Cassazione Penale, Sez. 4, 07 febbraio 2019, n. 5916 - Caduta dall'alto e interferenze nel cantiere. L'inadempimento da parte del committente e del coordinatore non esime da responsabilità i legali rappresentanti dell'ATI né il capo cantiere


 

In caso di affidamento dei lavori ad un'impresa appaltatrice o a lavoratori autonomi all'interno di un'azienda o di una singola unità produttiva della stessa, nonché nell'ambito dell'intero ciclo produttivo dell'azienda medesima, tutti i datori di lavoro, ivi compresi i subappaltatori: a) cooperano all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull'attività lavorativa oggetto dell'appalto; b) coordinano gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell'esecuzione dell'opera complessiva. L'eventuale inadempimento, da parte del committente e del coordinatore, come correttamente osservato dal giudice di appello, non esime da responsabilità penale né i legali rappresentanti dell'associazione temporanea né il capo cantiere.


 

Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA Relatore: PICARDI FRANCESCA Data Udienza: 23/01/2019

 

Fatto

 

1. La Corte di Appello di Brescia ha confermato la sentenza di primo grado che ha condannato alla pena sospesa di mesi 4 di reclusione, oltre al risarcimento del danno nei confronti della parte civile, con previsione di una provvisionale, I.DS., in qualità di amministratore unico della Magsistem s.r.l., M.P., in qualità di capocantiere della Magsistem s.r.l., F.P., in qualità di amministratore unico della Ingeco s.r.l., per il reato di cui agli artt. 590, primo, secondo e terzo comma, cod.pen. (per avere cagionato in data 11 novembre 2008 lesioni gravi a E.P., dipendente dell'azienda ospedaliera committente dei lavori, il quale, camminando su un grigliato privo dei bulloni di fissaggio, poggiato dagli operai dell'impresa Artevi su una trave mancante di staffa di supporto, precedentemente rimossa da operai delle imprese Madasi e Tecnoedilizia, precipitava da circa 2,5 metri di altezza, a causa del suo cedimento) - con colpa, per I.DS. e F.P., nell'omessa cooperazione all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione, nell'omesso coordinamento e nell'omessa reciproca informazione necessaria ad eliminare i rischi derivanti dalla interferenze tra i lavori delle imprese coinvolte; per M.P., nell'omesso accordo sulla tempistica delle fasi di lavoro con M., capocantiere della Madasi s.r.l. La sentenza di appello ha, invece, riformato la decisione di primo grado relativamente alla posizione di altri coimputati.
2. Avverso tale sentenza hanno proposto tempestivamente ricorso per cassazione congiuntamente, a mezzo del proprio difensore, I.DS., M.P., F.P., lamentando l'inosservanza degli artt. 26 e 29 del d.lgs. n. 81 del 2008, atteso che la posa in opera del pannello grigliato e la predisposizione delle putrelle di sostegno, così come la costruzione della scala di emergenza, solo originariamente rientravano nella competenza della Magsystem e della Ingeco, poiché in corso di opera erano state affidate alla Madasi, la quale avrebbe dovuto, dunque, come ha fatto, rimuovere il fissaggio del pannello grigliato e successivamente ripristinarlo o, comunque, provvedere ad eliminare la situazione di pericolo determinata o quantomeno a segnalarla - situazione di pericolo di cui la Magsystem e la Ingeco (e, quindi, I.DS. e M.P., nella qualità di amministratori di tali società) non erano artefici e non erano neppure a conoscenza e di cui non dovevano occuparsi, spettando i compiti di coordinamento al coordinatore per la sicurezza, figura assente nel cantiere, la redazione del documento unico di valutazione dei rischi da interferenze, al datore di lavoro e, cioè, all'Azienda Ospedaliera committente; l'inosservanza dell'art. 19 del d.lgs. n. 81 del 2008, atteso che M.P., in qualità di preposto della Magsystem, non poteva intervenire per impedire il transito di E.P., che non era dipendente della Magsystem e, dunque, suo subordinato, sottoposto ai suoi poteri di vigilanza e controllo, ma della Azienda ospedaliera committente; l'erronea applicazione degli artt. 132 e 133 cod.pen., essendo state negate le attenuanti generiche in conseguenza della mera inosservanza della legge ovvero della condotta che coincide con l'aggravante contestata.
 

 

Diritto

 


1.1 ricorsi sono destituiti di ogni fondamento, in quanto i motivi sono meramente ripetitivi di quelli già proposti in appello ed adeguatamente rigettati dal giudice dell'impugnazione.
Occorre sottolineare che, in tema di ricorso per cassazione, sono inammissibili i motivi che si limitano a riprodurre le censure dedotte in appello, anche se con l'aggiunta di frasi incidentali di censura alla sentenza impugnata meramente assertive ed apodittiche, laddove difettino di una critica argomentata avverso il provvedimento attaccato e l'indicazione delle ragioni della loro decisività rispetto al percorso logico seguito dal giudice di merito (Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013 ud., dep. 21/02/2013, rv. 254584; v. anche Sez. 4, n. 38202 del 07/07/2016 ud., dep. 14/09/2016, rv. 267611 che precisa che i motivi di ricorso per cassazione possono riprodurre totalmente o parzialmente quelli di appello ma solo entro i limiti in cui ciò serva a documentare il vizio enunciato e dedotto con autonoma, specifica ed esaustiva argomentazione che si riferisca al provvedimento impugnato e si confronti con la sua motivazione).
2. Relativamente alla posizione di I.DS., in qualità di amministratore unico della Magsistem s.r.l., e F.P., in qualità di amministratore unico della Ingeco s.r.l., società che costituivano una associazione temporanea di imprese, occorre premettere che, nella ricostruzione del fatto, congruamente argomentata dai giudici di merito, la posa in opera dei pannelli grigliati è stata effettuata dalla Artevi Ponteggi, impresa che lavorava in subappalto proprio per l'associazione temporanea di imprese, in base a direttive ricevute da M.P., capocantiere e preposto dell'associazione temporanea di imprese, successivamente alla demolizione del muro nel quale era inglobato l'angolare di supporto della putrella, sicché le imprese associate hanno contribuito a determinare la situazione di pericolo che ha determinato la caduta nel vuoto della vittima, difformemente da quanto sostenuto nel ricorso, in cui non si evidenzia, peraltro, alcuna illogicità o contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata relativamente a tale aspetti. Più precisamente il capo cantiere dell'associazione di impresa ha consentito al subappaltatore di collocare il grigliato su un supporto instabile, perché svincolato dalle estremità, ingenerando, dunque, una situazione di grave pericolo, senza in alcun modo segnalarla, visto che al momento dell'infortunio non esisteva alcuna protezione atta ad impedire l'accesso da parte dell'infortunato alla zona di pavimentazione con i grigliati. 
In definitiva, il motivo formulato con il presente ricorso per cassazione prescinde completamente dall'accertamento della vicenda, come effettuato dai giudici di merito, riproponendo la prospettazione difensiva non condivisa nelle sentenze di primo e secondo grado, senza svolgere tuttavia alcuna critica in proposito.
Dal punto di vista giuridico, inoltre, la tesi prospettata nel ricorso è smentita dalla stessa lettera dell'art. 26, comma 2, del d.lgs. n. 81 del 2008, ai sensi del quale, in caso di affidamento dei lavori ad un'impresa appaltatrice o a lavoratori autonomi all'interno di un'azienda o di una singola unità produttiva della stessa, nonché nell'ambito dell'intero ciclo produttivo dell'azienda medesima, tutti i datori di lavoro, ivi compresi i subappaltatori: a) cooperano all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull'attività lavorativa oggetto dell'appalto; b) coordinano gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell'esecuzione dell'opera complessiva. L'eventuale inadempimento, da parte del committente e del coordinatore, come correttamente osservato dal giudice di appello, non esime da responsabilità penale né i legali rappresentanti dell'associazione temporanea né il capo cantiere M.P..
3. Per quanto concerne, invece, la posizione di M.P., capo cantiere e preposto per l'associazione temporanea di imprese, è sufficiente ricordare, come già ha fatto il giudice di appello, che, in materia di prevenzione degli infortuni nei luoghi di lavoro, appartiene al gestore del rischio connesso all'esistenza di un cantiere anche la prevenzione degli infortuni di soggetti a questo estranei, ancorché gli stessi tengano condotte imprudenti, purché non esorbitanti il tipo di rischio definito dalla norma cautelare violata (principio da ultimo affermato da Sez. 4, n. 38200 del 12/05/2016 ud. - dep. 14/09/2016, Rv. 267606 - 01 in una fattispecie in cui è stata ritenuta esente da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità dell'imputata, proprietaria di un appartamento nel quale erano in corso lavori di ristrutturazione, per le lesioni riportate da un vicino che, recatosi nell'immobile per eseguire un sopralluogo, era caduto in una botola priva di protezioni, precipitando nell'appartamento sottostante, nonostante anche egli avesse tenuto un comportamento imprudente percorrendo un tracciato diverso da quello indicatogli dall'imputata). Difatti, in materia di prevenzione degli infortuni nei luoghi di lavoro, il soggetto beneficiario della tutela è anche il terzo estraneo all'organizzazione dei lavori, sicché dell'infortunio che sia occorso all'"extraneus" risponde il garante della sicurezza, sempre che l'infortunio rientri nell'area di rischio definita dalla regola cautelare violata e che il terzo non abbia posto in essere un comportamento di volontaria esposizione a pericolo ( Sez. 4, n. 43168 del 17/06/2014 ud. - dep. 15/10/2014, Rv. 260947 - 01).
4. Anche il motivo relativamente alla quantificazione della pena si presenta meramente ripetitivo di quello già respinto con la sentenza impugnata, e non evidenzia, comunque, alcun elemento positivo, segnalato, ma non valutato dai giudici di merito, che avrebbe giustificato la concessione delle attenuanti generiche.
5. In conclusione, i ricorsi vanno dichiarati inammissibili e ciascuno dei ricorrenti condannato al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ragioni di esonero, della somma di euro duemila in favore della Cassa delle ammende.
 

 

P.Q.M.

 


dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso 23 gennaio 2019.