REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI PERUGIA

SEZIONE LAVORO

 

Il Tribunale, in persona del Giudice del Lavoro dott. Alessio Gambaracci, nelle cause civili riunite al n. 58/02 Ruolo G. Lav. Prev. Ass.,

promosse da

Ba.Mi. (avv.ti Be.Gh. e Ca.Pi. (causa iscritta sin dall'inizio al n. 58/02) e Fa.Do.Ma. (causa originariamente iscritta al n. 2306/03))

Contro

Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca (Avvocato dello Stato)

nonché contro

Direzione didattica statale (...) di Città di Castello (contumace)

nonché contro

Provveditorato agli Studi di Perugia (contumace)

nonché contro

Inail (avv.ti Br.El. e Fa.Ca.)

ha emesso e pubblicato, ai sensi dell'art. 281 sexies c.p.c., all'udienza del 14.7.2010, leggendo la motivazione ed il dispositivo, facenti parte integrante del verbale di udienza, la seguente

 

SENTENZA


 

 

  

 

 

FattoDiritto

 

 

Per quanto concerne il giudizio relativo al risarcimento dei danni lamentati dalla ricorrente, è fondata l'eccezione, di carenza di giurisdizione del Giudice ordinario, sollevata dalla difesa del Ministero convenuto.

Occorre brevemente ricordare che la Ba., già dipendente del Ministero dell'Istruzione, sostiene di essere stata vittima di una serie di atti ostili, inquadratali nella fattispecie del mobbing, e - deducendo di essere stata fortemente danneggiata, per vari profili, da tale situazione - ha chiesto il risarcimento dei relativi danni.

Dagli atti si rileva inoltre che, a seguito di visita medica collegiale, l'attuale ricorrente fu collocata (provvedimento del 6.5.1998) in assenza d'ufficio, con decorrenza 1.5.1998 e cessazione nel momento in cui il Provveditore agli Studi avesse adottato i provvedimenti di propria competenza.

In effetti, con decreto del 18.9.1998 il Provveditore risolse, con effetto dallo stesso giorno 18 settembre, il rapporto di lavoro con la Ba..

 

Ciò premesso, si osserva che il mobbing consta di una serie di condotte, protratte nel tempo, che nel loro insieme configurano un illecito permanente. Poiché nella prospettazione attorea i fatti lesivi sarebbero avvenuti nel periodo in cui ella svolgeva attività lavorativa, e poiché il decreto di risoluzione del rapporto non è inserito dalla ricorrente nella serie di fatti asseritamente mobbizzanti, occorre concludere che nella fattispecie l'illecito permanente del quale la Ba. si duole è cessato - al più tardi - l'1.5.1998. Di conseguenza, la controversia non rientra nei confini della giurisdizione del Giudice ordinario, quali segnati dal D.Lgs. 80/98, prima, e dal D.Lgs. 165/01, poi.

 

Con ciò però il discorso non è chiuso, poiché occorre verificare se, secondo la disciplina normativa anteriore al D.Lgs. n. 80/98, la cognizione della lite sarebbe spettata al Giudice ordinario ovvero a quello amministrativo.

Si richiama al riguardo il condivisibile insegnamento del Giudice di legittimità secondo il quale: "Ai fini del riparto di giurisdizione rispetto ad una domanda di risarcimento danni proposta da un pubblico dipendente nei confronti dell'amministrazione, che non sia assoggettata alla nuova disciplina introdotta dal D.Lgs. n. 80 del 1998, assume valore determinante l'accertamento della natura giuridica dell'azione di responsabilità in concreto proposta, in quanto, se si tratta di azione contrattuale, la cognizione della domanda rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, mentre, se si tratta di azione extracontrattuale, la giurisdizione appartiene al giudice ordinario. (Cass. n. 8438/04)".

 

L'indagine da compiere riguarda dunque la natura dell'azione esercitata dalla Ba..

Sul punto si richiama nuovamente l'insegnamento del Giudice di legittimità, secondo il quale: "Ove il pubblico dipendente proponga, nei confronti dell'amministrazione datrice di lavoro, domanda di risarcimento danni per lesione dell'integrità psico - fisica, non rileva, ai fini dell'accertamento della natura giuridica dell'azione di responsabilità proposta, la qualificazione formale data dal danneggiato in termini di responsabilità contrattuale o extracontrattuale, ovvero mediante il richiamo di norme di legge (artt. 2043 e ss., 2087 c.c.), indizi di per sé non decisivi, essendo necessario considerare i tratti propri dell'elemento materiale dell'illecito posto a base della pretesa risarcitoria, onde stabilire se sia stata denunciata una condotta dell'amministrazione la cui idoneità lesiva possa esplicarsi, indifferentemente, nei confronti della generalità dei cittadini e nei confronti dei propri dipendenti, costituendo, in tal caso, il rapporto di lavoro mera occasione dell'evento dannoso; oppure se la condotta lesiva dell'amministrazione presenti caratteri tali da escludere qualsiasi incidenza nella sfera giuridica di soggetti ad essa non legati da rapporto d'impiego e le sia imputata la violazione di specifici obblighi di protezione dei lavoratori (art. 2087 c.c.), nel qual caso la responsabilità ha natura contrattuale... (Cass. n. 18623/08)".

 

Questo Giudice non vede motivi per discostarsi da tali esaurienti considerazioni.

 

Pertanto, poiché nel caso in questione non è nemmeno ipotizzabile che i fatti denunciati come lesivi potessero essere compiuti ai danni di persona non legata al Ministero da un rapporto di lavoro (il mobbing, infatti, riguarda per definizione i dipendenti), l'azione esercitata dalla Ba. è volta a far valere la responsabilità contrattuale dei convenuti.

Di conseguenza, secondo la disciplina applicabile - ossia quella anteriore al D.Lgs. n. 80/98 - la controversia è estranea alla giurisdizione del Giudice ordinario.

Restano assorbite dalla pronuncia declinatoria di giurisdizione tutte le questioni di merito, ivi compresa quella relativa alla legittimazione dei convenuti contumaci.

 

Quanto alle domande proposte contro Inail, già in passato questo Giudice aveva osservato, in altra controversia, che - a differenza di quanto previsto per gli infortuni sul lavoro - la malattia professionale è tale in quanto esista un rapporto causale fra la medesima e l'attività lavorativa.

 

Secondo tale impostazione non sono, di conseguenza, tutelati da parte di Inail tutte le malattie comunque contratte in occasione di lavoro, ma solo quelle cagionate direttamente dall'attività professionale svolta dal lavoratore.

Questa impostazione è stata autorevolmente confermata dal Consiglio di Stato (decisione n. 1576/09), secondo il quale il sistema c.d. misto opera nel senso che la malattia professionale è indennizzata, indipendentemente dalla sua inclusione nelle tabelle allegate al D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, se trova la sua derivazione causale nell'esercizio di una delle lavorazioni di cui al precedente art. 1 dello stesso Dpr.

 

Il rischio tutelato dall'assicurazione malattie professionali è insomma pur sempre collegato alle attività lavorative previste dall'art. 1, mentre non è - per la normativa vigente - agganciato anche all'organizzazione del lavoro.

 

Ciò posto, poiché nella fattispecie le patologie lamentate sarebbero state causate - secondo la ricorrente - da situazioni riconducibili a costrittività organizzativa, e non direttamente dall'esecuzione di una delle lavorazioni elencate dall'art. 1 del D.P.R. n. 1124/65, per tali patologie non è ipotizzabile (nemmeno in astratto) alcuna tutela INAIL.

Le domande proposte sono pertanto infondate, e lo sarebbero anche se le circostanze esposte dall'attrice fossero per avventura vere.

 

Le domande in questione vanno, in definitiva, respinte.

 

Nel rapporto fra la ricorrente ed il Ministero le spese seguono la soccombenza per un quarto; ragioni equitative inducono alla compensazione perii residuo.

 

Quanto al rapporto fra l'attrice ed Inail, per disposto di legge le spese vanno compensate.

 

 

 

P.Q.M.

 

 


Definitivamente pronunciando:

- dichiara il difetto di giurisdizione del Giudice ordinario quanto alle domande proposte contro il Ministero ed i convenuti contumaci:

- respinge le domande proposte contro Inail;

- compensa per tre quarti le spese di lite fra la ricorrente ed il Ministero e condanna la prima a rifondere al secondo il residuo quarto, che qui in tale misura si liquida in Euro 2.000,00 per competenze ed onorari, oltre Iva e Cap come per legge;

- compensa le spese di lite fra la ricorrente ed Inail.

Così deciso in Perugia, il 14 luglio 2010.

Depositata in Cancelleria il 14 luglio 2010.