Cassazione Penale, Sez. 4, 26 ottobre 2010, n. 37921 - Incidente in una statale e responsabilità datoriale anche in relazione agli utenti della strada


 

 

Responsabilità del legale rappresentante di una s.r.l. e del capo cantiere e responsabile della sicurezza della stessa ditta per il delitto di omicidio colposo commesso, con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, in pregiudizio di G.E.

 

Secondo l'accusa, condivisa dal tribunale, i due imputati, nell'eseguire i lavori di manutenzione straordinaria delle opere protettive della statale (OMISSIS), commissionate dall'ANAS, in particolare, nel sistemare il guardrail di protezione posto al km 108,135, per colpa generica e specifica, quest'ultima consistita nella violazione delle norme sulla disciplina e sicurezza della circolazione stradale (specificamente delle norme relative all'impiego delle barriere di sicurezza previste dal D.M. Lavori Pubblici 15 ottobre 1996 e da altro D.M. Lavori Pubblici 11 giugno 1996) ed ancora, in violazione del piano operativo di sicurezza, hanno omesso di disporre la necessaria segnaletica stradale - in particolare i segnali di "Lavori" e di "Pericolo" e di limitazione della velocità, nonchè di assicurare correttamente il terminale alla barriera di protezione utilizzando i bulloni nel numero e nella qualità previsti dalle norme di riferimento.

 

In conseguenza di tale indebita condotta, essi hanno causato, la morte del G. che, procedendo a velocità elevata alla guida della sua auto, nell'affrontare una curva destrorsa, perso il controllo della vettura, era andato ad impattare contro la barriera metallica oggetto degli interventi di manutenzione, posta nella corsia di marcia opposta rispetto a quella dallo stesso percorsa. A seguito dell'impatto, il terminale della barriera, a causa del precario fissaggio, si è distaccato, mentre la lama del guardrail, dopo avere sfondato la portiera anteriore destra della vettura, si è introdotta nell'abitacolo ed ha tranciato entrambi gli arti superiori del G. che, a causa dell'imponente emorragia e delle altre gravi lesioni riportate, è deceduto durante il trasporto in ospedale.

 

In seguito la Corte d'appello ha dichiarato non doversi procedere nei confronti degli stessi perchè estinto il reato contestato per intervenuta prescrizione

 

Ricorrono entrambi gli imputati in Cassazione - Ricorsi inammissibili.

 

La Corte di Cassazione afferma che, "quanto alla condotta colposa attribuita ai due imputati ed alla deduzione difensiva relativa al montaggio del terminale della barriera ed all'assenza di prove circa l'errato - in tesi d'accusa - montaggio della stessa, il giudice del gravame - richiamando i pareri espressi dal tecnico incaricato di accertare le cause dell'incidente - ha rilevato che detto montaggio era stato certamente non corretto, non solo perchè solo 5 dei 9 bulloni di aggancio previsti erano stati utilizzati, essendo risultati integri, e dunque non utilizzati, 4 dei fori di ancoraggio, ma anche perchè i bulloni adoperati non erano idonei allo scopo. Lo smembramento della barriera, dunque, secondo il coerente argomentare dello stesso giudice, è stato causato da un serraggio inadeguato ed insufficiente dei bulloni, tale che, al momento dell'impatto del veicolo del G. contro la barriera, ne è conseguito il distacco del terminale della stessa e le gravissime conseguenze che ne sono derivate per il conducente dell'autovettura."

 

"D'altra parte, i ricorrenti si limitano alla generica contestazione della decisione, senza interloquire in alcun modo circa l'esattezza dei dati fattuali segnalati dal giudice del gravame e sulla coerenza logica delle conseguenti conclusioni. Mentre incoerente si presenta proprio la pretesa dei ricorrenti - peraltro espressa in termini del tutto generici - di negare alla barriera in questione compiti di prevenzione e di protezione con riguardo ai veicoli procedenti nel senso di marcia opposto e di ritenere imprevedibile la possibilità ai uno sbandamento dei veicoli in transito in detta corsia."


 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MORGIGNI Antonio - Presidente
Dott. MARZANO Francesco - Consigliere
Dott. FOTI Giacomo - rel. Consigliere
Dott. MASSAFRA Umberto - Consigliere
Dott. MARINELLI Felicetta - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sentenza

 

 

Consigliere Dott. GIACOMO FOTI;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. De Sandro che ha concluso per l'inammissibilità dei ricorsi;

Udito, per la parte civile, l'Avv. Girsi che ha chiesto il rigetto dei ricorsi; Udito il difensore Avv. Stellato che ha chiesto l'accoglimento dei ricorsi. 
 

 

FattoDiritto

 


1 Con sentenza del Tribunale di Viterbo, sezione distaccata di Montefiascone, del 15 dicembre 2005, D.G.L. e C.C. - nelle rispettive qualità, il primo, di rappresentante legale della "Ital P. s.r.l.", il secondo, di capo cantiere e responsabile della sicurezza della stessa ditta - sono stati ritenuti colpevoli del delitto di omicidio colposo commesso, con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, in pregiudizio di G.E. e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza rispetto all'aggravante contestata, sono stati condannati alla pena di quattro mesi di reclusione ciascuno, con i benefici di legge, nonchè al risarcimento dei danni in favore delle parti civili costituite, a ciascuna delle quali ha assegnato una provvisionale di 50.000,00 Euro.

Secondo l'accusa, condivisa dal tribunale, i due imputati, nell'eseguire i lavori di manutenzione straordinaria delle opere protettive della statale (OMISSIS), commissionate all'"Ital P." dall'ANAS, in particolare, nel sistemare il guardrail di protezione posto al km 108,135, per colpa generica e specifica, quest'ultima consistita nella violazione delle norme sulla disciplina e sicurezza della circolazione stradale (specificamente delle norme relative all'impiego delle barriere di sicurezza previste dal D.M. Lavori Pubblici 15 ottobre 1996 e da altro D.M. Lavori Pubblici 11 giugno 1996) ed ancora, in violazione del piano operativo di sicurezza, hanno omesso di disporre la necessaria segnaletica stradale -in particolare i segnali di "Lavori" e di "Pericolo" e di limitazione della velocità, nonchè di assicurare correttamente il terminale alla barriera di protezione utilizzando i bulloni nel numero e nella qualità previsti dalle norme di riferimento.

In conseguenza di tale indebita condotta, essi hanno causato, a giudizio del tribunale, la morte del G. che, procedendo a velocità elevata alla guida della sua auto, nell'affrontare una curva destrorsa, perso il controllo della vettura, era andato ad impattare contro la barriera metallica oggetto degli interventi di manutenzione, posta nella corsia di marcia opposta rispetto a quella dallo stesso percorsa.

A seguito dell'impatto, il terminale della barriera, a causa del precario fissaggio, si è distaccato, mentre la lama del guardrail, dopo avere sfondato la portiera anteriore destra della vettura, si è introdotta nell'abitacolo ed ha tranciato entrambi gli arti superiori del G. che, a causa dell'imponente emorragia e delle altre gravi lesioni riportate, è deceduto durante il trasporto in ospedale.

Su impugnazione proposta dai due imputati, la Corte d'Appello di Roma, con sentenza del 7 luglio 2009, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti degli stessi perchè estinto il reato contestato per intervenuta prescrizione, con conferma delle statuizioni civili e individuazione nella misura del 70% il concorso di colpa della vittima.

Avverso tale sentenza propongono congiuntamente ricorso, per il tramite del comune difensore, il D.G. ed il C. che deducono violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata, con riferimento agli artt. 589 e 40 cod. pen. nonchè art. 192 e art. 530 c.p.p., comma 2.

Sostengono i ricorrenti che la corte territoriale, adeguatasi alla decisione del primo giudice, avrebbe omesso di fornire concrete risposte alle deduzioni difensive esposte nei motivi d'appello nei quali era stata sostenuta la carenza di prova circa sia la sussistenza della condotta colposa che del nesso causale; ciò in relazione sia al fatto che la barriera protettiva non avrebbe mai potuto svolgere una funzione preventiva per auto che transitavano, come quella della vittima, nell'opposto senso di marcia, sia alle incertezze circa la causa del decesso che, si sostiene nei ricorsi, doveva individuarsi nello sfondamento della base cranica a causa dell'impatto dell'auto contro il piantone, non nell'azione tagliente del guardrail. La corte territoriale non avrebbe esaminato e valutato la tesi prospettata nei motivi d'appello e si sarebbe limitata a reiterare la ricostruzione dei fatti operata dal tribunale.
Anche i temi della prevedibilità e della prevenibilità dell'evento non sarebbero stati adeguatamente valutati. In particolare, non sarebbe stata considerata la funzione protettiva del guardrail rispetto ad auto in transito sull'opposta corsia di marcia nè il giudice del gravame si sarebbe chiesto se un diverso posizionamento della barriera avrebbe impedito l'evento, laddove questo, a causa della assoluta anomalia che ha caratterizzato l'incidente, non sarebbe stato nè prevenibile nè prevedibile. Anche sul nesso causale la motivazione sarebbe del tutto carente.
Con ulteriore motivo, il D.G. deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all'art. 589 cod. pen. e art. 530 c.p.p., comma 1. Sostiene il ricorrente che, essendo al tempo dell'incidente impegnato in diversi altri cantieri siti in diversi luoghi d'Italia e non avendo la concreta gestione del cantiere presso il quale il sinistro si è verificato, perchè affidata ad altri, nessuna colpa potrebbe attribuirglisi.

 

2- I ricorsi proposti devono essere dichiarati inammissibili.

 

Con il motivo, comune ad entrambi, lamentano sostanzialmente i ricorrenti che il giudice del merito, nel dichiarare l'estinzione del reato per intervenuta prescrizione, abbia omesso di motivare in punto di sussistenza della prova della condotta colposa attribuita ai due imputati e del nesso causale tra detta condotta e l'evento determinatosi.


La censura è manifestamente infondata, posto che, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, la corte territoriale non si è passivamente adeguata alla ricostruzione dei fatti operata dal primo giudice, ignorando le doglianze prospettate dagli imputati, nè si è limitata alla semplice "presa d'atto" del superamento dei termini prescrizionali, ma ha, al contrario, affrontato i temi proposti nei motivi d'appello circa la configurabilità della fattispecie delittuosa contestata e l'attribuibilità della stessa agli odierni ricorrenti.


In realtà, quanto alla condotta colposa attribuita ai due imputati ed alla deduzione difensiva relativa al montaggio del terminale della barriera ed all'assenza di prove circa l'errato - in tesi d'accusa - montaggio della stessa, il giudice del gravame - richiamando i pareri espressi dal tecnico incaricato di accertare le cause dell'incidente - ha rilevato che detto montaggio era stato certamente non corretto, non solo perchè solo 5 dei 9 bulloni di aggancio previsti erano stati utilizzati, essendo risultati integri, e dunque non utilizzati, 4 dei fori di ancoraggio, ma anche perchè i bulloni adoperati non erano idonei allo scopo. Lo smembramento della barriera, dunque, secondo il coerente argomentare dello stesso giudice, è stato causato da un serraggio inadeguato ed insufficiente dei bulloni, tale che, al momento dell'impatto del veicolo del G. contro la barriera, ne è conseguito il distacco del terminale della stessa e le gravissime conseguenze che ne sono derivate per il conducente dell'autovettura.

Ulteriore conferma della dinamica dell'incidente, nei termini ritenuti dall'accusa, è stata giustamente ravvisata nella natura dei danni riscontrati sul veicolo, la cui portiera posteriore destra ha registrato, secondo il giudice del gravame, il violento impatto contro il terminale, mentre quella anteriore destra il taglio dovuto alla barriera, introdottasi come una lama nell'abitacolo, e non, come sostenuto dagli appellanti, una uniforme pressione sull'intero lato destro.
D'altra parte, i ricorrenti si limitano alla generica contestazione della decisione, senza interloquire in alcun modo circa l'esattezza dei dati fattuali segnalati dal giudice del gravame e sulla coerenza logica delle conseguenti conclusioni. Mentre incoerente si presenta proprio la pretesa dei ricorrenti - peraltro espressa in termini del tutto generici - di negare alla barriera in questione compiti di prevenzione e di protezione con riguardo ai veicoli procedenti nel senso di marcia opposto e di ritenere imprevedibile la possibilità ai uno sbandamento dei veicoli in transito in detta corsia. In realtà, sembra del tutto ovvio ritenere che in una strada costituita da un'unica carreggiata, suddivisa in due corsie di marcia, le barriere protettive siano poste a tutela di tutti i veicoli in transito, senza distinzione tra le corsie, essendo del tutto prevedibile lo sconfinamento da una corsia all'altra per cause del tutto varie e diverse, quali, ad esempio, un contatto tra due auto in transito nelle due corsie o, come accaduto nel caso di specie, un improvviso ed autonomo sbandamento, anche se dovuto ad un'imprudente condotta di guida, le cui conseguenze, evidentemente, la barriera è chiamata a limitare.

Ulteriore profilo di colpa, non oggetto di specifica censura, è stato ravvisato nell'omessa segnalazione dei lavori di manutenzione in corso in quel tratto stradale; segnalazioni che avrebbero dovuto interessare ambedue le direzioni di marcia.
Non ha omesso, infine, la corte territoriale di affrontare anche i temi della natura delle gravi ferite riportate dal G. e dell'incidenza delle stesse rispetto all'evento morte. In proposito, la stessa corte, richiamando le emergenze probatorie in atti e rilevando come la morte era stata determinata dallo sfondamento dell'occipite e dalle emorragie conseguenti alle amputazioni degli arti, ha sostenuto, da un lato, che il trauma era diretta conseguenza dell'espulsione del corpo della vittima verso l'esterno e del violento impatto nella ricaduta, dall'altro, che la copiosa fuoriuscita di sangue dalle traumatiche amputazioni degli arti superiori attestava che non per il trauma all'occipite, bensì per l'imponente emorragia il G. era deceduto.
Anche sul punto, le censure dei ricorrenti si presentano generiche e prive di riferimenti fattuali e logici idonei a contrastare la decisione impugnata.
D'altra parte, ad ulteriore conferma della inammissibilità del ricorso, va ricordato il principio, affermato più volte da questa Corte, secondo cui "In presenza di una causa di estinzione del reato (nella specie, prescrizione), non sono rilevabili in sede di legittimità vizi di motivazione della sentenza impugnata perchè l'inevitabile rinvio della causa all'esame del giudice di merito dopo la pronuncia di annullamento è incompatibile con l'obbligo dell'immediata declaratoria di proscioglimento stabilito dall'art. 129 cod. proc. pen." (Cass. nn. 4177/04, 24327/04, 40570/08, 40799/08, 14450/09 RV 244001).


Manifestamente infondato è anche il motivo di ricorso, proposto solo dal D.G., con il quale si sostiene che non avrebbe potuto ravvisarsi alcuna responsabilità in capo allo stesso, quale responsabile della "Ital P.", poichè i molteplici impegni in vari cantieri dislocati in diverse parti d'Italia rendeva sostanzialmente impossibile svolgere specifiche attività di controllo sul cantiere in questione, peraltro affidato a soggetto responsabile che avrebbe dovuto controllare il regolare andamento dei lavori e garantire il rispetto delle norme di prevenzione.


Anche su tale questione, il giudice del gravame è coerentemente intervenuto, sia pure in termini sintetici, osservando che proprio all'odierno ricorrente, quale responsabile dell'azienda, facevano capo, pur in presenza di un responsabile di cantiere, gli obblighi di controllo del corretto svolgimento dei lavori, anche sotto il profilo dell'uso dei materiali più idonei, e di garantire il rispetto delle norme di prevenzione poste a tutela, non solo dei lavoratori, ma anche degli utenti della strada.

Alla declaratoria d'inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma, in favore della cassa delle ammende, che si ritiene equo determinare in Euro 1.000,00 ciascuno, nonchè alla rifusione, in favore delle costituite parti civili, delle spese del presente giudizio che liquidano in Euro 2.550.00, oltre accessori come per legge.

 

P.Q.M.

 


Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 ciascuno in favore della cassa delle ammende nonchè al pagamento delle spese in favore delle parti civili costituite e liquida le stesse in Euro 2.550,00, oltre accessori come per legge.