IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VARRONE Michele
Dott. FEDERICO Giovanni
Dott. URBAN Giancarlo
Dott. VIVALDI Roberta
Dott. D'AMICO Paolo

- Presidente
- Consigliere
- rel. Consigliere
- Consigliere
- Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
A.M. (c.f. ***), elettivamente domiciliata in Roma, Viale Mazzini n. 55, presso lo studio dell'avv. Grillo Camillo, che lo rappresenta e difende giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro
T.A. s.p.a., in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliato in Roma, Via Flaminia n. 48, presso lo studio dell'avv. Ciccopiedi Salvatore, che lo rappresenta e difende giusta delega in atti;

- controricorrente -

e contro
D.G.C. C.F. ****, elettivamente domiciliato in Roma, Viale Angelico n. 92, presso lo studio dell'avv. Solvetti Carlo, che lo rappresenta e difende giusta delega in atti;

- controricorrente ricorrente incidentale -

e contro
L.C D. A. s.p.a. in liquidazione, in persona del legale rappresentante, domiciliato in Roma, Via della giuliana n. 38, presso lo studio dell'avv. Alessandro Alleanti;

- intimata -

contro
FALLIMENTO V.M.A. s.r.l., in persona del curatore dott.ssa P.P. , domiciliata in ***;

- intimato -

avverso la sentenza della Corte d'Appello di Roma n. 843/05 decisa in data 25 gennaio 2005 e depositata in data 23 febbraio 2005;
Udita la relazione del Consigliere dott. Giancarlo Urban;
udito l'avv. Camillo Grillo;
udito l'avv. Carlo Silvetti;
udito il P.M. in persona del Cons. DESTRO Carlo che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 25 novembre 1993 A.M. conveniva in giudizio avanti al Tribunale di Roma D.G.C. e la V. s.r.l. chiedendo la condanna degli stessi al risarcimento dei danni subiti il ***, in occasione di un infortunio subito in un cantiere della V. mentre si procedeva al montaggio di un trasformatore.

I convenuti si costituivano in giudizio contestando la domanda attrice e chiedendone il rigetto. Chiesta ed ottenuta la chiamata in causa delle compagnie assicuratrici T.A. s.p.a. e L. s.p.a., in esito all'istruttoria, il Tribunale di Roma, con sentenza pubblicata l'11 giugno 2001, dichiarava il D.G. responsabile dell'evento nella misura di due terzi, attribuendo il restante terzo a colpa concorrente di A.M.; condannava quindi il D.G. al pagamento in favore di A.M. della somma di lire 128.214.798, e dichiarava la T.A. s.p.a. tenuta a garantire e manlevare D.G.C. per il pagamento delle somme liquidate.

Avverso tale sentenza proponeva appello A.M., chiedendo che venisse dichiarata la responsabilità esclusiva di D.G.C. e che gli venisse liquidato anche il danno patrimoniale; il D.G. e T.A. s.p.a. proponevano a loro volta appello incidentale.
La Corte d'Appello di Roma, con sentenza pubblicata il 23 febbraio 2005 accoglieva parzialmente l'appello incidentale di D.G.C. e dichiarava il concorso di colpa del D.G. e dell'A. al 50% per ciascuno:
condannava il D.G. al pagamento dell'importo di euro 49.663,06 oltre interessi e rigettava la richiesta di garanzia proposta nei confronti della T.A.;
rigettava ogni altra domanda e compensava le spese.

Propone ricorso per cassazione A.M. con due motivi.

Resistono con controricorso D.G.C. e la T.A. s.p.a.; il D.G. ha anche proposto ricorso incidentale.

MOTIVI DELLA DECISIONE

I ricorsi debbono essere riuniti ai sensi dell'articolo 335 c.p.c., poiché riguardano l'impugnazione della stessa sentenza.

In via preliminare, deve essere disattesa l'eccezione sollevata dalla controricorrente T.A. s.p.a., sul rilievo che la procura alle liti che risulta nel ricorso principale sarebbe invalida perché priva di data: in realtà la giurisprudenza citata riguarda il caso di procure rilasciate su atto diverso dal ricorso (ovvero dal controricorso), mentre nella specie non può essere posta in dubbio la circostanza che la stessa procura sia successiva al ricorso proprio perché essa figura posta in calce allo stesso (Cass. 27 giugno 2007 n. 14843).

Con il primo motivo del ricorso principale, si denuncia la omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia: l'infortunio infatti avvenne nel corso delle operazioni di scarico e messa in opera di un trasformatore elettrico, commissionato dalla V. s.r.l. alla C.E. s.r.l.; le operazioni erano avvenute a cura del trasportatore, D.G.C., che si era avvalso della gru situata sul camion che aveva trasportato il trasformatore sino al cantiere della V. dove sarebbe stato posto in opera ed in presenza di A.M., legale rappresentante della ditta fornitrice del manufatto; lo stesso avrebbe dovuto provvedere all'allaccio dei collegamenti elettrici.
Questi era rimasto schiacciato mentre il trasformatore, pesante due tonnellate, scorreva su alcune palanche di legno che si erano rotte nel corso dell'operazione.
La censura si risolve in una diversa valutazione degli elementi probatori raccolti nel corso del giudizio di merito, senza che siano poste in luce carenze o lacune nelle argomentazioni, ovvero illogicità nell'attribuire agli elementi di giudizio un significato fuori dal senso comune, o ancora, mancanza di coerenza tra le varie ragioni esposte per assoluta incompatibilità razionale degli argomenti ed insanabile contrasto tra gli stessi. Si deve rilevare che il ricorso per cassazione non può essere inteso a far valere la non rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito al diverso convincimento soggettivo della parte e, in particolare, non vi si può proporre un preteso migliore e più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti. Tali aspetti del giudizio, infatti, interni all'ambito della discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell'apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi dell'iter formativo di tale convincimento. Diversamente il motivo di ricorso per cassazione si risolverebbe in una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, e quindi di nuova pronunzia sul fatto, estranea alla natura e alle finalità del giudizio di legittimità (Cass. 27 ottobre 2006, n. 23087).

In concreto, la parte ricorrente, lungi dal denunziare vizi della sentenza gravata rilevanti sotto i ricordati profili, si limita - in buona sostanza - a sollecitare una diversa lettura delle risultanze di causa, preclusa in questa sede di legittimità.

Con il secondo motivo si denuncia la violazione e la falsa applicazione dell'articolo 1370 c.c. in relazione alla garanzia della T.A., poiché la qualificazione della vittima dell'infortunio non poteva essere quella di soggetto terzo, come esplicitamente richiesto dalla polizza, avendo l' A. partecipato alle operazioni di scarico.

Anche tale questione è sottratta alla presente valutazione di legittimità, poiché si tratta di interpretazione di una specifica clausola prevista dalla polizza, che esclude esplicitamente dalla copertura assicurativa tutti coloro che subiscano un danno in conseguenza della loro partecipazione manuale alla attività oggetto di assicurazione. Le conclusioni alle quali giunge la sentenza impugnata appaiono quindi coerenti e argomentate, non censurabili in questa sede.

Con il primo motivo di ricorso incidentale proposto da D.G.C. si denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione alla mancata valutazione degli elementi di responsabilità del capocantiere dipendente della V. s.r.l. che aveva procurato le palanche impiegate per lo scarico del trasformatore.

Il motivo è generico in quanto si limita a riproporre le stesse doglianze già sollevate nei precedenti gradi di giudizio, senza indicare specifici e precisi elementi dai quali desumere la concorrente responsabilità dei responsabili del cantiere in cui avvenne l'infortunio; né si prospettano lacune o incongruenze nella sentenza impugnata, che valgano a sostenere un diverso profilo di responsabilità.
Il motivo deve essere quindi rigettato.

Con il secondo motivo si denuncia la violazione e la falsa applicazione dell'articolo 1341 c.c. nonché la insufficiente, apodittica motivazione in relazione alla garanzia della T.A., poiché la qualificazione della vittima dell'infortunio non poteva essere di soggetto terzo, poiché l'A. non aveva partecipato alle operazioni manuali di scarico ed in ogni caso, ai sensi dell'articolo 1370 c.c. la clausola in contestazione doveva essere interpretata a favore dell'assicurato.

Si richiamano gli argomenti già trattati nell'esame del secondo motivo del ricorso principale, che muove sostanzialmente le stesse critiche.

I ricorsi sono quindi infondati e meritano il rigetto; in considerazione della particolare natura della controversia, sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Sezione Terza Civile, riunisce i ricorsi e li rigetta; dichiara compensate le spese.