REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MORGIGNI Antonio
Dott. CAMPANATO Graziana
Dott. FOTI Giacomo
Dott. D'ISA Claudio
Dott. BLAIOTTA Rocco Marco

- Presidente
- rel. Consigliere
- Consigliere
- Consigliere
- Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA/ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) L.P. N. IL ***;
avverso la sentenza n. 5273/2008 CORTE APPELLO di MILANO, del 09/03/2009;
N.A. e S.G. p.c.;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 14/04/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. GRAZIANA CAMPANATO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. GALASSO Aurelio che ha concluso per annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per essere il reato procedibile a querela;
udito, per la parte civile, l'avv. Speziale che chiede il rigetto del ricorso;
udito il difensore avv. Varischi Pierluigi che insiste nel ricorso.

Svolgimento del processo e motivi della decisione

L.P. veniva imputato e rinviato a giudizio per il reato di lesioni gravi cagionate in qualità di legale rappresentante della C. s.r.l., datrice di lavoro di S.G. e N.A., per colpa generica e specifica, consistente nell'inosservanza delle disposizioni di cui al D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 3, comma 1, lett. a) e b) e art. 4, comma 2, lett. a) e b), nonché del D.P.R. n. 547 del 1955, art. 236, non avendo valutato i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori connessi alla tipologia dei prodotti trasportati con le cisterne date a noleggio.

Era accaduto, in seguito a ciò, che dopo avere noleggiato una cisterna all'impresa Autotrasporti A.G. all'interno della quale era stato trasportato ciclo pentano, prodotto facilmente infiammabile, incolore ed insolubile in acqua, ne accettava la restituzione acquisendo solo il certificato attestante il lavaggio con acqua e vapore e non disponeva opere di bonifica della cisterna con relativa certificazione di gas free, cosicché i predetti operai, saliti il giorno 21.11.2004 sulla cisterna per saldare un galletto di uno dei boccaporti venivano scaraventati a terra da una violenta esplosione, riportando fratture multiple ed ustioni di 2^ e 3^ grado sul 30% del corpo. Il Tribunale di Lodi con sentenza in data 21.9.2007 lo condannava alla pena di mesi tre di reclusione, previa concessione delle attenuanti generiche dichiarate equivalenti alle contestate aggravanti, oltre al risarcimento dei danni ai due dipendenti infortunati ed al pagamento di una provvisionale.

Proposto appello con il quale l'imputato addebitava la responsabilità del lavaggio alla ditta utilizzatrice ed al N. l'iniziativa della saldatura del galletto del cui guasto non era a conoscenza, la corte milanese confermava la condanna con sentenza resa il 9 marzo 2009 avverso la quale la difesa del L. ha proposto ricorso per cassazione.

Con il primo motivo il ricorrente deduce erronea applicazione dell'art. 590 c.p., comma 5 e art. 129 c.p. perché non essendo stati confermati profili di colpa specifica dal momento che non era prevista l'introduzione di operai all'interno della cisterna, l'azione penale non era precedibile per difetto di querela, venendo meno l'aggravante richiesta per la procedibilità d'ufficio.

Con il secondo motivo deduce erronea applicazione della legge penale in relazione alla sussistenza dell'elemento soggettivo ed alla ritenuta prevedibilità/evitabilità dell'evento. Non si sarebbe tenuto conto che la società Lavaggio C. che aveva effettuato la bonifica e rilasciato la relativa documentazione aveva omesso di effettuare le operazioni necessarie come richiesto all'autotrasportatore che era tenuto a riconsegnare la cisterna pulita al noleggiatore.

Il lavaggio a doppio ciclo di acqua e vapore era idoneo a garantire ogni altra successiva operazione di carico.

Tale attività, imposta dalla normativa sul trasporto su strada, secondo l'accordo Europeo ADR e su ferrovia secondo il regolamento RID, viene svolta da personale qualificato con l'ausilio di specifici impianti e modalità adeguate al tipo di merce trasportata. Quindi costituisce un'operazione doverosa da parte del trasportatore di merce pericolosa e la ditta che esegue il lavaggio non rilascia una semplice ricevuta, ma un certificato attestante l'avvenuta pulizia/bonifica.

La corte milanese, pur riconoscendo la colpa della società Lavaggio C., aveva addebitato anche al datore di lavoro l'omesso controllo traducendo in responsabilità oggetti va un comportamento che si deve invece fondare su principi di colpa, vale a dire un comportamento censurabile per difetto di giudizio sulla prevedibilità ed evitabilità dell'evento, condizioni che nella fattispecie difetterebbero, mancando ogni fattore di prevedibilità correlato all'attività dell'azienda.

Con il terzo motivo il ricorrente deduce erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione con riferimento alla ricostruzione della responsabilità sotto il profilo oggettivo.

Anzitutto censura gli argomenti con i quali la corte ha valutato le dichiarazioni delle parti offese e la loro credibilità.

Contesta che al momento della consegna della cisterna fosse presente il datore di lavoro e si desse atto della rottura di un galletto di fissaggio di uno dei portelli, né che gli fosse stato dato l'incarico di provvedere alla saldatura del medesimo. Né di tale rottura vi sarebbe traccia nel documento di riconsegna della cisterna, né nelle dichiarazioni dell'impiegata G. alla quale il N. avrebbe dovuto segnalarlo, né di altro dipendente, in particolare dell'altra impiegata amministrativa, C., la quale sentì il datore di lavoro solo indicare al N. la rimozione degli adesivi apposti sui fianchi della cisterna.

Per altro non vi sarebbe stata ragione di assumersi l'onere di una riparazione che spettava all'utilizzatore. Secondo gli altri dipendenti la constatazione del danno sarebbe stata rilevata non il giorno della consegna, ma quello successivo.

Essendovi tante e tali divergenze rispetto alla deposizione del N. la sentenza risulta viziata nell'esame di attendibilità del medesimo e del pari scorretto era il ragionamento della corte territoriale rispetto al fatto che nessuno si meravigliò o si oppose alla decisione del N. di procedere alla saldatura.

Tale attività non rientrava nell'ambito dell'ordinaria manutenzione spettante alla C. che aveva l'attrezzatura solo per le saldature sulle parti esterne in ferro della cisterna e non di quelle in inox per le quali si rivolgeva a ditte esterne o a personale specializzato, dotato dei previsti brevetti. Per tutte queste ragioni il ricorrente rileva travisamento del fatto in ordine a tali circostanze.

Il Procuratore Generale ha concluso chiedendo l'annullamento senza rinvio per essere il reato procedibile a querela, nella specie mancante.

Il ricorso è infondato.

In ordine al primo punto, che riguarda la dedotta improcedibilità dell'azione penale per mancanza di querela, si osserva che per la configurazione dell'aggravante di cui all'art. 590 c.p., comma 3 non occorre che vi sia la violazione di specifiche norme dettate per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, essendo sufficiente che l'evento dannoso si sia verificato a causa dell'omessa adozione di quelle misure ed accorgimenti imposti all'imprenditore dall'art. 2087 cod. civ. ai fini della più efficace tutela dell'integrità fisica del lavoratore (Cass. pen. Sez. 5^ 18.11.82, n. 2825; 13.1.89, Marocco; 5.10.89, Cantagallo; 3^ sezione 26.1.2005 n. 6360 rv 230855).

L'art. 2087 citato impone all'imprenditore nell'esercizio dell'impresa l'adozione delle misure che secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale del lavoratore.

Per altro la corte territoriale ha escluso la colpa specifica contestata nel capo di imputazione relativa alle norme tutelanti l'attività di operai tenuti a lavorare all'interno della cisterna, solo in relazione al punto riguardante il dovere di controllo delle operazioni di lavaggio, ma ha ravvisato almeno due profili di colpa specifica in ordine all'omessa formazione dei lavoratori sui rischi delle operazioni da loro eseguite e la valutazione dei rischi da parte dello stesso datore di lavoro che dava a noleggio cisterne anche per il trasporto di materiale pericoloso.

In ordine al secondo motivo la corte milanese non esclude la responsabilità della Lavaggio C., ma afferma in modo corretto che il principio di affidamento non esonera l'affidante da responsabilità anche quando l'affidato sia responsabile per la sua condotta colposa, nel caso in cui l'affidante ponga in essere una condotta casualmente rilevante.

Nel caso di specie il giudice di appello afferma che era doveroso il controllo in considerazione della particolare pericolosità del materiale trasportato e che lo stesso L. ha dato prova di scarsa preparazione tecnica e consapevolezza dei rischi. Questa affermazione non contrasta con i principi più volte affermati da questa corte: il datore di lavoro ha il dovere di ispirarsi all'acquisizione della migliore scienza ed esperienza, per fare in modo che il lavoratore possa operare nella massima sicurezza.

Non si tratta di responsabilità oggettiva perché la posizione di garanzia del datore di lavoro ricomprende anche il dovere di controllo ed è questa omissione che viene addebitata all'imputato, essendo sempre prevedibile che le operazioni di lavaggio possano non essere effettuate a regola d'arte.

Dal che deriva che l'omissione contestata è certamente in nesso di causa con l'evento, anche nella cornice concettuale della cosiddetta "concretizzazione del rischio".

In ordine al terzo motivo riguardante la credibilità dei testi ed in particolare della parte offesa circa l'ordine impartitogli di saldatura del galletto la corte territoriale richiama i principi affermati da questa Corte in tema di dovere del giudice di esaminare attentamente la credibilità delle dichiarazioni della parte offesa, sia sotto il profilo soggettivo che oggettivo senza necessità di reperire nel materiale probatorio riscontri esterni, ma - tuttavia - ponendo a confronto le dichiarazioni del teste con altre eventuali fonti di prova (Cass. pen. sez. 6^, 19 febbraio 2004, n. 7180, Mellini rv 228013).

Il percorso argomentativo svolto nella sentenza rispetta i principi richiamati perché il giudice di appello ha valutato la logicità e coerenza delle deposizioni delle due parti offese e ha ritenuto non contrastanti le dichiarazioni degli altri testi che non sono stati presenti all'ordine impartito dal datore di lavoro perché nessuno ha potuto escludere che tale disposizione fosse stata data. Inoltre il giudice di merito ha anche analizzato sotto il profilo della verosimiglianza il contenuto delle dichiarazioni, sottolineando il fatto che la riparazione da effettuarsi era di poco conto per cui era naturale che non venisse richiesta al noleggiatore e che lo S., collega del N., invitato a collaborare nel lavoro, non si stupisse di tale richiesta.

Per altro la Corte di Milano analizza un ulteriore aspetto della responsabilità ed afferma che anche a ritenere che la saldatura non fosse stata richiesta dal datore di lavoro, questi era responsabile dell'iniziativa perché non avendo reso edotti i lavoratori dei rischi connessi al trasporto di materiale infiammabile e non avendo adottato altre misure, l'imprudenza del lavoratore, che nel caso di specie non integrava una condotta abnorme, perché era diretta ad operazioni connesse al lavoro, non costituiva una causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l'evento. Le prescrizioni poste a tutela del lavoratore sono intese a garantire la sua incolumità anche nell'ipotesi in cui il fatto avvenga per sua imprudenza o distrazione (sez. 4^ 6.5.1985 n. 114/86 rv 171538) e la colpa dell'infortunato è configurabile solo quando la condotta del lavoratore sia del tutto anomala o si traduca nell'inosservanza di precise disposizioni impartite (sez. 4^ 13.2.1991, n. 4784, rv 187538).

Si tratta di principi saldamente ancorati alla giurisprudenza di legittimità e condivisibili e di una modalità espositiva che da ragione di tutto il percorso argomentativo, che appare immune da vizi logici, mentre le valutazioni di merito sull'attendibilità delle testimonianza non possono essere soggette a sindacato.

L'infondatezza del ricorso comporta il rigetto del medesimo e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla refusione di quelle sostenute dalla parte civile, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla refusione delle spese in favore delle parti civili e liquida le stesse in Euro 3.050,00 oltre accessori come per legge.