Cassazione Penale, Sez. 4, 24 settembre 2018, n. 40940 - Violento ribaltamento di un trattore stradale con rimorchio: blocco del sistema frenante e responsabilità per l'infortunio mortale dell'autista


 

 

 

 

Presidente: DOVERE SALVATORE Relatore: BRUNO MARIAROSARIA Data Udienza: 14/06/2018

 

 

 

Fatto

 

1. Con sentenza emessa in data 6/6/2017, la Corte d'appello di Caltanissetta, ha confermato la pronuncia del Tribunale di Enna con cui M.G., ritenuto responsabile del reato di omicidio colposo con violazione delle norme in materia di circolazione stradale, era condannato alla pena di anni uno di reclusione ed al risarcimento del danno in favore delle parti civili costituite nel giudizio. All'imputato, nella qualità di legale rappresentante della ditta "Fertim" s.r.l., società di autotrasporti, era addebitato di avere cagionato per negligenza, imprudenza ed imperizia, nonché, per violazione dell'art. 79 cod. strada, la morte del dipendente F.F., avendo il M.G. omesso di mantenere in condizioni di piena efficienza il sistema frenante dell'autocarro sul quale viaggiava il F.F.. Dalla ricostruzione dei fatti offerta dai giudici della cognizione, emergeva che la vittima, in qualità di autista della soc. Fertim s.r.l., percorrendo l'autostrada A/19 in direzione Catania, alla guida di un trattore stradale con rimorchio, nei pressi dello svincolo per Enna, giunto all'altezza della parte terminale di una curva destrorsa in discesa, fuoriusciva dalla sede stradale dopo aver abbattuto un tratto di guard-rail. L'artoarticolato precipitava da una quota di circa m. 1,40 ai piedi del viadotto, ribaltandosi nella zona compresa tra le due carreggiate stradali. Durante il violento ribaltamento l'autista perdeva la vita. Il consulente del P.M., a seguito degli accertamenti svolti, individuava quale causa del sinistro, il blocco del sistema frenante della ruota sinistra del semirimorchio, dovuto al surriscaldamento dei suoi componenti che determinava un improvviso cambio di traiettoria dell'autoarticolato. Dalla lettura della sentenza impugnata si evince che gli accertamenti espletati sulle parti del sistema frenante permettevano di appurare gravi anomalie: i due tubi dell'aria per l'azionamento del freno di stazionamento del terzo asse si presentavano disconnessi, piegati e legati con del fil di ferro per impedire perdite d'aria; il cavo elettrico collegato al sensore dell’ABS della ruota destra del secondo asse si notava tranciato in epoca precedente a quella del sinistro; il cilindro dei freni della ruota sinistra del primo asse non era funzionante poiché i relativi perni di ancoraggio si presentavano dissaldati; il dado di regolazione della barra filettata non era posizionato correttamente in prossimità della testa della stessa; il cilindro del freno della ruota destra del terzo asse non era munito dell'attacco per tubo dell’aria del freno di stazionamento; il tubo dell'aria relativo al cilindro del freno della ruota destra del primo asse si presentava tranciato in corrispondenza del manicotto di serraggio.
Tenuto conto dell'esclusione da parte del medico legale di qualsiasi ipotesi di malore ascrivibile all'utilizzo di sostanze stupefacenti o psicotrope da parte dell'autista, i giudici di merito, nelle due conformi sentenze, ritenevano dimostrata una evidente superficialità e negligenza nella manutenzione dei mezzi aziendali della soc. Fertim, da ricondursi anche al M.G., in qualità di titolare della suddetta ditta e datore di lavoro del deceduto, attribuendo a colpa del ricorrente la causa dell'evento.
2. L'imputato ha proposto ricorso per cassazione, a mezzo del difensore, articolando un unico motivo di ricorso, suddiviso in due paragrafi, in cui lamenta violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza sotto il profilo della illogicità e della incompletezza, in ragione delle seguenti argomentazioni (di seguito sinteticamente richiamate, giusta il disposto di cui all'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc.).
Nel paragrafo a) del ricorso, la difesa assume che la Corte territoriale è pervenuta ad una erronea individuazione, in punto di diritto, dei principi fondanti l'affermazione di responsabilità dell'imputato, in qualità di datore di lavoro della persona offesa deceduta. Evidenzia che la Corte territoriale, pur dando atto della esistenza di una delega da parte del M.G. nei confronti di M.F., tecnico manutentore degli automezzi e persona qualificata nel campo della meccanica, ha escluso che tale delega possa esonerare da responsabilità il titolare dell'azienda.
Tale assunto sarebbe errato e la giurisprudenza citata in sentenza, a sostegno delle argomentazioni fondanti la pronuncia di responsabilità, sarebbe inconferente. Osserva in proposito il ricorrente che la massima citata in sentenza (Sez. 3, n. 8727 del 25/6/85, Rv. Rv. 170615), in cui si afferma la corresponsabilità del datore di lavoro unitamente ai soggetti qualificati investiti di delega in materia di manutenzione, si riferisce al diverso caso di macchinari che presentano difetti originari per i quali il datore di lavoro non ha adottato, sin dall'inizio dell'impiego, i necessari mezzi di protezione a tutela dell'incolumità dei lavoratori.
La Corte territoriale avrebbe eluso quindi il rilevante tema della delega, ricorrendo ad orientamenti giurisprudenziali che non si attagliano al caso concreto ed astenendosi dal compiere una corretta analisi delle emergenze probatorie, dalle quali risulta che le scelte gestionali concretamente operate dal M.G. sono state sempre dirette ad evitare qualunque rischio a carico dei dipendenti, atteso che egli aveva nominato un RSPP che aveva redatto un corretto documento di valutazione rischi; curato la formazione dei dipendenti; nominato un meccanico (M.F.) deputato a curare la manutenzione di tutti gli automezzi; sottoposto a regolare revisione il rimorchio interessato dal sinistro in data 31/1/09.
Pertanto, contrariamente a quanto affermato in sentenza, il M.G. avrebbe dovuto essere mandato esente da responsabilità, non potendosi ricondurre alla sua sfera di rischio l'incidente occorso al conducente dell'autocarro.
Sebbene la delega di funzioni non escluda l'obbligo di vigilanza del datore di lavoro, è altrettanto vero, secondo la giurisprudenza di legittimità, che la vigilanza non può avere ad oggetto ogni minuta conformazione delle singole fasi lavorative, concernendo invece la correttezza della complessiva gestione del rischio da parte del delegato (così Sez. 4, n. 10702 del 1/2/2012, Rv. 252675).
La difesa, infine, si duole delle argomentazioni che hanno condotto all'assoluzione dell'originario coimputato M., titolare del centro in cui era stata effettuata la revisione del mezzo.
Nel paragrafo b) del ricorso si dubita dell'esatta ricostruzione dei fatti e della causa dell'incidente, come prospettate dai giudici della cognizione sulla base della consulenza espletata dall'Ing. V., C.T. del pubblico ministero.
Nell'ambito di tale ricostruzione, i giudici di merito avrebbero del tutto trascurato di considerare i diversi apporti tecnici e scientifici derivanti dalle diverse considerazioni svolte dall'Ing. LT.o, che aveva ricondotto la causa del sinistro non alle condizioni dell'autoarticolato ma ad una tardiva azione frenante del conducente ascrivibile a diverse ragioni, tra le quali poteva anche annoverarsi una sua distrazione.
 

 

Diritto

 


1. Fondate risultano le doglianze espresse dal ricorrente nel primo paragrafo del motivo di ricorso. Pertanto si impone, per le ragioni ed entro i limiti che saranno di seguito precisati, l'annullamento con rinvio della impugnata sentenza.
2. Occorre in primis sgombrare il campo dalle critiche difensive riguardanti l'asserita erronea ricostruzione del fatto e delle cause dell'incidente mortale occorso al dipendente della ditta, in ordine ai quali profili, risultano condivisibili ed immuni dai vizi logici e giuridici le considerazioni espresse dalla Corte territoriale in sentenza.
Il principiare da questi aspetti non risponde soltanto ad esigenze di comodità e chiarezza espositiva, ma anche e soprattutto a necessità di carattere sostanziale, poiché nei reati di natura colposa solo una precisa e coerente ricostruzione del fatto ed una esatta individuazione delle cause fenomeniche dell'evento, orientano nella corretta definizione delle responsabilità individuali. Diffusi riferimenti a tale principio, si rinvengono nella copiosa giurisprudenza di legittimità in materia colposa, che ha posto l'accento sulla decisività del cd. giudizio esplicativo, il quale deve precedere ogni necessario ulteriore sviluppo argomentativo.
In proposito, il ricorrente, non senza evocare in larga misura censure in fatto e riproponendo le medesime argomentazioni dedotte innanzi alla Corte d'appello, prospetta nel ricorso una diversa ricostruzione della vicenda che trae fondamento dagli esiti della consulenza di parte.
L'assunto è infondato.
La Corte territoriale è pervenuta, attraverso un'attenta analisi delle risultanze processuali, di cui da conto in maniera precisa nella motivazione, alla conclusione che il sistema frenante dell'autocarro fosse totalmente inidoneo a garantire la sicurezza del conducente e che le cause del ribaltamento dovessero individuarsi negli evidenti e numerosi difetti rilevati nel sistema frenante, in particolare, nel mancato funzionamento del freno della ruota sinistra del terzo asse del semirimorchio, che determinò un repentino cambiamento della traiettoria del veicolo ed il suo ribaltamento.
Tali affermazioni si fondano sugli esiti degli accertamenti tratti dalla consulenza espletata dall'Ing. V., al cui contenuto i giudici di merito hanno aderito, valutando attendibile l'analisi tecnica degli aspetti rilevati dal consulente, ampiamente riscontrati dall'esame obiettivo dell'autocarro che presentava gravi anomalie, visibili anche ad occhio nudo.
La preferenza accordata all'elaborato della parte pubblica rispetto a quello del consulente della difesa, Ing. LT., assistita da idonea motivazione, sfugge al sindacato di legittimità. E' ius receptum nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo cui, in virtù del libero convincimento, il giudice di merito, pur in assenza di una perizia d'ufficio, può scegliere tra le diverse tesi prospettate dai consulenti delle parti quella che ritiene maggiormente attendibile, purché dia conto con motivazione accurata ed approfondita, delle ragioni della scelta, nonché, del contenuto della tesi disattesa e delle deduzioni contrarie delle parti. Corollario necessitato di questo principio - unanimemente condiviso dalla giurisprudenza di legittimità - è quello in base al quale, ove la valutazione del giudice di merito sia effettuata in modo congruo, è inibito alla Corte regolatrice di procedere ad una differente valutazione, trattandosi di accertamento di fatto e, come tale, insindacabile in sede di legittimità (cfr. ex multis Sez. 4 n. 8527 del 13/02/2015, Rv. 263435; Sez. 4, n. 34747 del 17/05/2012, Rv. 253512).
Si è altresì affermato che, qualora il giudice indichi esaurientemente le ragioni del proprio convincimento, non è tenuto a rispondere in motivazione a tutti rilievi del consulente tecnico della difesa, in quanto questi ultimi costituiscono soltanto un contributo tecnico a sostegno della parte e non un mezzo di prova che il giudice deve necessariamente prendere in esame in modo autonomo (così Sez. 5, n. 42821 del 19/06/2014, Rv. 262111). Ne deriva che la sentenza non è censurabile in sede di legittimità per il suo silenzio su una specifica deduzione prospettata con il gravame, quando risulti che la stessa sia stata disattesa dalla motivazione della sentenza complessivamente considerata (così Sez. 1, n. 27825 del 22/05/2013, Rv. 256340).
Riguardata alla luce di tali insegnamenti, la motivazione espressa dai giudici di merito risulta immune dalle aporie logiche e dalle carenze segnalate dalla difesa. Le obiezioni difensive sulla ricostruzione del fatto sono state adeguatamente valutate dalla Corte territoriale che ha enunciato in sentenza una serie di concreti elementi atti a confortare la tesi sostenuta dal consulente della parte pubblica e idonei a contrastare le avverse deduzioni difensive.
Il mancato espresso riferimento a tutte le argomentazioni contenute nell'atto di appello, in cui sono elencate le diverse soluzioni tecniche prospettate dal consulente della difesa, di cui si duole il ricorrente, non compromette la tenuta logica della motivazione e non determina alcuna nullità della sentenza, in quanto, come ricordato poc'anzi, il complessivo apparato argomentativo della motivazione, corretto sotto il profilo logico, esclude implicitamente ogni altra ipotesi ricostruttiva.
3. Fondato è invece il motivo di doglianza che attiene al diverso profilo della posizione di garanzia ricoperta dal ricorrente ed alle argomentazioni svolte in sentenza dalla Corte territoriale sul valore da attribuire alla delega conferita dal ricorrente nel campo della manutenzione dei veicoli aziendali. Il giudice di merito ritiene dimostrata la esistenza di tale delega, tuttavia, sostiene che essa non possa esonerare da responsabilità il datore di lavoro. Le ragioni della inoperatività della delega sono affidate, nel caso specifico, alla citazione di due precedenti massime di questa Corte, la prima riguardante il generale principio dell'affidamento, da contemperarsi, in materia di infortuni sul lavoro, con il principio della salvaguardia degli interessi del lavoratore (Sez. 4, n. 22622 del 29/04/2008, Rv. 240161); la seconda, riguardante il caso di delega conferita a personale qualificato nel settore della manutenzione dei macchinari, in cui si afferma che il datore di lavoro non può essere mandato esente da responsabilità, pure in presenza di delega, ove si accerti una irregolarità originaria di macchinari dell'azienda, a cui egli avrebbe dovuto porre rimedio con opportuni mezzi di protezione fin dall'inizio del loro impiego.
Ebbene, il riferimento a tali pronunce, nelle quali si sostanzia tutta la motivazione espressa dalla Corte territoriale sull'argomento, non può ritenersi valido ed esaustivo: il giudice di merito pur lasciando intendere nella motivazione che la delega rilasciata a M.F. nel particolare settore della manutenzione degli automezzi, possedeva un carattere puramente formale, non spiega come sia giunto a tale convincimento, astenendosi dal prendere in considerazione qualunque aspetto significativo a questo fine.
E' utile in proposito richiamare la massima delle Sezioni Unite di questa Corte che si è recentemente espressa sul tema della delega di funzioni nell'ambito dell'attività di impresa ribadendo il seguente generale principio: "In materia di infortuni sul lavoro, gli obblighi di prevenzione, assicurazione e sorveglianza gravanti sul datore di lavoro, possono essere trasferiti con conseguente subentro del delegato nella posizione di garanzia che fa capo al delegante, a condizione che il relativo atto di delega ex art. 16 del D.Lgs. n. 81 del 2008 riguardi un ambito ben definito e non l'intera gestione aziendale, sia espresso ed effettivo, non equivoco ed investa un soggetto qualificato per professionalità ed esperienza che sia dotato dei relativi poteri di organizzazione, gestione, controllo e spesa" (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn ed altri, Rv. 261108).
La motivazione della sentenza impugnata risulta quindi del tutto carente, essendosi la Corte territoriale limitata ad una mera enunciazione di principi - peraltro non aderenti alla problematica in esame - e mancando di approfondire aspetti rilevanti dell'istituto della delega, quali l'autonomia di spesa del delegato, le eventuali forme di ingerenza manifestate dal datore di lavoro nelle scelte effettuate dal delegato, la necessaria vigilanza da esercitarsi ad opera del delegante sull'attività del delegato.
E' bene quindi ribadire che, sebbene la esistenza di una delega non escluda ipso facto la responsabilità del datore di lavoro con riferimento alle conseguenze dei rischi rientranti nel settore dell'attività delegata, è pur vero che essa può, ove sia rispettosa dei requisiti sopra evidenziati, da individuarsi caso per caso, essere fonte di esonero della responsabilità datoriale.
Occorrerà pertanto verificare in concreto la esistenza di tali requisiti, tenendo conto degli aspetti evidenziati in questa sede.
4. Ne consegue l'annullamento della sentenza Impugnata, sotto il profilo fin qui messo In rilievo, con trasmissione degli atti ad altra sezione della Corte d'appello di Caltanisetta, cui è rimessa anche la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
 

 

P.Q.M.

 


Annulla la sentenza Impugnata con rinvio alla Corte di appello di Caltanisetta, cui demanda anche la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità.
In Roma, così deciso il 14 giugno 2018