REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
QUARTA SEZIONE PENALE


 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 

Dott. PIERO MOCALI
Dott. GIACOMO FOTI
Dott. GIULIO MAISANO
Dott. UMBERTO MASSAFRA
Dott. ROCCO MARCO BLAIOTTA

- Presidente -
- Rel. Consigliere -
- Consigliere -
- Consigliere -
- Consigliere -


ha pronunciato la seguente
 

SENTENZA / ORDINANZA


sul ricorso proposto da:
1) R.G. N. IL***
avverso la sentenza n. 2611/2007 CORTE APPELLO di MILANO, del 20/01/2009
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/03/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO FOTI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Galati che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso

Udito, per la parte civile, l'Avv.
Udito il difensore Avv.
 

OSSERVA
 

- I - R.G. propone ricorso, per il tramite del difensore, avverso la sentenza della Corte d'Appello di Milano, del 20 gennaio 2009, che ha confermato la sentenza del tribunale della stessa città, del 1° febbraio 2007, che lo ha ritenuto colpevole, quale amministratore unico della società "P. L.", del delitto di lesioni colpose gravi commesse, con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, in pregiudizio del lavoratore dipendente A.H., e lo ha condannato, riconosciute le circostanze attenuanti generiche con giudizio di equivalenza rispetto alle aggravanti contestate, alla pena, condizionalmente sospesa, di tre mesi di reclusione.

In fatto, era accaduto che l'A., mentre era intento al montaggio di un ponteggio in un cantiere edile ove erano in corso lavori per costruzione di un fabbricato, era caduto dal ponteggio mentre si trovava all'altezza del quarto piano dello stabile ed era piombato sul balcone del terzo piano riportando trauma cranico, fratture e contusioni multiple.

Secondo l'accusa, condivisa dai giudici del merito, l'imputato aveva omesso di predisporre misure idonee a garantire l'esecuzione in sicurezza dei lavori e non aveva curato la presenza di un preposto incaricato di controllare le operazioni di montaggio alle quali era intento il lavoratore.

Deduce il ricorrente:
A) nullità della sentenza impugnata per violazione e/o erronea applicazione dell'art. 178 lett. c), con riguardo al rigetto, da parte del primo giudice, dell'istanza di rinvio del procedimento per legittimo impedimento del difensore di fiducia, impegnato, presso altra sede giudiziaria, in difesa di imputati detenuti;
B) vizio di motivazione della sentenza impugnata in punto di responsabilità, affermata benché lo stato dei luoghi teatro dell'infortunio fosse stato ricostruito, anche attraverso delle riproduzioni fotografiche, allorché le condizioni del cantiere erano ormai mutate, di guisa che doveva ritenersi mancante la prova della sussistenza del fatto; il richiamo in sentenza alla documentazione fotografica sarebbe, quindi, irrilevante ai fini della verifica della responsabilità dell'imputato, mentre nulla il giudice del gravame avrebbe obiettato circa la presenza di un preposto alla sicurezza del cantiere, segnalata nei motivi d'appello, ed alle incertezze nella stessa occasione rilevate nella ricostruzione dell'incidente.

- II - Il ricorso è infondato.

Quanto al primo dei motivi proposti, occorre rilevare che la giurisprudenza di questa Corte è concorde nell'affermare che il difensore che chieda il rinvio del procedimento per concomitante impegno professionale ha l'onere, non solo di comunicare tempestivamente l'impossibilità a comparire e di indicare le ragioni della stessa, ma anche, come ha correttamente rilevato il giudice del gravame, di giustificare l'impossibilità di avvalersi di un sostituto nei diversi procedimenti nei quali è impegnato.

Orbene, nel caso di specie, nell'istanza di differimento, allegata al ricorso, la giustificazione della mancata nomina del sostituto si presenta del tutto apparente in quanto genericamente riferita alla "delicatezza e complessità" dei concomitanti procedimenti penali, cioè a circostanze che non valgono a giustificare quella impossibilità. Mentre non si comprendono le ragioni per le quali un grave infortunio sul lavoro, peraltro risalente nel tempo, debba essere considerato meno delicato e complesso rispetto a procedimenti - come quelli segnalati nell'istanza in questione - aventi ad oggetto imputazioni per detenzione illegale di un fucile da caccia e per violazioni in materia di imposte sui redditi, sia pure caratterizzate dal coinvolgimento di numerose persone e da ipotesi associative ex art. 416 c.p.

Quanto al secondo motivo di ricorso, deve rilevarsene la manifesta infondatezza atteso che, come hanno accertato i giudici del merito e dagli stessi rilevato - con maggiore chiarezza quello di primo grado - se è vero che al momento dell'intervento dell'ASL, delegata a svolgere indagini sull'accaduto il ponteggio era stato smontato, è anche vero che la documentazione fotografica alla quale si fa riferimento nel ricorso è stata realizzata nell'immediatezza del fatto e riproduceva esattamente la situazione esistente al momento dell'infortunio. I dubbi circa la rispondenza di quanto rappresentato in dette foto con la situazione dei luoghi sono, quindi, del tutto ingiustificati oltre che genericamente proposti.

Non pertinente, rispetto all'addebito di non essersi avvalso, nelle fasi di realizzazione del ponteggio, della presenza di un preposto specificamente incaricato di sovrintendere ai relativi lavori, ed altresì generico, è il riferimento del ricorrente alla presenza di un incaricato della sicurezza del cantiere; costui, invero, ha compiti diversi rispetto al soggetto preposto alla direzione dei predetti lavori che, secondo il dettato legislativo (art. 17 d.p.r. n. 164/56), devono essere eseguiti sotto la diretta e costante sorveglianza del preposto.

Ugualmente generico, oltre che manifestamente infondato, è il riferimento a presunte incertezze nella ricostruzione della dinamica dell'incidente, viceversa subito accertata anche grazie alla testimonianza della parte offesa, della cui attendibilità nessuno ha mai dubitato.
Il ricorso deve essere, in conclusione, rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.

 

P.Q.M.
 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 17 marzo 2010.

DEEPOSITATO IN CANCELLERIA 23 GIUGNO 2010