Categoria: Cassazione penale
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Cassazione Penale, Sez. 4, 08 agosto 2011, n. 31567 - Scioglimento di un rapporto contrattuale e garanzia di una situazione di piena sicurezza


 

 

Responsabilità per la morte di un operaio specializzato (Z.) caduto in un'apertura del vano scala tra l'ottavo ed il nono piano lasciata incustodita e protetta solo da un telo di plastica.

Furono imputati per il tragico evento S., B. e H.

Era accaduto che S. aveva dato incarico alla ditta dell' H. di eseguire i lavori di ristrutturazione di un suo immobile che prevedevano la sostituzione di una scala a chiocciola interna di collegamento tra l'ottavo ed il nono piano con altra nuova; gli operai dell' H., sbagliando, avevano esteso l'intervento ad una trave che avrebbe dovuto rimanere murata, e per tale ragione la S. aveva invitato l' H. a sgombrare il cantiere ritenendo concluso il loro rapporto: un operaio dell' H. aveva portato via esclusivamente alcune attrezzature; la S. aveva contattato il B. commissionandogli i lavori descritti nel capitolato di appalto già redatto, ed aveva fissato un appuntamento in occasione del quale il B. si era dichiarato disposto ad intervenire il lunedì successivo soltanto per i lavori relativi alla posa in opera della nuova scala e dell'apertura; il (OMISSIS) l'impresa del B. si era presentata alle ore 8,00 ed il B. si era allontanato preannunziando l'arrivo del posatore dei marmi Z.: questi era poi giunto alle ore 11 ed era quindi precipitato nella buca decedendo nella stessa giornata.


Venivano condannati tutti in primo grado.
Successivamente la Corte d'Appello di Milano assolveva il B. per non aver commesso il fatto, dichiarava inammissibile l'impugnazione della S. per intervenuta rinuncia, rideterminava la misura del risarcimento del danno, concedeva all' H. il beneficio della non menzione della condanna e confermava nel resto l'impugnata sentenza.

 

Ricorre in Cassazione H. sostenendo che tra l'evento consistente nella morte del signor Z. e la propria condotta precedente consistita nel non aver predisposto le idonee misure di sicurezza mentre aveva ancora la disponibilità del cantiere, non vi è alcun nesso di causalità dal momento che altra impresa dal 1 agosto 2005 stava già lavorando ed aveva preso in carico il cantiere assumendosene così la responsabilità e spezzando il nesso causale con il ricorrente - Rigetto.

Afferma la Corte che le conclusioni del ricorrente non appaiono coerenti al contenuto della decisione impugnata: ed invero questa, dopo aver ricostruito tutte le circostanze del fatto in maniera compiuta, ha sottolineato che costituisce circostanza non contestabile in fatto "...che a predisporre la buca della quale si discorre furono gli operai del ricorrente"; e la Corte di merito ha del pari spiegato che non risponde al vero che la ditta del B. era pienamente subentrata alla ditta del ricorrente assumendo l'incarico di portare a termine i lavori cominciati dalla stessa ditta del ricorrente: al contrario, la corte milanese ha chiarito che il B. aveva assunto l'incarico esclusivamente di intervenire in quella data del 1 agosto 2005 soltanto per proteggere il buco tamponandolo con dei pannelli; sull'impresa del ricorrente, dunque, gravava l'obbligo, al momento della predisposizione della buca ad opera dei suoi dipendenti, di predisporre tutte le cautele di legge in grado di sventare il pericolo costituito dall'apertura della buca".

Nel caso di specie tra l'altro, il ricorrente non avrebbe potuto dar corso all'opera senza predisporre tutte le cautele di legge in grado di sventare il pericolo costituito dall'apertura della buca; e non poteva, di più, e pur a seguito della rottura del rapporto contrattuale con la committente, abbandonare immediatamente il cantiere senza garantire, prima di farlo, una situazione di piena sicurezza.

 

"Quanto al nesso di causalità ed alla successione delle posizioni di garanzia - questioni pure prospettate dal ricorrente - la tesi difensiva trova inequivocabile smentita nel condivisibile principio, enunciato e più volte ribadito da questa Corte, secondo cui "in caso di successione di posizioni di garanzia, in base al principio dell'equivalenza delle cause, il comportamento colposo del garante sopravvenuto non è sufficiente ad interrompere il rapporto di causalità tra la violazione di una norma precauzionale operata dal primo garante e l'evento, quando tale comportamento non abbia fatto venir meno la situazione di pericolo originariamente determinata"."


 


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MARZANO Francesco - Presidente
Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe - Consigliere
Dott. ROMIS Vincenzo - rel. Consigliere
Dott. FOTI Giacomo - Consigliere
Dott. MASSAFRA Umberto - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sentenza

 


sul ricorso proposto da:
1) H.M.M. N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 5984/2008 CORTE APPELLO di MILANO, del 19/06/2009;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 09/06/2011 la relazione fatta dal Consigliere Dott. VINCENZO ROMIS;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Antonio Gialanella, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udito il difensore Avv. Pagliarello che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

 

Fatto

 

 


1. S.M., H.M.M., B.G. W. venivano tratti a giudizio dinanzi al Tribunale di Milano per rispondere del reato di cui all'art. 589 c.p., così contestato con il capo di imputazione: per avere, il giorno (OMISSIS), cagionato per colpa la morte di Z.P. il quale, operaio specializzato, chiamato dal B. ad effettuare un sopralluogo per l'esecuzione di opere edilizie di ristrutturazione in un immobile di proprietà della S., era caduto in un'apertura del vano scala tra l'ottavo ed il nono piano, lasciata incustodita e protetta solo da un esiguo telo di plastica insufficiente a reggere il peso di una persona; agli imputati erano stati addebitati profili di colpa generica ex art. 2087 c.c., nonchè specifica e precisamente: quanto alla S., violazione del D.Lgs. n. 494 del 1996, art. 3, perchè, quale committente dei lavori inizialmente affidati alla ditta dell' H., non aveva previsto la durata e le fasi dei lavori e non aveva designato il coordinatore per la progettazione e l'esecuzione dei lavori ed aveva omesso di verificare l'idoneità tecnica e professionale delle imprese esecutrici; quanto al B., violazione del D.P.R. n. 164 del 1956, art. 68, perchè non aveva provveduto ad eseguire una preventiva messa in sicurezza dei luoghi e, all'atto del conferimento dell'incarico al Z., non lo aveva informato dei rischi presenti nel cantiere; quanto ad H., violazione dell'art. 68 del D.P.R. citato perchè non aveva provveduto ad eseguire una preventiva messa in sicurezza dei luoghi.


I fatti venivano cosi ricostruiti dal Tribunale: la S. aveva dato incarico alla ditta dell' H. di eseguire i lavori di ristrutturazione di un suo immobile che prevedevano la sostituzione di una scala a chiocciola interna di collegamento tra l'ottavo ed il nono piano con altra nuova; gli operai dell' H., sbagliando, avevano esteso l'intervento ad una trave che avrebbe dovuto rimanere murata, e per tale ragione la S. aveva invitato l' H. a sgombrare il cantiere ritenendo concluso il loro rapporto: un operaio dell' H. aveva portato via esclusivamente alcune attrezzature;
la S. aveva contattato il B. commissionandogli i lavori descritti nel capitolato di appalto già redatto, ed aveva fissato un appuntamento per il 29 luglio in occasione del quale il B. si era dichiarato disposto ad intervenire il lunedì successivo soltanto per i lavori relativi alla posa in opera della nuova scala e dell'apertura; il (OMISSIS) l'impresa del B. si era presentata alle ore 8,00 ed il B. si era allontanato preannunziando l'arrivo del posatore dei marmi Z.: questi era poi giunto alle ore 11 ed era quindi precipitato nella buca decedendo nella stessa giornata.

All'esito della istruttoria dibattimentale, il Tribunale, ritenendo accertato che non era stato predisposto alcun ponteggio sotto la buca - per come emerso dalle concordi dichiarazioni della S. e del B., nonchè dall'esame delle fotografie in atti e dalle dichiarazioni del teste L. -affermava la penale responsabilità di tutti e tre gli imputati condannandoli alla pena ritenuta di giustizia, e condannando altresì il B. e l' H. al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili.


2. A seguito di gravame ritualmente proposto, la Corte d'Appello di Milano assolveva il B. per non aver commesso il fatto, dichiarava inammissibile l'impugnazione della S. per intervenuta rinuncia, rideterminava la misura del risarcimento del danno, concedeva all' H. il beneficio della non menzione della condanna e confermava nel resto l'impugnata sentenza. Quanto alla posizione dell' H., e per la parte che in questa sede rileva, la Corte distrettuale disattendeva la tesi difensiva finalizzata ad ottenere l'assoluzione dell'imputato e dava conto del proprio convincimento, per quel che riguarda la ritenuta colpevolezza dell'appellante, con argomentazioni che possono così riassumersi:

a) in base al compendio probatorio acquisito doveva ritenersi accertato che la buca era stata predisposta dagli operai dell' H.; di tal che incombeva su quest'ultimo l'obbligo di predisporre tutte le cautele idonee a scongiurare il pericolo costituito dall'apertura della buca;

b) era risultato parimenti accertato che al momento del mortale infortunio la buca non presentava le opere di preventiva messa in sicurezza della stessa, "opere che, come è evidente ad H., quale autore della buca, incombeva di predisporre, nel rispetto delle norme di perizia, prudenza e diligenza generica e specifica ai sensi del  D.P.R. n. 164 del 1956, art. 68" (così testualmente a pag. 9 della sentenza della Corte d'Appello);

c) non era risultato provato con tranquillante certezza che al momento del tragico incidente l'impresa dell' H. non era più presente in cantiere, posto che l'impresa del B. non aveva ancora assunto l'incarico di proseguire i lavori in cantiere, e la S. era in trattativa con l'impresa del geometra F., persona con la quale era ancora a colloquio proprio nel momento in cui si era verificato il mortale infortunio: dunque, in quel momento ancora nessuna impresa aveva assunto il compito di continuare la ristrutturazione dell'immobile e, conseguentemente, l'obbligo di mettere in sicurezza il cantiere;

d) tenuto conto dei profili di colpa addebitati all' H., nemmeno aveva rilievo accertare chi eventualmente avesse coperto la buca con un telo, così creando un'insidia nel celare la buca alla vista delle persone presenti in cantiere, posto che era obbligo dell'impresa la quale aveva realizzato la buca, mettere contestualmente in sicurezza la buca stessa realizzando le protezioni in grado di evitare che chiunque potesse cadere al suo interno; non era la visibilità o meno della buca a rappresentare le ragioni della contestazione mossa a carico dell' H.: la mancata predisposizione delle protezioni della buca costituiva la palese violazione delle elementari norme di prudenza oltre che delle specifiche disposizioni di legge richiamate nell'imputazione ascritta all'appellante;

e) in alcun modo il teste F., evocato dalla difesa dell' H., aveva affermato che il mutamento dei luoghi aveva implicato anche la rimozione di eventuali protezioni della buca già in opera: ben altro rilievo avrebbe assunto la prova che l' H. aveva realizzato le opere di protezione della buca pacificamente aperta dai suoi dipendenti: ma tale prova non era stata fornita in giudizio;

f) non assumeva infine alcun rilievo il fatto, successivo a quello generativo della responsabilità dell' H., che non era stato quest'ultimo a convocare lo Z. e non aveva quindi potuto renderlo edotto dei pericoli esistenti in cantiere.

3. Ricorre per cassazione l' H., tramite il difensore, deducendo, con diffuse argomentazioni, violazione di legge e vizio motivazionale, con riferimento alla mancata assoluzione, e basando le proprie doglianze sulle considerazioni e sulle tesi sottoposte al vaglio della Corte territoriale. In particolare, il ricorrente sostiene che già nel corso dell'istruttoria svoltasi nel primo grado di giudizio sarebbe emerso che "altra impresa, la "GBV Ristrutturazione Edili S.r.l." il (OMISSIS) stava già lavorando ed aveva preso in carico il cantiere assumendosene così la responsabilità spezzando il nesso causale con l' H. (qualsiasi cosa si ritenga che l' H. abbia fatto in precedenza)" così si legge testualmente a pag. 10 del ricorso. Dunque, ad avviso del ricorrente "contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte d'appello di Milano, un dato è certo: il 1 agosto 2005 il signor H. M. non aveva alcun controllo del cantiere di via (OMISSIS), cantiere che era stato assunto sotto la responsabilità di altra ditta ed ovviamente della proprietaria signora S. M. che aveva fortemente voluto l'allontanamento del signor H." (così letteralmente a pag. 11 del ricorso). Secondo la tesi sostenuta con il ricorso, tra la condotta dell' H. -consistita nel non aver predisposto le idonee misure di sicurezza mentre aveva ancora la disponibilità del cantiere -e la morte dello Z. non vi sarebbe alcun nesso di causalità. In sostanza, secondo la prospettazione difensiva, l' H. non aveva alcuna possibilità di impedire che il signor Z. entrasse nel cantiere e non aveva alcun potere di controllare l'operato della vittima impedendogli di portarsi in posti a rischio o pericolosi; ad avviso del ricorrente, il nesso di causalità tra l'azione e l'evento, nel caso di specie, dovrebbe ritenersi escluso per il concorso di fattori eccezionali.

Diritto

 


4. Il ricorso deve essere rigettato per le ragioni di seguito indicate.

4.1 Le diffusissime argomentazioni, poste a base delle dedotte doglianze, risultano smentite, con logica essenzialità, dalla decisione impugnata. Il ricorrente ha sostanzialmente concentrato le sue rimostranze sull'argomento per il quale la decisione impugnata avrebbe errato, in fatto, nell'assumere che al momento del tragico evento l'impresa dell' H. non era più presente in cantiere per essere presente in quel sito altra impresa.
La Corte distrettuale, in particolare, ha effettivamente affermato che questa, ora ricordata, sarebbe "... una circostanza che non è stata provata in modo tranquillante in causa". Facendo leva anche su tale passaggio della sentenza impugnata, il ricorrente sostiene (pag. 10 del ricorso) che già nel corso dell'istruttoria tenutasi nel primo grado di giudizio sarebbe "... emerso che altra impresa, la GBV ristrutturazione edili srl, dal 1 agosto 2005 stava già lavorando ed aveva preso in carico il cantiere assumendosene così la responsabilità e spezzando il nesso causale con il ricorrente (qualsiasi cosa si ritenga che il ricorrente abbia fatto in precedenza)". Sostiene il ricorrente, dunque, che "... contrariamente a quanto ritenuto dalla corte d'appello di Milano, un dato è certo:
al (OMISSIS) il ricorrente non aveva alcun controllo del cantiere di via (OMISSIS), cantiere che era stato assunto sotto la responsabilità di altra ditta ed ovviamente della proprietaria S. che aveva fortemente voluto l'allontanamento del signor H." (pag. 11 del ricorso). Secondo la tesi difensiva, quindi, "... tra l'evento consistente nella morte del signor Z. e la condotta precedente del signor H. M., consistita nel non aver predisposto le idonee misure di sicurezza mentre aveva ancora la disponibilità del cantiere, non vi è alcun nesso di causalità" (cfr. pag. 12 del ricorso).


Siffatte conclusioni del ricorrente non appaiono coerenti al contenuto della decisione impugnata: ed invero questa, dopo aver ricostruito tutte le circostanze del fatto in maniera compiuta, ha sottolineato che costituisce circostanza non contestabile in fatto "...che a predisporre la buca della quale si discorre furono gli operai del ricorrente"; e la Corte di merito ha del pari spiegato che non risponde al vero che la ditta del B. era pienamente subentrata alla ditta del ricorrente assumendo l'incarico di portare a termine i lavori cominciati dalla stessa ditta del ricorrente: al contrario, la corte milanese ha chiarito che il B. aveva assunto l'incarico esclusivamente di intervenire in quella data del 1 agosto 2005 soltanto per proteggere il buco tamponandolo con dei pannelli ed a tal fine avrebbe dovuto creare un punteggio al di sotto del buco per poter spingere i pannelli contro la soletta: dunque, un incarico del tutto limitato e non sostitutivo della impresa del ricorrente, tanto è vero che la committente S. aveva contattato altra impresa, quella di tal F., per l'appalto delle opere da eseguirsi mentre il B. raggiunse il cantiere solo al mattino del giorno dell'incidente mortale, al fine della installazione dei cavalletti funzionali all'erezione del punteggio da collocare sotto il buco non protetto, intervento da effettuare all'ottavo piano e senza alcuna necessità di accedere dal piano superiore. L'incidente in questione, al contrario, si verificò in tale piano superiore, e coinvolse lo Z. che non era dipendente del B. ma che avrebbe dovuto soltanto predisporre alcuni infissi in marmo al nono piano laddove egli precipitò nella buca non protetta: dunque, correttamente la decisione impugnata ha osservato che "... nel momento in cui si verificò l'incidente mortale ancora nessuna impresa aveva assunto il compito di continuare la ristrutturazione dell'appartamento e, conseguentemente, l'obbligo di mettere in sicurezza il cantiere"; sull'impresa del ricorrente, dunque, gravava l'obbligo, al momento della predisposizione della buca ad opera dei suoi dipendenti, di predisporre tutte le cautele di legge in grado di sventare il pericolo costituito dall'apertura della buca" (cfr. pag. 9 della sentenza impugnata).

Giova al riguardo evidenziare che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, le regole di prudenza e le norme di prevenzione vincolano permanentemente i destinatari in ogni fase del lavoro, senza che sia possibile configurare vuoti normativi o di responsabilità in relazione a particolari operazioni da compiere in situazioni o siti pericolosi ovvero quando presso tali luoghi le opere siano terminate o da terminare o momentaneamente sospese per dare corso al altre fasi del processo produttivo. Le misure di sicurezza, infatti, devono essere predisposte e mantenute, sia pure con diverse modalità, confacenti alla natura del lavoro da svolgere e alla fase produttiva, prima e durante ciascuna fase del processo lavorativo ed anche al termine di essa, ove siano residuate situazioni di pericolo per i lavoratori passati ad altre incombenze ma, comunque, sottoposti al rischio derivante dallo stato di fatto residuato dalla fase pregressa (cfr., "ex plurimis", Sez. 4, n. 1738 del 19/12/1996 Ud. - dep. 25/02/1997 -Rv. 207014: nella fattispecie, in un cantiere, ove si svolgevano opere edilizie era stata lasciata un'apertura a bocca di lupo senza adeguata protezione e con i ferri di armatura sporgenti dal getto di cemento nella quale era caduto un manovale con la conseguenza che uno dei detti ferri gli era penetrato nel capo, cagionando lesioni; è stato riconosciuto l'obbligo dei datori di lavoro, dei dirigenti e dei preposti di ovviare a siffatti pericoli mediante le opportune cautele indipendentemente dal verificarsi dell'incidente mentre nello stesso cantiere erano in corso opere diverse).

Dunque, nel caso di specie, il ricorrente non avrebbe potuto dar corso all'opera senza predisporre tutte le cautele di legge in grado di sventare il pericolo costituito dall'apertura della buca; e non poteva, di più, e pur a seguito della rottura del rapporto contrattuale con la committente, abbandonare immediatamente il cantiere senza garantire, prima di farlo, una situazione di piena sicurezza, e ciò tanto più ove si ponga mente alla circostanza, del pari rammentata nella decisione impugnata, che la committente S. aveva invitato il ricorrente a lasciare il cantiere sgomberandolo di materiali ed attrezzature, nel che era implicita la necessità di lasciarlo in condizioni di sicurezza; cosa che, invece, il ricorrente non fece, limitandosi ad inviare i suoi operai i quali si limitarono a portar via, dal cantiere abbandonato, alcune attrezzature, lasciando l'ingombro di materiali e macerie e con il foro praticato non in condizioni di sicurezza: singolare è dunque la prospettazione del ricorrente per la quale altri, e non il ricorrente stesso, avrebbero dovuto adottare tutte le misure antinfortunistiche.
Detta conclusione è vieppiù confortata dal consolidato orientamento di questa Corte in materia: "L'obbligo di predisporre le opere idonee ad evitare infortuni nel cantiere perdura finchè questo sia in atto con imminenza del pericolo e quindi, sussiste anche quando i lavori siano sospesi e comunque, fino al definitivo smantellamento" (Sez. 4, n. 8004 del 31/05/1994 Ud. -dep. 13/07/1994 - Rv. 199686, imp. Cadedoli ed altro).

4.2 Quanto al nesso di causalità ed alla successione delle posizioni di garanzia - questioni pure prospettate dal ricorrente - la tesi difensiva trova inequivocabile smentita nel condivisibile principio, enunciato e più volte ribadito da questa Corte, secondo cui "in caso di successione di posizioni di garanzia, in base al principio dell'equivalenza delle cause, il comportamento colposo del garante sopravvenuto non è sufficiente ad interrompere il rapporto di causalità tra la violazione di una norma precauzionale operata dal primo garante e l'evento, quando tale comportamento non abbia fatto venir meno la situazione di pericolo originariamente determinata" (in termini, "ex plurimis", Sez. 4, n. 27959 del 05/06/2008 Ud. - dep. 09/07/2008 - Rv. 240519, Imp. Stefanacci e altri); ed è stato ancora ulteriormente precisato che "in tema di rapporto di causalità, la causa sopravvenuta sufficiente da sola alla produzione dell'evento e, quindi, avente efficacia interruttiva del nesso di causalità, è quella del tutto indipendente dal fatto posto in essere dall'agente, avulsa totalmente dalla sua condotta ed operante in assoluta autonomia, in modo da sfuggire al controllo ed alla prevedibilità dell'agente medesimo. Tale non può considerarsi la causa sopravvenuta legata a quella preesistente da un nesso di interdipendenza: in tal caso, le cause concorrenti - che non siano da sole sufficienti a determinare l'evento per il necessario porsi della prima come condizione necessaria antecedente - sono tutte e ciascuna causa dell'evento, in base al principio (accolto dal nostro legislatore) della causalità materiale fondato sull'equivalenza delle condizioni" (Sez. 1, n. 11124 del 12/11/1997 Ud. - dep. 03/12/1997 - Rv. 209158); "in tema di rapporto di causalità, non può ritenersi causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l'evento il comportamento negligente di un soggetto che trovi la sua origine e spiegazione nella condotta colposa altrui, la quale abbia posto in essere le premesse su cui si innesta il suo errore o la sua condotta negligente. (Fattispecie in cui è stata riconosciuta la responsabilità per omicidio colposo dei tecnici di una società elettrica che avevano realizzato un collegamento mancante di adeguate protezioni, cui altri avevano provveduto ad allacciare un cavo in maniera scorretta determinando una dispersione di elettricità che cagionava la folgorazione della vittima del reato)" Sez. 4, n. 26020 del 29/04/2009 Ud. - dep. 22/06/2009 - Rv. 243933 Imp. Cipiccia e altri.


Di tal che, nel caso in esame, non può ritenersi esclusa la ricorrenza del nesso di causalità.

5. Al rigetto del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

 


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 09-06-2011) 08-08-2011, n. 31567


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MARZANO Francesco - Presidente
Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe - Consigliere
Dott. ROMIS Vincenzo - rel. Consigliere
Dott. FOTI Giacomo - Consigliere
Dott. MASSAFRA Umberto - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sentenza

 


sul ricorso proposto da:
1) H.M.M. N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 5984/2008 CORTE APPELLO di MILANO, del 19/06/2009;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 09/06/2011 la relazione fatta dal Consigliere Dott. VINCENZO ROMIS;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Antonio Gialanella, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udito il difensore Avv. Pagliarello che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

 

Fatto

Responsabilità per la morte di un operaio specializzato (Z.) caduto in un'apertura del vano scala tra l'ottavo ed il nono piano lasciata incustodita e protetta solo da un telo di plastica.

Era accaduto che la S. aveva dato incarico alla ditta dell' H. di eseguire i lavori di ristrutturazione di un suo immobile che prevedevano la sostituzione di una scala a chiocciola interna di collegamento tra l'ottavo ed il nono piano con altra nuova; gli operai dell' H., sbagliando, avevano esteso l'intervento ad una trave che avrebbe dovuto rimanere murata, e per tale ragione la S. aveva invitato l' H. a sgombrare il cantiere ritenendo concluso il loro rapporto: un operaio dell' H. aveva portato via esclusivamente alcune attrezzature; la S. aveva contattato il B. commissionandogli i lavori descritti nel capitolato di appalto già redatto, ed aveva fissato un appuntamento per il 29 luglio in occasione del quale il B. si era dichiarato disposto ad intervenire il lunedì successivo soltanto per i lavori relativi alla posa in opera della nuova scala e dell'apertura; il (OMISSIS) l'impresa del B. si era presentata alle ore 8,00 ed il B. si era allontanato preannunziando l'arrivo del posatore dei marmi Z.: questi era poi giunto alle ore 11 ed era quindi precipitato nella buca decedendo nella stessa giornata.

Furono imputati:
- S., il committente dei lavori, per non aver previsto la durata dei lavori e le fasi e per non aver designato il coordinatore per la progettazione e l'esecuzione e per aver omesso di verificare l'idoneità tecnica e professionale delle imprese esecutrici;

- B.., perchè , in violazione del D.P.R. n. 164 del 1956, art. 68,  non aveva provveduto ad eseguire una preventiva messa in sicurezza dei luoghi e, all'atto del conferimento dell'incarico al Z., non lo aveva informato dei rischi presenti nel cantiere;

- H. perchè non aveva provveduto ad eseguire una preventiva messa in sicurezza dei luoghi.

 

Venivano condannati tutti in primo grado.
Successivamente la Corte d'Appello di Milano assolveva il B. per non aver commesso il fatto, dichiarava inammissibile l'impugnazione della S. per intervenuta rinuncia, rideterminava la misura del risarcimento del danno, concedeva all' H. il beneficio della non menzione della condanna e confermava nel resto l'impugnata sentenza.

Ricorre in Cassazione H. sostenendo che tra l'evento consistente nella morte del signor Z. e la propria condotta precedente consistita nel non aver predisposto le idonee misure di sicurezza mentre aveva ancora la disponibilità del cantiere, non vi è alcun nesso di causalità dal momento che altra impresa, la GBV ristrutturazione edili srl, dal 1 agosto 2005 stava già lavorando ed aveva preso in carico il cantiere assumendosene così la responsabilità e spezzando il nesso causale con il ricorrente - Rigetto.

Siffatte conclusioni del ricorrente non appaiono coerenti al contenuto della decisione impugnata: ed invero questa, dopo aver ricostruito tutte le circostanze del fatto in maniera compiuta, ha sottolineato che costituisce circostanza non contestabile in fatto "...che a predisporre la buca della quale si discorre furono gli operai del ricorrente"; e la Corte di merito ha del pari spiegato che non risponde al vero che la ditta del B. era pienamente subentrata alla ditta del ricorrente assumendo l'incarico di portare a termine i lavori cominciati dalla stessa ditta del ricorrente: al contrario, la corte milanese ha chiarito che il B. aveva assunto l'incarico esclusivamente di intervenire in quella data del 1 agosto 2005 soltanto per proteggere il buco tamponandolo con dei pannelli ed a tal fine avrebbe dovuto creare un punteggio al di sotto del buco per poter spingere i pannelli contro la soletta: dunque, un incarico del tutto limitato e non sostitutivo della impresa del ricorrente, tanto è vero che la committente S. aveva contattato altra impresa, quella di tal F., per l'appalto delle opere da eseguirsi mentre il B. raggiunse il cantiere solo al mattino del giorno dell'incidente mortale, al fine della installazione dei cavalletti funzionali all'erezione del punteggio da collocare sotto il buco non protetto, intervento da effettuare all'ottavo piano e senza alcuna necessità di accedere dal piano superiore. L'incidente in questione, al contrario, si verificò in tale piano superiore, e coinvolse lo Z. che non era dipendente del B. ma che avrebbe dovuto soltanto predisporre alcuni infissi in marmo al nono piano laddove egli precipitò nella buca non protetta: dunque, correttamente la decisione impugnata ha osservato che "... nel momento in cui si verificò l'incidente mortale ancora nessuna impresa aveva assunto il compito di continuare la ristrutturazione dell'appartamento e, conseguentemente, l'obbligo di mettere in sicurezza il cantiere"; sull'impresa del ricorrente, dunque, gravava l'obbligo, al momento della predisposizione della buca ad opera dei suoi dipendenti, di predisporre tutte le cautele di legge in grado di sventare il pericolo costituito dall'apertura della buca" (cfr. pag. 9 della sentenza impugnata).

Giova al riguardo evidenziare che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, le regole di prudenza e le norme di prevenzione vincolano permanentemente i destinatari in ogni fase del lavoro, senza che sia possibile configurare vuoti normativi o di responsabilità in relazione a particolari operazioni da compiere in situazioni o siti pericolosi ovvero quando presso tali luoghi le opere siano terminate o da terminare o momentaneamente sospese per dare corso al altre fasi del processo produttivo. Le misure di sicurezza, infatti, devono essere predisposte e mantenute, sia pure con diverse modalità, confacenti alla natura del lavoro da svolgere e alla fase produttiva, prima e durante ciascuna fase del processo lavorativo ed anche al termine di essa, ove siano residuate situazioni di pericolo per i lavoratori passati ad altre incombenze ma, comunque, sottoposti al rischio derivante dallo stato di fatto residuato dalla fase pregressa (cfr., "ex plurimis", Sez. 4, n. 1738 del 19/12/1996 Ud. - dep. 25/02/1997 -Rv. 207014: nella fattispecie, in un cantiere, ove si svolgevano opere edilizie era stata lasciata un'apertura a bocca di lupo senza adeguata protezione e con i ferri di armatura sporgenti dal getto di cemento nella quale era caduto un manovale con la conseguenza che uno dei detti ferri gli era penetrato nel capo, cagionando lesioni; è stato riconosciuto l'obbligo dei datori di lavoro, dei dirigenti e dei preposti di ovviare a siffatti pericoli mediante le opportune cautele indipendentemente dal verificarsi dell'incidente mentre nello stesso cantiere erano in corso opere diverse).

Dunque, nel caso di specie, il ricorrente non avrebbe potuto dar corso all'opera senza predisporre tutte le cautele di legge in grado di sventare il pericolo costituito dall'apertura della buca; e non poteva, di più, e pur a seguito della rottura del rapporto contrattuale con la committente, abbandonare immediatamente il cantiere senza garantire, prima di farlo, una situazione di piena sicurezza, e ciò tanto più ove si ponga mente alla circostanza, del pari rammentata nella decisione impugnata, che la committente S. aveva invitato il ricorrente a lasciare il cantiere sgomberandolo di materiali ed attrezzature, nel che era implicita la necessità di lasciarlo in condizioni di sicurezza; cosa che, invece, il ricorrente non fece, limitandosi ad inviare i suoi operai i quali si limitarono a portar via, dal cantiere abbandonato, alcune attrezzature, lasciando l'ingombro di materiali e macerie e con il foro praticato non in condizioni di sicurezza: singolare è dunque la prospettazione del ricorrente per la quale altri, e non il ricorrente stesso, avrebbero dovuto adottare tutte le misure antinfortunistiche.

 

"Quanto al nesso di causalità ed alla successione delle posizioni di garanzia - questioni pure prospettate dal ricorrente - la tesi difensiva trova inequivocabile smentita nel condivisibile principio, enunciato e più volte ribadito da questa Corte, secondo cui "in caso di successione di posizioni di garanzia, in base al principio dell'equivalenza delle cause, il comportamento colposo del garante sopravvenuto non è sufficiente ad interrompere il rapporto di causalità tra la violazione di una norma precauzionale operata dal primo garante e l'evento, quando tale comportamento non abbia fatto venir meno la situazione di pericolo originariamente determinata"."

 


1. S.M., H.M.M., B.G. W. venivano tratti a giudizio dinanzi al Tribunale di Milano per rispondere del reato di cui all'art. 589 c.p., così contestato con il capo di imputazione: per avere, il giorno (OMISSIS), cagionato per colpa la morte di Z.P. il quale, operaio specializzato, chiamato dal B. ad effettuare un sopralluogo per l'esecuzione di opere edilizie di ristrutturazione in un immobile di proprietà della S., era caduto in un'apertura del vano scala tra l'ottavo ed il nono piano, lasciata incustodita e protetta solo da un esiguo telo di plastica insufficiente a reggere il peso di una persona; agli imputati erano stati addebitati profili di colpa generica ex art. 2087 c.c., nonchè specifica e precisamente: quanto alla S., violazione del D.Lgs. n. 494 del 1996, art. 3, perchè, quale committente dei lavori inizialmente affidati alla ditta dell' H., non aveva previsto la durata e le fasi dei lavori e non aveva designato il coordinatore per la progettazione e l'esecuzione dei lavori ed aveva omesso di verificare l'idoneità tecnica e professionale delle imprese esecutrici; quanto al B., violazione del D.P.R. n. 164 del 1956, art. 68, perchè non aveva provveduto ad eseguire una preventiva messa in sicurezza dei luoghi e, all'atto del conferimento dell'incarico al Z., non lo aveva informato dei rischi presenti nel cantiere; quanto ad H., violazione dell'art. 68 del D.P.R. citato perchè non aveva provveduto ad eseguire una preventiva messa in sicurezza dei luoghi.


I fatti venivano cosi ricostruiti dal Tribunale: la S. aveva dato incarico alla ditta dell' H. di eseguire i lavori di ristrutturazione di un suo immobile che prevedevano la sostituzione di una scala a chiocciola interna di collegamento tra l'ottavo ed il nono piano con altra nuova; gli operai dell' H., sbagliando, avevano esteso l'intervento ad una trave che avrebbe dovuto rimanere murata, e per tale ragione la S. aveva invitato l' H. a sgombrare il cantiere ritenendo concluso il loro rapporto: un operaio dell' H. aveva portato via esclusivamente alcune attrezzature;
la S. aveva contattato il B. commissionandogli i lavori descritti nel capitolato di appalto già redatto, ed aveva fissato un appuntamento per il 29 luglio in occasione del quale il B. si era dichiarato disposto ad intervenire il lunedì successivo soltanto per i lavori relativi alla posa in opera della nuova scala e dell'apertura; il (OMISSIS) l'impresa del B. si era presentata alle ore 8,00 ed il B. si era allontanato preannunziando l'arrivo del posatore dei marmi Z.: questi era poi giunto alle ore 11 ed era quindi precipitato nella buca decedendo nella stessa giornata.

All'esito della istruttoria dibattimentale, il Tribunale, ritenendo accertato che non era stato predisposto alcun ponteggio sotto la buca - per come emerso dalle concordi dichiarazioni della S. e del B., nonchè dall'esame delle fotografie in atti e dalle dichiarazioni del teste L. -affermava la penale responsabilità di tutti e tre gli imputati condannandoli alla pena ritenuta di giustizia, e condannando altresì il B. e l' H. al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili.


2. A seguito di gravame ritualmente proposto, la Corte d'Appello di Milano assolveva il B. per non aver commesso il fatto, dichiarava inammissibile l'impugnazione della S. per intervenuta rinuncia, rideterminava la misura del risarcimento del danno, concedeva all' H. il beneficio della non menzione della condanna e confermava nel resto l'impugnata sentenza. Quanto alla posizione dell' H., e per la parte che in questa sede rileva, la Corte distrettuale disattendeva la tesi difensiva finalizzata ad ottenere l'assoluzione dell'imputato e dava conto del proprio convincimento, per quel che riguarda la ritenuta colpevolezza dell'appellante, con argomentazioni che possono così riassumersi:

a) in base al compendio probatorio acquisito doveva ritenersi accertato che la buca era stata predisposta dagli operai dell' H.; di tal che incombeva su quest'ultimo l'obbligo di predisporre tutte le cautele idonee a scongiurare il pericolo costituito dall'apertura della buca;

b) era risultato parimenti accertato che al momento del mortale infortunio la buca non presentava le opere di preventiva messa in sicurezza della stessa, "opere che, come è evidente ad H., quale autore della buca, incombeva di predisporre, nel rispetto delle norme di perizia, prudenza e diligenza generica e specifica ai sensi del  D.P.R. n. 164 del 1956, art. 68" (così testualmente a pag. 9 della sentenza della Corte d'Appello);

c) non era risultato provato con tranquillante certezza che al momento del tragico incidente l'impresa dell' H. non era più presente in cantiere, posto che l'impresa del B. non aveva ancora assunto l'incarico di proseguire i lavori in cantiere, e la S. era in trattativa con l'impresa del geometra F., persona con la quale era ancora a colloquio proprio nel momento in cui si era verificato il mortale infortunio: dunque, in quel momento ancora nessuna impresa aveva assunto il compito di continuare la ristrutturazione dell'immobile e, conseguentemente, l'obbligo di mettere in sicurezza il cantiere;

d) tenuto conto dei profili di colpa addebitati all' H., nemmeno aveva rilievo accertare chi eventualmente avesse coperto la buca con un telo, così creando un'insidia nel celare la buca alla vista delle persone presenti in cantiere, posto che era obbligo dell'impresa la quale aveva realizzato la buca, mettere contestualmente in sicurezza la buca stessa realizzando le protezioni in grado di evitare che chiunque potesse cadere al suo interno; non era la visibilità o meno della buca a rappresentare le ragioni della contestazione mossa a carico dell' H.: la mancata predisposizione delle protezioni della buca costituiva la palese violazione delle elementari norme di prudenza oltre che delle specifiche disposizioni di legge richiamate nell'imputazione ascritta all'appellante;

e) in alcun modo il teste F., evocato dalla difesa dell' H., aveva affermato che il mutamento dei luoghi aveva implicato anche la rimozione di eventuali protezioni della buca già in opera: ben altro rilievo avrebbe assunto la prova che l' H. aveva realizzato le opere di protezione della buca pacificamente aperta dai suoi dipendenti: ma tale prova non era stata fornita in giudizio;

f) non assumeva infine alcun rilievo il fatto, successivo a quello generativo della responsabilità dell' H., che non era stato quest'ultimo a convocare lo Z. e non aveva quindi potuto renderlo edotto dei pericoli esistenti in cantiere.

3. Ricorre per cassazione l' H., tramite il difensore, deducendo, con diffuse argomentazioni, violazione di legge e vizio motivazionale, con riferimento alla mancata assoluzione, e basando le proprie doglianze sulle considerazioni e sulle tesi sottoposte al vaglio della Corte territoriale. In particolare, il ricorrente sostiene che già nel corso dell'istruttoria svoltasi nel primo grado di giudizio sarebbe emerso che "altra impresa, la "GBV Ristrutturazione Edili S.r.l." il (OMISSIS) stava già lavorando ed aveva preso in carico il cantiere assumendosene così la responsabilità spezzando il nesso causale con l' H. (qualsiasi cosa si ritenga che l' H. abbia fatto in precedenza)" così si legge testualmente a pag. 10 del ricorso. Dunque, ad avviso del ricorrente "contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte d'appello di Milano, un dato è certo: il 1 agosto 2005 il signor H. M. non aveva alcun controllo del cantiere di via (OMISSIS), cantiere che era stato assunto sotto la responsabilità di altra ditta ed ovviamente della proprietaria signora S. M. che aveva fortemente voluto l'allontanamento del signor H." (così letteralmente a pag. 11 del ricorso). Secondo la tesi sostenuta con il ricorso, tra la condotta dell' H. -consistita nel non aver predisposto le idonee misure di sicurezza mentre aveva ancora la disponibilità del cantiere -e la morte dello Z. non vi sarebbe alcun nesso di causalità. In sostanza, secondo la prospettazione difensiva, l' H. non aveva alcuna possibilità di impedire che il signor Z. entrasse nel cantiere e non aveva alcun potere di controllare l'operato della vittima impedendogli di portarsi in posti a rischio o pericolosi; ad avviso del ricorrente, il nesso di causalità tra l'azione e l'evento, nel caso di specie, dovrebbe ritenersi escluso per il concorso di fattori eccezionali.

Diritto

 


4. Il ricorso deve essere rigettato per le ragioni di seguito indicate.

4.1 Le diffusissime argomentazioni, poste a base delle dedotte doglianze, risultano smentite, con logica essenzialità, dalla decisione impugnata. Il ricorrente ha sostanzialmente concentrato le sue rimostranze sull'argomento per il quale la decisione impugnata avrebbe errato, in fatto, nell'assumere che al momento del tragico evento l'impresa dell' H. non era più presente in cantiere per essere presente in quel sito altra impresa.
La Corte distrettuale, in particolare, ha effettivamente affermato che questa, ora ricordata, sarebbe "... una circostanza che non è stata provata in modo tranquillante in causa". Facendo leva anche su tale passaggio della sentenza impugnata, il ricorrente sostiene (pag. 10 del ricorso) che già nel corso dell'istruttoria tenutasi nel primo grado di giudizio sarebbe "... emerso che altra impresa, la GBV ristrutturazione edili srl, dal 1 agosto 2005 stava già lavorando ed aveva preso in carico il cantiere assumendosene così la responsabilità e spezzando il nesso causale con il ricorrente (qualsiasi cosa si ritenga che il ricorrente abbia fatto in precedenza)". Sostiene il ricorrente, dunque, che "... contrariamente a quanto ritenuto dalla corte d'appello di Milano, un dato è certo:
al (OMISSIS) il ricorrente non aveva alcun controllo del cantiere di via (OMISSIS), cantiere che era stato assunto sotto la responsabilità di altra ditta ed ovviamente della proprietaria S. che aveva fortemente voluto l'allontanamento del signor H." (pag. 11 del ricorso). Secondo la tesi difensiva, quindi, "... tra l'evento consistente nella morte del signor Z. e la condotta precedente del signor H. M., consistita nel non aver predisposto le idonee misure di sicurezza mentre aveva ancora la disponibilità del cantiere, non vi è alcun nesso di causalità" (cfr. pag. 12 del ricorso).


Siffatte conclusioni del ricorrente non appaiono coerenti al contenuto della decisione impugnata: ed invero questa, dopo aver ricostruito tutte le circostanze del fatto in maniera compiuta, ha sottolineato che costituisce circostanza non contestabile in fatto "...che a predisporre la buca della quale si discorre furono gli operai del ricorrente"; e la Corte di merito ha del pari spiegato che non risponde al vero che la ditta del B. era pienamente subentrata alla ditta del ricorrente assumendo l'incarico di portare a termine i lavori cominciati dalla stessa ditta del ricorrente: al contrario, la corte milanese ha chiarito che il B. aveva assunto l'incarico esclusivamente di intervenire in quella data del 1 agosto 2005 soltanto per proteggere il buco tamponandolo con dei pannelli ed a tal fine avrebbe dovuto creare un punteggio al di sotto del buco per poter spingere i pannelli contro la soletta: dunque, un incarico del tutto limitato e non sostitutivo della impresa del ricorrente, tanto è vero che la committente S. aveva contattato altra impresa, quella di tal F., per l'appalto delle opere da eseguirsi mentre il B. raggiunse il cantiere solo al mattino del giorno dell'incidente mortale, al fine della installazione dei cavalletti funzionali all'erezione del punteggio da collocare sotto il buco non protetto, intervento da effettuare all'ottavo piano e senza alcuna necessità di accedere dal piano superiore. L'incidente in questione, al contrario, si verificò in tale piano superiore, e coinvolse lo Z. che non era dipendente del B. ma che avrebbe dovuto soltanto predisporre alcuni infissi in marmo al nono piano laddove egli precipitò nella buca non protetta: dunque, correttamente la decisione impugnata ha osservato che "... nel momento in cui si verificò l'incidente mortale ancora nessuna impresa aveva assunto il compito di continuare la ristrutturazione dell'appartamento e, conseguentemente, l'obbligo di mettere in sicurezza il cantiere"; sull'impresa del ricorrente, dunque, gravava l'obbligo, al momento della predisposizione della buca ad opera dei suoi dipendenti, di predisporre tutte le cautele di legge in grado di sventare il pericolo costituito dall'apertura della buca" (cfr. pag. 9 della sentenza impugnata).

Giova al riguardo evidenziare che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, le regole di prudenza e le norme di prevenzione vincolano permanentemente i destinatari in ogni fase del lavoro, senza che sia possibile configurare vuoti normativi o di responsabilità in relazione a particolari operazioni da compiere in situazioni o siti pericolosi ovvero quando presso tali luoghi le opere siano terminate o da terminare o momentaneamente sospese per dare corso al altre fasi del processo produttivo. Le misure di sicurezza, infatti, devono essere predisposte e mantenute, sia pure con diverse modalità, confacenti alla natura del lavoro da svolgere e alla fase produttiva, prima e durante ciascuna fase del processo lavorativo ed anche al termine di essa, ove siano residuate situazioni di pericolo per i lavoratori passati ad altre incombenze ma, comunque, sottoposti al rischio derivante dallo stato di fatto residuato dalla fase pregressa (cfr., "ex plurimis", Sez. 4, n. 1738 del 19/12/1996 Ud. - dep. 25/02/1997 -Rv. 207014: nella fattispecie, in un cantiere, ove si svolgevano opere edilizie era stata lasciata un'apertura a bocca di lupo senza adeguata protezione e con i ferri di armatura sporgenti dal getto di cemento nella quale era caduto un manovale con la conseguenza che uno dei detti ferri gli era penetrato nel capo, cagionando lesioni; è stato riconosciuto l'obbligo dei datori di lavoro, dei dirigenti e dei preposti di ovviare a siffatti pericoli mediante le opportune cautele indipendentemente dal verificarsi dell'incidente mentre nello stesso cantiere erano in corso opere diverse).

Dunque, nel caso di specie, il ricorrente non avrebbe potuto dar corso all'opera senza predisporre tutte le cautele di legge in grado di sventare il pericolo costituito dall'apertura della buca; e non poteva, di più, e pur a seguito della rottura del rapporto contrattuale con la committente, abbandonare immediatamente il cantiere senza garantire, prima di farlo, una situazione di piena sicurezza, e ciò tanto più ove si ponga mente alla circostanza, del pari rammentata nella decisione impugnata, che la committente S. aveva invitato il ricorrente a lasciare il cantiere sgomberandolo di materiali ed attrezzature, nel che era implicita la necessità di lasciarlo in condizioni di sicurezza; cosa che, invece, il ricorrente non fece, limitandosi ad inviare i suoi operai i quali si limitarono a portar via, dal cantiere abbandonato, alcune attrezzature, lasciando l'ingombro di materiali e macerie e con il foro praticato non in condizioni di sicurezza: singolare è dunque la prospettazione del ricorrente per la quale altri, e non il ricorrente stesso, avrebbero dovuto adottare tutte le misure antinfortunistiche.
Detta conclusione è vieppiù confortata dal consolidato orientamento di questa Corte in materia: "L'obbligo di predisporre le opere idonee ad evitare infortuni nel cantiere perdura finchè questo sia in atto con imminenza del pericolo e quindi, sussiste anche quando i lavori siano sospesi e comunque, fino al definitivo smantellamento" (Sez. 4, n. 8004 del 31/05/1994 Ud. -dep. 13/07/1994 - Rv. 199686, imp. Cadedoli ed altro).

4.2 Quanto al nesso di causalità ed alla successione delle posizioni di garanzia - questioni pure prospettate dal ricorrente - la tesi difensiva trova inequivocabile smentita nel condivisibile principio, enunciato e più volte ribadito da questa Corte, secondo cui "in caso di successione di posizioni di garanzia, in base al principio dell'equivalenza delle cause, il comportamento colposo del garante sopravvenuto non è sufficiente ad interrompere il rapporto di causalità tra la violazione di una norma precauzionale operata dal primo garante e l'evento, quando tale comportamento non abbia fatto venir meno la situazione di pericolo originariamente determinata" (in termini, "ex plurimis", Sez. 4, n. 27959 del 05/06/2008 Ud. - dep. 09/07/2008 - Rv. 240519, Imp. Stefanacci e altri); ed è stato ancora ulteriormente precisato che "in tema di rapporto di causalità, la causa sopravvenuta sufficiente da sola alla produzione dell'evento e, quindi, avente efficacia interruttiva del nesso di causalità, è quella del tutto indipendente dal fatto posto in essere dall'agente, avulsa totalmente dalla sua condotta ed operante in assoluta autonomia, in modo da sfuggire al controllo ed alla prevedibilità dell'agente medesimo. Tale non può considerarsi la causa sopravvenuta legata a quella preesistente da un nesso di interdipendenza: in tal caso, le cause concorrenti - che non siano da sole sufficienti a determinare l'evento per il necessario porsi della prima come condizione necessaria antecedente - sono tutte e ciascuna causa dell'evento, in base al principio (accolto dal nostro legislatore) della causalità materiale fondato sull'equivalenza delle condizioni" (Sez. 1, n. 11124 del 12/11/1997 Ud. - dep. 03/12/1997 - Rv. 209158); "in tema di rapporto di causalità, non può ritenersi causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l'evento il comportamento negligente di un soggetto che trovi la sua origine e spiegazione nella condotta colposa altrui, la quale abbia posto in essere le premesse su cui si innesta il suo errore o la sua condotta negligente. (Fattispecie in cui è stata riconosciuta la responsabilità per omicidio colposo dei tecnici di una società elettrica che avevano realizzato un collegamento mancante di adeguate protezioni, cui altri avevano provveduto ad allacciare un cavo in maniera scorretta determinando una dispersione di elettricità che cagionava la folgorazione della vittima del reato)" Sez. 4, n. 26020 del 29/04/2009 Ud. - dep. 22/06/2009 - Rv. 243933 Imp. Cipiccia e altri.


Di tal che, nel caso in esame, non può ritenersi esclusa la ricorrenza del nesso di causalità.

5. Al rigetto del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

 


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.