Cassazione Civile, Sez. 6 L, Ordinanza 19 aprile 2011, n. 8927 - Sanzione disciplinare


 

 
 
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno - Presidente

Dott. LA TERZA Maura - Consigliere

Dott. BANDINI Gianfranco - rel. Consigliere

Dott. ZAPPIA Pietro - Consigliere

Dott. MELIADO' Giuseppe - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

O. A. (Omissis), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA R. GRAZIOLI LANTE 16, presso lo studio dell'avvocato SCHIAVONE FABRIZIO, rappresentato e difeso dagli avvocati PETTINAU ANDREA, CELLA PIETRO, giusta procura speciale in calce al ricorso;

- ricorrente -

contro

T. SPA, Società con unico socio soggetta all'attività di direzione e coordinamento di Fe. de. St. Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, L. G. FARAVELLI 22, presso lo studio dell'avvocato MORRICO ENZO, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 1296/2008 della CORTE D'APPELLO di ROMA del 14/02/08, depositata il 18/08/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 3 0/03/2011 dal Consigliere Relatore Dott. GIANFRANCO BANDINI;

udito l'Avvocato Gaetano Gianni, delega avvocato Morrico Enzo, difensore della resistente che si riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. ELISABETTA CESQUI che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.

 

Fatto

 

 

1. con sentenza del 14.2.2008 - 18.8.2009 la Corte d'Appello di Roma ha rigettato il gravame proposto da O. A. nei confronti della datrice di lavoro T. spa avverso la pronuncia di prime cure che aveva ritenuto la legittimità della sanzione disciplinare della sospensione dal lavoro e dalla retribuzione per sette giorni infertagli dalla parte datoriale per avere abbandonato la locomotiva in moto;

 

2. O. A. ha proposto ricorso per cassazione fondato su due motivi; la T. spa ha resistito con controricorso;

 

3. il primo motivo (pretesa violazione dell'articolo 112 c.p.c.) si basa sull'assunto che la lettera di contestazione non avrebbe precisato che la pretesa violazione riguardava la lettera D dell'articolo 51, comma 1, CCNL; il motivo è inammissibile per violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, non essendo stato ivi riportato il testo della lettera di contestazione;

4. il secondo motivo (vizio di motivazione) censura la sentenza impugnata perchè, nella ricostruzione fattuale: a) ha dato credito, alla deposizione di un teste piuttosto che a quella di un altro; b) non ha tenuto conto della circostanza che il ricorrente si era trovato nella necessità, per motivi di sicurezza del servizio (avaria al passaggio a livello), di recarsi da un dirigente; c) ha ritenuto la gravità dell'addebito;

il motivo è manifestamente infondato perchè si risolve, nei distinti profili in cui si articola, nella richiesta di riesame - inammissibile in sede di legittimità - delle emergenze processuali, senza peraltro dimostrare gli eventuali vizi logici (del resto obiettivamente insussistenti) in cui sarebbe incorsa la Corte territoriale; infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico - formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l'attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di prova acquisiti (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge); con la conseguenza che il preteso vizio di motivazione, sotto il profilo della omissione, insufficienza, contraddittorietà della medesima, può legittimamente dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato (o insufficiente) esame di punti decisivi della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile di ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l'identificazione de procedimento logico - giuridico posto a base della decisione (cfr, ex plurimis, Cass., SU, nn. 13045/1997; 5802/1998); il motivo, peraltro, presenta altresì palesi profili di inammissibilità atteso che:

non è stato trascritto il contenuto della deposizione a cui la Corte territoriale ha ritenuto di non dare credito (primo profilo di doglianza);

non sono state indicate le fonti probatorie dimostrative della dedotta necessità per il ricorrente di recarsi dal dirigente (secondo profilo di doglianza);

si dilunga a contestare argomentazioni, relative a specifiche circostanze fattuali (recidiva, insussistenza del danneggiamento del bene, rilevanza di una diffida), non rinvenibili nella sentenza impugnata (terzo profilo di doglianza); atteso che la controricorrente ha depositato memoria;

atteso che il Collegio condivide e fa proprie le considerazioni che precedono e che, pertanto, il ricorso va rigettato, con condanna del ricorrente alla rifusione delle spese, nella misura indicata in dispositivo, secondo il criterio della soccombenza.

 

P.Q.M.

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese, che liquida in euro 30,00 (trenta), oltre ad euro 2.000,00 (duemila) per onorari, spese generali, Iva e Cpa come per legge.