Cassazione Civile, Sez. 6, 05 dicembre 2018, n. 31524 - Percentuale invalidante del danno biologico derivato dai postumi di un infortunio sul lavoro


 

Presidente: CURZIO PIETRO Relatore: FERNANDES GIULIO Data pubblicazione: 05/12/2018

 

 

 

Rilevato

 


che, con sentenza del 7 dicembre 2016, la Corte d'Appello di Catanzaro in riforma della decisione del Tribunale di Cosenza - che aveva accolto la domanda proposta da M.C. nei confronti dell'INAIL riconoscendo al ricorrente il diritto all'indennizzo per il danno biologico derivato dai postumi permanenti conseguiti all'infortunio sul lavoro del 12 dicembre 2005 quantificato nella misura del 10% - rigettava la domanda del M.C.;
che la Corte territoriale condivideva pienamente la consulenza tecnica nuovamente disposta in appello che aveva rideterminato nella misura del 6% in termini di danno biologico i postumi causalmente riconducibili al predetto infortunio ed individuati in "esiti di amputazione della falange ungueale del 2 dito della mano dx con residuo deficit funzionale della ifp";
che per la cassazione di tale decisione propone ricorso il M.C. affidato ad un unico motivo cui resiste con controricorso l'istituto;
che è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza in camera di consiglio;
 

 

Considerato
che con l'unico motivo di ricorso si deduce omessa motivazione su punti decisivi della controversia (in relazione all'art. 360, primo comma, n.5, cod. proc. civ.) per avere la Corte territoriale aderito alle conclusioni del consulente tecnico nominato in secondo grado nonostante la lacunosità di tale elaborato peritale privo del dovuto approfondimento circa le modalità con le quali era stata determinata la percentuale invalidante in termini di danno biologico nella misura del 6%, discostandosi dalla quantificazione operata dall'ausiliare nominato da Tribunale solo perché ritenuta eccessiva e senza considerare le controdeduzioni del consulente di parte; nel motivo si evidenzia, altresì, la illogicità dell'affermazione contenuta nell'impugnata sentenza laddove si precisa di aver disposto una nuova consulenza tecnica d'ufficio in quanto quella espletata in primo grado era priva di riferimenti tabellari posti a base delle conclusioni e non aveva dato adeguatamente conto delle ragioni a supporto della operata quantificazione del danno biologico atteso che in detto elaborato, invece, erano presenti tanto precisi riferimenti ai valori tabellari che l'indicazione delle ragioni che avevano portato alla indicata determinazione del 10% in termini di danno biologico; che il motivo non presenta i requisiti di ammissibilità richiesti dall'art. 360, primo comma, n. 5 così come novellato nella interpretazione fornitane dalle Sezioni unite di questa Corte ( SU n. 8053 del 7 aprile 2014) finendo: a) con il lamentare il vizio di motivazione insufficiente in quanto tale non più censurabile (si veda la citata Cass., S.U., n. 8053/14 secondo cui il controllo della motivazione è ora confinato sub specie nullitatis, in relazione al n. 4 dell'art. 360 cod. proc. civ. il quale, a sua volta, ricorre solo nel caso di una sostanziale carenza del requisito di cui all'art. 132, n. 4, cod. proc. civ., esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di 'sufficienza' della motivazione); b) con il denunciare l'omesso esame dei rilievi alla consulenza mossi dal consulente di parte, laddove, come precisato chiaramente nella citata sentenza n. 8053 delle S.U., l'omesso esame deve concernere un fatto inteso nella sua accezione storico-fenomenica (e quindi non un punto o un profilo giuridico), un fatto principale o primario (ossia costitutivo, impeditivo, estintivo o modificativo del diritto azionato) o secondario (cioè un fatto dedotto in funzione probatoria) e non di elementi istruttori e, a fortiori, delle consulenze di parte che costituiscono, per costante giurisprudenza di questa Corte, semplici allegazioni difensive (Cass. n. 2063 del 29/01/2010; Cass. n. 20821 del 26/09/2006, ex multis). Inoltre, non può non evidenziarsi che, come emerge dai passi della consulenza tecnica espletata in appello riportata nel ricorso, l'ausiliare aveva rilevato una "residua lieve limitazione funzionale della IFP dell'indice della mano destra" ed una "buona funzionalità della mano dx" e sulla scorta di tale obbiettività aveva ritenuto eccessiva la valutazione del 10% di danno biologico operata dal consulente in primo grado ed aveva risposto ai rilievi del consulente di parte osservando come la perdita totale del dito indice destro era tabellata nella misura dell'11%. Infine, la motivazione dell'impugnata sentenza si fonda sull'adesione alla consulenza tecnica disposta in appello sicché le ragioni - pure esposte in motivazione - che avevano indotto la Corte a rinnovarla non sono idonee a viziare la motivazione fino a renderla inesistente perché affetta la illogicità manifesta ( cfr. SU n. 8053/14 cit.);
che, pertanto, in adesione alla proposta del relatore, il ricorso va dichiarato inammissibile;
che le spese del presente giudizio, per il principio della soccombenza, sono poste a carico del ricorrente e vengono liquidate come da dispositivo;
che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013) trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame (Cass. n. 22035 del 17/10/2014; Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014 e numerose successive conformi);
 

 

P.Q.M.

 


La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 2.500,00 per compensi professionali oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%.
Ai sensi dell'art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, l'11 ottobre 2018