Cassazione Civile, Sez. Lav., 12 settembre 2011, n. 18670 - Esposizione "qualificata" all'amianto e riconoscimento dei benefici previdenziali


 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO



Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAMORGESE Antonio - Presidente

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella - Consigliere

Dott. AMOROSO Giovanni - Consigliere

Dott. MORCAVALLO Ulpiano - Consigliere

Dott. ARIENZO Rosa - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

 



sul ricorso 7234-2008 proposto da:

BI. AN. , elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CARLO POMA 2, presso lo studio dell'avvocato ASSENNATO GIUSEPPE SANTE, che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro

I.N.P.S. - ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA N. 17, presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO ALESSANDRO, PREDEN SERGIO, VALENTE NICOLA, giusta delega in atti;

- controricorrente -

e contro

I.N.A.I.L. - ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE N. 144, presso lo studio degli avvocati LA PECCERELLA LUIGI, RASPANTI RITA, che lo rappresentano e difendono, giusta procura speciale notarile in atti;

- resistente con procura -

avverso la sentenza n. 46 0/2 007 della CORTE D'APPELLO di BOLOGNA, depositata il 22/10/2007 R.G.N. 866/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/07/2011 dal Consigliere Dott. ROSA ARIENZO;

udito l'Avvocato GIUSEPPE SANTE ASSENNATO;

udito l'Avvocato CLEMENTINA PULLI per delega RICCIO ALESSANDRO;

udito l'Avvocato LUCIANA ROMEO per delega LA PECCERELLA LUIGI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. CESQUI Elisabetta che ha concluso per inammissibilità, in subordine rigetto del ricorso.

 

FattoDiritto



Con sentenza della Corte di Appello di Bologna del 22,10.2007, venivano accolti l'appello principale dell'INPS e quello incidentale dell'INAIL avverso la sentenza del Tribunale di Ravenna e, per l'effetto, veniva rigettata la domanda proposta da Bi. An. e veniva dichiarato il difetto di legittimazione passiva dell'INAIL.

Rilevava la Corte territoriale che non era sufficiente, ai fini del conseguimento del diritto alla rivalutazione contributiva di cui alla Legge n. 257 del 1992, articolo 13, comma 8, la esposizione ultradecennale all'amianto, essendo necessaria l'esposizione qualificata esclusa dal Ctu officiato nel giudizio di appello, che aveva rilevato come il valore di 0,1 fibre di amianto per centimetro cubo era stato superato solo occasionalmente nel corso dei lavori di manutenzione eseguiti dall'appellato a bordo di rimorchiatori, almeno sino alla fine del 1992 senza alcuna protezione.



Propone ricorso per cassazione il Bi. affidando ad unico motivo l'impugnazione, con la quale deduce violazione e falsa applicazione degli articoli 115, 116, 441, 442 e 445 c.p.c., in relazione alla Legge n. 257 del 1992, articolo 13, comma 8, modificato dalla Legge n. 271 del 1993, nonchè vizio di motivazione (articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5).

Osserva che la Corte d'Appello aveva affermato che la manutenzione era avvenuta senza dispositivi di protezione personale ed ambientale del lavoratore ed aveva ignorato i tre elaborati peritali di cause analoghe di lavoratori adibiti alle stesse mansioni presso la medesima ditta S. srl al servizio sui rimorchiatori, ed evidenzia al riguardo che la Corte non ne aveva approfondito le metodologie utilizzate ai fini del calcolo del valore limite stabilito dalla legge. Tale omissione costituiva - secondo la tesi de ricorrente - anche vizio di motivazione, denunziabile in cassazione. La censura si conclude con quesito, formulato ai sensi dell'articolo 366 bis c.p.c., con il quale si domanda se la Corte di merito, in presenza delle risultanze tecniche scientifiche derivanti da tre consulenze tecniche di ufficio, recepite dallo stesso giudice in altre decisioni, doveva adeguatamente motivare sul contrasto metodologico e scientifico fra le tre c.t.u. prodotte e quella espletata nel giudizio per cui è causa.

Si costituisce l'INPS con controricorso, laddove l'Inail, che ha depositato procura speciale notarile, non ha svolto attività difensiva. Il Bi. e l'INPS hanno depositato memorie illustrative, ai sensi dell'articolo 378 c.p.c.. Il Collegio ha autorizzato la redazione della motivazione della sentenza in forma semplificata.

Con l'unico motivo di ricorso, nel quale si denunziano insieme violazione di legge e vizio di motivazione, riferendosi alla c.t.u. condivisa dal Collegio di merito, si deduce che "la critica con errori scientifici è evidente, trattandosi di accertamenti contrapposti", ma nel quesito non vi è alcun cenno ad errori di diritto del giudice di merito, insistendosi unicamente sul difetto di motivazione in relazione alle altre indagini tecniche eseguite in analoghe fattispecie.

Posto che la denunzia di violazione di legge è priva di qualsiasi supporto argomentativo, la censura relativa al vizio di motivazione si sostanzia anch'essa nella apodittica affermazione per cui la diversità di pareri, che gli ausiliari hanno reso nel corso di diversi giudizi incardinati da diversi lavoratori, sarebbe di per sè sola sintomatica della erroneità scientifica della perizia riguardante l'odierno ricorrente.

Tali osservazioni risultano inconciliabili con il principio, reiteratamente affermato da questa Corte, per cui l'esposizione che da causa al beneficio pensionistico in questione deve essere stimata con riguardo alla specifica posizione lavorativa del singolo soggetto istante, di talchè non è lecito inferire la sussistenza dell'assoggettamento qualificato all'asbesto in danno di un lavoratore dall'avvenuto accertamento dell'esposizione in danno di un suo collega (cfr al riguardo, Cass 11 marzo 2011 n. 5897, Cass 7014/2011).

Ed invero, non rileva il fatto che per altri lavoratori sia stata riconosciuta la esistenza di esposizione oltre la soglia, perchè il C.T.U. ha valutato, come doveva, ogni singola posizione lavorativa e su ciascuna ha espresso il suo parere, calcolando peraltro con stima abbondante i tempi e le frequenze dell'esposizione. Nè vi è obbligo stringente di porre a confronto le consulenze di diverso segno: anche perchè non si espongono in ricorso i dati rilevanti della CTU che sarebbero in palese contrasto con quella espletata negli altri procedimenti, tali da convincere sulla necessità di motivare la scelta dell'un elaborato invece dell'altro. Vero è che il giudice di merito, in difetto di particolari divieti normativi, può utilizzare, per la formazione del proprio convincimento, anche prove e, più in generale, risultanze istruttorie (tra cui, in particolare, la consulenza tecnica), formate in un diverso giudizio, tra le stesse parti, o anche tra altre parti, ma tali risultanze sono comunque da considerare alla stregua di semplici indizi idonei a fornire soltanto utili e concorrenti elementi di giudizio (cfr. Cass. 20 dicembre 1994 n. 10972 Cass. 25 febbraio 2002 n. 2737).

In definitiva, le censure di vizio di motivazione che il ricorrente addebita alla sentenza impugnata non evidenziano lacune o vizi logici del suo impianto motivazionale, tali da rendere la decisione priva di razionale giustificazione, ma si risolvono, per la gran parte attraverso la messa in discussione dell'operato e delle conclusioni del CTU, in critiche strumentali ad una revisione del merito del convincimento del giudice (che quelle conclusioni ha fatto proprie) e, per ciò stesso, devono ritenersi inammissibili, in quanto incompatibili con il sindacato di (sola) legittimità proprio del giudizio di cassazione In conclusione il ricorso è rigettato.

Non vi è luogo a condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione ai sensi dell'articolo 152 disp. att. c.p.c., nel testo anteriore alle modifiche apportate dal Decreto Legge n. 269 del 2003 (conv. in Legge n. 326 del 2003), nella specie inapplicabile ratione temporis.

 

P.Q.M.

 



La Corte rigetta il ricorso. Nulla per spese.