Cassazione Penale, Sez. 4, 14 gennaio 2019, n. 1479 - Ribaltamento di un trattore privo di cinture di sicurezza e schiacciamento fatale. Assolto il datore di lavoro - proprietario del mezzo agricolo - ignaro di tutto


 

Presidente: IZZO FAUSTO Relatore: PICARDI FRANCESCA Data Udienza: 13/11/2018

 

Fatto

 


1. La Corte di Appello di Salerno, in riforma della sentenza di condanna di primo grado alla pena sospesa di 8 mesi di reclusione, ha assolto M.G.C. dal reato di cui all'art. 589 cod.pen. (poiché, in qualità di proprietario di trattore cingolato, per colpa consistita in negligenza, imprudenza, imperizia ed inosservanza dei doveri cautelari imposti dall'art. 2054 cod.civ., consentendo a B.M.A. di utilizzare tale mezzo, privo dei requisiti di sicurezza ed in particolare delle cinture di sicurezza, al di fuori dell'attività lavorativa da lui svolta come suo dipendente, ne cagionava la morte, all'esito del ribaltamento del veicolo e del conseguente schiacciamento della vittima - 16 giugno 2010), perché il fatto non sussiste.
2. Il giudice dell'impugnazione è pervenuto a tale conclusione ritenendo inapplicabile la norma civilistica di cui all'art. 2054 cod.pen. in assenza della contestazione della violazione delle disposizioni volte a prevenire gli infortuni sul lavoro e sottolineando che la vittima aveva utilizzato il veicolo "in favore di un terzo e all'insaputa del proprietario". Più precisamente si è osservato che "dall'esame del capo di imputazione nessuna violazione specifica - né di formazione, né di informazione o tanto meno di custodia - derivante dalla legge 81 del 2008 risulta contestata al M.G.C., per cui è solo la colpa ex art. 43 quella che può essere addebitata al medesimo. Di tale colpa, però, non si rinviene alcuna motivazione atteso che il primo giudice l'ha fatta discendere dall'ultimo comma dell'art. 2054 c.c." e che, inoltre, la semplice presenza delle cinture di sicurezza non avrebbe evitato la morte di B.M.A., essendo all'uopo necessaria la presenza di un'adeguata cabina di contenimento.
3. Il giudice di primo grado aveva, invece, condannato l'imputato ritenendolo investito della posizione di garanzia, in quanto l'infortunio si verificava, anche se al di fuori dall'esplicazione del rapporto lavorativo e dei luoghi di lavoro, mentre la vittima utilizzava un trattore di proprietà dell'imputato, privo dei dispositivi di sicurezza, a cui aveva accesso grazie al rapporto di lavoro, con la tolleranza del datore di lavoro, che non aveva mai posto in essere comportamenti idonei ad impedirne l'uso fuori dall'azienda. Nella sentenza di primo grado si legge, relativamente al profilo della colpa, che "il dovere di diligenza del M.G.C., segnatamente sotto il profilo della cautela e della prudenza, gli imponeva di predisporre nel mezzo agricolo la cintura di sicurezza", quale titolare dell'azienda e proprietario del mezzo, e, dunque, "di affidare al proprio dipendente un mezzo non pericoloso per la sua incolumità"; relativamente al nesso causale, che la condotta del lavoratore, che manovrava, destinandolo al suo uso ordinario, sebbene per finalità proprie, un trattore di lavoro, di cui aveva la disponibilità, non era né esorbitante né imprevedibile e che la disattivazione del rollbar (dispositivo di sicurezza presente), da parte della vittima, non eliminava la rilevanza dell'assenza della cintura di sicurezza, in quanto "l'operatore, se ci fosse stata la cintura, avrebbe potuto deliberare di attivare il rollbar nella consapevolezza, trattandosi di persona che peraltro risultava esperta del settore, che solo il doppio sistema di protezione avrebbe garantito la sua incolumità". 
4. Avverso tale sentenza ha tempestivamente proposto ricorso per cassazione la Procura Generale della Repubblica presso la Corte di appello di Salerno, deducendo l'inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 589, secondo comma, cod.pen. in relazione agli artt. 106, 57, comma 2, cod.strada, 70 del d.lgs. n. 81 del 2008 e allegato 5, punti 2.1. e 2.4. del medesimo d.lgs., e dell'art. 43 cod.pen., rilevando che, come correttamente ritenuto dal giudice di primo grado, il trattore era suscettibile di ribaltamento, evento che si è verificato tragicamente, onde il titolare della azienda nonché proprietario della macchina operatrice aveva l'obbligo specifico di installare un sistema di ritenzione, essendo risultata dall'istruttoria la sua tolleranza dell'uso del mezzo, da parte del dipendente, per l'esecuzione di lavori in proprio ed essendo dettate le norme per la tutela dei lavoratori anche per la tutela dei terzi. Più precisamente, ad avviso della Procura Generale, "la posizione di garanzia del M.G.C. prescinde dall'esistenza del rapporto di lavoro e determina l'insorgere dell'obbligo precauzionale anche allorquando l'utilizzo del mezzo avvenga al di fuori del rapporto di lavoro e in maniera autonoma da parte del dipendente" ed il nesso causale non è escluso dalla condotta colposa del dipendente laddove le misure di prevenzione adottate siano adeguate.
5. In data 23 ottobre 2018 ha depositato memoria difensiva l'imputato M.G.C., a mezzo del proprio difensore, rilevando l'inapplicabilità degli artt.17 e 70 del d.lgs. n. 81 del 2008, atteso che, all'esito dell'udienza preliminare, vi era stato il suo rinvio a giudizio non in qualità di datore di lavoro, ma di proprietario del mezzo, in quanto la vittima stava svolgendo il lavoro di pulitura del fondo di proprietà di M.A., su incarico di quest'ultima, a sua insaputa, ed aveva disattivato il roll-bar e, cioè, l'apposita misura di sicurezza del mezzo; l'inesistenza del nesso causale tra il proprio comportamento e l'evento, visto che le cinture di sicurezza non avrebbero impedito l'evento in considerazione della disattivazione del roll-bar e della condotta imprudente della vittima, che ha condotto il mezzo a velocità inadeguata in terreno scosceso e con pendenza; l'inapplicabilità dell'art. 2054 cod.civ. in sede penale e nel caso di specie, in quanto non si tratta di infortunio verificatosi nell'ambito della circolazione stradale ed il mezzo non doveva essere dotato di cinture di sicurezza poiché, cingolato, non poteva circolare su strada.
 

 

Diritto

 


1.Il ricorso è inammissibile in quanto è generico, perché non si confronta in modo puntuale con le argomentazioni della sentenza impugnata. In proposito va ricordato i motivi del ricorso per cassazione devono ritenersi generici non solo quando risultano intrinsecamente indeterminati, ma altresì quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato (Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013 ud.- dep. 26/06/2013, Rv. 255568).
2. Occorre premettere che il capo di imputazione formulato, all'esito dell'ordinanza del g.u.p. ex art. 521-bis cod.proc.pen. del 3 maggio 2012, è stato riformulato con l'eliminazione del riferimento alla posizione dell'imputato di datore di lavoro e alla violazione della disciplina di cui al d.lgs. n. 81 del 2008, sicché risulta esclusa l'applicazione dei relativi termini di prescrizione.
3. Il giudice di appello ha sottolineato che all'imputato non è stata contestata la violazione delle disposizioni volte a prevenire gli infortuni sul lavoro e che non risulta che egli abbia autorizzato l'uso del trattore, da parte del lavoratore, in favore di una terza persona, committente di uno specifico lavoro.
Il ricorso per cassazione della Procura generale presso la Corte di appello prescinde dalla ricostruzione dei fatti effettuata dal giudice di secondo grado, richiamando integralmente quella del giudice di primo grado, il quale, pur condividendo i contenuti dell'ordinanza del g.u.p. del 3 maggio 2012, aveva ritenuto che la vittima avesse utilizzato il trattore, fuori dall'orario di lavoro e a favore di un terzo, con l'autorizzazione o, comunque, la tolleranza del datore di lavoro ("depongono in tal senso le dichiarazioni dei testi M. e C., i quali sapevano dell'abitudine della vittima di utilizzare il mezzo gommato di proprietà del M.G.C. per effettuare lavoretti in proprio per persone che di volta in volta ne richiedevano le prestazioni. Oltretutto è emerso che il B.M.A., essendo sprovvisto di attrezzature proprie, si servisse di quelle del M.G.C. per eseguire detti lavoretti condotti in modo autonomo. La tolleranza dell'attività del proprio dipendente faceva sorgere l'obbligo di dotare il mezzo agricolo dal medesimo utilizzato dei necessari sistemi e requisiti di sicurezza che ne rendessero l'utilizzo il meno pericolo possibile") ed aveva, quindi, ritenuto applicabile la disciplina di cui all'art. 70 del d.lgs. n. 81 del 2008.
Tuttavia, nella sentenza impugnata la ricostruzione dei fatti operata dal primo giudice è stata superata con quella contraria secondo cui non risulta che il M.G.C. abbia autorizzato la vittima ad usare il trattore fuori dall'orario di lavoro e per ragioni estranee al rapporto di lavoro. In proposito occorre sottolineare che la Corte di appello non ha fatto alcun riferimento alla tolleranza, da parte del datore di lavoro, dell'uso del mezzo agricolo, da parte del proprio dipendente, per l'esecuzione di lavori in proprio e che le due sentenze di merito non possono tra di loro integrarsi, non trattandosi di doppia conforme.
La parte pubblica avrebbe, dunque, dovuto censurare la ricostruzione in fatto effettuata dal giudice di seconde cure per mancanza, manifesta illogicità, contraddittorietà della motivazione o per assenza di una motivazione rafforzata, mentre si è limitata a prospettare l'erronea applicazione di regole giuridiche non pertinenti al caso di specie, come accertato dal giudice di appello.
3. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
 

 

P.Q.M.

 


Dichiara inammissibile il ricorso. Così deciso 13 novembre 2018.