Responsabilità del datore di lavoro, sia quando omette di adottare le misure protettive, sia quando non accerti e vigili che di queste misure venga fatto effettivamente uso da parte del lavoratore;

 


 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Stefano CICIRETTI - Presidente -
Dott. Fernando LUPI - Consigliere -
Dott. Attilio CELENTANO - Consigliere -
Dott. Camillo FILADORO - Consigliere -
Dott. Ulpiano MORCAVALLO - Rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente

SENTENZA

 

sul ricorso proposto da:
F. R., elettivamente domiciliato in ROMA VIA PIERLUIGI DA PALESTRINA 63, presso lo studio dell'avvocato MARIO CONTALDI, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati CARL'ALBERTO MAGRI, GIULIANO BARALDI, giusta delega in atti;

- ricorrente -
contro
xxxx ASSICURAZIONE SPA in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA CELIMONTANA 38, presso lo studio dell'avvocato BENITO P. PANARITI, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato FRANCESCO POGGI, giusta delega in
atti;

- controricorrente -
nonchè contro
LATTERIA COOPERATIVA G. SCARL, INAIL ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO;

- intimati -
e sul 2° ricorso n° 31097/01 proposto da:
INAIL - ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA IV NOVEMBRE 144, rappresentato e difeso dagli avvocati ANDREA ROSSI e CRISTOFORO TARANTINO, giusta procura speciale atto notar. CARLO FEDERICO TUCCARI di ROMA del
20/11/2003 REP N. 63820;

- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
xxxx ASSICURAZIONI SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA CELIMONTANA 38, presso lo studio dell'avvocato BENITO P. PANARITI, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato FRANCESCO POGGI, giusta delega in
atti;

- controricorrente al ricorso incidentale -
nonché contro
LATTERIA COOPERATIVA G. SCARL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA CRESCENZIO 20, presso lo studio dell'avvocato FRANCESCO STARACE, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato DOMENICO RUGGERINI, giusta delega in atti;

- controricorrente al ricorso incidentale -
nonché contro
F. R.;
- intimato -

e sul 3° ricorso n° 01/02/0441 proposto da:
F. R., elettivamente domiciliato in ROMA VIA PIERLUIGI DA PALESTRINA 6, presso lo studio dell'avvocato MARIO CONTALDI, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati CARLO ALBERTO MAGRI, GIULIANO BARALDI, giusta delega in atti;

- controricorrente e ricorrente incidentale -

nonchè contro
LATTERIA COOPERATIVA G. SCARL, xxxx ASSICURAZIONI SPA, INAIL ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO;
- intimati -

avverso la sentenza n. 757/00 del Tribunale di MANTOVA, depositata il
17/11/00 - R.G.N. 3047/99;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
03/12/03 dal Consigliere Dott. Ulpiano MORCAVALLO;

udito l'Avvocato MAGRI;

udito l'Avvocato TARANTINO;

udito l'Avvocato PANARITI;

udito l'Avvocato RUGGERINI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Pietro ABBRITTI che ha concluso per l'accoglimento del secondo motivo del ricorso principale e di quello incidentale dell'INAIL, rigetto
del primo motivo del ricorso incidentale della LATTERIA COOP. ed assorbito il secondo motivo.

Fatto

Con ricorso al Pretore del lavoro di Mantova, F. R. chiedeva di accertarsi la responsabilità della Latteria G. soc. coop. r.l. per l'infortunio sul lavoro occorsogli il 14 settembre 1993 e di condannarsi la predetta società cooperativa a risarcirgli i danni conseguenti, al netto delle prestazioni erogategli dall'INAIL. Assumeva che in tale data, essendo dipendente della cooperativa con qualifica di capo-tecnico "casaro", si era recato nel capannone del mangimificio per verificare il corretto funzionamento della macchina sterilizzatrice ed era salito sul bordo della vasca sopraelevata per controllare la temperatura del siero all'uscita della suddetta macchina, allorchè, a causa del cedimento del tubo di uscita su cui aveva appoggiato il piede, era caduto all'interno della vasca piena di siero bollente riportando gravi ustioni al tronco ed agli arti.
Interveniva nel giudizio l'INAIL proponendo l'azione di regresso nei confronti della stessa cooperativa per ottenere il rimborso degli importi versati in favore del lavoratore infortunato.
Costituitasi la convenuta, che resisteva alla pretesa attorea negando ogni responsabilità in ordine alla causazione dell'infortunio, ed integratosi il contraddittorio nei confronti della società di assicurazione YYYY s.p.a., chiamata in garanzia dalla stessa convenuta, il Pretore adito - all'esito di prova per testi - respingeva la domanda osservando che il controllo dell'impianto non rientrava nelle mansioni del F. e che, comunque, questi aveva effettuato la verifica con modalità assolutamente imprevedibili.
La decisione pretorile veniva confermata dal Tribunale di Mantova, che - previa riunione degli appelli autonomamente proposti dal lavoratore e dall'INAIL cui avevano resistito la cooperativa datrice di lavoro e la società di assicurazione xxxx s.p.a. (nella quale si era fusa per incorporazione la YYYY s.p.a.) - rilevava, per quanto ancora interessa in questa sede, che: anche in relazione ai compiti di responsabile della centrale termica, ribaditi in appello dal F. (con deduzione, peraltro, non nuova, come invece eccepito dall'appellata cooperativa), l'infortunio era addebitabile alla condotta anomala del lavoratore, il quale, fra l'altro, contravvenendo alle regole imposte dalla comune prudenza, aveva ritenuto di portarsi al livello di una vasca inaccessibile, posta a m. 4,30 dal suolo e priva di impianti fissi di salita; inoltre, l'addebito relativo alla violazione dell'art. 366 del d.P.R. n. 547 del 1955 per la mancata installazione di un refrigeratore del siero doveva considerarsi nuovo e perciò inammissibile.
Per la cassazione di tale sentenza il F. ricorre deducendo due motivi di impugnazione, illustrati da memoria, mentre l'INAIL impugna a sua volta la medesima decisione proponendo ricorso incidentale con un motivo.
La cooperativa e la compagnia di assicurazione resistono ad entrambi i ricorsi con rispettivi controricorsi: e la sola cooperativa propone anche ricorso incidentale in relazione all'impugnazione principale del lavoratore.

Diritto

1.- I ricorsi devono essere preliminarmente riuniti, ai sensi dell'art. 335 c.p.c., essendo proposti avverso la medesima sentenza.
2.- Sempre in via preliminare, deve essere disattesa l'eccezione di inammissibilità del ricorso principale sollevata dalla cooperativa in relazione alla asserita genericità della procura rilasciata ai difensori. Al riguardo, osserva il Collegio che la procura a ricorrere per cassazione apposta a margine del ricorso, ancorchè con espressioni generiche, ma che tuttavia non escludono univocamente la volontà della parte di proporre ricorso per cassazione, deve ritenersi, nel dubbio, speciale e non generica, in applicazione del principio interpretativo di conservazione dell'atto giuridico, di cui è espressione, in materia processuale, l'art. 159 c.p.c. In particolare, una volontà contraria alla proposizione del ricorso per cassazione non può evincersi dall'inclusione, nella delega ai difensori, di talune facoltà che vengono normalmente riferite al giudizio di merito (transigere, rinunciare agli atti, accettare rinunce ecc.) e che, peraltro, neanche paiono incompatibili con il giudizio di legittimità (chè, per esempio, la stessa accettazione di rinunce ben può essere riferita a ricorsi incidentali eventualmente proposti in relazione al proprio ricorso, così come la nomina di "altri procuratori" può essere riferita alla delega conferita per la discussione orale).
3.- Il primo motivo del ricorso principale denuncia violazione dell'art. 437 c.p.c. nonché omessa o insufficiente motivazione, lamentandosi che il Tribunale abbia ritenuto nuova la deduzione relativa alla violazione della normativa antinfortunistica in conseguenza della mancata installazione del refrigeratore ed abbia omesso di considerare che la medesima deduzione era stata già riportata nell'atto introduttivo del giudizio di primo grado, se pure con riferimento all'inosservanza dell'art. 2087 c.c..
3.1.- Il secondo motivo dello stesso ricorso denuncia omessa o insufficiente motivazione, lamentandosi che i giudici di merito abbiano identificato la causa dell'infortunio nella "condotta anomala del lavoratore-omettendo di valutare il comportamento del F. alla stregua del procedimento lavorativo ordinariamente seguito in azienda ed ai compiti a lui affidati.
3.2.- L'unico motivo del ricorso incidentale dell'INAIL denuncia violazione e falsa applicazione degli art. 437 c.p.c., 2087 c.c. e10-11 del d.P.R. n. 1124 del 1965, in adesione a quanto prospettato dal lavoratore nel ricorso principale.
3.3.- Il primo motivo del ricorso incidentale della cooperativa, proposto in via condizionata, denuncia violazione dell'art. 437 c.p.c., lamentandosi che il Tribunale abbia ritenuto ammissibile in appello la deduzione del F. circa i propri compiti di responsabile della centrale termica omettendo di considerare che tali compiti erano del tutto estranei alla originaria causa petendi, in quanto non allegati nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado e prospettati solo in sede di discussione orale dinanzi al Pretore (tant'è che lo stesso ricorso faceva riferimento alla mancata identificazione del dipendente responsabile della predetta centrale).
3.4.- Il secondo motivo dello stesso ricorso denuncia violazione dell'art. 91 c.p.c., censurandosi la sentenza del Tribunale in ordine alla disposta compensazione delle spese del giudizio di appello.
4.- I due motivi del ricorso principale, da esaminare congiuntamente in quanto logicamente connessi, sono fondati.
Le norme dettate in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, tese ad impedire l'insorgenza di situazioni pericolose, sono dirette a tutelare il lavoratore non solo dagli incidenti derivanti dalla sua disattenzione, ma anche da quelli ascrivibili ad imperizia, negligenza ed imprudenza dello stesso; ne consegue che il datore di lavoro è sempre responsabile dell'infortunio occorso al lavoratore, sia quando ometta di adottare le idonee misure protettive, sia quando non accerti e vigili che di queste misure venga fatto effettivamente uso da parte del dipendente, non potendo attribuirsi alcun effetto esimente, per l'imprenditore che abbia provocato un infortunio sul lavoro per violazione delle relative prescrizioni, l'eventuale concorso di colpa del lavoratore. La condotta del dipendente può comportare, invece, l'esonero totale del datore di lavoro da responsabilità solo quando essa presenti i caratteri dell'abnormità, inopinabilità ed esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute, così da porsi come causa esclusiva dell'evento.
Nella specie, il giudizio del Tribunale riguardo alla ricorrenza di un siffatto comportamento del lavoratore infortunato non pare sorretto da una motivazione adeguata, essendo del tutto omessi sia l'accertamento delle ordinarie modalità di svolgimento delle mansioni del F. e delle direttive impartite dalla cooperativa (in particolare, con riferimento alla verifica della temperatura del siero e al controllo del nuovo impianto di sterilizzazione), sia il raffronto di tali modalità e direttive con le modalità specificamente adottate da quest'ultimo nella circostanza dell'infortunio de quo. Ed è evidente che solo con riferimento a tali indagini può trarsi una giustificata conclusione di anomalia o meno della condotta tenuta dal prestatore, dal momento che la del comportamento va commisurata, in tal caso, esclusivamente alle modalità ordinariamente seguite nel procedimento lavorativo (ivi comprese le verifiche degli impianti di lavorazione) e va quindi intesa in termini di tipicità o meno rispetto a tali modalità. Né pare significativa, ai fini in esame, la circostanza, invece valorizzata dai giudici d'appello, dell'assenza di impianti fissi di salita per accedere alla vasca sopraelevata, alla cui altezza si verificò l'infortunio, poiché non può logicamente escludersi che le ordinarie e modalità di esecuzione della prestazione contemplassero che il F. dovesse ordinariamente raggiungere la predetta vasca servendosi ogni volta di scale non fisse, così come fece in occasione dell'infortunio allorchè impiegò una scala a pioli.
La necessità degli indicati accertamenti, poi, attribuisce potenziale decisività sia alla consistenza del tubo di immissione del siero bollente sia alla mancata installazione del refrigeratore, in violazione della norma antinfortunistica di cui all'art. 366 del d.P.R. n. 547 del 1955, chè l'accertamento di mansioni lavorative espletate anche all'altezza della vasca sopraelevata del mangimificio determinerebbe l'obbligatorietà dell'adozione di mezzi o sistemi tali da impedire un diretto contatto con il siero ad alta temperatura ivi contenuto. Né la circostanza che il F. ebbe ad appoggiare il piede al predetto tubo potrebbe valere ad escludere ex se la responsabilità della cooperativa datrice di lavoro, sotto il profilo della imprevedibilità di tale condotta e della sua esclusiva rilevanza causale nella determinazione dell'evento, non soltanto perché il lavoratore - come risulta dalla sentenza impugnata - ebbe a giustificare il suo operato, relativamente a questa circostanza, con la convinzione che il tubo fosse di acciaio (e anche sul punto manca ogni accertamento, in relazione ad informazioni o direttive fornite dalla cooperativa in previsione della verifica eseguita dal F., nonché in relazione all'asserita sostituzione del tubo subito dopo l'infortunio), ma anche perché un adeguato sistema di raffreddamento del siero avrebbe comunque evitato, o almeno limitato, i danni conseguenti alla caduta, se pure questa fosse da addebitare, nella sua immediatezza, ad un atto esecutivo imprudente (ma non imprevedibile, in caso di dell'accesso alla vasca).
Con riguardo a quest'ultima, decisiva, circostanza, non pare adeguatamente motivato il giudizio del Tribunale, che ha configurato come nuova e dunque inammissibile la relativa deduzione formulata in appello.
Ben vero, si tratta di una valutazione di fatto su cui il controllo di legittimità è limitato alla sua logicità e congruità, ma il ricorrente, da un lato, ha adeguatamente specificato il contenuto della sua censura, che investe, appunto, la omessa motivazione, e, dall'altro, ha riportato puntualmente la parte del ricorso introduttivo in cui è stata dedotta la mancata adozione di dispositivi di raffreddamento, sia pure con riferimento all'art. 2087 c.c. e non all'art. 366 del d.P.R. cit.: la quale deduzione è riportata nella stessa sentenza impugnata (v. pag. 9), che però ha omesso il necessario raffronto fra le due deduzioni. Né il riferimento alla norma antinfortunistica speciale, anziché all'art. 2087 c.c., vale a configurare, come invece deduce la cooperativa resistente, una domanda, poiché la mutatio libelli non può essere integrata dalla mera specificazione della norma, che si assume violata, in relazione ad un fatto costitutivo rimasto inalterato.
5.- Il primo motivo del ricorso incidentale della cooperativa non è fondato.
Il giudizio di ammissibilità operato dal Tribunale, ai sensi dell'art. 437 c.p.c., relativamente alla deduzione del lavoratore circa lo svolgimento di mansioni di responsabile della centrale termica, si fonda sull'esclusione della novità di tale deduzione e presuppone esplicitamente un accertamento di merito quanto alla individuazione della causa petendi dedotta in primo grado, con la conseguenza che non viene a difettare, in tal caso, il predetto raffronto tra la deduzione formulata dinanzi al Pretore e quella formulata in appello. E deve anche osservarsi che - alla stregua di quanto già sopra considerato riguardo ai limiti del controllo di legittimità - le censure della ricorrente si rivelano inammissibili per la parte in cui esse si sostanziano nella mera contrapposizione di una diversa interpretazione delle allegazioni difensive del lavoratore.
Quanto alla mancata considerazione dei riferimenti - contenuti nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado - concernenti la identificazione del dipendente investito della responsabilità della centrale termica, si osserva che il rilievo manca di decisività. Anche l'assenza di una formale qualifica di responsabile, infatti, non poteva escludere che il F. fosse comunque addetto al funzionamento degli impianti termici e che egli, di conseguenza, allegasse le relative mansioni, svolte in via di fatto, come giustificatrici del suo intervento presso l'impianto di sterilizzazione del siero.
6.- Il secondo motivo del ricorso incidentale della cooperativa resta assorbito dall'accoglimento del ricorso principale.
7.- Il ricorso incidentale dell'INAIL è inammissibile.
Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, l'impugnazione incidentale tardiva può essere proposta solo contro la parte che esperendo il gravame principale abbia direttamente o indirettamente (tramite l'integrazione del contraddittorio) provocato il riesame di un capo favorevole della sentenza, salvo il caso che si tratti di cause inscindibili o dipendenti.
Nella specie, la domanda di rivalsa proposta dall'Istituto mediante intervento volontario nel corso del giudizio di primo grado è del tutto autonoma da quella del lavoratore infortunato, né fra le due cause esiste alcun rapporto di dipendenza; ne consegue che il ricorso incidentale avrebbe dovuto essere proposto nel rispetto del termine di cui all'art. 327 c.p.c. (calcolato senza la sospensione feriale, in ragione della natura della controversia), e perciò entro il 17 novembre 2001, mentre invece risulta spedito per la notifica il 6 dicembre 2001.
8.- In conclusione, va accolto il ricorso principale e va rigettato il primo motivo del ricorso incidentale della cooperativa, con assorbimento del secondo motivo; e la sentenza impugnata deve perciò essere cassata, in relazione all'accoglimento del ricorso principale, con rinvio ad altro giudice, designato nella Corte d'appello di Brescia, che procederà ad un nuovo esame della controversia nonché, ai sensi dell'art. 385, terzo comma, c.p.c., al regolamento delle relative spese del giudizio di cassazione.
Va invece dichiarato inammissibile il ricorso incidentale dell'INAIL, che, secondo soccombenza, va condannato al pagamento delle spese del presente giudizio in favore delle controparti Latteria G. e xxxx s.p.a., con liquidazione come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, accoglie il ricorso principale e rigetta il primo motivo del ricorso incidentale della Latteria G., dichiarandone assorbito il secondo motivo: cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'appello di Brescia anche per le spese del giudizio di legittimità. Dichiara inammissibile il ricorso incidentale dell'INAIL e condanna quest'ultimo al pagamento delle spese del giudizio in favore della predetta Latteria e della xxxx s.p.a., liquidate per ciascuna in euro 32,00 per esborsi ed in euro duemila per onorari di avvocato.
Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2003.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 24 MAR. 2004.