Cassazione Civile, Sez. Lav., 06 marzo 2019, n. 6554 - Appalto, subappalto e infortunio sul lavoro. Committente pubblico


Presidente: NAPOLETANO GIUSEPPE Relatore: TORRICE AMELIA Data pubblicazione: 06/03/2019

 

 

Rilevato

1. Il Tribunale di Bologna, in parziale accoglimento del ricorso proposto da B.R., aveva condannato in solido N.Y., Aedes Aurorora srl, C.N. e C.M., al risarcimento dei danni conseguiti all'infortunio sul lavoro occorso al ricorrente il 19.7.2007 ed aveva rigettato le domande proposte dallo stesso ricorrente nei confronti del Ministero della Difesa (stazione appaltante), di R.R. e di M.V. (rispettivamente responsabile del procedimento e direttore dei lavori per conto del Ministero);
2. la Corte di Appello di Bologna, dichiarata la inammissibilità dell'appello principale proposto da Aedes Aurora srl, da C.N. e da C.M. e dell'appello incidentale proposto dal B.R. nei confronti degli appellanti principali per intervenuta reciproca rinuncia, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra il B.R. e N.Y., ha condannato quest'ultimo al pagamento delle differenze retributive ed al versamento dei contributi previdenziali, ha accertato la responsabilità di U.M. (capocantiere e responsabile della sicurezza della Aedes Aurora srl) nella realizzazione dell'infortunio ed ha condannato quest'ultimo al risarcimento dei danni nella misura liquidata dal giudice di primo grado; ha rigettato l'appello proposto dal B.R. nei confronti del Ministero della Difesa, di R.R. e di M.V.;
3. il "decisum" della sentenza oggi impugnata è fondato sulle argomentazioni motivazionali che seguono:
4. la sentenza penale di condanna di N.Y. aveva accertato in modo ormai irretrattabile che il B.R. aveva lavorato alle dipendenze del N.Y., al quale la appaltatrice Aedes srl aveva affidato in subappalto una parte (carpenteria) dei lavori oggetto dell'appalto di cui il Ministero della Difesa era committente;
5. il subappalto non necessitava dell'autorizzazione del committente in ragione dell'importo delle opere subappaltate (inferiore al 2% del valore dell'opera appaltata);
6. la domanda volta alla condanna del Ministero al pagamento delle differenze retributive e dei connessi oneri previdenziali era infondata perchè l'art. 1676 c.c. non trova applicazione nei rapporti tra i dipendenti del subappaltatore ed il committente; 
7. la domanda di condanna del U.M. al risarcimento dei danni conseguiti all'Infortunio sul lavoro era fondata in quanto era risultato provato che quest'ultimo, nella sua qualità di capo cantiere, aveva azionato il muletto sul quale si trovava la pedana metallica dalla quale il B.R. era precipitato al suolo e non aveva adottato le misure di sicurezza nell'utilizzo del mezzo meccanico utilizzato per portare in quota quest'ultimo;
8. non era configurabile alcuna condotta colposa del Ministero della Difesa e dei suoi preposti (R.R. e M.V.) perchè l'obbligo di rispetto della normativa antinfortunistica a tutela dei lavoratori impiegati nell'appalto, sancito dall'art. 127 del D.P.R. n. 554 del 1999, non può tradursi in responsabilità oggettiva e perché non era risultata provata l'omessa adozione di misure antifortunistiche da parte di tali soggetti direttamente o indirettamente correlabile, in nesso causale, con l'infortunio occorso al B.R.;
9. avverso questa sentenza B.R. ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, illustrati da successiva memoria, al quale hanno resistito con controricorso il Ministero della Difesa e R.R.; sono rimasti intimati N.Y., M.V. e U.M. ;

 


Considerato
10. il ricorrente denuncia, ai sensi dell'art. 360 c. 1 n. 3 cod.proc.civ.:
11. mancato accertamento della responsabilità solidale in ordine alle obbligazioni civili nascenti dal contratto stipulato per la realizzazione dell'opera (primo motivo); violazione o falsa applicazione dell'art. 2697 c.c. e dell'art. 116 cod.proc.civ. in ordine all'assolvimento dell'onere della prova in ordine all'ammontare del subappalto (secondo motivo); violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione all'esclusione della responsabilità solidale dell'Amministrazione appaltante, del Responsabile del procedimento e del direttore dei lavori in relazione all'infortunio sul lavoro (terzo motivo);
12. il ricorrente:
13. sostiene che il committente pubblico è obbligato a tutelare il diritto alla retribuzione dei dipendenti dell'appaltatore e del subappaltatore; richiama l'art. 29 del d.lgs. n. 276 del 2003, l'art. 118 c. 8 del D. Lgs. n. 163 del 2006 e gli artt. 4 e 5 D.P.R. n. 207 del 2010, pur riconoscendo che la vicenda dedotta in giudizio ricade nel "vuoto normativo" tra l'emanazione del codice degli appalti e l'adozione del citato D.P.R.; invoca i principi affermati da questa Corte nella sentenza n. 15432 del 2014 per sostenere l'applicabilità dell'alt. 1676 c.c. alla fattispecie dedotta in giudizio; (primo motivo);
14. imputa alla Corte territoriale di avere affermato che il subappalto non necessitasse di autorizzazione in ragione dell'importo delle opere subappaltate nonostante la mancanza di elementi probatori (secondo motivo);
15. assume, che a prescindere dal valore dell'opera subappaltata, il committente pubblico o privato è obbligato dall'art. 7 c. 3 bis del D.Lgs. n. 626 del 1994 a rispondere in solido con l'appaltatore e con ciascuno dei subappaltatori in relazione agli infortuni sul lavoro determinati dalla violazione delle norme antifortunistiche;
16. imputa alla Corte territoriale di avere effettuato una lettura parziale e limitata delle disposizioni di legge applicabili alla fattispecie dedotta in giudizio e di essersi limitata a considerare solo la disposizione contenuta nell'art.  127 del D.P.R. n. 554 del 1999 senza tenere conto dell'intero complesso normativo che descrive i compiti delle diverse figure coinvolte nell'esecuzione dei lavori di appalto pubblico, i loro doveri e i loro obblighi; sostiene che l'Ufficio di direzione dei lavori non deve essere inteso come organo collegiale ma come ufficio che svolge la sua attività a supporto del direttore dei lavori, che la responsabilità della concreta attuazione delle misure indicate dall'Ufficio Lavori ricade sempre e comunque sul direttore dei lavori ai sensi dell'art. 124 del D.P.R. n. 554 del 1999 e sul responsabile del procedimento ai sensi dell'art. 8 del citato D.P.R.; addebita alla Corte territoriale di non avere verificato in concreto se il R.R. ed il M.V. avevano assolto i loro compiti di sorveglianza e di controllo con la necessaria diligenza; sostiene che il D.P.R. n. 554 del 1999 attribuisce alla P.A. committente penetranti poteri di ingerenza, di controllo e di indagine nel cantiere; assume che il personale preposto ai controlli deve essere ritenuto responsabile solidalmente con l'Amministrazione, non per responsabilità oggettiva ma per fatto proprio ( terzo motivo);
17. il primo motivo presenta profili di infondatezza e di inammissibilità;
18. esso, nella parte in cui invoca l'applicazione deil'art. 29 del D.Lgs. n. 276 del 2003, è infondato alla luce del consolidato orientamento giurisprudenziale di questa Corte secondo cui in materia di appalti pubblici, ai sensi dell'art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 276 del 2003, non è applicabile alle pubbliche amministrazioni la responsabilità solidale prevista dall'art. 29, comma 2, del richiamato decreto, dovendosi ritenere che l'art. 9 del d.l. n. 76 del 2013, conv. con modif. nella l. n. 99 del 2013, nella parte in cui prevede la inapplicabilità del suddetto articolo 29 ai contratti di appalto stipulati dalle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1 del d.lgs. n. 165 del 2001, non abbia carattere di norma di interpretazione autentica, dotata di efficacia retroattiva, avendo solo esplicitato, senza innovare il quadro normativo previgente, un precetto già desumibile dal testo originario del richiamato art. 29 e dalle successive integrazioni, (ex multis Cass. 29176/18, 17518/2018, 28186/2017, 24953/2017, 20327/2016, 15432/2014);
19. all'orientamento giurisprudenziale innanzi richiamato il Collegio intende dare continuità condividendone le ragioni esposte, da intendersi qui richiamate ex art. 118 disp. att. cod.proc.civ., atteso che il ricorrente nel ricorso e nella memoria non apporta argomenti decisivi che ne impongano la rimeditazione;
20. il motivo è infondato nella parte in cui richiama l'art. 118 del d. lgs. n. 163 del 2006 in quanto tale disposizione non contiene alcuna norma che attribuisce al lavoratore dipendente del subappaltatore l'azione diretta nei confronti del committente ovvero che prevede la solidarietà di quest'ultimo per i debiti retributivi che onerano il subappaltatore;
21. il motivo è infondato anche nella parte in cui fa riferimento agli artt. 4 e 5 D.P.R. n. 207 del 2010 perchè, come riconosce lo stesso ricorrente, esso è inapplicabile "ratione temporis" alla fattispecie dedotta in giudizio, realizzatasi in epoca precedente la sua entrata in vigore (art. 359 D.P.R. citato);
22. il motivo è inammissibile nella parte in cui è dedotta la violazione dell'art. 1676 c.c.;
23. anche a volere ritenere applicabile alla fattispecie in esame la disposizione innanzi richiamata e i principi affermati nella sentenza di questa Corte n. 15432 del 2014, la quale ha riconosciuto l'azione diretta di cui all'art. 1676 c.c. in favore dei dipendenti del subappaltatore nei confronti del subcommittente o subappaltante, il ricorrente non ha allegato la sussistenza dei presupposti che condizionano l'esperibilità dell'azione di cui all'art. 1676 c.c. (concorrenza del debito che il committente ha verso l’appaltatore nel tempo in cui è proposta la domanda);
24. il secondo motivo presenta profili di inammissibilità e di infondatezza; 
25. la dedotta violazione dell'art. 116 cod. proc. civ., che prescrive, come regola di valutazione delle prove, quella secondo cui il giudice deve valutarle secondo prudente apprezzamento, a meno che la legge non disponga altrimenti (ex plurimis Cass. SS.UU. 5802/1998 e 24148/2013; Cass. 1892/2002, 15355/2004, 1014/2006, 18119/2008), è inammissibile perchè il ricorrente non ha chiarito a quale risultanza probatoria la Corte territoriale abbia attribuito valore diverso da quello riconosciuto dall'ordinamento e in quali termini e perché la regola del prudente apprezzamento sia stata violata;
26. è infondata la censura che addebita alla sentenza la violazione dell'art. 2697 c.c. perché la Corte territoriale ha accertato il valore delle opere concesse in subappalto in forza del criterio di acquisizione probatoria (comunicazione della appaltatrice al Ministero della difesa committente) e non ha addossato alcun onere probatorio a carico dell'odierno ricorrente;
27. in realtà al di là del titolo della rubrica del vizio in esame, le doglianze formulate dal ricorrente sollecitano una nuova lettura del materiale istruttorio in punto di valore delle opere subappaltate, inammissibile in sede di legittimità (Cass. SSU 24148/ 2013, 8054/2014; Cass. 1541/2016, 15208 /2014, 24148/2013, 21485/2011, 9043/2011, 20731/2007; 181214/2006, 3436/2005, 8718/2005);
28. ulteriore profilo di inammissibilità del motivo in esame consegue al fatto che le censure sono formulate con riferimento a documenti il cui contenuto, nelle parti salienti e rilevanti, non è riprodotto nel ricorso, in violazione degli artt. 366 c. 2, n. 6, e art. 369 c. 1, n. 4.c.p.c, che onerano il ricorrente, quando siano in gioco atti processuali ovvero documenti o prove orali, la cui valutazione debba essere fatta ai fini dello scrutinio di un vizio di violazione di legge, ex art. 360 c. 1 n. 3 cod.proc.civ., di carenze motivazionali, ex art. 360 c.l n. 5 cod.proc.civ., o di un "error in procedendo", ai sensi dei nn. 1, 2 e 4 della medesima norma, di riprodurre nel ricorso, nelle parti significative e rilevanti, il contenuto dell'atto o della prova orale o documentale, e anche di indicarne l'esatta allocazione nel fascicolo d'ufficio o in quello di parte, rispettivamente acquisito o prodotto in sede di giudizio di legittimità (Cass. SSUU 8077/2012 e 22726/2011; Cass. 33377/2018, 13713/2015, 19157/2012, 6937/2010; Cass. 12332 e 12333 del 2018);
29. il terzo motivo è inammissibile perchè il ricorrente, sotto l'apparente denuncia delle disposizioni di legge richiamate nelle prospettazioni difensive, sollecita un nuovo esame del merito della causa, inammissibile in sede di legittimità (cfr. punto 27 di questa sentenza), mettendo in discussione l'accertamento effettuato dalla Corte territoriale, la quale ha escluso che il Ministero committente ed i suoi dipendenti (M.V. nella qualità di direttore dei lavori e R.R. quale responsabile del procedimento) avessero omesso di adottare le misure di prevenzione e di cautela a tutela dei lavoratori impegnati nel cantiere ed ha negato che la condotta dei medesimi fosse causalmente correlata all'infortunio occorso all'odierno ricorrente;
30. in conclusione, il ricorso va rigettato;
31. la novità della questione correlata alla esperibilità dell'azione diretta di cui all'art. 1676 c.c. da parte del lavoratore dipendente di azienda subappaltatrice nei confronti del committente giustifica la compensazione delle spese del giudizio di legittimità;
32. ai sensi dell'art. 13 c. 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
 

 

P.Q.M.

 


La Corte
Rigetta il ricorso.
Dichiara compensate le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell'art. 13 c. 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma nella Adunanza Camerale del 16 gennaio 2019