Cassazione Civile, Sez. Lav.,25 settembre 2018, n. 22670 - Infortunio in itinere


Presidente: MANNA ANTONIO Relatore: BERRINO UMBERTO Data pubblicazione: 25/09/2018

 

 

 

Fatto

 


La Corte d'appello di Potenza (sentenza del 23.1.2013), accogliendo l'appello dell'Inail avverso la sentenza del giudice del lavoro del Tribunale di Matera - che aveva accertato la fondatezza della domanda di B.C. volta al conseguimento della rendita ai superstiti e dell'indennità per inabilità temporanea assoluta del suo dante causa S.A., deceduto a seguito di incidente stradale occorsogli l'8.3.2008 mentre si recava al lavoro - ha riformato la gravata decisione e rigettato la domanda della predetta erede.
La Corte territoriale ha in pratica escluso la sussistenza della prospettata ipotesi dell'infortunio "in itinere", osservando che non era stata dimostrata la necessità dell'utilizzo della vettura privata da parte di S.A. per recarsi sul luogo del lavoro.
Per la cassazione della sentenza ricorre B.C. con due motivi, illustrati da memoria.
Resiste con controricorso l'Inail.
 

 

Diritto

 


1. Col primo motivo, dedotto per violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto (art. 2 t.u. n. 1124/1965 in relazione all'art. 2735 cod. civ.), la ricorrente si duole del fatto che la Corte di merito abbia escluso la sussistenza dell'ipotesi dell'infortunio "in itinere" dopo aver affermato di non condividere la decisione del giudice di primo grado il quale aveva, invece, ritenuto che l'Inail avesse riconosciuto in sede stragiudiziale tale evento. A tal riguardo la ricorrente osserva che correttamente il primo giudice aveva rilevato la contraddittorietà logica della tesi dell'istituto, che, da una parte, aveva negato in giudizio la sussistenza dell'infortunio "in itinere" e, dall'altra, aveva riconosciuto in sede stragiudiziale per il medesimo evento l'inabilità assoluta temporanea dell'infortunato.
2. Col secondo motivo, dedotto per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 n. 5 c.p.c.), la ricorrente, dopo aver precisato che in primo grado aveva prodotto una dettagliata tabella con gli orari delle corse della locale società di autotrasporto pubblico di Matera CASAM e di aver reiterato in appello la richiesta di acquisizione di un'informativa presso quest'ultima alla quale poter trarre elementi utili di conoscenza della copertura del pubblico servizio nel percorso da via N. (residenza del defunto) a via Contrada Monacelle Zona Industriale (sede della Edilmetas), chiarisce che aveva dedotto in causa il grave disagio rappresentato dal tempo complessivo di percorrenza di circa un'ora e mezza che il suo dante causa avrebbe dovuto sostenere per raggiungere coi mezzi pubblici il luogo di lavoro, per cui la Corte territoriale aveva omesso di verificare se l'uso del mezzo privato si rendeva realmente necessario, così come sostenuto in sede difensiva.
3. Osserva la Corte che i due motivi, che per ragioni di connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati.
Invero, la Corte di merito ha spiegato, con motivazione adeguata ed esente da rilievi di legittimità, che erano fondate le contestazioni dell'Inail, in quanto dalla documentazione prodotta dall'istituto (nota datata 22.9.2009) emergeva semplicemente che i sanitari dell'ente avevano accertato una inabilità temporanea (gg. 60) del S.A. conseguente all'incidente di cui trattasi e che, in ogni caso, non era stata neppure allegata una qualche circostanza indicativa della necessità dell'uso della vettura privata, non essendo in tal senso sufficiente la generica deduzione della mancanza di un valido collegamento con mezzi pubblici del luogo di abitazione dell'assicurato con quello di lavoro. Ad ulteriore conferma di tale convincimento la stessa Corte ha evidenziato che a fronte delle contestazioni mosse dalla difesa dell'Inail l'appellata si era limitata ad affermare, senza provarlo o offrire di provarlo (la pianta della città depositata in appello non aveva alcun valore, in quanto priva di autenticità e tardivamente prodotta), che l'alternativa all'uso del mezzo privato sarebbe stata rappresentata dall'utilizzo di due mezzi pubblici in successione, con capolinea del secondo mezzo distante circa un chilometro dai luogo di lavoro, il tutto con notevole disagio, senza fornire, però, ulteriori specificazioni atte a suffragare una tale prospettazione difensiva.
Si è, infatti, statuito (Cass. Sez. 6 - Lav., Ordinanza n. 22759 del 3.11.2011) che <<in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, l'infortunio "in itinere" non può essere ravvisato in caso di incidente stradale subito dal lavoratore che si sia spostato con il proprio automezzo al luogo di prestazione dell'attività lavorativa fuori sede, dal luogo della propria dimora, ove l'uso del veicolo privato non rappresenti una necessità, in assenza di soluzioni alternative, ma una libera scelta del lavoratore, tenuto conto che il mezzo di trasporto pubblico costituisce lo strumento normale per la mobilità delle persone e comporta il grado minimo di esposizione al rischio della strada>> (conf. a Cass. sez. lav., sentenza n. 19940 del 6.10.2004).
4. Tra l'altro, nel sistema l'intervento di modifica dell'art. 360 c.p.c., n. 5 comporta un'ulteriore sensibile restrizione dell'ambito di controllo, in sede di legittimità, del controllo sulla motivazione di fatto. Invero, si è affermato (Cass. Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053) essersi avuta, con la riforma dell'art. 360 c.p.c., n. 5, la riduzione al minimo costituzionale del sindacato sulla motivazione in sede di giudizio di legittimità, per cui l'anomalia motivazionale denunciabile in questa sede è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante e attiene all'esistenza della motivazione in sè, come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, e si esaurisce, con esclusione di alcuna rilevanza del difetto di sufficienza, nella mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili, nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile. 
Ma è evidente che nella specie la valutazione eseguita dalla Corte territoriale non è affetta da alcuna di queste ultime anomalie, avendo il giudice d'appello espresso in modo chiaro e comprensibile i motivi a sostegno del suo convincimento sulla insussistenza dell'ipotesi dell'infortunio "in itinere" prospettata dalla difesa dell'appellata.
5. Pertanto, il ricorso va rigettato.
Le spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza della ricorrente. Ricorrono, altresì, i presupposti per la liquidazione, come da dispositivo, del contributo unificato di cui all'art. 13 del d.p.r. n. 115/02 che va posto a carico della soccombente.
 

 

P.Q.M.

 


La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese nella misura di € 3700,00, di cui € 3500,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma il 10 aprile 2018