Cassazione Penale, Sez. 4, 09 giugno 2011, n. 23336 - Committente - Appaltante e obblighi


 

 

 

Responsabilità del direttore di uno stabilimento esercente attività di produzione di clinker cementizio e del responsabile del servizio prevenzione del medesimo stabilimento, in ordine al reato perpetrato nei confronti di Tu.Lu., capocantiere dell'impresa edile "Tu. Do.". Questa impresa aveva preso in appalto unitamente all'altra ditta edile "Tu. An." dalla Co. i lavori di manutenzione straordinaria degli impianti della torre di preriscaldo posta all'interno dello stabilimento della Società committente. I lavori consistevano nella rimozione del materiale incrostatosi sulle pareti interne del silos del quarto piano della torre di preriscaldo, formata da otto piani.

La parte offesa Tu.Lu., mentre era intenta ad eseguire dette opere, era sprofondata all'interno del silo del quarto piano per l'improvviso cedimento del materiale accumulatosi sotto i suoi piedi, riportando gravissime lesioni con conseguente decesso.

 

A seguito dell'assoluzione di entrambi in primo grado, la parte civile ricorrein Cassazione - Accolto.

 

"Questa Corte di legittimità ha ripetutamente affermato che il committente-appaltante, che abbia affidato i lavori ad imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi all'interno dell'azienda del committente o di un'unità produttiva della stessa, ha una serie di obblighi positivi di verifica, informazione, cooperazione e coordinamento in relazione alla normativa antinfortunistica. In altre parole, in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il datore di lavoro e gli altri responsabili della sicurezza dell'impresa hanno l'obbligo di cooperare all'attuazione delle misure di sicurezza e protezione che l'appaltatore di lavori da eseguirsi all'interno dell'azienda adotta in favore dei lavoratori alle sue dipendenze, e pertanto assumono nei confronti di questi ultimi una posizione di garanzia in riferimento ai rischi specifici connessi all'ambiente di lavoro nel quale essi sono chiamati ad operare".

 


 

 

 



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MORGIGNI Antonio Presidente del 14/04/2 -

Dott. ZECCA Gaetanino Consigliere SENTE -

Dott. GALBIATI Ruggero rel. Consigliere N. -

Dott. BLAIOTTA Rocco M. Consigliere REGISTRO GENER -

Dott. VITELLI CASELLA Luca Consigliere N. 29813/2 -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA



sul ricorso proposto da:

1. Se. An. n. il (Omissis) - Parte Civile C/;

2. Gi. Ma. n. il (Omissis) - Imputato N.R.;

3. Ca. Mo. n. il (Omissis) - Imputato N.R.;

avverso la sentenza n. 395/2007 Giudice Udienza Preliminare di Isernia in data 18-02-2010;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Ruggero Galbiati;

udito il Pubblico Ministero in persona del Dott. D'AMBROSIO Vito che ha chiesto l'annullamento con rinvio del ricorso;

udito il difensore della parte civile Avv.to Mellone;

udito il difensore degli imputati avv.to La Rosa.

 

Fatto



1. Il P.M. presso il Tribunale di Isernia chiedeva il rinvio a giudizio, tra gli altri, di Gi.Ma., direttore dello stabilimento Co. sito in località (Omissis) esercente attività di produzione di clinker cementizio, e Ca. Mo., responsabile del servizio prevenzione del medesimo stabilimento, in ordine al reato ex articolo 589 c.p.p., commi 1 e 2, perpetrato nei confronti di Tu.Lu. , capocantiere dell'impresa edile "Tu. Do.".

Questa impresa aveva preso in appalto unitamente all'altra ditta edile "Tu. An." dalla Co. i lavori di manutenzione straordinaria degli impianti della torre di preriscaldo posta all'interno dello stabilimento della Società committente. I lavori consistevano nella rimozione del materiale incrostatosi sulle pareti interne del silos del quarto piano della torre di preriscaldo, formata da otto piani.

La parte offesa Tu.Lu. , mentre era intenta ad eseguire dette opere, era sprofondata all'interno del silo del quarto piano per l'improvviso cedimento del materiale accumulatosi sotto i suoi piedi, riportando gravissime lesioni con conseguente decesso.

Alla luce della documentazione in atti risultava che l'occorso era stato determinato dalla instabilità del materiale accumulatosi eccessivamente all'interno del cd. 5 ciclone, mentre sarebbe stato necessario rimuovere continuamente il materiale scrostato; nonchè dal mancato uso di mezzi di protezione contro la caduta dall'alto ed in particolare dall'omesso utilizzo regolare della cintura di sicurezza.

2. Svoltasi l'udienza preliminare, il Giudice, con sentenza in data 18-2-2010, dichiarava non luogo a procedere nei confronti di Gi. Ma. e Ca.Mo. in ordine al reato ascritto per non avere commesso il fatto. Osservava che il datore di lavoro committente, nel caso di affidamento di lavori a ditte appaltatrici all'interno della propria azienda, era gravato dall'obbligo di cooperazione e di coordinamento con l'appaltatore per l'attuazione delle misure di prevenzione dei rischi di infortunio sul lavoro, ai sensi del Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 7, comma 3. Detto obbligo non operava, per espresso dettato legislativo, nel caso di rischi specifici propri dell'attività dell'impresa appaltatrice.

Ad avviso del Giudice, l'obbligo di cooperazione imposto al committente era limitato all'attuazione di quelle misure rivolte ad eliminare i pericoli che, per effetto dell'esecuzione delle opere appaltate, potevano incidere sia sui dipendenti dell'appaltante che su quelli dell'appaltatore. L'obbligo invece non sussisteva quando si trattava di opere che venivano eseguite del tutto autonomamente dall'appaltatore, in un ambito separato rispetto al resto dell'unità produttiva ed i rischi da prevenire riguardavano precauzioni connesse alle specifiche competenze tecniche settoriali relative alle opere svolte dall'appaltatore. L'ipotesi indicata appariva ricorrente nella vicenda in esame.



3. La parte civile Se.An. proponeva ricorso per cassazione ai sensi dell'articolo 428 cod. proc. pen..

Rilevava che il Giudice dell'udienza preliminare non aveva correttamente adottato il provvedimento giurisdizionale, mancando le condizioni stabilite dall'articolo 425 cod. proc. pen. nel senso di ricorrenza di una situazione probatoria sicuramente non modificabile in dibattimento. Il che non appariva sussistente nel caso che occupa. In particolare, il Giudice non aveva affatto valutato l'evenienza per cui l'Azienda sanitaria regionale del Molise aveva elevato verbale di contravvenzione per violazione della legislazione infortuni ed in specie del Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 7, per l'incidente verificatosi, anche nei confronti della Co. s.p.a. e per essa nei confronti appunto dell'imputato nel presente procedimento Ing. Gi.Ma..

Altresì, sussisteva altro materiale probatorio non valutato dal GUP invece apprezzabile in sede di dibattimento. Chiedeva, pertanto, l'annullamento della sentenza impugnata.

 

Diritto



1. Il ricorso va accolto perchè fondato.

Si osserva, come ripetutamente affermato da questa Corte di legittimità, che, ai sensi dell'articolo 425 c.p.p., l'insufficienza o contraddittorietà delle fonti di prova che legittima l'emanazione di sentenza di proscioglimento da parte del Giudice dell'udienza preliminare ha quale parametro di riferimento la prognosi di inutilità del dibattimento, mentre deve essere escluso il proscioglimento in tutti i casi in cui tali fonti di prova si prestino a soluzioni alternative o aperte.

In altre parole, il GUP, a fronte di elementi di prova favorevoli all'imputato, deve pronunciare sentenza di non luogo a procedere solo in forza di un giudizio sicuro di immutabilità del quadro probatorio, specificamente di non modificabilità in dibattimento per effetto dell'acquisizione di nuove prove o di una diversa valutazione degli elementi in atti.

Si rileva che il Giudice non ha argomentato in modo esaustivo circa la ricorrenza di elementi probatori non sufficienti e comunque non idonei a sostenere l'accusa in giudizio.

Invero, questa Corte di legittimità ha ripetutamente affermato che il committente-appaltante, che abbia affidato i lavori ad imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi all'interno dell'azienda del committente o di un'unità produttiva della stessa, ha una serie di obblighi positivi di verifica, informazione, cooperazione e coordinamento in relazione alla normativa antinfortunistica. In altre parole, in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il datore di lavoro e gli altri responsabili della sicurezza dell'impresa hanno l'obbligo di cooperare all'attuazione delle misure di sicurezza e protezione che l'appaltatore di lavori da eseguirsi all'interno dell'azienda adotta in favore dei lavoratori alle sue dipendenze, e pertanto assumono nei confronti di questi ultimi una posizione di garanzia in riferimento ai rischi specifici connessi all'ambiente di lavoro nel quale essi sono chiamati ad operare, (v. Cass. 30-9-2008 n. 41815; Cass. 19-3-2009 n. 19752).

2. Alla luce di detti principi giuridici, va detto che il Giudice non ha correttamente motivato in ordine alle ragioni per le quali il processo causale che ha cagionato l'infortunio sul lavoro non possa essere oggetto di ulteriore approfondimento in sede di giudizio dibattimentale. Tanto, al fine di pervenire ad un'esatta qualificazione dei rischi ricorrenti nello svolgimento dell'attività lavorativa che ha condotto a morte il soggetto passivo, nel senso di configurazione di precauzioni antinfortunistiche connesse a regole richiedenti una specifica competenza tecnica settoriale ascrivibile esclusivamente alle specializzazioni tecniche dell'appaltatore e non invece di cautele riferibili anche alla peculiarità dell'ambiente di lavoro, a conoscenza del committente.

3. Pertanto, la sentenza impugnata va annullata con rinvio al Tribunale di Isernia, altro magistrato, che dovrà esaminare nuovamente la fattispecie uniformandosi ai principi di diritto ed allo schema motivazionale indicato.

 

P.Q.M.

 



Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Isernia in diversa composizione personale.