• Datore di Lavoro

  • Lavoratore

  • Macchina ed Attrezzatura di Lavoro

 

Responsabilità del legale rappresentante di una snc perchè, presso la sua azienda dedita alla produzione di utensili per auto, consentiva che l'operaia S.R. lavorasse presso una macchina foratrice priva di adeguate protezioni, sicchè quest'ultima, nel cercare di recuperare un pezzo da lavorare caduto, si procurava lesioni alla mano destra che veniva in contatto con i meccanismi rotanti dell'utensile.
Condannato in primo e secondo grado, ricorre in Cassazione - La Corte annulla senza rinvio per intervenuta prescrizione.
"In ordine alla affermazione della penale responsabilità dell'imputato, la Corte distrettuale ha osservato che essa emergeva:
- dalla circostanza che oggettivamente la macchina utilizzata dall'operaia infortunata era priva di protezioni nella parte sottostante alla piastra e, quindi, consentiva agli arti di venire in contatto con i meccanismi in movimento dell'utensile;
- che la presenza di un pulsante di sicurezza non era un adeguato presidio idoneo a prevenire infortuni;
- la condotta dell'operaia che aveva messo la mano sotto la piastra per recuperare un pezzo caduto, non poteva ritenersi una condotta del tutto anomala, tale da recidere il nesso causale tra la condotta omissiva del G. e l'evento;
- del fatto doveva rispondere l'imputato, quale legale rappresentante dell'azienda, in quanto si trattava di un difetto strutturale di una macchina presente in azienda.
La difesa dell'imputato ha replicato che la presenza sulla perforatrice di un pulsante di blocco era un idoneo presidio antinfortunistico ai sensi del
D.P.R. n. 547 del 1955, art. 68 (il quale dispone che "Gli organi lavoratori delle macchine e le relative zone di operazione, quando possono costituire un pericolo per i lavoratori, devono, per quanto possibile, essere protetti o segregati oppure provvisti di dispositivo di sicurezza"); esso ben poteva essere azionato dall'operaia prima di ricercare il pezzo caduto.
Le osservazioni difensive non possono essere condivise.
Invero i presidi antinfortunistici devono garantire, in un'ottica preventiva ed ostativa, la sicurezza del lavoratore anche a fronte di suoi comportamenti negligenti ovvero disattenti in ragione della routine del lavoro. Questa Corte ha più volte ribadito che in materia di infortuni sul lavoro, la condotta colposa del lavoratore infortunato non assurge a causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l'evento quando sia comunque riconducibile all'area di rischio propria della lavorazione svolta: in tal senso il datore di lavoro è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del lavoratore, e le sue conseguenze, presentino i caratteri dell'eccezionalità, dell'abnormità, dell'esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive di organizzazione ricevute (ex plurimis, Cass. 4, n. 21587/07, ric. Pelosi, rv. 236721).
Nel caso di specie, come correttamente segnalato nella sentenza di merito, la S. ha patito l'infortunio mentre svolgeva la sua ordinaria attività di lavoro presso la macchina che gli ha procurato l'infortunio e che era priva di idoneo dispositivo di protezione.
Pertanto la circostanza che persona offesa, presa dalla routine del lavoro e da un eccesso di sicurezza, abbia avvicinato imprudentemente la mano sotto il piano di lavoro alla ricerca di un pezzo caduto, non costituisce comportamento abnorme idoneo ad interrompere il nesso causale tra la condotta omissiva del datore di lavoro e l'evento, condotta connotata da colpa, tenuto conto che la cautela omessa era proprio preordinata ad evitare il rischio specifico (lesione all'arto) che poi concretamente si è materializzato nell'infortunio in danno della S.."

"Alla luce di tutto quanto detto, il ricorso si palesa infondato."


 



REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MARZANO Francesco - Presidente
Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe - Consigliere
Dott. FOTI Giacomo - Consigliere
Dott. IZZO Fausto - rel. Consigliere
Dott. MARINELLI Felicetta - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sentenza


sul ricorso proposto da:
1) G.B.P. N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 125/2008 CORTE APPELLO di MILANO, del 15/05/2008;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/10/2009 la relazione fatta dal Consigliere Dott. IZZO FAUSTO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. LO VOI Francesco, che ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso;
Udito il difensore dell'imputato, il quale conclude per l'accoglimento del ricorso ed, in subordine per l'annullamento senza rinvio per intervenuta prescrizione.


FattoDiritto


1. Con sentenza del 21/5/2007 il Tribunale di Milano, condannava G.B.P., in qualità di legale rapp.te della s.n.c. D., per il delitto di cui all'art. 590 c.p., in quanto presso la sua azienda dedita alla produzione di utensili per auto, consentiva che l'operaia S.R. lavorasse presso una macchina foratrice priva di adeguate protezioni, sicchè, nel cercare di recuperare un pezzo da lavorare caduto, si procurava lesioni alla mano destra che veniva in contatto con i meccanismi rotanti dell'utensile (fatto acc. in (OMISSIS)).
Il giudice irrogava all'imputato, la pena di Euro 200,00 di multa, con le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti; pena condonata.
Con sentenza del 15/5/2008 la Corte di Appello di Milano, confermava la pronuncia di condanna.

2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell'imputato deducendo:

2.1. La violazione di legge per inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità ed in particolare degli artt. 522 e 521 c.p..
Infatti nel capo di imputazione era stato fatto carico al G. di non aver provveduto ad ingabbiare le punte della macchina perforatrice, mentre invece nel corso dell'istruttoria era emerso che la lesione era stata provocata dai meccanismi siti sotto la piastra di lavorazione e che al momento dell'accesso il funzionario dell'ASL non aveva rilevato.
Tale circostanza, emersa in dibattimento, rendeva il fatto diverso anche da punto di vista del determinismo causale dell'incidente, ed avrebbe reso necessaria la modifica del capo di imputazione per garantire il diritto di difesa.


2.2. La violazione della legge processuale per l'omesso notifica della citazione alla persona offesa in primo grado.
Sussisteva interesse alla presenza della persona offesa, onde consentirle di costituirsi parte civile ed evitare un eventuale doppio processo, penale e civile.

2.3. La violazione di legge per inosservanza o erronea applicazione del D.P.R. n. 547 del 1955, art. 68, e dell'art. 590 c.p.. Invero il D.P.R. n. 547 del 1955, art. 68 prevede come alternativa alla segregazione degli organi lavoratori delle macchine utensili, anche la presenza di dispositivi di sicurezza.
Nel caso di specie sulla perforatrice era presente un pulsante idoneo ad interrompere il movimento; tale dispositivo ben poteva essere azionato dalla lavoratrice prima di cercare di recuperare il pezzo caduto.

2.4. La manifesta illogicità della motivazione, laddove la Corte nel definire pericolosa la macchina non aveva rilevato che il funzionario dell'ASL aveva disposto la ingabbiatura solo della parte superiore e non
anche di quella sottostante ove si era verificato l'incidente.

2.5. La mancanza o contraddittoria motivazione in relazione alla contestata colpa generica dell'imputato.
Invero la sentenza di condanna aveva motivato solo sulla violazione del cit. art. 68 e non aveva preso in considerazione che nell'azienda erano in generale rispettate le norme di sicurezza, tanto che alla
lavoratrice erano stati forniti guanti e scarpe di protezione, con l'invito al loro utilizzo.
Con memoria depositata il 17/7/2009 il difensore dell'imputato approfondiva alcuni aspetti dei motivi di ricorso già proposti.

3. La sentenza deve essere annullata senza rinvio per sopravvenuta prescrizione del reato.

3.1. In ordine al primo motivo di doglianza, relativo alla pretesa violazione del principio di correlazione, questa Corte di legittimità ha avuto modo di statuire che, sebbene l'imputato non possa essere giudicato e condannato per fatti relativamente ai quali non sia stato in condizioni di difendersi, resta "fermo che la contestazione del fatto non deve essere ricercata soltanto nel capo di imputazione ma deve essere vista con riferimento ad ogni altra integrazione dell'addebito che venga fatta nel corso del giudizio e sulla quale l'imputato sia stato posto in grado di opporre le proprie deduzioni" (Cass. 6^, 21094/04, Farad; conf., cass. v, 46203/04, Mauro).
Nel caso di specie, poichè la diversa dinamica del sinistro (lesioni patite sotto la piastra rotante, non sopra di essa sul piano di lavoro) è stata acclarata in dibattimento, nel corso della escussione del tecnico dell'ASL O.L., pertanto all'imputato sono state offerte tutte le possibilità di difesa concretamente offerte dal reale sviluppo della dialettica processuale.
Ne consegue che il motivo di censura è infondato.


3.2. Infondata è anche la doglianza relativa alla omessa citazione della persona offesa per il dibattimento.
Invero, va escluso che l'imputato possa eccepire la nullità derivante dalla relativa omissione, poichè detta citazione ha il solo scopo di consentire al destinatario l'eventuale costituzione di parte civile, e l'imputato manca dunque di interesse all'osservanza della disposizione violata (cfr. Cass. 6^, 12196/05, Delle Monache).
Peraltro, nel caso de quo, la persona offesa è intervenuta in dibattimento dichiarando di non avere interesse alla costituzione di parte civile; inoltre l'imputato non ha indicato alcun concreto interesse alla citazione, tale non potendo intendersi la "comodità" di celebrare un unico processo anche in relazione alle pretese civili, che comunque non risultano (nè è stato allegato) essere state avanzate nella propria sede.

3.3. In ordine alla affermazione della penale responsabilità dell'imputato, la Corte distrettuale ha osservato che essa emergeva:
- dalla circostanza che oggettivamente la macchina utilizzata dall'operaia infortunata era priva di protezioni nella parte sottostante alla piastra e, quindi, consentiva agli arti di venire in contatto con i meccanismi in movimento dell'utensile;
- che la presenza di un pulsante di sicurezza non era un adeguato presidio idoneo a prevenire infortuni;
- la condotta dell'operaia che aveva messo la mano sotto la piastra per recuperare un pezzo caduto, non poteva ritenersi una condotta del tutto anomala, tale da recidere il nesso causale tra la condotta omissiva del G. e l'evento;
- del fatto doveva rispondere l'imputato, quale legale rappresentante dell'azienda, in quanto si trattava di un difetto strutturale di una macchina presente in azienda.
La difesa dell'imputato ha replicato che la presenza sulla perforatrice di un pulsante di blocco era un idoneo presidio antinfortunistico ai sensi del D.P.R. n. 547 del 1955, art. 68 (il quale dispone che "Gli organi lavoratori delle macchine e le relative zone di operazione, quando possono costituire un pericolo per i lavoratori, devono, per quanto possibile, essere protetti o segregati oppure provvisti di dispositivo di sicurezza"); esso ben poteva essere azionato dall'operaia prima di ricercare il pezzo caduto.
Le osservazioni difensive non possono essere condivise.
Invero i presidi antinfortunistici devono garantire, in un'ottica preventiva ed ostativa, la sicurezza del lavoratore anche a fronte di suoi comportamenti negligenti ovvero disattenti in ragione della routine del lavoro.
Questa Corte ha più volte ribadito che in materia di infortuni sul lavoro, la condotta colposa del lavoratore infortunato non assurge a causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l'evento quando sia comunque riconducibile all'area di rischio propria della lavorazione svolta: in tal senso il datore di lavoro è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del lavoratore, e le sue conseguenze, presentino i caratteri dell'eccezionalità, dell'abnormità, dell'esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive di organizzazione ricevute (ex plurimis, Cass. 4, n. 21587/07, ric. Pelosi, rv. 236721).
Nel caso di specie, come correttamente segnalato nella sentenza di merito, la S. ha patito l'infortunio mentre svolgeva la sua ordinaria attività di lavoro presso la macchina che gli ha procurato l'infortunio e che era priva di idoneo dispositivo di protezione.
Pertanto la circostanza che persona offesa, presa dalla routine del lavoro e da un eccesso di sicurezza, abbia avvicinato imprudentemente la mano sotto il piano di lavoro alla ricerca di un pezzo caduto, non costituisce comportamento abnorme idoneo ad interrompere il nesso causale tra la condotta omissiva del datore di lavoro e l'evento, condotta connotata da colpa, tenuto conto che la cautela omessa era proprio preordinata ad evitare il rischio specifico (lesione all'arto) che poi concretamente si è materializzato nell'infortunio in danno della S..
Per quanto detto, come osservato dal giudice di merito, la presenza di un mero pulsante di blocco non era presidio idoneo a garantire la sicurezza dell'operatore, mentre lo sarebbe stato una effettiva segregazione degli organi in movimento della perforatrice. Ed è proprio l'assenza di tale tipo di protezione che ha reso possibile l'incidente.
Irrilevante è che sul punto il tecnico dell'ASL non abbia disposto alcuna prescrizione, tenuto conto che tale tecnico, come già detto, non immediatamente ha compreso le concrete modalità dell'incidente.

3.4. La rilevata condotta omissiva, in legame eziologico con l'evento, deve porsi a carico del G..
Questi, infatti, quale legale rapp.te della società alle cui dipendenze lavorava la S., non avrebbe dovuto consentire che gli operai utilizzassero macchinari privi, in modo strutturale, di adeguati presidi antinfortunistici.
L'imputato, nella sua qualità titolare della posizione di garanzia, ha pertanto posto in essere la condotta omissiva, causa dell'evento e che, invece, l'alternativo comportamento lecito (segregazione dei meccanismi in movimento) avrebbe evitato.
Irrilevante è, come osservato dalla difesa, che in azienda fossero in generale rispettate le norme di sicurezza e che i lavoratori fossero forniti di presidi individuali quali guanti e scarpe.
Infatti ciò giustifica la concessione delle attenuanti generiche e la irrogazione della sola pena pecuniaria, ma non depotenzia l'efficacia causale del comportamento omissivo che ha determinato l'evento.

3.5. Alla luce di tutto quanto detto, il ricorso si palesa infondato.
L'assenza di cause di inammissibilità consente però di rilevare la intervenuta prescrizione del reato che, in assenza di cause di sospensione, si è maturata alla data del 8/11/2008 (fatto del (OMISSIS); termine comprensivo di interruzione, anni sette e mesi sei).
La sentenza va quindi annullata senza rinvio, perchè estinto il delitto per intervenuta prescrizione.

P.Q.M.


La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè estinto il reato per prescrizione.
Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2009.
Depositato in Cancelleria il 2 febbraio 2010