Categoria: Cassazione civile
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Cassazione Civile, Sez. 6, 22 novembre 2018, n. 30287 - Bronco-pneumopatia cronica: nesso di causalità con l'esposizione ad un rischio chimico


Presidente: DORONZO ADRIANA Relatore: FERNANDES GIULIO Data pubblicazione: 22/11/2018

 

 

 

Rilevato
che, con sentenza del 15 marzo 2017, la Corte di Appello di Ancona confermava la decisione del Tribunale di Ascoli Piceno di rigetto della domanda proposta da R.C. nei confronti dell'INAIL ed intesa alla costituzione di rendita da malattia professionale (bronco- pneumopatia cronica ostruttiva sfociata in cuore-polmone cronico fino alla scompenso cardiaco invalidante nella misura del 20%) contratta a seguito dell'esposizione a fumi e gas di saldatura oltre che a solventi aromatici, idrocarburi aromatici, polveri da carteggiatura nel corso dell'attività lavorativa di dipendente di varie autocarrozzerie con mansioni di carrozziere, nel periodo dal 1960 al 2008;
che, ad avviso della Corte territoriale, dalle consulenze tecniche espletate (ambientale e medica) era emerso che la malattia da cui il R.C. era affetto - una broncopneumopatia cronica ostruttiva in pregressa abitudine tabagica con addensamento basale destro in via di risoluzione - non era eziologicamente riconducibile all'attività lavorativa svolta, nel corso della quale l'esposizione a rischio chimico era stata bassa, irrilevante secondo le conclusioni della consulenza tecnica ambientale;
che per la cassazione di tale decisione propone ricorso il R.C. affidato a due motivi cui l'INAIL resiste con controricorso;
che è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza in camera di consiglio;
 

 

Considerato
che: con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 2697 cod. civ. ( in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.) per avere la Corte di appello invertito l'onere della prova in ordine ad una malattia tabellata - la broncopneumopatia cronica ostruttiva derivante da esposizione a fumi e gas di saldatura, prevista dalla Tabella allegata al D.M. 11 dicembre 2009 n. 65 ed a quello del 10 giugno 2014 n. 212 , lista 1, gruppo 4, cod. identificativo 1.4.2015 - a fronte della quale l'istituto avrebbe dovuto dimostrare la diversa eziologia della infermità; con il secondo motivo viene dedotta omessa, contraddittoria ed insufficiente motivazione rispetto ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio (in relazione all'art. 360, primo comma, n.5, cod. proc. civ.) per essersi il giudice del gravame acriticamente appiattito sulle risultanze delle consulenze tecniche espletate senza tenere conto dei rilievi alle medesime mosse nell'appello;
che il primo motivo è infondato avendo la Corte territoriale fatto corretta applicazione dei principi di cui a Cass. n. 23653 del 21/11/2016 richiamati nell'impugnata sentenza; ed infatti, ha evidenziato come la malattia da cui era risultato affetto il R.C. non poteva in alcun modo essere collegata da un nesso di causalità con l'esposizione ad un rischio chimico nel corso dell'attività lavorativa, rischio ritenuto dal consulente ambientale irrilevante, con la precisazione che l'attività di carrozziere svolta dal lavoratore non prevedeva l'esposizione a "cadmio, leghe e composti" cui la Tabella allegata al D.M. 10 giugno 2014 n. 212, lista 1, gruppo 4 cod. identificativo 1.4.2015 ricollega la broncopneumopatia cronica ostruttiva;
che il secondo motivo è inammissibile in quanto non presenta i requisiti di ammissibilità richiesti dall'art. 360, primo comma, n. 5 così come novellato nella interpretazione fornitane dalle Sezioni unite di questa Corte (Cass. n. 8053 del 7 aprile 2014) lamentando l'omesso esame non di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ma delle censure mosse alle consulenze tecniche espletate, finendo con il denunciare un vizio di motivazione insufficiente non più previsto (cfr. SU n. 8053 del 7 aprile 2014, cit.); peraltro, il motivo presenta un'ulteriore ragione di inammissibilità non essendo stato in esso riportato, neppure nei passi salienti, il contenuto delle consulenze tecniche censurate (Cass. sez. un. 3 novembre 2011 n. 22726; Cass. ord. 30 luglio 2010 n. 17915);
che, pertanto, in adesione alla proposta del relatore, il ricorso va rigettato;
che le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo;
che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio, introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013) trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame (Cass. n. 22035 del 17/10/2014; Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014 e numerose successive conformi);
 

 

P.Q.M.

 


La Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 2.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%
Ai sensi dell'art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, l'11 settembre 2018