Categoria: Giurisprudenza civile di merito
Visite: 16970

Benefici previdenziali ex art. 13 l. n. 257/1992 – Esposizione ultradecennale a fibre di amianto – Non superamento dei parametri massimi di concentrazione previsti dal d.lgs. n.277/1991 – Riconoscimento del diritto – Sussiste

“…è noto che l’interpretazione dell’art. 13, 8° comma, l. n. 257/1992 ha creato contrasti, derivanti soprattutto dal fatto che la norma ha subito successive riformulazioni da parte del legislatore. Il giudicante condivide pienamente, in ogni caso, la lettura della norma (operata dalla Pretura e dal Tribunale di Milano) secondo cui essa è riferibile a tutti i lavoratori per i quali sia provata una effettiva esposizione ultradecennale a fibre di amianto. (…) la sentenza Corte Costituzionale n. 5/2000 richiama i parametri di concentrazione massima di cui al d.lgs. n.277/1991, ma aggiungendo che tali valori sono stati fissati dal legislatore a fini di prevenzione; al di sotto di tali limiti, pertanto, non può essere escluso il carattere nocivo dell’amianto. Tali valori non devono quindi ritenersi vincolanti per l’individuazione di un rischio morbigeno dovuto alla presenza dell’amianto, cosi come non può ritenersi sufficiente ogni presenza di amianto nell’ambiente di lavoro: sicuramente il raggiungimento della soglia massima fissata dalla normativa citata può assumere il valore di presunzione assoluta di esposizione a rischio….”
Massima a cura della redazione di Olympus.
TRIBUNALE DI MILANO

Sezione Lavoro

Il Giudice di Milano dott.ssa Eleonora Porcelli ha pronunciato la seguente

SENTENZA :

Nella causa ti. 6426 RG. 2003 promossa da L.C. e D.D. col proc. dom. avv. Alberto Medina e Nicola Coccia, viale Regine Margherita n. 26, Milano

-ricorrente

contro

I.N.P.S., col proc. dom. avv. Angela Marsico, piazza Missori n. 8/10 Milano

-convenuto-.

Oggetto: diritto ai benefici previdenziali ex art. 13 l. n. 257/1992

Svolgimento del processo

Con ricorso ai Tribunale dl Milano, sezione lavoro, depositato in Cancelleria in data 30-7- 03, L.C. e D.D. hanno convenuto in giudizio l’Inps per sentir dichiarare il proprio diritto alla rivalutazione del contributi versati, ai sensi dell’ art. 13  l. n. 257/1992, con conseguente condanna del convenuto a provvedere alla suddetta rivalutazione.

Premesso di aver lavorato alle dipendenze della Breda Fucine s.p.a., poi Breda Energia s.p.a., rispettivamente, come addetto alle macchine e come imbragatore, hanno esposto di essere stati esposti a polveri di amianto.

Costituendosi ritualmente in giudizio, l’Inps ha contestato la fondatezza delle pretese avversarie, di cui ha chiesto il rigetto, ed in via pregiudiziale ha chiesto la chiamata in causa dell’Inail. Il Giudice, ammessa ed espletata la prova testimoniale dedotta, disposta ed esperita c.t.u. medica, ha invitato i procuratori delle parti alla discussione orale e ha pronunciato sentenza, dando lettura del dispositivo in udienza.

Motivi della decisione.

Il ricorso e’ fondato e merita accoglimento.

lnnanzitutto deve essere superata l’eccezione, proposta in via preliminare dall’lnps. di difetto di integrità del contraddittorio, in quanto nel caso di specie non sussiste alcun litisconsorzio necessario con l’Inail.

Infatti la necessita’ di un attestato di verifica del rischio di esposizione ad amianto da parte di tale Istituto e stata prevista in successive circolari Inps (n.129/94 e n.304/95), d’intesa con l’Inail ed il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale si tratta quindi solo di una collaborazione a livello amministrativo tra i due Istituti, dei quali uno certifica la presenza delle situazioni legittimanti la richiesta del beneficio in questione e l’altro adotta i relativi provvedimenti.

Non essendo quindi l’intervento dell’Inail previsto dalla legge, l’intervento medesimo si pone quale mero presupposto di fatto dell’emissione del provvedimento da parte dell’lnps, con la conseguenza che l’Inail non e “l’unico soggetto legittimato ad interloquire sul punto” e che non e’ configurabile una posizione giuridica autonomamente tutelabile nei confronti dell’Inail. Passando a considerare il merito della controversia, e’ noto che l’interpretazione dell’art. 13, 8° comma, l. n. 257/1992 ha creato contrasti, derivanti soprattutto dal fatto che la norma ha subito successive riformulazioni da parte del legislatore.

Il giudicante condivide pienamente,in ogni caso la lettura della norma (operata dalla Pretura e dal Tribunale di Milano) secondo cui essa e’ riferibile a tutti i lavoratori per i quali sia provata una effettiva esposizione ultradecennale a fibre di amianto.

L’Inps, nelle sue difese, sostiene invece che la tutela richiesta sia pur sempre subordinata alla presenza nei luoghi di lavoro di concentrazione di amianto che, seppur inferiore a quella per la quale e’ previsto lo specifico obbligo di pagamento del premio supplementare contro I’asbestosi, ingeneri il rischio di altre malattie professionali e quindi superi il valore massimo di concentrazione previsto dal D.lvo. n.277/91 e successive modificazioni : al di fuori di tali ipotesi, secondo Inps, la verifica dei presupposti per l’insorgenza della tutela assicurativa per malattie professionali derivanti dall’amianto potrebbe essere effettuata soltanto ex post, vale a dire dopo l’insorgere della malattia non tabellata della quale sia dimostrata la natura professionale e il nesso eziologico con la presenza di amianto nell’ambiente lavorativo.

Anche tale tesi non appare condivisibile.

Il convenuto invoca la sentenza Corte Costituzionale n.5/2000 la quale peraltro richiama i parametri di concentrazione massima di cui al D.lvo. n.277/91 , ma aggiungendo che tali valori sono stati fissati dal legislatore a fini di prevenzione; al di sotto di tali limiti, pertanto, non puo’ essere escluso il carattere nocivo deIl’amianto.

Tali valori non devono quindi ritenersi vincolanti per l’individuazione di un rischio morbigeno dovuto alla presenza dell’ amianto, cosi come non puo’ ritenersi sufficiente ogni presenza di amianto nell’ambiente di lavoro: sicuramente il raggiungimento della soglia massima fissata dalla normativa citata puo’ assumere il valore di presunzione assoluta di esposizione a rischio. Nel caso di specie appare evidente sia la durata ultradecennale dell’esposizione sia la sussistenza di una esposizione tale da causare un rischio morbigeno specifico e rilevante : i ricorrenti hanno quindi assolto all’onere probatorio che incombeva loro.

Come emerge dalla istruttoria svolta, i ricorrenti hanno dapprima operato nel reparto aste e poi nel reparto forgia.

I testi hanno integralmente confermato le operazioni e l’impiego dell’amianto nelle varie lavorazioni descritti in ricorso.

Al fine di accertare l’eventuale raggiungimento o superamento di una concentrazione annuale media pari o superiore a 0.1 ff/cc di amianto su 8 ore al giorno o, comunque, al fine di accertare se i ricorrenti siano stati significativamente esposti a rischio morbigeno per esposizione ad amianto di durata almeno decennale, e’ inoltre stata esperita apposita c.t.u. medica. Il perito nella sua relazione, le cui conclusioni vengono totalmente condivise dal Giudice per completezza ed esaustivita’ dell’indagine svolta, pur in assenza di misure oggettive della contaminazione ambientale in fibre di amianto e di misure di quantiticazione dell’esposizione individuale nelle varie lavorazioni svolte dai ricorrenti, ha concluso ritenendo che gli stessi siano stati esposti a rischio di contrarre patologia amianto correlata per tutta la durata dei rapporto di lavoro e, in particolare ha affermato che il ricorrente C. e’ stato esposto a rischio amianto dal 8-1-81 al 31-12-91, anche se vi sono scarse probabilita’ che l’intensita’ dell’esposizione fosse tale da raggiungere o superare il valore medio annuale di 100 fibre/litro, mentre il ricorrente D. e’ stato esposto a rischio amianto dal 22-12-72 ad almeno la fine dei 1994, con elevato grado di probabilita’ che l’intensita’ di esposizione a fibre abbia superato il valore medio annuale di 100 ff/litro per quanto riguarda l’attività di molatore (dal 1-1-83 almeno fino al 31-12-94). In particolare il c.t.u. ha precisato che il C. ha svolto mansioni che non esponevano alla manipolazione diretta di materiale amiantifero ma, tenuto conto delle caratteristiche ambientali, certamente è stato esposto e “rischio morbigeno”: tale rischio e presente ed elevato anche per dosi di esposizione inferiori alle 100 ff/litro, non esistendo una dose sicura al di sotto della quale si possa ragionevolmente escludere lo sviluppo di un quadro patologico asbesto correlato. Quanto al D. il c.t.u. ha precisato che, per quanto riguarda lo svolgimento di mansioni di molatore in forgia, egli e’ stato esposto direttamente ad amianto in concentrazioni significativamente elevate. Per tutte le considerazioni che precedono l’lnps e’ pertanto tenuto a provvedere alla rivalutazione con il coefficiente di 1,5 dei sopra precisati periodi.

Il regolamento delle spese di lite, comprese le spese del c.t.u. , segue il criterio della soccombenza, e le stesse vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Definitivamente pronunciando,

dichiara il diritto dei ricorrenti alla rivalutazione dei contributi versati all’ Inps, ai sensi dell’art. 13 l.n. 257/92, per i seguenti periodi: dal 8-1-81 al 31-12-91 per il C. e dal 22-12-72 al 31-12-94 per il D. condanna l’Inps a provvedere alla predetta rivalutazione con il coefficiente di 1,,5 condanna l’Inps a rimborsare ai ricorrenti le spese di lite, liquidate in complessivi € 2.000,00; condanna l’Inps al pagamento delle spese di c.t.u. liquidate in complessivi € 600 oltre I.V.A.

Milano, 27-10-05