Cassazione Civile, Sez. Lav., 19 aprile 2011, n. 8993 - Demansionamento e mobbing


  • Mobbing
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    REPUBBLICA ITALIANA
    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
    LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
    SEZIONE LAVORO
    Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
    Dott. VIDIRI Guido - Presidente
    Dott. STILE Paolo - rel. Consigliere
    Dott. FILABOZZI Antonio - Consigliere
    Dott. BERRINO Umberto - Consigliere
    Dott. TRICOMI Irene - Consigliere
    ha pronunciato la seguente:
    sentenza

    sul ricorso 17543-2007 proposto da:

    B.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA XX SETTEMBRE 26, presso lo studio dell'avvocato GAGLIASSO LOREDANA, che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;

    - ricorrente -

    contro B. UNICEM S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA DELLA LIBERTA' 20, presso lo studio dell'avvocato CAROLEO FRANCESCO, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato LUPANO FULVIO, giusta delega in atti;
    - controricorrente -
    avverso la sentenza n. 145/2007 della CORTE D'APPELLO di TORINO, depositata il 16/03/2007, r.g.n. 2384/05; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/02/2011 dal Consigliere Dott. PAOLO STILE;
    udito l'Avvocato GAGLIASSO LOREDANA; udito l'Avvocato CAROLEO FRANCESCO; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.


    Fatto

     

    Con ricorso depositato in data 6.8.2001 avanti al Tribunale di Casale Monferrato B.M. conveniva in giudizio la B. UNICEM spa ed esponeva quanto segue:
    - assunta dalla convenuta (allora denominata UNICEM) nel 1970, inquadrata nella categoria B ex CCNL Laterizi e Manufatti del settore industria, nel periodo dal 1992 al 1995 aveva svolto mansioni presso la Direzione Tecnica, da ascriversi al superiore inquadramento nella categoria A del CCNL;

    -nel 1995 fu inserita all'interno della neonata Divisione Service, ove organizzava e coordinava l'attività di consulenza svolta dalla Divisione, rispondeva direttamente all'ing. G., dirigente e responsabile della Divisione ed era collocata su un piano paritario rispetto ai colleghi A., quadro e Bo., dirigente;
    - nonostante nel luglio 1996 avesse ottenuto l'inquadramento nella categoria A, le mansioni svolte presso la Divisione Service nel periodo dal 1995 al 1999 dovevano essere ascritte al superiore inquadramento nella categoria quadro, o quantomeno nella categoria A/S;
    - nell'ottobre 1998 la UNICEM era passata sotto il controllo del gruppo B. e la Divisione Service era passata alle dipendenze di B.M.; a partire da tale momento e comunque dai primi mesi del 1999, l'azienda aveva posto in atto nei suoi confronti un comportamento vessatorio e illegittimo, individuato dapprima nel tentativo di trasferimento da (OMISSIS), che non era stato attuato in considerazione delle sue condizioni di salute; poi, venute meno le mansioni svolte presso la Divisione Service, nell'assegnazione (dal maggio 1999) a mansioni dequalificanti con imposizione di orario di lavoro part-time;
    il comportamento aziendale, da ascrivere alla fattispecie del mobbing, le aveva causato conseguenze sul piano della salute psico- fisica configuranti un danno biologico.

    Sulla base di tali premesse, chiedeva la condanna della convenuta ad assegnarle l'inquadramento nella categoria A dal 1.1.1992, e nella categoria quadro o, in subordine, A/S dal 1.6.1995, ed a corrisponderle le conseguenti differenze retributive da quantificarsi in separato giudizio, nonchè la condanna della convenuta a risarcirle il danno da dequalificazione professionale determinato, per il periodo fino al 31.7.2001, nella somma di L. 153.280.000, a risarcirle il danno biologico e patrimoniale per cure mediche determinato nella somma di L. 265.000.000, ed, infine, la condanna della convenuta a reintegrarla in mansioni adeguate al livello di inquadramento che venisse riconosciuto all'esito del giudizio.
    La B. UNICEM spa, si costituiva, contestando le deduzioni formulate nel ricorso, di cui chiedeva la reiezione.

    Espletati i mezzi istruttori e disposta ctu medico legale, con sentenza 11.10.2005 l'adito Tribunale respingeva la domanda.

    Con ricorso depositato in data 30.12.2005 la B. proponeva appello, insistendo nell'accoglimento delle proprie pretese.

    La B. Unicem spa, costituendosi chiedeva la reiezione dell'impugnazione. Con sentenza del 6 febbraio - 16 marzo 2007, la Corte d'appello di Torino rigettava il gravame.
    Osservava a sostegno della decisione che non vi era stata alcuna dequalificazione anche se il graduale progressivo trasferimento degli uffici della B. Unicem da (OMISSIS) non poteva certo favorire un pieno utilizzo delle prestazioni dell'appellante, che aveva rifiutato lo spostamento nella nuova sede; nè vi erano stati comportamenti vessatori, tali da arrecare danni alla professionalità ed all'integrità psico-fisica.


    Per la cassazione di tale pronuncia ricorre B.M. con due motivi, ulteriomente illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c..
    Resiste la B. Unicem spa con controricorso.

     

    Diritto

     

    Con il primo motivo la B., denunciando violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e artt. 2103 e 2697 c.c., nonchè insufficiente, omessa e contraddittoria motivazione, sostiene, innanzitutto, che la Corte d'appello avrebbe erroneamente ritenuto che gravi sul lavoratore l'onere di fornire la prova del demansionamento subito.
    Con il secondo motivo la ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 2103 e 2087 c.c., sostiene che la Corte d'appello avrebbe erroneamente ritenuto che la circostanza, secondo cui la B. Unicem aveva trasferito la maggior parte dei propri uffici a (OMISSIS), era idonea a giustificare il demansionamento inflittole.

    Il ricorso, pur valutato nella sua duplice articolazione, è infondato.

     

    Giova anzitutto chiarire che la Corte d'appello di Torino, confermando la sentenza di primo grado, ha rigettato la domanda della B., ritenendo che alla stessa non spettasse la qualifica di quadro di AS, rivendicata per un rapporto lavorativo protrattosi dal 1992 sino al 1999, e che non potesse trovare accoglimento neanche la domanda di risarcimento dei danni da demansionamento o da mobbing. Nel pervenire a tale conclusione il Giudice d'appello ha osservato che il periodo lavorativo si poteva distinguere in due tempi: il primo corrente dal 1992 sino al 1995, nel quale la lavoratrice con la qualifica di B1 aveva svolto funzioni di segretaria della direzione tecnica; il secondo, corrente dal luglio 1996 sino alla cessazione del rapporto nel 2002, nel quale, dopo un breve periodo ancora di inquadramento nella categoria B1, aveva acquisito l'inquadramento nella categoria A sempre come segretaria di una nuova struttura, "la Divisione Service".
    E lì aveva sostanzialmente continuato a svolgere le medesime funzioni seppure caratterizzate da elementi di maggiore complessità rispetto al periodo precedente; ciò che aveva appunto giustificato la superiore qualifica di A ma non quella rivendicata di quadro o di AS, mancando la configurabilità di una attività di coordinamento e di responsabilità ed autonomia necessario per le qualifiche rivendicate.
    Il Giudice d'appello ha in proposito esaminato partitamente le deposizione dei testi escussi, rilevando, tra l'altro, che le dichiarazioni dell'ing. G. - che aveva sì assunto la responsabilità della divisione, ma risultava socio unitamente alla B. della Global Management 3000 s.r.l., - si presentavano poco attendibili, stante la presenza di interessi comuni con la stessa ricorrente sul piano societario e commerciale, come, del resto, emergeva dal tenore delle dichiarazioni "infarcite di valutazioni altisonanti, spesso prive di significato ... tutte tese ad esaltare il ruolo dell'appellante tale da ricondurlo sostanzialmente alla funzione di vice direttore della stessa Service, e quindi ben oltre le stesse allegazioni della B.".
    Non risultavano provati infine nè il demansionamento nè il mobbing, in quanto, tra l'altro, dopo il rifiuto del trasferimento a (OMISSIS) vi era stato un accordo tra le parti in cui alla lavoratrice si era consentito di fruire per ragioni di salute di permessi anche retribuiti in misura maggiore rispetto agli altri dipendenti. Nè infine si era dimostrato che la B. avesse subito alcun danno.
    Trattasi - come emerge da quanto appena esposto - di valutazioni di merito - in seguito alle quali la Corte d'appello è pervenuta alle contestate conclusioni, senza incorrere in alcuna della denunciate violazioni, tenuto conto del consolidato orientamento di questa Corte in materia, secondo cui il lavoratore che agisca in giudizio per ottenere l'inquadramento in una qualifica superiore ha l'onere di allegare e di provare gli elementi posti a base della domanda e, in particolare, è tenuto ad indicare esplicitamente quali siano i profili caratterizzanti le mansioni di detta qualifica, raffrontandoli altresì espressamente con quelli concernenti le mansioni che egli deduce di avere concretamente svolto (ex plurimis, Cass. n. 8025/03; Cass. n. 12092/04).
    Per quanto precede il ricorso va rigettato.
    Le spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

     

    P.Q.M.

    La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese di questo giudizio, liquidate in Euro 21,00, oltre Euro 3.000,00 per onorari ed oltre spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 22 febbraio 2011.