La Corte di Appello di Napoli, in accoglimento della impugnazione proposta dall'INAIL, e riformando la sentenza di primo grado, ha condannato la CAP Spa a rimborsare all'INAIL, la somma indicata in dispositivo chiesta dal predetto istituto in via di regresso in relazione a quanto erogato agli eredi di S. D., dipendente della predetta società, deceduto a seguito d'infortunio sul lavoro verificatosi mentre era intento ad operazioni di manutenzione di una autobetoniera.

La predetta società ricorre in Cassazione - Rigetto

La Corte afferma che "costituisce massima consolidata, nella giurisprudenza di questa Corte, l'affermazione secondo la quale le norme dettate in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, tese ad impedire l'insorgenza di situazioni pericolose, sono dirette a tutelare il lavoratore non solo dagli incidenti derivanti dalla sua disattenzione, ma anche da quelli ascrivibili ad imperizia, negligenza ed imprudenza dello stesso, con la conseguenza che il datore di lavoro è sempre responsabile dell'infortunio occorso al lavoratore, sia quando ometta di adottare le idonee misure protettive, sia quando non accerti e vigili che di queste misure venga fatto effettivamente uso da parte del dipendente, non potendo attribuirsi alcun effetto esimente, per l'imprenditore, all'eventuale concorso di colpa del lavoratore, la cui condotta può comportare, invece, l'esonero totale del medesimo imprenditore da ogni responsabilità solo quando presenti i caratteri dell'abnormità, inopinabilità ed esorbitanza, necessariamente riferiti al procedimento lavorativo "tipico" ed alle direttive ricevute, così da porsi come causa esclusiva dell'evento".
"I giudici di appello a tale principio si sono correttamente attenuti".


 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCIARELLI Guglielmo - Presidente

Dott. D'AGOSTINO Giancarlo - Consigliere

Dott. NAPOLETANO Giuseppe - rel. Consigliere

Dott. CURZIO Pietro - Consigliere

Dott. MELIADO' Giuseppe - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza


sul ricorso 3809/2006 proposto da:

C.A.P. S.R.L. (già C.A.P. S.P.A.), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE MAZZINI 55, presso lo studio dell'avvocato COLETTA SALVATORE, rappresentato e difeso dall'avvocato CASTIELLO Antonio, giusta mandato in calce al ricorso;

- ricorrente -

contro

I.N.A.I.L - ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo studio dell'avvocato TARANTINO Cristofaro, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato ROSSI ANDREA, giusta mandato in calce al controricorso;

- controricorrente -

e contro

FONDIARIA S.P.A.;

- intimata -

avverso la sentenza n. 2167/2005 della CORTE D'APPELLO di NAPOLI, depositata il 08/06/2005 R.G.N. 5190/01;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 02/07/2009 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE NAPOLETANO;

lette le conclusioni scritte dal Sostituto Procuratore Generale Dott. IGNAZIO PATRONE, che ha concluso chiedendo alla Corte di pronunciare sentenza in Camera di consiglio ai sensi dell'art. 375 c.p.c., comma 2, per manifesta infondatezza del ricorso.


FattoDiritto



Considerato che la Corte di Appello di Napoli, in accoglimento della impugnazione proposta dall'INAIL, e riformando la sentenza di primo grado, ha condannato la CAP Spa a rimborsare all'INAIL, la somma indicata in dispositivo chiesta dal predetto istituto in via di regresso in relazione a quanto erogato agli eredi di S. D., dipendente della predetta società, deceduto a seguito d'infortunio sul lavoro verificatosi mentre era intento ad operazioni di manutenzione di una autobetoniera;

Che avverso tale sentenza la società CAP ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi di censura;

Che l'INAIL ha resistito con controricorso, mentre la società Fondiaria non ha svolto attività difensiva;

Che il Procuratore Generale ha concluso, ex art. 375 c.p.c., comma 2, per la manifesta infondatezza del ricorso;

Ritenuto in diritto che con i due motivi del ricorso la società denuncia, rispettivamente, erronea interpretazione dell'art. 41 c.p., L. n. 1124 del 1965, art. 10, art. 2697 c.c. e art. 116 c.p.c., nonchè motivazione insufficiente e contraddittoria;

Che, per quanto riguarda la pretesa violazione della L. n. 1124 del 1965, art. 10, sotto il profilo della affermata assenza di responsabilità del preposto, la Corte territoriale con valutazione merito, non specificamente censurata ha accertato che non risulta dimostrato che l' U. fosse capocantiere investito di responsabilità specifiche e che vi fosse una particolare responsabilità del legale rappresentante della società;

Che costituisce massima consolidata, nella giurisprudenza di questa Corte, l'affermazione secondo la quale le norme dettate in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, tese ad impedire l'insorgenza di situazioni pericolose, sono dirette a tutelare il lavoratore non solo dagli incidenti derivanti dalla sua disattenzione, ma anche da quelli ascrivibili ad imperizia, negligenza ed imprudenza dello stesso, con la conseguenza che il datore di lavoro è sempre responsabile dell'infortunio occorso al lavoratore, sia quando ometta di adottare le idonee misure protettive, sia quando non accerti e vigili che di queste misure venga fatto effettivamente uso da parte del dipendente, non potendo attribuirsi alcun effetto esimente, per l'imprenditore, all'eventuale concorso di colpa del lavoratore, la cui condotta può comportare, invece, l'esonero totale del medesimo imprenditore da ogni responsabilità solo quando presenti i caratteri dell'abnormità, inopinabilità ed esorbitanza, necessariamente riferiti al procedimento lavorativo "tipico" ed alle direttive ricevute, così da porsi come causa esclusiva dell'evento (V. per tutte Cass. 19559/06);

Che i giudici di appello a tale principio si sono correttamente attenuti;

Che i residui profili delle censure del ricorrente, i quali si concretano nella critica alla valutazione operata dal giudice del merito delle emergenze istruttorie, si esauriscono nella mera prospettazione di una diversa ricostruzione dei fatti, come tale inammissibile nel giudizio di legittimità;

Che questa Corte ha sancito che in tema di valutazione delle risultanze probatorie in base al principio del libero convincimento del giudice, la violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., è apprezzabile, in sede di ricorso per cassazione, nei limiti del vizio di motivazione di cui all'art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 5), e deve emergere direttamente dalla lettura della sentenza, non già dal riesame degli atti di causa, inammissibile in sede di legittimità (Cfr. Cass. 14267/06);

Che la sentenza è coerentemente ed adeguatamente motivata;

Che pertanto il ricorso è manifestamente infondato e come tale va rigettato;

Che le spese del giudizio di legittimità avuto riguardo alla parte intimata costituita seguono la soccombenza;

Che nulla per le predette spese deve disporsi riguardo alla società Fondiaria non avendo la stessa svolto attività difensiva.

P.Q.M.


La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di legittimità in favore dell'INAIL liquidate in Euro 20,00, oltre Euro 3000,00 per onorario, oltre spese generali, IVA e CPA. Nulla per le spese del giudizio di legittimità nei riguardi della parte intimata non costituita.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 2 luglio 2009.

Depositato in Cancelleria il 5 ottobre 2009