Cassazione Penale, Sez. 4, 01 giugno 2011, n. 22171 - Caduta dal camion e responsabilità del titolare della ditta di autotrasporti


 


 

 

Responsabilità del titolare di una ditta di autotrasporti per infortunio di un proprio dipendente che, nel corso delle operazioni di scarico delle componenti di un ascensore dal cassone del camion si era infortunato cadendo dal camion di proprietà dell'imputato.

 

La Corte territoriale ha evidenziato che l'infortunato, salito sul camion, era caduto a terra per l'improvvisa rottura di una fune, utilizzata dalla parte offesa per avvicinare un pesante imballaggio alla sponda del mezzo e consentire così al conducente del muletto di afferrare il carico.

 

Condannato in primo e secondo grado, ricorre in Cassazione - Rigetto.

 

La Suprema Corte afferma che "il richiamato percorso argomentativo afferente all'apprezzamento delle risultanze istruttorie, sviluppato dai giudici di merito, appare intrinsecamente coerente e privo di fratture logiche, sindacabili in questa sede di legittimità."


 

 




REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZECCA Gaetanino - Presidente

Dott. FOTI Giacomo - Consigliere

Dott. MAISANO Giulio - Consigliere

Dott. PICCIALLI Patrizia - Consigliere

Dott. MONTAGNI Andrea - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

 



sul ricorso proposto da:

1) N. A., N. IL ;

avverso la sentenza n. 1941/2006 CORTE APPELLO di BOLOGNA, del 19/05/2010;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 20/04/2011 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Mazzotta Gabriele, che ha concluso per inammissibilità del ricorso;

udito il difensore avv. Vannucci Sandra.

 

Fatto



1. Il Tribunale di Ravenna, con sentenza in data 20 gennaio 2006 dichiarava N. A. colpevole del reato di cui all'articolo 590 c.p., commesso in data  ... e lo condannava alla pena di euro 400 di multa. La Corte di Appello di Bologna, in data 19 maggio 2010, in parziale riforma della sentenza pronunciata dal primo giudice, escludeva il beneficio della sospensione condizionale della pena e confermava nel resto.

2. Avverso la richiamata sentenza della Corte di Appello di Bologna ha proposto ricorso per cassazione l'imputato per mezzo del difensore.

Con il primo motivo la parte osserva che la Corte di Appello, dopo avere riconosciuto la fondatezza del motivo di censura relativo alla omessa pronuncia da parte del primo giudice, sulla richiesta di perizia volta ad accertare la dinamica del sinistro, ha contraddittoriamente rigettato l'eccezione e non ha altrimenti disposto la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale, pure fraintendendo le conclusioni rassegnate dal consulente tecnico nominato dalla difesa, argomentate sulla base delle lesioni riportate dall'infortunato.

Con il secondo motivo, l'esponente rileva che la Corte di Appello ha illogicamente ritenuto attendibili i testi escussi e non la parte offesa, in ordine alla dinamica del sinistro.

Infine, il ricorrente lamenta la mancata concessione delle attenuanti generiche, tenuto conto della incensuratezza dell'imputato e della assenza di carichi pendenti.

 

Diritto



3. Il ricorso che occupa è infondato per le ragioni di seguito esposte.



3.1 Si osserva, primieramente, che destituita di fondamento risulta l'eccezione processuale spiegata con il primo motivo di ricorso.

Invero, questa Suprema Corte ha chiarito che la violazione del dovere di decidere "senza ritardo" sulla richiesta di ammissione delle prove (ex articolo 190 c.p.p., comma 1) non comporta alcuna sanzione processuale; e che non è ravvisabile un termine perentorio per lo scioglimento della relativa riserva, da parte del giudice (cfr. Cass. Sez. 4, Sentenza n. 34352 in data 08/07/2009, dep. 04/09/2009, Rv. 245115), Pertanto, del tutto legittimamente, la Corte territoriale, soffermandosi sulla specifico motivo di appello, ha rilevato che effettivamente il primo giudice, dopo essersi riservato in ordine alla richiesta formulata dalla difesa di perizia medico-legale sulla dinamica del sinistro, aveva dichiarato la chiusura dell'istruttoria dibattimentale senza rigettare espressamente la suddetta richiesta probatoria; ed ha pure considerato condivisibile l'orientamento espresso dal primo giudice, il quale aveva implicitamente ritenuto superfluo il predetto approfondimento istruttorio. La Corte di Appello ha poi osservato che il consulente medico legale della difesa aveva rassegnato conclusioni meramente ipotetiche -come chiarito dallo stesso consulente - nel rilevare l'incompatibilità delle lesioni riportate dal L. rispetto alla ricostruzione del sinistro effettuata nel capo di imputazione; ed ha perciò rigettato, secondo un conferente percorso argomentativo, non censurabile in sede di legittimità, la richiesta di perizia volta a ricostruire la dinamica fattuale del sinistro.

3.2 Del pari infondato risulta il secondo motivo di ricorso, con il quale la parte si duole dell'apprezzamento delle emergenze istruttorie compiuto dalla Corte territoriale. Invero, la Corte di Appello ha riferito che il  L. A. , autista della ditta di autotrasporto della quale è titolare il N., nel corso delle operazioni di scarico delle componenti di un ascensore del cassone dell'automezzo di proprietà del medesimo N., si era infortunato cadendo dal camion. La Corte territoriale ha evidenziato che L. , salito sul camion, era caduto a terra per l'improvvisa rottura di una fune, utilizzata dalla parte offesa per avvicinare un pesante imballaggio alla sponda del mezzo e consentire così al conducente del muletto di afferrare il carico. La Corte di Appello ha ricostruito in tali termini la dinamica del sinistro, sulla base delle dichiarazioni rese dagli addetti alle operazioni di scarico, Ma. e M. e dal Capocantiere C., ritenuti pienamente attendibili. Di converso, la Corte territoriale ha sottolineato che non meritava credito la diversa versione dell'accaduto resa dall'infortunato, il quale aveva sempre negato di essere salito sul camion ed aveva dichiarato di essersi trovato a terra, dopo essere stato violentemente colpito da un grave.

Al riguardo, la Corte di Appello ha ritenuto non credibile l'infortunato L., il quale aveva reso dichiarazioni volte a favorire il datore di lavoro. La Corte di Appello ha, quindi, chiarito che apparivano conferenti le indicazioni rese dall'Ispettore M. della ASL, il quale aveva proceduto alla ricostruzione della dinamica dell'infortunio, sulla base delle dichiarazioni rese dai testi sopra ricordati. Il richiamato percorso argomentativo afferente all'apprezzamento delle risultanze istruttorie, sviluppato dai giudici di merito, appare intrinsecamente coerente e privo di fratture logiche, sindacabili in questa sede di legittimità.

3.3 Con riferimento, infine, alla mancata concessione delle attenuanti generiche, questione dedotta con il terzo motivo di ricorso, si osserva che la Corte di Appello ha chiarito che la mera incensuratezza non da di per sè diritto alla concessione delle attenuanti generiche; che dal comportamento processuale del prevenuto non emergevano dati utilmente apprezzabili a favore dell'imputato; e che una ulteriore diminuzione del trattamento sanzionatorio, avrebbe frustrato la funzione rieducativa della pena. In tali termini il Collegio ha soddisfatto l'obbligo motivazionale attinente alla dosimetria della pena. è appena il caso di considerare che in tema di valutazione dei vari elementi per la concessione delle attenuanti generiche ed in ordine ai limiti del sindacato di legittimità su detto punto, la giurisprudenza di questa Suprema Corte non solo ammette la c.d. motivazione implicita (Cass. sez. 6, 22 settembre 2003 n. 36382 n. 227142) o con formule sintetiche (tipo "si ritiene congrua" vedi Cass. sez. 6, 4 agosto 1998 n. 9120 Rv. 211583), ma afferma anche che le relative statuizioni sono censurabili in cassazione solo quando siano frutto di mero arbitrio o ragionamento illogico (Cass. sez. 3, 16 giugno 2004 n. 26908, Rv. 229298); evenienza che certamente non sussiste nel caso di specie, attesa la esauriente motivazione, sopra richiamata, espressa dalla Corte territoriale.



4. Al rigetto del ricorso segue la condanna dell'esponente al pagamento delle spese processuali.

 

P.Q.M.

 


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.