Regione Piemonte
Circolare del Presidente della Giunta regionale 21 febbraio 2019, n. 2/AMB.
Indirizzi in merito alle varianti di cui all’articolo 17 bis, comma 4, della legge regionale 5 dicembre 1977, n. 56 (Tutela ed uso del suolo) relative a progetti presentati agli Sportelli unici per le attività produttive.
B.U.R. 28 febbraio 2019, n. 9 s.o. n. 4
 

Alle Direzioni regionali Alle Province piemontesi
Alla Città metropolitana di Torino
Ai Comuni piemontesi
Agli Sportelli unici per le attività produttive

 

1. Il quadro normativo
L’articolo 8, comma 1 del d.p.r. 7 settembre 2010, n. 160 (Regolamento per la semplificazione e il riordino della disciplina dello Sportello Unico per le Attività Produttive (SUAP) ai sensi dell’articolo 38 comma 3 del d.l. 25 giugno 2008 n. 112 convertito con modificazione dalla legge 6 agosto 2008 n. 133), disciplina la fattispecie delle varianti semplificate concernenti progetti che rientrano nel campo di applicazione del d.p.r. citato.
La disciplina persegue obiettivi di semplificazione procedimentale, utilizzando il modulo dello “sportello” quale luogo di incontro fra amministrazione pubblica e imprese, rafforzando l’“unicità” della struttura organizzativa e del procedimento e introducendo la modalità telematica di gestione del procedimento, ricevimento e trasmissione degli atti, al fine di perseguire un ulteriore snellimento dell’azione amministrativa.
La legislazione regionale si è adeguata all’istituto previsto dal regolamento statale con il comma 4 dell’articolo 17 bis della l.r. 56/1977.
A seguito poi della riforma dell’istituto della conferenza di servizi ad opera del decreto legislativo 30 giugno 2016, n. 127 (Norme per il riordino della disciplina in materia di conferenza di servizi, in attuazione dell'articolo 2 della legge 7 agosto 2015, n. 124), che ha inciso sull’istituto in discussione, sono sorti problemi di coordinamento fra le normative concernenti i raccordi procedimentali con gli strumenti urbanistici, con particolare riguardo agli interventi comportanti variante agli strumenti urbanistici generali vigenti.
La presente circolare si pone l’obiettivo, dunque, di recare indirizzi nei confronti dei Soggetti coinvolti nel procedimento di Sportello unico e supportare i responsabili di procedimento.
Per quanto concerne i requisiti di ordine generale, il ricorso a tale procedura è ammesso solo alle tassative condizioni previste dall’articolo 8, comma 1, d.p.r. 7 settembre 2010 n. 160 che sono le seguenti:
1) lo strumento urbanistico:
- deve essere caratterizzato dalla mancanza di aree da destinare all’insediamento di impianti produttivi ai sensi del d.p.r. 160/2010, con classificazione di zona idonea al tipo di richiesta presentata;
- in alternativa, le aree previste dal medesimo strumento urbanistico devono risultare insufficienti in relazione al progetto presentato;
2) l’indizione della conferenza deve essere oggetto di pubblico avviso.
Come vedremo nel prosieguo della trattazione, la sussistenza dei presupposti di cui al punto 1) deve essere verificata dal responsabile del procedimento prima della convocazione della conferenza di servizi. Inoltre la sussistenza di queste condizioni deve altresì risultare dalla motivazione della convocazione della conferenza stessa.
A differenza di quanto stabilito dal d.p.r. 447/1998, non è più necessaria la verifica preliminare della conformità del progetto alle norme in materia ambientale, sanitaria e di sicurezza del lavoro, per avviare il procedimento di variante ex articolo 8 d.p.r. 160/2010. Tali requisiti dovranno essere verificati nell’esame del progetto nell’ambito della conferenza di servizi.
In conclusione, il responsabile del procedimento verificherà, ai fini dell’ammissibilità del progetto alla procedura di variante, il rispetto dei requisiti di ammissibilità indicati dall’articolo 8 comma 1 del d.p.r. n. 160/2010 e dai presenti indirizzi.

2. Aspetti generali e procedibilità
Va preliminarmente precisato il carattere eccezionale del ricorso a tale tipologia di variante e la necessità che il Comune dichiari sempre in modo esplicito le ragioni dell’avvio della procedura prevista dall’articolo 8 del d.p.r. 160/2010 e gli obiettivi generali che persegue con tale utilizzo, oltre che il rapporto tra variante e strumentazione urbanistica generale e/o attuativa vigente.
A tal proposito la giurisprudenza ha sottolineato in modo rigoroso il carattere eccezionale della procedura disciplinata dal ricordato articolo 8, la quale non può essere surrettiziamente trasformata in una modalità “ordinaria” di variazione dello strumento urbanistico generale. Pertanto, perché a tale procedura derogatoria possa legittimamente farsi luogo, occorre che siano preventivamente accertati in modo oggettivo e rigoroso i presupposti di fatto richiesti dalla norma, e quindi anche l’assenza nello strumento urbanistico di aree destinate ad insediamenti produttivi ai sensi del d.p.r. 160/2010 ovvero l’insufficienza di queste, laddove per “insufficienza” deve intendersi, in costanza degli standard previsti, una superficie non congrua (e, quindi, insufficiente) in ordine all’insediamento da realizzare (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 15 luglio 2011, n. 4308; Consiglio di Stato, 25 giugno 2007, n. 3593; Consiglio di Stato, 3 marzo 2006, n. 1038).
Addirittura è stato sostenuto che, in virtù del carattere eccezionale della variante, lo stesso Comune sarebbe libero di decidere di dar corso alla procedura di variante seguendo l’iter normale anziché quello semplificato previsto dall’articolo 8 del d.p.r. 160/2010 (T.a.r. Molise, 25 luglio 2012, n. 373; T.a.r. Lazio, 12 giugno 2012, n. 465).
Il concetto di sufficienza o insufficienza delle aree esistenti va verificato “in relazione al progetto presentato”, il che certamente significa che esiste un margine di flessibilità e adattabilità di quest’ultimo, per inserirlo nel contesto risultante dallo strumento urbanistico vigente, resta fermo, però, che il parametro di riferimento è costituito dallo strumento vigente, il quale non può essere esso oggetto di modifiche per adeguarlo alle esigenze del proponente (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 25 giugno 2007, n. 3593).
Ciò anche per assicurare che gli assetti territoriali non seguano la casualità della proprietà delle aree in danno delle aree agricole (che sono notoriamente meno costose di quelle industriali e commerciali).
La necessità di rispettare la funzionalità e la coerenza delle scelte urbanistiche e di pianificazione globale del territorio ha anche il fine di evitare che una realizzazione atomistica e dispersa sul territorio delle infrastrutture urbanistiche faccia ricadere sulla collettività i relativi ulteriori oneri finanziari (per tutti Consiglio di Stato, 27 febbraio 2013, n. 1202).
Sempre in ordine al giudizio di sufficienza, la Giurisprudenza ha reiteratamente interpretato tale normativa nel senso che, nell’ipotesi di ampliamento di un insediamento produttivo preesistente, la necessità di variare lo strumento urbanistico deve essere valutata in relazione al progetto presentato, cioè tenendo conto della circostanza che trattasi di un progetto di ampliamento di un insediamento produttivo già operante, sicché l’area da destinare all’ampliamento della relativa attività non può essere ricercata altrove, ma deve evidentemente trovarsi in stabile e diretto collegamento con quella dell’insediamento principale e da ampliare (T.a.r. Sicilia- Catania, Sez. I, sentenza 30 luglio 2015, n. 2103).
In altre parole, l’insufficienza di aree, intesa in senso urbanistico, si ritiene sussistente anche nelle ipotesi di ampliamento di un impianto produttivo quando le aree contigue, sulle quali l’impianto produttivo esistente abbia la documentata necessità di estendersi, risultino avere una diversa destinazione urbanistica. Ed invero, se lo strumento urbanistico generale vigente non ha previsto la delocalizzazione di quell’impianto, la verifica della sussistenza o dell’insufficienza di aree va fatta con riferimento alle esigenze di funzionamento e di sviluppo di quel determinato impianto e non va estesa all’intero territorio comunale.
Vi è inoltre insufficienza di aree anche nelle ipotesi in cui le aree a destinazione produttiva siano inidonee da un punto di vista qualitativo, come ad esempio, nel caso di attività produttive che richiedano particolari infrastrutture, ovvero la vicinanza di strutture ferroviarie o portuali.
Occorre anche precisare che nelle ipotesi di riconversione deve essere adottata una maggiore cautela se il cambio di attività produttiva comporta anche una radicale modifica rispetto alle attività produttive preesistenti nell’area, determinando cambiamenti che possono avere rilevanti ripercussioni sul contesto urbanistico e ambientale esistente.
Sempre la Giurisprudenza ha giudicato necessaria una puntuale motivazione attestante l’insufficienza delle aree produttive. Solo all'esito della valutazione da parte del Comune della necessità -per lo sviluppo ordinato della comunità- di individuare nuove aree destinate ad attività produttive vista l'insufficienza di quelle previste in piano potrà legittimamente addivenirsi alla variante (T.a.r. Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 1 luglio 2010, n. 2411).
Giova anche ricordare che, attraverso la variante in questione, non possono mai essere modificati o non rispettati gli strumenti sovracomunali, quali i piani di bacino, i piani territoriali regionali, i piani provinciali etc….
La difformità del progetto rispetto alla pianificazione sovraordinata, come ad esempio alla pianificazione paesaggistica, a quella di bacino o delle aree protette non consente l’applicazione del procedimento in quanto i vincoli posti da dette pianificazioni non sono superabili con la pianificazione urbanistica comunale.
A tal riguardo occorre fornire dei chiarimenti in relazione al Piano per l’Assetto Idrogeologico (PAI): il punto 3.3 della d.g.r. 7 aprile 2014, n. 64-7417, che disciplina le modalità di adeguamento dei piani urbanistici con il PAI, prevede la possibilità di modificazioni al quadro dei dissesti e alla carta di sintesi della pericolosità geomorfologica e dell’idoneità all’utilizzazione urbanistica, purché sussistano le garanzie della presenza della Regione in conferenza e siano prodotti gli elaborati geologici relativi ad un intorno significativo dell'area oggetto di variante.
Tali modificazioni, si chiarisce, devono avere carattere molto limitato e con effetti locali e non possono invece determinare modifiche significative al PAI, per le quali occorre comunque esperire le procedure appositamente previste. A titolo esemplificativo si ritiene che possano essere ammesse lievi modifiche dovute al riconoscimento di aspetti geomorfologici, alla presenza o meno di edificato, alla correzione di errori, a valutazioni geologiche idrauliche puntuali etc… Di contro necessitano di variante ordinaria tutti gli interventi che ad esempio richiedono studi su areali estesi o modifiche della normativa geologica a carattere generale.
Ai fini del rispetto della pianificazione territoriale sovraordinata si precisa che non vi sono deroghe rispetto ai limiti posti per le varianti ordinarie.
In particolare, si fa presente che il progetto dovrà prevedere il calcolo del consumo del suolo e che il Comune, nella delibera di approvazione, ne dovrà dare evidenza esprimendosi, in quanto tale consumo va comunque computato ai fini del rispetto dell’articolo 31 del Piano Territoriale Regionale (PTR).
Per quanto attiene al Piano Paesaggistico Regionale (PPR), si mette in evidenza che la documentazione progettuale necessita della verifica di coerenza ai sensi dell’articolo 46, comma 9, delle relative Norme tecniche attuative (NTA) del PPR.
Al fine di valutare la percorribilità delle procedure di cui all’articolo 17 bis, comma 4, della l.r. 56/1977, il contrasto tra l’intervento progettato e gli strumenti urbanistici va verificato anche nei confronti degli strumenti urbanistici adottati e non ancora approvati. Diversamente il procedimento avrebbe il potere, non statuito da alcuna norma, di evitare l’applicazione delle norme di salvaguardia, in palese contrasto con inderogabili norme di legge.
Occorre comunque specificare che non è preclusa la variante semplificata ex articolo 17 bis, comma 4, della l.r. 56/1977 qualora vi sia una variante urbanistica ordinaria in itinere; nella fattispecie il Comune dovrà raccordare le procedure e recepire i contenuti della variante semplificata SUAP, una volta approvata, nella variante ordinaria in itinere. Per tale aspetto, trattandosi di modifica volta a rappresentare esclusivamente la situazione vigente del piano, non necessita procedere, nell’iter della variante ordinaria in itinere, alla pubblicazione ai sensi dell’articolo 15, comma 9, della l.r. 56/1977. Di tale aspetto, al fine di un efficace raccordo tra le due varianti, dovrà essere data specifica evidenza nella deliberazione consiliare di approvazione della variante semplificata SUAP.
L’ipotesi prevista dall’articolo 17 bis, comma 4, della l.r. 56/1977, avendo come detto carattere eccezionale e derogatorio rispetto alle procedure ordinarie, non ammette applicazioni estensive o analogiche e richiede un’adeguata motivazione.
Inoltre, il carattere straordinario della procedura di variante ex articolo 8 del d.p.r. n. 160/2010, che approva non piani ma progetti che comportano la variazione degli strumenti urbanistici, non solo si esplica in un suo limitato utilizzo, ma ha riflessi anche sulla natura e sugli effetti di detta variante rispetto alle varianti urbanistiche. Essa infatti, non può essere assimilata alle varianti che modificano a tempo indeterminato la disciplina urbanistico- edilizia di un’area (destinazione d’uso, indici, parametri, ecc.) e deve essere vincolata in modo inscindibile, pena inefficacia, alla realizzazione del progetto di attività produttiva da cui deriva.
Di conseguenza, sono da escludere interventi che interessino una vasta area e siano finalizzati all’insediamento di una pluralità di attività economiche, anche se essi siano proposti da un unico soggetto giuridico, in quanto siffatti interventi, stante la loro natura di variante “organica”, devono essere assoggettati alle ordinarie procedure di variante allo strumento generale.
Non sembra quindi opportuno che la variante ex articolo 8, riferita a un singolo progetto difforme dallo strumento urbanistico, comporti una modifica permanente della disciplina urbanistica dell’area interessata, anche qualora l’opera non si realizzi. È invece conforme alla ratio della norma che essa produca soltanto effetti finalizzati alla realizzazione di quel progetto e che la mancata realizzazione del medesimo progetto per qualsiasi motivo, comporti la decadenza della variante e il ritorno dell’area interessata alla disciplina urbanistica precedente.
In sintesi si sottolinea il fatto che tra l’interesse del soggetto privato che richiede la variante e l’interesse pubblico alla corretta pianificazione urbanistica debba essere quest’ultima a prevalere. La variante deve essere inoltre quella strettamente necessaria per la realizzazione di quel progetto. Nella valutazione dei progetti è necessario inoltre attenersi alle seguenti indicazioni:
- l’estensione dell’area interessata dal progetto non può eccedere le esigenze produttive prospettate nel progetto;
- deve essere garantito il rispetto degli standard urbanistici;
- deve essere verificato l’integrale rispetto delle prescrizioni ed indicazioni contenute nella pianificazione di livello regionale e provinciale;
- è necessario garantire le opere di urbanizzazione che l’intervento richiede;
- è necessario garantire la sostenibilità della variante semplificata tramite l’ottemperanza di quanto previsto nell’analisi ambientale (VIA/VAS);
- il progetto deve essere tale da potersi realizzare tramite titolo edilizio diretto;
- anche se non espressamente vietato, è da evitare, per quanto possibile, l’applicazione della variante semplificata ai casi di progetti che interessino aree destinate a servizi: qualora fosse indispensabile ricorrere a tale eventualità, occorrerà un’attenta valutazione da parte del Comune, fermo restando che il PRGC dovrà comunque rispettare gli standard previsti per legge.

3. Documentazione da predisporre
Per quanto concerne il dettaglio della documentazione da predisporre per l’avvio del procedimento, ai sensi del comma 14 dell'articolo 17 bis della l.r. 56/1977, si fa integralmente riferimento ai contenuti di cui all’Allegato A.

4. La fase istruttoria procedimentale
In coerenza con il dettato normativo, la verifica della procedibilità dell’istanza viene effettuata dal Responsabile dello Sportello unico.
In tutti i casi compete al Responsabile SUAP l’attivazione delle verifiche in ordine:
- alla mancanza e/o insufficienza di aree idonee all’esercizio di attività produttive ai sensi del d.p.r. 160/2010;
- alla conformità della documentazione tecnica presentata;
- alla congruità, in termini di verifica e di proposta, rispetto alle urbanizzazioni primarie ed alle cessioni per le urbanizzazioni secondarie;
- al controllo dei presupposti (normativi, regolamentari, etc.) urbanistico/edilizi per il successivo rilascio dei permessi e/o autorizzazioni;
- alla verifica di ottemperanza delle condizioni poste dalla conferenza.
Il Responsabile SUAP dovrà assicurare, pertanto che la documentazione oggetto di esame in sede di conferenza di servizi sia coerente con i contenuti evidenziati nel presente documento.
Il responsabile SUAP dovrà trasmettere inoltre ai soggetti di cui all’articolo 17 bis, comma 4, della l.r. 56/1977 le eventuali osservazioni pervenute o l’attestazione che non ne siano pervenute prima della convocazione della conferenza di servizi finale per gli adempimenti di cui alla lettera e) del citato articolo.

5. La conferenza di servizi.
Per quanto riguarda invece il raffronto fra le norme generali di disciplina della conferenza di servizi di cui alla l. 241/1990 e la specifica disciplina dettata dalla l.r. 56/1977, si osserva che il comma 4 dell’articolo 17 bis della l.r. 56/1977 prevede che il responsabile del SUAP convochi la conferenza di servizi “in seduta pubblica”: la norma pare intesa a salvaguardare la partecipazione al procedimento da parte dei soggetti interessati.
Sul punto occorre tuttavia osservare che la novella che ha riformato l’istituto della conferenza di servizi ha recato un mutamento importante, introducendo quale modalità ordinaria di svolgimento della conferenza di servizi la conferenza semplificata, la quale si tiene in modalità “asincrona”, ovvero senza riunione, mentre ha riservato la conferenza simultanea, con la riunione, ai casi strettamente necessari elencati nella normativa riformata, ad esempio limitandola a decisioni o progetti complessi.
In tal senso si può ritenere che la finalità della norma circa la convocazione in seduta pubblica, abbia l’obiettivo di consentire la più ampia partecipazione e che essa possa essere ottemperata attraverso la pubblicazione dell’indizione della conferenza e, successivamente, con il deposito del verbale della conferenza di servizi al fine di garantire il principio di pubblicità dell’azione della P.A.
Giova infine ricordare che, qualora sussistano i requisiti per la conferenza simultanea, è possibile e consigliabile comunque svolgere le conferenze in modalità telematica; il ricorso a tale modalità purtroppo risulta estremamente basso, con la conseguenza di dispendio di risorse economiche e tempo per i relativi spostamenti. Occorre a tal fine segnalare il fatto che, nel rispetto del principio di leale collaborazione tra Enti, è bene concertare, per quanto possibile, le date delle sedute di conferenza, in modo da permettere la partecipazione a tutti i soggetti interessati.

6. I tempi del procedimento
L’articolazione dei tempi del procedimento di variante urbanistica semplificata è contenuta nell’articolo 17 bis, comma 4, della legge regionale 5 dicembre 1977, n. 56 (Tutela ed uso del suolo).
Poichè la variante urbanistica semplificata è sottoposta alla verifica di assoggettabilità alla VAS, la cui disciplina è prevista dalla normativa europea, recepita a livello nazionale dal d.lgs. 152/2006, i tempi del procedimento di variante previsti dalla l.r. 56/77 dovranno essere coordinati con quelli stabiliti per la VAS dal d.lgs. 152/2006.
A tal fine, gli aspetti concernenti la VAS sono stati integrati nei procedimenti di cui all’art. 17 bis, l.r. 56/77 con la d.g.r. 29 febbraio 2016, n. 25-2977, Allegato 1, schema k).
Considerato che la disciplina VAS è normativa speciale in quanto, come sopra precisato, deriva da una direttiva comunitaria, il Dipartimento della Funzione pubblica e così pure il Consiglio di Stato in sede consultiva hanno ribadito la salvezza dei termini stabiliti da norme speciali (cfr. Consiglio di Stato, adunanza della Commissione speciale del 23 giugno 2016, affare 01017/2016).
Proprio la giurisprudenza comunitaria, con riferimento al procedimento di VAS, ha sottolineato che le autorità consultive e il pubblico, che sono o probabilmente verranno toccati dagli effetti del piano, devono disporre di termini congrui per valutare il piano o il programma proposto nonché il rapporto ambientale relativo a tale piano o programma per poter esprimere il loro parere (Corte di Giustizia Ue 20 ottobre 2011, causa C-474/10).
È altresì necessario che il responsabile Suap, nella comunicazione di indizione della conferenza, indichi i termini per la richiesta di integrazioni documentali e di chiarimenti relativi a fatti, stati o qualità non attestati in documenti già in possesso dell’Amministrazione, nonché i termini per il pronunciamento definitivo da parte dei soggetti convocati all’interno della conferenza (art. 14 bis, comma 2, lett. c), l. 241/90).
Inoltre si è rilevato come, anche in ordine alla richiesta di integrazioni documentali, necessarie per la compiuta istruttoria dell’oggetto del procedimento, queste ultime vengano prodotte dal proponente senza che l’autorità procedente disponga alcuna sospensione dei termini procedimentali, non infrequentemente in coincidenza con i termini assegnati per il pronunciamento medesimo, precludendo di fatto un completo esame della pratica. Occorre dunque ribadire che i termini debbono decorrere soltanto allorché la documentazione sia correttamente presentata e non possano andare a detrimento dei termini concessi per il pronunciamento.
Ne consegue che, qualora la documentazione debba essere modificata, il SUAP è tenuto a darne comunicazione alle Amministrazioni partecipanti e deve provvedere a fissare un nuovo termine per il pronunciamento.
In tal modo sarà possibile porre fine alle cattive pratiche che si concretano nel deposito di plurime integrazioni e modificazioni spontanee da parte del proponente alla documentazione depositata e disponibile in rete, talvolta senza che sia data formale evidenza alle Amministrazioni coinvolte nel procedimento. Risulta pertanto complicato in tale contesto effettuare una compiuta istruttoria da parte delle Amministrazioni predette, in presenza di oggetti non ben definiti e mutevoli.

7. Procedura per l’integrazione del procedimento di variante urbanistica semplificata con la procedura VAS
Come già precisato nel paragrafo 6, l’integrazione fra il procedimento di variante ed il procedimento di VAS avviene nelle forme dettagliate dalla d.g.r. 29 febbraio 2016, n. 25-2977, con particolare riferimento allo schema k) dell’Allegato 1, nonché al paragrafo 1.8 del medesimo Allegato.
È d’obbligo su questo punto un chiarimento in ordine ai soggetti coinvolti nel procedimento di valutazione ambientale strategica, al fine di rendere evidenti le competenze fissate dalla legge ed evitare sovrapposizioni di competenza o, peggio, pronunciamenti sine titulo da parte dei soggetti che partecipano al procedimento.
In tale prospettiva, il SUAP svolge un ruolo propulsivo e di raccordo nell’ambito del procedimento, mentre le competenze in ordine alle valutazioni degli endoprocedimenti che concorrono nel procedimento SUAP continuano ad essere svolte dalle Amministrazioni cui la legge espressamente le attribuisce, siccome, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, la conferenza di servizi non spoglia le Amministrazioni dei poteri e delle competenze proprie ma li mantiene integri, costituendo semplicemente un modulo organizzativo di semplificazione ed ottimizzazione temporale del procedimento al fine del miglior raccordo delle Amministrazioni nei procedimenti pluristrutturati.
Per quanto attiene più propriamente al procedimento di VAS è importante chiarire che il ruolo di Autorità competente alla VAS, di cui all’articolo 5, comma 1, lett. p) del d.lgs. 152/2006 cui compete, fra l’altro, la decisione in ordine all’assoggettamento o all’esclusione da VAS del piano, è incardinato presso l’autorità comunale.
Anche il ruolo di Autorità procedente, definito all’articolo 5, comma 1, lett. q) del d.lgs. 152/2006 citato è incardinato presso l’autorità comunale. È importante in tal senso, ribadire, come sottolineato dalla giurisprudenza, che i due ruoli mantengano una separazione funzionale, sia pur se individuati all’interno della medesima Autorità, in maniera tale da far sì che chi recepisce la variante al piano (autorità procedente) valuti correttamente gli effetti sull'ambiente di tale piano o programma in base ad informazioni affidabili e complete (fornite dall’autorità competente) (Corte di Giustizia Ue 20 ottobre 2011, causa C-474/10).
Infine il soggetto istante, promotore del progetto sottoposto al procedimento valutativo, assume il ruolo di proponente, così come definito all’articolo 5, comma 1, lett. r) del d.lgs. 152/2006.
I compiti dell’Autorità competente, nell’ambito del procedimento di verifica di assoggettabilità a VAS, cui è soggetta la variante in discussione sulla base della previsione espressa di cui all’articolo 17 bis, comma 8, della l.r. 56/1977, sono riconducibili, secondo quanto previsto dall’articolo 12 del d.lgs. 152/2006, essenzialmente ai seguenti:
- individuazione, in collaborazione con l’Autorità procedente, dei soggetti con competenza ambientale;
- acquisizione e valutazione, anche a mezzo della conferenza di servizi convocata dal SUAP, dei pareri dei soggetti con competenza ambientale ai fini della decisione di cui al punto successivo;
- decisione in merito all’assoggettamento o all’esclusione della variante da VAS, che confluisce all’interno del procedimento complessivo condotto dal SUAP.
I compiti sopra descritti saranno svolti dall’Autorità competente all’interno del procedimento SUAP e dello svolgimento degli stessi occorrerà dare specifica evidenza nel provvedimento finale redatto dal SUAP medesimo.

8. Il ruolo della Regione nel procedimento
La normativa contenuta sia nell’articolo 8 del d.p.r. 160/2010 sia nell’articolo 17 bis della l.r. 56/1977, stabilisce che l’assenso della Regione è essenziale per la conclusione del procedimento di variante urbanistica.
Come anche ha sottolineato la giurisprudenza, il parere regionale ha natura di atto endo o infra procedimentale e la sua efficacia vincolante non incide sulla natura propria di questo, che rimane un atto interno nell’ambito di un procedimento unico.
La ratio normativa sottesa è chiara e collegata alla natura eccezionale della variante di cui si è discusso poc’anzi: il legislatore ritiene in altre parole essenziale che la deroga al sistema di pianificazione consolidato nell’ordinamento sia sottoposto ad un duplice ordine di valutazioni a garanzia del corretto esercizio della funzione.

9. Il ruolo del Consiglio comunale nel procedimento
Come si evince dai paragrafi precedenti, il procedimento di cui al comma 4 dell’articolo 17 bis della l.r. 56/1977 si connota per il fatto di essere un procedimento contraddistinto da notevole complessità, nel quale la ponderazione degli aspetti tecnici inerenti il progetto sottoposto ad approvazione si vanno a sommare con gli aspetti di ampia discrezionalità concessi agli Organi consiliari comunali sulla destinazione d’uso del territorio. Può risultare peraltro difficile la conciliazione dei due aspetti e il valore da attribuire al pronunciamento del Consiglio, organo al quale la legge prevede che debba essere trasmesso il verbale della conferenza al fine della sottoposizione a votazione nella prima seduta utile.
Il Consiglio comunale detiene la definitiva valutazione in merito alla sussistenza dei presupposti idonei a giustificare la deroga sul piano urbanistico: la previsione normativa della variante “eccezionale” di cui al comma 4 dell’articolo 17 bis della l.r. 56/1977 non determina infatti uno svuotamento della competenza pianificatoria del Consiglio Comunale. Tale valutazione deve essere necessariamente svolta in concreto, in relazione, al singolo caso esaminato (T.a.r. Umbria, sentenza 2 luglio 2013, n. 356; Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 6 agosto 2013, n. 4151; Consiglio di Stato 16 aprile 2012, n. 2170; T.a.r. Molise, 25 luglio 2012, n. 374; T.a.r. Lombardia, 11 novembre 2010, n. 7244; T.a.r. Sicilia 30 luglio 2015, n. 2103). Si ritiene che la proposta di variante positivamente licenziata dalla conferenza di servizi non sia vincolante per il Consiglio comunale, ma assuma unicamente il ruolo di atto d’impulso, strumentale alla prosecuzione del procedimento, in cui il Consiglio comunale può e deve autonomamente valutare se aderire o meno alla proposta in questione (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 2 ottobre 2012, n. 5187).
Tuttavia va ricordato come, soprattutto la giurisprudenza più recente, richiami la necessità da parte del Consiglio Comunale di adeguatamente motivare e di sostenere il diniego all’attività imprenditoriale proposta con ragioni inoppugnabili e in base a scelte, che, seppur discrezionali, non siano arbitrarie ma sostenute da un documentato e non altrimenti perseguibile interesse pubblico.
Non sono considerate sufficienti motivazioni generiche, sostenendo ad esempio che un insediamento potrà avere «effetti distorsivi sul redigendo strumento urbanistico comunale, risolvendosi il rilievo in un generico giudizio prognostico in ordine all'incidenza, del tutto ipotetica della variante su previsioni urbanistiche con cui disciplinare l'assetto del territorio comunale ancora di là da venire».
Non si ritengono sufficienti generiche argomentazioni, disancorate da circostanze di fatto realmente ed evidentemente impeditive della trasformazione urbanistica del suolo, per opporsi ad iniziative imprenditoriali che, in ogni caso, da parte loro devono essere sostenute anche da ragioni di interesse pubblico e non solo meramente imprenditoriale (Consiglio di Stato, sez. V, 31 marzo 2015, n. 1673).
Così pure è stato richiesto, nell’ambito delle valutazioni urbanistiche di competenza dell’organo consiliare, in caso di rigetto della proposta della conferenza, anche una particolare ponderazione degli opposti interessi, in considerazione delle aspettative sorte in capo agli istanti e delle particolari situazioni di affidamento. Questo risulta richiesto con speciale riferimento alle ipotesi in cui la stessa amministrazione comunale abbia, con una serie univoca di atti, considerato procedibile il ricorso allo strumento dell’approvazione della variante per l’insediamento di impianti produttivi, e nel corso del procedimento siano stati espressi i favorevoli pareri culminati nella proposta di tutte le autorità pubbliche e dei soggetti interessati, compreso lo stesso Comune (Consiglio di Stato, 6 agosto 2013, n. 4151).
Il richiamo alla necessaria considerazione delle particolari condizioni di affidamento verificatesi in capo ai privati risulta tanto più stringente quanto più è avanzato lo stato del procedimento e quanto più è definito il carattere delle decisioni assunte dall’Amministrazione sugli atti presupposti.
Per tali motivazioni il ruolo da parte del Comune diventa particolarmente delicato: al fine di evitare discordanze di valutazione tra il Consiglio Comunale e il rappresentante comunale si ritiene consigliabile che quest’ultimo fin dall’inizio del procedimento instauri una fattiva attività di interlocuzione con i rappresentanti politici, in maniera tale da portare in conferenza gli orientamenti propri dell’organo assembleare e arricchire il dibattito conferenziale anche degli aspetti che la norma espressamente conferisce al predetto Organo.
 

Sergio CHIAMPARINO
 

VISTO:
L’Assessore all'Ambiente, Urbanistica, Programmazione territoriale e paesaggistica, Sviluppo della montagna, Foreste, Parchi, Protezione Civile
Alberto Valmaggia

 

ALLEGATO A

ELENCO DEGLI ELABORATI DA ALLEGARE ALL’ISTANZA DI VARIANTE PER I PROCEDIMENTI DISCIPLINATI DAL COMMA 4 DELL’ART. 17 BIS DELLA L.R. 56/1977

Oltre al progetto edilizio necessario per le istanze da presentare ai Suap, eventualmente corredato, qualora necessario, da quanto richiesto in materia di valutazione di impatto ambientale (VIA) o da altra documentazione necessitante per l’acquisizione dei titoli abilitativi, il procedimento di cui all’art. 17 bis, comma 4, della l.r. 56/77 prevede gli elaborati della variante indicati dall’art. 17 bis, comma 14, che di seguito vengono dettagliati.
Si specifica che quanto sotto elencato è da intendersi quale riferimento di carattere generale e che gli elaborati possono avere contenuto limitato alla considerazione delle aree o degli aspetti oggetto della variante.
- Elaborati relativi al processo di Valutazione Ambientale Strategica (VAS);
- Relazione Illustrativa, riportante:
Situazione urbanistica del Comune;
Motivazioni e descrizione degli interventi previsti e della variante urbanistica (raffronto piano vigente e proposta di variante);
Aspetti urbanistici della variante e relative verifiche;
Estratto cartografico di inquadramento territoriale dell’area oggetto di variante con indicazione di eventuali vincoli;
Verifica del rispetto della compatibilità/coerenza con la pianificazione sovraordinata (a titolo esemplificativo: Piano Paesaggistico regionale, Piano Territoriale Regionale, Piani di Settore, Piano Territoriale di coordinamento Provinciale etc...);
Calcolo e verifica del consumo di suolo;
Verifica di compatibilità acustica con relativi estratti cartografici; Documentazione fotografica;
- Relazione ed indagini geomorfologiche, contenente:
Estratti degli elaborati di PRGC, estesi ad un intorno significativo, della “Carta di sintesi della pericolosità geomorfologica ed idoneità all’utilizzazione urbanistica”, della “Carta geomorfologica e dei dissesti” per i comuni adeguati al PAI e delle relative norme d’uso quale estratto delle Norme tecniche di attuazione.¹
In caso ricorrano le condizioni per proporre puntuali e limitate modificazioni al quadro dei dissesti e alla Carta di Sintesi della pericolosità geomorfologica e dell’idoneità all’utilizzazione urbanistica, occorre predisporre la relativa documentazione prevista dalla Circolare PGR 7/LAP del 1996 e
s.m.i. e dalle DGR regionali riguardanti le specificazione tecniche per l’adeguamento al Piano per l’assetto Idrogeologico (PAI);
- Sovrapposizione della proposta di variante al PRGC vigente, con la stessa simbologia di piano in scala non inferiore a 1:10.000 e 1:2.000
Tali elaborati, comprensivi di legenda completa, devono garantire il raffronto tra il PRGC vigente e la proposta di variante estesa ad un intorno significativo;
- Tavole di variante in scala non inferiore a 1:10.000 e 1:2.000
Tali elaborati, comprensivi di legenda completa, devono esplicitare la proposta di variante estesa ad un intorno significativo;
- Norme di Attuazione
Stralcio delle Norme di Attuazione del PRGC vigente contenente copia integrale degli articoli oggetto di modifica con evidenziati i contenuti sostituiti e/o integrati. Analogamente, ove necessario, inserire anche le Schede di zona interessate dalla variante con evidenziati i medesimi contenuti sostituiti e /o integrati.
_______
¹ Gli ulteriori elaborati geologici (Relazione geologico-tecnica, indagini geomorfologiche e idrogeologiche, indagini sismiche qualora necessarie, etc.) non sono richiesti nella documentazione a supporto della variante urbanistica in quanto già previsti a corredo degli elaborati di progetto, in ottemperanza ai disposti del d.m. 17.01.2018.