Mnistero della Salute

DIPARTIMENTO DELLA QUALITÀ
DIREZIONE GENERALE DELLA PROGRAMMAZIONE SANITARIA, DEI LIVELLI DI ASSISTENZA E DEI PRINCIPI ETICI DI SISTEMA
UFFICIO III

 

RACCOMANDAZIONE PER PREVENIRE GLI ATTI DI VIOLENZA A DANNO DEGLI OPERATORI SANITARI

Gli atti di violenza a danno degli operatori sanitari costituiscono eventi sentinella che richiedono la messa in atto di opportune iniziative di protezione e prevenzione

Diversi studi indicano che gli operatori sanitari delle strutture ospedaliere e territoriali nel corso della loro attività lavorativa possono subire atti di violenza. Nel nostro Paese mancano statistiche sulla diffusione del fenomeno, tuttavia appare necessario attivare misure di prevenzione per contrastarne l’occorrenza.
Con la presente Raccomandazione si intende incoraggiare l’analisi dei luoghi di lavoro e dei rischi correlati e l’adozione di iniziative e programmi, volti a prevenire gli atti di violenza e/o attenuarne le conseguenze negative.

Raccomandazione n. 8, novembre 2007

INDICE
1. Premessa
2. Obiettivo
3. Ambiti di applicazione
4. Azioni
4.1. Elaborazione di un programma di prevenzione
4.2. Analisi delle situazioni lavorative
4.3. Definizione ed implementazione di misure di prevenzione e controllo
4.4. Formazione del personale
5. Implementazione della Raccomandazione a livello aziendale
5.1 Monitoraggio dell’implementazione della Raccomandazione
5.2 Attivazione del protocollo di monitoraggio degli eventi sentinella
6. Aggiornamento della Raccomandazione
7. Riferimenti bibliografici

1. Premessa
Nel corso dell’attività lavorativa gli operatori sanitari delle strutture ospedaliere e territoriali sono esposti a numerosi fattori che possono essere dannosi sia per la salute sia per la sicurezza. Tra questi assume particolare rilevanza il rischio di affrontare un’esperienza di violenza che può consistere in aggressione, omicidio o altro evento criminoso risultante in lesioni personali importanti o morte.
Il National Institute of Occupational Safety and Health (NIOSH) definisce la violenza nel posto di lavoro come “ogni aggressione fìsica, comportamento minaccioso o abuso verbale che si verifica nel posto di lavoro”. Gli atti di violenza consistono nella maggior parte dei casi in eventi con esito non mortale, ossia aggressione o tentativo di aggressione, fisica o verbale, quale quella realizzata con uso di un linguaggio offensivo. Una stima del Bureau of Labor Statistics statunitense (1) indica per gli operatori ospedalieri un tasso di incidenza di aggressione non mortale pari a 9,3 per 10.000 contro un valore di 2 per 10.000 nei lavoratori delle industrie del settore privato. Molti di questi episodi avvengono all’interno di ospedali, strutture territoriali, in primo luogo servizi per la tossicodipendenza (Ser.T), centri di salute mentale, servizi residenziali e sociali.
La Joint Commission riporta, da Gennaio 1995 a Dicembre 2006, un numero complessivo di 141 eventi sentinella legati ad aggressione, violenza, omicidio (2).
Gli infortuni accaduti nelle strutture ospedaliere italiane e denunciati all’INAIL per qualifica professionale e modalità di accadimento nell’anno 2005 ammontano a 429, di cui 234 su infermieri e 7 su medici (3).
Episodi di violenza contro operatori sanitari possono essere considerati eventi sentinella in quanto segnali della presenza nell’ambiente di lavoro di situazioni di rischio o di vulnerabilità che richiedono l’adozione di opportune misure di prevenzione e protezione dei lavoratori.
In generale, gli eventi di violenza si verificano più frequentemente nelle seguenti aree:
- servizi di emergenza-urgenza;
- strutture psichiatriche ospedaliere e territoriali;
- luoghi di attesa;
- servizi di geriatria;
- servizi di continuità assistenziale.
Numerosi sono i fattori responsabili di atti di violenza diretti contro gli operatori delle strutture sanitarie. Sebbene qualunque operatore sanitario possa essere vittima di violenza, i medici, gli infermieri e gli operatori socio sanitari sono a rischio più alto in quanto sono a contatto diretto con il paziente e devono gestire rapporti caratterizzati da una condizione di forte emotività sia da parte del paziente stesso che dei familiari, che si trovano in uno stato di vulnerabilità, frustrazione o perdita di controllo, specialmente se sotto 1’effetto di alcol o droga.
Concorrono all’incremento degli atti di violenza (4):
• l’aumento di pazienti con disturbi psichiatrici acuti e cronici dimessi dalle strutture ospedaliere e residenziali;
• la diffusione dell’abuso di alcol e droga;
• l’accesso senza restrizione di visitatori presso ospedali e strutture ambulatoriali;
• lunghe attese nelle zone di emergenza o nelle aree cliniche, con possibilità di favorire nei pazienti o accompagnatori uno stato di frustrazione per l’impossibilità di ottenere subito le prestazioni richieste;
• ridotto numero di personale durante alcuni momenti di maggiore attività (trasporto pazienti, visite, esami diagnostici);
• presenza di un solo operatore a contatto con il paziente durante visite, esami, trattamenti o gestione dell’assistenza in luoghi dislocati sul territorio ed isolati, quali i presidi territoriali di emergenza o continuità assistenziale, in assenza di telefono o di altri mezzi di segnalazione e allarme;
• mancanza di formazione del personale nel riconoscimento e controllo dei comportamenti ostili e aggressivi;
• scarsa illuminazione delle aree di parcheggio e delle strutture.
I fattori di rischio variano da struttura a struttura, dipendendo da tipologia di utenza, di servizi erogati, ubicazione, dimensione.
Il comportamento violento avviene spesso secondo una progressione che, partendo dall’uso di espressioni verbali aggressive, arriva fino a gesti estremi quali l’omicidio. La conoscenza di tale progressione (vedi figura sottostante) può consentire al personale di comprendere quanto accade ed interrompere il corso degli eventi.


 

2. Obiettivo
Prevenire gli atti di violenza contro gli operatori sanitari attraverso la implementazione di misure che consentano l’eliminazione o riduzione delle condizioni di rischio presenti e l’acquisizione di competenze da parte degli operatori nel valutare e gestire tali eventi quando accadono.

3. Ambiti di applicazione
 

DOVE         

In tutte le strutture sanitarie ospedaliere e territoriali, con priorità per le attività considerate a più alto rischio (aree di emergenza, servizi psichiatrici, Ser.T, continuità assistenziale, servizi di geriatria), nonché quelle individuate nel contesto di una specifica organizzazione sanitaria a seguito dell’analisi dei rischi effettuata.

A CHI         

Tutti gli operatori coinvolti in processi assistenziali rivolti alla persona (medici, infermieri, psicologi, operatori socio-sanitari, assistenti sociali, personale del servizio 118, servizi di vigilanza).

QUANDO   

Durante l’erogazione di prestazioni ed interventi socio-sanitari.


4. Azioni
La prevenzione degli atti di violenza contro gli operatori sanitari richiede che l’organizzazione sanitaria identifichi i fattori di rischio per la sicurezza del personale e ponga in essere le strategie ritenute più opportune (5,6).
A tal fine, le strutture sanitarie devono mettere in atto un programma di prevenzione della violenza che dovrebbe comprendere almeno le azioni di seguito riportate.
 

4.1. Elaborazione di un programma di prevenzione

Ciascuna struttura sanitaria dovrebbe elaborare ed implementare un programma di prevenzione della violenza, le cui finalità sono:
• diffondere una politica di tolleranza zero verso atti di violenza, fisica o verbale, nei servizi sanitari e assicurarsi che operatori, pazienti, visitatori siano a conoscenza di tale politica;
• incoraggiare il personale a segnalare prontamente gli episodi subiti e a suggerire le misure per ridurre o eliminare i rischi;
• facilitare il coordinamento con le Forze di Polizia o altri soggetti che possano fornire un valido supporto per identificare le strategie atte ad eliminare o attenuare la violenza nei servizi sanitari;
• assegnare la responsabilità della conduzione del programma a soggetti o gruppi di lavoro addestrati e qualificati e con disponibilità di risorse idonee in relazione ai rischi presenti;
• affermare l’impegno della Direzione per la sicurezza nelle proprie strutture.
Può essere utile la costituzione di un gruppo di lavoro per favorire il coinvolgimento del management aziendale e del personale maggiormente a rischio, quale quello frontline, al fine di consentire l’individuazione e l’implementazione delle azioni e delle misure necessarie a garantire l’efficacia al programma.
Il gruppo di lavoro deve prevedere la presenza almeno dei seguenti componenti:
- un referente della Direzione Sanitaria;
- un referente dell’Area Affari Legali e/o Gestione Risorse Umane;
- il responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione;
- un rappresentante della professione infermieristica, individuato tra gli operatori dei settori a più alto rischio;
- un rappresentante della professione medica individuato tra gli operatori dei settori a alto rischio;
- un addetto alla sicurezza dei luoghi di lavoro;
- un rappresentante del Servizio di vigilanza.
Compiti del gruppo di lavoro sono:
• l’analisi delle situazioni operative, al fine della identificazione di quelle a maggiore vulnerabilità;
• l’esame dei dati relativi agli episodi di violenza verificatisi nella struttura;
• la definizione delle misure di prevenzione e protezione da adottare;
• l’implementazione delle misure individuate nel programma di prevenzione della violenza.

 

4.2. Analisi delle situazioni lavorative

L’analisi delle situazioni lavorative mira ad individuare quei fattori di rischio, esistenti o potenziali, che aumentano la probabilità di occorrenza di episodi di violenza.
Il gruppo di lavoro, o altro soggetto individuato dalla Direzione, dovrà valutare la vulnerabilità degli ambienti di lavoro e determinare le azioni preventive maggiormente efficaci da adottare. L’analisi dovrebbe comprendere i seguenti momenti:
- revisione degli episodi di violenza segnalati: dovrebbero essere esaminati i dati relativi a patologie e lesioni subite dagli operatori sanitari a seguito di episodi di violenza o le segnalazioni relative a comportamenti aggressivi o a minacce verbali subite nel corso dell’attività lavorativa. Fonti di tali dati possono essere: segnalazioni all’Autorità Giudiziaria, alle Forze di Polizia o alla Direzione Aziendale, denuncia di infortunio all’INAIL, referti di Pronto Soccorso e altra documentazione sanitaria comprovante l’episodio di violenza occorso. L’analisi dovrebbe consentire di identificare la frequenza e severità degli episodi, utile per verificare le successive azioni di miglioramento, nonché mettere in evidenza l’esistenza di fattori favorenti che potrebbero essere rimossi mediante modifiche dei luoghi di lavoro, cambiamenti procedurali o addestramento del personale;
- conduzione di indagini ad hoc presso il personale: importanti indicazioni sulla diffusione di episodi di violenza possono essere desunte da rilevazioni specifiche, con l’uso di strumenti quali questionari e/o interviste. I dati raccolti possono essere utili in una fase preliminare per identificare o confermare la necessità di adottare misure di miglioramento e, successivamente, per valutare gli effetti delle misure adottate. La somministrazione di un questionario può, inoltre, essere opportuna ogni qualvolta vengano realizzate importanti modifiche lavorative o dopo la segnalazione di un episodio di violenza; in tali casi può aiutare a identificare nuovi o sconosciuti fattori di rischio o carenze relative a protocolli, procedure o controlli.
- analisi delle condizioni operative e dell’organizzazione nei servizi considerati maggiormente a rischio: personale addestrato dovrebbe periodicamente effettuare sopralluoghi negli ambienti di lavoro, con particolare riferimento a quelli in cui si è verificato un recente episodio di violenza, al fine di identificare rischi, condizioni, operazioni e situazioni che possono favorire atti di violenza. Il sopralluogo dovrebbe consentire di:
■ analizzare l’incidente nei suoi dettagli rilevanti, prendendo in considerazione le caratteristiche di aggressore e vittima, la successione di eventi prima e durante l’incidente. In questa fase può essere utile acquisire il rapporto e le indicazioni delle Forze di Polizia;
■ identificare attività lavorative, processi, procedure o ambienti a rischio più elevato;
■ rilevare i fattori di rischio legati alla tipologia dei pazienti (ad esempio, quelli affetti da patologie psichiatriche o sotto effetto di droghe, alcool), alle caratteristiche strutturali (presenza di luoghi isolati, e/o scarsamente illuminati, assenza o indisponibilità di mezzi di comunicazione, aree ad accesso poco sicuro, ecc.); alle attività lavorative.
 

4.3. Definizione ed implementazione di misure di prevenzione e controllo

Dopo che i rischi sono stati identificati attraverso l’analisi delle situazioni, bisogna definire le soluzioni, di tipo logistico-organizzativo e/o tecnologiche, necessarie a prevenire o controllare le situazioni di rischio identificate, anche in relazione alle risorse disponibili.
Misure strutturali e tecnologiche che possono essere adottate:
• valutare i progetti di nuova costruzione o di modifica delle strutture esistenti in funzione della eliminazione o riduzione dei fattori di rischio connessi alla violenza;
• valutare la necessità di installare, e mantenere regolarmente in funzione, impianti di allarme o altri dispositivi di sicurezza (pulsanti antipanico, allarmi portatili, telefoni cellulari, ponti radio) nei luoghi dove il rischio è elevato. Assicurare la disponibilità di un sistema di pronto intervento nel caso in cui l’allarme venga innescato;
• valutare la necessità, laddove la tipologia di segnalazioni pervenute lo suggerisca e sulla base delle indicazioni eventualmente fomite dagli Organi di sicurezza, di assicurare la disponibilità di metal-detector fìssi o portatili atti a rilevare la presenza di armi metalliche;
• installare un impianto video a circuito chiuso, con registrazione sulle 24 ore, nelle aree ad elevato rischio. In queste situazioni la sicurezza è un fattore prioritario rispetto alla privacy;
• assicurare la disponibilità di stanze dotate dei necessari dispositivi di sicurezza nel caso di pazienti in stato di fermo, sotto effetto di alcol e droga o con comportamenti violenti;
• assicurarsi che i luoghi di attesa siano confortevoli ed idonei a minimizzare fattori stressogeni;
• garantire, al fine di limitarne l’accesso, la presenza e il funzionamento di idonee serrature per le stanze di visita e di trattamento, per le stanze di soggiorno e riposo degli operatori sanitari, per bagni (distinti da quelli per gli utenti), secondo eventuali indicazioni degli Organi di sicurezza;
• prevedere, nelle aree di colloquio o di trattamento per i pazienti a rischio di crisi, la presenza di un arredo idoneo ed eliminare oggetti che possono essere usati come arma;
• assicurare l’installazione di sistemi di illuminazione idonei e sufficienti sia all’interno della struttura che all’aperto;
• sostituire e/o riparare, con urgenza, finestre e serrature rotte;
• mantenere in buono stato le autovetture comunemente utilizzate dagli operatori e chiuderle sempre a chiave.
Misure organizzative
Le misure organizzative riguardano le modalità di gestione e svolgimento delle attività lavorative. I cambiamenti nelle pratiche del lavoro e nelle procedure amministrative possono contribuire ad impedire, o al contrario accentuare, gli atti di violenza.
Alcune azioni da compiere da parte della Direzione sono:
• esporre chiaramente a pazienti, accompagnatori, personale che gli atti di violenza non sono permessi o tollerati;.
• stabilire un coordinamento con le Forze di Polizia e in caso di incidente fornire loro tutte le notizie utili per facilitare le indagini;
• sensibilizzare il personale affinché vengano sempre segnalate aggressioni o minacce (ad esempio, attraverso interviste confidenziali);
• regolamentare, se necessario, l'ingresso in alcune aree, quali l’isola neonatale o la pediatria, assegnando un pass ai visitatori e incoraggiando il rispetto di orari e procedure; predisporre e divulgare le modalità di accesso alla farmacia o agli armadi farmaceutici di reparto;
• predisporre la presenza e disponibilità di un team addestrato a gestire situazioni critiche e a controllare pazienti aggressivi. I momenti a rischio più elevato si realizzano durante il trasporto del paziente, nella risposta all’emergenza, nelle ore notturne, mentre le aree a più alto rischio includono l’accettazione, le unità di emergenza o di trattamento acuto. Attenersi, comunque, alle procedure di sicurezza definite;
• assicurarsi che i pazienti in attesa di una prestazione sanitaria ricevano informazioni chiare sui tempi di attesa;
• definire politiche e procedure per la sicurezza e l’evacuazione di emergenza;
• assicurare sempre, all’atto di una visita, di un esame diagnostico, che siano presenti due figure professionali (ad esempio, medico e infermiere) e prevedere, in caso di necessità, la presenza di un mediatore culturale;
• scoraggiare il personale dall’indossare collane o usare stringhe per scarpe allo scopo di prevenire un possibile strangolamento in situazioni critiche, e dal recare con sé oggetti che potrebbero essere utilizzati per produrre lesioni;
• prevedere la possibilità di fornire al personale a rischio un cartellino di identificazione recante solo il nome senza cognome;
• assicurasi che gli accessi alle strutture e l’area di parcheggio siano ben illuminate e se necessario prevedere che il personale nelle ore notturne o serali o quando la sicurezza personale risulti minacciata sia accompagnato da addetti alla vigilanza;
• sviluppare idonee procedure per rendere sicura l’assistenza domiciliare da parte di operatori sanitari, prevedendo la presenza di un accompagnatore durante la visita in situazioni di alto rischio o la comunicazione ad un secondo operatore dei propri spostamenti per conoscerne la localizzazione;
• fornire al personale coinvolto le informazioni sulle procedure previste in caso di violenza subita e sulle forme di assistenza disponibili;
• registrare tutti gli episodi di violenza occorsi ed elaborare le informazioni raccolte al fine di definire ogni necessaria misura di prevenzione.
Gestione degli episodi di violenza
Ogni programma di prevenzione dovrebbe assicurare un opportuno trattamento e sostegno agli operatori vittima di violenza o che possono essere rimasti traumatizzati per aver assistito ad un episodio di violenza. Il personale coinvolto dovrebbe poter ricevere un primo trattamento, compreso una valutazione psicologica, a prescindere dalla severità del caso. Le vittime della violenza sul luogo di lavoro possono presentare, oltre a lesioni fisiche, una varietà di situazioni cliniche tra cui trauma psicologico di breve o lunga durata, timore di rientro al lavoro, cambiamento nei rapporti con colleghi e familiari. Pertanto, è necessario assicurare un trattamento appropriato per aiutare le vittime a superare il trauma subito e per prevenire futuri episodi.
 

4.4. Formazione del personale

La formazione punta a far sì che tutto il personale conosca i rischi potenziali per la sicurezza e le procedure da seguire per proteggere se stessi ed i colleghi da atti di violenza.
I contenuti formativi vanno diversificati in base alla tipologia di operatore.
Formazione rivolta a tutti gli operatori
Ciascun operatore dovrebbe conoscere il concetto di “precauzioni universali della violenza”, che riguarda gli episodi di violenza che possono essere evitati o mitigati mediante addestramento. Gli operatori a rischio dovrebbero poter ricevere una formazione sui rischi specifici connessi con fattività svolta, inclusi i metodi di riconoscimento di segnali di pericolo o di situazioni che possono condurre ad aggressione, metodologie per gestire i pazienti aggressivi e violenti.
Formazione per il management
I dirigenti e i coordinatori dovrebbero essere in grado di riconoscere le situazioni ad alto rischio, incoraggiare gli operatori a segnalare gli incidenti, adottare le iniziative di sicurezza più opportune, assicurare che tutti gli operatori ricevano il necessario addestramento.
Formazione per il personale di sicurezza
Il personale di sicurezza richiede una formazione specifica che includa la conoscenza dei metodi psicologici di controllo dei pazienti aggressivi e dei sistemi per disinnescare le situazioni ostili.

5. Implementazione della Raccomandazione a livello aziendale
La Direzione Aziendale è invitata a favorire lo sviluppo e l'implementazione della presente Raccomandazione. Le Direzione Aziendali che decidano di non utilizzare la presente Raccomandazione devono predisporre una propria procedura per prevenire atti di violenza a danno degli operatori.
 

5.1 Monitoraggio dell’implementazione della Raccomandazione

Si raccomanda di monitorare attivamente gli interventi attuati rispetto alla procedura adottata per prevenire atti di violenza a danno degli operatori.


5.2 Attivazione del protocollo di monitoraggio degli eventi sentinella

L’Azienda deve favorire la segnalazione degli eventi sentinella tramite specifiche procedure aziendali.
L’evento sentinella “Morte o grave danno in seguito a violenza su operatore” deve essere segnalato secondo il protocollo di monitoraggio degli eventi sentinella del Ministero della Salute.
 

6. Aggiornamento della Raccomandazione
La presente Raccomandazione sarà oggetto di revisione periodica e sarà aggiornata in base alle evidenze emerse ed ai risultati della sua applicazione nella pratica clinica.

Suggerimenti per il miglioramento dell’efficacia della Raccomandazione
Al fine di migliorare la Raccomandazione nella pratica clinica, le strutture sanitarie sono invitate a fornire suggerimenti e commenti rispondendo alle domande del questionario accluso “Insieme per migliorare la prevenzione degli eventi sentinella”.

7. Riferimenti bibliografici

  1. U.S. Department of Labor (DOL), Bureau of Labor Statistics: Survey of Occupational Injuries and Illnesses, 2000. Washington, 2. DC: DOL, 2001.

  2. The Joint Commission: Sentinel Event Statistics: December 31, 2006 - Type of Sentinel Event. http://www.iointcommission.org/SentinelEvents/Statistics/

  3. Dati INAIL, Andamento degli infortuni sul lavoro. Numéro 1, gennaio 2007.

  4. National Institute for Occupational Safety and Health (NIOSH): Violence - Occupational Hazard in Hospitals. April 2002. www.cdc.gov/niosh

  5. Occupational Safety and Health Administration (OSHA): Guidelines for Preventing Workplace Violence for Health Care & Social Service Workers. OSHA 3148-01R. U.S. Department of Labor, 2004. http://www.osha.gov/Publications/osha3148.pdf

  6. International Labour Office, International Council of Nurses, World Health Organisation, Public Services International - Joint Programme on Workplace Violence in the Health Sector: Framework Guidelines for addressing Workplace Violence in the Health Sector. Geneva 2002.

 

La presente Raccomandazione è stata elaborata dal dottor Paolo Cantaro e dal dottor Salvatore Scartata dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Vittorio Emanuele, Ferrarotto e S. Bambino di Catania.
L’Ufficio III - Qualità delle attività e dei servizi (Alessandro Ghirardini, Roberta Andrioli Stagno, Rosetta Cardone, Guerino Carnevale, Susanna Ciampalini, Angela De Feo, Giorgio Leomporra, Carmela Matera, Giuseppe Murolo, Maria Concetta Patisso, Claudio Seraschi) del Ministero della Salute, Direzione Generale della Programmazione Sanitaria, dei livelli di assistenza e dei principi etici di sistema ha curato la revisione insieme alla dott.ssa Piera Poletti ed al “Gruppo di lavoro per la sicurezza dei pazienti”.
La Raccomandazione è stata quindi sottoposta ad un processo di consultazione con esperti delle seguenti Società Scientifiche, Ordini e Collegi Professionali, Centri ed Istituzioni che si ringraziano per la collaborazione fornita: ANMDO, Croce Rossa Italiana, FIASO, FISM, FNOMCeO, FNCO, IPASVI, ISPESL, SIAARTI, SIC, SIGO, SIMG, SIMEU, SIQuAS-VRQ, SIP, Scuola Europea di Psicoterapia Funzionale, Società Italiana di Psichiatria, Società Italiana Sistemi 118, INATL, SIMLII, Società di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica, Centro di Riferimento per la regione Lazio per la promozione della salute delle popolazioni migranti, senza fissa dimora, nomadi e a rischio emarginazione.