REPUBBLICA ITALIANA
 
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
 
 SEZIONE LAVORO
 
 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
 Dott. MERCURIO Ettore - Presidente
 
 Dott. MONACI Stefano - Consigliere
 
 Dott. D'AGOSTINO Giancarlo - Consigliere
 
 Dott. NOBILE Vittorio - rel. Consigliere
 
 Dott. MAMMONE Giovanni - Consigliere
 
 ha pronunciato la seguente:
 
 sentenza

 

 


 
 sul ricorso 25000/2005 proposto da:
 
 B.U., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FLAMINIA 195, presso lo studio dell'avvocato VACIRCA Sergio, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato BARGHINI CESARINA, giusta mandato in calce al ricorso;
 
 - ricorrente -
 
 contro
 
TO.RE.MAR. (TOSCANA REGIONE MARITTIMA) S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA RUGGERO FAURO 43, presso lo studio dell'avvocato PETRONIO Ugo, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati BASSANO PAOLO, BELLESI ANTONIO, MAZZOTTA ORONZO, giusta mandato a margine del controricorso;
 
 - controricorrente -
 
 avverso la sentenza n. 1002/2005 della CORTE D'APPELLO di FIRENZE, depositata il 22/06/2005 R.G.N. 2013/04;
 
 udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 22/01/2009 dal Consigliere Dott. VITTORIO NOBILE;
 
 uditi gli Avvocati VACIRCA e BARGHINI;
 
 uditi gli Avvocati MAZZOTTA e BELLESI;
 
 udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MATERA Marcello, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.
 
 
 

 

Fatto

 

 

Con sentenza n. 314/2004 il Giudice del lavoro del Tribunale di Livorno, in parziale accoglimento delle domande proposte da B.U. nei confronti della TO.RE.MAR s.p.a., dichiarava illegittime le sanzioni disciplinari del 28-6-2001 e del 8- 8-2001; riduceva a dieci giorni la sanzione del 2-5-2001 e condannava la società di navigazione a corrispondere al B. la retribuzione nella misura di Euro 21.337,69 per il periodo 12-5- 2001/3-11-2001 e la quota di TFR pari a Euro 855,47, oltre rivalutazione e interessi, compensando le spese.
 

Le dette sanzioni erano state irrogate per non aver il B. ottemperato all'obbligo di presentarsi a visita medica, ai sensi del D.Lgs. n. 271 del 1999, art. 8, comma 1, lett. f) e art. 23, comma 6, lett. a).
 
 

In particolare il giudice riteneva fondata la tesi della società secondo cui i controlli medici previsti dal D.Lgs. n. 271 del 1999, avevano lo scopo di verificare l'idoneità del lavoratore rispetto ai rischi specifici delle mansioni da svolgere a bordo, mentre i controlli medici previsti dall'art. 323 c.n., e dalla L. n. 1602 del 1962, di integrazione della legge 1773/1933, avevano solo lo scopo di verificare l'esistenza di una generica attitudine al lavoro marittimo.

Riteneva, ancora, che per "lavoratore marittimo imbarcato a bordo delle navi" si doveva intendere il lavoratore che aveva stipulato con l'armatore un apposito contratto di arruolamento, come confermato dal parere ministeriale espresso a seguito di specifica richiesta del legale del ricorrente, e che ai sensi della L. n. 300 del 1970, art. 7, comma 4, ogni sanzione disciplinare conservativa non poteva avere una durata superiore a dieci giorni.


 

Avverso la detta sentenza proponeva appello il B. deducendo: che le visite mediche ai sensi del D.Lgs. n. 271 del 1999, potevano essere effettuate solo dopo l'avvenuto imbarco a bordo secondo il chiaro tenore letterale del detto decreto; che nella specie si doveva tener conto delle visite di natura pubblicistica espletate, laddove la visita del medico competente ex art. 23 del citato D.Lgs., poteva essere finalizzata allo scopo di non imbarcare un marittimo non gradito; che il primo giudice aveva confuso il regime di continuità (CRL) in cui egli si trovava e la singola convenzione di arruolamento che egli avrebbe dovuto stipulare per l'imbarco come 1^ ufficiale sulla nave "(OMISSIS)".
 
 

L'appellante insisteva, altresì, per ottenere il pagamento della gratifica natalizia e pasquale per il periodo 2-5-01/3-11-01 calcolata dal CTU ma non sommata al totale spettante, nonchè il risarcimento del danno biologico e morale conseguente alla condotta vessatoria della TO.RE.MAR nel non adempiere all'obbligo di reintegra nel posto di lavoro (come da sentenza del Pretore di Livorno del 11-6- 1999, confermata in appello e in sede di legittimità - v. Cass. n. 14607/2002).
 
 

Costituitasi, dal canto suo, la società appellata resisteva al gravame, deducendo, in particolare, che il B., ufficiale assunto in CRL, era stato arruolato fin dal (OMISSIS) e che avverso il giudizio del medico competente era ammesso ricorso all'Ufficio di Sanità marittima del Ministero della Sanità territorialmente competente.

La società proponeva altresì appello incidentale perchè fosse dichiarata legittima la sanzione di 30 giorni a decorrere dal 2-5-2001 ed il B. fosse condannato alla restituzione delle somme relative ai 20 giorni sottratti nella sentenza, all'uopo rilevando che in base alla sentenza n. 364/1991 della Corte Costituzionale al personale marittimo erano applicabili solo le garanzie procedimentali di cui alla L. n. 300 del 1970, art. 7, e non il comma 4 relativo all'entità della sanzione che, ai sensi dell'art. 35 della stessa legge, restava demandata alla contrattazione collettiva.
 
 

La Corte di Appello di Firenze, con sentenza depositata il 22-6-2005, rigettava l'appello principale e, in accoglimento dell'appello incidentale, dichiarava legittima la sanzione disciplinare di 30 giorni di sospensione con decorrenza 2-5-2001 e condannava il B. alla restituzione della differenza detratta in sentenza.
 
 

In sostanza la Corte territoriale riteneva che la tesi dell'appellante, secondo cui le visite D.Lgs. n. 271 del 1999, ex art. 23, potevano essere disposte soltanto dopo che il marittimo fosse stato materialmente imbarcato a bordo di una nave determinata, non era condivisibile, "in quanto in contrasto sia con le ragioni di sicurezza e salute dei lavoratori marittimi poste a fondamento delle varie disposizioni, sia con la specifica disposizione dell'art. 23, comma 6, lett. a) che prevede anche accertamenti preventivi".
 
 

La Corte di Appello rilevava, poi, la "correttezza giuridica del comportamento aziendale" e "la conseguente inesistenza, non altrimenti provata, di un comportamento vessatorio atto a provocare un grave danno morale e psicologico" e, nell'accogliere l'appello incidentale, osservava che C. Cost., n. 364/1991 aveva dichiarato illegittima la mancata applicazione, al personale navigante delle imprese di navigazione, della L. n. 300 del 1970, art. 7, solo riguardo ai primi tre commi e che il quarto comma era inapplicabile allo stesso personale in quanto l'art. 35 della detta legge demandava ai contratti collettivi di lavoro l'applicazione dei principi della legge medesima (ferme le norme di cui agli artt. 1, 8, 9, 14, 15, 16 e 17).
 
 

Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso il B. con dodici motivi.
 
 

La TO.RE.MAR. ha resistito con controricorso.
 
 

Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
 
 
  

Diritto

 


Con il primo motivo il ricorrente, denunciando violazione dell'art. 12 preleggi ed erronea applicazione del D.Lgs. n. 271 del 1999, artt. 1, 2 e 3, per aver la sentenza impugnata illegittimamente ritenuto applicabile alla fattispecie il predetto decreto, e conseguente violazione dell'art. 316 c.n., in sostanza deduce che la disciplina di cui al detto decreto invocata dalla Toremar si riferisce ai "marittimi imbarcati" ovvero "facenti parte dell'equipaggio" di una nave e la relativa tutela riguarda "la specificità delle mansioni attribuite nell'ambito di una determinata unità navale", restando, quindi, estranea alla ricorrenza di una generica continuità di rapporto di lavoro (all'epoca il B., in CRL, "non era imbarcato su alcuna nave e non era iscritto in alcun ruolo di equipaggio").
 
 

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione dell'art. 323 c.n. e della L. n. 1602 del 1962, artt. 3 e 6, per aver la Corte di Appello subordinato la rilevanza delle dette norme cogenti rispetto a quelle di cui al D.Lgs. n. 271 del 1999; violazione dell'art. 12 preleggi ed errata applicazione del D.Lgs. n. 271 del 1999, art. 23, nella parte in cui fa riferimento agli "accertamenti preventivi", con conseguente violazione dei criteri ermeneutici di cui agli artt. 1363, 1364 e 1367 c.c..
 In sintesi il ricorrente deduce che egli era "perfettamente in regola con la cd. visita biennale prevista dalla L. n. 1602 del 1962, art. 3" e che nessun altro adempimento era previsto per l'imbarco, giacchè soltanto "una volta formalizzato l'imbarco" e solo da quel momento egli sarebbe stato subordinato alle disposizioni di cui al D.Lgs. n. 271 del 1999, "e quindi all'istituzione della cartella da parte del medico competente per la valutazione dei rischi specifici derivanti dalla specifica mansione assegnata e al monitoraggio periodico delle specifiche condizioni di lavoro".
 
 

Il ricorrente, poi, lamenta che erroneamente la Corte territoriale ha qualificato "le visite pubblicistiche eseguite dal SASN alla stregua di accertamenti di carattere limitato e in sostanza rileva che, dequalificando tali visite pubblicistiche, la Corte di Appello le ha confinate "ad una sorta di accertamenti secondari e comunque subordinati rispetto alla visita del cd. medico competente - privato - dell'armatore".
 
 

Con il terzo motivo il ricorrente, denuncia violazione dell'art. 115 c.p.c., per aver la Corte di merito fondato la sentenza su un documento non versato agli atti del giudizio ("certificato del 29-9- 1999 che - oltre ad essere estraneo al thema decidendum - non era nemmeno agli atti del giudizio", essendo stato depositato in altra causa decisa lo stesso giorno tra le stesse parti).
 
 

Con il quarto motivo il ricorrente denuncia violazione del D.P.R. n. 620 del 1980, art. 3, u.c. e art. 6, per aver la Corte territoriale ignorato che le funzioni medico legali in materia di lavoro nautico sono attribuite alla competenza esclusiva dello Stato, nonchè illogicità e contraddittorietà della motivazione.
 
 

Al riguardo, in sintesi, il ricorrente deduce che il legislatore "ha attribuito in via esclusiva al SASN la valutazione preventiva dell'idoneità all'imbarco" e lamenta che la Corte di Appello, "sovrapponendo" la figura del medico competente istituito dal D.Lgs. n. 271 del 1999, a quella del medico fiduciario SASN, ha finito per attribuire le specifiche competenze, riservate ad organi pubblici, "ad un organo di diritto privato, al quale, peraltro, lo stesso legislatore ha chiaramente attribuito un ambito di operatività ben circoscritto".
 
 

Con il quinto motivo, il ricorrente denuncia violazione dei criteri ermeneutici enunciati dagli artt. 1362, 1363 e 1367 c.c., con riferimento alla nota del 27-11-2002 trasmessa dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, nonchè conseguente illogicità e contraddittorietà della motivazione.
 
 

In particolare il ricorrente, con riferimento al chiarimento reso dal funzionario del Ministero con la detta nota (la quale, peraltro, doveva essere letta in relazione anche alla precedente dello stesso Ufficio del 10-10-2002), deduce che nella stessa si affermava che per "lavoratore marittimo imbarcato a bordo delle navi" si intendeva "il lavoratore che ha stipulato con l'armatore un apposito contratto di arruolamento", così evidenziando la necessità della previa stipula di tale "apposito contratto".
 
 

Con il sesto motivo il ricorrente denuncia violazione dell'art. 113 c.p.c., per aver la Corte di appello espressamente rafforzato la ritenuta applicabilità del citato decreto al ricorrente ritenendolo "un caso particolare", con conseguente violazione dell'art. 3 Cost., illogicità e contraddittorietà della motivazione, nonchè violazione e falsa applicazione dell'art. 115 c.p.c., per avere la stessa Corte comunque affermato la particolarità del caso senza dare ingresso alle istanze istruttorie relative al trattamento degli altri lavoratori.
 
 

Con il settimo motivo il ricorrente denuncia omesso esame di un fatto decisivo (per avere la Corte di merito fondato il proprio convincimento su di una presunta inidoneità alla navigazione ignorando la prova contraria risultante dalla documentazione agli atti), violazione del R.D. n. 1773 del 1933, art. 4, della L. n. 1602 del 1962, art. 3, nonchè del D.P.R. n. 620 del 1980, art. 3, u.c. (che attribuiscono allo Stato le funzioni medico-legali nei confronti del personale navigante), nonchè illogicità e contraddittorietà di motivazione laddove attribuisce tali funzioni alla perizia medico-legale del prof. B.M..
 

Con l'ottavo motivo il ricorrente denuncia violazione ed errata applicazione del D.Lgs. n. 271 del 1999, art. 23, con particolare riferimento alla locuzione "accertamenti preventivi" alla quale la Corte ha attribuito un significato diverso ed incompatibile con quello voluto dal legislatore; violazione dell'art. 115 c.p.c., per aver omesso l'esame del contratto stipulato tra la Toremar ed il C. (medico competente), prova decisiva della ineseguibilità della visita di cui all'art. 23 citato al marittimo che non abbia stipulato un contratto di arruolamento"; violazione dell'art. 323 c.n., che attribuisce al SASN la competenza di eseguire la visita preventiva all'imbarco.
 
 

In sostanza il ricorrente deduce che "la prevenzione alla quale si riferisce il legislatore del 1999" non può "estendersi oltre i suoi limiti legali, fino a sostituirsi alla visita preventiva prevista dall'art. 323 c.n., nè a relegare quest'ultima a rango inferiore" e rileva che, dalla analisi del rapporto contrattuale instaurato tra la convenuta e il C., risulta che "quella visita alla quale la Corte attribuisce natura preventiva e propedeutica all'imbarco, fino a sovrapporla alla visita di cui all'art. 323 c.n., altro non è che la prima visita che il medico competente esegue sul marittimo (già) imbarcato al momento dell'istituzione della cartella sanitaria e di rischio".
 
 

Con il nono motivo, denunciando illogicità e contraddittorietà della motivazione nella parte in cui la Corte di Appello richiama l'irrilevanza degli effetti della CRL, il ricorrente in sostanza deduce che "il ruolo qualificante del D.Lgs. n. 271 del 1999, è dato dal l'oggetti vita del fatto nautico espresso dall'effettività del servizio prestato a bordo dal componente dell'equipaggio e non già dalla sussistenza della continuità di un generico rapporto di lavoro nautico e lamenta che la stessa Corte è arrivata persino a ventilare il principio della possibilità per l'armatore di eseguire visite preventive, intese come preassuntive, con lo strumento del decreto legislativo in parola".
 
 

Con il decimo motivo il ricorrente denuncia insufficiente ed illogica motivazione del rigetto della domanda di riforma della sentenza di primo grado in punto di gratifica natalizia e pasquale, omesso esame di fatto decisivo, e violazione dell'art. 112 c.p.c..
Al riguardo il ricorrente lamenta che con l'atto di appello (motivo n. 9, riportato in ricorso) era stata espressamente impugnata "la omessa pronuncia del giudice di primo grado sulla domanda reiterata in data 12.5.2004, come da verbale di udienza, relativamente alla mancata liquidazione da parte del giudice delle gratifiche natalizie e pasquali, ritualmente richieste nel ricorso di primo grado, che quanto meno dovevano essere corrisposte in proporzione ai periodi per i quali la convenuta era stata condannata a corrispondere le retribuzioni" e rileva che la Corte di Appello in sostanza sul punto nulla ha osservato, limitandosi semplicemente ad affermare che "il Tribunale ha dato atto che il CTU in un primo momento aveva tenuto conto dell'intero periodo, calcolando poi correttamente la parte da non restituire al B. per i primi dieci giorni".
 
 

Con l'undicesimo motivo il ricorrente denuncia violazione dell'art. 2 Cost., con conseguente falsa applicazione dell'art. 185 c.p. e art. 2059 c.c., per avere la Corte di Appello rigettato, in coerenza con le precedenti statuizioni, la domanda del ricorrente di risarcimento del danno morale.
 
 

Con il dodicesimo motivo, infine, il ricorrente, con riferimento all'accoglimento dell'appello incidentale della Toremar, denuncia comunque violazione della L. 20 maggio 1970, n. 300, art. 7, comma 4, e art. 35, interpretati in maniera conforme ai principi costituzionali posti dagli artt. 3 e 36 Cost., sollevando, in subordine, questione di illegittimità costituzionale dell'art. 35 citato per contrasto con gli artt. 3, 4, 35 e 36 Cost., nella parte in cui esclude la diretta applicabilità dell'art. 7 comma 4 della stessa legge al personale navigante, da cui deriva la possibilità per la contrattazione collettiva di introdurre nell'ordinamento norme che realizzano un'ingiustificata disparità di trattamento tra categorie di lavoratori, eludendo, altresì, il principio costituzionale della retribuzione sufficiente.
 
 

Osserva il Collegio che i motivi primo, secondo, quarto, quinto, ottavo e nono, riguardano, sotto diversi profili, la questione centrale della controversia, concernente, in sostanza, la applicabilità nella fattispecie della specifica disciplina di cui al D.Lgs. n. 271 del 1999, e, quindi, la possibilità per la società di navigazione di sottoporre il B. (in regime di CRL) a visita del "medico competente", prima dell'eventuale imbarco.
 
 

Tale questione principale, che, ovviamente, condiziona la legittimità o meno del rifiuto del B. e conseguentemente anche la legittimità o meno della sanzione disciplinare, è stata affrontata da questa Corte con la sentenza 13-8-2008 n. 21571, con la quale, nel giudizio fra le stesse parti relativo alla impugnazione del licenziamento, questa Corte ha accolto il ricorso del B. avverso la sentenza della Corte di Appello di Firenze n. 1171/2005.
 
 

In particolare questa Corte, esaminata la normativa specifica, ha affermato che: "Appare evidente da una complessiva lettura del citato D.Lgs. n. 271 del 1999, che esso è calibrato sull'ambiente di lavoro ricollegabile ad una data unità navale e non genericamente al lavoro marittimo. Le funzioni ed i compiti previsti per i vari soggetti presuppongono un dato ambiente di lavoro, vale a dire una determinata nave ed una mansione predeterminata i cui rischi debbono essere valutati. La definizione di lavoratore marittimo contenuta nel decreto fa riferimento ad un lavoratore che viene attualmente impiegato a bordo di una nave mercantile per svolgere un servizio, o quanto meno una persona ingaggiata nell'equipaggio di una nave per svolgere una determinata funzione. L'obbligo del lavoratore marittimo di sottoporsi ai controlli sanitari presuppone che il lavoratore stesso sia "imbarcato a bordo", vale a dire sia già a bordo della nave o quanto meno sia arruolato nell'equipaggio di una determinata nave".
 
 

Ciò posto questa Corte ha precisato che l'accertamento preventivo, previsto dall'art. 23, comma 6 del citato D.Lgs., "presuppone un lavoro cui il lavoratore marittimo è destinato, il che richiede quanto meno la preventiva stipula di un contratto di arruolamento per un determinato natante" ed ha concluso che, pertanto, "per poter esigere la sottoposizione del lavoratore a visita da parte del medico competente, non è sufficiente una continuità del rapporto di lavoro, ossia una messa a disposizione, ma occorre che il lavoratore faccia parte di un equipaggio imbarcato a bordo della nave".
 
 

A tale decisione, fondata non soltanto sugli elementi letterali ma anche e specialmente sulla ratio e sulla finalità della normativa di cui al citato D.Lgs., il Collegio ritiene di dover aderire, sulla base anche della necessaria collocazione della normativa stessa nel quadro del sistema del regime e dei controlli propri del peculiare rapporto di lavoro nautico, risultando, peraltro, infondate le contestazioni e le perplessità - anche di ordine pratico - al riguardo sollevate dalla società Toremar.
 
 

Invero il D.Lgs. n. 271 del 1999 - come espressamente proclamato dall'art. 1 - "ha lo scopo di adeguare la vigente normativa sulla sicurezza e la salute dei lavoratori sul luogo di lavoro, alle particolari esigenze dei servizi espletati su tutte le navi o unità indicate all'art. 2".
 
 

Ai sensi dell'art. 2 "le norme del presente decreto si applicano ai lavoratori marittimi imbarcati a bordo di tutte le navi o unità mercantili, nuove ed esistenti...." ed ai sensi dell'art. 3 "lavoratore marittimo" è "qualsiasi persona facente parte dell'equipaggio che svolge, a qualsiasi titolo, servizio o attività lavorativa a bordo di una nave o unità mercantile o di una nave da pesca".

L'art. 5 prevede, poi, le misure generali di tutela "a bordo di tutte le navi o unità, ai fini della prevenzione degli infortuni e dell'igiene del lavoro dei marittimi" e l'art. 6 fissa gli obblighi dell'armatore e del comandate "nell'ambito delle rispettive attribuzioni e competenze", prescrivendo innanzitutto che l'armatore "in relazione alle caratteristiche tecnico-operative dell'unità, valuta i rischi per la sicurezza e per la salute dei lavoratori marittimi predisponendo il piano di sicurezza dell'ambiente di lavoro".
 
All'art. 8, tra gli obblighi del "lavoratore marittimo imbarcato a bordo delle navi o unità di cui all'art. 2" è previsto quello di "sottoporsi ai controlli sanitari secondo quanto disposto dalle vigenti normative in materia".
 
All'art. 12 è stabilito, poi, che "l'armatore designa per ogni unità navale, tra il personale di bordo, una o più persone che espleteranno i compiti del servizio di prevenzione e protezione, nonchè il responsabile del servizio stesso, sentito il rappresentante alla sicurezza dell'ambiente di lavoro" (previsto dall'art. 16).
 
 

Il decreto legislativo prescrive inoltre vari tipi di visite delle navi ed il mantenimento delle condizioni dopo le visite stesse (art. da 18 a 22).
 
 

In base all'art. 23, poi, il "medico competente", che innanzitutto "collabora con l'armatore e con il servizio di prevenzione e protezione..., sulla base della specifica conoscenza dell'organizzazione del lavoro a bordo e delle situazioni di rischio, alla predisposizione dell'attuazione delle misure per la tutela della salute del lavoratore marittimo", tra l'altro "effettua gli accertamenti sanitari ed esprime i giudizi di idoneità alla mansione specifica indicati al comma 6", che testualmente prevede che "la sorveglianza sanitaria effettuata dal medico competente comprende:
 
 a) accertamenti preventivi intesi a constatare l'assenza di controindicazioni al lavoro cui i lavoratori marittimi sono destinati ai fini della valutazione della loro idoneità alla mansione specifica;
 
 b) accertamenti periodici per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica".
 
 Peraltro avverso il giudizio di inidoneità del "medico competente" "è ammesso ricorso entro trenta giorni dalla data di comunicazione del giudizio medesimo all'Ufficio di sanità marittima del Ministero della sanità territorialmente competente".
 

Infine anche la formazione dei lavoratori marittimi (art. 27) - che in primo luogo deve avvenire "in occasione" "dell'imbarco" - è rapportata "alla tipologia di nave ed alle mansioni svolte a bordo", mentre dopo l'approvazione del "piano di sicurezza dell'ambiente di lavoro" (art. 32) ed "a seguito della conclusione dell'istruttoria" è previsto il rilascio "del certificato di sicurezza dell'ambiente di lavoro a bordo". Appare, quindi, evidente, che si tratta di norme tutte dirette a tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori sul luogo di lavoro specifico, che non può che essere la specifica nave (o unità navale) dove deve svolgersi l'attività lavorativa.
 
 

Peraltro in alcun modo può prescindersi dal necessario collegamento con lo specifico e particolare ambiente di lavoro (la singola unità navale), in relazione al quale sono rapportate le varie garanzie e tutele previste dal decreto legislativo stesso.
 
 

In particolare, quindi, anche gli "accertamenti sanitari" del "medico competente" e pure "i giudizi di idoneità alla mansione specifica", proprio in quanto tali, non possono prescindere da tale concreto collegamento, essendo necessariamente riferiti, sul piano soggettivo, ai lavoratori marittimi arruolati per una determinata nave ovvero facenti parte dell'equipaggio della stessa.
 
 

In tal senso (giuridico e non fisico) vanno, quindi, ovviamente intese, le espressioni come "lavoratori marittimi imbarcati a bordo" o come "persona facente parte dell'equipaggio che svolge, a qualsiasi titolo, servizio o attività lavorativa a bordo di una nave".
 
 

Del resto se gli accertamenti del "medico competente" hanno come oggetto la "idoneità alla mansione specifica" (analogamente, peraltro, con quanto previsto dal D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 16) è evidente che gli stessi accertamenti non possono non presupporre la identificazione ed il collegamento con una determinata nave.
 
 

Pertanto infondata è la tesi sostenuta dalla società, secondo cui le espressioni sopra richiamate dovrebbero essere intese nel senso generico di "lavoratori destinati a prestare un servizio quali naviganti", giacchè, in tal senso, in sostanza non si tratterebbe più di accertamenti circa la "idoneità alla mansione specifica" e si finirebbe per invadere la sfera degli accertamenti pubblici della idoneità fisica della gente di mare (vedi art. 323 c.n., L. n. 1602 del 1962 con le relative modifiche ed integrazioni del R.D.L. n. 1773 del 1933 conv. nella L. n. 244 del 1934) finalizzati "a verificare l'idoneità del marittimo alla navigazione con riferimento alla sua complessiva efficienza psico-fisica, imposta dal legislatore a tutela dell'interesse pubblico alla sicurezza della navigazione" (v. Cass. 10-5-1995 n. 5082). Del resto le "funzioni medico-legali nei confronti del personale navigante" sono di "competenza dello Stato" (v. D.P.R. n. 620 del 1980, art. 3).
 
 

Del pari neppure può condividersi l'argomento per assurdo secondo cui, la tesi del ricorrente porterebbe a concentrare la possibilità degli accertamenti ex art. 23 D.Lgs. citato, alle sole ipotesi di materiale imbarco in atto del marittimo, con la conseguenza della impraticabilità degli esami necessari non effettuabili a bordo, e della sostanziale impossibilità di fatto degli "accertamenti preventivi" espressamente previsti dall'art. 6, lett. a). E' evidente, infatti, che, se il lavoratore è, come sopra, "imbarcato" in senso giuridico, non necessariamente deve trovarsi fisicamente sulla nave nel momento in cui è assoggettato agli accertamenti de quibus.
 
 

In tal senso, del resto, si esprime anche la nota del Ministero del 27-11-2002 (richiamata dal ricorrente e riportata in ricorso) dove si legge che "la locuzione utilizzata dal legislatore ("lavoratore marittimo imbarcato a bordo delle navi") va intesa nel senso di "lavoratore che ha stipulato con l'armatore un apposito contratto di arruolamento" e si precisa che gli "accertamenti, cui deve essere sottoposto il lavoratore marittimo, debbono essere svolti a terra in quanto, essendo anche comprensivi di esami clinici, biologici e indagini diagnostiche mirate al rischio, le apparecchiature non sono presenti a bordo".
 
 

In definitiva l'accertamento "preventivo" è quello iniziale, ovvero anche anteriore all'effettivo svolgimento della mansione specifica e all'imbarco materiale sulla nave, ma è pur sempre riferito ad un lavoratore marittimo arruolato per quella nave e facente parte dell'equipaggio della stessa.
 
 

In tale quadro e sulla base di tali premesse va, quindi, esaminata la posizione peculiare del marittimo in regime di CRL.

Come questa Corte ha avuto più volte occasione di chiarire (v. fra le altre Cass. 17-1-2005 n. 777/2005, Cass. 8-3-1990 n. 1874, cfr. Cass. 8-6-2001 n. 7823) "nel rapporto di lavoro nautico in regime di continuità e cioè di stabilità del posto di lavoro, l'arruolamento di cui all'originario contratto di lavoro a tempo indeterminato, si protrae fino al momento della cancellazione del marittimo dal turno particolare senza reiscrizione. Il predetto rapporto di lavoro, la cui unicità non è esclusa dai periodi di inoperosità intercorrenti tra ciascuno sbarco e rimbarco successivo (cfr. Cass. 29-1-1988 n. 777, Cass. 17-1-1987 n. 383), è, in particolare caratterizzato: da una fase attiva di imbarco che termina con lo sbarco per godimento delle ferie e dei riposi compensativi, che risolve automaticamente la convenzione di imbarco ma non il contratto di arruolamento; da una fase, successiva alla prima, di inattività predeterminata, e cioè da un periodo di riposo, retribuito e valutabile per l'anzianità, che va dallo sbarco a terra per godimento delle ferie e dei riposi compensativi, al nuovo imbarco od all'entrata in disponibilità; e da una fase, eventuale e indeterminata, di inattività per disponibilità al reimbarco, non verificatosi al compimento del previsto periodo di riposo, in cui il marittimo è ancora retribuito e conserva l'anzianità di servizio (cfr. Cass. 16-12-1986 n. 7599, Cass. 14-11-1986 n. 6705)".
 
 

Orbene risulta pacifico che il B., allorquando fu convocato per l'accertamento ex art. 23 del citato D.Lgs., era in attesa di un reimbarco e non faceva parte dell'equipaggio di alcuna nave.
 

Seppure il suo rapporto originario di arruolamento in CRL non fosse affatto risolto, è chiaro che per potersi configurare il necessario collegamento con una determinata nave (presupposto necessario per l'assoggettamento allo specifico accertamento de quo) si sarebbe dovuta, quanto meno, stipulare fra le parti una convenzione di imbarco per una nave, non essendo all'uopo sufficiente la mera situazione della disponibilità ad un reimbarco.
 
In base alle considerazioni che precedono vanno, quindi, in sostanza, accolti unitariamente i motivi primo, secondo, quarto, quinto, ottavo e nono.
 
Del pari va accolto il decimo motivo, riguardante la gratifica natalizia e pasquale, in quanto la Corte di Appello non si è pronunciata sul relativo motivo di appello (n. 9, riportato ai fini della autosufficienza a pag. 6 del ricorso), con il quale il B. aveva lamentato che il giudice di primo grado non si era "pronunciato sulla richiesta avanzata in data 12-5-2004 come da verbale di udienza".
 

Al riguardo, infatti, non risulta affatto che la Corte di Appello abbia preso in esame la questione specificamente sul punto sollevata con l'appello.
 
Tanto basta per accogliere il ricorso e, quindi, cassare la impugnata sentenza con rinvio alla Corte di Appello di Bologna, la quale provvederà attenendosi ai principi sopra affermati.
 

Restano, peraltro, assorbiti gli altri motivi ed in specie il terzo, il sesto e il settimo (riguardanti la denuncia di vizi ulteriori della impugnata sentenza, assorbiti dalla soluzione, come sopra, della questione principale), l'undicesimo concernente la domanda di risarcimento (respinta dalla Corte di Firenze in base alla ritenuta "correttezza giuridica del comportamento aziendale") sulla quale provvederà il giudice di rinvio e il dodicesimo rivolto avverso l'accoglimento dell'appello incidentale della società (anch'esso assorbito dalla soluzione della questione principale).
 
 

Il giudice del rinvio provvederà, inoltre, in merito al punto relativo alla gratifica natalizia e pasquale di cui al decimo motivo, come sopra accolto, e statuirà anche sulle spese di legittimità.

 
 

 P.Q.M.

 


 La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Bologna.
 
 Così deciso in Roma, il 22 gennaio 2009.
 
 Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2009