Categoria: Cassazione penale
Visite: 11770

 

Cassazione Penale, Sez. 4, 03 febbraio 2011, n. 4113 - Appalto e posizioni di garanzia


 

 

 

Responsabilità del legale rappresentante di una snc, appaltatrice dei lavori di realizzazione di un fabbricato plurifamiliare, per infortunio mortale occorso ad un operaio edile assunto formalmente da N.N., legale rappresentante della omonima impresa edile artigiana, sub - appaltarice dei lavori.

Il N. ammetteva la sussistenza del rapporto di lavoro subordinato intercorso con il F. ed ha chiesto ed ottenuto l'applicazione della pena concordata ex art. 444 c.p.p..

Si deduce che è pacificamente emerso che il rapporto intercorrente tra la S 2 C. snc e la Ditta N. fosse di subappalto.

 

Ricorso in Cassazione - Rigetto.

 

La Suprema Corte afferma che  "con congruenza argomentativa i giudici di appello hanno innanzitutto affermato la sussistenza del nesso di causalità tra la morte dell'operaio e la violazione di norme antinfortunistiche, condividendo su quest'ultimo punto l'affermazione, contenuta nella sentenza di primo grado, dell'inosservanza delle prescritte cautele, descritte analiticamente nel capo di imputazione (violazione del D.P.R. n. 164 del 1956, artt. 16 e 28, che impongono rispettivamente, nei lavori da eseguirsi ad un'altezza superiore ai 2 mt., l'adozione di adeguate impalcature, ponteggi o opere atte ad eliminare il pericolo di caduta delle persone e, nella esecuzione delle opere a struttura in conglomerato cementizio, quando non si provveda alla costruzione da terra di una normale impalcatura, alla sistemazione in corrispondenza del piano raggiunto di un regolare ponte di sicurezza a sbalzo)."

 

Peraltro il ricorrente non contesta le omesse misure antinfortunistiche ma solo la posizione di garanzia.

 

In ordine a tale doglianza, si osserva che l'imputato, sebbene avesse subappaltato alla ditta individuale del N.N. i lavori di completamento del secondo solaio del fabbricato e la costruzione di quelli successivi, aveva mantenuto i poteri direttivi generali inerenti alle sua qualità e li aveva esercitati realmente, seguendo le varie fasi della lavorazione, come emerso dall'istruttoria dibattimentale all'esito dell'escussione dei testimoni indicati nell'impugnata sentenza, anche in ordine alla circostanza, rimasta provata, che i materiali e la maggior parte delle attrezzature, salvo le dotazioni individuali, erano forniti dal committente (nel caso appaltatore a sua volta).

 

Continua la Corte: "i giudici hanno anche applicato il principio affermato da questa stessa Sezione 4^ con la sentenza n. 5977 del 15/12/2005, secondo cui, in caso di subappalto di lavori, ove questi si svolgano nello stesso cantiere predisposto dall'appaltatore in esso inserendosi anche l'attività del subappaltatore per l'esecuzione di un'opera parziale, e non venendo meno l'ingerenza dell'appaltatore e la diretta riconducibilità (quanto meno) anche a lui dell'organizzazione del comune cantiere, in quanto investito dei poteri direttivi generali inerenti alla propria qualità, sussiste la responsabilità di entrambi tali soggetti in relazione agli obblighi antinfortunistici, alla loro osservanza ed alla dovuta sorveglianza al riguardo.

 

Un'esclusione della responsabilità dell'appaltatore è configurabile solo qualora al subappaltatore sia affidato lo svolgimento di lavori, ancorchè determinati e circoscritti, che svolga in piena ed assoluta autonomia organizzativa e dirigenziale rispetto all'appaltatore, e non nel caso in cui la stessa interdipendenza dei lavori svolti dai due soggetti escluda ogni estromissione dell'appaltatore dall'organizzazione del cantiere. "


 

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MARZANO Francesco - Presidente
Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe - Consigliere
Dott. FOTI Giacomo - Consigliere
Dott. D'ISA Claudio - rel. Consigliere
Dott. BIANCHI Luisa - Consigliere
ha pronunciato la seguente:

 

sentenza

  

 sul ricorso proposto da:
1) S.C. N. IL (O MISSIS);
avverso la sentenza n. 1061/2009 CORTE APPELLO di PERUGIA, del 19/02/2010;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 22/12/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. CLAUDIO D'ISA;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. GALETI Giovanni che ha concluso per l'annullamento con rinvio.
Udito il difensore Avv. Spina G. conclude per l'accoglimento del ricorso.

 

 

FattoDiritto    

 

S.C. ricorre in cassazione avverso la sentenza, in data 19.02.2010, della Corte d'Appello di Perugia che, accogliendo il gravame di merito proposto dal Procuratore Generale e dal coimputato B.I. e rigettando quello da lui proposto, in parziale riforma della sentenza di condanna emessa nei suoi confronti dal Tribunale di Orvieto l'8.04.2008 in ordine al delitto di cui all'art. 589 c.p., aggravato dalla violazione delle norme antinfortunistiche, ha aumentato la pena inflitta in primo grado ad esso ricorrente, ed ha assolto dallo stesso reato il B.I. con la formula "per non aver commesso il fatto".
Si denuncia contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.

Il ricorrente, ritenuto responsabile della morte dell'operaio edile F.M., non contesta la sussistenza del fatto; ma unicamente la titolarità della posizione di garanzia di cui è stato ritenuto titolare, quale rappresentante legale della ditta "S2 C. snc", appaltatrice dei lavori di realizzazione di un fabbricato plurifamiliare, rilevando che il lavoratore deceduto era stato assunto formalmente da N.N., legale rappresentante della omonima impresa edile artigiana, sub - appaltarice dei lavori.

Il N. ammetteva la sussistenza del rapporto di lavoro subordinato intercorso con il F. ed ha chiesto ed ottenuto l'applicazione della pena concordata ex art. 444 c.p.p..

Si deduce che è pacificamente emerso che il rapporto intercorrente tra la S 2 C. snc e la Ditta N. fosse di subappalto.

Rileva, quindi, che, come più volte affermato dal S.C., il subappaltatore che esegua in maniera autonoma i lavori assunti con i propri operai sia penalmente responsabile dell'infortunio occorso ad uno di essi nell'esecuzione dei lavori subappaltati, ogniqualvolta l'evento dannoso che costituisce reato si sia verificato per la mancata adozione delle prescritte cautele prevenzionali. Opera il trasferimento del rischio e del conseguente onere di tutela della sicurezza dei lavoratori dal cedente al cessionario. Sul punto la sentenza impugnata appare del tutto contraddittoria proprio con riferimento alla richiamata giurisprudenza di legittimità. In fatto, inoltre, rileva il ricorrente, è emerso dall'istruttoria che nel caso di specie l'infortunio si è verificato di domenica allorchè le lavorazioni erano sospese ed in quanto il F. si era recato in cantiere a recuperare un indumento colà dimenticato, il N. ha aggiunto che in tale occasione l'operaio avrebbe anche ultimato non meglio precisate lavorazioni. Tale circostanza la Corte l'ha ritenuta rilevante ai fini dell'assoluzione dell'altro coimputato B. I., coordinatore per la sicurezza, sia in fase di progettazione che di esecuzione, ma contraddittoriamente, non l'ha ritenuta tale in riferimento alla posizione del sub - appaltante S..
Con altro motivo si denuncia la intempestività dell'appello proposto dal Procuratore Generale.

 

I motivi posti a base del ricorso sono infondati sicchè il ricorso va rigettato.

 

Va trattato, in via preliminare, il secondo motivo del ricorso.
Dagli atti emerge che l'avviso di deposito della sentenza di primo grado risulta notificato al Procuratore Generale il 31.10.2008, il suo appello è stato depositato in data 17.11.2008, quindi ampiamente nel termine di quarantacinque giorni previsto dall'art. 585, comma 1, lett. c), in riferimento all'art. 544 c.p.p., comma 3, applicabile al caso di specie.
 

Relativamente al primo motivo, l'assunto difensivo posto a base di esso non è condivisibile.


Con congruenza argomentativa i giudici di appello hanno innanzitutto affermato la sussistenza del nesso di causalità tra la morte dell'operaio e la violazione di norme antinfortunistiche, condividendo su quest'ultimo punto l'affermazione, contenuta nella sentenza di primo grado, dell'inosservanza delle prescritte cautele, descritte analiticamente nel capo di imputazione (violazione del D.P.R. n. 164 del 1956, artt. 16 e 28, che impongono rispettivamente, nei lavori da eseguirsi ad un'altezza superiore ai 2 mt., l'adozione di adeguate impalcature, ponteggi o opere atte ad eliminare il pericolo di caduta delle persone e, nella esecuzione delle opere a struttura in conglomerato cementizio, quando non si provveda alla costruzione da terra di una normale impalcatura, alla sistemazione in corrispondenza del piano raggiunto di un regolare ponte di sicurezza a sbalzo).


Peraltro, come già evidenziato, il ricorrente non contesta le omesse misure antinfortunistiche ma solo la posizione di garanzia.

In ordine a tale doglianza, si osserva che l'imputato, sebbene avesse subappaltato alla ditta individuale del N.N. i lavori di completamento del secondo solaio del fabbricato e la costruzione di quelli successivi, aveva mantenuto i poteri direttivi generali inerenti alle sua qualità (cfr. Sez. 4^, Sent. 978 del 26/1/1990, RV 183133) e li aveva esercitati realmente, seguendo le varie fasi della lavorazione, come emerso dall'istruttoria dibattimentale all'esito dell'escussione dei testimoni indicati nell'impugnata sentenza, anche in ordine alla circostanza, rimasta provata, che i materiali e la maggior parte delle attrezzature, salvo le dotazioni individuali, erano forniti dal committente (nel caso appaltatore a sua volta).


Le censure mosse dal ricorrente, pur essendo volte a contestare l'omessa od errata ricostruzione di risultanze della prova dimostrativa (relativamente alla provata sua concreta ingerenza nella esecuzione dei lavori svolti dalla ditta N.), si sostanziano nella richiesta a questa corte di legittimità di un intervento in sovrapposizione argomentativa rispetto alla decisione impugnata ed ai fini di una lettura della prova alternativa rispetto a quella congrua e logica cui sono pervenuti i giudici del merito.

Al di là dell'inammissibile carattere di prospettazione in fatto delle doglianze formulate, si tratta, comunque, di censure già disattese dal collegio di appello con considerazioni coerenti all'insegnamento del Supremo Collegio in punto di responsabilità per ingerenza, che va tenuto presente, sia pure considerando la peculiarità della fattispecie in esame, e secondo cui il committente, vale a dire, nel caso de quo, il subappaltante (posizione della "S2 C." rispetto alla ditta individuale di N.N.), risponde penalmente degli eventi dannosi comunque determinatisi, in ragione dell'attività di esecuzione svolta dal subappaltatore (N.), quando si sia ingerito nell'esecuzione dell'opera mediante una condotta che abbia determinato o concorso a determinare l'inosservanza di norme di legge, regolamento o prudenziali, poste a tutela dell'altrui incolumità.

I giudici hanno anche applicato il principio affermato da questa stessa Sezione 4^ con la sentenza n. 5977 del 15/12/2005, secondo cui, in caso di subappalto di lavori, ove questi si svolgano nello stesso cantiere predisposto dall'appaltatore in esso inserendosi anche l'attività del subappaltatore per l'esecuzione di un'opera parziale, e non venendo meno l'ingerenza dell'appaltatore e la diretta riconducibilità (quanto meno) anche a lui dell'organizzazione del comune cantiere, in quanto investito dei poteri direttivi generali inerenti alla propria qualità, sussiste la responsabilità di entrambi tali soggetti in relazione agli obblighi antinfortunistici, alla loro osservanza ed alla dovuta sorveglianza al riguardo.

Un'esclusione della responsabilità dell'appaltatore è configurabile solo qualora al subappaltatore sia affidato lo svolgimento di lavori, ancorchè determinati e circoscritti, che svolga in piena ed assoluta autonomia organizzativa e dirigenziale rispetto all'appaltatore, e non nel caso in cui la stessa interdipendenza dei lavori svolti dai due soggetti escluda ogni estromissione dell'appaltatore dall'organizzazione del cantiere.

Nella ricorrenza delle anzidette condizioni, trattandosi di norme di diritto pubblico che non possono essere derogate da determinazioni pattizie, non potrebbero avere rilevanza operativa, per escludere la responsabilità dell'appaltatore, neppure eventuali clausole di trasferimento del rischio e della responsabilità intercorse tra questi ed il subappaltatore.

Come si vede, si tratta di principi che il collegio ha ritenuto attagliarsi alla fattispecie in esame in cui con un accertamento in fatto, rappresentante il risultato di una valutazione delle risultanze acquisiste, della quale è stato dato conto in maniera adeguata e coerente, è emerso il mantenimento da parte dell'imputato dei poteri direttivi generali in ordine all'organizzazione del cantiere.

 

Anche la seconda censura posta base del primo motivo già è stata valutata dalla Corte d'Appello ed essa è da ritenersi infondata.

Questa Corte di legittimità con la sentenza n. 31459 del 3/7/2002, Z., ha altresì affermato, in materia di cooperazione tra committente ed appaltatore, il principio, valevole anche nell'ipotesi dei rapporti tra subappaltante e subappaltatore, che la cooperazione non può intendersi come obbligo del committente di intervenire in supplenza dell'appaltatore tutte le volte in cui costui ometta, per qualsisia ragione, di adottare misure di prevenzione prescritte a tutela soltanto dei suoi lavoratori, risolvendosi in un'inammissibile ingerenza del committente nell'attività propria dell'appaltatore.


Dalla lettura della detta sentenza si evince anche che, qualora, come nel caso di specie, per la natura e le caratteristiche dell'attività commissionata, questa non si possa svolgere in una zona o in un settore separato, coinvolgente solo i dipendenti dell'appaltatore (ovvero del subappaltatore), il committente, il quale è ex lege il coordinatore della cooperazione, deve essere in grado di rendersi conto dell'insufficiente contributo tecnico dell'appaltatore medesimo e cooperare perchè, di fatto, le condizioni di lavoro siano sicure con la conseguenza che, verificatosi un sinistro, l'eventualmente inadeguato apprestamento delle misure precauzionali non può non essere ascritto ad entrambi perchè garanti, destinatari dell'obbligo di predisporre sicure condizioni di lavoro.


Non ha, dunque, pregio la tesi difensiva relativa alla circostanza di fatto che l'infortunio si è verificato di domenica allorchè le lavorazioni erano sospese, perchè, nella specie, non si discute di rischi specifici propri dell'attività oggetto del subappalto, essendo il pericolo derivante dalla mancata protezione dell'ambiente di lavoro riconoscibile da chiunque, senza necessità di una specifica competenza tecnica settoriale, ed essendo la sentenza impugnata coerente ai principi fissati dalla Suprema Corte, peraltro anche con la sentenza n. 45068 del 30/3/2004, RV 230279, e con quelle n. 2748 del 23/1/1998, RV 210174, e n. 32943 del 27/5/2004, Rv 229084.

Correttamente, quindi, è stata riconosciuta la sussistenza a carico del ricorrenti dell'obbligo in ordine all'attuazione di quelle misure volte a garantire la sicurezza del lavoro e la protezione dai rischi: e, quindi, una loro posizione di garanzia e di controllo acchè le misure di prevenzione fossero rigorosamente adottate, a nulla rilevando che il fatto sia accaduto di domenica essendo evidente che, comunque, la presenza del F. sul cantiere era ricollegabile, in ogni caso, alla sua attività lavorativa.
Quanto alla denunciata contraddittorietà della motivazione dell'impugnata sentenza, laddove si è evidenziato che tale ultima circostanza (presenza del F. in cantiere il giorno festivo) è stata, invece, tenuta in conto in chiave difensiva in riferimento alla posizione processuale del B., a parte il rilievo, che, quand'anche si volesse considerare condivisibile il vizio motivazionale assunto, esso verrebbe ad incidere sulla posizione del B. nei cui confronti non è stato proposto ricorso dalla Pubblica Accusa, ma sta di fatto che la Corte Territoriale ha svolto una specifica argomentazione basata su elementi oggettivi riconducibili al solo B. e non anche al S., dando, quindi, contezza della decisione di assoluzione.


Al rigetto del gravame consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

P.Q.M.

 


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.