Cassazione Civile, Sez. 6, 22 novembre 2018, n. 30288 - Infortunio in itinere. "Vivenza a carico"


 

 

Presidente: DORONZO ADRIANA Relatore: FERNANDES GIULIO Data pubblicazione: 22/11/2018

 

 

Rilevato
che con ricorso al Tribunale di Catania G.P., G.L., G.P. e C.P. - rispettivamente padre, madre e sorelle, nonché eredi, di A.P.. deceduto il 7 novembre 2005 a seguito di infortunio in itinere sul lavoro - chiedevano la condanna dell'INAIL alla corresponsione della rendita di reversibilità ex art. 85 del d.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124 e dell'assegno una tantum assumendo di essere stati tutti conviventi del de cuius in Catania nonché a " carico" dello stesso;
che l'adito giudice rigettava la domanda ritenendo non provati i presupposti di legge per il riconoscimento dei benefici invocati; che avverso tale decisione solo la L. proponeva appello, rigettato, con sentenza dell'8 giugno 2016, dalla Corte di Appello di Catania;
che, ad avviso della Corte territoriale, correttamente il primo giudice aveva ritenuto non provata la "vivenza a carico" ovvero: a) il pregresso efficiente concorso del figlio defunto al mantenimento della madre mediante aiuti economici costituenti per la loro costanza e regolarità un mezzo normale, anche se parziale, di sostentamento; b) la mancanza per la L. di autonomi e sufficienti mezzi di sussistenza intesi come "mezzi necessari per vivere";
che per la cassazione di tale decisione propone ricorso la L. affidato a tre motivi cui resiste l'INAIL con controricorso;
che è stata depositata proposta del relatore, ai sensi dell'art. 380- bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza in camera di consiglio;

 


Considerato
che con i tre motivi di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 85 e 106 del d.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124 nonché contraddittorietà della motivazione ( primo e secondo motivo) e violazione del principio di non contestazione ex art. 115 cod. proc. civ. (terzo motivo) per avere a Corte d'appello erroneamente ritenuto non provati i presupposti per il riconoscimento della rendita ai superstiti in quanto dalla documentazione acquisita agli atti emergeva in modo evidente che il figlio A. deceduto aveva contribuito al sostentamento della madre (come provato dai due bonifici del 7 gennaio 2005 e del 19 giugno 2005 rispettivamente di euro 10.000,00 e 5.000,00) e le precarie condizioni economiche di quest'ultima ( il cui reddito per l'anno d'imposta 2004 era stato di euro 3.052,00, come da dichiarazione Unico 2005) evidenziandosi, peraltro, come non dovesse essere considerato, diversamente da quanto ritenuto nell'impugnata sentenza, il reddito del coniuge convivente neppure se in regime di comunione legale dei beni e che il contributo del defunto non poteva considerarsi "sporadico"; nel terzo motivo si sostiene anche la mancata contestazione specifica da parte dell'INAIL delle allegazioni in fatto ed in diritto della L.; che i motivi, da trattare congiuntamente in quanto logicamente connessi, sono infondati alla luce dei principi affermati da questa Corte secondo cui : a) <<Il diritto alla rendita per infortunio sul lavoro in favore degli ascendenti superstiti, ex art. 85 d.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124 (t.u. assicurazione obbligatoria infortuni sul lavoro e malattie professionali) presuppone ai sensi del successivo art. 106 la cosiddetta vivenza a carico, la quale è provata allorché ricorrano contestualmente due condizioni: a) occorre che gli ascendenti medesimi si trovino senza sufficienti mezzi di sussistenza autonomi; b) altresì, che al loro mantenimento concorreva in modo efficiente il lavoratore defunto, dovendo intendersi tale requisito nel senso che non è necessario che i superstiti siano totalmente mantenuti in tutti i loro bisogni dal lavoratore defunto, ma è indispensabile che quest'ultimo abbia contribuito in modo efficiente al loro mantenimento mediante aiuti economici che, per la loro costanza e regolarità, costituivano un mezzo normale, anche se parziale, di sussistenza.>> (Cass. n. 5910 del 12/06/1998, orientamento costante, cfr. Cass. n. 14498 del 26/06/2014; Cass. n. 2630 del 04/02/2008; Cass. n. 6794 del 18/05/2001); b) << Il diritto alla rendita per infortunio sul lavoro in favore dell'ascendente superstite, ex art. 85 d.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124 (t.u. assicurazione obbligatoria infortuni sul lavoro e malattie professionali) presuppone, ai sensi del successivo art. 106, la cosiddetta vivenza a carico, la quale sussiste ove l'ascendente medesimo si trovi senza sufficienti mezzi di sussistenza autonomi ed al suo mantenimento abbia concorso in modo efficiente il discendente defunto; a tal fine occorre considerare anche il reddito del coniuge dell'ascendente che domanda la prestazione previdenziale, perché, anche ove non fosse operante il regime di comunione legale tra gli stessi, comunque sussiste l'obbligo di assistenza materiale tra coniugi posto dall'art. 143 cod. civ..(Cass. n. 1999 del 02/02/2005; Cass. n. 3069 del 04/03/2002; Cass. n. 11745 del 24/11/1997 ). Ed infatti il giudice del gravame ha evidenziato come i due bonifici sopra richiamati non provassero una situazione di dipendenza economica, sia pure parziale, della madre dal figlio, ciò anche in considerazione del fatto che il defunto lavorava e viveva a Roma sin dal luglio 2003 ragion per cui tali rimesse di danaro più che essere caratterizzate dal requisito della stabilità e regolarità apparivano, invece, sporadiche e come neppure elementi utili in tal senso fossero emersi dalla prova orale espletata. Quanto alla censura relativa alla violazione del principio di non contestazione la stessa è destituita di fondamento avendo l'istituto contestato sin dal primo grado la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento delle provvidenze richieste, tanto che, sul punto, era stata anche espletata prova testimoniale;
che, pertanto, in adesione alla proposta del relatore, il ricorso va rigettato; 
che le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo;
che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio, introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013) trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame (Cass. n. 22035 del 17/10/2014; Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014 e numerose successive conformi);
 

 

P.Q.M.

 


La Corte, rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del presente giudizio liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 2.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%.
Ai sensi dell'art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, l'11 settembre 2018