Tribunale di Nola, in funzione di Giudice del lavoro, 17 luglio 2005

Tra le misure di sostegno riconosciute dall’art. 13 della legge n. 257/92 rientra il “… beneficio della rivalutazione dei periodi assicurativi in favore dei lavoratori che siano esposti all’amianto per un periodo superiore a 10 anni (comma 8)”. A tale proposito “… è opportuno segnalare che la norma che lo contempla prevedeva che "ai fini del conseguimento delle prestazioni pensionistiche i periodi di lavoro soggetti all’assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall’esposizione all’amianto gestita dall’INAIL", quando superano i 10 anni, fossero "moltiplicati per il coefficiente di 1,5"”. A seguito dell’entrata in vigore, dapprima, del decreto legge n. 169/1993, poi, della legge n. 271/1993, di conversione del citato provvedimento di urgenza, il legislatore ha inteso “… offrire, ai lavoratori esposti all’amianto per un apprezzabile periodo di tempo (almeno 10 anni), un beneficio correlato alla possibile incidenza invalidante di lavorazioni che, in qualche modo, presentano potenzialità morbigene. Il criterio dell’esposizione decennale costituisce un dato di riferimento perfettamente determinato in quanto collegato (secondo quanto contemplato dallo stesso art. 13, comma 8) al sistema generale di assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall’amianto, gestita dall’INAIL. Grazie a tale correlazione, il concetto di esposizione ultradecennale, tra l’elemento temporale e quello di attività lavorativa soggetta al richiamato sistema di tutela previdenziale (artt. 1 e 3 del D.P.R. n. 1124 del 1965 ), implica, necessariamente quello di rischio morbigene rispetto alle patologie, quali esse siano, che l’amianto è capace di generare per la sua presenza nell’ambiente di lavoro. Questa evenienza è tanto pregiudizievole da indurre il legislatore, sia pure a fini di prevenzione, a fissare il valore massimo di concentrazione di amianto nell’ambiente lavorativo, che segna la soglia limite del rischio di esposizione (decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277 e successive modifiche)”.

Massima a cura della redazione di Olympus

Note e commenti: Putrignano V., Esposizione "qualificata" all'amianto ..., 2006


TRIBUNALE DI NOLA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il giudice, dott.ssa Stefania Basso, presso il Tribunale di Nola, in funzione di giudice del lavoro, ha pronunciato la seguente sentenza nell’udienza di discussione del 5 luglio 2005 nella causa iscritta nel ruolo generale degli affari contenziosi della sezione lavoro e previdenza, al n. 3581 R.G. anno 2000

TRA

TIZIO, rapp.to e difeso dall’avv. (…)
-ricorrente-

E

I.N.P.S. in persona del legale rapp.te p.t. rapp.to e difeso dagli avv.ti (…)
-resistente-

NONCHE’

I.N.A.I.L. in persona del suo legale rapp.te p.t. rapp.to e difeso dagli avv.ti (…)

FATTO E DIRITTO


Con ricorso ritualmente notificato, il ricorrente in epigrafe premetteva:
-di aver lavorato alle dipendenze della ditta ZZXX S.p.A. con mansioni di manutentore meccanico ;
-di essere stato esposto all’amianto nello svolgimento della propria attività lavorativa.
Concludeva chiedendo il riconoscimento del suo diritto a godere del beneficio della rivalutazione delle settimane di contribuzione sulla base del coefficiente di 1,5 come previsto dall’art.13 L.210/1992, con vittoria di spese di lite.

Si costituiva l’I.N.P.S. eccependo la carenza di interesse ad agire e nel merito, l’infondatezza del ricorso. Concludeva chiedendo il rigetto della domanda con vittoria di spese di lite.
Si costituiva, altresì, l’I.N.A.I.L eccependo il difetto di legittimazione passiva e chiedendo il rigetto della domanda con vittoria di spese di lite.

Sulla documentazione in atti e previo espletamento di C.T.U. la causa, ritenuta matura per la decisione, veniva decisa dando lettura del dispositivo.

Preliminarmente deve dichiararsi la procedibilità del ricorso essendo regolarmente esperito tutto l’iter amministrativo richiesto.

Il ricorso è fondato e, pertanto, deve essere accolto.

Infatti, il ricorrente ha depositato il proprio curriculum rilasciato dal datore di lavoro dal quale emerge il tipo di mansioni svolte, nonché il periodo di lavoro. Da tale attestato emerge chiaramente che il ricorrente era addetto ad un’attività lavorativa che comportava una esposizione “qualificata” all’amianto.

Il C.T.U. sulla base della documentazione prodotta dalle parti ha altresì accertato che il ricorrente è stato esposto, in considerazione delle mansioni svolte e delle lavorazioni effettuate all’interno della ditta, ad una concentrazione di fibre/litro superiore a quella prevista al d.lgs. n. 277/1991.

Sussistono, pertanto, tutti i requisiti previsti dalla legge per il riconoscimento del beneficio richiesto e cioè esposizione all’amianto per un periodo di almeno dieci anni e superamento di una certa soglia di concentrazione di fibre nell’ambiente lavorativo.

Al riguardo, appare opportuno evidenziare che per il riconoscimento del trattamento pensionistico anticipato sulla base dell’applicazione dell’art. 13 L. 257/92, è richiesta non soltanto una esposizione ultradecennale all’amianto, ma altresì che sia superata una certa soglia di concentrazione di fibre di amianto nell’ambiente di lavorativo (cfr. Cass. Civ. 28.06.2001 n.8859 e Corte Cost. 12.01.2000 n.5). Infatti, si deve evidenziare in merito che la legge 27 marzo 1992,  n. 257 è stata preceduta da una disciplina comunitaria, già da tempo, consapevole della necessità di protezione contro i rischi connessi all’esposizione ad amianto sul luogo di lavoro (direttiva del Consiglio n.477 del 1983, modificata dalla direttiva n.382 del 1991). La norma in esame ha dettato “norme relative alla cessazione dell’impiego” dell’amianto ed ha espressamente chiarito, tra le proprie finalità, quella della dismissione dalla produzione e dal commercio della sostanza in questione e dei relativi prodotti, nonché della decontaminazione e della bonifica (v. art.1). Analogamente sono stati individuati, altrettanto esplicitamente, i “valori limite” di concentrazione di fibre di amianto respirabili nei luoghi di lavoro e ciò attraverso il rinvio a quelli fissati dall’art. 31 del  decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277 (dalla stessa legge 257 modificati con l’art.3, comma 4, a sua volta sostituito dall’art.16 della legge 24 aprile 1998, n.128). La medesima disposizione legislativa, inoltre, dispone alcune “misure di sostegno per i lavoratori” (capo IV, art.13), costituite da una diversificata gamma di benefici previdenziali, tra i quali appunto quello dell’accesso, per i lavoratori occupati in imprese che utilizzano o estraggono amianto, impegnate in processi di ristrutturazione e riconversione produttiva, al pensionamento anticipato in costanza di determinati requisiti contributivi, beneficiando di una maggiorazione dell’anzianità assicurativa e contributiva (comma 2) e quello della rivalutazione, ai fini del conseguimento delle prestazioni pensionistiche da parte dei lavoratori delle miniere e cave di amianto, del numero di settimane coperto da contribuzione obbligatoria relativa ai periodi di prestazione lavorativa (comma 6) e da parte dei lavoratori che abbiano contratto, a causa di detta  esposizione, malattie professionali documentate dall’INAIL (comma 7). Da non dimenticar, infine il beneficio della rivalutazione dei periodi assicurativi in favore dei lavoratori che siano esposti all’amianto per un periodo superiore a 10 anni (comma 8).

Proprio in riferimento a quest’ultimo beneficio è opportuno segnalare che la norma che lo contempla prevedeva che “ai fini del conseguimento delle prestazioni pensionistiche i periodi di lavoro soggetti all’assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall’esposizione all’amianto gestita dall’INAIL”, quando superano i 10 anni, fossero “moltiplicati per il coefficiente di 1,5 “. Tale disposizione aveva dato luogo ad incertezze interpretative in ordine all’entità delle agevolazioni accordate dal legislatore. Intervenne, allora la disposizione, contenuta nell’art.1, comma 1, del decreto legge 5 giugno 1993, n.169, la quale stabiliva che “ per i lavoratori dipendenti dalle imprese che estraggono amianto o utilizzano amianto come materia prima, anche se in corso di dismissione o sottoposte a procedure fallimentari o fallite o dimesse, che siano stati esposti all’amianto per un periodo superiore a dieci anni, l’intero periodo lavorativo soggetto all’assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall’esposizione all’amianto, gestita dall’INAIL, è moltiplicato, ai fini delle prestazioni pensionistiche, per il coefficiente 1,5”. La legge 4 agosto 1993, n.271, che ha convertito il summenzionato provvedimento di urgenza, sopprimendo la locuzione “dipendenti dalle imprese che estraggono amianto o utilizzano amianto come materia prima, anche se in corso di dismissione o sottoposte a procedure fallimentari o fallite o dimesse”, ha inteso soddisfare, secondo quanto emerge dai lavori preparatori, l’esigenza di attribuire centralità all’assoggettamento dei lavoratori all’assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall’amianto ed ha escluso che potesse darsi rilevanza alla tipologia dell’attività produttiva del datore di lavoro ai fini di una eventuale selezione per l’applicazione del beneficio in esame.

Alla luce della ricostruzione della relativa vicenda normativa, si deve ritenere che lo scopo della disposizione summenzionata è quello di offrire, ai lavoratori esposti all’amianto per un apprezzabile periodo di tempo (almeno 10 anni), un beneficio correlato alla possibile incidenza invalidante di lavorazioni che, in qualche modo, presentano potenzialità morbigene. Il criterio dell’esposizione decennale costituisce un dato di riferimento perfettamente determinato in quanto collegato (secondo quanto contemplato dallo stesso art.13, comma 8) al sistema generale di assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall’amianto, gestita dall’INAIL.

Grazie a tale correlazione, il concetto di esposizione ultradecennale, tra l’elemento temporale e quello di attività lavorativa soggetta al richiamato sistema di tutela previdenziale (artt. 1 e 3 del D.P.R. n. 1124 del 1965 ), implica, necessariamente quello di rischio morbigene rispetto alle patologie, quali esse siano, che l’amianto è capace di generare per la sua presenza nell’ambiente di lavoro. Questa evenienza è tanto pregiudizievole da indurre il legislatore, sia pure a fini di prevenzione, a fissare il valore massimo di concentrazione di amianto nell’ambiente lavorativo, che segna la soglia limite del rischio di esposizione (decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277 e successive modifiche).

Ne consegue che deve essere dichiarato il diritto del ricorrente al riconoscimento del beneficio della rivalutazione del 1,5 delle settimane di contribuzione relative ai periodi indicati in dispositivo per esposizione all’amianto e il conseguente diritto al ricalcalo della anzianità contributiva ai fini pensionistici del ricorrente mediante applicazione del coefficiente di legge per tutti i periodi suddetti.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.


I diversa istanza e deduzione disattese così provvede:
1)-dichiara il difetto di legittimazione dell’INAIL;
2)-accoglie il ricorso e per l’effetto dichiara il diritto al riconoscimento del beneficio della rivalutazione del 1,5 delle settimane di contribuzione relative al periodo 1.11.72 al 24.05.2000 per esposizione all’amianto;
3)-condanna l’INPS al ricalcalo della anzianità contributiva ai fini persionistici del ricorrente mediante applicazione del coefficiente di legge per tutti i periodi indicati nel capo 2);
4)-condanna l’INPS al pagamento delle spese di lite che si liquidano in Euro 1.000,00 comprensivi di diritti, onorari e spese oltre IVA e CPA come per legge con attribuzione.

Nola, 5 luglio 2005-07-17 Il Giudice

Dott.ssa Stefania Basso