Cassazione Penale, Sez. 3, 09 giugno 2011, n. 23170 - Coordinatore in fase di esecuzione e obbligo di verifica dell'applicazione del PSC da parte dell'impresa esecutrice

 



 

 

 

Responsabilità del coordinatore in fase di esecuzione dei lavori di una srl per non aver provveduto a verificare, con opportune azioni di coordinamento e controllo, l'applicazione, da parte dell'impresa esecutrice, delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento redatto in fase di progettazione.

 

Condannato, ricorre in Cassazione - Inammissibile.


 

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MAIO Guido - Presidente

Dott. TERESI Alfredo - Consigliere

Dott. GRILLO Renato - Consigliere

Dott. AMOROSO Giovanni - Consigliere

Dott. MARINI Luigi - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

 



sul ricorso proposto da:

D.G.N. nato a (Omissis);

avverso la sentenza del 22.1.2010 del Tribunale di Potenza;

Udita la relazione fatta in pubblica udienza dal Consigliere Dott. AMOROSO Giovanni;

Udito il P.M., in persona del S. Procuratore Generale Dott. DE SANTIS Fausto che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.

La Corte Osserva:

 

 

Fatto

 



1. D.G.N. è stato imputato del reato p. e p. dal Decreto Legislativo n. 494 del 1996, articolo 5, comma 1 e articolo 21, comma 2 perchè, in qualità di coordinatore in fase di esecuzione dei lavori della Ditta denominata " C.C. srl" con sede legale in (Omissis), non adottava tutte le misure prescritte per garantire la sicurezza dei lavoratori; in particolare, non ha provveduto a verificare con opportune, azioni di coordinamento e controllo, l'applicazione, da parte dell'impresa esecutrice, delle disposizioni spettanti, contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento redatto in fase di progettazione, come descritto nel verbale di accertamento e sopralluogo eseguito dal Servizio Ispezione del Lavoro di Potenza in data (Omissis) (accertato in (Omissis)).

Il D.G. è stato tratto a giudizio innanzi al Tribunale di Potenza che con sentenza del 22.01.2010 lo dichiarava colpevole e, concesse le attenuanti generiche, lo condanna alla pena di euro 1.040,00 (millequaranta/00) di ammenda oltre al pagamento delle spese processuali con il beneficio della pena sospesa nei termini ed alle condizioni di legge.

2 Avverso questa pronuncia l'imputato propone ricorso per cassazione con un unico motivo.

 

 

Diritto

 



1. Con l'unico motivo di ricorso il ricorrente sostiene che l'adeguamento alle prescrizioni impartite dall'organo di vigilanza unitamente al pagamento, seppur in ritardo della somma determinata al fine dell'oblazione, comporta comunque l'estinzione del reato.



2. Il ricorso è inammissibile perchè manifestamente infondato.

Questa Corte (Cass., Sez. 3, 5/05/2010 - 12/07/2010, n. 26758) ha già affermato - e qui ribadisce - che l'omessa indicazione, ad opera dell'organo di vigilanza, delle prescrizioni di regolarizzazione in riferimento alla riscontrata violazione in materia di prevenzione infortuni e igiene del lavoro non impedisce la procedibilità dell'azione penale.

Deve aggiungersi che, ai sensi del Decreto Legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, articolo 24, la contravvenzione si estingue se il contravventore adempie alla prescrizione impartita dall'organo di vigilanza nel termine ivi fissato e provvede al pagamento previsto dal precedente articolo 21, sicchè l'eventuale pagamento tardivo non consente di ritenere integrata la fattispecie estintiva.

Nella specie peraltro il ricorrente neppure sostiene di aver adempiuto alle prescrizioni impartite (articolo 24, comma 1, cit.), sicchè in realtà non si pone neppure il problema della rilevanza del solo mero ritardo nel pagamento della somma fissata a titolo di oblazione.

In ogni caso il tardivo pagamento comunque avrebbe consentito ex articolo 24, comma 3, di giovarsi dell'oblazione ex articolo 162 bis nella stessa misura ridotta di un quarto che nella specie l'imputato non risulta aver chiesto.

3. Pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile.

Tenuto poi conto della sentenza 13 giugno 2000 n. 186 della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla declaratoria dell'inammissibilità medesima consegue, a norma dell'articolo 616 c.p.p., l'onere delle spese del procedimento nonchè quello del versamento di una somma, in favore della cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 1.000,00.

 

P.Q.M.

 



La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di euro mille alla cassa delle ammende.