tanica di benzina in mano, riportando ustioni che ne cagionavano la morte.
2. Il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione, poiché l'elettro generatore non si è spento durante i lavori di saldatura, che al momento del sinistro erano terminati, ma a causa dell'incendio. Non è vero che il tubo di scappamento dell'elettrogeneratore fosse stato reso incandescente dall'utilizzo. Che il fuoco sia stato innescato dal contatto con la benzina o i suoi vapori è circostanza presunta, non certa. Il R.G. effettuò imprudentemente il rabbocco mentre da nulla emerge che egli avesse visto effettuare tale operazione altre volte. Che mancasse l'illuminazione sussidiaria sul luogo di lavoro è circostanza smentita testimonialmente e documentalmente, atteso che vi erano alcune torce nonché il carrello caricatore. Dunque in assenza di faro collegato all'elettro generatore e In presenza di illuminazione sussidiaria si potevano svolgere lavori accessori, senza alcuna necessità di bloccare le operazioni. Del resto, nel corso del turno di lavoro, di sei ore, era sufficiente un solo rabbocco. I lavori di saldatura dei binari non richiedono, peraltro, una fonte di luce forte e modulabile. Il carrello caricatore, che al momento del sinistro si trovava a 4-5 m dal punto in cui si è verificato l'infortunio e illuminava perfettamente la scena, era quindi mezzo più che sufficiente, in quanto dotato di quattro luci anteriori e posteriori ed altre luci sulla gru, potenti e direzionabili. Erano stati, inoltre, forniti tutti i mezzi necessari (luce, tanica e imbuto).
2.1 Nel verbale del 4 luglio 2001, è ben precisato che la riunione riguardava l'informazione ai lavoratori sui rischi derivanti dalle attività svolte dall'impresa C.L. e sulle misure di prevenzione e protezione adottate, secondo quanto previsto dal d. Lg. n. 626 del 1994. Alla riunione sulla sicurezza in data 4 novembre 2002, relativa al cantiere in cui è avvenuto l'infortunio, il R.G. risulta essere presente. Nella scheda di valutazione del rischio vi era una serie di prescrizioni dirette ai lavoratori addetti all'esecuzione dei lavori in cui vengono prodotte scintille e fiamme libere. Si precisava, in particolare, che era vietato effettuare l'attività di rifornimento di carburante alle macchine con il motore acceso. In ogni caso, era fatto obbligo di essere autorizzati al rifornimento dal caposquadra, di attendere il raffreddamento del motore e di sospendere le eventuali attività pericolose limitrofe. Era necessario incaricare un addetto che aveva il compito specifico di verificare, durante le lavorazioni, possibili inneschi di incendio e che doveva essere dotato di mezzi adeguati per spegnere immediatamente il fuoco. I testi M., B. e F. hanno confermato l'esecuzione dei corsi e la partecipazione del R.G.. Dunque se il R.G. si fosse attenuto alle direttive o anche solo se avesse usato l'imbuto, nulla sarebbe successo. I testi F. e B. hanno riferito dell'esistenza di istruzioni precise, precisando che se il rabbocco veniva effettuato quando il faro era acceso, i dipendenti venivano ripresi dal capo-cantiere.
2.2. È stato violato il principio di correlazione tra accusa e sentenza, poiché l'imputato è stato tratto a giudizio in quanto il R.G. avrebbe rifornito di carburante l'elettrogeneratore a motore acceso, da solo e senza l'ausilio di un imbuto, a ciò costretto dalla mancanza di altri mezzi di illuminazione. Il giudice di primo grado ha invece ritenuto che il contenuto reale della contestazione riguardi il fatto che la mancanza di una fonte di illuminazione alternativa abbia comportato che il generatore sia rimasto accèso durante l'operazione di rifornimento del carburante per esigenze legate alla produzione, senza che rilevi che vi fosse comunque luce sufficiente per eseguire l'operazione di rifornimento, in quanto, in ogni caso, la luce era insufficiente per garantire la prosecuzione dei lavori. Dunque il richiamo all'art. 35, commi 1 e 2, d. lg. n. 626 del 1994 era riferito all'elettrogeneratore e all'illuminazione ausiliaria, pacificamente esistente e non alternativa.
2.3. La Corte d'appello ha esordito richiamando integralmente la motivazione della sentenza di primo grado per relationem, nonostante la puntualità dei rilievi formulati nei motivi d'appello e senza tener conto del quadro complessivo, univoco e concordante nel senso che vi era stata un'adeguata formazione e informazione.
2.4. Erroneamente è stato ravvisato il nesso di causalità tra la condotta dell'imputato e l'evento, poiché l'obbligo dei datori di lavoro di mettere a disposizione attrezzature adeguate e di impedire ogni comportamento imprudente non può spingersi fino al punto di imporre una presenza continua sul luogo di lavoro o fino al dovere di impedire eventi dipendenti da comportamenti anormali e imprevedibili posti in essere dagli operai, come avvenuto nel caso in esame, in cui il R.G. ha tenuto un comportamento esorbitante dall'ambito delle proprie mansioni e degli ordini impartiti dal datore di lavoro.
2.5. Vi era un caposquadra al quale, nonostante la mancanza di una delega di funzioni, spettavano gli oneri di vigilanza e controllo, trattandosi di un preposto, destinatario delle norme antinfortunistiche, tant'è che il C.L. non era neanche presente in cantiere.
2.5. In considerazione quanto meno del concorso di colpa dell'infortunato, si sarebbe dovuto quantificare la pena nel minimo edittale, dichiarando la prevalenza delle attenuanti generiche e dell'attenuante ex art. 62 n. 6 cod. pen., in considerazione anche dei lievi e remoti precedenti.
Si chiede pertanto annullamento della sentenza impugnata.
3. Risalendo il fatto al 14-9-2003, il reato è estinto per prescrizione, non potendo applicarsi l'art. 157, comma 5, cod. pen., nella parte in cui dispone il raddoppio del termine prescrizionale relativamente al reato di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, poiché trattasi di norma introdotta dalla legge 5-12-2005, n. 251, entrata in vigore l'8-12-2005 e quindi in epoca successiva alla commissione del reato. Il ricorrere di una causa di estinzione del reato preclude la disamina della questione relativa alla fondatezza o meno dei motivi di ricorso. Quand'anche infatti dovesse addivenirsi, al riguardo, ad una valutazione in senso positivo, essa comporterebbe l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata, con conseguente prosecuzione del processo dinanzi al giudice del rinvio. Ma la prosecuzione del processo è incompatibile con l'obbligo di immediata declaratoria della causa estintiva del reato (Sez. U., 21-10-1992, Marino; Cass., 23-1-1997, Bornigia, Rv. 208673; Cass., 24 -6- 1996, Battaglia, Rv.205548). Né, d'altronde, è possibile, In questa sede, fare applicazione del disposto dell'art. 129 cpv. cod. proc. pen., non risultando evidente il ricorrere di una delle cause di non punibilità di cui alla predetta norma, in considerazione delle ragioni espresse nella motivazione della decisione impugnata.
4. La sentenza impugnata va dunque annullata senza rinvio per essere il reato estinto per prescrizione.
 

 

P.Q.M.

 


Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione.
Così deciso in Roma, il 18-7-2018.