Accesso inibito dal Servizio Ispettivo dell' ASL alla cava per rischio di frana;
Inottemperanza alle prescrizioni del provvedimento di sicurezza, impartite per evitare l'esposizione dei lavoratori al rischio di frana;

 

 


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRASSI Aldo- Presidente-
Dott. ONORATO Pierluigi - Consigliere-
Dott. PETTI Ciro- Consigliere-
Dott. TERESI Alfredo- Consigliere-
Dott. IANNIELLO Antonio - Consigliere-

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

L.G., nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del Tribunale di Massa in Carrara in data 19.02.2004 che lo ha condannato alla pena dell'ammenda per ilreato di cui al D.P.R. n. 128 del 1959, art. 686;

Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;

Udita nella pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Alfredo Teresi;

Sentito il P.M. nella persona del P.G., Dott. Passacantando Guglielmo, il quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
osserva:

Fatto Diritto

Con sentenza 19.02.2004 il Tribunale di Massa condannava L. G. alla pena dell'ammenda quale responsabile, nella qualità di legale rappresentante della s.r.l. SERAL di Landi Graziano, di non avere ottemperato alle prescrizioni del provvedimento di sicurezza (emesso ai sensi dell'art. 675, comma 1, del citato decreto da addetti all'unità operativa di prevenzione e sicurezza dell'ASL n. (OMISSIS)) con cui veniva ordinato d'inibire l'accesso, il transito ed ogni altra operazione per lavoratori e mezzi, nel piazzale della cava sita in località (OMISSIS), per evitare l'esposizione dei lavoratori al rischio di frana.

Proponeva ricorso per Cassazione l'indagato, il quale denunciava violazione del D.P.R. n. 128 del 1959, art. 685 e 686; D.Lgs. n. 758 del 1984, artt. 20 e s.s.; art. 129 c.p.p. perchè il suddetto provvedimento non era stato confermato, entro 8 giorni, dall'ingegnere capo dell'ufficio di prevenzione e d'igiene, sicchè era divenuto inefficace ex tunc. Era irrilevante il sopravvenuto decreto di sequestro preventivo assunto dai dipendenti dell'ASL e convalidato dal GIP. Inoltre, era stata disapplicata la normativa di cui al D.Lgs. n. 758 del 1994 sulla regolarizzazione delle violazioni in materia di sicurezza e igiene del lavoro, sicchè il procedimento era nullo per mancanza di una condizione di procedibilità.

Erroneamente era stato ritenuto che egli non poteva usufruire della procedura perchè privo di titolo per l'esercizio dell'attività estrattiva.

Il ricorrente denunciava, altresì, mancanza, illogicità e manifesta contraddittorietà della motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza del presupposto per l'adozione del provvedimento e cioè "un imminente pericolo per la salute e l'integrità fisica dei lavoratori" escluso dalla prodotta consulenza di parte della quale il Tribunale si era "disfatto" con frasi apodittiche e sprezzanti.

Il Tribunale, infine, non aveva motivato sull'istanza di restituzione in suo favore dell'area che, dopo il sequestro gli era stata restituita dal P.M., ma poi era stata consegnata ad altro soggetto Chiedeva l'annullamento dell'ordinanza.

Il ricorso non è puntuale.

E' infondato il primo motivo con cui si eccepisce l'inefficacia ex tunc del provvedimento di sicurezza emesso ai sensi dell'art. 675, comma 1, del citato decreto da dipendenti dell'unità operativa di prevenzione e sicurezza dell'ASL n. (OMISSIS) perchè non confermato, entro 8 giorni, dall'ingegnere capo dell'ufficio di prevenzione e d'igiene.

E' stato correttamente osservato che il provvedimento di sicurezza de qua ha immediata efficacia precettiva, sicchè la sua operatività non è soggetta ad alcuna limitazione fino alle determinazioni dell'organo di controllo da assumere entro otto giorni dalla sua emanazione.

Conseguentemente il provvedimento con cui veniva ordinato all'imputato d'inibire l'accesso, il transito ed ogni altra operazione per lavoratori e mezzi, nel piazzale della cava sita in località (OMISSIS), per evitare l'esposizione dei lavoratori al rischio di frana, andava osservato dal destinatario, il che non è avvenuto perchè l'ordine è stato disatteso nell'immediatezza della contestazione.

Irrilevante, quindi, è il mancato controllo dell'ingegnere capo dell'ufficio di prevenzione e di igiene perchè l'accertamento della violazione è avvenuta nel periodo di vigenza del provvedimento.

Il D.Lgs. n. 758 del 1994, contenente "Modificazioni alla disciplina sanzionatoria in materia di lavoro", ha espressamente richiamato le sanzioni stabilite dal D.P.R. n. 303 del 1956, art. 58, 59 e 60 modificandole con la pena alternativa dell'arresto o dell'ammenda ed ha introdotto uno specifico rimedio amministrativo, quale è quello previsto dagli artt. 20 cit. e s.s., per la sollecita rimozione delle situazioni antigiuridiche in materia di sicurezza del lavoro.

Quindi, la procedura amministrativa persegue la finalità di eliminare le situazioni d'illiceità che pongano in pericolo beni primari dei lavoratori e degli utenti, con la consequenziale estinzione del reato, mediante la (eventuale) condotta fattiva e premiale dell'indagato, e richiede l'effettività dell'adempimento e, ai fini dell'estinzione del reato, anche il pagamento della somma dovuta.

La procedura si attiva impartendo al contravventore una prescrizione, da notificare o comunicare, e fissando per la regolarizzazione un termine, fermo restando l'obbligo dell'organo di vigilanza di riferire al p.m. la notizia di reato inerente alla contravvenzione.

Il processo penale è sospeso dal momento dell'iscrizione della notizia di reato nel registro di cui all'art. 335 c.p.p. fino al momento in cui il P.M. riceve una delle comunicazioni di cui all'art. 21, commi 2 e 3 (riguardanti la verifica o meno dell'adempimento).

Nel caso in esame, col provvedimento de quo è stato ordinato all'imputato d'inibire l'accesso, il transito ed ogni altra operazione per lavoratori e mezzi, nel piazzale della cava sita in località (OMISSIS), per evitare l'esposizione dei lavoratori al rischio di frana.

L'inibizione all'accesso, però, non comportando imposizione di prescrizioni, non era suscettibile di regolarizzazione amministrativa, che, peraltro, non poteva essere imposta a persona rivelatasi priva di titolo a svolgere attività di cava in quel sito.

Pertanto, non è stato avanzato un legittimo motivo di doglianza per la privazione della possibilità di accedere alla procedura di regolarizzazione comportante l'estinzione del reato.

Inammissibile, perchè in fatto, è il motivo relativo al presupposto per l'adozione del provvedimento, avendo il giudice di merito accertato, alla stregua del verbale d'accertamento, che sussisteva la concreta possibilità di franamento di massi, anche di rilevanti dimensioni, sui piazzali sottostanti, aggravata dalle operazioni d'asportazione al piede del ravaneto condotta con mezzi meccanici dai dipendenti della ditta SERAL, donde il corretto giudizio d'inattendibilità della CT di parte redatta senza effettuazione di sopralluoghi.

Incensurabile è l'omesso esame da parte del Tribunale dell'istanza di restituzione dell'area all'imputato, trattandosi di questione estranea al thema decidendum, come delimitato dalla contestazione.

Il rigetto del ricorso comporta condanna al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
Così deciso in Roma, nella pubblica udienza, il 22 febbraio 2006.
Depositato in Cancelleria il 7 marzo 2006