REPUBBLICA ITALIANA
 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
TRIBUNALE DI BENEVENTO
 
SEZIONE CIVILE
 
Il Tribunale di Benevento, sezione civile, nella persona del Giudice dr. Ennio RICCI, in funzione di Giudice Unico, ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
nella causa civile iscritta al n. 793 R.G.A.C. dell'anno 2007, riservata in decisione all'udienza dell'8.10.2009, e vertente TRA VE.Al., in proprio e quale madre esercente la potestà sui figli minori CE.An. e CE.Co., rappresentata e difesa dall'avv. Fr.Le., come da procura a margine dell'atto di citazione, elettivamente domiciliata presso lo studio del medesimo difensore in Benevento.
ATTRICE

E ED.ZA. S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Nu.Ri., come da procura a margine della comparsa di costituzione e risposta, elettivamente domiciliata presso lo studio dell'avv. Ro.Fe. in San Giorgio del Sannio.
CONVENUTA

E ED.SA. S.n.c. di Za.Vi. e germani, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Gi.Fe., come da procura a margine della comparsa di costituzione depositata l'8.10.09, elettivamente domiciliata presso lo studio del medesimo difensore in San Giorgio del Sannio.
CONVENUTA

E ZA.An., rappresentato e difeso dall'avv. Ro.Fe., come da procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta, elettivamente domiciliato presso lo studio del medesimo difensore in San Giorgio del Sannio.
CONVENUTO

E ZA.Vi., rappresentato e difeso dall'avv. Ag.Gu., come da procura a margine della comparsa di costituzione e risposta, elettivamente domiciliato presso lo studio del medesimo difensore in Benevento.
CONVENUTO

OGGETTO: Risarcimento danni.
 
CONCLUSIONI: Le parti hanno concluso come da verbale dell'udienza dell'8.10.2009 da intendersi qui
integralmente trascritto.


Fatto

Con atto di citazione notificato il 28.2.07 Al.Ve., in proprio e quale madre esercente la potestà sui figli minori An.Ce. e Co.Ce., conveniva in giudizio la Ed.Za. S.r.l., la Ed.Sa. S.n.c. di Za.Vi. e germani, An.Za. e Vi.Za. esponendo quanto segue: Gi.Ce., marito dell'attrice e padre dei suoi due figli, in data 15.5.05 era stato assunto con la qualifica di operaio dalla Ed.Za. S.r.l., il cui amministratore unico era Vi.Za.; tale società esercitava l'attività commerciale di vendita di prodotti per l'edilizia ed il Ce. svolgeva di fatto le mansioni di operaio addetto alla movimentazione manuale e meccanizzata dei materiali per l'edilizia, sia all'interno dello stabilimento sia nel piazzale esterno, oltre a provvedere alle consegne a domicilio presso i clienti, coadiuvando l'autista degli autocarri aziendali; l'attività era svolta in un opificio commerciale di notevoli dimensioni, concesso in locazione dalla proprietaria Ed.Sa. S.n.c. di Za.Vi. e germani, di cui era amministratore An.Za.;
nel pomeriggio del giorno 4.11.05 al Ce. era stato ordinato da An.Za. di salire su una cesta metallica attaccata al braccio di una gru, portata da un autocarro di proprietà della Ed.Za. S.r.l., allo scopo di accedere alla copertura del capannone, posta ad oltre dieci metri dal suolo, per ivi procedere alla riparazione di un pannello di eternit e vetroresina, da cui si infiltravano acque piovane; appena scaricato dalla gru l'operaio con le sue attrezzature, il pannello si era spaccato, e l'operaio era precipitato al suolo sul pavimento del capannone, morendo all'istante; all'esito delle indagini espletate, il P.M. aveva chiesto il rinvio a giudizio di An.Za. per il delitto di omicidio colposo, e chiesto l'archiviazione per la stessa ipotesi di reato nei confronti di Vi.Za., avendo ritenuto che solo il primo aveva impartito l'ordine di eseguire una pericolosissima riparazione ad un tetto senza dotare il lavoratore degli indispensabili strumenti di sicurezza; all'udienza preliminare del 21.2.07, a seguito di richiesta dell'imputato, il GUP aveva applicato ad An.Za., ex art. 444 CPP, la pena di un anno di reclusione, condannandolo al pagamento delle spese processuali in favore dell'attrice, in proprio e nella qualità, costituitasi parte civile; non risultava emessa alcuna statuizione in ordine alla richiesta di archiviazione avanzata per Vi.Za.
Al.Ve., in proprio e nella qualità, chiedeva che fosse accertata la responsabilità dei convenuti (An.Za. per aver impartito l'ordine all'operaio, la Ed.Za. S.r.l. quale datrice di lavoro di Gi.Ce., che ne aveva consentito un impiego extra aziendale, Vi.Za. quale amministratore di detta società e responsabile della prevenzione e protezione ex D.Lgs. n. 626/94, la Ed.Sa. S.n.c. quale proprietaria della struttura all'origine del sinistro) in solido o ciascuno per quanto di ragione, nella causazione della morte di Gi.Ce., e che per l'effetto i medesimi convenuti fossero condannati, in solido o ciascuno per quanto di ragione, al risarcimento di tutti i danni patrimoniali e non subiti, sia jure haereditario che jure proprio, quantificati in Euro 1.000.000,00, oltre interessi e rivalutazione, ovvero da determinare nella diversa misura ritenuta di giustizia, vinte le spese di lite.
Instauratosi il contraddittorio, la Ed.Za. S.r.l. contestava la fondatezza di quanto dedotto da controparte;
sosteneva in particolare che l'infortunio si era verificato al di fuori del rapporto di lavoro e delle incombenze demandate al dipendente; deduceva che l'incidente era da addebitarsi a colpa del Ce., in alcun modo incaricato di salire sulla tettoria dell'edificio; affermava che la società aveva rispettato tutte le norme in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro; contestava la sussistenza di un pregiudizio jure haereditatis; sosteneva che l'attrice percepiva un assegno INAIL superiore alla retribuzione del lavoratore defunto; chiedeva dunque il rigetto delle domande avanzate nei suoi confronti, con vittoria delle spese di lite.
La Ed.Sa. S.n.c. di Za.Vi. e germani deduceva di non essere in alcun modo responsabile del sinistro,
essendo solo proprietaria e locatrice dell'immobile ove esso si era verificato; sosteneva che in virtù del contratto stipulato tutte le riparazioni occorrenti all'immobile erano a carico della Ed.Za. S.r.l.; chiedeva dunque il rigetto dell'avversa domanda con vittoria delle spese di lite.
An.Za. lamentava la genericità delle affermazioni dell'attrice e la mancata allegazione del nesso di causalità tra la morte del congiunto e la condotta dei convenuti; contestava l'esistenza di danni jure haereditatis, e deduceva che l'attrice percepiva un assegno INAIL pari alla retribuzione dell'operaio deceduto; concludeva pertanto per il rigetto dell'avversa domanda, con vittoria delle spese di lite.
Vi.Za. negava di avere responsabilità nell'evento; affermava di aver predisposto il documento di
valutazione dei rischi osservando le relative prescrizioni e dotando i dipendenti degli strumenti ed attrezzi necessari alla protezione individuale durante il lavoro; evidenziava che la morte del Ce. non aveva alcuna connessione con l'attività lavorativa dallo stesso espletata, e che comunque l'evento era ascrivibile a colpa del defunto, mai incaricato di salire sulla tettoia;
contestava l'entità della pretesa risarcitoria avanzata; chiedeva quindi il rigetto dell'avversa domanda con vittoria delle spese di lite.
All'esito dell'istruttoria ammessa, la causa era riservata in decisione sulle conclusioni precisate in epigrafe all'udienza dell'8.10.2009.


Diritto

1. Questioni preliminari.

Va ricordato che il giudice ha il potere - dovere di qualificare giuridicamente l'azione, e di attribuire al
rapporto dedotto in giudizio un nomen juris diverso da quello indicato dalle parti, purché non sostituisca la domanda proposta con una diversa, modificandone i fatti costitutivi o fondandosi su una realtà fattuale non dedotta o allegata in giudizio dalle parti.
La parte può dunque anche non indicare, ovvero indicare erroneamente la ragione giuridica che legittima la domanda (cfr. da ultimo Cass. 28986/08).
Nel caso di specie Al.Ve., in proprio e nella qualità di madre esercente la potestà sui figli minori An. e
Co.Ce., ha fatto valere nei confronti dei convenuti (in solido o per quanto di ragione) pretese risarcitorie in relazione al decesso di Gi.Ce., marito dell'attrice e padre dei suoi figli, avvenuto il 4.11.05 mentre era al lavoro.
Tali pretese - che esulano dalla responsabilità contrattuale del datore di lavoro nei confronti del dante causa dei danneggiati, ma vedono i congiunti della vittima come soggetti che dalla morte del loro caro hanno subito un danno, e quindi come portatori di un autonomo diritto al risarcimento (cfr. Cass. 20355/05) - hanno fondamento nell'allegazione di condotte attive ed omissive dei convenuti ritenute concause dell'evento lesivo.
Giova ricordare che in tema di responsabilità civile, qualora l'evento dannoso si ricolleghi a più azioni o omissioni, il problema del concorso delle cause trova soluzione nell'art. 41 CP - norma di carattere
generale, applicabile nei giudizi civili di responsabilità, - in virtù del quale il concorso di cause preesistenti, simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall'omissione colpevole, non esclude il rapporto di causalità (e la conseguente responsabilità solidale ex art. 2055 CC) tra dette cause e l'evento, essendo quest'ultimo riconducibile a tutte, tranne che si accerti la esclusiva efficienza causale di una di esse (cfr. Cass. 11903/08).
Per i fatti oggetto di lite è stato promosso procedimento penale nei confronti di An.Za., imputato del reato di cui all'art. 589 cpv. CP ai danni di Gi.Ce., mentre per Vi.Za. il P.M., in relazione alla stessa imputazione, ha avanzato istanza di archiviazione.
Il nuovo codice di procedura penale varato nel 1988 non contempla più il principio della prevalenza della giurisdizione penale su quella civile, non essendo stata riprodotta la disposizione del previgente codice in virtù della quale, qualora fosse stata avviata l'azione penale e la cognizione del reato influisse sulla decisione della controversia civile, il giudizio civile rimaneva sospeso, salvo che la legge disponesse diversamente, fino a quando non fosse stata pronunziata la sentenza di proscioglimento istruttoria non più soggetta ad impugnazione, ovvero la sentenza irrevocabile all'esito del giudizio.
Attualmente vige invece il principio della completa autonomia e separazione tra giudizio civile e penale, nel senso che, tranne alcune ipotesi previste dall'art. 75 comma 3 CPP, il processo civile deve proseguire senza essere influenzato da quello penale (cfr. Cass. 10399/01).
Il procedimento penale a carico di An.Za. si è concluso con sentenza di applicazione della pena ex art. 444 CPP, non equiparabile alla sentenza di condanna ai sensi dell'art. 651 CPP, ma che comunque può essere presa in considerazione, unitamente ad altri elementi, ai fini della decisione (cfr. Cass. 10847/07).
In particolare, in forza del principio della unità della giurisdizione, il giudice civile può utilizzare come fonte anche esclusiva del proprio convincimento gli elementi di fatto acquisiti in sede penale, risultanti dagli atti di quel processo (cfr. Cass. 5009/09).
 
2. Ricostruzione delle modalità del sinistro.
In punto di fatto è certo che Gi.Ce. era dipendente, con mansioni di operaio, della Ed.Za. S.r.l., di cui all'epoca dei fatti per cui è causa era amministratore Vi.Za., unitamente ad An.Za. (cfr. organigramma aziendale e visura C.C.I.A.A. prodotti agli atti).
E' altresì incontroverso che la Ed.Za. S.r.l. svolgeva la sua attività in un opificio concesso in locazione dalla proprietaria Ed.Sa. S.n.c. di Za.Vi. e germani, di cui era all'epoca amministratore unico An.Za. (cfr. contratto di locazione e visura C.C.I.A.A. prodotti in atti).
Dagli atti del procedimento penale acquisiti in giudizio emerge che il giorno 4.11.05 Gi.Ce., a seguito di disposizione in tal senso impartita da An.Za., fu fatto salire su una cesta metallica attaccata al braccio di una gru, portata da un autocarro di proprietà della Ed.Za. S.r.l., per procedere alla riparazione di un pannello di eternit e vetroresina del tetto del capannone, da cui provenivano infiltrazioni di acqua piovana (cfr. in particolare dichiarazioni rese alla P.G. da Pe.An. in data 5.11.05 e 2.5.06, nonché verbale di spontanee dichiarazioni rese da Za.An. il 4.11.05).
A seguito della rottura del pannello di vetroresina, il Ce. è precipitato al suolo nel capannone da un'altezza di circa 10 m., decedendo sul colpo per le gravi lesioni riportate (cfr. verbale di accertamenti urgenti dei Carabinieri di San Giorgio del Sannio in data 4.11.05 ed informativa in data 6.11.06 di Pugliese Luigi, UPG del Servizio di Prevenzione e Sicurezza degli ambienti di lavoro della ASL BN 1).
Tali risultanze non sono smentite da acquisizioni di segno diverso, e sono anzi sostanzialmente confermate dalle dichiarazioni rese nel presente giudizio dai testi Pu.Lu.An. e Pe.An.
Non è credibile la tesi secondo cui al Ce. sarebbe stato dato l'incarico solo di ispezionare il tetto, senza eseguire interventi manutentivi.
L'assunto contrasta innanzitutto con il dato obiettivo della rilevata presenza sulla sommità del capannone, a circa 50 - 60 cm. dal foro ove è precipitato il Ce., di un "rotolo di asfalto a freddo con annessa cazzuola" (cfr. verbale di accertamenti urgenti dei Carabinieri di San Giorgio del Sannio in data 4.11.05 con relativa documentazione fotografica, nonché dichiarazioni del teste Pu.).
Inoltre, se effettivamente l'operaio avesse dovuto esclusivamente ispezionare dall'alto il tetto - operazione di breve durata che non avrebbe richiesto di scendere dalla cesta metallica della gru - è poco plausibile che Pe.An., dipendente della Ed.Za. S.r.l. e manovratore della gru, si allontanasse in attesa di essere richiamato.
Quanto riferito dal teste Ci., titolare della impresa che "alla fine di settembre inizio ottobre 2005" avrebbe effettuato la riparazione della copertura del capannone per evitare infiltrazioni di acqua, non esclude di per sé, prescindendo da ogni altra considerazione, che successivamente si fosse reso necessario un ulteriore, e forse più limitato, intervento di ripristino, avendo Za.An. dichiarato alla P.G. in data 4.11.05 di aver constatato "qualche giorno addietro, durante un temporale... che dal soffitto del capannone adibito a deposito materiale precipitava dell'acqua".
 
3. La responsabilità dei convenuti.
Alla luce di quanto esposto in ordine alla dinamica dell'evento lesivo non può dubitarsi che la condotta
colposa di An.Za.- consistente nell'aver impartito a Gi.Ce. l'ordine di salire sulla copertura del capannone di proprietà della Edi.Sa. S.n.c. al fine di effettuare un intervento, non rientrante nelle incombenze lavorative del Ce., senza l'adozione delle cautele del caso, nonostante la pericolosità dell'incombente, sia per l'altezza che per le caratteristiche strutturali della copertura - è da porsi in relazione causale con il sinistro.
Di quest'ultimo deve altresì rispondere anche la Ed.Sa. S.n.c. non tanto ai sensi dell'art. 2049 CC - che comunque, come chiarito dalla Suprema Corte, non presuppone l'esistenza di un rapporto di subordinazione tra persona fisica responsabile del danno ed ente, ma solo l'inserimento dell'autore dell'illecito nell'organizzazione aziendale, per conto della quale agisca (cfr. Cass. 21685/05) - bensì ai sensi degli artt. 2051 e 2053 CC, non essendo stata fornita la prova liberatoria da tali disposizioni richiesta.
La morte del Ce. è infatti conseguenza del cedimento di una parte strutturale dell'edificio; la circostanza che l'immobile fosse concesso il locazione alla Ed.Za. S.r.l. non esonera il proprietario dal dovere di vigilanza in ordine alla sua sicurezza, salva eventuale azione di regresso nei confronti del conduttore (cfr. Cass. 4155/89; Cass. 16231/05; Cass. 14745/07).
Corresponsabile dell'evento lesivo è altresì la Ed.Za. S.r.l., datrice di lavoro dell'operaio deceduto.
E' certo, infatti, che l'incidente si è verificato durante il normale orario di servizio, utilizzando un macchinario di proprietà della società, a seguito di ordine impartito da uno degli amministratori della
medesima, distraendo il dipendente dalle incombenze di propria pertinenza e destinandolo ad attività che, pur estranea ai suoi compiti, era svolta sul luogo di lavoro.
Il sinistro è dunque imputabile alla convenuta sia ex art. 2049 c.c. che ex art. 2043 CC, senza necessità di ricorrere alla figura del datore di lavoro di fatto.
Nella vicenda non sono invece emersi profili di responsabilità a carico di Za.Vi.
Quest'ultimo era responsabile della sicurezza ex D.Lgs. n. 626/94 per la Ed.Za. S.r.l. ed amministratore della medesima, unitamente a Za.An.; l'evento lesivo, però, non è da porre in relazione causale con le incombenze proprie dell'operaio quale dipendente della menzionata società, ed è conseguente ad una disposizione impartita dall'altro amministratore, disposizione cui, per quanto consta, Za.Vi. è rimasto estraneo, e della quale non risulta fosse stato preventivamente informato.
Non è sufficiente all'accoglimento della domanda attorea nei confronti di tale convenuto l'esistenza di stretti vincoli tra gli amministratori e soci delle aziende coinvolte.
D'altra parte, la pretesa avanzata dalla Ve., in proprio e nella qualità, nell'atto introduttivo della lite, come precisata nei termini ex art. 183 CPC, non è pure fondata sul dato che Za.Vi. è socio illimitatamente responsabile della Ed.Sa. S.n.c.
In conclusione, la Ed.Za. S.r.l., la Ed.Sa. S.n.c. e Za.An. sono corresponsabili dei danni che l'evento lesivo ha arrecato alla vedova e ai figli minori dell'operaio deceduto.
Tali convenuti, dunque, ai sensi dell'art. 2055 CC, vanno condannati in solido al loro risarcimento.
Non può, invece, in questa sede essere determinata l'incidenza della condotta colposa di ciascuno ai fini della ripartizione interna dell'onere risarcitorio, non essendo stata proposta domanda di regresso (cfr. Cass. 28.4.00 n. 5421).
 
4. Quantificazione dei danni.
I danni di cui è stato chiesto il ristoro dall'attrice, in proprio e nella qualità, sono di natura sia patrimoniale che non patrimoniale.
E' stata fatta valere anche una pretesa risarcitoria jure haereditario.
Sul punto va considerato che Gi.Ce., per quanto si ricava dagli atti, è deceduto sul colpo a causa delle gravi lesioni riportate.
Dunque, essendo la morte sopraggiunta nell'immediatezza, non è configurabile, secondo l'opinione
preferibile, un danno c.d. biologico trasmissibile agli eredi.
E' stato infatti chiarito dalla Suprema Corte che la lesione dell'integrità fisica con esito letale, intervenuta immediatamente o a breve distanza di tempo dall'evento lesivo, non è configurabile quale danno biologico, dal momento che la morte non costituisce la massima lesione possibile del diritto alla salute, ma incide sul diverso bene giuridico della vita, la cui perdita non può tradursi nel contestuale acquisto al patrimonio della vittima di un corrispondente diritto al risarcimento, trasferibile agli eredi (cfr. tra le altre Cass. 21976/07; 3549/04; Cass. 7632/03; Cass. 5332/03).
Dagli atti disponibili non è dato altresì evincere che la vittima dopo il sinistro sia rimasta, sia pur per breve tempo, cosciente, ed è dunque non può essere ravvisato neanche il danno tanatologico come danno morale, inteso come sofferenza della vittima che lucidamente assiste allo spegnersi della propria vita (cfr. Cass. 458/09).
Per quanto attiene ai pregiudizi non patrimoniali sofferti direttamente dai congiunti, essi possono consistere sia in una sofferenza morale per la perdita del rapporto parentale, sia in un danno biologico vero e proprio, inteso come compromissione dello stato di salute fisica o psichica del danneggiato.
Mentre di tale compromissione non vi è alcuna evidenza, il primo tipo di danno è invece certamente configurabile, anche nell'accezione più ampia recentemente puntualizzata dalla Suprema Corte a Sezioni Unite (cfr. Cass. 26972/08), spettando dunque agli attori il relativo risarcimento ex artt. 2059 CC e 185 CP.
Ai fini della liquidazione in via equitativa e all'attualità del pregiudizio in questione possono essere utilizzate le ultime tabelle elaborate dal Tribunale di Milano, che tengono conto del pregiudizio non patrimoniale derivante da perdita del rapporto parentale (cfr. Cass. 31.5.03 n. 8828; Cass. 19.8.03 n. 12124; Cass. 11.11.03 n. 16946).
L'importo liquidabile sia per la moglie che per ciascun figlio è compreso tra Euro 150.000,00 ed Euro
300.000,00 per la moglie ed i figli.
Gli elementi forniti per pervenire ad una quantificazione del danno aderente, per quanto possibile, alle circostanze del caso concreto non sono numerosi.
In mancanza di evidenze di segno contrario, è lecito presumere che le relazioni affettive nella famiglia di Gi.Ce. fossero normali.
Va tenuto altresì conto dell'età ancor giovane della vittima (41 anni), e dunque della perdita del rapporto parentele quando esso era destinato a durare ancora nel tempo, e per i figli non era attenuato a seguito della formazione di nuclei familiari autonomi.
Sotto altro profilo, ai fini della valutazione del turbamento provocato nei congiunti della vittima, occorre considerare la dinamica dell'incidente, cruenta e certamente evitabile con l'adozione di maggiori cautele.
Appare in definitiva congruo quantificare il danno non patrimoniale subito da Al.Ve. nell'importo già
rivalutato di Euro 180.000,00, e quello subito dai minori An. e Co.Ce. nell'importo già rivalutato di Euro 200.000,00 ciascuno.
Dall'attrice è stato lamentato anche un danno patrimoniale, conseguente alla perdita del contributo che Gi.Ce. apportava al sostentamento della famiglia con il proprio reddito da lavoro.
Nella fattispecie, peraltro, la vedova dell'operaio deceduto ha riconosciuto di beneficiare di trattamento pensionistico elargito dall'INPS. e dall'INAIL pari ad Euro 1.500,00 mensili, importo non discosto dallo stipendio percepito in vita dal marito.
Il pregiudizio in discorso - che non è in re ipsa, e come tale deve essere allegato e provato da chi richiede il relativo risarcimento (cfr. Cass. 2.4.04 n. 4186) - non è pertanto ravvisabile.
Alla luce quanto sin qui esposto, la Ed.Za. S.r.l., la Ed.Sa. S.n.c. e Za.An. vanno condannati in solido al pagamento in favore di Al.Ve. in proprio della somma di Euro 180.000,00, ed in favore dell'attrice, quale madre esercente la potestà sui figli minori An. e Co.Ce., della somma complessiva di Euro 400.000,00, e cioè di Euro 200.000,00 per ciascun figlio.
Vanno inoltre aggiunti, vertendosi in materia di responsabilità extracontrattuale, gli interessi da calcolarsi dalla data del sinistro (4.11.05) fino al saldo, al tasso che si reputa congruo determinare - avuto riguardo ai criteri enunciati dalla Suprema Corte a Sezioni Unite nella sentenza n. 1712 del 17.2.95 - nella misura dell'1,8% annuo, pari a circa due terzi della media del tasso degli interessi legali nel periodo considerato.
 
5. Le spese di lite.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Attese le difficoltà ricostruttive della vicenda, sia in fatto che in diritto, si reputa equo compensare quelle relative al rapporto processuale con Za.Vi.


P.Q.M.
 
 
Il Tribunale, definitivamente pronunziando sulle domande proposte da VE.Al., in proprio e nella qualità di madre esercente la potestà sui figli minori CE.An. e CE.Co., nei confronti della ED.ZA. S.r.l., della ED.SA. S.n.c. di Za.Vi. e germani, di ZA.An. e di ZA.Vi., ogni altra istanza, deduzione ed eccezione disattesa, così provvede:
1) dichiara la ED.ZA. S.r.l., la ED.SA. S.n.c. di Za.Vi. e germani e ZA.An. corresponsabili del sinistro
occorso in data 4.11.05 in San Giorgio del Sannio, nel quale è rimasto coinvolto CE.Gi., deceduto;
2) per l'effetto, accogliendo per quanto di ragione la domanda avanzata dall'attrice, in proprio e nella
qualità di madre esercente la potestà sui figli minori CE.An. e CE.Co., condanna la ED.ZA. S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., la ED.SA. S.n.c. di Za.Vi. e germani, in persona del legale rappresentante p.t., e ZA.An., in solido tra loro, a pagare, a titolo di risarcimento danni in dipendenza del decesso di CE.Gi., in favore di VE.Al. in proprio la somma di Euro 180.000,00, ed in favore di VE.Al. quale madre esercente la potestà sui figli minori CE.An. e CE.Co. la somma complessiva di Euro 400.000,00, (Euro 200.000,00 per ciascun figlio), oltre interessi nella misura dell'1,8% annuo dal 4.11.05 al saldo;
3) condanna la ED.ZA. S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., la ED.SA. S.n.c. di Za.Vi. e
germani, in persona del legale rappresentante p.t., e ZA.An., in solido tra loro, al pagamento delle spese di lite sostenute dall'attrice, in proprio e nella qualità, liquidate in complessivi Euro 15.838,88, di cui Euro 1.148,88 per spese, Euro 5.690,00 per diritti ed Euro 9.000,00 per onorario, oltre IVA, CPA e rimborso forfetario per spese generali come per legge;
4) compensa le spese relative al rapporto processuale con ZA.Vi.
 
Così deciso in Benevento, il 4 gennaio 2010.
 
Depositata in Cancelleria il 7 gennaio 2010.