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Responsabilità per omicidio colposo in cooperazione colposa e con violazione del D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 7, comma 1, lett. b) e D.P.R. n. 547 del 1955, art. 8 perchè, in cooperazione colposa ovvero per cause colpose indipendenti, il G., nella sua qualità di presidente del consiglio di amministrazione e legale rappresentante della società arl CIB proprietaria degli impianti nei quali si era verificato l'infortunio mortale e committente dei lavori, F., Bi., Me., Ba., e B. quali soci amministratori e legali rappresentanti della snc Centro Carni Correggio, società comodataria ed effettivo utente dell'impianto oggetto dell'intervento di riparazione nell'ambito del quale ebbe a verificarsi il detto infortunio, Tu. e Bo. quali soci amministratori e legali rappresentanti della snc TBM di Tumino & C appaltatrice dei lavori elettrici nel cui ambito ebbe a verificarsi l'infortunio mortale, cagionarono la morte di M.L., socio-lavoratore della stessa snc TBM che, chiamato per un intervento di riparazione da compiere su una cella frigorifera sfondò inavvertitamente il controsoffitto non portante della cella cadendo al suolo da m. 4,60 di altezza conseguendo trauma cranico violento che fu causa della sua morte immediata -  Il capo di imputazione contestava colpa sotto specie di imperizia, negligenza, imprudenza e violazione di specifiche norme antinfortunistiche per avere, secondo la posizione di ciascuno, omesso di fornire al socio lavoratore dettagliate notizie sui rischi specifici .
 
Primo grado e appello escludono che i chiamati avessero alcun obbligo di sicurezza nei confronti di un lavoratore privo della qualità di lavoratore subordinato e anzi munito della qualità di socio di capitali ed escludono anche l'esistenza di una colpa generica degli imputati corrispondente ad una loro posizione di garanzia generica.
Di più il compendio motivazionale di primo e secondo grado individua un comportamento malaccorto o distratto
della vittima stessa e per tali ragioni assolve tutti gli imputati per non aver commesso il fatto.
 
Ricorrono in Cassazione le parti civili - Accolto.
 
"Gli errori di diritto contenuti nella sentenza impugnata si riverberano anche sulla operata qualificazione dei fatti sicchè la sentenza per causa di quegli errori deve essere annullata in ogni sua parte.
Si deve tenere per fermo che le misure apprestate dal D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626 a tutela della salute per la sicurezza dei lavoratori durante il lavoro, in tutti i settori di attività privati e pubblici, costituiscono il sistema di protezione più ampio che la strumentazione giuridica attraverso i suoi metodi definitori possa realizzare.
Invero il D.Lgs. n. 626 del 1994 appresta protezione per il diritto alla salute e per la sicurezza dei lavoratori dipendenti di un imprenditore che svolgono attività di lavoro nell'ambito della sua organizzazione di impresa, per i lavoratori impiegati da imprese appaltatrici che lavorino all'interno di una azienda o di una unità produttiva, per i lavoratori autonomi affidatari di lavori all'interno di una azienda o di una sua unità produttiva D.Lgs. n. 626 del 1994, ex art. 7.
La legge penale modula dunque la figura del datore di lavoro e la assunzione di obbligazioni di garanzia coerenti alle tutele di legge, su una pluralità di modelli di lavoro in settori pubblici e privati, di lavoro subordinato direttamente utilizzato e di lavoro subordinato contrattato con terzi, di lavoro subordinato e di lavoro autonomo certamente eccedente la sola figura del lavoro subordinato come è fatto chiaro dalla lettera del D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 7 e come, a livello di assetto di sistema, consegue alla moltiplicazione delle forme di lavoro introdotta con la legislazione dei primi anni 2000 (a partire dai D.Lgs. del settembre 2003).
La formula utilizzata dal D.Lgs. n. 626 del 1994 supera la ristrettezza della definizione della rubrica del D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, art. 3 che, peraltro, nella combinazione (art. 3, commi 1 e 2, stesso D.P.R.) tra definizione di lavoratore subordinato e lavoratore equiparato al lavoratore subordinato agli effetti della applicazione della normativa antinfortunistica, già dal 1955 evidenzia la erroneità della tesi di diritto secondo la quale l'ordinamento positivo italiano appresta la tutela della salute per i soli lavoratori subordinati.
In ogni caso la costante giurisprudenza di questa Corte ha tenuto ben fermo che per chiunque gestisce imprese, opifici, cantieri, oltre alla obbligazione di garanzia relativa ai lavoratori dipendenti dell'imprenditore o comunque presenti nei luoghi di lavoro per causa di lavoro, si aggiunge una ulteriore obbligazione di garanzia verso chiunque acceda a quegli impianti, obbligazione correlata agli obblighi specifici di sicurezza che cautelano le attività organizzate ma anche agli obblighi generali di non esporre alcuno a rischi generici o ambientali derivati dalla attività del soggetto gravato per legge, per contratto o per assunzione di fatto dalla obbligazione di garanzia.
Nei limiti delle prospettate censure l'intero impianto della sentenza impugnata (peraltro confermativa di simile decisione di primo grado) è errato in diritto laddove esclude l'esistenza di obbligazioni di garanzia specifica e generica degli imputati, secondo le contestazioni mosse, sul presupposto che la vittima non stesse svolgendo, al momento della caduta, lavoro subordinato alle dipendenze di alcuno degli imputati stessi.
L'assenza nella vittima della qualità di lavoratore subordinato alle dipendenze degli imputati non può costituire corretto fondamento di una decisione di assoluzione di costoro a causa della mancanza di un rapporto di subordinazione."
 
"Costituisce motivazione errata in diritto e non accertamento in fatto, affermare che la non conoscenza o il disinteresse di taluni soci di snc per la concreta organizzazione del lavoro assunto in appalto costituisca giusta scriminante rispetto alla responsabilità penale per i fatti delittuosi occorsi durante la pur (contraddittoriamente) ritenuta esecuzione del contratto di appalto.
Infine viziato è il percorso motivazionale che esclude i soci di società in nome collettivo da ogni obbligazione di garanzia nei confronti di altri soci nel momento in cui prestano attività di lavoro in prosecuzione di attività sociale già iniziata.
In ognuna delle posizioni degli imputati assolti è ben presente una obbligazione di garanzia".
 
"Le ulteriori affermazioni della sentenza impugnata relative alla causalità dell'infortunio mortale sono erronee posto che la tutela della salute e della sicurezza "copre" anche la distrazione o stanchezza o superficialità del lavoratore".

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MORGIGNI Antonio - Presidente -
Dott. ZECCA Gaetani - rel. Consigliere -
Dott. LICARI Carlo - Consigliere -
Dott. IZZO Fausto - Consigliere -
Dott. MASSAFRA Umberto - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
1) T.F.L. C/ N. IL (OMISSIS);
2) M.V. C/ N. IL (OMISSIS);
3) M.L. C/ N. IL (OMISSIS);
4) M.D. C/ N. IL (OMISSIS);
1) G.M.G. N. IL (OMISSIS);
2) TU.GI. N. IL (OMISSIS);
3) BO.FR. N. IL (OMISSIS);
4) B.G. N. IL (OMISSIS);
5) BA.TI. N. IL (OMISSIS);
6) F.G. N. IL (OMISSIS);
7) BI.RO. N. IL (OMISSIS);
8) ME.GU. N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 2332/2005 CORTE APPELLO di BOLOGNA, del 29/06/2007;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 10/11/2009 la relazione fatta dal Consigliere Dott. GAETANINO ZECCA;
Letti gli atti;
Sentito il Procuratore Generale Dott. Francesco Salzano che ha concluso per l'annullamento con rinvio;
Letta la memoria depositata per l'imputato G. che ha concluso per la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi o per il loro rigetto;
Sentiti:
L'Avvocato Roberto Sutich per le quattro parti civili ricorrenti il quale ha concluso per l'accoglimento del ricorso e ha depositato note di udienza e nota spese;
L'Avvocato Cataliotti Liborio per l'imputato G.M. G. che ha concluso per la conferma della sentenza di
appello;
L'Avvocato Enrico della Capanna per lo stesso imputato G. che ha concluso per la inammissibilità del ricorso della parte civile e in subordine per il rigetto del ricorso;
L'Avvocato Corrado Spaggiari per gli imputati Tu. e Bo. che ha concluso per la conferma della sentenza della Corte di appello di Bologna;
L'Avvocato Giovanni Orlandi per gli imputati B., che deposita nomina a difensore di fiducia e conclude per la conferma della sentenza della Corte di Appello di Bologna, Bo. F., Bi. e Me.;
L'Avvocato Raffaele Coluccio per l'imputato F. che ha concluso per la conferma della sentenza della Corte di Appello.

Fatto

La Corte di Appello di Bologna con sua sentenza ha confermato la statuizione resa dal Tribunale di Reggio Emilia in composizione monocratica che ha assolto gli imputati G., Tu., Bo., B., Bo., F., Bi., Me. dal delitto ad essi addebitato di omicidio colposo per non aver commesso il fatto. T.F.L., M.V., L. e D. parti civili, hanno proposto ai sensi e per gli effetti dell'art. 576 c.p.p., ricorso per cassazione contro la sentenza di appello appena sopra menzionata e ne hanno domandato l'annullamento o la riforma con l'adozione dei provvedimenti conseguenti.
L'imputato G. ha depositato memoria e rassegnato le conclusioni indicate in epigrafe alla motivazione di questa sentenza.
Il ricorso è stato deciso all'udienza pubblica del giorno 10/11/2009 dopo il compimento degli incombenti prescritti dal codice di rito.
 
Diritto

Agli imputati era stato addebitato il delitto di omicidio colposo in cooperazione colposa e con violazione del D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 7, comma 1, lett. b) e D.P.R. n. 547 del 1955, art. 8 perchè il 1/1/2000, in cooperazione colposa ovvero per cause colpose indipendenti, il G., nella sua qualità di presidente del consiglio di amministrazione e legale rappresentante della società arl CIB proprietaria degli impianti nei quali si era verificato l'infortunio mortale e committente dei lavori, F., Bi., Me., Ba., e B. quali soci amministratori e legali rappresentanti della snc Centro Carni Correggio, società comodataria ed effettivo utente dell'impianto oggetto dell'intervento di riparazione nell'ambito del quale ebbe a verificarsi il detto infortunio, Tu. e Bo. quali soci amministratori e legali rappresentanti della snc TBM di Tumino & C appaltatrice dei lavori elettrici nel cui ambito ebbe a verificarsi l'infortunio mortale cagionarono la morte di M.L., socio-lavoratore della stessa snc TBM che, chiamato per un intervento di riparazione da compiere su una cella frigorifera sfondò inavvertitamente il controsoffitto non portante della cella cadendo al suolo da m. 4,60 di altezza conseguendo trauma cranico violento che fu causa della sua morte immediata.
Il capo di imputazione contestava colpa sotto specie di imperizia, negligenza, imprudenza e violazione di specifiche norme antinfortunistiche per avere, secondo la posizione di ciascuno, omesso di fornire al socio lavoratore dettagliate notizie sui rischi specifici rappresentati dalla esistenza di controsoffittature in polistirolo non portanti e non facilmente riconoscibili a causa della loro omologazione cromatica al tetto calpestabile, per avere la società proprietaria e la società utilizzatrice dell'impianto omesso di predisporre sulla sommità della cella presidi anticaduta e segnali di pericolo specifico.
La sentenza di appello in una con la motivazione di primo grado esclude che tutti i chiamati avessero alcun obbligo di sicurezza ex L. n. 626 del 1994 e ex D.P.R. n. 547 del 1955 nei confronti di un lavoratore privo della qualità di lavoratore subordinato e anzi munito della qualità di socio di capitali della snc TBM al tempo dell'infortunio, ed esclude anche la esistenza di una colpa generica degli imputati corrispondente ad una loro posizione di garanzia generica.
Di più il compendio motivazionale di primo e secondo grado individua un comportamento malaccorto o distratto del M. e individua molte separate ragioni per escludere la responsabilità degli imputati in relazione alle loro rispettive qualità con i coerenti obblighi, alla natura dei contratti che avevano mosso l'opera di riparazione, alla inesistenza di interventi contemporanei di diverse imprese da coordinare, alla posizione di preminenza del socio di capitali nella snc TBM, alla esperienza tecnica propria della stessa vittima, alla evidenza del rischio di caduta, alla notorietà del rischio di caduta, alla esclusione di una destinazione a passaggio del controsoffitto sfondato, infine in relazione alla posizione periferica per ragioni di tempo e di contratto della società centro Carni.

Le parti ricorrenti censurano il provvedimento impugnato per:
 
1) violazione e/o erronea applicazione della legge penale e di altre norme giuridiche di cui si deve tener conto nella applicazione della legge penale ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ravvisabile nell'intero impianto motivazionale censurato e specificamente nelle argomentazioni che hanno affermato la inapplicabilità della normativa antinfortunistica al caso sottoposto a giudizio e che hanno escluso anche l'esistenza di colpa generica degli imputati.
I ricorrenti, contestata la irrilevanza ai fini del processo, del tipo di apporto lavorativo o finanziario, dato dal socio della snc, sottolineano lo svolgimento in fatto da parte della vittima di attività di lavoro richiesta dalla snc TBM, la complanarità e la totale omogeneità della copertura calpestabile e della copertura non calpestabile, la esistenza di un rapporto di fatto tra centro carni e l'impianto, rapporto indipendente dalla rappresentazione cartolare di un contratto di concessione dell'impianto stesso da parte della proprietà, la esistenza di rischi rivelatisi mortali e in nessun modo segnalati dalla società proprietaria e committente dei lavori e ricavando da tali fatti la piena responsabilità di tutti gli imputati verso ogni lavoratore, ma anche verso un qualsiasi avventore ipoteticamente entrato nell'ambito di quegli impianti, denunziano la falsa applicazione delle norme menzionate nel capo di imputazione.
 
2) mancanza, contraddittorietà, illogicità della motivazione risultante dal testo del provvedimento impugnato ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e).
I ricorrenti indicano la specifica illogicità del percorso accertativo della messa a disposizione di presidi anticaduta come le cinture di sicurezza e della affermazione che ha escluso la funzione di passaggio delle superfici complanari alla copertura su cui insistevano gli impianti da riparare e ingannevoli per causa della colorazione e della polvere.
I ricorrenti censurano anche la distorsione dei significati delle deposizioni raccolte delle quali riportano passi testuali.
Con particolare sottolineatura della deposizione dell'Ispettore F..

Rileva questa Corte che i ricorrenti denunziano violazione di norme di legge e di regole di diritto senza chiede alcun accertamento in fatto e senza prospettare alcuna ricostruzione dei fatti antagonista a quella di sentenza, sicchè il ricorso è pienamente ammissibile.

Gli errori di diritto contenuti nella sentenza impugnata si riverberano anche sulla operata qualificazione dei fatti sicchè la sentenza per causa di quegli errori deve essere annullata in ogni sua parte.
Si deve tenere per fermo che le misure apprestate dal D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626 a tutela della salute per la sicurezza dei lavoratori durante il lavoro, in tutti i settori di attività privati e pubblici, costituiscono il sistema di protezione più ampio che la strumentazione giuridica attraverso i suoi metodi definitori possa realizzare.
Invero il D.Lgs. n. 626 del 1994 appresta protezione per il diritto alla salute e per la sicurezza dei lavoratori dipendenti di un imprenditore che svolgono attività di lavoro nell'ambito della sua organizzazione di impresa, per i lavoratori impiegati da imprese appaltatrici che lavorino all'interno di una azienda o di una unità produttiva, per i lavoratori autonomi affidatari di lavori all'interno di una azienda o di una sua unità produttiva D.Lgs. n. 626 del 1994, ex art. 7.
La legge penale modula dunque la figura del datore di lavoro e la assunzione di obbligazioni di garanzia coerenti alle tutele di legge, su una pluralità di modelli di lavoro in settori pubblici e privati, di lavoro subordinato direttamente utilizzato e di lavoro subordinato contrattato con terzi, di lavoro subordinato e di lavoro autonomo certamente eccedente la sola figura del lavoro subordinato come è fatto chiaro dalla lettera del D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 7 e come, a livello di assetto di sistema, consegue alla moltiplicazione delle forme di lavoro introdotta con la legislazione dei primi anni 2000 (a partire dai D.Lgs. del settembre 2003).
La formula utilizzata dal D.Lgs. n. 626 del 1994 supera la ristrettezza della definizione della rubrica del D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, art. 3 che, peraltro, nella combinazione (art. 3, commi 1 e 2, stesso D.P.R.) tra definizione di lavoratore subordinato e lavoratore equiparato al lavoratore subordinato agli effetti della applicazione della normativa antinfortunistica, già dal 1955 evidenzia la erroneità della tesi di diritto secondo la quale l'ordinamento positivo italiano appresta la tutela della salute per i soli lavoratori subordinati.
In ogni caso la costante giurisprudenza di questa Corte ha tenuto ben fermo che per chiunque gestisce imprese, opifici, cantieri, oltre alla obbligazione di garanzia relativa ai lavoratori dipendenti dell'imprenditore o comunque presenti nei luoghi di lavoro per causa di lavoro, si aggiunge una ulteriore obbligazione di garanzia verso chiunque acceda a quegli impianti, obbligazione correlata agli obblighi specifici di sicurezza che cautelano le attività organizzate ma anche agli obblighi generali di non esporre alcuno a rischi generici o ambientali derivati dalla attività del soggetto gravato per legge, per contratto o per assunzione di fatto dalla obbligazione di garanzia.
Nei limiti delle prospettate censure l'intero impianto della sentenza impugnata (peraltro confermativa di simile decisione di primo grado) è errato in diritto laddove esclude l'esistenza di obbligazioni di garanzia specifica e generica degli imputati, secondo le contestazioni mosse, sul presupposto che la vittima non stesse svolgendo, al momento della caduta, lavoro subordinato alle dipendenze di alcuno degli imputati stessi. L'assenza nella vittima della qualità di lavoratore subordinato alle dipendenze degli imputati non può costituire corretto fondamento di una decisione di assoluzione di costoro a causa della mancanza di un rapporto di subordinazione.
Il vizio di errata interpretazione della legge è certo anche nei percorsi giustificativi della esclusione per titoli diversi della responsabilità del legale rappresentante della società CIB che disponeva dell'intero impianto nell'ambito del quale ebbe a verificarsi l'infortunio mortale e aveva commesso lo svolgimento di lavori affidati alla snc TBM, peraltro consegnando una realtà sulla cui consistenza ed insidiosità il giudice di merito avrebbe dovuto ragionevolmente indagare utilizzando sillogismi giudiziari forniti di premesse controllabili, raffrontagli ai parametri di doverosità legale, logicamente corretti. Non costituisce motivazione logica l'esempio dell'affidamento di lavori di "miglioria" di un tetto.
Altrettanto viziato è il percorso giustificativo che esclude la responsabilità dei soci amministratori e legali rappresentanti della snc Centro Carni comodatari dello stabilimento e della cella frigorifera durante la riparazione della quale avvenne l'infortunio mortale.
Costituisce motivazione errata in diritto e non accertamento in fatto, affermare che la non conoscenza o il disinteresse di taluni soci di snc per la concreta organizzazione del lavoro assunto in appalta costituisca giusta scriminante rispetto alla responsabilità penale per i fatti delittuosi occorsi durante la pur (contraddittoriamente) ritenuta esecuzione del contratto di appalto.
Infine viziato è il percorso motivazionale che esclude i soci di società in nome collettivo da ogni obbligazione di garanzia nei confronti di altri soci nel momento in cui prestano attività di lavoro in prosecuzione di attività sociale già iniziata.
In ognuna delle posizioni degli imputati assolti è ben presente una obbligazione di garanzia in relazione alle proprie posizioni correlate ai beni oggetto di lavori, e ai lavori medesimi ma è anche ben presente una obbligazione di garanzia rispetto alla attività di lavoro della vittima, attività che, al di là di qualsiasi rappresentazione cartolare, si è svolta secondo gli accertamenti richiamati dalla sentenza impugnata (sul punto pg 4) in esito ad un rapporto (così nella sentenza di appello) di appalto per la esecuzione di lavori elettrici intercorso tra CIB scarl e TBM snc.
Tanto basta a identificare, secondo i principi enunziati in apertura di sentenza, la esistenza di una obbligazione di garanzia a carico della CIB scarl e di TBM snc, nei confronti dell'infortunato che cadde "in occasione della esecuzione dei lavori elettrici" costituenti oggetto del contratto di appalto detto (sentenza di appello pg. 5).
Particolari come quelli sottolineati dello svolgimento del lavoro in giorno festivo attengono alle modalità del lavoro richieste (in atti è traccia di un intervento svolto per la verifica di una cella frigorifera che costituiva dotazione del bene concesso in comodato da scarl CIB a Centro Carni snc) o consentite, e non sono idonei - sempre su una linea di qualificazione giuridica dei fatti e delle condotte - a cancellare l'obbligazione di garanzia legata alla posizione dei legali rappresentanti delle società fin qui nominate e alla effettività del lavoro prestato dalla vittima.
Egualmente non è idonea a scardinare la esistenza di una obbligazione di garanzia la ricorrenza di rappresentazioni formali dei rapporti sociali, laddove la sentenza di merito aveva l'obbligo di scandagliare la esistenza in fatto, accanto a quelle rappresentazioni formali, delle relazioni considerate dal D.Lgs. n. 626 e dalla intera normativa del lavoro che ha tra le sue caratteristiche fondanti quella della considerazione della prestazione di fatto (si rammenti la disciplina forte dell'art 2126 c.c., e la tentata via della certificazione di cui al D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276) e della sua rilevanza, piuttosto che la considerazione delle formule dell'autonomia dei privati comunque impiegate o richiamate.
La qualità di socio non escludeva la pur accertata effettività della prestazione di lavoro resa e la necessità - ignorata in linea di diritto - che tutti i soci provvedessero a garantirla secondo parametri di legge.
Anche la motivazione relativa ai soci della Snc Centro Carni si esprime in violazione di legge posto che il lavoro in occasione del quale si verificò l'infortunio mortale fu accertatamene eseguito su una cella frigorifera e su un sistema soffitto calpestabile - controsoffitto non calpestabile, costituente parte del compendio assunto in comodato dalla snc Centro Carni.
Lo svolgimento di lavori su beni di dotazione della snc non esonera da alcuna obbligazione di garanzia sol perchè l'acquisizione è più o meno recente dal momento che quella acquisizione in fatto e in diritto è - ancora una volta accertatamente - non successiva all'infortunio.
Le ulteriori affermazioni della sentenza impugnata relative alla causalità dell'infortunio mortale sono erronee posto che la tutela della salute e della sicurezza "copre" anche la distrazione o stanchezza o superficialità del lavoratore che si infortuni in occasione e a causa della prestazione lavorativa e a tanto si deve coordinare la obbligazione di garanzia entro il limite dell'osservanza del principio di cui all'art. 40 c.p., mentre la esistenza di insidie o di pericoli generici sotto il profilo della obbligazione di garanzia soggettivamente incondizionata, deve essere notificata o opportunamente segnalata a tutti i soggetti che con quella insidia o quel pericolo debbano avere contatto.
Anche il D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, art. 11 che individua parametri di sicurezza per i passaggi, non ha applicazione limitata a luoghi che abbiano una preordinata e formale definizione di passaggio nè ai luoghi che i piani di sicurezza fissino come luoghi di passaggio, ma a tutti i luoghi nei quali il passaggio abbia a determinarsi per direttiva del datore di lavoro, del committente, o per collocazione di impianti dei quali sia poi commessa la sostituzione, la riparazione, la manutenzione.
Tanto determina l'annullamento, nella sua interezza, della sentenza di proscioglimento degli imputati e la remissione ex art. 622 c.p.p., al giudice civile competente per valore in grado di appello, al quale si rimette anche la liquidazione delle spese sostenute dalle parti civili in questo giudizio.

P.Q.M.
 
Annulla la sentenza impugnata con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello cui rimette anche la liquidazione delle spese sostenute dalle parti civili in questo giudizio.
Così deciso in Roma, il 10 novembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 19 novembre 2009