Categoria: Cassazione penale
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Soppravvivenza della disposizione dell'art. 5 dello Statuto dei Lavoratori, anche dopo l'entrata in vigore del d.lg. 626/94;
Obbligo di visita da parte del Medico Competente in caso di attività lavorativa per la quale vige l'obbligo della sorveglianza sanitaria.


 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sezione III Penale

composta dagli ill.mi signori:
Dott. Giuseppe Savignano Presidente
1. Dott. Claudio Vitalone Consigliere
2. Dott. Ciro Petti Consigliere
3. Dott. Carlo M. Grillo Consigliere
4. Dott. Alfredo M. Lombardi Consigliere
ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da
- R. L., nato a Treviso l'..omissis.., e
- P. M., nato a Vienna (Austria) il ..omissis..,

avverso la sentenza n. 157/2002 del 13/11/2002, pronunciata dal
Tribunale di Padova - Sezione distaccata di Cittadella.

- Letti gli atti, la sentenza denunciata ed il ricorso;

- udita in pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere Carlo
M. Grillo;

- udite le conclusioni del P.M., in persona del S. Procuratore
Generale G. Passacantando, con le quali chiede il rigetto del
ricorso;

- udito il difensore, avv. N. De Marinis, che insiste per
l'accoglimento dello stesso;

la Corte osserva:

 

Fatto    Diritto

Il Tribunale di Padova - Sezione distaccata di Cittadella, in composizione monocratica con la decisione indicata in premessa, pronunziata a seguito di giudizio abbreviato, condannava R. L. e P. M., opponenti a decreto penale, alla sanzione di 350,00 di ammenda ciascuno in ordine al reato di cui agli artt. 5 e 38 L. n. 300/1970, per avere entrambi, in qualità di legali rappresentanti della ditta "B. A.", sottoposto illegittimamente il lavoratore dipendente P. M. ad accertamenti sanitari sull'idoneità al lavoro, nonostante che le mansioni dallo stesso svolte non comportassero rischi tali, da determinare l'obbligo di sorveglianza sanitaria.

Gli imputati ricorrono contro detta decisione con un unico atto di impugnazione, premettendo in fatto che il dipendente sopra indicato, invalido civile al 75% per problemi alla colonna vertebrale, era stato assunto quale addetto al magazzino, comportante mansioni promiscue tra cui pure la movimentazione manuale dei carichi (ai sensi degli artt.47 - 48 D.L.vo 626/1994), anche se, in attesa che "il medico competente" confermasse la sua idoneità specifica a svolgere tali mansioni, gli erano state "cautelativamente e temporaneamente" assegnate solo quelle di pulizia dei locali; in definitiva, quando venne effettuata l'ispezione dello S., egli svolgeva tali ultime mansioni, ma l'accertamento era finalizzato a valutare se egli potesse essere addetto al magazzino, per cui la visita del medico competente era riferita ad una attività diversa da quella al momento svolta, che, contrariamente da quanto ritenuto dal Tribunale, comporta l'obbligo di sorveglianza sanitaria.

Tanto premesso, i ricorrenti deducono inosservanza e/o erronea applicazione degli artt. 5 e 38 L. n. 300/1970 nonché degli artt. 16, 17, 47 e 48 e allegato VI del D.l.vo n. 626/1994 e/o mancanza e/o manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata, in quanto la portata dell'art. 5 dello Statuto dei lavoratori - che affida alle strutture pubbliche l'accertamento sanitario di idoneità del dipendente per evitare che il datore di lavoro possa utilizzare visite di medici "privati" per penalizzarlo - deve essere rivalutata a seguito dell'entrata in vigore del D.L.vo n. 626/1994, che ha ridisciplinato la materia della sicurezza, salute e igiene del lavoro, affidando al "medico competente" (artt. 16, 17) la sorveglianza sanitaria ed aumentando le ipotesi di accertamento sanitario obbligatorio. Tra queste rientra la movimentazione manuale dei carichi, di cui agli 47 e sgg. del decreto, che comporta rischi - tra l'altro - di lesioni dorso - lombari per i lavoratori addetti.

Ebbene l'errore in cui è caduto dapprima l'ispettore della S. e poi il giudice è appunto quello di ritenere che tra le mansioni affidate al P. non rientrasse la movimentazione manuale dei carichi che invece vi rientrava, come risulta dagli atti processuali. Ne consegue che l'accertamento del medico competente non solo non è stato illegittimo, ma era obbligatorio.

All'odierna udienza il P.G. e la difesa concludono come riportato in epigrafe.

Il ricorso è infondato.

Deve, innanzi tutto, osservarsi che la questione giuridica, relativa alla sopravvivenza della disposizione dell'art. 5 Statuto lavoratori dopo l'entrata in vigore del D.L.vo n. 626/1994, peraltro appena accennata, non ha decisivo rilievo nel caso di specie. Comunque la stessa è stata affrontata recentemente da questa Sezione e decisa nel senso della perdurante vigenza nel nostro ordinamento della citata norma della L. n. 300/1970.

I ricorrenti invece decisamente criticano la valutazione delle emergenze processuali operata dal Tribunale, che addirittura ne avrebbe travisato la portata, in ordine alle effettive mansioni svolte dal P., non tenendo in alcun conto neppure le dichiarazioni rese in dibattimento dallo stesso lavoratore. Infatti nel ricorso, sempre con precisi riferimenti alle singole pagine del verbale (stenotipico) d'udienza, si evidenzia come l'interessato abbia descritto una serie di incombenze da lui svolte, certamente da valutare funditus in relazione alla sua specifica menomazione, comportante la riconosciuta grave invalidità civile (75%).

Orbene, lungi da ogni tentazione di sconfinamenti nel "fatto" da parte di questa Corte di legittimità, deve tuttavia rilevarsi che sul punto la motivazione del giudice monocratico è apodittica, tanto da potersi definire meramente apparente, e addirittura in contrasto con le risultanze processuali indicate dalla difesa; il giudice infatti si limita ad affermare di ritenere che "in base ai chiarimenti sull'attività svolta ... dal P. in sede di esame testimoniale, l'attività stessa, dal '98 in poi, non fosse attività effettivamente a rischio ...", senza però indicare le ragioni di tale suo convincimento, decisivo ai fini della condanna. Invero è pacifico che, ove tra le mansioni in concreto svolte dal P. vi fossero invece anche talune soltanto rientranti in quelle di movimentazione manuale dei carichi, di cui agli artt. 47 e seguenti del D.L.vo n. 626/1994, l'accertamento dell'idoneità specifica alla mansione doveva essere eseguito proprio dal "medico competente" e non dal Collegio Medico ex art. 5 dello Statuto dei lavoratori.

Detto punto, dunque, dovrà essere accertato più approfonditamente dal giudice del merito, che darà logica ed adeguata motivazione del suo convincimento.

 

 

P.Q.M.

la Corte annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Padova.
Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2005.
Depositata in cancelleria il 12 aprile 2005.