Responsabilità del Presidente del Consorzio Om., cooperativa di servizi, che aveva stipulato con la Ditta Ò. Me. Spa un contratto di appalto per i servizi di pulizia presso quest'ultima società, che erano eseguiti dalla MG. Im., società di cui era socio accomandatario la Ma. e dirigente il To. e che faceva parte della cooperativa di servizi sopra menzionata, per infortunio sul lavoro.

Il lavoratore infortunato era formalmente dipendente della MG. Im. ed era stato mandato presso la Ò. Me. per il lavoro di pulizia. Egli aveva subito l'amputazione dell'apice della falange ungueale del mignolo della mano sinistra mentre stava svolgendo le operazioni di pulizia manuale di un particolare dell'impianto per la preparazione della sabbia essendovi stato un accumulo di questa che impediva il normale funzionamento del macchinario.
Condannato in primo e secondo grado, ricorre in Cassazione -  Inammissibile.
"Il ricorrente ha riproposto le stesse doglianze già sottoposte all'esame della corte di appello e da questa disattese con argomentazioni che danno conto in maniera adeguata e coerente delle ragioni del convincimento espresso all'esito della valutazione compiuta delle emergenze acquisite. L'apprezzamento dei giudici del merito ha portato alla conclusione che il Na. era dipendente del To. in quanto quest'ultimo era sostanzialmente il suo vero datore di lavoro, deponendo in tal senso le dichiarazioni dell' Ir. , capo personale Ò. , che aveva fatto riferimento al To. , e la circostanza che il prevenuto era intervenuto subito dopo l'incidente suggerendo alla stessa parte lesa di non parlare dell'accaduto.
Si trattava di dati fattuali cui la corte territoriale ha attribuito valenza probatoria, evidenziando anche la colpa del To. nella causazione dell'evento per essere venuto meno al dovere di formazione e di informazione in ordine all'attività da svolgere la quale, secondo quanto denunciato dal Na. , comprendeva anche la pulizia dei macchinari."
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANATO Graziana - Presidente
Dott. IACOPINO Silvana G - rel. Consigliere
Dott. FOTI Giacomo - Consigliere
Dott. MASSAFRA Umberto - Consigliere
Dott. PICCIALLI Patrizia - Consigliere   
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA/ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
1) TO. GI. N. IL (OMESSO);
avverso la sentenza n. 11900/2006 CORTE APPELLO di TORINO, del 19/05/2009;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 22/01/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. IACOPINO Silvana Giovanna;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. DE SANDRO Anna Maria che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.
Fatto
Con sentenza del 5/7/2005 il Tribunale in composizione monocratica di Asti, all'esito di giudizio abbreviato, ha dichiarato To. Gi. colpevole del reato di cui all'articolo 590 c.p., comma 3 in danno del lavoratore Na. Pa. e, concessa l'attenuante prevista dall'articolo 62 c.p., n. 6 equivalente alla contestata aggravante, operata la diminuzione per la scelta del rito speciale, lo ha condannato alla pena di euro 206,00 di multa.
Con la sentenza il giudice ha pure assolto per non avere commesso il fatto Ma. Gi. dal medesimo reato. La vicenda processuale era stata così ricostruita.
Il To. era Presidente del Consorzio Om. , cooperativa di servizi, ed in tale veste aveva stipulato con la Ditta Ò. Me. Spa un contratto di appalto per i servizi di pulizia presso quest'ultima società, che erano eseguiti dalla MG. Im. , società di cui era socio accomandatario la Ma. e dirigente il To. e che faceva parte della cooperativa di servizi sopra menzionata. Il Na. era formalmente dipendente della MG. Im. ed era stato mandato presso la Ò. Me. per il lavoro di pulizia. Egli aveva subito l'amputazione dell'apice della falange ungueale del mignolo della mano sinistra mentre stava svolgendo le operazioni di pulizia manuale di un particolare dell'impianto per la preparazione della sabbia essendovi stato un accumulo di questa che impediva il normale funzionamento del macchinario. Il Na. aveva ciò fatto senza l'arresto preventivo dell'elemento in movimento della macchina, non segregato da protezione fissa.
A seguito di impugnazione, la Corte di Appello di Torino in data 19/5/2009 ha confermato la sentenza di primo grado.
Ha proposto ricorso per cassazione il To. rilevando in via preliminare la tempestività della sua impugnazione.
Ha poi censurato il riconoscimento di responsabilità deducendo sul punto carenza ed illogicità della motivazione.
Egli si trovava sul luogo del sinistro non perchè datore di lavoro del Na. ma perchè legale rappresentante della cooperativa di servizi che aveva stipulato il contratto di appalto per le pulizie presso la Ò. , contratto la cui gestione con il proprio personale era stata affidata ad una delle società facenti parte della cooperativa ossia alla MG. Im. sas di Ma. Gi.
Ha anche osservato che il Na. era stato avvisato che doveva limitarsi alla pulizia dei pavimenti e dei servizi igienici e non doveva svolgere altri lavori.
Egli quindi non era stato informato dei rischi e delle modalità di pulizia dei macchinari perchè questo lavoro non rientrava nelle sue mansioni.
Unica ed esclusiva causa delle lesioni riportate a seguito del sinistro era stato il comportamento del Na. .

Diritto

Preliminarmente va rilevata la fondatezza delle osservazioni del ricorrente in ordine alla tempestività del suo ricorso, presentato il 16/9/2009.
Poichè il giudice di appello si è assegnato 30 giorni per il deposito della sentenza, il termine per l'impugnazione era di 45 giorni.
Questi decorrevano dalla scadenza dei 30 giorni vale a dire dal 18/6/2009 e ciò anche se la sentenza è stata depositata l'8/6/2009 quindi prima della scadenza del termine assegnato, a nulla rilevando la notifica, avvenuta il 15/6/2009, dell'estratto della sentenza in quanto essa non doveva avvenire. I 45 giorni scadevano quindi il 2 agosto.
Tale scadenza va però spostata al 17 settembre 2009 per la sospensione feriale dei termini.
Tanto chiarito, va dichiarata l'inammissibilità del gravame.
Il ricorrente ha riproposto le stesse doglianze già sottoposte all'esame della corte di appello e da questa disattese con argomentazioni che danno conto in maniera adeguata e coerente delle ragioni del convincimento espresso all'esito della valutazione compiuta delle emergenze acquisite. L'apprezzamento dei giudici del merito ha portato alla conclusione che il Na. era dipendente del To. in quanto quest'ultimo era sostanzialmente il suo vero datore di lavoro, deponendo in tal senso le dichiarazioni dell' Ir. , capo personale Ò. , che aveva fatto riferimento al To. , e la circostanza che il prevenuto era intervenuto subito dopo l'incidente suggerendo alla stessa parte lesa di non parlare dell'accaduto.
Si trattava di dati fattuali cui la corte territoriale ha attribuito valenza probatoria, evidenziando anche la colpa del To. nella causazione dell'evento per essere venuto meno al dovere di formazione e di informazione in ordine all'attività da svolgere la quale, secondo quanto denunciato dal Na. , comprendeva anche la pulizia dei macchinari.
Questo lavoro, peraltro, costituiva oggetto dell'integrazione apportata al contratto di appalto stipulato per le pulizie da effettuare dal consorzio di servizi di cui era titolare il To..
Secondo la ricostruzione dei giudici, al Na. era stato detto in linea di principio che doveva eseguire quanto gli chiedeva il M. , nella qualità di capo servizi impianti e manutenzione della Ò. Me. spa, e che la parte lesa poteva ritenere legittimo l'ordine del M. medesimo.
Peraltro, il dovere di formazione e di informazione che gravava sul To. era previsto proprio per prevenire le conseguenze di eventuali imprudenze e negligenze del lavoratore.
Era, pertanto, da escludere la fondatezza dell'assunto difensivo secondo cui l'evento era riconducibile a colpa esclusiva del dipendente posto che la operazione di pulizia rientrava tra le attribuzioni del lavoratore.
La colpa del ricorrente neanche poteva venire meno per la condotta del M. spettando comunque al datore di lavoro un dovere di controllo sull'attività del proprio dipendente.
Come si vede, i giudici del merito, una volta ricostruita la vicenda, hanno compiuto la loro valutazione in ordine alla responsabilità del ricorrente ritenendola sussistente sulla base di un accertamento di dati fattuali che andavano interpretati nella maniera indicata e che evidenziavano un diretto coinvolgimento del To. nella produzione dell'evento lesivo.
All'inammissibilità del ricorso per cassazione consegue la condanna del To. al pagamento delle spese processuali ed al versamento in favore della cassa delle ammende di una somma che, avuto riguardo alla sentenza n. 186 del 13/6/2000 della Corte Costituzionale, può essere determinata in euro 1000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1000,00 in favore della cassa delle ammende.