Categoria: Cassazione penale
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Cassazione Penale, Sez. 4, 19 ottobre 2018, n. 47773 - Infortunio del lavoratore neo assunto durante i lavori di saldatura. Mancata formazione


 

 

 

Presidente: FUMU GIACOMO Relatore: CAPPELLO GABRIELLA Data Udienza: 25/09/2018

 

Fatto

 


1. La corte d'appello di Brescia ha confermato la sentenza del tribunale cittadino, con la quale L.E. e C.A. erano stati condannati, ciascuno nella rispettiva qualità, per il reato di lesioni aggravate in danno del lavoratore M.M.S..
2. Questa, in sintesi, la vicenda.
Il 16/05/2013, presso lo stabilimento della EMMEBI MULTI UTILITY s.r.l., la persona offesa restava vittima di un incidente, occorso mentre era intenta alla saldatura di una piastra di ferro che si era ribaltata schiacciandone le dita, con lesioni guarite in 145 giorni e postumi permanenti a carico dell'organo della prensione.
In relazione all'accaduto, si era quindi contestato al L.E., amministratore unico della società e datore di lavoro, e al C.A., capofficina e preposto, di non avere richiamato il M.M.S. all'osservanza delle modalità di esecuzione del lavoro di saldatura in sicurezza e, al primo, anche di non averlo adeguatamente formato.
3. Entrambi gli imputati hanno proposto ricorsi, con unico atto e difensore, formulando due motivi.
Con il primo, la difesa ha dedotto violazione di legge, per avere i giudici di merito basato il proprio convincimento sulle sole dichiarazioni della persona offesa, contestate da quelle dell'imputato C.A., nonostante il primo avesse difficoltà ad utilizzare la lingua italiana.
In particolare, si è rilevato che il lavoratore era stato assunto come operaio generico, e non saldatore, sebbene il mansionario imponesse di utilizzare la voce operaio generico- saldatore.
Si è, inoltre, dedotto il travisamento delle dichiarazioni degli altri lavoratori con riferimento all'ingerenza del datore di lavoro L.E. nell'esecuzione dei lavori in officina.
Con il secondo, ha dedotto vizio della motivazione con riferimento alla ritenuta prova della circostanza che il M.M.S. fosse stato incaricato di procedere alla saldatura della piastra e che, nell'occorso, egli fosse stato impegnato nella esecuzione di quella lavorazione, avendo il C.A. sempre affermato di avere incaricato il M.M.S. di operare solo dei fori ai quattro spigoli della piastra.
 

 

Diritto

 


1. I ricorsi sono inammissibili.
2. La corte bresciana, nel richiamare il contenuto della sentenza appellata, ha dato preliminarmente conto degli elementi di prova acquisiti e, rispetto ad essi, della ritenuta prova dell'inquadramento del lavoratore M.M.S. quale operaio generico saldatore, addetto a mansioni di officina e, in particolare, alle operazioni di saldatura. Al lavoratore, assunto un mese prima dell'Incidente, non era stata fornita alcuna formazione in relazione alle mansioni svolte. Esse, riferite dalla persona offesa, erano state peraltro riscontrate dal suo formale inquadramento.
L'infortunio era stato diretta conseguenza di tale carenza formativa, avendo il M.M.S. agito in modo del tutto difforme dalla procedura lavorativa descritta nello stesso documento di valutazione dei rischi aziendale (vale a dire: utilizzo di staffe e pinze per il fissaggio dei pezzi e corretto posizionamento).
Proprio a causa di tale mancanza, del resto, rilevata la non intuitiva evidenza del sistema di lavorazione - errato - utilizzato dal M.M.S. (il pezzo dal saldare non essendo stato tenuto fermo con gli attrezzi menzionati, ma semplicemente mediante puntature di saldatura), la corte bresciana ha ritenuto che quello fosse il sistema invalso in azienda e che il lavoratore vi si fosse sostanzialmente adeguato per imitazione o per aver acquisito qualche informazione dai colleghi. Nell'esaminare le testimonianze dei lavoratori, peraltro, la corte di merito ha ritenuto provato che la pur riferita presenza di pinze o morsetti in officina non ne implicasse l'utilizzo costante ("magari usiamo il morsetto per unire i pezzi da saldare prima di fare la puntatura") e che tali strumenti, in ogni caso, esaurivano la loro funzione una volta effettuate le puntature e non fino al completamento della saldatura.
Così provata la difformità della prassi aziendale rispetto al sistema di lavorazione descritto nel D.V.R., la corte territoriale ha ritenuto esistente la posizione di garanzia del C.A., siccome preposto - capo officina, per non avere richiamato il lavoratore al corretto utilizzo degli strumenti di lavoro e del L.E., il quale, pur ingerendosi nei lavori di officina, come affermato da alcuni testimoni (il riferimento in sentenza è alle dichiarazioni del lavoratore C.), aveva tollerato tale scorretta prassi, fermo restando l'obbligo di formazione, parimenti disatteso da costui.
3. I motivi sono manifestamente infondati.
Con essi la difesa ha sostanzialmente contestato la condotta valutazione della prova, sia quanto al suo contenuto, rispetto al quale ha censurato l'iter argomentativo seguito dalla corte di merito, che avuto riguardo al criterio legale di giudizio, per avere questa asseritamente privilegiato il riferito della persona offesa (allegandone una incapacità di padroneggiare la lingua italiana, con riguardo al lavoro che era stato incaricato di svolgere), rispetto a quanto affermato dall'imputato C.A..
Quanto al primo profilo, pare sufficiente ribadire, anche in questa sede, come del resto costantemente affermato da questa corte, che le dichiarazioni della persona offesa - cui non si applicano le regole dettate dall’art. 192, comma terzo, cod. proc. pen. - possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell'affermazione di penale responsabilità dell'imputato, previa verifica, più penetrante e rigorosa rispetto a quella cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone e corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell'attendibilità intrinseca del suo racconto (cfr. sez. 2 n. 43278 del 24/09/2015, Manzini, Rv. 265104). Peraltro, nonostante la non necessità di riscontri ad esse (cfr. sez. 5 n. 1666 dell'08/07/2014, Pirajno e altro, Rv. 261730), nel caso di specie, la corte di merito ha evidenziato come il riferito svolgimento di mansioni di operaio saldatore avesse trovato conferma nello stesso inquadramento aziendale della persona offesa.
Quanto, poi, alla valutazione del materiale probatorio, il giudice d'appello ha motivato il proprio convincimento in ordine alla prassi invalsa in officina e nel ragionamento seguito non si rinvengono, ma del resto non sono state neppure denunciate con la doverosa specificità, incongruenze, contraddittorietà o manifeste illogicità.
Peraltro, non può omettersi di rilevare, di contro, la contraddittorietà del ragionamento difensivo nella parte in cui, richiamato un presunto travisamento probatorio operato dai giudici di merito rispetto alle dichiarazioni del lavoratore C. (che avrebbe riferito di sporadiche intromissioni del L.E. nelle lavorazioni), si afferma che il C. aveva ammesso di avere ricevuto ordini dal direttore G. e dall'amministratore L.E., solo occasionalmente, senza specificare se dall'uno o dall'altro. Il che conferma esattamente quanto esposto nella sentenza impugnata e fuga ogni dubbio in ordine all'allegato travisamento.
Quanto a tale specifico vizio, peraltro, questa corte non intende discostarsi dal proprio consolidato orientamento sulla natura di esso (cfr., sul punto, sez. 5 n. 8094 dell'11/01/2007, Rv. 236540; n. 18542 del 21/01/2011, Rv. 250168), soprattutto in caso di doppia conforme [cfr. Sez. 4 n. 44765 del 22/10/2013, Rv. 256837; n. 5615 del 13/11/2013 Ud. (dep. 04/02/2014), Rv. 258432; n. 4060 del 12/12/2013 Ud. (dep. 29/01/2014), Rv. 258438; cfr., anche più di recente, sez. 2 n. 7986 del 18/11/2016 Ud. (dep. 20/02/2017), Rv. 269217].
4. Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno anche alla somma di €. 2.000,00 in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità (cfr. C. Cost. n. 186/2000).
 

 

P.Q.M.

 


Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila ciascuno a favore della cassa delle ammende.
Deciso in Roma il giorno 25 settembre 2018