13.2 MO. D.. Dirigente
Il ruolo dell'imputato MO. ing. D., come indicato nel capo di imputazione: "dirigente con funzioni di Direttore dell'area tecnica e servizi della THYSSEN KRUPP AST s.p.a." non è oggetto di contestazione e risulta documentalmente provato (v. organigramma.ppt, estratto dagli archivi informatici in sequestro). Quale dirigente, egli è direttamente investito degli obblighi in materia di salute e sicurezza sul lavoro, come da art. 1 comma 4 bis D.Lgs 626/94 "nell'ambito delle rispettive attribuzioni e competenze".
In data 19/4/2007 l'A.D. ES. aveva confermato all'ing. MO. la delega quale "responsabile dell'area tecnica e servizi"; il contenuto della delega consisteva nei "punti" 5.8, 5.9 e 5.10, già indicati nel precedente paragrafo (v.).
Si devono qui brevemente esporre i principi fissati dalla Corte di Cassazione in materia di delega.
Sentenza n. 13953/08, che premette di riportare la "consolidata giurisprudenza sul tema": "Per quanto concerne le caratteristiche della delega, va rilevato che per la sua efficacia ed operatività, è necessario che:
a) l'atto di delega abbia forma espressa (non tacita) e contenuto chiaro, in modo che il delegato sia messo in grado di conoscere le responsabilità che gli sono attribuite;
b) il delegato abbia espressamente accettato gli incombenti connessi alla sua funzione,
c) il delegato sia dotato di autonomia gestionale e di capacità di spesa nella materia delegata, in modo che sia messo in grado di esercitare effettivamente la responsabilità assunta;
d) il delegato sia dotato di idoneità tecnica, in modo che possa esercitare la responsabilità con la dovuta professionalità.
Tutto ciò, peraltro, fermo restando l'obbligo per il datore di lavoro delegante di vigilare e controllare l'attività del delegato e il concreto esercizio della delega".

Sentenza n. 7691/2010: " ... il datore di lavoro è costituito garante dell'incolumità fisica dei prestatori di lavoro, con l'ovvia conseguenza che, ove egli non ottemperi agli obblighi di tutela, l'evento lesivo correttamente gli viene imputato in forza del meccanismo reattivo previsto dall'art. 40 c.p. comma 2 ... la delega eventualmente conferita dal datore di lavoro, in tema di attuazione e controllo del rispetto da parte dei dipendenti della normativa antinfortunistica, richiede una inequivoca e certa manifestazione di volontà anche dal punto di vista del contenuto con riferimento al delegato, persona esperta e competente, di poteri di organizzazione, gestione e controllo adeguati agli incombenti attribuiti, nonché autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate. "

La delega da ES. a MO. soddisfa i requisiti indicati nella prima sentenza citata alle lettere a), b), d) (sulla competenza tecnica di MO., v. infra); per quanto invece riguarda il punto di cui alla lettera c): "capacità di spesa" ovvero, come ricordato nella seconda sentenza citata: "autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate", la delega da ES. a MO. risulta priva della disponibilità economica autonoma, in capo a MO., indispensabile perché sia sufficiente a "liberare" (ma giammai dell'obbligo di vigilare e controllare l'attività del delegato) ES. dalla sua responsabilità quale datore di lavoro: si legge infatti nella citata delega: "Utilizzerà (il delegato n.d.e.), in piena autonomia, il budget a Lei assegnato e qualora questo fosse insufficiente vorrà immediatamente informarmi per gli opportuni provvedimenti. "
Ne consegue che l'imputato MO. è, quale dirigente e con il ruolo sopra indicato, direttamente destinatario degli obblighi di cui al D.Lgs 626/94, mentre la delega a lui conferita da ES. sulla materia della sicurezza sul lavoro non è efficace, cioè non "libera" ES.: quest'ultimo continua ad essere personalmente obbligato e non solo per il residuo obbligo di vigilare e controllare l'esercizio della delega.
Vedremo infra, nel capitolo dedicato alla responsabilità dei singoli, in dettaglio i compiti di MO..

13.3 SA. R.. Direttore dello Stabilimento di Torino.
Anche il ruolo dell'imputato SA., come indicato nei capi di imputazione, non è oggetto di contestazione (anzi, durante il suo esame SA. ha dichiarato di essere "datore di lavoro" per lo stabilimento di Torino). Anch'egli riveste il ruolo di "dirigente", come tale direttamente destinatario delle norme in materia di sicurezza sul lavoro.
A SA. - indicato come "Responsabile Produzione a Freddo Torino" era stata conferita da ES. una delega (v. doc. in atti, in data 20/10/2003) quando quest'ultimo era "membro del Comitato Esecutivo" (dal 4/4/2003) con la responsabilità "della Produzione e delle Tecnologie" ed aveva - ES. - ricevuto a sua volta dal Consiglio di Amministrazione la delega relativamente agli stessi punti 5.8, 5.9, 5.10 "approvati nel Consiglio di Amministrazione nella riunione del 23 gennaio 1997" che abbiamo più volte - anche appena sopra per MO., ma v. per il contenuto il paragrafo sul "board" - indicato.
In particolare, nella delega conferita a SA. con il documento in data 20/10/2003, ES. scrive: "delego pertanto a Lei, nel modo più ampio, nella sua qualità di Responsabile Produzione a Freddo Torino, tutti i miei poteri concernenti qualsiasi attività rientrante nell'espletamento degli obblighi di legge connessi con i poteri anzidetti, che saranno da Lei esercitati in piena autonomia e con la più ampia facoltà di decisione". Seguono alcuni punti "esemplificativi".
Anche per SA. in punto "autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate" la formula utilizzata è identica: "Utilizzerà, in piena autonomia, il budget a Lei assegnato e qualora questo fosse insufficiente vorrà immediatamente informarmi per gli opportuni provvedimenti."
Identica delega è stata riconfermata, da parte di ES. - nella successiva veste di Amministratore Delegato, v. sopra - ed accettata da SA., in data 9/3/2006 (v. doc. in atti).
La delega, per i principi già sopra esposti, non è liberatoria nei confronti del datore di lavoro.
In particolare, non disponendo il delegato di autonomia finanziaria adeguata alle necessità di prevenzione infortuni e sicurezza sul lavoro (per uno stabilimento come quello di Torino, v. descrizione) e neppure, come vedremo subito infra, di alcun potere di "autonomia gestionale", intatta rimane, in capo al datore di lavoro, l'intera osservanza delle prescrizioni che lo riguardano e non il - solo - obbligo di controllo sull'attività del delegato e di intervento sostitutivo, oltre ai compiti indelegabili.

Si può subito qui escludere che lo stabilimento di Torino si configurasse come "unità produttiva" secondo la definizione contenuta alla lettera i) dell'art. 2 D.L.gs 626/94: "unità produttiva: stabilimento o struttura finalizzata alla produzione di beni o servizi, dotata di autonomia finanziaria o tecnico funzionale".
Lo vedremo subito infra, osservando che lo stesso imputato ES., riconoscendo espressamente durante il suo esame (v. udienza 4/11/2009) di essere "datore di lavoro" in THYSSEN KRUPP AST anche per Torino, ha escluso che lo stabilimento di Torino rientrasse in quella definizione; d'altronde la delega dal Consiglio di Amministrazione ad ES. quale Amministratore Delegato (v. sopra, nel precedente paragrafo) indicava espressamente gli stabilimenti "di Terni e di Torino".

La Corte ritiene egualmente necessario (v. infra) esporre qui gli elementi in forza dei quali è emersa la completa "dipendenza", anche sostanziale, dello stabilimento di Torino dai vertici e dai dirigenti di Terni nei vari settori; dipendenza che riguarda tutte le decisioni e le scelte operative e progettuali in qualsiasi settore: finanziario, produttivo, tecnico, di sicurezza sul lavoro come relativo al personale in generale.
Sin dall'organigramma aziendale (v. citato organigramma.ppt in sequestro) la "posizione" dell'imputato SA. corrispondeva a quella del suo omologo responsabile "produzione a freddo" di Terni (sulla "analogia" tra le due aree, v. anche sopra, in vari paragrafi), il teste SE. A., il quale ha infatti dichiarato: "sì, corrispondo a SA." (v. pag. 41 trascrizioni, udienza 28/5/2009).
Nel corso della presente esposizione già più volte abbiamo indicato elementi comprovanti tale dipendenza; si devono tutti richiamare, ricordando solo i solleciti di SA. verso Terni per i lavori volti ad ottenere il certificato antincendio; i contratti con la ditta EDIL ECO per le pulizie dello stabilimento, conclusi e modificati direttamente dai dirigenti di Terni; la formazione dei lavoratori di Torino, dipendente direttamente dal dirigente di Terni, dr. FER. (v. subito infra); oltre, come vedremo infra, tutte le decisioni sul "budget" straordinario stanziato da THYSSEN KRUPP STAINLESS in materia di prevenzione incendi.
Vediamo i vari argomenti:
a)Personale.
L'imputato SA. non aveva alcun potere decisionale sul personale dipendente che lavorava presso lo stabilimento di Torino (ricordiamo che il requisito giuslavoristico del datore di lavoro è proprio quello della "titolarità" del rapporto di lavoro).
Lo abbiamo chiaramente appreso dai testi FER. A. (citato, udienza del 12/3/2010) e VL. G. (citato, udienza del 2/3/2010); il primo, dirigente responsabile del personale a Terni, ha chiarito: "su Torino c'era un ufficio amministrativo composto da tre unità e svolgeva funzione di amministrazione del personale, paghe, contributi ... PI., TT. e nell'ultimo periodo VL.. VL. non aveva autonomia su assunzioni e rapporti contrattuali, seguiva le mie istruzioni: assunzioni, trasferimenti ecc. dello stabilimento di Torino era compito di Terni"; precisava FER. che solo per affidare al personale incarichi diversi - come settore o impianto su cui operare - egli cercava l'accordo con SA. ed era quest'ultimo a decidere.
Aggiungeva FER. (e le sue dichiarazioni sono confermate dallo stesso VL. e dalla teste TT., citata) che anche il piano di formazione annuale dei dipendenti era deciso a Terni, una volta "raccolte" - dalla teste TT. - le varie istanze provenienti dai diversi settori dello stabilimento; FER. si è occupato inoltre in prima persona delle trattative con i lavoratori, i sindacati e gli enti locali dopo la comunicazione della "dismissione" dello stabilimento (v. anche sopra, nel capitolo dedicato). FER. non solo era a conoscenza del numero e delle professionalità dei lavoratori che si erano, prima e dopo l'accordo, dimessi (v. la sua testimonianza, in particolare da pag. 27 trascrizioni) ma aveva deciso - in accordo con l'imputato SA. (v. pag. 28 trascrizioni) - i cambiamenti "organizzativi", relativi al periodo anche successivo alla conclusione dell'accordo (e v. anche la già indicata richiesta di maggiore "manutenzione" avanzata dai sindacati a novembre 2007, riferita da VL., pag. 24 trascrizioni: "FER. rispose che stava cercando di vedere se riusciva a contattare gli ex manutentori ... ").
C'è ancora una circostanza riferita da FER. che ben rappresenta, in concreto, le modalità con cui Terni esercitava il suo controllo su Torino - del tutto analogo a quello esercitato su di un "settore" o "reparto" dello stabilimento di Terni - e come tale controllo fosse diffuso, pregnante e costante, sino all'incendio del 6/12/2007: FER. dichiara infatti (v. pag. 29 trascrizioni), riferendo dell'uscita dallo stabilimento dei capiturno produzione GV. e AB., al 30 settembre 2007, di come: " ... anche M. a novembre voleva andare in pensione, ma riuscii a convincerlo a rimanere sino a tutto il 30 giugno 2008".
Lo stesso SA. ammette la sua mancanza di poteri sul personale dipendente: "Nel senso che non potevo ... se io dovevo assumere qualcuno non è che potessi alzare il telefono, chiamare la persona e dirgli 'domani vieni a lavorare che ti assumo' ... però potevo andare dal direttore del personale, dal dottor FER., dire 'occorre assumere?, com'è stato, d'altra parte ... " (v. udienza 14/9/2009).

b) "Budget" affidato a SA..
L'imputato SA., come abbiamo già indicato, in base alla delega conferitagli da ES., poteva utilizzare "in piena autonomia" il "budget" a lui affidato, rivolgendosi direttamente ad ES. nel caso non fosse sufficiente.
Vediamo allora, sempre considerate le dimensioni dello stabilimento di Torino (v. relativo capitolo descrittivo), a quanto ammontasse il "budget" del quale SA. poteva disporre autonomamente.
Ne riferiscono lo stesso SA. durante il suo esame (v. udienza 14/10/2009): "La mia firma era sempre abbinata. A firma singola erano solo le spese minori, che di volta in volta variavano e potevano essere sui diecimila euro, ventimila euro in base al momento venivano aggiornate e quindi variate ... io potevo comunque proporre anche spese maggiori che andavano comunque sottoposte, poi, all'approvazione degli enti interessati"; l'imputato ES. (v. udienza 4/11/2009) che, alla domanda su quale fosse la disponibilità di spesa "a firma singola" per SA. risponde: "all'incirca trentamila euro, però non sono certo, è una cifra di massima"; il teste RA. (citato, udienza 11/6/2009): "SA. aveva la stessa delega: diecimila euro o forse essendo unità separata, non mi ricordo, cinquantamila euro".
La cifra, quindi - variabile da diecimila a trentamila a cinquantamila euro - è del tutto insufficiente a rendere efficace - e, quindi, "liberatoria" per il datore di lavoro - la delega conferita a SA. in questa materia.

Si deve qui sottolineare che il teste FER. A. (citato, udienza 12/3/2010), dopo avere, come sopra esposto, riferito la assoluta mancanza di autonomia - formale e sostanziale - di SA. in tutta la materia riguardante il personale dipendente della THYSSEN KRUPP AST che prestava la propria attività lavorativa nello stabilimento di Torino, precisando che a Terni ed in particolare a lui come responsabile del personale spettava ogni decisione, in contraddizione con quanto appena da lui riferito, afferma invece che Torino era pienamente "autonomo". L'argomento viene affrontato partendo dal documento di valutazione del rischio (v. relativo capitolo; e v. anche subito infra); alla domanda se il teste sapesse chi fosse l'estensore di tale documento: "È stato redatto qui a Torino da CAF. ed è stato approvato da SA."; alla domanda se il teste sapesse se il documento fosse stato sottoposto ad ES.: "Assolutamente no. Su Torino e su Milano c'è lo stesso discorso. A Milano l'analisi del rischio è stata fatta dal R.S.P.P. ed è stata firmata da UG., che è il direttore dello stabilimento Terninox. Funziona così ovunque". Alla domanda se sapesse perché il documento non fosse stato firmato da ES., datore di lavoro: "Perché Torino è autonomo sotto tutti gli aspetti"; alla domanda se Torino fosse autonomo anche finanziariamente: "Sì"; alla domanda se sapesse il teste a quanto ammontasse la spesa di cui SA. poteva disporre "in autonomia": "Penso sui 50mila euro o qualcosa di simile, però ne poteva fare tantissimi tutti da(i) 50mila e quindi ne poteva fare 10 da 50mila e diventavano 500mila, perché il massimo su ogni acquisto era quello, quindi anche se era 10mila euro, come se l'aveva l'ufficio approvvigionamenti poteva fare 100 acquisti da 10mila euro e gli venivano tutti passati"; alla domanda se tale procedura risultasse dai documenti aziendali: "no, fissata nelle procedure delle garanzie di qualità che abbiamo in azienda ... i massimali di ognuno però, le ripeto, questi massimali sono massimali su una pratica, quindi più pratiche dello stesso tipo possono portare a 100mila euro ... se doveva spendere di più doveva fare o due o tre atti diversi, oppure se era un atto solo, chiedere all'amministratore delegato" (v. trascrizioni da pag. 54). Solo quest'ultima frase, come appare ovvio, corrisponde al contenuto della delega e, in particolare, ai limiti di spesa; non certo la singolare "prassi" riferita dal teste, volta ad aggirare e ad annullare proprio tali limiti e che la Corte dubita fortemente - anzi, ritiene di escludere -che si potesse praticare in TK AST (come in qualsiasi altra azienda).
Le dichiarazioni di FER. sulla autonomia finanziaria di SA., tratta dalle "modalità" come da lui riferite, risultano ancor più gravi considerata anche la sua conoscenza, teorica e pratica, della materia giuridica e giuslavoristica: FER. ha infatti riferito di essere laureato in Sociologia, di essersi specializzato in diritto del lavoro alla scuola di Gino Giugni e di avere lavorato, sin dal 1971, sempre nel campo "del personale" (in varie aziende ed in TK AST dal 1997).
La Corte deve quindi restituire gli atti relativi alla testimonianza di FER. A. alla Procura della Repubblica in sede, come richiesto.

c) "Budget" straordinario di prevenzione incendi e rapporti con le assicurazioni (v. sopra).
È emerso come SA. non avesse alcun potere di decisione e/o di scelta su questi temi (come, d'altronde, si era già constatato per i lavori per il certificato di prevenzione incendi); l'area tecnica era sotto il dirigente MO.; a lui ed ai suoi collaboratori si riferiva lo stabilimento di Torino per tutte le scelte, valutazioni e progettazioni di carattere tecnico; lo vedremo infra, anche più dettagliatamente. Quanto ai rapporti - sempre relativi al "fire prevention" -con AXA ed alla questione della riduzione delle franchigie, è sufficiente citare uno scambio di e-mail dell'aprile 2007: il 16/4/2007 FIS. (citato, di THYSSEN KRUPP RISK and INSURANCE) invia un messaggio, tra gli altri, a SA.; messaggio cui è allegato l'elenco delle misure di protezione incendi concordato con gli assicuratori per le linee 4 e 5 di Torino; FIS. chiede a SA. di esaminare, di scegliere e di rispondergli entro il 27/4/2007; il giorno successivo SA. "gira" il messaggio ad ES.: "Buongiorno H., dobbiamo decidere entro il 27 aprile"; lo stesso 17/4/2007 ES. "gira" i messaggi a MO.: "D., Ti prego di verificare se queste misure rispettano quanto abbiamo stabilito. Poi parla con RI. e chiedi la motivazione ufficiale per usare anche PPS sulle linee. Dopo, parla con il sig. FIS. sul futuro di Torino".
SA. (v. udienza 14/10/2009) conferma: "Ho trasmesso le richieste dell'assicurazione agli organi competenti e questi si sono attivati per studiare le modifiche ... io le ho date ... via e-mail al dr. ES. ed all'ufficio impianti nella persona del signor LI., penso".

d) produzione.
Neppure su questa materia a SA. erano affidati poteri decisionali e/o organizzativi: egli era sotto lo stretto controllo di ES., con il quale, su questo argomento, si sentivano per telefono tutti i giorni e lo stesso ES.si recava a Torino in media una volta al mese, a controllare "di persona" (il fatto è pacifico, riferito da SA. e da ES., v. anche infra); inviava a SA. anche comunicazioni via e-mail: "Sig. Sa., avete sempre troppi guasti! Spiegamelo!" (v. doc. in atti, e-mail del 13/5/2006); messaggio riferito, come si trae dall'oggetto indicato, ad un "fermo" produttivo avvenuto il giorno precedente, 12/5/2006.

Si deve quindi concludere affermando che lo stabilimento di Torino era, a tutti gli effetti, un semplice "reparto" o "settore" dipendente da Terni, analogamente all'area PIX o "a freddo" dello stabilimento ternano; si deve anche ribadire che SA. risponde dei reati a lui ascritti in quanto destinatario, come dirigente, degli obblighi di cui al D.Lgs 626/94 e non in base alla delega conferitagli da ES..

13.4. CAF. C., "dirigente con funzioni di responsabile dell'area Ecologia, Ambiente e Sicurezza e di R.S.P.P. dello stabilimento di Torino".
CAF. risulta, nel già indicato organigramma aziendale in sequestro, come "responsabile" dell'area EAS (nominato nel 1999: v. esame dello stesso CAF., udienza 6/10/2009, pag. 101 trascrizioni), direttamente sottoposto a CAM. (v.); ruolo che lo stesso CAF. conferma durante il suo esame (v. udienza 6/10/2009): "il mio responsabile funzionale è l'ing. CAM. di Terni"; non risulta invece, agli atti, che CAF. rivestisse il ruolo di "dirigente".
Il secondo ruolo indicato è parimenti confermato da CAF., che durante il suo esame ha riferito che "la mia funzione era ... quella di Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione", aggiungendo di essere stato nominato dall'ing. VE. nel 1995. Proprio in quest'ultima funzione CAF. è citato sia nel documento di valutazione del rischio, sia nel piano di emergenza e di evacuazione (v. sopra per entrambi, doc. in atti).

CAF. C. non risulta essere, così come invece indicato nei capi di imputazione, "dirigente"; rivestiva, secondo la documentazione in atti, il ruolo di "responsabile" dell'area Ecologia Ambiente e Sicurezza come impiegato. La Corte deve però osservare che CAF., nella sua veste di "responsabile" di quel servizio, operava, di fatto, come dirigente. Con poteri indiscutibilmente gerarchici e decisionali nei confronti dei suoi diretti sottoposti tra cui LU., DE. - fino a febbraio 2006, v. sopra - GIO., DI F., PO., tutti citati e qui da ricordare in particolare anche sul loro rapporto di sottoposizione gerarchica a CAF. per tutta l'area a lui affidata, sia nel settore "ecologia" (depurazione acque), sia nel settore "sicurezza" ed emergenza antincendio. A titolo di esempio, si può qui riportare come risponde GIO. alla domanda su chi l'avesse incaricato di svolgere le stesse mansioni di LU. dopo le dimissioni di quest'ultimo: "CAF. ... non mi ricordo di preciso ... comunque se vuole la frase ... non la ricordo, mi ha so(l)o detto che c'era da fare anche quello e se me la sentivo ... la gestione del contratto con CMA (v. sopra), le ispezioni alle linee ... e le radio e ... nel senso, la gestione della squadra di emergenza non la metto in conto con la A.S.P.P. (Addetto Servizio Protezione Prevenzione: incarico prima svolto da LU. e poi da GIO., n.d.e.) perché già facevo ecologia".
Ma anche con poteri decisionali manifestatisi ufficialmente all'esterno: è sufficiente, a questo proposito, ricordare il già ampiamente citato "ordine" in data 5/12/2007 (v. in atti) intitolato "modifica del piano di emergenza interno, emesso proprio da CAF. C., da lui inviato a BN., IN. e, per cc, a CO., SA., FER., VL. e ROS. del seguente tenore: "in allegato le nuove disposizioni sul piano di emergenza. Se ritenete necessario, sono disponibile ad effettuare una riunione con tutti i sorveglianti per chiarire ulteriormente le modifiche in oggetto"; in allegato a tale e-mail, troviamo la "Comunicazione interna", avente ad oggetto appunto: "modifica del piano di emergenza interno" del seguente tenore: "A seguito delle dimissioni dei Capi turno manutenzione, è stato necessario modificare il piano di emergenza interno. In particolare è stata data la responsabilità del piano di emergenza al capo turno produzione. Come riportato sulla procedura n. 241 'PIANO DI EMERGENZA ED EVACUAZIONE DELLO STABILIMENTO DI TORINO' il capo turno diventa il responsabile dell'emergenza. Pertanto i sorveglianti come tutti coloro che fanno parte della squadra in caso di emergenza dovranno far riferimento e prendere disposizioni dal capo turno di produzione ed effettuare quanto riportato nella procedura stessa. Nei casi in cui, per ragioni d'intervento, su disposizione del capo turno, un sorvegliante dovrà solertemente aprire le porte di accesso alle gallerie".
Oltre a tale documento - di per sé, ad avviso della Corte, dirimente in punto "dirigente di fatto" come qualifica di CAF. - è emerso, nel corso del dibattimento, che l'imputato CAF. svolgeva, nella materia sicurezza sul lavoro, quella che qui più rileva, mansioni operative anche di carattere decisionale, come "braccio destro" dell'imputato SA., il quale ultimo l'aveva anche "delegato" ad occuparsi della materia sicurezza sul lavoro (v. delega in atti, senza potere di spesa: v. anche CAF., pag. 36 trascrizioni udienza 6/10/2009): ulteriore elemento che, conferendo a CAF. ampi "poteri" in materia, ne conferma e ne rafforza il ritenuto ruolo dirigenziale "di fatto".
CAF. si era tra l'altro occupato, in prima persona, dei lavori necessari per l'ottenimento del certificato di prevenzione incendi (v., in atti, e-mail da CAF. a MO., PE. e SA. ovvero solo a PE., tutte relative a quei lavori ed ai relativi importi, inviate il 16/7/2003, 24/3/2004, 20/7/2006: quest'ultima anche in risposta alla precedente compagnia assicurativa, la ZURICH: infatti il periodo è successivo all'incendio di Krefeld, v. sopra), della procedura per il D.Lgs 334/99 (ricordiamo qui la presenza, anche di CAF. oltre che di SA., alla riunione conclusiva del CTR, come "rappresentanti aziendali" v. sopra), aveva seguito le visite delle assicurazioni nello stabilimento (v. vicenda AXA, sopra, e-mail del 3/4/2007).
Tanto che CAF. aveva redatto egli stesso, con l'ausilio del consulente ing. QU. (il dato è pacifico: lo riferisce lo stesso CAF. durante il suo esame, v.), il "documento di valutazione del rischio" e del "rischio incendio" (v. nel capitolo relativo, anche per il "merito" della valutazione ) per lo stabilimento di Torino, documento poi, come si è visto, firmato da SA. e -necessariamente, trattandosi di incombente indelegabile - "fatto proprio" da ES. durante il suo esame (v. udienza 4/11/2009).
D'altronde lo stesso CAF., nel corso del suo esame, ha più volte affermato che si era trovato a dovere "gestire" (insieme a SA., suo "datore di lavoro"), nello stabilimento di Torino, una situazione "così".

Ne consegue, da un lato, l'affermazione secondo la quale, ad avviso della Corte, anche l'imputato CAF. si trova in posizione di garanzia, quale destinatario delle norme antinfortunistiche, nel suo ruolo di dirigente "di fatto"; ciò in forza del principio di effettività che permea la materia della sicurezza sul lavoro, principio indiscutibile e che, come abbiamo già esposto (v. sopra), è divenuto legge nella definizione del "datore di lavoro" con le modifiche apportate al D.Lgs 626/94 dal D.Lgs 242/96 e che, nel caso del "dirigente", è divenuto legge -successivamente ai fatti di cui al presente processo - con il D.Lgs n. 81/2008, art. 2 lettera d) che prevede: "dirigente: persona che, in ragione delle competenze professionali e di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli, sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l'attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa".
Ne consegue, d'altro lato, secondo quanto in questo paragrafo brevemente esposto, ma richiamando i precedenti capitoli sulle condizioni di lavoro, l'affermazione secondo la quale, ad avviso della Corte, l'imputato CAF. ha completamente abdicato ai compiti che erano a lui stati affidati come R.S.P.P., secondo le relative norme di cui al D.Lgs 626/94 e in particolare a quella, fondamentale, di: "prestare 'ausilio' al datore di lavoro nella individuazione e segnalazione dei fattori di rischio delle lavorazioni e nella elaborazione delle procedure di sicurezza nonché di informazione e formazione dei lavoratori' (così Corte di Cassazione sentenza n. 2814/2011). Egli stesso dichiara: "A me non risultavano assolutamente gravi carenze in quello stabilimento. Le condizioni di lavoro, anche degli ultimi periodi, non si erano modificate rispetto a quelle precedenti. Per cui non ho ritenuto assolutamente di dover informare o segnalare qualcosa" (v. udienza 6/10/2009).
D'altronde CAF., come ben emerge dalle risultanze complessive del suo esame (v. udienza 6/10/2009), era quasi completamente assorbito dal suo ruolo operativo, di dirigente di fatto, che quindi doveva "gestire" la situazione produttiva, quella "presente" ed esistente, sotto il profilo della sicurezza e dell'emergenza, in collaborazione con SA., che identifica con il suo datore di lavoro; e considerava invece le funzioni, tipicamente consultive, di stimolo, di denuncia, di pressione del RSPP in materia di valutazione del rischio e di apprestamento delle misure per eliminarlo o ridurlo solamente come un'appendice subordinata a tale ruolo operativo.

I difensori di CAF. (v. in particolare udienza del 15/2/2011) svolgono una serie di argomenti e di eccezioni.
Contestano che egli fosse dirigente "di fatto", sottolineando in particolare che l'ordine sopra citato del 5/12/2007 era stato "deciso" da SA., come riferito dallo stesso CAF. durante il suo esame. L'ordine l'abbiamo già visto sopra, proveniva proprio da CAF. ed è, tra l'altro, non eccentrico ma anzi del tutto compatibile con la materia della quale proprio CAF. si occupava operativamente e che gli era stata "delegata" da SA. (v. sopra); rectius, di cui SA. l'aveva incaricato.
La Corte deve quindi ribadire l'affermazione già sopra esposta, cui consegue l'essere l'imputato CAF. direttamente destinatario della normativa di prevenzione, con legittima e corretta contestazione anche dell'aggravante della colpa specifica in relazione al capo sub D) e con legittima e corretta contestazione del reato di cui al capo A).

Sempre secondo i difensori, il ritenere, come la Corte effettivamente ritiene, secondo le risultanze dibattimentali, CAF. dirigente "di fatto" anziché dirigente "nominato" "implicherebbe riconoscimento di una condotta diversa da quella che era oggetto della contestazione ed il riconoscimento di un profilo di nullità di 521 nell'eventuale pronuncia che comportasse questo profilo di responsabilità ".
L'eccezione, ad avviso della Corte, è palesemente infondata: il ruolo dirigenziale - ricoperto di fatto, come qui ritenuto, ovvero secondo l'organigramma aziendale, come originariamente ipotizzato dalla Pubblica Accusa - attiene alla qualifica del soggetto imputato: qualifica che, di per sé e come tale, non può avere alcun riflesso sulla condotta, che è, invece, dato storico e fattuale. Se poi constatiamo che, nel caso di specie, la "qualifica" di CAF. rimane assolutamente identica, essendo mutato solo il presupposto in base al quale viene qui ritenuta, possiamo affermare, con assoluta certezza, che la condotta è (non si deve neppure utilizzare il verbo "rimane") esattamente quella contestata a CAF. nei capi di imputazione e sulla quale CAF., come gli altri imputati, si è difeso nel corso del presente dibattimento. L'infondatezza di tale eccezione non necessita di ulteriori osservazioni (ma v. comunque, in materia di correlazione tra accusa e sentenza, a conferma di quanto appena affermato e in materia di infortuni sul lavoro, sentenze Corte di Cassazione n. 2467/1999 e n. 10773/2000, entrambe sezione IV).

I difensori ricordano poi il ruolo del Responsabile Sicurezza Prevenzione e Protezione: meramente consultivo e non costituente quindi "posizione di garanzia" e si dolgono in quanto la Pubblica Accusa avrebbe omesso di contestare l'art. 113 c.p. (cooperazione nel delitto colposo), necessario (ma su tale "necessità" la Corte non deve dilungarsi, considerato quanto sarà subito infra esposto) seguendo la stessa giurisprudenza citata da entrambe le parti, condivisa e ripresa nella più recente sentenza della Corte di Cassazione n. 2814/2011 (con motivazione depositata il 27/1/2011, v.), che individua un possibile profilo di colpa in capo al soggetto RSPP "in ragione dell'inosservanza colposa dei compiti di prevenzione attribuitigli dalla legge"; inosservanza che "finirebbe con il costituire (con)causa dell'evento dannoso verificatosi in ragione della mancata rimozione della condizione di rischio".
La Corte ritiene parimenti infondata tale doglianza: lo stesso difensore la propone e la sviluppa sotto forma ipotetica, partendo dal presupposto che la Pubblica Accusa avesse individuato per CAF. la posizione di garanzia proprio come RSPP: presupposto che la Corte ritiene errato, constatato che CAF. era, come si è visto, indicato ab origine come "dirigente"; allo stesso modo, la Corte non individua con la presente decisione la posizione di garanzia di CAF. quale RSPP, bensì quale dirigente "di fatto".