Cassazione Penale, Sez. 4, 12 marzo 2019, n. 10841 - Vendita di una macchina rulliera non sicura e infortunio del lavoratore


Presidente: MENICHETTI CARLA Relatore: RANALDI ALESSANDRO Data Udienza: 12/12/2018

 

 

Fatto

 

 

1. Con sentenza del 28.6.2018 la Corte di appello di Firenze, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha rideterminato la pena e confermato nel resto la dichiarazione di responsabilità di A.B. per il reato di lesioni personali colpose in danno di DG.A., aggravato dalla violazione delle norme in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro.
Secondo la contestazione, il A.B., quale legale rappresentante della ditta OMC S.r.l., aveva venduto allo scatolificio MF una macchina rulliera non rispondente alle disposizioni di legge in materia di sicurezza sul lavoro, in quanto priva di protezioni che impedissero l'inserimento delle mani dal lato interno della rulliera nei punti costituiti dalle catene e dalle relative ruote dentate. In conseguenza di ciò, il dipendente della ditta MF, DG.A., riportava lesioni personali gravi alla mano destra, venuta a contatto con la catena e la ruota dentata di uno dei rulli del macchinario durante una fase di lavoro (fatto del 14.6.2011).
2. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione il A.B., lamentando quanto segue.
I) Inosservanza di norme processuali in relazione agli artt. 178 e 495 cod. proc. pen.: violazione del diritto di difesa e nullità delle sentenze di merito.
Deduce che il Tribunale, all'udienza del 7.4.2017, escussi i testi di accusa, aveva inopinatamente revocato i testimoni indicati dalla difesa, in precedenza già ammessi dal giudice. Nonostante l'opposizione della difesa, il Tribunale aveva dichiarato chiusa l'istruttoria, e poi solo in sentenza aveva accennato alla superfluità delle prove indicate dalla difesa. La Corte di appello ha disatteso lo specifico motivo di gravame, riconducendo l'operato del primo giudice ad un asserito corretto esercizio del proprio potere officioso di governo sullo svolgimento dell'istruttoria.
Secondo il ricorrente, invece, l'ordinanza di revoca dei testimoni ammessi è stata resa senza adeguata motivazione, rinvenendosene gli argomenti solo nella successiva sede motivazionale della sentenza di condanna, in violazione dell'art. 495 cod. proc. pen. e del diritto della difesa di difendersi provando, avente rilievo costituzionale e sovranazionale ex art. 6, comma 3, lett. d) CEDU.
II) Mancata rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale e mancata assunzione di prova decisiva.
Deduce che nessun accenno i giudici di merito hanno riservato alla rilevanza dei due testi indicati dalla difesa (Ciucci e Pagni), che avrebbero potuto riferire in ordine al profilo della progettazione e costruzione della rulliera in questione, risalente al 2002, nonché in ordine alle modalità e caratteristiche che connotavano il macchinario allorché fu montato presso il cliente.
III) Vizio di motivazione e inosservanza della regola di giudizio di cui all'art. 533 cod. proc. pen.
Denuncia l'inconsistenza e manifesta illogicità della motivazione, sulla base della documentazione acquisita, costituita solo da tre pagine del manuale d'uso e manutenzione del macchinario e da una tavola grafica della rulliera raffigurata solo in prospettiva ortogonale e laterale, unitamente all'attestazione CE. Nessuna considerazione viene riservata alle osservazioni svolte nei motivi di appello circa l'esistenza, anche in quelle poche pagine, di chiari riferimenti all'apposizione sulla macchina di presidi di sicurezza. Anche dalla tavola grafica non può trarsi alcuna notizia circa la struttura sottostante della rulliera. La deposizione dell'ufficiale di PG C. risulta travisata, visto che il medesimo non ha accertato alcunché sulle condizioni originali della macchina e ha fornito una semplice opinione in ordine all'assenza di protezioni prima dell'infortunio. Nessun peso è poi stato dato al considerevole lasso di tempo trascorso tra la fornitura del macchinario e l'epoca dell'infortunio, e sulla carenza di manutenzione dello stesso.
IV) Violazione di legge e vizio di motivazione sul trattamento sanzionatorio.
Lamenta che la determinazione della pena in misura sensibilmente superiore al minimo edittale è stata motivata in termini apodittici e apparenti, senza alcuna considerazione in ordine alle invocate attenuanti generiche, tenuto anche conto del consistente lasso di tempo trascorso tra la condotta ascrivibile all'imputato e l'infortunio.
V) Vizio di motivazione in punto di conferma delle statuizioni civili (provvisionale).
Lamenta l'eccessiva quantificazione della provvisionale, non parametrata rispetto alle modeste risorse economiche dell'imputato, che non esercita più alcuna attività imprenditoriale.
 

 

Diritto

 


1. Il ricorso è infondato e va, quindi, rigettato.
2. Il primo motivo non considera l'insegnamento giurisprudenziale, che il Collegio condivide, secondo cui la dichiarazione di chiusura dell'istruttoria dibattimentale, ove la parte vi assiste e non abbia eccepito il mancato esame di un testimone, comporta la revoca implicita dell'ammissione di tale deposizione ed eventuali nullità concernenti la suddetta deliberazione di esaurimento delle prove dovranno essere eccepite, a pena di decadenza, in sede di formulazione e precisazione delle conclusioni (Sez. 3, n. 29649 del 27/03/2018, Bulletti, Rv. 27359001).
Nel caso che occupa non risulta né viene dedotto che la difesa del ricorrente abbia eccepito l'eventuale nullità davanti al Tribunale, quantomeno in sede di conclusioni, quindi la questione è ormai sanata ex art. 182 cod. proc. pen.
3. Il secondo motivo è manifestamente infondato.
Al riguardo occorre muovere dal costante principio secondo cui, in tema di ricorso per cassazione, può essere censurata la mancata rinnovazione in appello dell'istruttoria dibattimentale qualora si dimostri l'esistenza, nell'apparato motivazionale posto a base della decisione impugnata, di lacune o manifeste illogicità, ricavabili dal testo del medesimo provvedimento e concernenti punti di decisiva rilevanza, che sarebbero state presumibilmente evitate se si fosse provveduto all'assunzione o alla riassunzione di determinate prove in appello (Sez. 5, n. 32379 del 12/04/2018, Impellizzeri, Rv. 27357701).
Nella specie il ricorrente non ha dimostrato la sussistenza di lacune motivazionali decisive che sarebbero state evitate se si fosse provveduto all'assunzione dei suoi testi, limitandosi ad indicare le circostanze su cui gli stessi avrebbero riferito, senza spiegarne l'incidenza sul costrutto motivazionale della sentenza impugnata.
4. Il terzo motivo svolge essenzialmente censure in fatto, in quanto pretende di ottenere una rivalutazione del compendio probatorio, e quindi una rilettura dei fatti, inammissibile in cassazione. Si tratta, inoltre, di censura che non rispetta il requisito della autosufficienza del ricorso, con riferimento alla documentazione ivi citata o alla richiamata deposizione dell'ufficiale di polizia giudiziaria C..
Ciò a fronte di una sentenza che ha adeguatamente ed esaurientemente accertato che il macchinario risultava fin dalla sua costruzione sprovvisto di quelle protezioni doverose - che vennero aggiunte solo successivamente all'infortunio dal datore di lavoro - che, qualora tempestivamente installate, avrebbero certamente impedito l'evento lesivo, a prescindere dallo stato di manutenzione del macchinario.
5. Parimenti infondato il quarto motivo sul trattamento sanzionatorio.
La Corte territoriale, per quanto succintamente, ha adeguatamente motivato sui criteri di determinazione della pena, avendo allo scopo richiamato il grado della colpa e il precedente specifico a carico dell'imputato, anche a giustificazione del diniego di applicazione delle attenuanti generiche. Si tratta, in ogni caso, di pena che non supera la media edittale, per cui nel caso trova applicazione il costante principio affermato da questa Corte di legittimità secondo cui la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale, per assolvere al relativo obbligo di motivazione, è sufficiente che dia conto dell'impiego dei criteri di cui all'art. 133 cod. pen. con espressioni del tipo: "pena congrua", "pena equa" o "congruo aumento", come pure con il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale (Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Mastro e altro, Rv. 27124301).
6. Il quinto motivo è inammissibile, sulla scorta del costante orientamento della Corte regolatrice secondo cui il provvedimento con il quale il giudice di merito, nel pronunciare condanna generica al risarcimento del danno, assegna alla parte civile una somma da imputarsi nella liquidazione definitiva non è impugnabile per cassazione, in quanto per sua natura insuscettibile di passare in giudicato e destinato ad essere travolto dall'effettiva, liquidazione dell'integrale risarcimento (Sez. 6, n. 50746 del 14/10/2014, P.C. e G, Rv. 26153601).
7. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
 

 

P.Q.M.

 


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 12 dicembre 2018