SENTENZA DELLA CORTE (Settima Sezione)

9 giugno 2011

«Mercato interno – Norme e regole tecniche – Procedura d’informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e regole relative ai servizi della società dell’informazione – Prescrizioni minime di sicurezza di taluni vecchi impianti elettrici sui luoghi di lavoro»

Fonte: Sito web Eur-Lex

 

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Nel procedimento C‑361/10,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 267 TFUE, dal Conseil d’État (Belgio), con decisione 9 luglio 2010, pervenuta in cancelleria il 19 luglio 2010, nella causa

Intercommunale Intermosane SCRL,

Fédération de l’industrie et du gaz

contro

État belge,

LA CORTE (Settima Sezione),

composta dal sig. D. Šváby, presidente di sezione, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta (relatore) e dal sig. G. Arestis, giudici,

avvocato generale: sig.ra E. Sharpston

cancelliere: sig. A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Intercommunale Intermosane SCRL, dall’avv. J. Bourtembourg, avocat;

–        per il governo belga, dai sigg. J.-C. Halleux e T. Materne, in qualità di agenti;

–        per la Repubblica d’Austria, dalla sig.ra C. Pesendorfer, in qualità di agente;

–        per la Commissione europea, dalla sig.ra M. Patakia e dal sig. G. Zavvos, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli artt. 1 e 8 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 22 giugno 1998, 98/34/CE, che prevede una procedura d’informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell’informazione (GU L 204, pag. 37), come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 20 luglio 1998, 98/48/CE (GU L 217, pag. 18; in prosieguo: la «direttiva 98/34»).

La domanda in esame è stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da un lato, la Intercommunale Intermosane SCRL e la Fédération de l’industrie et du gaz, associazione senza scopo di lucro e, dall’altro lato, lo Stato belga, relativamente ad una normativa sulle prescrizioni minime di sicurezza di taluni vecchi impianti elettrici sui luoghi di lavoro.

Contesto normativo

La normativa dell’Unione

L’art. 1 della direttiva 98/34 dispone:

«Ai sensi della presente direttiva si intende per:

1)      “prodotto”: i prodotti di fabbricazione industriale e i prodotti agricoli, compresi i prodotti della pesca;

(...)

3)      “specificazione tecnica”: una specificazione che figura in un documento che definisce le caratteristiche richieste di un prodotto, quali i livelli di qualità o di proprietà di utilizzazione, la sicurezza, le dimensioni, comprese le prescrizioni applicabili al prodotto per quanto riguarda la denominazione di vendita, la terminologia, i simboli, le prove ed i metodi di prova, l’imballaggio, la marcatura e l’etichettatura, nonché le procedure di valutazione della conformità.

(...)

4)      “altro requisito”: un requisito diverso da una specificazione tecnica, prescritto per un prodotto per motivi di tutela, in particolare dei consumatori o dell’ambiente, e concernente il suo ciclo di vita dopo la commercializzazione, quali le sue condizioni di utilizzazione, di riciclaggio, di reimpiego o di eliminazione qualora tali condizioni possano influenzare in modo significativo la composizione o la natura del prodotto o la sua commercializzazione;

(...)

11)      “regola tecnica”: una specificazione tecnica o altro requisito o una regola relativa ai servizi, comprese le disposizioni amministrative che ad esse si applicano, la cui osservanza è obbligatoria, de jure o de facto, per la commercializzazione, la prestazione di servizi, lo stabilimento di un fornitore di servizi o l’utilizzo degli stessi in uno Stato membro o in una parte importante di esso, nonché, fatte salve quelle di cui all’articolo 10, le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri che vietano la fabbricazione, l’importazione, la commercializzazione o l’utilizzo di un prodotto oppure la prestazione o l’utilizzo di un servizio o lo stabilimento come fornitore di servizi.

(...)

(...)

La presente direttiva non si applica alle misure che gli Stati membri ritengono necessarie nel contesto del trattato per garantire la protezione delle persone, e segnatamente dei lavoratori, in occasione dell’impiego di prodotti, a condizione che tali misure non influiscano sui prodotti stessi».

L’art. 8, n. 1, primo comma, della direttiva 98/34 è formulato come segue:

«Fatto salvo l’articolo 10, gli Stati membri comunicano immediatamente alla Commissione ogni progetto di regola tecnica, salvo che si tratti del semplice recepimento integrale di una norma internazionale e europea, nel qual caso è sufficiente una semplice informazione sulla norma stessa. Essi le comunicano brevemente anche i motivi che rendono necessario adottare tale regola tecnica a meno che non risultino già dal progetto».

La normativa nazionale

Gli artt. 8‑13 del regio decreto 2 giugno 2008, relativo ai requisiti minimi di sicurezza di taluni vecchi impianti elettrici sui luoghi di lavoro (Moniteur belge del 19 giugno 2008, pag. 31631; in prosieguo: il «regio decreto») prevedono:

«Art. 8. L’impianto elettrico è realizzato in modo da proteggere i lavoratori dai rischi dovuti al contatto diretto e indiretto, dagli effetti delle sovratensioni dovute segnatamente a difetti dell’isolamento, alle manovre e agli agenti atmosferici, dalle bruciature e da altri rischi di salute nonché dai rischi non elettrici dovuti all’uso di elettricità.

Ove non risulti possibile eliminare i suddetti rischi con l’ausilio di misure concettuali o di misure di protezione collettiva, l’accesso a tali impianti va riservato esclusivamente ai lavoratori con competenza contrassegnata dal codice BA4 o BA5, così come stabilito all’art. 47 del [regolamento generale relativo agli impianti elettrici].

Art. 9.          L’impianto elettrico deve essere realizzato in modo da:

1°      evitare gli archi e le temperature di superficie pericolosi;

2°      evitare il surriscaldamento, l’incendio e l’esplosione.

Art. 10. § 1. Ogni circuito è protetto da almeno un dispositivo di protezione, che interrompe una corrente in sovraccarico prima che si possa produrre un riscaldamento atto a nuocere all’isolamento, alle connessioni, ai conduttori o all’ambiente.

Ogni circuito è protetto da un dispositivo che interrompe una corrente di corto circuito prima che si producano effetti pericolosi.

§ 2. In deroga alle disposizioni del § 1, taluni impianti possono non essere protetti dalle sovracorrenti, a patto che vengano rispettate le condizioni e le modalità previste agli artt. 119, 123 e 126 del [regolamento generale relativo agli impianti elettrici].

Art. 11. § 1. Al fine dell’esecuzione dei lavori fuori tensione, l’interruzione dell’impianto elettrico o dei singoli circuiti elettrici deve poter essere effettuata in maniera sicura ed affidabile.

§ 2. Il comando funzionale deve essere effettuato in maniera sicura ed affidabile.

§ 3. Gli effetti delle cadute di tensione o della mancanza e del ripristino della tensione non devono pregiudicare la sicurezza dei lavoratori.

Art. 12. L’impianto elettrico deve essere realizzato con materiale elettrico costruito in modo tale da non pregiudicare la sicurezza delle persone, in caso di installazione e di manutenzione corrette e di utilizzazione conforme alla sua destinazione.

Se del caso, il materiale deve rispondere alle condizioni dei decreti che danno attuazione alle direttive comunitarie applicabili in materia.

Art. 13. Sia in ragione della sua costruzione, sia in ragione di una protezione supplementare, il materiale elettrico utilizzato è adeguato alle influenze esterne e alle condizioni di uso presenti o ragionevolmente prevedibili».

Causa principale e questioni pregiudiziali

Con ricorso presentato il 18 agosto 2008 dinanzi al giudice del rinvio, le ricorrenti nella causa principale hanno presentato domanda di annullamento del regio decreto.

A sostegno del loro ricorso, le ricorrenti nella causa principale deducono, in particolare, una violazione della direttiva 98/34, poiché il regio decreto contiene delle regole tecniche, il cui progetto avrebbe dovuto essere comunicato alla Commissione ai sensi dell’art. 8 di tale direttiva.

In tale contesto, il Conseil d’État ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se norme nazionali, come gli artt. 8‑13 del [regio decreto] che enunciano le prescrizioni relative alla realizzazione di impianti elettrici, alla costruzione del materiale elettrico e alle protezioni connesse con detto materiale al fine di garantire la protezione dei lavoratori, costituiscano regole tecniche ai sensi dell’art. 1, punto 11, della direttiva [98/34], i cui progetti devono essere oggetto di una notifica, in virtù dell’art. 8, n. 1, primo comma, della stessa direttiva.

2)      Se norme nazionali, come gli artt. 8‑13 del [regio decreto] costituiscano misure ai sensi dell’art. 1, in fine, della direttiva [98/34] che gli Stati membri ritengono necessarie per garantire la protezione delle persone, e segnatamente dei lavoratori, in occasione dell’impiego di prodotti e che non influiscono sui prodotti stessi».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla prima questione

Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se l’art. 1, punto 11, della direttiva 98/34 vada interpretato nel senso che norme nazionali del tipo di quelle in esame nella causa principale costituiscano, ai sensi di tale disposizione, regole tecniche, i cui progetti devono essere oggetto della notifica di cui all’art. 8, n. 1, primo comma, della stessa direttiva.

Per giurisprudenza costante, la direttiva 98/34 è volta a tutelare, mediante un controllo preventivo, la libera circolazione delle merci, che costituisce uno dei fondamenti dell’Unione europea, e l’utilità di tale controllo emerge nei casi in cui regole tecniche che rientrano nel campo di applicazione di tale direttiva possano costituire ostacoli per gli scambi delle merci fra Stati membri, ostacoli che sono ammissibili solo se necessari per soddisfare esigenze imperative dirette al conseguimento di uno scopo d’interesse generale (v. sentenze 30 aprile 1996, causa C‑194/94, CIA Security International, Racc. pag. I‑2201, punti 40 e 48, nonché 8 settembre 2005, causa C‑303/04, Lidl Italia, Racc. pag. I‑7865, punto 22).

In tale contesto occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, dall’art. 1, punto 11, della direttiva 98/34 emerge che la nozione di «regola tecnica» si scompone in tre categorie, cioè, in primo luogo, la «specificazione tecnica», ai sensi dell’art. 1, punto 3, della direttiva citata, in secondo luogo, l’«altro requisito», come definito dall’art. 1, punto 4, di tale direttiva, e, in terzo luogo, il divieto di fabbricazione, importazione, commercializzazione o utilizzo di un prodotto di cui all’art. 1, punto 11, della direttiva stessa (v. sentenze 21 aprile 2005, causa C‑267/03, Lindberg, Racc. pag. I‑3247, punto 54, e 8 novembre 2007, causa C‑20/05, Schwibbert, Racc. pag. I‑9447, punto 34).

Nell’ipotesi in cui gli impianti elettrici di cui alla causa principale possano essere qualificati come «prodotto» ai sensi dell’art. 1, punto 1, della direttiva 98/34, occorre esaminare se le disposizioni nazionali in esame nella causa principale rientrino in una di queste tre categorie.

A tale riguardo è, in primo luogo, sufficiente anzitutto constatare che tali norme non rientrano nella terza categoria di regole tecniche di cui all’art. 1, punto 11, della direttiva 98/34, poiché non comportano un divieto di fabbricazione, di importazione, di commercializzazione o di utilizzazione di un prodotto ai sensi di tale disposizione.

In secondo luogo, occorre verificare se le norme nazionali in esame nella causa principale rientrino nella prima categoria di regole tecniche di cui all’art. 1, punto 11, della direttiva 98/34, vale a dire nella nozione di «specificazione tecnica».

Dalla giurisprudenza risulta che tale nozione, definita nel suddetto art. 1, punto 3, presuppone che la norma nazionale si riferisca necessariamente al prodotto o al suo imballaggio in quanto tali, e che definisca quindi una delle caratteristiche richieste di un prodotto (v. sentenza Schwibbert, cit., punto 35 e giurisprudenza citata).

Per quanto riguarda le norme nazionali controverse nella causa principale, va rilevato che le prescrizioni minime relative alla realizzazione di taluni impianti elettrici previsti da tali disposizioni mirano a garantire la sicurezza di tali impianti allo scopo di proteggere i lavoratori che li utilizzano.

Ora, si deve necessariamente constatare che tali prescrizioni minime impongono requisiti e obiettivi generali in materia di sicurezza e di protezione, senza necessariamente riferirsi al prodotto in questione o al suo imballaggio in quanto tali e, quindi, senza definire le caratteristiche di tale prodotto.

Di conseguenza, le norme nazionali di cui alla causa principale non contengono specificazioni tecniche ai sensi della direttiva 98/34.

In terzo luogo, va verificato se tali disposizioni rientrino nella seconda categoria di regole tecniche di cui all’art. 1, punto 11, della direttiva 98/34, vale a dire nella nozione di «altro requisito».

Secondo la giurisprudenza, per poter essere qualificati come «altr[i] requisit[i]» ai sensi dell’art. 1, punto 4, della direttiva 98/34, le prescrizioni minime previste da dette disposizioni devono costituire delle «condizioni» in grado di influenzare in modo significativo la composizione o la natura del prodotto in questione o la sua commercializzazione (v., in tal senso, sentenza Lindberg, cit., punto 72).

Ora, tenuto conto del carattere generale di dette prescrizioni, esse non possono costituire condizioni siffatte, né possono, di conseguenza, essere qualificate come «altr[i] requisit[i]» ai sensi del suddetto art. 1, punto 4.

Alla luce delle considerazioni precedenti, la prima questione va risolta dichiarando che l’art. 1, punto 11, della direttiva 98/34 deve essere interpretato nel senso che norme nazionali del tipo in esame nella causa principale non sono regole tecniche, ai sensi di tale disposizione, i cui progetti devono essere oggetto della notifica di cui all’art. 8, n. 1, primo comma, della stessa direttiva.

Sulla seconda questione

Vista la soluzione fornita alla prima questione, non è necessario risolvere la seconda questione.

Sulle spese

Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Settima Sezione) dichiara:

L’art 1, punto 11, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 22 giugno 1998, 98/34/CE, che prevede una procedura d’informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell’informazione, come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 20 luglio 1998, 98/48/CE, deve essere interpretato nel senso che norme nazionali del tipo in esame nella causa principale non sono regole tecniche, ai sensi di tale disposizione, i cui progetti devono essere oggetto della notifica di cui all’art. 8, n. 1, primo comma, della stessa direttiva.

Firme

*Lingua processuale: il francese.


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