Cassazione Penale, Sez. 7, 29 novembre 2018, n. 53554 - Omicidio colposo con violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro. Ricorso per mancata dichiarazione di estinzione del reato per intervenuta prescrizione: inammissibile


 

Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA Relatore: MONTAGNI ANDREA Data Udienza: 14/11/2018

 

FattoDiritto

 


R.G. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Bologna indicata in epigrafe con la quale, per quanto rileva in questa sede, è stata confermata la sentenza di condanna resa dal Tribunale di Modena in data 21.06.2010, in riferimento al reato di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro. Fatto commesso il 3 maggio 2005. La Corte territoriale evidenziava che all'imputato non erano concedibili le attenuanti generiche.
L'esponente con unico motivo deduce la violazione di legge in riferimento alla mancata dichiarazione di estinzione del reato per intervenuta prescrizione. La parte osserva che applicando la più favorevole disciplina introdotta con legge n. 251 del 2005, il termine massimo di prescrizione risulta pari ad anni sette e mesi sei.
Il ricorso è manifestamente infondato e perciò inammissibile.
Secondo la disciplina dettata dall'art. 157 cod. pen., vigente alla data del fatto, nella formulazione antecedente alla novella del 2005, per determinare il tempo necessario a prescrivere il reato si teneva conto anche della diminuzione di pena stabilita per effetto delle circostanze attenuanti concesse. Il termine prescrizionale, nel caso di specie, secondo tale disciplina, risulta pari ad anni quindici. La pena edittale massima, pari ad anni cinque di reclusione, comportava infatti l'operatività del termine prescrizionale di anni dieci, secondo la previgente formulazione dell'art. 157, cod. pen., termine da aumentare della metà, per gli atti interruttivi. E al R.G., come chiarito, non sono state altrimenti concesse le attenuanti generiche.
Come noto, la legge 4 dicembre 2005, n. 251, così detta ex Cirielli, ha profondamente modificato la disciplina della prescrizione stabilendo che questa, in via generale, estingue il reato decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge e comunque in un tempo non inferiore a sei anni se si tratta di delitto e a quattro anni se si tratta di contravvenzione, ancorché puniti con la sola pena pecuniaria. E la legge n. 251/2005 ha previsto delle deroghe alla disciplina introdotta; tra tali deroghe, vi è quella, dettata dall'art. 157, comma 6, cod. pen., secondo cui sono raddoppiati i termini di prescrizione, per quanto rileva in questa sede, per i reati di cui all'art. 589, secondo e terzo comma cod. pen.
Pertanto, anche applicando la disciplina intervenuta successivamente rispetto alla data di commissione del fatto, nel caso che occupa il termine prescrizionale risulta comunque pari ad anni quindici. Ciò in quanto, rispetto al reato di omicidio colposo per il quale si procede, opera la richiamata previsione del raddoppio dei termini, che il ricorrente ha omesso di considerare. 
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso, che si impone, segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle Ammende, liquidata come a dispositivo.
 

 

P.Q.M.

 


Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, in data 14 novembre 2018.