Incidente stradale e morte di un autotrasportatore per omesso ancoraggio del carico;
Responsabilità del datore di lavoro per mancata istruzione: insussistenza;
Lavoratore: responsabilità esclusiva per comportamento imprudente;


 

 

 

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Campanato Graziana - Presidente -
Dott. Novarese Francesco - Consigliere -
Dott. Brusco Carlo Giuseppe - Consigliere -
Dott. Licari Carlo - Consigliere -
Dott. Colombo Gherardo - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul  ricorso proposto da:

PUBBLICO MINISTERO PRESSO G.I.P. TRIBUNALE di MODENA;
nei confronti di:
1)D.F., N. IL (OMISSIS);
2) D.M., N. IL (OMISSIS);
3) D.P., N. IL (OMISSIS);

avverso SENTENZA del 03/12/2002 G.I.P. TRIBUNALE di MODENA;

Visti gli atti, la sentenza ed il procedimento;

Udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dr. LICARI CARLO;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dr. FERRI E., che ha concluso per l'annullamento della sentenza impugnata.

Fatto e Diritto

D.M., F. e P., sono stati giudicati dal G.I.P. del Tribunale di Modena, in quanto imputati di omicidio colposo, per avere, nella qualità di legali rappresentanti della omonima ditta di autotrasporti, omesso di istruire adeguatamente i propri dipendenti sulle tecniche di ancoraggio dei carichi sugli automezzi, in tal modo ponendo in essere il presupposto causale per l'infortunio del dipendente C.R., il quale, trovandosi a percorrere l'autostrada A1 alla guida di un autoarticolato con rimorchio sul quale erano caricati tre blocchi di marmo del peso di circa 90 quintali ciascuno, veniva a collisione con altro autoarticolato che lo precedeva, provocando lo spostamento per inerzia in avanti dei blocchi semplicemente appoggiati sul pianale del rimorchio, lo schiacciamento della cabina di guida dell'autoarticolato e la morte istantanea del C. per le gravi lesioni subite.

Il G.I.P. ha deciso, con sentenza del 03/02/2002, di assolvere gli imputati con la formula perchè il fatto non sussiste e avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso quel Tribunale, deducendo illogicità manifesta della motivazione sul rilievo che, in relazione al problema del nesso causale tra l'incidente mortale e l'omesso ancoraggio dei blocchi di marmo, fossero stati offerti argomenti contraddittori, nel senso che ora ammettevano ora negavano che un valido sistema di ancoraggio fosse in grado di evitare lo sfondamento ed il distacco della cabina di guida e, quindi, le lesioni mortali subite dal conducente; altra lagnanza è stata proposta in riferimento alla mancata sussunzione dell'incidente nell'ambito della normativa antinfortunistica, avendo il Giudice erroneamente ritenuto che non vi fosse stata negligenza da parte dei datori di lavoro nell'impartire adeguate istruzioni ai dipendenti circa il sistema di ancoraggio dei carichi sul pianale degli automezzi.

Il ricorso non è meritevole di accoglimento.

Ciò perchè le critiche mosse dal ricorrente appaiono dirette, attraverso la pretestuosa deduzione del difetto di motivazione e della violazione di legge, allo scopo ulteriore di ottenere una rivalutazione delle prove: il che si risolverebbe in un sostanziale nuovo giudizio sul fatto, sottratto, per costante giurisprudenza di questa Corte, come tutte le valutazioni di merito, al sindacato di legittimità della Cassazione.

Peraltro, sui temi oggetto di censura il Giudice a quo ha persuasivamente spiegato in sentenza che, alla stregua del parere espresso dal consulente del P.M., nessun sistema di ancoraggio avrebbe potuto essere efficace in presenza di una spinta di energia cinetica come quella soverchiante sviluppatasi a seguito dell'impatto dell'autoarticolato condotto dalla vittima con l'altro autoarticolato, legittimando la conclusione che l'evento letale si sarebbe ugualmente verificato quand'anche i blocchi di marmo fossero stati ancorati con le funi di canapa in dotazione dell'automezzo.

Quanto alla mancata sussunzione del fatto nell'ambito della normativa antinfortunistica, il G.I.P. ha spiegato, in modo convincente, che le testimonianze raccolte deponevano per l'assolvimento corretto da parte dei datori di lavoro del dovere di fornire istruzioni ai dipendenti sulla sistemazione e l'ancoraggio dei carichi sugli automezzi e sulle precauzioni da adottare durante la guida; che, comunque, la normativa in materia di infortuni sul lavoro non prevede una specifica norma in relazione al trasporto di carichi costituiti da blocchi di marmo, essendo il trasporto di essi regolato dalle disposizioni del codice stradale, le quali, disciplinando genericamente tutti i tipi di carico, pongono a carico del solo conducente del veicolo l'obbligo di sistemare il carico in modo da evitarne la caduta e la dispersione; ha concluso, pertanto, con argomenti altrettanto logici e persuasivi, che, pur non disconoscendo il carattere sussidiario dell'art. 2087 c.c. rispetto alla normativa antinfortunistica, nel caso in esame non era in discussione l'adozione dei mezzi suggeriti dalla comune prudenza al fine di prevenire il pericolo connesso al trasporto di carichi sugli automezzi, stante il parere espresso dal consulente circa l'inevitabilità dell'evento in presenza di qualsivoglia sistema di ancoraggio, bensì era in discussione l'unico rimedio atto a prevenire quel pericolo, quello cioè di effettuare il trasporto con una condotta di guida particolarmente prudente e, soprattutto, con una velocità ridotta tale da evitare impatti violenti od anche brusche frenate: il che è mancato da parte della vittima, la quale conduceva l'autoarticolato con il carico pesante dei blocchi di marmo a velocità superiore ai limiti consentiti e per di più in modo disattento, tanto da non avvedersi dell'autoarticolato che, precedendolo, si immetteva imprudentemente nella corsia autostradale di sua spettanza, in tal modo concorrendo casualmente, entrambi i conducenti dei mezzi, nel determinismo dell'incidente stradale e dell'evento mortale che ne è derivato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2005.

Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2006