Tribunale di Trieste, Sez. Civ., 31 gennaio 2011 - Subappalto e dissimulazione






REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Tribunale di Trieste


Il dott. Sergio Carnimeo, in funzione di Giudice Unico della Sezione Civile del Tribunale di Trieste,

ha emesso la seguente

SENTENZA



nella causa civile sopraindicata, avente ad oggetto: "Lesione personale", tra:

N.S., res. in ***, rappresentato e difeso, per mandato a margine del ricorso introduttivo, dagli Avv.ti D.M. e G.V., con domicilio eletto presso e nello studio dei difensori in Trieste, via ***;

ricorrente



contro

D.Z., titolare dell'impresa individuale T.C., rappresentato e difeso, per procura a margine della comparsa di costituzione e risposta dagli Avv.ti L.M. e fu M.C.;

resistente


 

FattoDiritto

 



1. Con ricorso depositato il 5.11.2007 presso la Sezione Lavoro di questo Tribunale il sig. N.S. agiva per il risarcimento dei danni patrimoniali (alla capacità lavorativa specifica) e non patrimoniali patiti a seguito di infortunio sul lavoro occorsogli il 20.5.2000 (la diversa data del 14.7.1998 indicata nelle conclusioni appare, dalla lettura dei documenti prodotti, un mero errore materiale), in forza di titoli contrattuale ed extracontrattuale in tesi vantati nei confronti del convenuto. L'infortunio avvenne mentre il ricorrente, operaio, stava lavorando all'interno di un cantiere edile in un immobile di proprietà dell'AT. (in Trieste, via *** al 5° piano), e con l'ausilio di un martello demolitore stava provvedendo all'abbattimento di una trave del solaio. A causa del cedimento della trave il ricorrente sarebbe caduto dal cavalletto sul quale si trovava, rovinando al suolo da un'altezza di circa 2 metri e riportando un grave politraumatismo.

Prontamente ricoverato in ospedale in stato di coma - che permaneva per 10 giorni - lo S. venne dimesso solo in data 22.6.2000, a circa un mese di distanza dall'incidente.

L'AT. aveva in precedenza appaltato i lavori di risanamento dell'intero edificio alla G.C. s.r.l. e quest'ultima, a sua volta, aveva subappaltato varie parti dei lavori a terze ditte. Tra queste vi era l'impresa individuale T.C., incaricata però in modo irregolare e senza autorizzazione della proprietà in forza di contratto di subappalto di data 9.5.2000.

Sulla base di tali presupposti il ricorrente agiva nei confronti di D.Z., titolare della T.C., da ritenere subappaltatore e di fatto preponente rispetto allo S. Rimarcava, tra l'altro, il ricorrente, come i lavori fossero stati iniziati di sabato, in presenza di forte vento di bora (che aveva impedito l'utilizzo della gru per tenere in sicurezza la trave poi crollata nell'occasione), senza predisporre le misure di sicurezza atte ad impedire cadute dei lavoratori e con modalità contrarie alle regole tecniche delle procedure di demolizione.



2. Con memoria depositata il 12.1.2008 si è costituito il resistente negando che lo S. fosse alle sue dipendenze ed allegando, per contro, la propria qualità di dipendente della G.C. s.r.l. Aggiungeva che tra la ditta individuale T.C. e la G.C. s.r.l. vi era stato un mero rapporto di prestazione d'opera avente ad oggetto i lavori di demolizione di pareti interne, solai, travi e pilastri e, successivamente, l'esecuzione di solai e murature. Con riguardo alle demolizioni, però, l'accordo non aveva avuto seguito in quanto dette opere erano già state iniziate un mese e mezzo prima e completamente eseguite dalla G.C. s.r.l. Riferiva inoltre che la T.C. era un'impresa artigianale costituita, prima di allora, dal titolare e da un solo dipendente, a quale se ne era aggiunto un secondo solamente qualche giorno prima dell'incidente. Negava inoltre fossero mai stati conferiti incarichi inerenti la sicurezza sul lavoro ed eccepiva, in via di subordine, l'addebitabilità dell'infortunio all'esclusiva colpa del ricorrente o, in subordine, il concorso di colpa della vittima.

Riferiva peraltro che per i medesimi fatti, in sede penale, era sorto procedimento - poi definito con applicazione della pena su richiesta - nei soli confronti di S.G. La G.C. s.r.l. aveva pagato all'INAIL per rivalsa la somma di Euro 70.000,00 ed all'odierno ricorrente l'ulteriore somma di Euro 60.000,00.



3. Con ordinanza resa all'udienza del 22.1.2008 il Giudice della Sezione Lavoro di questo Tribunale, ritenuto che la causa avesse ad oggetto, al di là di un generico e non declinato richiamo all'art. 2087 c.c., responsabilità extracontrattuale, disponeva il mutamento del rito e la trasmissione del fascicolo per la riassegnazione, secondo previsione tabellare, a giudice della Sezione Civile.



4. Successivamente a riassegnazione al sottoscritto giudice la causa era trattata all'udienza del 25.3.2010 e, all'esito dei termini ex art. 183 co. 6 c.p.c., istruita con l'assunzione di alcune delle prove testimoniali richieste da entrambe le parti. In particolare, con ordinanza in data 4.9.2008 il giudice così disponeva:



"... 1. non ammette l'acquisizione di documenti ed informazioni presso la P.A. (A.S.S., INAIL ed INPS) trattandosi di documentazione che avrebbe potuto e dovuto essere prodotta dalla parte attrice richiedente che, in qualità di persona offesa dal sinistro, aveva titolo per ottenere direttamente in copia i predetti documenti (e peraltro ha prodotto copia dei rilievi tecnici descrittivi dell'infortunio redatta da dipendenti dell'A.S.S. n. 1 Triestina, con una sola parte dei relativi allegati - e senza i verbali di sommarie informazione di soggetti pure citati come testimoni) (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1461 del 23/01/2008; Sez. 1, Sentenza n. 16713 del 07/11/2003);



2. ammette la prova per testi richiesta da parte attrice in ricorso limitatamente ai capitoli sub g), h) ed i), con i tre addetti ai lavori di demolizione ivi indicati;



3. non ammette la residua prova per testi richiesta da parte attrice in ricorso, trattandosi di fatti non contestati (a-e), documentali (f), ed implicanti giudizio astratto e probabilistico (l);



4. riserva al prosieguo la CTU medico legale sulla persona dell'attore;



5. ammette la prova per testi richiesta da parte convenuta in memoria di resistenza, limitatamente ai capitoli sub 5, 6, 7-10, 11-14; 17; g), h) ed i), con al massimo tre testi per capitolo;



6. non ammette la residua prova per testi richiesta da parte convenuta, trattandosi di fatti documentati (1, 15, 16, 22, 23, 24, 25, 26), non rilevanti (2-4);...".



5. All'udienza del 14.1.2009 venivano sentiti i testimoni Z.S., e altri e successivamente, all'udienza del 22.9.2009, era sentito il teste C.D.



6. Successivamente, con provvedimento in data 8.10.2009, la causa era avviata a decisione eventualmente non definitiva sull'an debeatur ed all'udienza dell'11.5.2010, le parti concludevano come sopra riportato ed il giudice tratteneva la causa in decisione.



7. L'eccezione pregiudiziale di nullità dell'atto introduttivo per avere il convenuto potuto contare su un termine inferiore al minimo di legge di cui all'art. 163 bis c.p.c. è infondata e va respinta. In proposito deve rilevarsi che il ricorso introduttivo proposto con il rito del lavoro è stato notificato in data 12.12.2007 con udienza ex art. 420 c.p.c. fissata per il 22.1.2008 regolarmente tenutasi. Successivamente a mutamento del rito in ordinario (con provvedimento assunto all'udienza del 22.1.2008), era fissata e celebrata nuova prima udienza di comparizione delle parti e trattazione ex art. 183 c.p.c. in data 25.3.2008. Successivamente, inoltre, erano concessi i termini ex art. 183 co. 6 c.p.c., peraltro non utilizzati dalle parti.

La suddetta successione di termini, scansioni ed adempimenti procedurali ha fatto sì che il resistente - convenuto, di fatto, abbia avuto tempo utile per le proprie difese dal 12.12.2007 al 25.3.2008.

Il fatto che, pur a seguito di richiesta concessione, non siano stati utilizzati i termini di cui al comma 6° dell'art. 183 c.p.c. per eventuali precisazioni o modifiche di domande e eccezioni o per istanze istruttorie, è riprova del fatto che tutte le difese sono state adeguatamente e compiutamente formulate con gli iniziali atti introduttivi.

Un'eventuale regressione del procedimento, nei termini voluti dalla difesa del convenuto, oltre a non giustificarsi in ragione di concrete lesioni del diritto di difesa, integrerebbe snodo contrario al canone costituzionale della ragionevole durata del processo, non utile a sanare inesistenti difetti o vizi del contraddittorio.



8. Venendo al merito la domanda attorea è infondata e dev'essere rigettata per i motivi di seguito esposti.



8.1. Preliminarmente va chiarito che il ricorrente S., come esplicitato dalla relativa difesa solo in comparsa conclusionale, era, all'epoca dei fatti, pacificamente e formalmente operaio dipendente della sola società G.C. s.r.l. In forza di tale rapporto sarebbe stato, dal proprio datore di lavoro, inviato a lavorare nel cantiere ove operava la T.C. e presso tale ditta, realizzando così una fornitura di mera manodopera o, in via alternativa, una sorta di distacco o comando.

Il rapporto tra la G.C. e l'impresa individuale del convenuto (T.C.), poi, risulta formalmente regolato da un contratto di subappalto datato 9.5.2000 (doc. 2 produzione del ricorrente e doc. 8 resistente), stipulato tra la predetta G.C. e la ditta "Z.D.", che prevede, quale oggetto, lavori di "demolizione di pareti interne, solai, travi e pilastri e ricostruzione delle murature in laterizio come previsto dal progetto esecutivo... compresa l'assistenza del cantiere, degli operai e dell'attrezzatura necessaria". Sempre in forza delle previsioni contrattuali l'opera doveva essere svolta "sotto la diretta sorveglianza del fiduciario delegato dell'impresa appaltatrice", con impegno, per l'appaltatore "di impiegare maestranze regolarmente iscritte ed in regola con le vigenti leggi in materia contributiva, previdenziale ed antinfortunistica...", e dichiarazione di "aver tenuto conto degli oneri previsti per i piani di sicurezza e della loro attuazione... sollevando il Committente e l'appaltatore da ogni responsabilità civile e penale che (sic) può andare incontro".

La realtà sostanziale, tuttavia, appare molto diversa e non può prescindere da una verifica delle caratteristiche dimensionali dell'impresa T.C. o Z.D. Trattasi, infatti, di impresa individuale artigiana, con capitale investito di 10 milioni di Lire, iscritta alla CCIAA di Trieste per l'attività di "piccoli lavori di manutenzione e costruzione edile" (doc. 11 resistente) che, alla data della sottoscrizione del suindicato contratto di subappalto, risultava avere un unico dipendente (I.M.) e che il giorno successivo (il 10.5.2000) assumeva un secondo dipendente (D.M.), come risulta dall'estratto del libro matricola prodotto dalla difesa del convenuto (doc. 12).

Appare abbastanza evidente, per la limitatezza di mezzi e risorse dell'impresa dello Z., che il contratto di subappalto formalmente sottoscritto con la G.C. s.r.l. altro non era che una negoziazione dissimulante il reale e sottostante rapporto lavorativo e finalizzata ad "esternalizzare" i rischi e le responsabilità per danni ed infortuni.

Ciò è ulteriormente confermato dal fatto che di tutti i quattro operai (come risulta dalle deposizioni testimoniali) che lavoravano, nel frangente in cui avvenne l'incidente, alle demolizioni in questione, tre erano dipendenti della sola G.C. (i due S. e l'odierno attore), mentre uno solo (M.) era dipendente - peraltro appena assunto - della T.C.



8.2. Ciò detto appare evidente e pacifico che tra le parti del presente procedimento non fosse sussistente alcun rapporto contrattuale lavorativo, il che conferma l'inapplicabilità del titolo di cui all'art. 2087 c.c. e la statuizione di competenza di questo Giudice ordinario invece del Giudice del Lavoro.

E' irrilevante, in proposito, il fatto che lo Z. avesse assunto di fatto un ruolo, puramente tecnico, direzionale e di coordinamento nei confronti di tutti gli operai che provvedevano alle demolizioni, e ciò in mancanza di conferimento di delega reale o di effettivi ruoli in tema di vigilanza e sicurezza sul lavoro.

Il dato si desume dalle testimonianze assunte in causa e dal verbale ispettivo dell'ASS n. 2 Triestina prodotto dall'attore, nel quale si da conto del fatto che lo Z, era stato presentato dal titolare della G.C., in modo equivoco, quale responsabile di cantiere, con indicazione del nominativo anche nel cartello di cantiere.

Alle medesime conclusioni, in diversi ambiti, sono giunti sia il giudice penale che gli ispettori del lavoro intervenuti a seguito dell'infortunio, avendo in entrambi i casi individuato il responsabile e datore di lavoro nella G.C. e non anche nell'odierno soggetto convenuto.



9. Venendo ai profili di responsabilità extracontrattuale azionati in alternativa dall'attore, dall'istruttoria svolta è emerso un quadro ambiguo, nel cui ambito, non vi è prova convincente del fatto che l'odierno convenuto abbia posto in essere comportamenti colposi, dando l'ordine di procedere alle demolizioni di solai e travi con modalità contrarie alle norme in tema di sicurezza.

Pacifico che D.Z. fosse il punto di riferimento tecnico degli operai, l'unico operaio che ha sostenuto che D. quel giorno avesse dato indicazioni di procedere con la demolizione delle travi è il teste Z.S. - all'epoca dipendente della G.C. s.r.l. -. La deposizione del teste, però, è poco convincente, e verosimilmente è compatibile con una mera deduzione, in quanto lo stesso S., a domanda di chiarimento, ha puntualizzato di non avere sentito il D. impartire l'ordine di demolizione delle travi quel giorno, e ad ulteriore domanda sul tema ha riferito di ritenere che lo S. non avesse iniziato la demolizione di sua iniziativa perché in quel cantiere nessuno degli operai "poteva fare ciò che voleva".

Di contro i testi M. e C. hanno entrambi riferito che D. era in diretto contatto con il sig. G., ed il M. ha anche precisato che D. dava direttive sul lavoro dopo avere conferito con il G. Oltre a ciò il M. ha precisato che D., riferendo indicazioni del G., quel giorno aveva detto di non demolire pilastri e travi, non potendosi utilizzare la gru.

D'altro canto è emerso che l'unico operaio che procedeva, nel pomeriggio di quel giorno, a sezionare la trave (cfr. testimonianze e relazione ispettiva in atti).

Le ulteriori prove richieste da parte attrice sono risultate inammissibili (documenti ed informazioni presso la P.A.), o comunque - nella parte in cui non sono state ammesse - (cap. 4 a, b, c, d, e, f ed h), oltre a vertere su fatti in buona parte non contestati, non potrebbero apportare elementi in grado di modificare le suindicate conclusioni.



10. Dalla parziale reciproca soccombenza discende una parziale - in misura di 1/4, compensazione delle spese di lite, con condanna dell'attore alla rifusione dei residui 3/4 liquidati in dispositivo.



 

P.Q.M.

 



Il Tribunale di Trieste in composizione monocratica, definitivamente pronunciando nella causa iscritta al n. 313/08 R.G. promossa con ricorso notificato il 12.12.2007 da N.S. nei confronti di D.Z.c, ogni altra domanda da intendersi disattesa, così statuisce:

- rigetta le domande dell'attore;

- compensa in misura di 1/4 le spese di lite tra le parti in ragione della parziale reciproca soccombenza, e condanna l'attore a rifondere al convenuto le residue spese legali che, nella misura dovuta (3/4) liquida in complessivi Euro 10.082,00 di cui Euro 2.400,00 per diritti, Euro 7.500,00 per onorari, Euro 62,00 per esborsi, Euro 120,00 per spese imponibili, oltre al 12,5% di diritti ed onorari per rimborso forfetario spese generali, IVA e CPA come per legge.



Così deciso in Trieste, il 31 dicembre 2010.

Depositata in Cancelleria il 31 gennaio 2011.