Responsabilità del legale rappresentante e del preposto di una spa appaltatrice dei lavori all'interno di uno stabilimento dell'impresa committente per infortunio occorso al dipendente di una srl avviato presso lo stesso stabilimento.

L'infortunio era avvenuto mentre il lavoratore stava coadiuvando il conducente di una gru mobile che stava trasportando un fascio di travi di metallo lunghi mt. 5,6 e aveva il compito di evitare che le travi ondeggiassero.
Per le scorrette modalità di esecuzione del lavoro il lavoratore era stato colpito alla spalla e al collo dalle travi; era caduto al suolo ed era stato travolto dalle ruote anteriori del mezzo che erano passate sugli arti inferiori del lavoratore caduto al suolo dopo l'urto.

La responsabilità delle due persone di cui è stata confermata la condanna in secondo grado è stata individuata per il datore di lavoro nell'omissione di un'adeguata formazione e informazione sulle modalità di esecuzione dei lavori di trasporto e movimentazione di carichi pesanti; per il preposto nell'omesso controllo che i lavori venissero svolti in sicurezza e con l'uso di modalità idonee.

Entrambi gli imputati ricorrono in Cassazione - Inammissibili

Per quanto concerne la responsabilità del datore di lavoro, l'affermazione di responsabilità non è avvenuta per aver omesso di controllare l'esecuzione dei lavori edili - come si sostiene nel ricorso - ma per aver omesso la formazione e l'informazione dei lavoratori addetti alla movimentazione dei carichi pesanti. Compito che non può che incombere sul datore di lavoro o su persona idonea espressamente da lui delegata.

Per quanto concerne la responsabilità del preposto invece, egli si limita ad affermare che egli non aveva alcun obbligo di controllare l'attività di S. che non era dipendente della spa della quale l'imputato era preposto.

E' "manifestamente infondata la pretesa del preposto secondo cui l'obbligo di predisporre modalità di lavoro in sicurezza e di verificare l'applicazione delle misure di prevenzione antinfortunistica sussisterebbe esclusivamente nei confronti dei dipendenti del suo datore di lavoro dovendosi estendere, l'applicazione delle misure di prevenzione, a tutti coloro che si trovano nell'ambiente di lavoro ed in particolare a coloro che, nell'ambito dell'organizzazione di lavoro dell'impresa, siano inseriti nell'attività lavorativa che svolgono in collaborazione con i suoi dipendenti."



LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MARZANO Francesco - Presidente -
Dott. BRUSCO Carlo G. - rel. Consigliere -
Dott. IACOPINO Silvana Giovann - Consigliere -
Dott. FOTI Giacomo - Consigliere -
Dott. D'ISA Claudio - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA/ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
1) N.G. N. IL (OMISSIS);
2) G.W. N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 625/2004 CORTE APPELLO di BOLOGNA, del 06/10/2006;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 28/10/2009 la relazione fatta dal Consigliere Dott. BRUSCO CARLO GIUSEPPE;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. IANNELLI Mario,che ha concluso per l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione;
Udito il difensore Avv. PELLICIARDI che ha concluso per l'accoglimento dei ricorsi.
La Corte:
Fatto

 

1) La Corte d'Appello di Bologna, con sentenza 6 ottobre 2006, ha giudicato sugli appelli proposti da N.G., P. A., G.W. e L.F. contro la sentenza 27 maggio 2003 del Tribunale di Modena che li aveva condannati alle pene ritenute di giustizia per il delitto di cui all'art. 590 cod. pen. in danno di S.C. che aveva subito lesioni gravi a seguito di un infortunio sul lavoro verificatosi in (OMISSIS).

La Corte di merito ha assolto per non aver commesso il fatto P. e L. e ha confermato l'affermazione di responsabilità di N. (legale rappresentante della s.p.a. M.N. a cui favore prestava la sua attività l'infortunato) e G. (preposto della medesima soc. N.). S. era dipendente della s.r.l. I.M. che l'aveva avviato presso lo stabilimento (della ditta N.H.) presso la quale la soc. N. svolgeva lavorazioni prese in appalto.
I giudici di merito hanno accertato che l'infortunio era avvenuto mentre S. stava coadiuvando il conducente di una gru mobile che stava trasportando un fascio di travi di metallo lunghi mt. 5,6 e aveva il compito di evitare che le travi ondeggiassero.
Per le scorrette modalità di esecuzione del lavoro il lavoratore era stato colpito alla spalla e al collo dalle travi; era caduto al suolo ed era stato travolto dalle ruote anteriori del mezzo che erano passate sugli arti inferiori del lavoratore caduto al suolo dopo l'urto.
La responsabilità delle due persone di cui è stata confermata la condanna è stata individuata per N. nell'omissione di un'adeguata formazione e informazione sulle modalità di esecuzione dei lavori di trasporto e movimentazione di carichi pesanti; per G. nell'omesso controllo che i lavori venissero svolti in sicurezza e con l'uso di modalità idonee.

2) Gli imputati dei quali è stata confermata la condanna hanno presentato un unico atto di ricorso con il quale deducono le seguenti censure.
N.G. deduce un unico motivo di ricorso con il quale, denunziando il vizio di violazione di legge, censura la sentenza impugnata per non aver tenuto conto della complessità e delle dimensioni dell'azienda pervenendo ad individuare una responsabilità di posizione e per aver omesso di individuare, in base al principio di effettività, a chi fossero attribuiti i compiti di prevenzione nell'ambito delle lavorazioni in cui si è verificato l'incidente.
In particolare, secondo il ricorrente, all'epoca dell'infortunio N. non era titolare di alcun potere di direzione dei lavori edili e non poteva quindi esercitare alcun potere di direzione e controllo sui medesimi. Nè rileverebbe la mancanza di alcuna delega avendo egli affidato i lavori in questione a persone idonee perchè competenti e specializzate nel settore edile mentre le ragioni dell'assoluzione di P. ben possono essere estese a lui.
G.W. deduce il medesimo motivo di ricorso evidenziando che l'infortunato non lavorava alle sue dipendenze; il suo unico interlocutore era C.P., conducente della gru, e non poteva ipotizzarsi un suo obbligo di controllo sull'operato di un terzo.

3) Entrambi i ricorsi sono inammissibili per manifesta infondatezza, genericità e mancanza di decisività.
Va premesso che nessuno dei ricorrenti pone in discussione l'esistenza di modalità di esecuzione dei lavori in contrasto con le regole cautelari che governano l'attività svolta per evitare che i carichi sospesi vadano ad urtare contro i lavoratori addetti; e neppure è contestato dai ricorrenti che la violazione di queste regole cautelari abbia avuto efficienza causale sul verificarsi dell'evento.
Le premesse da cui partono i motivi di ricorso di N. sono largamente condivisibili ed in particolare è da condividere la necessità di evitare che vengano affermate responsabilità di posizione individuando - indipendentemente dall'esistenza di una delega - le persone fisiche che, all'interno dell'articolazione aziendale, sono titolari delle funzioni cui iN.scono gli obblighi di prevenzione.
Ma nel caso in esame l'affermazione di responsabilità di N. non è avvenuta per aver omesso di controllare l'esecuzione dei lavori edili - come si sostiene nel ricorso - ma per aver omesso la formazione e l'informazione dei lavoratori addetti alla movimentazione dei carichi pesanti.
Compito che non può che incombere sul datore di lavoro o su persona idonea espressamente da lui delegata.
Questo aspetto (omissione di formazione e informazione) su cui la sentenza impugnata ha fondato l'affermazione di responsabilità di N. è completamente ignorato nel ricorso che dunque si appalesa geN.co mentre le argomentazioni addotte sono prive di decisività.

4) Analoghe considerazione possono svolgersi per quanto riguarda le censure di G.W..
In buona sostanza il ricorrente non pone in discussione di aver svolto funzioni di preposto nell'ambito dell'attività appaltata dall'impresa N. nel corso del quale si è verificato l'infortunio ma si limita ad affermare che egli non aveva alcun obbligo di controllare l'attività di S. che non era dipendente della soc. N..
A parte il rilievo che il giudice di merito ha escluso che G. abbia fornito al gruista le necessarie istruzioni e ha accertato che è stato il medesimo G. ad organizzare il lavoro è comunque manifestamente infondata la pretesa del preposto secondo cui l'obbligo di predisporre modalità di lavoro in sicurezza e di verificare l'applicazione delle misure di prevenzione antinfortunistica sussisterebbe esclusivamente nei confronti dei dipendenti del suo datore di lavoro dovendosi estendere, l'applicazione delle misure di prevenzione, a tutti coloro che si trovano nell'ambiente di lavoro ed in particolare a coloro che, nell'ambito dell'organizzazione di lavoro dell'impresa, siano inseriti nell'attività lavorativa che svolgono in collaborazione con i suoi dipendenti.
E comunque poichè l'infortunio è derivato dalla impropria esecuzione delle manovre di spostamento delle assi metalliche, svolte nell'ambito dell'organizzazione aziendale della soc. N., è evidente che, se anche fosse vera la tesi prospettata, non per questo verrebbe meno la responsabilità del preposto per non aver controllato adeguatamente la condotta inidonea del gruista causatrice del danno.

5) Il reato sarebbe prescritto ma la natura originaria della causa di inammissibilità non consente di dichiarare l'estinzione del reato a seguito della prescrizione che sarebbe maturata dopo la sentenza di appello: v. Cass., sez. un., 22 novembre 2000 n. 32, De Luca, rv.217266.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso conseguono le pronunzie di cui al dispositivo.
Con riferimento a quanto statuito dalla Corte costituzionale nella sentenza 13 giugno 2000 n. 186 si rileva che non si ravvisano ragioni per escludere la colpa del ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità ai fini della condanna al pagamento di una somma a favore della Cassa delle Ammende in considerazione della palese violazione delle regole del giudizio di legittimità.

P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione, Sezione Quarta Penale, dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno a quello della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 28 ottobre 2009.
Depositato in Cancelleria il 1 dicembre 2009