Tribunale di Torino, Seconda Corte di Assise, 14 novembre 2011, n. 31095 - Sentenza Thyssenkrupp


 

 

 

N. 31095/07 N.R.
N. 2/2009 RGA
N. RGS

 

 




TRIBUNALE ORDINARIO DI TORINO
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO




L'anno 2011, il giorno 15 del mese di AP.

LA SECONDA CORTE di ASSISE di TORINO

composta dai signori:

Dott. ssa Maria IANNIBELLI Presidente
Dott. ssa Paola DEZANI Giudice a latere
Sig.ra Venera CAMPISI Giudice popolare
Sig.ra Fabiana ROSSINI Giudice popolare
Sig.ra Tiziana BORGNA Giudice popolare
Sig.ra Rita PELLEGRINI Giudice popolare
Sig.ra Anna Maria GIURGOLA Giudice popolare
Sig. Raffaele TROPEANO Giudice popolare





ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa

CONTRO

ES. H., nato a Essen (D) il 09.05.1966, domiciliato ex art. 161 c.p.p. presso THYSSENKRUPP Acciai Speciali Terni s.p.a. con sede in Terni, viale Brin 218; difeso di fiducia dagli Avv.ti Ezio AUDISIO del Foro di Torino e Andrea GARAVENTA del Foro di Genova;

PU. M., nato a Terni il 12.05.1958 domiciliato ex art 161 c.p.p. presso THYSSENKRUPP Acciai Speciali Terni s.p.a. con sede in Terni, viale Brin 218; difeso di fiducia dagli Avv.ti Ezio AUDISIO del Foro di Torino e Andrea GARA VENTA del Foro di Genova;

PR. G., nato a Darmstadt (D) il 13.04.1966, domiciliato ex art 161 c.p.p. presso THYSSENKRUPP Acciai Speciali Terni s.p.a. con sede in Terni, viale Brin 218; difeso di fiducia dagli Avv.ti Ezio AUDISIO del Foro di Torino e Andrea GARAVENTA del Foro di Genova;

MO. D., nato a Terni il 19/6/1948, domiciliato ex art 161 c.p.p. presso l'Ufficio Affari Generali e Legali della THYSSENKRUPP Acciai Speciali Terni s.p.a. con sede in Terni, viale Brin 218; difeso di fiducia dagli avv.ti Paolo Sommella del Foro di Genova e Maurizio Anglesio del Foro di Torino;

SA. R., nato a Terranova di Pollino il 17/7/1954, domiciliato ex art 161 c.p.p. presso l'Ufficio Affari Generali e Legali della THYSSENKRUPP Acciai Speciali Terni s.p.a. con sede in Terni, viale Brin 218; difeso di fiducia dagli Avv.ti Paolo Sommella del Foro di Genova e Maurizio Anglesio del Foro di Torino;

CAF. C., nato a Francavilla FO. il 5/8/1956 presso l'Ufficio Affari Generali e Legali della THYSSENKRUPP Acciai Speciali Terni s.p.a. con sede in Terni, viale Brin 218; difeso di fiducia dagli Avv.ti Paolo Sommella del Foro di Genova e Maurizio Anglesio del Foro di Torino;



TUTTI LIBERI GIÀ PRESENTI



e, contro la persona giuridica :

THYSSENKRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a.
con sede in Terni, viale Brin 218, in persona del legale rappresentante FE. JURGEN HERMANN, dom.ta ex artt. 39 D.leg n.231/2001 e 161 c.p.p. presso l'Ufficio Affari Generali e Legali della THYSSENKRUPP Acciai Speciali Terni s.p.a. con sede in Terni, viale Brin 218; difesa di fiducia dagli Avv.ti Cesare Zaccone del Foro di Torino e Nicoletta Garaventa del Foro di Genova

*****

 

IMPUTATI

 

TUTTI
A) reato di cui agli artt. 110,437 commi 1 e 2 c.p., commesso, in concorso tra loro, nelle rispettive qualità di:

-Amministratore Delegato e membro del Comitato Esecutivo (cd. Board) della ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni s.p.a. con sede in Terni, viale Brin 218, esercente anche lo stabilimento sito in Torino, corso Regina Margherita 400, con delega per la produzione e sicurezza sul lavoro, il personale, gli affari generali e legali ES. H;

-Consigliere del Consiglio di Amministrazione e membro del Comitato Esecutivo (cd. Board) della ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni s.p.a. con sede in Terni, viale Brin 218, esercente anche lo stabilimento sito in Torino, corso Regina Margherita 400, con delega per il commerciale ed il marketing PU. M.;

-Consigliere del Consiglio di Amministrazione e membro del Comitato Esecutivo (cd. Board) della ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni s.p.a. con sede in Terni, viale Brin 218, esercente anche lo stabilimento sito in Torino, corso Regina Margherita 400, con delega per l'amministrazione, finanza controllo di gestione, approvvigionamenti e servizi informativi PR. G.;


-Dirigente con funzioni di Direttore dell'Area Tecnica e Servizi della ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni s.p.a., con sede in Terni, viale Brin 218, investito di competenza nella pianificazione degli investimenti in materia di sicurezza antincendio anche per lo stabilimento di Torino, Corso Regina Margherita n. 400 MO. D.;

-Direttore dello stabilimento esercito dalla ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni s.p.a. e sito in Torino, corso Regina Margherita 400 SA. R.;

-Dirigente con funzioni di Responsabile dell'Area EAS (ecologia, ambiente e sicurezza) e di RSPP dello stabilimento esercito dalla ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni s.p.a. e sito in Torino, corso Regina Margherita 400 Caf. C.;


per aver omesso, nell'ambito delle rispettive attribuzioni e competenze, di collocare impianti e apparecchi destinati a prevenire disastri ed infortuni sul lavoro con riferimento alla linea di ricottura e decapaggio (Cold Annealing and Pickling line), denominata APL5:
• costituente un luogo a elevato rischio di incendio per la presenza di olio idraulico in pressione, olio di laminazione e carta imbevuta di olio di laminazione
• installata presso lo stabilimento di Torino rientrante nell'ambito delle industrie a rischio di incidenti rilevanti e sprovvisto del certificato di prevenzione incendi e, in particolare, di adottare un sistema automatico di rivelazione e spegnimento degli incendi (a norma degli artt. 33-37 D.P.R. 27 aprile 1955 n. 547; 3, comma 1, lettere a, b, d, g, o, p, r, s, t; 4, comma 1; 4, comma 2; 4 comma 5 lettere a, b, c, d, e, h, i, q; 4, comma 7; 12, 13, 21, 22, 34, 35, 37, 38, 43 D.Leg. 19 settembre 1994 n. 626; D.M. 10 marzo 1998; artt. 5 e segg. D.Leg. 17 agosto 1999 n. 334), e ciò pur emergendone la necessità da più fatti e documenti, tra i quali:

1) l'incendio del 22 giugno 2006 sulle linee di ricottura e decapaggio KL3 (Cold Annealing and Pickling line) e GBL3 (Hot/Cold Annealing and Pickling line) dello stabilimento tedesco di Krefeld della ThyssenKrupp Nirosta (società facente parte al pari della ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni s.p.a. della ThyssenKrupp Stainless), considerato dalla stessa ThissenKrupp Stainless talmente distruttivo e devastante che solo per miracolo non vi erano stati morti, né feriti gravi;

2) la ricostruzione nel 2006 delle predette linee di Krefeld, dotandole di un sistema automatico di rivelazione e spegnimento degli incendi prima non presenti;

3) la valutazione del rischio d'incendio da parte delle Compagnie di Assicurazione in seguito all'incendio di Krefeld quale rischio talmente elevato

-da imporre per le linee di ricottura e decapaggio del Gruppo ThyssenKrupp Stainless, compresa l'APL5 di Torino, una franchigia specifica di 100 milioni di euro ben superiore alla precedente pari a 30 e doppia rispetto a quella di 50 prevista per gli altri tipi di impianti
-e da escludere la riduzione della franchigia in assenza di efficaci sistemi di prevenzione e protezione antincendio;

4) la decisione del Comitato Esecutivo della ThissenKrupp Stainless illustrata al meeting di Krickebeck del 17 febbraio 2007, che prevede appositi investimenti per la sicurezza antincendio in linea con le indicazioni tecniche del Working Group Stainless (WGS), e, in particolare, per l'installazione di un sistema di rivelazione e spegnimento incendi sulle linee di ricottura e decapaggio quale 1'APL5 di Torino;

5) la relazione del 16 M. 2007, predisposta dall'ing. Andrea BR., consulente tecnico della società assicuratrice Axa, che raccomanda alla ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni s.p.a. l'installazione di un sistema di protezione antincendio automatico mediante spray ad acqua o sprinkler sulle linee di ricottura e decapaggio di Terni;

6) la relazione del 26 giugno 2007, predisposta dall'ing. A. BR., consulente tecnico della società assicuratrice Axa, che raccomanda alla ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni S.p.a. l'installazione di un sistema di protezione antincendio automatico mediante spray ad acqua o sprinkler sulle linee di ricottura e decapaggio di Torino, ivi compresa l'APL 5;

7) la relazione del 31 luglio 2007, predisposta dall'ing. Uwe WE., consulente tecnico della società assicuratrice Axa, che raccomanda alla ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni S.p.a. l'installazione di un sistema di spegnimento incendi automatico fisso sulle linee di ricottura e decapaggio, ivi compresa l'APL 5 di Torino;

8) la "Richiesta di autorizzazione agli investimenti per i lavori di prevenzione incendi" del 5 ottobre 2007 che descrive 1'APL5 di Torino come linea non conforme "alle indicazioni tecniche dell'assicurazione, del comando provinciale dei vigili del fuoco e del WGS".
Fatto dal quale sono derivati un disastro (incendio) di cui ai capi C) ed E), e un infortunio sul lavoro che ha determinato la morte di sette operai (S. Antonio, S. Roberto, L. Angelo, S. Bruno, M. Rocco, DE. M. Giuseppe, R. Rosario) di cui ai capi B) e D) e le lesioni personali di altri tre operai (S.F. F., P.G. Giovanni e BO. Antonio).

Commesso in Torino dal giugno 2006 al 30 dicembre 2007.


ES.


B) reato di cui agli artt. 81, comma 1, e 575 cp., perché, in qualità di Amministratore Delegato e membro del Comitato Esecutivo (cd. BOARD) della ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni s.p.a. con sede in Terni, viale Brin 218, esercente anche lo stabilimento sito in Torino, corso Regina Margherita 400, con delega per la produzione e sicurezza sul lavoro, il personale, gli affari generali e legali, cagionava la morte di S. Antonio, S. Roberto, L. Angelo, S. Bruno, M. Rocco, DE. M. Giuseppe, e R. Rosario (lavoratori dipendenti operanti presso la linea APL5 di ricottura e decapaggio di Torino), i quali, intervenuti con estintori manuali per domare un incendio sviluppatosi sulla linea a causa dello sfregamento del nastro contro la struttura metallica dei macchinari o contro grumi di carta ivi accumulatisi, venivano investiti da una vampata di fuoco ("flash fire") prodottasi con improvvisa violenza in seguito alla rottura di un tubo contenente olio idraulico ad elevata pressione che in buona parte nebulizzava generando uno spray di vapori e di goccioline minutissime che trovava innesco nel focolaio d'incendio già in atto, e decedevano in conseguenza delle ustioni riportate in quanto ometteva di adottare misure tecniche, organizzative, procedurali, di prevenzione e protezione contro gli incendi (previste dagli artt. 33-37 D.P.R. 27 aprile 1955 n. 547; 3, comma 1, lettere a, b, d, g, o, p, r, s, t; 4, comma 1; 4, comma 2; 4 comma 5 lettere a, b, c, d, e, h, i, q; 4, comma 7; 12, 13, 21, 22, 34, 35, 37, 38, 43 D.Leg. 19 settembre 1994 n. 626; D.M. 10 marzo 1998; artt. 5 e segg. D.Leg. 17 agosto 1999 n. 334) con riferimento alla linea di "ricottura e decapaggio" (Cold Annealing andPickling line), denominata APL5,
• costituente un luogo a elevato rischio di incendio per la presenza di olio idraulico in pressione, olio di laminazione e carta imbevuta di olio di laminazione
• installata presso lo stabilimento di Torino rientrante nell'ambito delle industrie a rischio di incidenti rilevanti e sprovvisto del certificato di prevenzione incendi
misure quali:
-una adeguata e completa valutazione del rischio incendio
-una effettiva organizzazione dei percorsi informativi e formativi nei confronti dei lavoratori
-un sistema automatico di rivelazione e spegnimento degli incendi, misure rese ancor più necessarie per la situazione che si era creata a causa della disposta chiusura dello stabilimento, che aveva determinato la drastica riduzione del numero dei dipendenti ed il venir meno delle professionalità più qualificate
tutto ciò pur rappresentandosi la concreta possibilità del verificarsi di infortuni anche mortali sulla linea APL5 di Torino, in quanto a conoscenza di più fatti e documenti tra i quali:

1) l'incendio del 22 giugno 2006 sulle linee di "ricottura e decapaggio" KL3 (Cold Annealing and Pickling line) e GBL3 (Hot/Cold Annealing and Pickling line) dello stabilimento tedesco di Krefeld della ThyssenKrupp Nirosta (società facente parte al pari della ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni s.p.a. della ThyssenKrupp Stainless), considerato dalla stessa ThissenKrupp Stainless talmente distruttivo e devastante che solo per miracolo non vi erano stati morti, né feriti gravi;

2) la ricostruzione nel 2006 delle predette linee di Krefeld, dotandole di un sistema automatico di rivelazione e spegnimento degli incendi prima non presenti;

3) la valutazione del rischio d'incendio da parte delle Compagnie di Assicurazione in seguito all'incendio di Krefeld quale rischio talmente elevato
-da imporre per le linee di "ricottura e decapaggio" del Gruppo ThyssenKrupp Stainless, compresa l'APL5 di Torino, una franchigia specifica di 100 milioni di euro ben superiore alla precedente pari a 30 e doppia rispetto a quella di 50 prevista per gli altri tipi di impianti
-e da escludere la riduzione della franchigia in assenza di efficaci sistemi di prevenzione e protezione antincendio;

4) la decisione del Comitato Esecutivo della ThissenKrupp Stainless illustrata al meeting di Krickebeck del 17 febbraio 2007, che prevede appositi investimenti per la sicurezza antincendio in linea con le indicazioni tecniche del Working Group Stainless (WGS), e, in particolare, per l'installazione di un sistema di rivelazione e spegnimento incendi sulle linee di ricottura e decapaggio quale 1'APL5 di Torino;


5) la relazione del 16 M. 2007, predisposta dall'ing. A. BR., consulente tecnico della società assicuratrice Axa, che raccomanda alla ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni s.p.a. l'installazione di un sistema di protezione antincendio automatico mediante spray ad acqua o sprinkler sulle linee di ricottura e decapaggio di Terni;

6) la relazione del 26 giugno 2007, predisposta dall'ing. A. BR., consulente tecnico della società assicuratrice Axa, che raccomanda alla ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni S.p.a. l'installazione di un sistema di protezione antincendio automatico mediante spray ad acqua o sprinkler sulle linee di ricottura e decapaggio di Torino, ivi compresa l'APL 5;

7) la relazione del 31 luglio 2007, predisposta dall'ing. Uwe WE., consulente tecnico della società assicuratrice Axa, che raccomanda alla ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni S.p.a. l'installazione di un sistema di spegnimento incendi automatico fisso sulle linee di ricottura e decapaggio, ivi compresa l'APL 5 di Torino;

8) la "Richiesta di autorizzazione agli investimenti per i lavori di prevenzione incendi" del 5 ottobre 2007 che descrive 1'APL5 di Torino come linea non conforme "alle indicazioni tecniche dell'assicurazione, del comando provinciale dei vigili del fuoco e del WGS";
ed accettando il rischio del verificarsi di infortuni anche mortali sulla linea APL5 dello stabilimento di Torino, poiché -in virtù degli effettivi poteri decisionali inerenti alla sua posizione apicale, nonché della specifica competenza e della delega possedute in materia di sicurezza del lavoro e prevenzione incendi nell'ambito degli stabilimento di Torino e Terni- prendeva:

-dapprima, la decisione di posticipare dal 2006/2007 al 2007/2008 gli investimenti antincendio per lo stabilimento di Torino pur avendone già programmata la chiusura

-poi, la decisione di posticipare l'investimento per l'adeguamento dell'APL5 di Torino alle indicazioni tecniche dell'assicurazione, del comando provinciale dei vigili del fuoco e del WGS, ad epoca successiva al suo trasferimento da Torino a Terni ("FROM TURIN''),
e ciò nonostante che la linea APL5 fosse ancora in piena attività e vi continuassero a lavorare gli operai rimasti, per giunta nell'ambito di uno stabilimento quale quello di Torino in condizioni di crescenti abbandono e insicurezza.

Commesso in Torino il 6, il 7, il 16, il 19 e il 30 dicembre 2007.




ES.


C) reato di cui all'art 423 cp., perché, in qualità di Amministratore Delegato e membro del Comitato Esecutivo (cd. BOARD) della ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni s.p.a. con sede in Terni, viale Brin 218, esercente anche lo stabilimento sito in Torino, corso Regina Margherita 400, con delega per la produzione e sicurezza sul lavoro, il personale, gli affari generali e legali, cagionava sulla linea di "ricottura e decapaggio" (Cold Annealing and Pickling line), denominata APL5, installata presso lo stabilimento della ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni S.p.a. sito in Torino un incendio che si sviluppava nel modo estremamente violento e rapido descritto nel capo B) e atto a cagionare la morte o la lesione dei lavoratori presenti lungo la linea predetta in quanto ometteva di adottare misure tecniche, organizzative, procedurali, di prevenzione e protezione contro gli incendi (previste dagli artt. 33-37 D.P.R. 27 aprile 1955 n. 547; 3, comma 1, lettere a, b, d, g, o, p, r, s, t; 4, comma 1; 4, comma 2; 4 comma 5 lettere a, b, c, d, e, h, i, q; 4, comma 7; 12, 13, 21, 22, 34, 35, 37, 38, 43 D.Leg. 19 settembre 1994 n. 626; D.M. 10 marzo 1998; artt. 5 e segg. D.Leg. 17 agosto 1999 n. 334) sulla linea di "ricottura e decapaggio" (Cold Annealing and Pickling line), denominata APL5
• costituente un luogo a elevato rischio di incendio per la presenza di olio idraulico in pressione, olio di laminazione e carta imbevuta di olio di laminazione
• installata presso lo stabilimento di Torino rientrante nell'ambito delle industrie a rischio di incidenti rilevanti e sprovvisto del certificato di prevenzione incendi
misure quali:
-una adeguata e completa valutazione del rischio incendio
-una effettiva organizzazione dei percorsi informativi e formativi nei confronti dei lavoratori
-un sistema automatico di rivelazione e spegnimento degli incendi, misure rese ancor più necessarie per la situazione che si era creata a causa della disposta chiusura dello stabilimento, e che aveva determinato la drastica riduzione del numero dei dipendenti ed il venir meno delle professionalità più qualificate
tutto ciò pur rappresentandosi la concreta possibilità del verificarsi di incendi sulla linea APL5 di Torino, in quanto a conoscenza di più fatti e documenti tra i quali:

1) l'incendio del 22 giugno 2006 sulle linee di "ricottura e decapaggio" KL3 (Cold Annealing and Pickling line) e GBL3 (Hot/Cold Annealing and Pickling line) dello stabilimento tedesco di Krefeld della ThyssenKrupp Nirosta (società facente parte al pari della ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni S.p.a. della ThyssenKrupp Stainless) considerato dalla stessa ThissenKrupp Stainless talmente distruttivo e devastante che solo per miracolo non vi erano stati morti, né feriti gravi;

2) la ricostruzione nel 2006 delle predette linee di Krefeld, dotandole di un sistema automatico di rivelazione e spegnimento degli incendi prima non presenti;

3) la valutazione del rischio d'incendio da parte delle Compagnie di Assicurazione in seguito all'incendio di Krefeld quale rischio talmente elevato
-da imporre per le linee di "ricottura e decapaggio" del Gruppo ThyssenKrupp Stainless compresa l'APL5 di Torino una franchigia specifica di 100 milioni di euro ben superiore a quella precedente di 30 e doppia rispetto a quella di 50 prevista per gli altri tipi di impianti
-e da escludere la riduzione della franchigia in assenza di efficaci sistemi di prevenzione e protezione antincendio;

4) la decisione del Comitato Esecutivo della ThissenKrupp Stainless illustrata al meeting di Krickebeck del 17 febbraio 2007 che prevede appositi investimenti per la sicurezza antincendio in linea con le indicazioni tecniche del Working Group Stainless (WGS), e, in particolare, per l'installazione di un sistema di rivelazione e spegnimento incendi sulle linee di ricottura e decapaggio quale l'APL5 di Torino;

5) la relazione del 16 M. 2007, predisposta dall'ing. A. BR., consulente tecnico della società assicuratrice Axa, che raccomanda alla ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni S.p.a. l'installazione di un sistema di protezione antincendio automatico mediante spray ad acqua o sprinkler sulle linee di ricottura e decapaggio di Terni;

6) la relazione del 26 giugno 2007, predisposta dall'ing. A. BR., consulente tecnico della società assicuratrice Axa, che raccomanda alla ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni S.p.a. l'installazione di un sistema di protezione antincendio automatico mediante spray ad acqua o sprinkler sulle linee di ricottura e decapaggio di Torino;

7) la relazione del 31 luglio 2007, predisposta dall'ing. U. WE., consulente tecnico della società assicuratrice Axa, che raccomanda alla ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni S.p.a. l'installazione di un sistema di spegnimento incendi automatico fisso sulle linee di ricottura e decapaggio, ivi compresa l'APL 5 di Torino;

8) la "Richiesta di autorizzazione agli investimenti per i lavori di prevenzione incendi" del 5 ottobre 2007 che descrive l'APL5 di Torino come linea non conforme "alle indicazioni tecniche dell'assicurazione, del comando provinciale dei vigili del fuoco e del WGS";
ed accettando il rischio del verificarsi di incendi sulla linea APL5 dello stabilimento di Torino, poiché -in virtù degli effettivi poteri decisionali inerenti alla sua posizione apicale, nonché della specifica competenza e della delega possedute in materia di sicurezza del lavoro e prevenzione incendi nell'ambito degli stabilimento di Torino e Terni- prendeva:
-dapprima, la decisione di posticipare dal 2006/2007 al 2007/2008 gli investimenti antincendio per lo stabilimento di Torino
-poi, la decisione di posticipare l'investimento per l'adeguamento dell'APL5 di Torino alle indicazioni tecniche dell'assicurazione, del comando provinciale dei vigili del fuoco e del WGS, ad epoca successiva al suo trasferimento da Torino a Terni ("FROM TURIN")
e ciò nonostante che la linea APL5 fosse ancora in piena attività e vi continuassero a lavorare gli operai rimasti, per giunta nell'ambito di uno stabilimento quale quello di Torino in condizioni di crescenti abbandono e insicurezza.

Commesso in Torino il 6 dicembre 2007.



PR., PU., MO., SA., CAF.

D) reato di cui agli arti. 61 n. 3 c.p., 589 commi 1, 2 e 3, c.p., perché, nelle rispettive qualità di:
-Consigliere del Consiglio di Amministrazione e membro del Comitato Esecutivo (cd. Board) della ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni s.p.a. con sede in Terni, viale Brin 218, esercente anche lo stabilimento sito in Torino, corso Regina Margherita 400, con delega per il commerciale ed il marketing PU. M.;

-Consigliere del Consiglio di Amministrazione e membro del Comitato Esecutivo (cd. Board) della ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni s.p.a. con sede in Terni, viale Brin 218, esercente anche lo stabilimento sito in Torino, corso Regina Margherita 400, con delega per l'amministrazione, finanza controllo di gestione, approvvigionamenti e servizi informativi PR. G.;

-Dirigente con funzioni di Direttore dell'Area Tecnica e Servizi della ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni S.p.a., con sede in Terni, viale Brin 218, investito di competenza nella pianificazione degli investimenti in materia di sicurezza antincendio anche per lo stabilimento di Torino, Corso Regina Margherita n. 400 MO. D.e;

-Direttore dello stabilimento esercito dalla ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni s.p.a. e sito in Torino, corso Regina Margherita 400 SA. R.;

-Dirigente con funzioni di Responsabile dell'Area EAS (ecologia, ambiente e sicurezza) e di RSPP dello stabilimento esercito dalla ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni s.p.a. e sito in Torino, corso Regina Margherita 400 CAF. C.;

cagionavano la morte di S. Antonio, S. Roberto, L. Angelo, S. Bruno, M. Rocco, DE. M. Giuseppe, e R. Rosario (lavoratori dipendenti operanti presso la linea APL5 di ricottura e decapaggio del predetto stabilimento), i quali, intervenuti con estintori manuali per domare un incendio sviluppatosi sulla linea a causa dello sfregamento del nastro contro la struttura metallica dei macchinari o contro grumi di carta ivi accumulatisi, venivano investiti da una vampata di fuoco ("flash fire") prodottasi con improvvisa violenza in seguito alla rottura di un tubo contenente olio idraulico ad elevata pressione che in buona parte nebulizzava generando uno spray di vapori e di goccioline minutissime che trovava innesco nel focolaio d'incendio già in atto, e decedevano in conseguenza delle ustioni riportate, e ciò per colpa, e, segnatamente, per imprudenza, negligenza, imperizia, e violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro (ed in particolare a norma degli artt. 33-37 D.P.R. 27 aprile 1955 n. 547; 3, comma 1, lettere a, b, d, g, o, p, r, s, t; 4, comma 1; 4, comma 2; 4 comma 5 lettere a, b, c, d, e, h, i, q; 4, comma 7; 12, 13, 21, 22, 34, 35, 37, 38, 43 D.Leg. 19 settembre 1994 n. 626; D.M. 10 marzo 1998; artt. 5 e segg. D.Leg. 17 agosto 1999 n. 334), in quanto con riferimento alla linea di "ricottura e decapaggio" (Cold Annealing and Pickling line), denominata APL5:
• costituente un luogo a elevato rischio di incendio per la presenza di olio idraulico in pressione, olio di laminazione e carta imbevuta di olio di laminazione
• installata presso lo stabilimento di Torino rientrante nell'ambito delle industrie a rischio di incidenti rilevanti e sprovvisto del certificato di prevenzione incendi

PR. e PU. omettevano, quali membri del Comitato Esecutivo della ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni s.p.a., di sottolineare l'esigenza di adottare le necessarie misure tecniche, organizzative, procedurali, informative, formative, di prevenzione e protezione dagli incendi presso lo stabilimento di Torino non appena avuta conoscenza della loro necessità;

MO. ometteva, in sede di pianificazione degli investimenti per la sicurezza e la prevenzione incendi, di sottolineare l'esigenza di adottare le necessarie misure tecniche, organizzative, procedurali, di prevenzione e protezione dagli incendi presso lo stabilimento di Torino non appena avuta conoscenza della loro necessità e malgrado le ripetute sollecitazioni ricevute dal gruppo della ThyssenKrupp Stainless;

SA. e CAF. omettevano di segnalare l'esigenza di adottare le necessarie misure tecniche, organizzative, procedurali, informative, formative, di prevenzione e protezione dagli incendi presso lo stabilimento di Torino non appena avuta conoscenza della loro necessità, malgrado la diretta e piena conoscenza della situazione di gravi e crescenti abbandono e insicurezza nel predetto stabilimento, misure rese ancor più necessarie

• per l'assenza sulla linea APL5 di altre misure idonee a ridurre il rischio d'incendio o almeno l'esposizione dei lavoratori a tale rischio quali:
-estintori a lunga gittata in luogo di quelli esistenti
-sensori nella zona compresa tra l'aspo svolgitore e la saldatrice in grado di rilevare la posizione non corretta del nastro e di arrestare automaticamente la marcia del nastro
-una procedura operativa che in caso di incendio prevedesse l'azionamento immediato e sistematico del pulsante di emergenza già esistente
-un pulsante di emergenza in grado di disattivare l'alimentazione elettrica delle centrali oleodinamiche della linea APL5, togliere pressione ai condotti dell'olio, ed evitarne così la fuoriuscita ad alta pressione in caso di rottura dei tubi

• e per la situazione che si era creata a causa della disposta chiusura dello stabilimento, che aveva determinato:
-la drastica riduzione del numero dei dipendenti
-il venir meno delle professionalità più qualificate, e, in particolare, sia dei capi turno manutenzione cui era demandata secondo le procedure aziendali la gestione dell'emergenza incendi, sia degli operai più esperti e specializzati
-la riduzione degli interventi di manutenzione e di pulizia sulle linee, con conseguenti perdite di olio dai tubi e accumuli di carta non rimossa in prossimità e sotto i macchinari, su un pavimento in piano privo della pendenza necessaria per il deflusso
-frequenti incendi di varie proporzioni.

Con le aggravanti:
-di aver commesso il fatto con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro
-di aver agito nonostante la previsione dell'evento, essendosi rappresentati la concreta possibilità del verificarsi di infortuni anche mortali sulla linea APL5 dello stabilimento di Torino, in considerazione di fatti e documenti tra quelli di cui ai punti da 1 a 8 del capo A).
Commesso in Torino il 6, il 7, il 16, il 19 e il 30 dicembre 2007.

 

 

PR., PU., MO., SA., CAF.

 

E) reato di cui agli artt. 61 n. 3 c.p., 449 c.p., in relazione all'art. 423 c.p.,
perché, nelle rispettive qualità di:

-Consigliere del Consiglio di Amministrazione e membro del Comitato Esecutivo (cd. Board) della ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni s.p.a. con sede in Terni, viale Brin 218, esercente anche lo stabilimento sito in Torino, corso Regina Margherita 400, con delega per il commerciale ed il marketing PU. M.;

-Consigliere del Consiglio di Amministrazione e membro del Comitato Esecutivo (cd. Board) della ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni s.p.a. con sede in Terni, viale Brin 218, esercente anche lo stabilimento sito in Torino, corso Regina Margherita 400, con delega per l'amministrazione, finanza controllo di gestione, approvvigionamenti e servizi informativi PR. G.;


-Dirigente con funzioni di Direttore dell'Area Tecnica e Servizi della ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni S.p.a., con sede in Terni, viale Brin 218, investito di competenza nella pianificazione degli investimenti in materia di sicurezza antincendio anche per lo stabilimento di Torino, Corso Regina Margherita n. 400 MO. D.;

- Direttore dello stabilimento esercito dalla ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni s.p.a. e sito in Torino, corso Regina Margherita 400 SA. R.;

-Dirigente con funzioni di Responsabile dell'Area EAS (ecologia, ambiente e sicurezza) e di RSPP dello stabilimento esercito dalla ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni s.p.a. e sito in Torino, corso Regina Margherita 400 CAF. C.; cagionavano presso la linea di "ricottura e decapaggio" (Cold Annealing and Pickling line), denominata APL5, installata presso lo stabilimento della ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni S.p.a. sito in Torino, un incendio che si sviluppava nel modo estremamente violento e rapido descritto nel capo D) e atto a cagionare la morte o la lesione dei lavoratori presenti lungo la linea predetta, e ciò per colpa, e, segnatamente, per imprudenza, negligenza, imperizia, e violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro (ed in particolare degli artt. 33-37 D.P.R. 27 aprile 1955 n. 547; 3, comma 1, lettere a, b, d, g, o, p, r, s, t; 4, comma 1; 4, comma 2; 4 comma 5 lettere a, b, c, d, e, h, i, q; 4, comma 7; 12, 13, 21, 22, 34, 35, 37, 38, 43 D.Leg. 19 settembre 1994 n. 626; D.M. 10 marzo 1998; artt. 5 e segg. D.Leg. 17 agosto 1999 n. 334), in quanto con riferimento alla predetta linea:
• costituente un luogo a elevato rischio di incendio per la presenza di olio idraulico in pressione, olio di laminazione e carta imbevuta di olio di laminazione
• installata presso lo stabilimento di Torino rientrante nell'ambito delle industrie a rischio di incidenti rilevanti e sprovvisto del certificato di prevenzione incendi in quanto sulla linea di "ricottura e decapaggio" (Cold Annealing and Pickling line),

PR. e PU. omettevano, quali membri del Comitato Esecutivo della ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni s.p.a., di sottolineare l'esigenza di adottare le necessarie misure tecniche, organizzative, procedurali, informative, formative, di prevenzione e protezione dagli incendi presso lo stabilimento di Torino non appena avuta conoscenza della loro necessità;

MO. ometteva, in sede di pianificazione degli investimenti per la sicurezza e la prevenzione incendi, di sottolineare l'esigenza di adottare le necessarie misure tecniche, organizzative, procedurali, di prevenzione e protezione dagli incendi presso lo stabilimento di Torino non appena avuta conoscenza della loro necessità e malgrado le ripetute sollecitazioni ricevute dal gruppo della ThyssenKrupp Stainless;

SA. e CAF. omettevano di segnalare l'esigenza di adottare le necessarie misure tecniche, organizzative, procedurali, informative, formative, di prevenzione e protezione dagli incendi presso lo stabilimento di Torino non appena avuta conoscenza della loro necessità, malgrado la diretta e piena conoscenza della situazione di grave e crescente insicurezza nel predetto stabilimento, misure rese ancor più necessarie

• per l'assenza sulla linea APL5 di altre misure idonee a ridurre il rischio d'incendio o almeno l'esposizione dei lavoratori a tale rischio quali:
-estintori a lunga gittata in luogo di quelli esistenti
-sensori nella zona compresa tra l'aspo svolgitore e la saldatrice in grado di rilevare la posizione non corretta del nastro e di arrestare automaticamente la marcia del nastro
-una procedura operativa che in caso di incendio prevedesse l'azionamento immediato e sistematico del pulsante di emergenza già esistente
-un pulsante di emergenza in grado di disattivare l'alimentazione elettrica delle centrali oleodinamiche della linea APL5, togliere pressione ai condotti dell'olio, ed evitarne così la fuoriuscita ad alta pressione in caso di rottura dei tubi

• per la situazione che si era creata a causa della disposta chiusura dello stabilimento, che aveva determinato:
-la drastica riduzione del numero dei dipendenti
-il venir meno delle professionalità più qualificate, e, in particolare, sia dei capi turno manutenzione cui era demandata secondo le procedure aziendali la gestione dell'emergenza incendi, sia degli operai più esperti e specializzati
-la riduzione degli interventi di manutenzione e di pulizia sulle linee, con conseguenti perdite di olio dai tubi e accumuli di carta non rimossa in prossimità e sotto i macchinari, su un pavimento in piano privo della pendenza necessaria per il deflusso
-frequenti incendi di varie proporzioni.

Con l'aggravante di aver agito nonostante la previsione dell'evento, essendosi rappresentati la concreta possibilità del verificarsi di incendi sulla linea APL5 dello stabilimento di Torino, in considerazione di fatti e documenti tra quelli di cui ai punti da 1 a 8 del capo A). Commesso in Torino il 6 dicembre 2007.



L'ente THYSSENKRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., in persona del Presidente Jurgen FE.

F) dell'illecito amministrativo di cui all'art. 25 septies del D.Lgs. 8 giugno 2001 n. 231 dipendente dal reato di omicidio colposo aggravato di cui al capo D) commesso in Torino il 6, il 7, il 16, il 19 ed il 30 dicembre 2007 da PU. M., PR. G., MO. D., SA. R., CAF. C., nelle rispettive qualità ivi indicate, nell'interesse e a vantaggio della THYSSENKRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a.

Con l'intervento del Pubblico Ministero, delle Parti Civili e della THYSSENKRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a. con sede in Terni, viale Brin 218, costituitasi quale responsabile civile ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 84 cpp all'udienza del 15/01/2009, con l'assistenza dell' Avv. Franco COPPI (del Foro di Roma)


 

CONCLUSIONI DELLE PARTI

CONCLUSIONI DEL P.M.:

per l'imputato ES. H.: condanna alla pena complessiva di anni 16 mesi 6 di reclusione così determinati:
riconosciuta la continuazione tra i reati contestati, ritenuto più grave il reato di omicidio doloso:
• p.b.: anni 21
• ridotta ad anni 16 per l'art. 62 n. 6 cp, ridotta ad anni 11 per la concessione delle attenuanti generiche ex 62 bis cp
• aumentata ad anni 15 per la continuazione interna ( 8 mesi per i singoli omicidi, aumentata ad anni 16 per la continuazione con il reato di cui all'art. 437 cp,
• aumentata ad anni 16 e mesi 6 per la continuazione con il reato di cui all'art. 423 cp.

per gli imputati PU. M. - PR. G. - SA. R. -CAF. C. :
riconosciuta l'attenuante di cui all'art. 62 n. 6 cp sub valente rispetto alle aggravanti contestate, condanna alla pena complessiva di anni 13 e mesi 6 così determinata:
• anni 9 per reato di omicidio così determinata:
• p.b anni 4, aumentata per l'art. 61 n. 3 cp ad anni 5 e mesi 4, aumentata ad anni 9 per l'art. 589 c. 4 cp;
• per il reato di cui all'art. 437 c. 2 cp: anni 3
• per il reato di cui all'art. 449 cp: anni 1 mesi 2, aumentata ad anni 1 mesi 6 per l'aggravante di cui all'art. 61 n. 3 cp

per l'imputato MO. D.: concesse le attenuanti di cui agli artt. 62 n. 6 e 62 bis cp ritenute equivalenti alle aggravanti, condanna alla pena complessiva di anni 9 di reclusione così determinata:
• per l'omicidio colposo aggravato: anni 6 così determinata:
• p.b. anni 4, aumentata ad anni 6 ex art. 589 c.4 cp
• per il reato di cui all'art. 437: anni 2,
• per il reato di cui all'art. 449: anni 1

con riferimento all'Ente condanna
alla sanzione pecuniaria individuata in 1 milione e 500 mila €;
alle sanzioni interdittive: esclusione da agevolazioni, contributi e revoca di quelli già concessi; divieto di pubblicità dei propri beni per il periodo di anni 1
• alla pubblicazione della sentenza di condanna a cura della cancelleria e a spese dell'ente sui quotidiani di maggiore diffusione nazionale e nel comune in cui ha sede l'ente
• alla confisca del profitto del reato individuato in 800 mila €;

con richiesta di trasmissione degli atti per procedere per il reato di falsa testimonianza: nei confronti di KR., FER. e LI., nonché per i reati di cui agli artt. 437, 449, 589 nei confronti di QU. B..



CONCLUSIONI DELLE PARTI CIVILI:

1. REGIONE PIEMONTE, in persona del Presidente della Giunta-Regionale pro tempore Roberto COTA assistita dall'Avv. Cosimo MAGGIORE:

affermare la penale responsabilità di Herald Es., PU. Marco, PR. Gerald, MO. Daniele, SA. Raffaele, CAF. Cosimo in ordine ai reati loro ascritti ed irrogare le pene di legge.
Condannare gli imputati, ai sensi dell'art. 539 comma 2 c.p.p., immediatamente a risarcire il danno quanto meno nella misura che può ritenersi accertata già in corso di causa pari a € 6.173.299.00 dei quali € 173.299,08 per il danno patrimoniale ed € 6.000.000,00 per il danno non patrimoniale e provvedere a liquidarlo, volendo concedere una provvisionale immediatamente esecutiva di pari misura, o di quell'altra misura meglio vista, in ragione dell'impiego pubblico, sociale ed assistenziale-sanitario del richiesto risarcimento", rimettendo per la parte non provata la determinazione a separato giudizio civile.
In subordine, condannare gli imputati al risarcimento del danno rimettendo le parti davanti al giudice civile per la loro quantificazione.
Ai sensi dell'art. 541 c.p.p., condannare gli imputati in solido fra loro al pagamento delle spese processuali di costituzione, assistenza e rappresentanza in favore della parte civile, come da nota allegata.


2. PROVINCIA DI TORINO, in persona del Presidente della Giunta-legale rappresentante, dr. Antonino Saitta.
Assistita dall'Avv. Alberto MITTONE del Foro di Torino:

dichiarare la penale responsabilità degli imputati Herald ES., Marco PU., Gerald PR., Daniele MO., Raffaele SA., Cosimo CAF. con riferimento ai reati di cui all'imputazione, condannarlo alle pene di legge e conseguentemente dichiararli tenuti al risarcimento danni tutti patiti dalla parte civile in conseguenza dei fatti di causa che si indicano nella misura di Euro 1.500.000,00 con provvisionale immediatamente esecutiva di importo pari ad Euro 500.000,00
Tali somme verranno destinate dall'Ente ad iniziative per la formazione sulla sicurezza nei luoghi di lavoro e per la promozione dell'occupazione sul proprio territorio.
In subordine, gli imputati siano tenuti al risarcimento dei danni da liquidarsi avanti al Giudice civile per la quantificazione.
Voglia altresì condannare gli imputati in solido fra loro al pagamento delle spese di rappresentanza e assistenza della costituita parte civile, come da nota a parte.

3. COMUNE DI TORINO, in persona del Sindaco-legale rappresentante, dr. Sergio Chiamparino.
assistito dall'Avv. Donatella SPINELLI

dichiarare gli imputati responsabili dei reati loro rispettivamente ascritti e condannarli alle pene di legge .
condannare i medesimi imputati, in via solidale, al risarcimento del danno patrimoniale, quantificato in via equitativa, in €. 50.000,00.

Condannare altresì gli imputati, in via solidale tra loro, al risarcimento del danno non patrimoniale, determinato in via equitativa, in un importo pari ad €. 1.500.000,00 o nella diversa somma che il Giudice vorrà determinare ai sensi dell'art. 1226 cc.

In subordine, condannare gli imputati al risarcimento dei danni tutti, patrimoniali e non patrimoniali, da liquidarsi in sede civile.
Assegnare a titolo di provvisionale immediatamente esecutiva la somma di €. 500.000,00.
Condannare conclusivamente gli imputati al pagamento, in solido, delle spese di costituzione, assistenza e rappresentanza della parte civile come da separata nota.

4. FIM-CISL, in persona del segretario generale-legale rappresentante, CHA. Claudio , assistita dall'Avv. Roberto LA MACCHIA:


dichiarare la penale responsabilità degli imputati per i reati loro ascritti, e, conseguentemente, condannarli alle pene di legge;
condannare, conseguentemente, gli imputati, in solido tra loro e con THYSSENKRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, responsabile civile ritualmente citato e costituito in giudizio, al risarcimento dei danni tutti, patrimoniali, non patrimoniali e morali in favore dell'Organizzazione Sindacale FEDERAZIONE ITALIANA METALMECCANICI FIM - CISL Provinciale di Torino, in persona del Segretario Generale pro-tempore, da liquidarsi in via equitativa e comunque in misura non inferiore ad € 100.000,00,
Condannare, in ogni caso, gli imputati, in solido fra loro ed alla THYSSENKRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, responsabile civile ritualmente citato e costituito in giudizio, al pagamento in favore della parte civile costituita di una somma, a titolo di provvisionale immediatamente esecutiva nonostante gravame, che si suggerisce nella misura di € 50.000,00;
Condannare, ancora, gli imputati tutti, in solido tra loro e con il responsabile civile THYSSENKRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, al rimborso, in favore della parte civile costituita, delle spese di costituzione in giudizio,come da separata nota

5. FIOM-CGIL in persona del segretario generale-legale rappresentante, Airaudo Giorgio, assistita dall'Avv. Elena POLI

dichiarare la penale responsabilità degli imputati per i reati loro ascritti, e, conseguentemente, condannarli alle pene di legge;
condannare, conseguentemente, gli imputati, in solido tra loro e con THYSSENKRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, responsabile civile ritualmente citato e costituito in giudizio, al risarcimento dei danni tutti, non patrimoniali e morali in favore dell'Organizzazione Sindacale FEDERAZIONE IMPIEGATI E OPERAI METALLURGICI FIOM - CGIL Provinciale di Torino, in persona del Segretario Generale pro-tempore, da liquidarsi in via equitativa, comunque in misura non inferiore ad € 150.000,00 e con dichiarazione di provvisoria esecutorietà ex art. 540, 1 ° comma c.p.p. stante la sussistenza di giustificati motivi, somma che la parte civile si impegna a destinare per dare vita e finanziare progetti formativi rivolti ai lavoratori, alle Rappresentanze Sindacali Unitarie, ed ai Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza dei metalmeccanici, attraverso iniziative formative qualificate, e da individuarsi congiuntamente alle altre sigle sindacali FIOM- CGIL e UILM-UIL, con l'obiettivo di formare, preparare e sensibilizzare lavoratori, RSU e RLS alla prevenzione ed alla sicurezza nei luoghi di lavoro;
Condannare, in subordine, ex 539, 2° comma c.p.p., per il caso in cui non si ritenga raggiunta la prova in relazione alla totalità del danno lamentato, gli imputati, in solido fra loro e con la THYSSENKRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, responsabile civile ritualmente citato e costituito in giudizio, al pagamento in favore della parte civile costituita di una somma, a titolo di provvisionale immediatamente esecutiva nonostante gravame, che si suggerisce nella misura di €75.000,00;
Condannare, ancora, gli imputati tutti, in solido tra loro e con il responsabile civile THYSSENKRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, al rimborso, in favore della parte civile costituita, delle spese di costituzione in giudizio, come da separata nota.

6. UIL - UILM, in persona del segretario provinciale-legale rappresentante, Peverati Maurizio rappresentata e difesa dall'Avv. Massimo POZZA:

dichiarare la penale responsabilità degli imputati per i reati loro ascritti e, conseguentemente, condannarli alle pene di legge;
condannare, pertanto, gli imputati medesimi, in solido tra loro e con THYSSENKRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, responsabile civile ritualmente citato e costituito in giudizio, al risarcimento dei danni tutti, non patrimoniali e morali in favore dell'Organizzazione Sindacale UIL - UILM di Torino, in persona del Segretario pro tempore , da liquidarsi in via equitativa, comunque in misura non inferiore ad € 150.000,00 e con dichiarazione di provvisoria esecutorietà ex art. 540, 1° comma c.p.p. stante la sussistenza di giustificati motivi, somma che la parte civile si impegna a destinare per dare vita e finanziare progetti formativi rivolti ai lavoratori, alle Rappresentanze Sindacali Unitarie, ed ai Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza dei metalmeccanici, attraverso iniziative formative qualificate, e da individuarsi congiuntamente alle altre sigle sindacali FIOM-CGIL e FIM-CISL, con l'obiettivo di formare, preparare e sensibilizzare lavoratori, RSU e SLS alla prevenzione ed alla sicurezza nei luoghi di lavoro;
Condannare, in subordine, ex 539, 2° comma c.p.p. per il caso in cui non si ritenga raggiunta la prova in relazione alla totalità del danno lamentato, gli imputati, in solido fra loro ed alla THYSSENKRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, responsabile civile ritualmente citato e costituito in giudizio, al pagamento in favore della parte civile costituita di una somma, a titolo di provvisionale immediatamente esecutiva nonostante gravame, che si suggerisce nella misura di €. 75.000,00;
Condannare, ancora, gli imputati tutti, in solido tra loro e con il responsabile civile THYSSENKRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, al rimborso, in favore delle parti civile costituite, delle spese di costituzione in giudizio, come da separate note.


7. FEDERAZIONE LAVORATORI METALMECCANICI UNITI, in persona del segretario-legale rappresentante, Tiboni Piergiorgio rappresentata e difesa dall'Avv. Simone VALLESE

dichiarare la penale responsabilità degli imputati per i reati loro ascritti, e , conseguentemente, condannarli alle spese di legge;
condannare, conseguentemente , gli imputati, in solido tra loro e con THYSSENKRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, responsabile civile ritualmente citato e costituito in giudizio, al risarcimento dei danni tutti, non patrimoniali e morali in favore dell'organizzazione Sindacale FLMU Uniti -CU.B, da liquidarsi in via equitativa, comunque in misura non inferiore ad € 150.000,00 e con dichiarazione di provvisoria esecutorietà ex art. 540 comma I c.p.p., stante la sussistenza di giustificati motivi, somma che la parte civile si impegna a destinare per dare vita e finanziare progetti formativi rivolti ai lavoratori, alle Rappresentanze Sindacali Unitarie, ed ai Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza dei metalmeccanici, attraverso iniziative formative qualificate, con l'obiettivo di formare, preparare e sensibilizzare lavoratori, RSU e RIS alla prevenzione ed alla sicurezza nei luoghi di lavoro;
Condannare, in subordine, ex art. 539 comma II c.p.p., per il caso in cui non si ritenga raggiunta la prova in relazione alla totalità del danno lamentato, gli imputati, in solido fra loro ed alla THYSSENKRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, responsabile civile ritualmente citato e costituito in giudizio , al pagamento in favore della parte civile costituita di una somma, a titolo di provvisionale esecutiva nonostante gravame,che si suggerisce nella misura di € 75.000,00.
Condannare, ancora, gli imputati tutti, in solido tra loro e con il responsabile civile THYSSENKRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, al rimborso, in favore della parte civile costituita, delle spese di costituzione in giudizio, come da separata nota.



8. ASSOCIAZIONE MEDICINA DEMOCRATICA-MOVIMENTO PER LA SALUTE- ONLUS, in persona del Vice Presidente -legale rappresentante, Fulvio Aurora, assistita dall'Avv. Stefania Maria AGAGLIATE:

affermare la penale responsabilità di tutti gli imputati per i reati a loro ascritti e condannarli alle pene ritenute di giustizia.
Condannarli in solido tra loro e con il responsabile civile THYSSENKRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI S.P.A. con sentenza esecutiva al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali:
Danni patrimoniali per le negative conseguenze di carattere economico che la citata parte civile ha subito per gli accertamenti, per i tentativi di contenimento delle conseguenze degli illeciti, per la refusione dei costi delle onerose attività tecniche di indagini e per le attività tutte descritte nella scheda di identità allegata all'atto di costituzione di parte civile.
Danni non patrimoniali derivanti dalle lesioni all'interesse collettivo che forma la ragione stessa dell'esistenza della costituita parte civile a tutela della salute e della vita delle persone che hanno lavorato presso lo stabilimento Thyssenkrupp di Torino, e costituiti dal danno morale e dal danno di immagine derivante dal discredito che ha subito l'Associazione Medicina Democratica - Movimento di Lotta per la Salute. Il risarcimento viene chiesto in solido, in via equitativa, nella misura di € 150.000,00 (centocinquantamila/00) per i danni patrimoniali e di € 100.000,00 (centomila/00) per i danni non patrimoniali, contro tutti gli imputati e il responsabile civile in persona del suo legale rappresentante pro tempore per un totale di € 250.000,00 (duecentocinquantamila/00), oltre alla rivalutazione monetaria ed interessi di legge dalla data dei fatti di cui al capo di imputazione all'effettivo saldo e/o in quella maggiore o minor somma che verrà ritenuta di giustizia.
In via subordinata condannare gli imputati in solido tra loro e il responsabile civile all'integrale risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali in favore della costituita parte civile da quantificarsi e liquidarsi in separato giudizio civile, assegnando nel frattempo alla stessa parte civile a titolo di provvisionale immediatamente esecutiva la somma di € 100.000,00 ( centomila/00) e/o in quella maggiore o minore somma che verrà ritenuta di giustizia, atteso la gravità delle condotte illecite contestate e il grave pregiudizio all'immagine subito dalla parte civile.
A tale riguardo si precisa che il risarcimento sarà impiegato con vincolo specifico al conseguimento della salubrità dell'ambiente, alla tutela ed alla promozione del diritto alla salute, nonché all'informazione ed alla formazione delle professionalità all'interno ed all'esterno dei luoghi di lavoro, attraverso la realizzazione di ricerche e progetti a ciò finalizzati.
Condannare inoltre tutti gli imputati in solido tra loro e con il responsabile civile alla refusione della spese processuali e di patrocinio legale con distrazione delle stesse a favore del difensore come da nota che si deposita. Risarcimento con condanna esecutiva.
Ordinarsi ex art. 543 c.p.p. la pubblicazione dell'emananda sentenza a spese degli imputati e del responsabile civile, in via solidale tra loro, una sola volta sui quotidiani "La Stampa", " La Repubblica".

9. CH. G. difeso dall'Avv. Vittorio ROSSINI.

affermare la penale responsabilità degli imputati per i reati a loro ascritti nei capi di imputazione A), C) ed E) e condannarli alla pena di legge, nonché, ai sensi dell'art. 185 c.p. e dell'art. 2055 cc, in solido con il responsabile civile costituito, ex art. 538 comma 3 c.p.p., al risarcimento dei danni tutti arrecati alla parte civile dichiarando la condanna provvisoriamente esecutiva stante la precaria condizione economica della parte civile e la gravità del danno subito.
In relazione al capo A), condannare gli imputati in solido con il responsabile civile costituito, ex art. 538 comma 3 c.p.p., al risarcimento dei danni non patrimoniali arrecati alla parte civile costituita signor G. CH. quantificati in Euro 130.000,00, o in ogni altra somma, maggiore o minore, meglio ritenuta, dichiarando la condanna provvisoriamente esecutiva;
- in relazione ai capi C) ed E), condannare gli imputati in solido con il responsabile civile costituito, ex art. 538 comma 3 c.p.p., al risarcimento dei danni non patrimoniali arrecati alla parte civile costituita signor G. CH., quantificati in Euro 313.791,00, (213.719,00 + 100.000,00) o in ogni altra somma, maggiore o minore, meglio ritenuta, dichiarando la condanna provvisoriamente esecutiva; e così complessivamente la somma di Euro 455.532,62.
In relazione ai capi A), C) ed E), condannare gli imputati al risarcimento di tutti i danni patrimoniali in solido con il responsabile civile, ex art. 538 comma 3 c.p.p., arrecati alla parte civile costituita signor G. CH. quantificati in Euro 11.657,82 oltre ad interessi e rivalutazione, o in ogni altra somma, maggiore o minore, meglio ritenuta, dichiarando la condanna provvisoriamente esecutiva;
in subordine, condannare gli imputati al risarcimento di tutti i danni, in solido con il responsabile civile, ex art. 538 comma 3 c.p.p., da liquidarsi in separata sede, assegnando alla parte civile la somma di Euro 230.000,00, a titolo di provvisionale, o altra somma maggiore o minore meglio ritenuta, che vorrà dichiarare provvisoriamente esecutiva considerate le precarie condizioni economiche della parte civile e la gravità del danno subito.
condannare gli imputati, in solido con il responsabile civile, ex art. 538 comma 3 c.p.p., al pagamento delle spese processuali di costituzione assistenza e rappresentanza come da nota allegata

10. T.R. G., difeso dall'Avv. Vittorio ROSSINI

affermare la penale responsabilità degli imputati per i reati a loro ascritti nei capi di imputazione A), C) ed E) e condannarli alla pena di legge, nonché, ai sensi dell'art. 185 c.p. e dell'art. 2055 cc, in solido con il responsabile civile costituito, ex art. 538 comma 3 c.p.p., al risarcimento dei danni tutti arrecati alla parte civile dichiarando la condanna provvisoriamente esecutiva stante la precaria condizione economica della parte civile e la gravità del danno subito.
in relazione al capo A), condannare gli imputati in solido con il responsabile civile costituito, ex art. 538 comma 3 c.p.p., al risarcimento dei danni non patrimoniali arrecati alla parte civile costituita signor G. T.R., quantificati in Euro 130.000,00, o in ogni altra somma, maggiore o minore, meglio ritenuta, dichiarando la condanna provvisoriamente esecutiva;
in relazione ai capi C) ed E), condannare gli imputati in solido con il responsabile civile costituito, ex art. 538 comma 3 c.p.p., al risarcimento dei danni non patrimoniali arrecati alla parte civile costituita signor G. T.R., quantificati in Euro 285.801,00, (185.801,00 + 100.000,00) o in ogni altra somma, maggiore o minore, meglio ritenuta, dichiarando la condanna provvisoriamente esecutiva; - in relazione ai capi A), C) ed E), condannare gli imputati al risarcimento di tutti i danni patrimoniali in solido con il responsabile civile, ex art. 538 comma 3 c.p.p., arrecati alla parte civile costituita signor G. Tre, quantificati in Euro 5.998,59, oltre ad interessi e rivalutazione, o in ogni altra somma, maggiore o minore, meglio ritenuta, dichiarando la condanna provvisoriamente esecutiva; e così complessivamente la somma di Euro 421.852,09.
In subordine, condannare gli imputati al risarcimento di tutti i danni, in solido con il responsabile civile, ex art. 538 comma 3 c.p.p., da liquidarsi in separata sede, assegnando alla parte civile la somma di Euro 200,000,00, a titolo di provvisionale, o altra somma maggiore o minore meglio ritenuta, che vorrà dichiarare provvisoriamente esecutiva considerate le precarie condizioni economiche della parte civile e la gravità del danno subito.
Condannare gli imputati, in solido con il responsabile civile, ex art. 538 comma 3 c.p.p., al pagamento delle spese processuali di costituzione assistenza e rappresentanza come da nota allegata.

11. C. F.D., difeso dall'Avv. Vittorio ROSSINI
affermare la penale responsabilità degli imputati per i reati a loro ascritti nei capi di imputazione A), C) ed E) e condannarli alla pena di legge, nonché, ai sensi dell'art. 185 c.p. e dell'art. 2055 cc, in solido con il responsabile civile costituito, ex art. 538 comma 3 c.p.p., al risarcimento dei danni tutti arrecati alla parte civile dichiarando la condanna provvisoriamente esecutiva stante la precaria condizione economica della parte civile e la gravità del danno subito.
in relazione al capo A), condannare gli imputati in solido con il responsabile civile costituito, ex art. 538 comma 3 c.p.p., al risarcimento dei danni non patrimoniali arrecati alla parte civile costituita signor F.D. C., quantificati in Euro 130.000,00, o in ogni altra somma, maggiore o minore, meglio ritenuta, dichiarando la condanna provvisoriamente esecutiva;
- in relazione ai capi C) ed E), condannare gli imputati in solido con il responsabile civile costituito, ex art. 538 comma 3 c.p.p., al risarcimento dei danni non patrimoniali arrecati alla parte civile costituita signor F.D. C., quantificati in Euro 159.567,00, (59.567,00 + 100.00,00) o in ogni altra somma, maggiore o minore, meglio ritenuta, dichiarando la condanna provvisoriamente esecutiva;
e così complessivamente la somma di Euro 295.752,96.
in relazione ai capi A), C) ed E), condannare gli imputati al risarcimento di tutti i danni patrimoniali in solido con il responsabile civile, ex art. 538 comma 3 c.p.p., arrecati alla parte civile costituita signor F.D. C., quantificati in Euro 6.155,71 oltre ad interessi e rivalutazione, o in ogni altra somma, maggiore o minore, meglio ritenuta, dichiarando la condanna provvisoriamente esecutiva;
in subordine, condannare gli imputati al risarcimento di tutti i danni, in solido con il responsabile civile, ex art. 538 comma 3 c.p.p., da liquidarsi in separata sede, assegnando alla parte civile la somma di Euro 150.000,00, a titolo di provvisionale, o altra somma maggiore o minore meglio ritenuta, che vorrà dichiarare provvisoriamente esecutiva considerate le precarie condizioni economiche della parte civile e la gravità del danno subito.
condannare gli imputati, in solido con il responsabile civile, ex art. 538 comma 3 c.p.p., al pagamento delle spese processuali di costituzione assistenza e rappresentanza come da nota allegata.

12. S.F. F., difeso dall'Avv. Vittorio ROSSINI

affermare la penale responsabilità degli imputati per i reati a loro ascritti nei capi di imputazione A), C) ed E) e condannarli alla pena di legge, nonché, ai sensi dell'art. 185 c.p. e dell'art. 2055 cc, in solido con il responsabile civile costituito, ex art. 538 comma 3 c.p.p., al risarcimento dei danni tutti arrecati alla parte civile dichiarando la condanna provvisoriamente esecutiva stante la precaria condizione economica della parte civile e la gravità del danno subito.
in relazione al capo A), condannare gli imputati in solido con il responsabile civile costituito, ex art. 538 comma 3 c.p.p., al risarcimento dei danni non patrimoniali arrecati alla parte civile costituita signor F. S.F., quantificati in Euro 130.000,00, o in ogni altra somma, maggiore o minore, meglio ritenuta, dichiarando la condanna provvisoriamente esecutiva;
in relazione ai capi C) ed E), condannare gli imputati in solido con il responsabile civile costituito, ex art. 538 comma 3 c.p.p., al risarcimento dei danni non patrimoniali arrecati alla parte civile costituita signor F. S.F., quantificati in Euro 129.894,00, (29.894,00 + 100.000,00) o in ogni altra somma, maggiore o minore, meglio ritenuta, dichiarando la condanna provvisoriamente esecutiva;
- in relazione ai capi A), C) ed E), condannare gli imputati al risarcimento di tutti i danni patrimoniali in solido con il responsabile civile, ex art. 538 comma 3 c.p.p., arrecati alla parte civile costituita signor F. S.F., quantificati in Euro 5.962,61, oltre ad interessi e rivalutazione, o in ogni altra somma, maggiore o minore, meglio ritenuta, dichiarando la condanna provvisoriamente esecutiva;
e così complessivamente la somma di Euro 265.856,61.
in subordine, condannare gli imputati al risarcimento di tutti i danni, in solido con il responsabile civile, ex art. 538 comma 3 c.p.p., da liquidarsi in separata sede, assegnando alla parte civile la somma di Euro 130.00,00, a titolo di provvisionale, o altra somma maggiore o minore meglio ritenuta, che vorrà dichiarare provvisoriamente esecutiva considerate le precarie condizioni economiche della parte civile e la gravità del danno subito.
condannare gli imputati, in solido con il responsabile civile, ex art. 538 comma 3 c.p.p., al pagamento delle spese processuali di costituzione assistenza e rappresentanza come da nota allegata.

13. R. P., difeso dall'Avv. Vittorio ROSSINI:


affermare la penale responsabilità degli imputati per i reati a loro ascritti nei capi di imputazione A), C) ed E) e condannarli alla pena di legge, nonché, ai sensi dell'art. 185 c.p. e dell'art. 2055 ce, in solido con il responsabile civile costituito, ex art. 538 comma 3 c.p.p., al risarcimento dei danni tutti arrecati alla parte civile dichiarando la condanna provvisoriamente esecutiva stante la precaria condizione economica della parte civile e la gravità del danno subito.
in relazione al capo A), condannare gli imputati in solido con il responsabile civile costituito, ex art. 538 comma 3 c.p.p., al risarcimento dei danni non patrimoniali arrecati alla parte civile costituita signor P. R., quantificati in Euro 130.000,00, o in ogni altra somma, maggiore o minore, meglio ritenuta, dichiarando la condanna provvisoriamente esecutiva;
in relazione ai capi C) ed E), condannare gli imputati in solido con il responsabile civile costituito, ex art. 538 comma 3 c.p.p., al risarcimento dei danni non patrimoniali arrecati alla parte civile costituita signor P. R., quantificati in Euro 208.606,00, (108.606,00 + 100.000,00) o in ogni altra somma, maggiore o minore, meglio ritenuta, dichiarando la condanna provvisoriamente esecutiva; - in relazione ai capi A), C) ed E), condannare gli imputati al risarcimento di tutti i danni patrimoniali in solido con il responsabile civile, ex art. 538 comma 3 c.p.p., arrecati alla parte civile costituita signor P. R., quantificati in Euro 5.635,61, oltre ad interessi e rivalutazione, o in ogni altra somma, maggiore o minore, meglio ritenuta, dichiarando la condanna provvisoriamente esecutiva; è così complessivamente la somma di Euro 344.282,72.
in subordine, condannare gli imputati al risarcimento di tutti i danni, in solido con il responsabile civile, ex art. 538 comma 3 c.p.p., da liquidarsi in separata sede, assegnando alla parte civile la somma di Euro 170.000,00, a titolo di provvisionale, o altra somma maggiore o minore meglio ritenuta, che vorrà dichiarare provvisoriamente esecutiva considerate le precarie condizioni economiche della parte civile e la gravità del danno subito.
condannare gli imputati, in solido con il responsabile civile, ex art. 538 comma 3 c.p.p., al pagamento delle spese processuali di costituzione assistenza e rappresentanza come da nota allegata.

 


14. B.P. P., difeso dall'Avv. Vittorio ROSSINI


affermare la penale responsabilità degli imputati per i reati a loro ascritti nei capi di imputazione A), C) ed E) e condannarli alla pena di legge, nonché, ai sensi dell'art. 185 c.p. e dell'art. 2055 ce, in solido con il responsabile civile costituito, ex art. 538 comma 3 c.p.p., al risarcimento dei danni tutti arrecati alla parte civile dichiarando la condanna provvisoriamente esecutiva stante la precaria condizione economica della parte civile e la gravità del danno subito.
- in relazione al capo A), condannare gli imputati in solido con il responsabile civile costituito, ex art. 538 comma 3 c.p.p., al risarcimento dei danni non patrimoniali arrecati alla parte civile costituita signor P. B.P., quantificati in Euro 130.000,00, o in ogni altra somma, maggiore o minore, meglio ritenuta, dichiarando la condanna provvisoriamente esecutiva;
- in relazione ai capi C) ed E), condannare gli imputati in solido con il responsabile civile costituito, ex art. 538 comma 3 c.p.p., al risarcimento dei danni non patrimoniali arrecati alla parte civile costituita signor P. B.P., quantificati in Euro 221.165,00, (121.165,00 + 100.000,00) o in ogni altra somma, maggiore o minore, meglio ritenuta, dichiarando la condanna provvisoriamente esecutiva;
- in relazione ai capi A), C) ed E), condannare gli imputati al risarcimento di tutti i danni patrimoniali in solido con il responsabile civile, ex art. 538 comma 3 c.p.p., arrecati alla parte civile costituita signor P. B.P., quantificati in Euro 7.055,51, oltre ad interessi e rivalutazione, o in ogni altra somma, maggiore o minore, meglio ritenuta, dichiarando la condanna provvisoriamente esecutiva;
e così complessivamente la somma di Euro 358.643,93.
- in subordine, condannare gli imputati al risarcimento di tutti i danni, in solido con il responsabile civile, ex art. 538 comma 3 c.p.p., da liquidarsi in separata sede, assegnando alla parte civile la somma di Euro 180.000,00, a titolo di provvisionale, o altra somma maggiore o minore meglio ritenuta, che vorrà dichiarare provvisoriamente esecutiva considerate le precarie condizioni economiche della parte civile e la gravità del danno subito.
- condannare gli imputati, in solido con il responsabile civile, ex art. 538 comma 3 c.p.p., al pagamento delle spese processuali di costituzione assistenza e rappresentanza come da nota allegata.

15. P.S. S. difeso dall'Avv. Vittorio ROSSINI:

affermare la penale responsabilità degli imputati per i reati a loro ascritti nei capi di imputazione A), C) ed E) e condannarli alla pena di legge, nonché, ai sensi dell'art. 185 c.p. e dell'art. 2055 cc, in solido con il responsabile civile costituito, ex art. 538 comma 3 c.p.p., al risarcimento dei danni tutti arrecati alla parte civile dichiarando la condanna provvisoriamente esecutiva stante la precaria condizione economica della parte civile e la gravità del danno subito.
- in relazione al capo A), condannare gli imputati in solido con il responsabile civile costituito, ex art. 538 comma 3 c.p.p., al risarcimento dei danni non patrimoniali arrecati alla parte civile costituita signor S. P.S., quantificati in Euro 130.000,00, o in ogni altra somma, maggiore o minore, meglio ritenuta, dichiarando la condanna provvisoriamente esecutiva;
- in relazione ai capi C) ed E), condannare gli imputati in solido con il responsabile civile costituito, ex art. 538 comma 3 c.p.p., al risarcimento dei danni non patrimoniali arrecati alla parte civile costituita signor S. P.S., quantificati in Euro 315.296,00, (215.296,00 + 100.000,00)o in ogni altra somma, maggiore o minore, meglio ritenuta, dichiarando la condanna provvisoriamente esecutiva;
- in relazione ai capi A), C) ed E), condannare gli imputati al risarcimento di tutti i danni patrimoniali in solido con il responsabile civile, ex art. 538 comma 3 c.p.p., arrecati alla parte civile costituita signor S. P.S., quantificati in Euro 7.353,50 oltre ad interessi e rivalutazione, o in ogni altra somma, maggiore o minore, meglio ritenuta, dichiarando la condanna provvisoriamente esecutiva;
e così complessivamente la somma di Euro 452.918,95.
- in subordine, condannare gli imputati al risarcimento di tutti i danni, in solido con il responsabile civile, ex art. 538 comma 3 c.p.p., da liquidarsi in separata sede, assegnando alla parte civile la somma di Euro 230.000,00, a titolo di provvisionale, o altra somma maggiore o minore meglio ritenuta, che vorrà dichiarare provvisoriamente esecutiva considerate le precarie condizioni economiche della parte civile e la gravità del danno subito.
Inoltre, condannare gli imputati, in solido con il responsabile civile, ex art. 538 comma 3 c.p.p., al pagamento delle spese processuali di costituzione assistenza e rappresentanza come da nota allegata

16. P.G., parte civile costituita con il patrocinio dell'Avv. Elena POLI:

dichiarare la penale responsabilità degli imputati per i reati loro ascritti ai capi A, C ed E del decreto che ha disposto il giudizio e, conseguentemente, condannarli alle pene di legge;
condannare, conseguentemente, gli imputati, in solido tra loro e con THYSSENKRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, responsabile civile ritualmente citato e costituito in giudizio, dei danni tutti, non patrimoniali e morali, in favore della parte civile costituita, da liquidarsi in via equitativa, nelle misure che si propongono come segue
con riferimento ai fatti di reato contestati agli imputati al capo A, del decreto che ha disposto il giudizio, in misura non inferiore ad € 128.999,90, quantificazione cui si è pervenuti in considerazione del progressivo aggravarsi dell'intensità del rischio per il lavoratori all'interno dell'azienda (e così € 6.000 mensili per il periodo giugno 2006-maggio 2007 ed € 10.000 mensili per il periodo giugno 2007- 6 dicembre 2007);
con riferimento ai fatti di reato contestati agli imputati ai capi C ed E del decreto che ha disposto il giudizio, in misura pari a Euro 49.481,00
e così complessivamente : Euro 178.480,00
con dichiarazione di provvisoria esecutorietà ex art. 540, I° comma c.p.p. stante la sussistenza di giustificati motivi;
condannare, in subordine, ex 539, 2° comma c.p.p., per il caso in cui non si ritenga raggiunta la prova in relazione alla totalità del danno lamentato, o anche per il caso in cui non si ritenga di dichiarare la provvisoria esecutorietà ex art. 540, 1° comma c.p.p., gli imputati, in solido fra loro e con la THYSSENKRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, responsabile civile ritualmente citato e costituito in giudizio, al pagamento in favore della parte civile costituita di una somma, a titolo di provvisionale immediatamente esecutiva nonostante gravame, che si suggerisce nella misura di € 80.000,00;
Condannare, ancora, gli imputati tutti, in solido tra loro e con il responsabile civile THYSSENKRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, al rimborso, in favore della parte civile costituita, delle spese di costituzione in giudizio, come da separata nota.

17. DI. F. R.; costituito in data 23 luglio 2008 con l'Avv. Mariagrazia NAPOLI


accertarsi la penale responsabilità di tutti gli imputati per i reati loro ascritti, condannandoli alle pene di legge;
condannare gli imputati tutti, in solido tra loro, nonché in solido con il responsabile civile ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni, al risarcimento dei danni non patrimoniali subiti dall'esponente, danni da determinarsi in via equitativa e perciò indicativamente prospettati, con riferimento ai fatti di reato contestati agli imputati in relazione all'art. 437 c.p. nella somma di Euro 128.999,90 con riferimento ai fatti di reato contestati agli imputati ai sensi degli artt. 423, 61 n. 3 e 449 c.p. in relazione all'art. 423 c.p. in Euro 69.723,00, e così complessivamente Euro 198.722,90.
disporsi la provvisoria esecutività della condanna al risarcimento del danno, ai sensi dell'art. 540, I° comma, c.p.p. ricorrendone giustificati motivi;
in linea subordinata, disporsi ex art. 599 c.p.p. provvisionale in misura non inferiore a euro 90.000,00.
Con vittoria di spese ed onorari, come indicati nella nota spese depositata e con distrazione delle stesse in favore degli avvocati anticipatali.

18. BO. A. costituito con il patrocinio dell'Avv. Mario BERTOLINO:

dichiarare la penale responsabilità degli imputati per il reato di cui agli art. 110, 437 commi 1 e 2 c.p. loro ascritto a capo A) della rubrica e, conseguentemente condannarli alle pene di legge.
Condannare gli imputati in solido tra loro al risarcimento dei danni tutti, non patrimoniali e morali in favore del sig. BO. A. da liquidarsi in via equitativa , comunque in misura non inferiore ad € 300.000,00 e con dichiarazione di provvisoria esecutorietà ex art. 540 comma 1 c.p.p.
In subordine, ex art. 539 comma 2 c.p.p., per il caso in cui non si ritenga raggiunta la prova in relazione alla totalità del danno lamentato, condannare gli imputati in solido tra loro al pagamento in favore della parte civile costituita di una somma, a titolo di provvisionale immediatamente esecutiva, che si suggerisce nella misura di € 150.000,00.
Condannare tutti gli imputati in solido tra loro al rimborso, in favore della parte civile costituita delle spese di costituzione in giudizio come da separata nota.

19. ANDR. G. costituito in data 15 gennaio 2009 con l'Avv. Sergio BONETTO


accertarsi la penale responsabilità di tutti gli imputati per i reati loro ascritti, condannandoli alle pene di legge;
condannare gli imputati tutti, in solido tra loro, nonché in solido con il responsabile civile ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni, al risarcimento dei danni non patrimoniali subiti dall'esponente, danni da determinarsi in via equitativa e perciò indicativamente prospettati, per l'intero, nella somma di euro 128.999,9.
disporsi la provvisoria esecutività della condanna al risarcimento del danno, ai sensi dell'art. 540 c.p.p. ricorrendone giustificati motivi;
in linea subordinata, disporsi ex art. 599 c.p.p. provvisionale in misura non inferiore a euro 50.000,00.
Con vittoria di spese ed onorari, come indicati nella nota spese depositata e con distrazione delle stesse in favore degli avvocati anticipatali.

20. AF. S., costituito in data I° luglio 2008 con l'Avv. Mariagrazia NAPOLI

accertarsi la penale responsabilità di tutti gli imputati per i reati loro ascritti, condannandoli alle pene di legge;
condannare gli imputati tutti, in solido tra loro, nonché in solido con il responsabile civile ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni, al risarcimento dei danni non patrimoniali subiti dall'esponente, danni da determinarsi in via equitativa e perciò indicativamente prospettati per l'intero nella somma di euro 128.999,9.
disporsi la provvisoria esecutività della condanna al risarcimento del danno, ai sensi dell'art. 540 c.p.p. ricorrendone giustificati motivi;
in linea subordinata, disporsi ex art. 599 c.p.p. provvisionale in misura non inferiore a euro 50.000,00.
Con vittoria di spese ed onorari, come indicati nella nota spese depositata e con distrazione delle stesse in favore degli avvocati anticipatari.

21. ZN. A. costituito in data I° luglio 2008 con l'Avv. Mariagrazia NAPOLI
accertarsi la penale responsabilità di tutti gli imputati per i reati loro ascritti, condannandoli alle pene di legge;
condannare gli imputati tutti, in solido tra loro, nonché in solido con il responsabile civile ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni, al risarcimento dei danni non patrimoniali subiti dall'esponente, danni da determinarsi in via equitativa e perciò indicativamente prospettati, per l'intero, nella somma di euro 128.999,9
disporsi la provvisoria esecutività della condanna al risarcimento del danno, ai sensi dell'art. 540 c.p.p. ricorrendone giustificati motivi;
in linea subordinata, disporsi ex art. 599 c.p.p. provvisionale in misura non inferiore a euro 50.000,00.
Con vittoria di spese ed onorari, come indicati nella nota spese depositata e con distrazione delle stesse in favore degli avvocati anticipatari.


22. VR. A., costituito in data I° luglio 2008 con l'Avv. Mariagrazia NAPOLI
accertarsi la penale responsabilità di tutti gli imputati per i reati loro ascritti, condannandoli alle pene di legge;
condannare gli imputati tutti, in solido tra loro, nonché in solido con il responsabile civile ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni, al risarcimento dei danni non patrimoniali subiti dall'esponente, danni da determinarsi in via equitativa e perciò indicativamente prospettati per l'intero nella somma di euro 128.999,9.
disporsi la provvisoria esecutività della condanna al risarcimento del danno, ai sensi dell'art. 540 c.p.p. ricorrendone giustificati motivi;
in linea subordinata, disporsi ex art. 599 c.p.p. provvisionale in misura non inferiore a euro 50.000,00.
Con vittoria di spese ed onorari, come indicati nella nota spese depositata e con distrazione delle stesse in favore degli avvocati anticipatari


23. VR. R., costituito in data 1° luglio 2008 con l'Avv. Mariagrazia NAPOLI
accertarsi la penale responsabilità di tutti gli imputati per i reati loro ascritti, condannandoli alle pene di legge;
condannare gli imputati tutti, in solido tra loro, nonché in solido con il responsabile civile ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni, al risarcimento dei danni non patrimoniali subiti dall'esponente, danni da determinarsi in via equitativa e perciò indicativamente prospettati, per l'intero, nella somma di euro 128.999,9.
disporsi la provvisoria esecutività della condanna al risarcimento del danno, ai sensi dell'art. 540 c.p.p. ricorrendone giustificati motivi;
in linea subordinata, disporsi ex art. 599 c.p.p. provvisionale in misura non inferiore a euro 50.000,00.
Con vittoria di spese ed onorari, come indicati nella nota spese depositata e con distrazione delle stesse in favore degli avvocati anticipatari.



24. PS. M., costituito in data I° luglio 2008 con l'Avv. Mariagrazia NAPOLI

accertarsi la penale responsabilità di tutti gli imputati per i reati loro ascritti, condannandoli alle pene di legge;
condannare gli imputati tutti, in solido tra loro, nonché in solido con il responsabile civile ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni, al risarcimento dei danni non patrimoniali subiti dall'esponente, danni da determinarsi in via equitativa e perciò indicativamente prospettati, per l'intero, nella somma di euro 128.999,9.
disporsi la provvisoria esecutività della condanna al risarcimento del danno, ai sensi dell'art. 540 c.p.p. ricorrendone giustificati motivi;
in linea subordinata, disporsi ex art. 599 c.p.p. provvisionale in misura non inferiore a euro 50.000,00.
Con vittoria di spese ed onorari, come indicati nella nota spese depositata e con distrazione delle stesse in favore degli avvocati anticipatari.

25. PR. B., costituito in data I° luglio 2008 con l'Avv. Mariagrazia NAPOLI


accertarsi la penale responsabilità di tutti gli imputati per i reati loro ascritti, condannandoli alle pene di legge;
condannare gli imputati tutti, in solido tra loro, nonché in solido con il responsabile civile ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni, al risarcimento dei danni non patrimoniali subiti dall'esponente, danni da determinarsi in via equitativa e perciò indicativamente prospettati per l'intero nella somma di euro 128.999,9.
disporsi la provvisoria esecutività della condanna al risarcimento del danno, ai sensi dell'art. 540 c.p.p. ricorrendone giustificati motivi;
in linea subordinata, disporsi ex art. 599 c.p.p. provvisionale in misura non inferiore a euro 50.000,00.
Con vittoria di spese ed onorari, come indicati nella nota spese depositata e con distrazione delle stesse in favore degli avvocati anticipatari.

26. BH. G., costituito in data I° luglio 2008 con l'Avv. Mariagrazia NAPOLI


accertarsi la penale responsabilità di tutti gli imputati per i reati loro ascritti, condannandoli alle pene di legge;
condannare gli imputati tutti, in solido tra loro, nonché in solido con il responsabile civile ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni, al risarcimento dei danni non patrimoniali subiti dall'esponente, danni da determinarsi in via equitativa e perciò indicativamente prospettati, per l'intero, nella somma di euro 128.999,9.
disporsi la provvisoria esecutività della condanna al risarcimento del danno, ai sensi dell'art. 540 c.p.p. ricorrendone giustificati motivi;
in linea subordinata, disporsi ex art. 599 c.p.p. provvisionale in misura non inferiore a euro 50.000,00.
Con vittoria di spese ed onorari, come indicati nella nota spese depositata e con distrazione delle stesse in favore degli avvocati anticipatali.

27. AC. F., costituito in data I° luglio 2008 con l'Avv. Mariagrazia NAPOLI

accertarsi la penale responsabilità di tutti gli imputati per i reati loro ascritti, condannandoli alle pene di legge;
condannare gli imputati tutti, in solido tra loro, nonché in solido con il responsabile civile ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni, al risarcimento dei danni non patrimoniali subiti dall'esponente, danni da determinarsi in via equitativa e perciò indicativamente prospettati, per l'intero, nella somma di euro 128.999,9.
disporsi la provvisoria esecutività della condanna al risarcimento del danno, ai sensi dell'art. 540 c.p.p. ricorrendone giustificati motivi;
in linea subordinata, disporsi ex art. 599 c.p.p. provvisionale in misura non inferiore a euro 50.000,00.
Con vittoria di spese ed onorari, come indicati nella nota spese depositata e con distrazione delle stesse in favore degli avvocati anticipatali.


28. PA. G..
29. LD. G.L.
30.LR. R. parti civili costituite con il patrocinio dell'Avv. Massimo POZZA

dichiarare la penale responsabilità degli imputati per i reati loro ascritti, e, conseguentemente, condannarli alle pene di legge;
condannare, pertanto, gli imputati medesimi, in solido tra loro e con THYSSENKRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, responsabile civile ritualmente citato e costituito in giudizio, al risarcimento dei danni tutti, non patrimoniali e morali in favore delle parti civili costituite LD. G.L.,LR. R., PA. G. , da liquidarsi in via equitativa, comunque in misura non inferiore ad € 128.999,90 per ciascuna parte e con dichiarazione di provvisoria esecutorietà ex art. 540, I° comma c.p.p. stante la sussistenza di giustificati motivi
Condannare, in subordine, ex 539, 2° comma c.p.p. per il caso in cui non si ritenga raggiunta la prova in relazione alla totalità del danno lamentato, gli imputati, in solido fra loro ed alla THYSSENKRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, responsabile civile ritualmente citato e costituito in giudizio, al pagamento in favore della parti civili costituite di una somma, a titolo di provvisionale immediatamente esecutiva nonostante gravame, che si suggerisce nella misura di €. 60.000,00 per ciascuna;
Condannare, ancora, gli imputati tutti, in solido tra loro e con il responsabile civile THYSSENKRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, al rimborso, in favore delle parti civile costituite, delle spese di costituzione in giudizio, come da separate note.

31. D'A. M. assistito dall'Avv. Roberto LA MACCHIA:


dichiarare la penale responsabilità degli imputati per i reati loro ascritti, e, conseguentemente, condannarli alle pene di legge; condannare, conseguentemente, gli imputati, in solido tra loro e con THYSSENKRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, responsabile civile ritualmente citato e costituito in giudizio, al risarcimento dei danni tutti, non patrimoniali e morali, in favore della parte civile costituita, da liquidarsi in via equitativa e comunque in misura non inferiore ad € 128.999,90, quantificazione cui si è pervenuti in considerazione del progressivo aggravarsi dell'intensità del rischio per il lavoratori all'interno dell'azienda (e così € 6.000 mensili per il periodo giugno 2006-maggio 2007 ed € 10.000 mensili per il periodo giugno 2007- 6 dicembre 2007);
Munire il capo della sentenza della clausola della provvisoria esecutorietà, ex art. 540, comma 1 c.p.p., stanti le particolari condizioni di sofferenza cui è stato sottoposto il lavoratore dopo il fatto di reato, con la messa in CIG a zero ore e con i pesanti tentativi di ThyssenKrupp di condizionare l'andamento del presente processo e di spingere le parti civili a rinunciare alla costituzione;
Condannare, in via subordinata, ex art. 539, comma 2 c.p.p., in caso di mancata concessione della clausola della provvisoria esecutorietà del capo civile della sentenza, ovvero di mancato raggiungimento della prova in relazione alla entità totale del danno, gli imputati, in solido fra loro e con la THYSSENKRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, responsabile civile ritualmente citato e costituito in giudizio, al pagamento in favore della parte civile costituita di una somma, a titolo di provvisionale immediatamente esecutiva nonostante gravame, che si suggerisce nella misura di € 65.000,00;
Condannare, ancora, gli imputati tutti, in solido tra loro e con il responsabile civile THYSSENKRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, al rimborso, in favore della parte civile costituita, delle spese di costituzione in giudizio, come da separata nota.

32. AS. S., parte civile costituita con il patrocinio dell'Avv. Roberto LAMACCHIA

dichiarare la penale responsabilità degli imputati per i reati loro ascritti, e, conseguentemente, condannarli alle pene di legge;
condannare, conseguentemente, gli imputati, in solido tra loro e con THYSSENKRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, responsabile civile ritualmente citato e costituito in giudizio, al risarcimento dei danni tutti, non patrimoniali e morali, in favore della parte civile costituita, da liquidarsi in via equitativa e comunque in misura non inferiore ad € 128.999,90, quantificazione cui si è pervenuti in considerazione del progressivo aggravarsi dell'intensità del rischio per il lavoratori all'interno dell'azienda (e così € 6.000 mensili per il periodo giugno 2006-maggio 2007 ed € 10.000 mensili per il periodo giugno 2007- 6 dicembre 2007);
Munire il capo della sentenza della clausola della provvisoria esecutorietà, ex art. 540, comma 1 c.p.p., stanti le particolari condizioni di sofferenza cui è stato sottoposto il lavoratore dopo il fatto di reato, con la messa in CIG a zero ore e con i pesanti tentativi di ThyssenKrupp di condizionare l'andamento del presente processo e di spingere le parti civili a rinunciare alla costituzione;
Condannare, in via subordinata, ex art. 539, comma 2 c.p.p., in caso di mancata concessione della clausola della provvisoria esecutorietà del capo civile della sentenza, ovvero di mancato raggiungimento della prova in relazione alla entità totale del danno, gli imputati, in solido fra loro e con la THYSSENKRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, responsabile civile ritualmente citato e costituito in giudizio, al pagamento in favore della parte civile costituita di una somma, a titolo di provvisionale immediatamente esecutiva nonostante gravame, che si suggerisce nella misura di € 65.000,00;
Condannare, ancora, gli imputati tutti, in solido tra loro e con il responsabile civile THYSSENKRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, al rimborso, in favore della parte civile costituita, delle spese di costituzione in giudizio, come da separata nota.


33. BD. S., parte civile costituita con il patrocinio dell'Avv. Elena POLI

dichiarare la penale responsabilità degli imputati per i reati loro ascritti, e, conseguentemente, condannarli alle pene di legge;
condannare, conseguentemente, gli imputati, in solido tra loro e con THYSSENKRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, responsabile civile ritualmente citato e costituito in giudizio, al risarcimento dei danni tutti, non patrimoniali e morali, in favore della parte civile costituita, da liquidarsi in via equitativa e comunque in misura non inferiore ad € 128.999,90, quantificazione cui si è pervenuti in considerazione del progressivo aggravarsi dell'intensità del rischio per il lavoratori all'interno dell'azienda (e così € 6.000 mensili per il periodo giugno 2006-maggio 2007 ed € 10.000 mensili per il periodo giugno 2007- 6 dicembre 2007);
munire il capo della sentenza della clausola della provvisoria esecutorietà, ex art. 540, comma 1 c.p.p., stanti le particolari condizioni di sofferenza cui è stato sottoposto il lavoratore dopo il fatto di reato, con la messa in CIG a zero ore e con i pesanti tentativi di ThyssenKrupp di condizionare l'andamento del presente processo e di spingere le parti civili a rinunciare alla costituzione;
condannare, in subordine, ex 539, 2° comma c.p.p., per il caso in cui non si ritenga raggiunta la prova in relazione alla totalità del danno lamentato, o anche per il caso in cui non si ritenga di dichiarare la provvisoria esecutorietà ex art. 540, 1° comma c.p.p., gli imputati, in solido fra loro e con la THYSSENKRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, responsabile civile ritualmente citato e costituito in giudizio, al pagamento in favore della parte civile costituita di una somma, a titolo di provvisionale immediatamente esecutiva nonostante gravame, che si suggerisce nella misura di € 70.000,00;
condannare, ancora, gli imputati tutti, in solido tra loro e con il responsabile civile THYSSENKRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, al rimborso, in favore della parte civile costituita, delle spese di costituzione in giudizio, come da separata nota.

34. DONA. G. (per il capo A) parte civile costituita con il patrocinio dell'Avv. Elena POLI


dichiarare la penale responsabilità degli imputati per i reati loro ascritti, e, conseguentemente, condannarli alle pene di legge;
condannare, conseguentemente, gli imputati, in solido tra loro e con THYSSENKRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, responsabile civile ritualmente citato e costituito in giudizio, al risarcimento dei danni tutti, non patrimoniali e morali, in favore della parte civile costituita, da liquidarsi in via equitativa e comunque in misura non inferiore ad € 128.999,90, quantificazione cui si è pervenuti in considerazione del progressivo aggravarsi dell'intensità del rischio per il lavoratori all'interno dell'azienda (e così € 6.000 mensili per il periodo giugno 2006-maggio 2007 ed € 10.000 mensili per il periodo giugno 2007- 6 dicembre 2007);
munire il capo della sentenza della clausola della provvisoria esecutorietà, ex art. 540, comma 1 c.p.p., stanti le particolari condizioni di sofferenza cui è stato sottoposto il lavoratore dopo il fatto di reato, con la messa in CIG a zero ore e con i pesanti tentativi di ThyssenKrupp di condizionare l'andamento del presente processo e di spingere le parti civili a rinunciare alla costituzione;
condannare, in subordine, ex 539, 2° comma c.p.p., per il caso in cui non si ritenga raggiunta la prova in relazione alla totalità del danno lamentato, o anche per il caso in cui non si ritenga di dichiarare la provvisoria esecutorietà ex art. 540, 1 ° comma c.p.p., gli imputati, in solido fra loro e con la THYSSENKRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, responsabile civile ritualmente citato e costituito in giudizio, al pagamento in favore della parte civile costituita di una somma, a titolo di provvisionale immediatamente esecutiva nonostante gravame, che si suggerisce nella misura di € 70.000,00;
condannare, ancora, gli imputati tutti, in solido tra loro e con il responsabile civile THYSSENKRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, al rimborso, in favore della parte civile costituita, delle spese di costituzione in giudizio, come da separata nota.

35. NI. M., parte civile costituita con il patrocinio dell'Avv. Elena POLI

dichiarare la penale responsabilità degli imputati per i reati loro ascritti, e, conseguentemente, condannarli alle pene di legge;
condannare, conseguentemente, gli imputati, in solido tra loro e con THYSSENKRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, responsabile civile ritualmente citato e costituito in giudizio, al risarcimento dei danni tutti, non patrimoniali e morali, in favore della parte civile costituita, da liquidarsi in via equitativa e comunque in misura non inferiore ad € 128.999,90, quantificazione cui si è pervenuti in considerazione del progressivo aggravarsi dell'intensità del rischio per il lavoratori all'interno dell'azienda (e così € 6.000 mensili per il periodo giugno 2006-maggio 2007 ed € 10.000 mensili per il periodo giugno 2007- 6 dicembre 2007);
munire il capo della sentenza della clausola della provvisoria esecutorietà, ex art. 540, comma 1 c.p.p., stanti le particolari condizioni di sofferenza cui è stato sottoposto il lavoratore dopo il fatto di reato, con la messa in CIG a zero ore e con i pesanti tentativi di ThyssenKrupp di condizionare l'andamento del presente processo e di spingere le parti civili a rinunciare alla costituzione;
condannare, in subordine, ex 539, 2° comma c.p.p., per il caso in cui non si ritenga raggiunta la prova in relazione alla totalità del danno lamentato, o anche per il caso in cui non si ritenga di dichiarare la provvisoria esecutorietà ex art. 540, 1 ° comma c.p.p., gli imputati, in solido fra loro e con la THYSSENKRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, responsabile civile ritualmente citato e costituito in giudizio, al pagamento in favore della parte civile costituita di una somma, a titolo di provvisionale immediatamente esecutiva nonostante gravame, che si suggerisce nella misura di € 70.000,00;

condannare, ancora, gli imputati tutti, in solido tra loro e con il responsabile civile THYSSENKRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, al rimborso, in favore della parte civile costituita, delle spese di costituzione in giudizio, come da separata nota.

36. MAR. J., parte civile costituita con il patrocinio dell'Avv. Elena POLI

dichiarare la penale responsabilità degli imputati per i reati loro ascritti, e, conseguentemente, condannarli alle pene di legge;
condannare, conseguentemente, gli imputati, in solido tra loro e con THYSSENKRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, responsabile civile ritualmente citato e costituito in giudizio, al risarcimento dei danni tutti, non patrimoniali e morali, in favore della parte civile costituita, da liquidarsi in via equitativa e comunque in misura non inferiore ad € 128.999,90, quantificazione cui si è pervenuti in considerazione del progressivo aggravarsi dell'intensità del rischio per il lavoratori all'interno dell'azienda (e così € 6.000 mensili per il periodo giugno 2006-maggio 2007 ed € 10.000 mensili per il periodo giugno 2007- 6 dicembre 2007);
munire il capo della sentenza della clausola della provvisoria esecutorietà, ex art. 540, comma 1 c.p.p., stanti le particolari condizioni di sofferenza cui è stato sottoposto il lavoratore dopo il fatto di reato, con la messa in CIG a zero ore e con i pesanti tentativi di ThyssenKrupp di condizionare l'andamento del presente processo e di spingere le parti civili a rinunciare alla costituzione;
condannare, in subordine, ex 539, 2° comma c.p.p., per il caso in cui non si ritenga raggiunta la prova in relazione alla totalità del danno lamentato, o anche per il caso in cui non si ritenga di dichiarare la provvisoria esecutorietà ex art. 540, 1 ° comma c.p.p., gli imputati, in solido fra loro e con la THYSSENKRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, responsabile civile ritualmente citato e costituito in giudizio, al pagamento in favore della parte civile costituita di una somma, a titolo di provvisionale immediatamente esecutiva nonostante gravame, che si suggerisce nella misura di € 70.000,00;
condannare, ancora, gli imputati tutti, in solido tra loro e con il responsabile civile THYSSENKRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, al rimborso, in favore della parte civile costituita, delle spese di costituzione in giudizio, come da separata nota.

37. AR. C., assistito dall' Avv. ELENA POLI

dichiarare la penale responsabilità degli imputati per i reati loro ascritti, e, conseguentemente, condannarli alle pene di legge;
condannare, conseguentemente, gli imputati, in solido tra loro e con THYSSENKRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, responsabile civile ritualmente citato e costituito in giudizio, al risarcimento dei danni tutti, non patrimoniali e morali, in favore della parte civile costituita, da liquidarsi in via equitativa e comunque in misura non inferiore ad € 128.999,90, quantificazione cui si è pervenuti in considerazione del progressivo aggravarsi dell'intensità del rischio per il lavoratori all'interno dell'azienda (e così € 6.000 mensili per il periodo giugno 2006-maggio 2007 ed € 10.000 mensili per il periodo giugno 2007- 6 dicembre 2007);
munire il capo della sentenza della clausola della provvisoria esecutorietà, ex art. 540, comma 1 c.p.p., stanti le particolari condizioni di sofferenza cui è stato sottoposto il lavoratore dopo il fatto di reato, con la messa in CIG a zero ore e con i pesanti tentativi di ThyssenKrupp di condizionare l'andamento del presente processo e di spingere le parti civili a rinunciare alla costituzione;
condannare, in subordine, ex 539, 2° comma c.p.p., per il caso in cui non si ritenga raggiunta la prova in relazione alla totalità del danno lamentato, o anche per il caso in cui non si ritenga di dichiarare la provvisoria esecutorietà ex art. 540, I° comma c.p.p., gli imputati, in solido fra loro e con la THYSSENKRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, responsabile civile ritualmente citato e costituito in giudizio, al pagamento in favore della parte civile costituita di una somma, a titolo di provvisionale immediatamente esecutiva nonostante gravame, che si suggerisce nella misura di € 70.000,00;
condannare, ancora, gli imputati tutti, in solido tra loro e con il responsabile civile THYSSENKRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, al rimborso, in favore della.parte civile costituita, delle spese di costituzione in giudizio, come da separata nota.


38. MS. G., costituito in data 23 luglio 2008 con l'Avv. Sergio BONETTO


accertarsi la penale responsabilità di tutti gli imputati per i reati loro ascritti, condannandoli alle pene di legge;
condannare gli imputati tutti, in solido tra loro, nonché in solido con il responsabile civile ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni, al risarcimento dei danni non patrimoniali subiti dall'esponente, danni da determinarsi in via equitativa e perciò indicativamente prospettati per l'intero nella somma di euro 128.999,9.
disporsi la provvisoria esecutività della condanna al risarcimento del danno, ai sensi dell'art. 540 c.p.p. sussistendone giustificati motivi;
in linea subordinata, disporsi ex art. 599 c.p.p. provvisionale in misura non inferiore a euro 50.000,00.
Con vittoria di spese ed onorari, come indicati nella nota spese depositata e con distrazione delle stesse in favore degli avvocati anticipatari.

39. COP. V., costituito in data I° luglio 2008 con l'Avv. Sergio BONETTO

accertarsi la penale responsabilità di tutti gli imputati per i reati loro ascritti, condannandoli alle pene di legge;
condannare gli imputati tutti, in solido tra loro, nonché in solido con il responsabile civile ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni, al risarcimento dei danni non patrimoniali subiti dall'esponente, danni da determinarsi in via equitativa e perciò indicativamente prospettati, per l'intero, nella somma di euro 128.999,9.
disporsi la provvisoria esecutività della condanna al risarcimento del danno, ai sensi dell'art. 540 c.p.p. ricorrendone giustificati motivi;
in linea subordinata, disporsi ex art. 599 c.p.p. provvisionale in misura non inferiore a euro 50.000,00.
Con vittoria di spese ed onorari, come indicati nella nota spese depositata e con distrazione delle stesse in favore degli avvocati anticipatari.

40. RUS. G., costituito in data I° luglio 2008 con l'Avv. Sergio BONETTO

accertarsi la penale responsabilità di tutti gli imputati per i reati loro ascritti, condannandoli alle pene di legge;
condannare gli imputati tutti, in solido tra loro, nonché in solido con il responsabile civile ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni, al risarcimento dei danni non patrimoniali subiti dall'esponente, danni da determinarsi in via equitativa e perciò indicativamente prospettati, per l'intero, nella somma di euro 128.999,9.
disporsi la provvisoria esecutività della condanna al risarcimento del danno, ai sensi dell'art. 540 c.p.p., ricorrendone giustificati motivi;
in linea subordinata, disporsi ex art. 599 c.p.p. provvisionale in misura non inferiore a euro 50.000,00.
Con vittoria di spese ed onorari, come indicati nella nota spese depositata e con distrazione delle stesse in favore degli avvocati anticipatari.

41. GD. L., costituito in data I° luglio 2008 con l'Avv. Sergio BONETTO


accertarsi la penale responsabilità di tutti gli imputati per i reati loro ascritti, condannandoli alle pene di legge;
condannare gli imputati tutti, in solido tra loro, nonché in solido con il responsabile civile ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni, al risarcimento dei danni non patrimoniali subiti dall'esponente, danni da determinarsi in via equitativa e perciò indicativamente prospettati, per l'intero, nella somma di euro 128.999,9.
disporsi la provvisoria esecutività della condanna al risarcimento del danno, ai sensi dell'art. 540 c.p.p. ricorrendone giustificati motivi;
in linea subordinata, disporsi ex art. 599 c.p.p. provvisionale in misura non inferiore a euro 50.000,00.
Con vittoria di spese ed onorari, come indicati nella nota spese depositata e con distrazione delle stesse in favore degli avvocati anticipatari.

42. AM. P.I., costituito in data I° luglio 2008 con l'Avv. Sergio BONETTO:

accertarsi la penale responsabilità di tutti gli imputati per i reati loro ascritti, condannandoli alle pene di legge;
condannare gli imputati tutti, in solido tra loro, nonché in solido con il responsabile civile ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni, al risarcimento dei danni non patrimoniali subiti dall'esponente danni, da determinarsi in via equitativa e perciò indicativamente prospettati, per l'intero, nella somma di euro 128.999,9.
disporsi la provvisoria esecutività della condanna al risarcimento del danno, ai sensi dell'art. 540 c.p.p. ricorrendone giustificati motivi;
in linea subordinata, disporsi ex art. 599 c.p.p. provvisionale in misura non inferiore a euro 50.000,00.
Con vittoria di spese ed onorari, come indicati nella nota spese depositata e con distrazione delle stesse in favore degli avvocati anticipatari.

43. AF. L., costituito in data I° luglio 2008 con l'Avv. Sergio BONETTO


accertarsi la penale responsabilità di tutti gli imputati per i reati loro ascritti, condannandoli alle pene di legge;
condannare gli imputati tutti, in solido tra loro, nonché in solido con il responsabile civile ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni, al risarcimento dei danni non patrimoniali subiti dall'esponente, danni da determinarsi in via equitativa e perciò indicativamente prospettati, per l'intero, nella somma di euro 128.999,9.
disporsi la provvisoria esecutività della condanna al risarcimento del danno, ai sensi dell'art. 540 c.p.p., ricorrendone giustificati motivi;
in linea subordinata, disporsi ex art. 599 c.p.p. provvisionale in misura non inferiore a euro 50.000,00.
Con vittoria di spese ed onorari, come indicati nella nota spese depositata e con distrazione delle stesse in favore degli avvocati anticipatari.

44. GRE. P., costituito in data I° luglio 2008 con l'Avv. Sergio BONETTO

accertarsi la penale responsabilità di tutti gli imputati per i reati loro ascritti, condannandoli alle pene di legge;
condannare gli imputati tutti, in solido tra loro, nonché in solido con il responsabile civile ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni, al risarcimento dei danni non patrimoniali subiti dall'esponente, danni da determinarsi in via equitativa e perciò indicativamente prospettati, per l'intero, nella somma di euro 128.999,9.
disporsi la provvisoria esecutività della condanna al risarcimento del danno, ai sensi dell'art. 540 c.p.p. ricorrendone giustificati motivi;
in linea subordinata, disporsi ex art. 599 c.p.p. provvisionale in misura non inferiore a euro 50.000,00.
Con vittoria di spese ed onorari, come indicati nella nota spese depositata e con distrazione delle stesse in favore degli avvocati anticipatari

45. LC. P.G., costituito in data I° luglio 2008 con l'Avv. Sergio BONETTO

accertarsi la penale responsabilità di tutti gli imputati per i reati loro ascritti, condannandoli alle pene di legge;
condannare gli imputati tutti, in solido tra loro, nonché in solido con il responsabile civile ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni, al risarcimento dei danni non patrimoniali subiti dall'esponente, danni da determinarsi in via equitativa e perciò indicativamente prospettati per l'intero nella somma di euro 128.999,9.
disporsi la provvisoria esecutività della condanna al risarcimento del danno, ai sensi dell'art. 540 c.p.p. ricorrendone giustificati motivi;
in linea subordinata, disporsi ex art. 599 c.p.p. provvisionale in misura non inferiore a euro 50.000,00.
Con vittoria di spese ed onorari, come indicati nella nota spese depositata e con distrazione delle stesse in favore degli avvocati anticipatari.

46. GA. S., parte civile costituita con il patrocinio dell'Avv. Elena POLI

dichiarare la penale responsabilità degli imputati per i reati loro ascritti ai capi B e D del decreto che ha disposto il giudizio e, conseguentemente, condannarli alle pene di legge;
condannare, conseguentemente, gli imputati, in solido tra loro, al risarcimento dei danni tutti, non patrimoniali e morali in favore del sig. GA. Sergio, da liquidarsi in via equitativa, nella misura che si propone pari a € 56.513,00 e con dichiarazione di provvisoria esecutorietà ex art. 540, I° comma c.p.p. stante la sussistenza di giustificati motivi;
Condannare, in subordine, ex 539, 2° comma c.p.p., per il caso in cui non si ritenga raggiunta la prova in relazione alla totalità del danno lamentato, o anche per il caso in cui non si ritenga di dichiarare la provvisoria esecutorietà ex art. 540, 1° comma c.p.p., gli imputati, in solido fra loro, al pagamento in favore della parte civile costituita di una somma, a titolo di provvisionale immediatamente esecutiva nonostante gravame, che si suggerisce nella misura di € 40.000,00;
Condannare, ancora, gli imputati tutti, in solido tra loro, al rimborso, in favore della parte civile costituita, delle spese di costituzione in giudizio, come da separata nota.

47. MU. D., parte civile costituita con il patrocinio dell'avv. Elena POLI



dichiarare la penale responsabilità degli imputati per i reati loro ascritti ai capi B e D del decreto che ha disposto il giudizio e, conseguentemente, condannarli alle pene di legge;
condannare, conseguentemente, gli imputati, in solido tra loro e con THYSSENKRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, responsabile civile ritualmente citato e costituito in giudizio, al risarcimento dei danni tutti, non patrimoniali e morali in favore del sig. MU. D., da liquidarsi in via equitativa, nella misura che si propone pari a € 73.467,00 e con dichiarazione di provvisoria esecutorietà ex art. 540, I° comma c.p.p. stante la sussistenza di giustificati motivi;
Condannare, in subordine, ex 539, 2° comma c.p.p., per il caso in cui non si ritenga raggiunta la prova in relazione alla totalità del danno lamentato, o anche per il caso in cui non si ritenga di dichiarare la provvisoria esecutorietà ex art. 540, I° comma c.p.p., gli imputati, in solido fra loro e con la THYSSENKRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, responsabile civile ritualmente citato e costituito in giudizio, al pagamento in favore della parte civile costituita di una somma, a titolo di provvisionale immediatamente esecutiva nonostante gravame, che si suggerisce nella misura di € 50.000,00;
Condannare, ancora, gli imputati tutti, in solido tra loro e con il responsabile civile THYSSENKRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, al rimborso, in favore della parte civile costituita, delle spese di costituzione in giudizio, come da separata nota.



48. MU. S., parte civile costituita con il patrocinio dell'avv. Elena POLI

dichiarare la penale responsabilità degli imputati per i reati loro ascritti ai capi B e D del decreto che ha disposto il giudizio e, conseguentemente, condannarli alle pene di legge;
condannare, conseguentemente, gli imputati, in solido tra loro e con THYSSENKRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, responsabile civile ritualmente citato e costituito in giudizio, al risarcimento dei danni tutti, non patrimoniali e morali in favore della sig.ra MU. S., da liquidarsi in via equitativa, da liquidarsi in via equitativa, nella misura che si propone pari a € 73.467,00 e con dichiarazione di provvisoria esecutorietà ex art. 540, I comma c.p.p. stante la sussistenza di giustificati motivi;
Condannare, in subordine, ex 539, 2° comma c.p.p., per il caso in cui non si ritenga raggiunta la prova in relazione alla totalità del danno lamentato, o anche per il caso in cui non si ritenga di dichiarare la provvisoria esecutorietà ex art. 540, I° comma c.p.p., gli imputati, in solido fra loro e con la THYSSENKRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, responsabile civile ritualmente citato e costituito in giudizio, al pagamento in favore della parte civile costituita di una somma, a titolo di provvisionale immediatamente esecutiva nonostante gravame, che si suggerisce nella misura di € 50.000,00;
Condannare, ancora, gli imputati tutti, in solido tra loro e con il responsabile civile THYSSENKRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, al rimborso, in favore della parte civile costituita, delle spese di costituzione in giudizio, come da separata nota.



49. MU. E. parte civile costituita con il patrocinio dell'Avv. Elena POLI

dichiarare la penale responsabilità degli imputati per i reati loro ascritti ai capi B e D del decreto che ha disposto il giudizio e, conseguentemente, condannarli alle pene di legge;
condannare, conseguentemente, gli imputati, in solido tra loro e con THYSSENKRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, responsabile civile ritualmente citato e costituito in giudizio, al risarcimento dei danni tutti, non patrimoniali e morali in favore della sig.ra MU. E., da liquidarsi in via equitativa, nella misura che si propone pari a € 73.467,00 e con dichiarazione di provvisoria esecutorietà ex art. 540, 1 ° comma c.p.p. stante la sussistenza di giustificati motivi;
Condannare, in subordine, ex 539, 2° comma c.p.p., per il caso in cui non si ritenga raggiunta la prova in relazione alla totalità del danno lamentato, o anche per il caso in cui non si ritenga di dichiarare la provvisoria esecutorietà ex art. 540, I° comma c.p.p., gli imputati, in solido fra loro e con la THYSSENKRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, responsabile civile ritualmente citato e costituito in giudizio, al pagamento in favore della parte civile costituita di una somma, a titolo di provvisionale immediatamente esecutiva nonostante gravame, che si suggerisce nella misura di € 50.000,00;
Condannare, ancora, gli imputati tutti, in solido tra loro e con il responsabile civile THYSSENKRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, al rimborso, in favore della parte civile costituita, delle spese di costituzione in giudizio, come da separata nota.

50. PIS. G., parte civile costituita con il patrocinio dell'Avv. Elena POLI

dichiarare la penale responsabilità degli imputati per i reati loro ascritti ai capi B e D del decreto che ha disposto il giudizio e, conseguentemente, condannarli alle pene di legge;
condannare, conseguentemente, gli imputati, in solido tra loro e con THYSSENKRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, responsabile civile ritualmente citato e costituito in giudizio, al risarcimento dei danni tutti, non patrimoniali e morali in favore della sig.ra PIS. G., da liquidarsi in via equitativa, da liquidarsi in via equitativa, nella misura che si propone pari a € 73.467,00 e con dichiarazione di provvisoria esecutorietà ex art. 540, 1° comma c.p.p. stante la sussistenza di giustificati motivi;

Condannare, in subordine, ex 539, 2° comma c.p.p., per il caso in cui non si ritenga raggiunta la prova in relazione alla totalità del danno lamentato, o anche per il caso in cui non si ritenga di dichiarare la provvisoria esecutorietà ex art. 540, I° comma c.p.p., gli imputati, in solido fra loro e con la THYSSENKRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, responsabile civile ritualmente citato e costituito in giudizio, al pagamento in favore della parte civile costituita di una somma, a titolo di provvisionale immediatamente esecutiva nonostante gravame, che si suggerisce nella misura di € 50.000,00;
Condannare, ancora, gli imputati tutti, in solido tra loro e con il responsabile civile THYSSENKRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, al rimborso, in favore della parte civile costituita, delle spese di costituzione in giudizio, come da separata nota.


51. PRI. R. assistito dall'Avv. Emanuele CROZZA

ritenere gli imputati responsabili per i reati loro rispettivamente ascritti e di ogni altro sussistente a danno della predetta parte civile nell'ambito della vicenda di cui al capo di imputazione, Voglia condannare gli stessi alla pena che riterrà di giustizia e, in solido tra loro e con il responsabile civile citato, ex art. 538 III comma c.p.p., al risarcimento di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali subiti e subendi dalla parte civile a causa ed in conseguenza delle condotte tenute e oggetto del presente giudizio ed in particolare dall'aver cagionato la morte del prossimo congiunto Rosario R. con il quale la parte aveva un forte, risalente e duraturo nel tempo rapporto affettivo, danni da liquidarsi in separato giudizio civile.
Tenuto conto che nel dibattimento è emerso, tramite le testimonianze, i documenti acquisiti, l'esame e la consulenza specialistica del dott. Berruti (qui richiamata), che oltre al danno morale evidenzia il noto "danno da perdita del rapporto parentale", il quale integra il danno esistenziale (anche nei suoi risvolti di sconvolgimento della vita familiare) ed in particolare il "disturbo da lutto complicato integrante il "danno biologico di natura psichica" percentualizzato nel 15%, il danno subito e subendi che risulta pertanto pacificamente ed incontestabilmente provato, Voglia l'Ecc.ma Corte d'Assise liquidare in favore della parte civile R.PRI. in proprio e anche in veste di legale rappresentante dei figli minori A. PRI. e R. PRI., ed a carico degli imputati in solido tra loro e con il responsabile civile, una provvisionale provvisoriamente esecutiva quantificabile in questa sede in totali Euro 150.000,00, di cui Euro 50.000,00 per tutti i danni subiti e subendi da R.PRI., Euro 50.000,00 per tutti i danni subiti e subendi da A. PRI., Euro 50.000,00 per tutti i danni subiti e subendi da R. PRI., salva completa determinazione in sede civile,. In stretto subordine si chiede che si provveda comunque alla liquidazione di una provvisionale provvisoriamente esecutiva stabilita dall'Ecc.ma Corte d'Assise. Si chiede inoltre che gli imputati, in solido tra loro e con il responsabile civile citato, vengano condannati al pagamento di tutte le spese processuali di costituzione assistenza e rappresentanza come individuate in nota allegata

52. TE. L.., assistito dall'Avv. Emanuele CROZZA:

ritenere gli imputati responsabili per i reati loro rispettivamente ascritti e di ogni altro sussistente a danno della predetta parte civile nell'ambito della vicenda di cui al capo di imputazione, Voglia condannare gli stessi alla pena che riterrà di giustizia e, in solido tra loro e con il responsabile civile citato, ex art. 538 III comma c.p.p., al risarcimento di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali subiti e subendi dalla parte civile a causa ed in conseguenza delle condotte tenute e oggetto del presente giudizio ed in particolare dall'aver cagionato la morte del prossimo congiunto Rosario R. con il quale la parte aveva un forte, risalente e duraturo nel tempo rapporto affettivo, danni da liquidarsi in separato giudizio civile.
Tenuto conto che nel dibattimento è emerso, tramite le testimonianze, i documenti acquisiti, l'esame e la consulenza specialistica del dott. Berruti (qui richiamata), che oltre al danno morale evidenzia il noto "danno da perdita del rapporto parentale", il quale integra il danno esistenziale (anche nei suoi risvolti di sconvolgimento della vita familiare) ed in particolare il "disturbo da lutto complicato integrante il "danno biologico di natura psichica" percentualizzato nel 15%, il danno subito e subendi che risulta pertanto pacificamente ed incontestabilmente provato, Voglia l'Ecc.ma Corte d'Assise liquidare in favore della parte civile L. TE. in proprio e anche in veste di legale rappresentante dei figli minori AS.a TE. e I. TE., ed a carico degli imputati in solido tra loro e con il responsabile civile, una provvisionale provvisoriamente esecutiva quantificabile in questa sede in totali Euro 150.000,00, di cui Euro 50.000,00 per tutti i danni subiti e subendi da L. TE., Euro 50.000,00 per tutti i danni subiti e subendi da AS.a TE., Euro 50.000,00 per tutti i danni subiti e subendi da I. TE., salva completa determinazione in sede civile. In stretto subordine si chiede che si provveda comunque alla liquidazione di una provvisionale provvisoriamente esecutiva stabilita dall'Ecc.ma Corte d'Assise. Si chiede inoltre che gli imputati, in solido tra loro e con il responsabile civile citato, vengano condannati al pagamento di tutte le spese processuali di costituzione assistenza e rappresentanza come da separata nota.





 

CONCLUSIONI DELLE DIFESE DEGLI IMPUTATI E DELL'ENTE



DIFESA ES. H.:
assolversi l'imputato da tutti i reati contestati, previa derubricazione dei reati dolosi (B e C) in ipotesi colpose:
dai capi B) e C)

perché il fatto non costituisce reato

dal capo A) perché il fatto non sussiste.

DIFESA PR. G. e PU. M.:
assolversi gli imputati PR. e PU. da tutti i reati loro contestati:
dai capi D) ed E) per non aver commesso il fatto
dal capo A) perché il fatto non sussiste.

DIFESA MO. D.:
proscioglimento, in via principale, con la formula perché il fatto non sussiste; qualora la Corte ritenesse sussistente il profilo della colpa, chiede sanzioni adeguate a quanto emerso dal dibattimento.

DIFESA SA. R.:
proscioglimento perché il fatto non costituisce reato

DIFESA CAF. C.:
proscioglimento perché il fatto non costituisce reato


DIFESA THYSSENKRUPPP AST s.p.a.:
Solleva questione di legittimità costituzionale degli artt. 5, 6, 7 e 25 septies del d. lgs. 231/2001.
assoluzione perché il fatto non sussiste.
In via subordinata, in tema di sanzioni chiede che la Corte contenga la sanzione pecuniaria nei minimi tenendo conto dell'art. 12 c. 2 e c. 3 del decreto lgs 231;escluda le sanzioni interdittive ai sensi dell'art. 17 d. lgs citato;eviti o limiti la pubblicazione della sentenza di condanna ed escluda la pubblicazione su quotidiani di diffusione internazionale; non applichi la confisca per incompatibilità con la natura del reato (colposo).

 


CONCLUSIONI DELLA DIFESA DEL RESPONSABILE CIVILE e delle difese degli imputati in via subordinata sulle richieste delle parti civili:

 


- per il reato di cui al capo A) respingere la richiesta perché non c'è prova del danno e non sono state contestate lesioni riferite a tale reato.
- per il reato di incendio respingere la richiesta perché non c'è prova del danno e non sono state contestate lesioni colpose riferite a tale reato.

ENTI TERRITORIALI:
respingere la domanda perché non vi è prova del danno. In ulteriore subordine, demandare la quantificazione alla sede civile.

REGIONE:
respingere la richiesta di risarcimento del danno patrimoniale perché le spese per la degenza ospedaliera sono a carico dell'ASL dotato di autonomia imprenditoriale.

MEDICINA DEMOCRATICA:
respingere la domanda perché non vi è prova del danno.

SINDACATI:
in via preliminare escludersi l'organizzazione sindacale rappresentata dall'avv. Vallese (FLM) che non ha dimostrato di avere alcuna rappresentanza all'interno dello stabilimento di Torino.
Respingere la richiesta di risarcimento perché i sindacati non hanno provato il danno alla loro immagine.

PARENTI DELLE VITTIME:
la difesa ritiene che non sia questa la sede per procedere alla quantificazione che, in caso di accoglimento di queste richieste, dovrà essere demandata al giudice civile.




 


Svolgimento del Processo

 

l. La Corte ritiene che la parte dedicata allo svolgimento del processo debba rivestire in questo caso forma sintetica, per punti essenziali, rimandando ai successivi capitoli la trattazione dei numerosi argomenti; la Corte ricorda che si sono tenute 94 udienze (con registrazioni e trascrizioni, per alcune migliaia di pagine), che sono stati sentiti oltre 200 testimoni e circa 20 consulenti delle parti, ognuno dei quali ultimi ha depositato corposi elaborati scritti, in diverse materie (dall'ingegnere al medico all'informatico al traduttore); che tutti gli imputati si sono sottoposti all'esame dibattimentale; che vi sono in atti centinaia di documenti, già facenti parte del fascicolo per il dibattimento formatosi in sede di udienza preliminare ovvero prodotti dalle parti in diverse udienze; che la Procura della Repubblica, i difensori delle parti civili costituite ed ammesse, i difensori degli imputati, della persona giuridica e del responsabile civile hanno avuto necessità di parecchie udienze (22, oltre alle 2 di repliche) per esporre le loro convinzioni, motivazioni e conclusioni (queste ultime, come sopra riportate).

2. La Corte richiama in questa sede tutte le ordinanze emesse nella fase predibattimentale e dibattimentale; richiamo che non costituisce un mero atto formale ma deriva da una rinnovata, attuale conferma (formatasi rivedendo l'intera materia in sede di decisione finale) di quanto in allora deciso e motivato.
La Corte ritiene opportuno ribadire come non sussista - il dato è evidente alla sola lettura delle motivazioni - alcun contrasto tra la decisione di respingere l'eccezione, formulata dalla difesa degli imputati e relativa alla nullità dell'avviso ex art. 415bis c.p.p. (e degli atti conseguenti) per omessa traduzione in tedesco (v. relativa ordinanza) e la successiva decisione della Corte di nominare (v. relativa ordinanza) per gli stessi imputati di nazionalità tedesca, ES. e PR., un interprete in lingua tedesca per l'udienza dedicata al loro esame (v. udienza 4/11/2009). Interprete che la Corte ha nominato dopo che gli imputati avevano manifestato la loro ferma volontà (v. dichiarazione scritta in atti, depositata) di non sottoporsi all'esame dibattimentale se privi di interprete di nomina giudiziale; interprete che la Corte ha quindi nominato non certo perché convinta della da loro riaffermata ignoranza della lingua italiana (v., su questo, gli elementi esposti nella prima ordinanza), bensì al fine di non privare il dibattimento di un rilevantissimo incombente come l'esame degli imputati e di non comprimere in alcun modo il fondamentale diritto - di rango costituzionale - degli stessi imputati di espletare pienamente le loro difese.
In fatto si è poi verificato, all'udienza citata, che in particolare l'imputato ES., a fronte di un'interprete evidentemente emozionata ed in difficoltà sui termini tecnici, l'abbia più volte "corretta" durante le sue traduzioni orali, così dimostrando - ma la Corte non aveva dubbi in proposito, come già esposto in ordinanza e come confermato in dibattimento dal teste onorevole BOR. G. (v. udienza 14/4/2010, pag. 16 trascrizioni) - non solo di conoscere la nostra lingua ad un livello certamente sufficiente a ben comprendere gli atti in allora notificatigli (così come l'imputato PR., v. citata ordinanza) ma di possedere una ottima padronanza della nostra lingua (v. registrazione e trascrizione udienza del 4/11/2009).


3. Molti documenti sequestrati ed altri acquisiti durante il dibattimento sono in lingua straniera, in particolare in tedesco ed in inglese; la Corte, richiamando le ordinanze emesse sul punto, può qui affermare che tutte le decisioni sono state assunte fondandosi su documenti la cui traduzione nella nostra lingua è stata acquisita in dibattimento nel pieno contraddittorio delle parti (v., oltre all'ordinanza relativa, le udienze dedicate all'audizione dell'ing. CV.), senza alcuna contestazione nel merito della correttezza di tali traduzioni (anche la "correzione" della traduzione del termine "from TURIN" è stata acquisita nel contraddittorio delle parti, su richiesta della Procura della Repubblica); alcuni documenti sono stati direttamente tradotti da interpreti nominati da questa A.G. ed il loro operato è stato vagliato e discusso con i consulenti di parte (v. udienza 11/6/2010).


4. Come in tutti i dibattimenti la ricostruzione dei fatti che hanno preceduto e causato gli eventi per cui si procede - ricostruzione ontologicamente "storica", ma nel rispetto delle regole processuali - è avvenuta anche sulla base delle testimonianze delle persone informate.
Come si vedrà ampiamente infra, considerati la complessità anche in fatto degli argomenti, la gravità delle contestazioni mosse, il possibile coinvolgimento emotivo di alcuni testimoni per la tragedia che ha dato origine a questo processo, la Corte - rimarcando che ogni teste ha il dovere imperativo, legislativamente imposto, di dire la verità: obliando tale dovere nessuna ricerca della verità e quindi nessun processo è possibile - ha ricercato e in atti riportato, per ogni argomento trattato, gli elementi (documentali; provenienti da altri testi; logici) idonei a confermare ovvero a smentire le dichiarazioni testimoniali.
Per alcuni argomenti, nei quali le dichiarazioni si sono rivelate di particolare importanza per la ricostruzione - in dettaglio - della realtà dei fatti, la Corte ha volutamente scelto di riportare anche citazioni testuali di tali dichiarazioni, ritenendo la necessità di privilegiare una esposizione puntuale, anche nel riprodurre le parole usate dai testimoni, rispetto al solo riassunto ragionato: peraltro doverosamente sempre effettuato.
Per la descrizione dell'incendio nella notte del 6/12/2007 la Corte ha ritenuto di non dover esporre o riassumere, bensì solo di riportare quanto riferito dai presenti e dai soccorritori.

5. La Corte deve qui dare conto del perché abbia considerato e consideri del tutto attendibile - in particolare - il teste BO. Antonio (operaio addetto quella notte alla Linea 5, unico sopravvissuto della squadra, v. udienze 3 e 5/3/2009); la precisazione è necessaria perché proprio sulla sua testimonianza i difensori degli imputati hanno espresso forti dubbi, ravvisando delle "imprecisioni" ovvero dei "non ricordo" nelle sue dichiarazioni che, a loro avviso, non apparivano giustificabili.
La Corte deve sottolineare come tutte le dichiarazioni di BO. siano state, come vedremo dettagliatamente infra, nei capitoli dedicati ai vari punti, confermate sia tramite altre fonti testimoniali, sia documentalmente (un solo esempio: lo straordinario da lui riferito anche nelle notti precedenti l'incendio); per quanto riguarda la parte della sua testimonianza relativa agli eventi di quella notte, sin dove è stato possibile, le sue dichiarazioni sono state verificate - v., nel capitolo dedicato alle ore precedenti l'incendio, le testimonianze di P.S., P.G., SA. G.; per gli istanti più drammatici (v. infra) sappiamo che la manichetta era stata effettivamente svolta; che, mentre la svolgeva, era chinato dietro il "muletto" lì posteggiato: BO. è stato proprio dal muletto riparato dal repentino "flah fire" che si è sviluppato (v. infra e le numerose fotografie in atti, che "segnano" visivamente l'estendersi dell'incendio). BO. ha inoltre riferito di non essere riuscito a dare l'allarme con il telefono posto sul "pulpito" (v. infra) della Linea 5: anche questa dichiarazione è stata confermata non solo testimonialmente (v. teste MOR., infra citato, udienza 17/3/2009) ma tramite il verbale di accertamento contenuto in faldone 2 (v.).
La Corte ritiene quindi che non solo non vi sia alcun elemento per dubitare della attendibilità del teste BO., ma che tutte le sue dichiarazioni, in ordine alle quali ciò era possibile, abbiano ricevuto conferma aliunde; non riveste quindi fondamento alcuno il "dubbio" che sulle sue dichiarazioni hanno sollevato i difensori degli imputati.

6. Ancora sui testimoni, è doveroso esporre un grave tentativo di impedire a questa Corte di accertare la verità dei fatti, tentativo perpetrato proprio nel corso del dibattimento.
La vicenda è oggetto di un separato procedimento penale, che avrà il suo corso e sul quale questa Corte non vuole e non deve pronunciarsi; ma, come si è appena ricordato, la Corte non solo può ma deve certamente valutare l'attendibilità dei testi escussi, oltre che prendere atto del fatto che alcuni di essi hanno chiesto, ai sensi dell'art. 376 c.p., di "ritrattare" la loro deposizione già resa in dibattimento.
In particolare, la Corte ha appreso da GV. C. (nello stabilimento di Torino dal 1978, nell'ultimo periodo e fino al settembre 2007 capoturno trattamento -v. udienza 24/2/2010, da pag. 3 trascrizioni) che egli era stato avvicinato da CO. A. (nello stabilimento di Torino dal 1979, nell'ultimo periodo responsabile della produzione, diretto collaboratore dell'imputato SA., da settembre 2007 anche responsabile della manutenzione - anche lui teste v. udienza 24/2/2010); che CO. gli aveva telefonato il 30 giugno 2009, chiedendogli di incontrarlo in un bar; GV. gli aveva risposto che non frequentava i bar: CO. era allora, con il consenso di GV., andato a casa sua nel primo pomeriggio, dicendogli che era indicato nella lista dei testimoni della difesa e consegnandogli due fogli in cui erano scritte le domande - che gli sarebbero state rivolte innanzi a questa Corte - ed anche le risposte.
Il teste GV. denunciava il gravissimo fatto alla Procura della Repubblica; durante la sua testimonianza, riferiva (v. pag. 14 delle trascrizioni) che effettivamente molte delle domande che gli erano state poste durante la sua deposizione innanzi alla Corte egli già le conosceva proprio per averle lette sui fogli che gli aveva consegnato CO..
L'episodio riguardante GV. non è stato, purtroppo, isolato, come si è appreso durante le udienze: il teste VCD. L. (responsabile del reparto trattamento dello stabilimento di Torino fino al 2005) aveva reso la sua testimonianza innanzi alla Corte all'udienza del 10/11/2009 (v.); ricevuto l'avviso di garanzia per il reato di falsa testimonianza, chiedeva di essere nuovamente sentito per ritrattare ai sensi dell'art. 376 c.p.; all'udienza del 11/12/2009 (v.) rendeva dichiarazioni diverse dalle precedenti (nel merito, v. infra, nel capitolo dedicato alle condizioni di lavoro nello stabilimento di Torino) e riferiva che lo stesso imputato CAF. lo aveva chiamato per avere il suo indirizzo di casa ed inviargli la convocazione come teste; che aveva allora egli stesso chiamato CO., "..che era stato suo capo diretto"; CO., dopo avergli detto di "stare tranquillo", lo aveva poi richiamato chiedendogli "se volevamo vederci"; si incontrarono così il lunedì precedente la testimonianza fissata innanzi alla Corte (udienza del 10/11/2009), a Moncalieri dove VCD. era andato all'Ufficio postale a ritirare la raccomandata con l'intimazione; durante questo incontro, CO. raccontò a VCD. che GV. aveva denunciato di avere ricevuto domande e risposte; anche a lui CO. consegnò un foglio, secondo VCD. con le "sole" domande: sul ruolo di CAF., sugli incendi, sul pulsante di emergenza e sui corsi antincendio (v. infra, nei capitoli dedicati a questi argomenti); VCD. dichiarava in udienza di avere subito distrutto il foglio avuto da CO.; VCD. riferiva anche che CO. non aveva utilizzato il suo telefono per chiamarlo, bensì quello della di lui madre; che, inoltre, CO. si era presentato a casa sua anche subito dopo il ricevimento dell'avviso di garanzia. Il teste RS. Marco (operaio nello stabilimento di Torino dal 1995, nell'ultimo periodo impiegato come gestore di manutenzione, fino a dicembre 2008) aveva reso la sua deposizione all'udienza del 17/11/2009; anche lui, ricevuto l'avviso di garanzia per il reato di cui all'art. 372 c.p., chiedeva alla Corte di poter essere risentito ex art. 376 c.p.; anche lui rendeva dichiarazioni diverse (nel merito, v. infra) e, all'udienza del 11/12/2009 (v. da pag. 4 trascrizioni) riferiva che, nel dicembre 2008, quando si era licenziato, l'imputato CAF. gli aveva detto che si sarebbero presto rivisti, perché era indicato nella lista dei testi della difesa e che gli avrebbe dato il PIANO DI SICUREZZA "almeno potevo prepararmi", ma raccomandandogli di "non dirlo a nessuno" (v. pag. 16 trascrizioni): aveva poi provveduto DE. A. (capo reparto trattamento da febbraio 2006 ad agosto 2007, poi a Terni, anche lui teste, v. udienza 24/2/1010) a consegnarglielo, dicendogli: "CAF. ti dà questo" e dandogliene una copia anche per SPI. A. ( in THYSSEN KRUPP AST a Torino dal 2001 a dicembre 2007, analista chimico, teste sentito all'udienza del 26/2/2010, v.); non è dato di conoscere se effettivamente RS. abbia consegnato la copia del PIANO DI EMERGENZA E DI EVACUAZIONE (v. infra, nell'apposito paragrafo) allo SPI.: RS. dice di no, di averlo buttato (v. pag. 21 trascrizioni); a sua volta SPI. dice di avere ricevuto il piano da RS. "...perché mi avrebbero richiesto di esporre il piano di emergenza, se io non me lo fossi ricordato" (v. pag. 31 trascrizioni), ma poco dopo (pag. 34 trascrizioni) dice invece che RS. non gliel'aveva consegnato.

Anche il teste TH. M. (manutentore meccanico nello stabilimento THYSSEN KRUPP AST di Torino dal 2003 a febbraio 2008), rese le sue dichiarazioni all'udienza del 17/11/2009 (v. da pag. 31 trascrizioni), ricevuto l'avviso di garanzia per il reato di falsa testimonianza, chiedeva di essere risentito dalla Corte: ma richiamato all'udienza del 11/12/2009, si limitava a ripetere più volte di avere avuto una conversazione con SP. (il quale sceglierà di avvalersi della facoltà di non rispondere, in quanto indagato di reato connesso, all'udienza del 26/2/2010, v.), senza però riferirne l'oggetto.

Il teste CARV. G. (nello stabilimento di Torino dal 1995, capoturno manutenzione dal 2002 fino al 7/11/2007) sentito alle udienze del 11 e 17/3/2009, ricevuto l'avviso di garanzia per il reato di falsa testimonianza, chiedeva alla Corte di essere risentito ex art. 376 c.p.; l'incombente veniva espletato all'udienza del 5/10/2010, durante la quale CARV. si limitava a riferire che le dichiarazioni da lui rese davanti ai Pubblici Ministeri nel corso delle indagini preliminari "sono certamente la verità" e che non sapeva "dove i Pubblici Ministeri ritengano che io abbia mentito" (v. infra, nel merito).

Per quanto a conoscenza di questa Corte, risultano quindi indagati per falsa testimonianza resa innanzi a questa Corte VCD., RS., TH. e CARV., i quali tutti hanno chiesto di essere sentiti nuovamente innanzi a questa A.G. ex art. 376 c.p.; risultano indagati per induzione a rendere falsa testimonianza CO., DE. e SP.: come si è già indicato sopra, SP. si è avvalso della facoltà di non rispondere, mentre CO. e DE. hanno reso le loro dichiarazioni all'udienza del 24/2/2010 (v.).
Le eventuali responsabilità penali saranno oggetto di separato accertamento; è però evidente come questi episodi inficino profondamente l'attendibilità delle dichiarazioni rese da tutti i soggetti sopra indicati, peraltro - come nel caso di VCD. e di RS. - dagli stessi testi smentite in tutto o in parte, con tratti perfino paradossali, come le affermazioni di VCD. - ingegnere - sulla "forma" del pulsante di emergenza (v. udienze 10/11/2009 e 11/12/2009, in quest'ultima pag. 40-43 trascrizioni).

Non solo: non emergono, purtroppo, come episodi isolati, considerato che, come riferito da più testi, nell'estate del 2009 - essendo già in calendario l'escussione dei testi della difesa innanzi a questa Corte proprio a decorrere dall'autunno 2009 - dalla segretaria (ROS. Vanda, teste, v. udienza 11/12/2009) del direttore di stabilimento e qui imputato SA. è stata organizzata una cena "aziendale", alla quale parteciparono una cinquantina di dipendenti ed ex dipendenti dello stabilimento di Torino, tra i quali gli imputali SA. e CAF. e - certamente, secondo vari testi - CO., DE., RS., BON., ROS., PER., tutti testimoni; cena organizzata allo scopo - secondo la ROS., v. pag. 92 trascrizione - di "salutarsi" ovvero, come riferito da RS., senza "un motivo particolare" (v. udienza 11/12/2009, pag. 9 trascrizioni). La cena, tra l'altro, è certamente successiva alla denuncia sporta da GV., perché lo stesso RS. riferisce (v. pag. 17 trascrizioni): "...ho sentito dire nel dopo cena che GV. aveva denunciato il tentativo di dargli delle domande per il processo". Addirittura GIO. D. (in THYSSEN KRUPP AST a Torino dal 2002, in ultimo responsabile del reparto ecologia - con le funzioni già rivestite da LU. - sino a febbraio 2009, v. udienza 17/12/2009) riferiva alla Corte di avere "dismesso" la scheda del suo cellulare per non essere più "contattato" (v. pag. 64-66 trascrizioni).


L'amara conclusione che la Corte deve trarre dalla vicenda appena esposta è che, proprio nel corso del presente dibattimento, si sono verificati una serie di tentativi (la cui rilevanza penale non deve qui essere considerata) di inficiare la genuinità di numerose testimonianze e ciò anche successivamente e nonostante la conoscenza della denuncia che GV., con senso di responsabilità e consapevolezza dell'importanza del suo ruolo di testimone, aveva sporto; comportamenti gravissimi, perché tesi a vanificare in radice il fine di questo come di ogni giudizio: l'accertamento della verità, possibile in sede processuale solo od anche in forza delle dichiarazioni dei testimoni.




 

MOTIVI DELLA DECISIONE



1 L'incendio nella notte del 6 dicembre 2007.

La Corte ritiene che l'evento accaduto nello stabilimento di Torino della THYSSEN KRUPP AST nella notte tra il 5 ed il 6 dicembre 2007 debba essere interamente esposto con le parole dei testimoni, omettendo qualsiasi commento e parafrasi, inutili rispetto al ricordo ed alle parole dei presenti. Occorre segnalare che in atti si trova (ed è stata visionata dalla Corte) una corposa documentazione anche video e fotografica dei luoghi effettuata nell'immediatezza del disastro (v. anche infra).

Alle ore una e 43 secondi (v. registrazione e testimonianza GS. M., Ispettore Capo Polizia di Stato, udienza 13/2/2009, pag. 25 trascrizioni) del 6 dicembre 2007 giungeva al 118 una disperata richiesta di soccorso; ecco il testo della conversazione telefonica, tratto dalla trascrizione dell'udienza dibattimentale del 13/2/2009 (v. da pag. 35 trascrizioni):

"VOCE FEMMINILE (REGISTRATA) - 118 Emergenza.
VOCE MASCHILE -118?.
VOCE MASCHILE - Pronto, buongiorno senta...
VOCE MASCHILE - Le passo l'ambulanza, un attimo.
VOCE MASCHILE - sì, sì.
VOCE FEMMINILE REGISTRATA - Attendere prego. Centrale operativa, attendere prego. Centrale operativa, attendere prego. Centrale operativa, attendere...
VOCE MASCHILE - Neanche il 118 risponde, porca puttana.
VOCE FEMMINILE REGISTRATA - Centrale operativa, attendere prego. Centrale operativa, attendere prego.
VOCE MASCHILE - Oh, mai i Vigili non mi rispondono.
Rumori in sottofondo.
VOCE FEMMINILE -133.
VOCE MASCHILE - Pronto, senta...
VOCE FEMMINILE - Mi dica.
VOCE MASCHILE - Sono della Thyssenkrupp in Corso Regina, senta è successo un incidente, ci sono tre o quattro ragazzi bruciati.
VOCE FEMMINILE - Senta, in Corso Regina, dove?
VOCE MASCHILE - La 400, di fronte alla... La Thyssenkrupp.
VOCE FEMMINILE - La?. Che ditta è la vostra?


VOCE MASCHILE - La Thyssenkrupp in Corso Regina 400.
VOCE FEMMINILE - Thyssenkrupp?
VOCE MASCHILE - Il 118 ho chiamato.
VOCE FEMMINILE - Cosa succede? Io ho già provveduto all'invio dell'ambulanza, cosa succede?
VOCE MASCHILE - Eh, ma mi sa ne servono due o tre, perché ce ne sono tre che sono bruciati.
VOCE FEMMINILE - Quattro bruciati o carbonizzati?
VOCE MASCHILE - Non son carbonizzati, però abbiamo cercato di spegnerli, senza vestiti, senza niente sono.
VOCE FEMMINILE - Senta, faccia trovare qualcuno all'ingresso, io provvedere all'invio di più mezzi.
VOCE MASCHILE - Ci so... Allora ci sono le guardie all'ingresso...
VOCE FEMMINILE - Sì.
VOCE MASCHILE - Arrivano, c'è la portineria, li accompagnano... Li accompagnano loro.
VOCE FEMMINILE - Va bene, mi dia un numero di telefono gentilmente.
VOCE MASCHILE - Il mio?
VOCE FEMMINILE - Sì.
VOCE MASCHILE - Eh...
VOCE FEMMINILE - Un numero che io posso ricontattare.
VOCE MASCHILE - Allora (inc.) ricontattare questo qua, le do questo?
VOCE FEMMINILE - Sì, me lo dia.
VOCE MASCHILE - 347...
VOCE FEMMINILE - sì.
VOCE MASCHILE -00...
VOCE FEMMINILE - sì.
VOCE MASCHILE -93...
VOCE FEMMINILE - sì.
VOCE MASCHILE - 915...
VOCE FEMMINILE - Senta, è esploso qualcosa?
VOCE MASCHILE - Ma... Ha preso fuoco un impianto qua, c'è della carta, dell'olio, di tutto.
VOCE FEMMINILE - Devo mandare anche il 115 allora.
VOCE MASCHILE - Sì, l'ho provato a chiamare ma mi hanno detto che erano impegnati per delle emergenze, ma la cosa è gravissima qua.
VOCE FEMMINILE - No, no, no, mandiamo anche il 115, eh. Va bene.
TERZA VOCE MASCHILE (IN LONTANANZA) - L'avete chiamata l'ambulanza?
VOCE MASCHILE - L'ho chiamata io, ora...
TERZA VOCE MASCHILE (IN LONTANANZA) - (inc).
VOCE MASCHILE - no, no, no.
VOCE FEMMINILE - Sta arrivando l'ambulanza.
TERZA VOCE MASCHILE (IN LONTANANZA) - (inc).
VOCE MASCHILE - No, Beppe, no.
Si sentono dei rumori in sottofondo.
VOCE FEMMINILE - (inc).
Si sentono delle urla in lontananza.
VOCE MASCHILE - Vieni qua, vieni qua, vieni qua.
VOCE FEMMINILE - pronto.
VOCE MASCHILE - l'acqua, l'acqua. Oh, prendete l'acqua. Lo bagniamo.
QUARTA VOCE MASCHILE (IN LONTANANZA) - Non voglio morire.
VOCE MASCHILE - No, no, Beppe, no.
QUARTA VOCE MASCHILE (IN LONTANANZA) - Non voglio morire.
VOCE FEMMINILE - Io direi anche tre...
VOCE MASCHILE - Sì, guardi ce ne sono almeno quattro.
VOCE FEMMINILE - Quattro?
VOCE MASCHILE - Ora due ce li ho qua. Teneteli lì, teneteli.
Si sentono delle voci in lontananza.
VOCE FEMMINILE - Ma ci sono anche altre vittime? Ci sono altre persone?
Si sentono dei rumori in sottofondo.
VOCE MASCHILE - Pronto.
VOCE FEMMINILE - Mi dica, se per caso ci sono altre persone?
VOCE MASCHILE - Ma guardi... Io ora sto... Sto finendo il cellulare, si sta scaricando. Senta, qua abbiamo bisogno...
VOCE FEMMINILE - Sì, io ho già provveduto. Mi ascolti bene, ho già provveduto, io ho bisogno di sapere, siccome stiamo provvedendo a mandarmi tutti i mezzi che abbiamo...
VOCE MASCHILE - sì.
VOCE FEMMINILE - Eh... Se avete il sospetto ci SI. altre persone oltre a quelle quattro?
VOCE MASCHILE -eh... È probabile però...
VOCE FEMMINILE - è probabile?
VOCE MASCHILE - Sì.
VOCE FEMMINILE - Va bene, senta mi ripete, mi dice lettera per lettera il nome della ditta perché...
Si sentono delle urla in lontananza.
VOCE MASCHILE - La Thyssenkrupp, Corso Regina 400.
VOCE FEMMINILE - Thyssen-grup. Si sentono delle voci in lontananza.
VOCE FEMMINILE - Senta, se c'è qualcosa che sta bruciando c'è il rischio di un 'esplosione, allontanatevi.
VOCE MASCHILE - Andiamo in infermeria (inc.) andiamo in infermeria.
Si sentono delle voci in lontananza.
VOCE MASCHILE - Pronto.
VOCE FEMMINILE - Sì.
VOCE MASCHILE - C'è ancora?
VOCE FEMMINILE - Sì, io sono sempre qua, l'ambulanza è già stata allertata, eh.
VOCE MASCHILE - Sì, sì. Comunque eventualmente c'è il 450114511... Ah c'ho qui le guardie, guardi... Oh ma, io ho chiamato il 118.
VOCE MASCHILE (IN LONTANANZA) - Stanno arrivando i Vigili del Fuoco. Si sentono delle voci in lontananza.
VOCE MASCHILE - Pronto?, (inc.) in infermeria che dice qualcosa...
Si sentono delle voci in lontananza.
TERZA VOCE MASCHILE - Avete chiamato il 118?
VOCE MASCHILE - Già li ho chiamati io, sono tutti... verranno qua. Pronto.?
VOCE FEMMINILE - sì, mi dica.
VOCE MASCHILE - Niente, ora ho parlato con... Mamma mia, ho parlato con la guardia, ha detto che anche loro hanno chiamato i Vigili e che stanno arrivando.
VOCE FEMMINILE - Sì, li abbiamo già contattati anche noi.
Si sentono delle voci in lontananza.
VOCE MASCHILE - C'è qualcuno che li apre in portineria al 118, sì?
TERZA VOCE MASCHILE - Sì, ho lasciato tutto aperto.
VOCE MASCHILE - Ma come cazzo è successo di colpo così? Tutti lì erano porca puttana.
Si sentono delle urla
VOCE MASCHILE - Oh, ma facciamoli andare in infermeria questi qui però, cazzo son qua. Li avete visti dove sono? Almeno in infermeria, no?.
Si sentono delle voci in lontananza.
VOCE MASCHILE - Guarda lì come sono, prendiamo una giacca, una cosa. Si sentono delle urla e delle voci in lontananza.
VOCE MASCHILE - Sta arrivando, sta arrivando, sta arrivando. State a terra, tanto non risolviamo (inc).
Si sentono delle urla.
VOCE FEMMINILE - Quante persone a terra immobili ci sono?
VOCE MASCHILE - Qua ce ne sono quattro sicure, ma chi era a (inc.) a terra lì chi c'è? Tu a terra, nel gabbiotto. Ce ne ho quattro qua eh, non so se ce n'è qualcun altro, quattro sicuri.
VOCE FEMMINILE - Ok, c 'è qualcuno che ha delle bruciature evidenti?
VOCE MASCHILE - Sì, non hanno più vestiti guarda, è su tutto il corpo.
VOCE FEMMINILE - Ok La sostanza... le sostanze che bruciano che cosa sono? Oli?
VOCE MASCHILE - Qua per terra, olio, carta, di tutto, ora non le so dire cosa c 'era, diciamo...
VOCE FEMMINILE - Ma perché devo ancora informare il 115 se sono sostanze particolari.
VOCE MASCHILE - Sta arrivando l'ambulanza, allora aspettate che sta arrivando l'ambulanza. Sta arrivando. Sta arrivando già qua l'ambulanza. Sta arrivando, sta arrivando, è qua.
Rumori in sottofondo.
VOCE MASCHILE - Stanno arrivando, eh. Ma in portineria, non c'è nessuno in infermeria?
Si sentono delle voci in lontananza.
VOCE MASCHILE - Però quando è così, io c 'ho una maglia di...
VOCE FEMMINILE - Senta, sta arrivando l'ambulanza, io la lascio, va bene?
VOCE MASCHILE - Sì, va bene. La ringrazio.
VOCE FEMMINILE - Grazie.
VOCE MASCHILE - Ciao. "

La voce maschile è di P. B.P., che telefonava con il suo cellulare personale; B.P., dipendente della THYSSEN KRUPP (con la mansione di "primo addetto" alla Linea 4 dello stabilimento di Torino, Linea "adiacente" la Linea 5, v. infra, nella parte relativa alla descrizione dello stabilimento), sentito all'udienza del 13/2/2009 (v.), riferiva (v. pag. da 41 a 47 trascrizioni):

"DOMANDA (P.M., n.d.e.) - La voce in questa telefonata è la sua?
RISPOSTA - Sì.
DOMANDA - Durante questa telefonata, pare di capire, da quello che lei dice, non era ancora arrivato nessuno dei soccorritori?
RISPOSTA - No, ancora nessuno.
DOMANDA - Ci può raccontare dove si trovava lei? Che cosa è successo? Come ha sentito, è stato il primo a chiamare i soccorsi, ci dica come ha fatto a scoprire quello che era successo, chi ha visto, con chi ha parlato; ci racconti quello che ricorda di quella serata.
RISPOSTA - La serata tra il 5 e 6 dicembre io ero andato normalmente a lavorare, facevo il turno di notte, lavoravo sull'impianto, la linea 4 che è adiacente la linea 5, ci divide un muro. Svolgevo il mio lavoro tranquillamente, l'ora precisa non la so, penso l'una meno dieci, qualcosa del genere, l'impianto dove lavoravo io si è fermato per un motivo elettrico, la (rectius: era, n.d.e.) scattata una briglia in sezione entrata prima del forno e quindi questo l'ho verificato dal PLC sul monitor dell'impianto dove lavoravo io. Stavo salendo in bici per andare a verificare cosa era successo, perché si era fermata. Nel momento in cui sto per salire in bici vedo uscire A. BO. dal passaggio che collega la linea 5 alla linea 4, che era lontano una ventina di metri che urlava e chiedeva aiuto "correte, correte, ho bisogno di aiuto". Quando lui si è accorto che noi avevamo capito che aveva bisogno di aiuto, siamo... Diciamo che gli andavamo incontro, è tornato indietro verso la linea 5, e quindi lui avanti e noi dietro, io con i miei colleghi che erano alla linea 4 perché avevamo capito che avevano bisogno di aiuto, siamo andati dietro, io ero in bici e loro a piedi. Come ho passato il passaggio che divide la linea 5 dalla linea 4 ho visto un muro di fuoco, ecco. Fiamme altissime che arrivavano al carro ponte, bruciava anche il muro in mattoni. Subito ho detto ai miei colleghi di prendere manichette ed estintori perché non... Pensavo fossero coinvolti solo gli impianti, non mi ero reso conto ancora di... Invece appena sono arrivato nelle vicinanze, proprio vicino al fuoco, ho visto Angelo L. e Roberto S. che erano a terra, tutti e due erano... L. era rivolto con la schiena a terra, Roberto S. invece era a faccia a terra, erano completamente nudi, avevano le scarpe che bruciavano e qualche pezzo di vestito. Non avendo niente, mi sono tolto il maglione e ho spento quello che era rimasto, BO. urlava che c'erano gli altri dentro e si sentivano le urla; allora gli ho chiesto se aveva chiamato aiuto perché ho visto che noi non potevamo fare più niente, lui mi ha detto che il telefono non funzionava, allora ho preso il mio cellulare, ho chiamato il 118, la telefonata che avete sentito. Solo che lì, come si sente, c'era il calore che era insopportabile, non potevamo stare lì, si sentivano esplosioni, il fumo, allora i miei colleghi hanno spostato S. e L. vicino... Lontano dalle fiamme ed io mi sono allontanato tornando verso la linea 4 per poter parlare al 118 perché c'era troppa confusione. Come ho passato il passaggio di nuovo al contrario, mi sono ritrovato davanti gli altri miei colleghi in piedi, tutti nudi, c'era Giuseppe DE. M. che io ho riconosciuto solo perché ha parlato, era impossibile riconoscerli fisicamente, li ho riconosciuti solo dalla voce e mi ha chiesto se era bruciato in faccia, lui si preoccupava se era bruciato in faccia, ma era tutto bruciato. Ho cercato di tranquillizzarlo dicendo di stare tranquillo che avevo chiamato i soccorsi. Rosario (inc.) urlava "non voglio morire, non voglio morire''. L'ho riconosciuto quando ha detto che non riusciva a respirare e l'ho aiutato a salire su un'ambulanza, sennò non avevo riconosciuto neanche a lui. Nel frattempo, come si sente, che sono arrivato verso l'uscita, c'era un addetto alla sicurezza, gli ho chiesto se c'era qualcuno in portineria che aspettava i soccorsi, mi ha detto che avevano aperto i cancelli, che stavano arrivando. È arrivata un'ambulanza ed un camion dei Vigili del Fuoco; la guardia ha detto... Perché poi lì non c'era nessuno, l'unico responsabile era il capo turno che era stato coinvolto nell'incendio, non c'era nessuno che coordinava le cose, allora ho detto alla guardia di far entrare i Vigili in fondo alla linea 5 perché c'era un passo carraio dove potevano accedere che poi l'hanno trovato chiuso perché l'elettricista aveva tolto corrente. L'ambulanza l'ho fatta entrare dove c'erano i feriti, nel frattempo sono arrivate le altre ambulanze, hanno caricato tutti i feriti e li hanno portati via. L'unico che mancava era Antonio S. che era rimasto dentro. Dopodiché io chiamavo un Vigile del Fuoco, siamo andati a mettere in sicurezza l'impianto dove lavoravo io perché l'incendio era proprio in linea d'aria rispetto... Lo divideva solo il muro, dal forno della linea 4 c'era metano, allora insieme al Vigile del Fuoco siamo andati a mettere in sicurezza l'impianto dove lavoravo io, a fermare la centralina idraulica e tutto, perché non facevano entrare più nessuno. I miei colleghi una parte erano andati in infermeria, io sono rimasto lì con i due Poliziotti che erano all'entrata, il Vigile del Fuoco per sapere come andavano avanti le cose. Lui mi ha detto, quando avevano trovato S., l'avevano portato fuori, mi ha riferito quando avevano spento l'incendio, praticamente sono stato lì tutta la notte, solo al mattino, verso le sei sono andato in infermeria.

DOMANDA - Grazie. Io devo farle qualche domanda, se la sente o vuole un minuto di pausa?
RISPOSTA - No, no.
DOMANDA - Faccio qualche domanda a precisazione sulle cose che lei ha detto, lei ci ha detto che mentre saliva sulla bicicletta per andare a verificare cosa era successo alla linea 4, ha incontrato BO.; intanto le chiedo per quale motivo saliva in bicicletta?
RISPOSTA - Perché l'impianto dove lavoro io, sarà... Non so sarà lungo 200 metri, quindi io mi sposto in bici... Perché io essendo il primo addetto della linea 4 gestivo tutto l'impianto, farlo a piedi venti volte a turno... Utilizzavo la bici per spostarmi.
DOMANDA - Usavate normalmente le biciclette per spostarvi lungo le linee?
RISPOSTA - Sì, sì, sì.
DOMANDA - Lei ha detto che BO. è uscito dal passaggio che collega la linea 5 dalla linea 4?
RISPOSTA - Sì.
DOMANDA - Ci può spiegare dov'è, rispetto alla linea questo passaggio?
RISPOSTA - Diciamo che in fondo... All'inizio della linea 5, però così non è facile descrivere perché ce ne sono quattro di passaggi.
DOMANDA - Ci sono più passaggi?
RISPOSTA - Ci sono più passaggi, sì.
DOMANDA - Lui da quale passaggio stava uscendo?
RISPOSTA - Lui è uscito diciamo dal primo passaggio che c'è vicino al nostro gabbiotto, c'è un carrello trasporta rotoli, lui è uscito di là, praticamente è tornato indietro verso la linea 4 per venirci a chiamare.
DOMANDA - Solo per capire, rispetto al punto dell'incendio, è uscito... Era un passaggio vicino o lontano?
RISPOSTA - Rispetto al punto dell'incendio lui è uscito 40 metri prima, ecco.
DOMANDA - Più verso l'ingresso della linea o più verso...
RISPOSTA - Più verso l'ingresso della linea, sì.
DOMANDA - Quindi lì vi siete incontrati, vi ha chiesto "aiuto, correte "?
RISPOSTA - Non ci siamo incontrati, lui era distante...
DOMANDA - Poi lo ha visto?
RISPOSTA - Sì, era una ventina di metri, però come lo abbiamo sentito urlare ci siamo resi conto che era successo qualcosa, allora gli siamo andati incontro.
DOMANDA - Ricorda chi erano i colleghi con i quali lei è intervenuto?
RISPOSTA - Lì con me c'erano F. C., Pietro R., F. S.F. e BEG. Giuseppe.
DOMANDA - Erano le persone addette alla linea 4?
RISPOSTA - Che lavoravano con me, sì.
DOMANDA - Con lei sulla linea 4?
RISPOSTA - Sì.
DOMANDA - Quindi, siete intervenuti e lei ci ha detto che ha visto l'incendio e sembrava che il muro bruciasse.
RISPOSTA - Sì, c'era un muretto...
DOMANDA - Ci può spiegare meglio cosa intende "sembrava che bruciasse il muro", cioè come si presentava questo muro?
RISPOSTA - Non è che sembrava... Bruciare il muro, non so se ora per l'ondata di olio, non so per cosa, però il muro in mattoni era a fuoco, praticamente noi non avevamo... Non c 'era un centimetro dove... Noi avevamo un muro di fuoco davanti.
DOMANDA - Le chiedo di fare ancora uno sforzo per descrivere questo muro di fuoco, cioè da dove... Lei ci ha detto dal muro che bruciava... Ci può spiegare come è fatto?
RISPOSTA - Sì, la linea... Da come siamo arrivati noi, la linea 5 rimane sul lato sinistro della campata diciamo, poi c 'è un passaggio che sarà largo un 3 metri dove passano i muletti, dove passano...
DOMANDA - Chiedo scusa, un passaggio...
RISPOSTA - Un corridoio, un corridoio che corre lungo la linea e poi c 'è un muro che divide la linea 4 dalla linea 5, quindi anche il passaggio era ostruito dalle fiamme.
DOMANDA - Quindi, l'incendio partiva dal macchinario...
RISPOSTA - Dal macchinario...
DOMANDA - Interessava il passaggio, diciamo pedonale, il corridoio e arrivava fino al muro.
RISPOSTA - Fino al muro, sì.
DOMANDA - Quindi sbarrava il passaggio, è corretto?
RISPOSTA - Sì.
DOMANDA - E questo che intendeva dire?
RISPOSTA - Sì.
DOMANDA - Le persone... Le prime persone che avete visto, ci può ripetere chi erano le prime due persone che avete visto?
RISPOSTA - Angelo Laurina e Roberto S., ma io questo lo dico perché in quel momento non li avevo riconosciuti che erano loro.
DOMANDA - Lei ha capito chi erano dalla voce?
RISPOSTA - No, l'ho capito dopo.
DOMANDA - Come ha fatto a capire chi erano?
RISPOSTA - L'ho capito dopo perché gli altri che erano lì, poi che hanno parlato, riconosciuto, mancavano loro due più S. che era rimasto dentro, però a vederli così, nonostante li conoscevo da anni, era impossibile riconoscerli.
DOMANDA - Da dove sono uscite queste due persone, quando lei li ha visti?
RISPOSTA - Questi due erano già a terra quando sono arrivato io.
DOMANDA - Erano a terra.
RISPOSTA - Sì, erano già a terra, sì.
DOMANDA - Oltre questo muro di fuoco?
RISPOSTA - Sì.
DOMANDA - Erano fuori dal muro...
RISPOSTA - Erano tre metri dal muro di fuoco, sono riusciti probabilmente ad uscire con le loro forze, però poi non ce l'hanno fatta più.
DOMANDA - Lei li ha visti stesi a terra?
RISPOSTA - Sì.
DOMANDA - Parlavano ancora in quel momento?
RISPOSTA - No, rantolavano... Almeno quando sono arrivato io, rantolavano qualcosa ma non parlavano, Roberto S. perdeva qualche liquido dalla bocca che non so cos 'era, però io pensavo che non ce la facessero neanche ad arrivare in ospedale ".



Pag. 59 trascrizioni:

"DOMANDA (P.C.) - Quella sera, durante i soccorsi, durante le primissime operazioni di soccorso quando avete seguito BO., dopo, oltre alle persone che ha indicato, c 'erano altre persone presenti?
RISPOSTA - Diciamo che dopo che io mi sono trovato i miei colleghi... Si sente dalla telefonata, gli urlo di farli mettere da parte, di prendere l'acqua, si sono radunati in tanti lì, però non so dire, in quel momento non ricordo. C'era di gente, mi ricordo che c'era gente che non si avvicinava, non so se per paura, se perché era impressionata, infatti io gli urlo di farli mettere da una parte, però se dovessi dire le persone fisiche chi erano, non mi ricordo.
DOMANDA - Durante la telefonata che abbiamo ascoltato prima, lei viene interrotto da una persona, si ricorda da chi? Dice anche un soprannome.
RISPOSTA - Sì era... Lo chiamavamo tutti "Beppe", era Giuseppe DE. M. che mi chiedeva se era bruciato in faccia.
DOMANDA - C'è un'altra persona che interviene durante la telefonata e lei dice a questa persona: "Tu a terra, eri vicino al gabbiotto?", non si è capito bene, mi può spiegare chi era questa persona?
RISPOSTA - Questo non mi ricordo chi era perché come ho detto prima io non avevo riconosciuto chi era a terra, quindi chiedevo se era uno di loro, anche se era improbabile, erano tutti uguali per me finché non hanno parlato, erano tutti uguali.
DOMANDA - Quindi, era comunque uno...
RISPOSTA- Dei feriti."

 

Contemporaneamente ovvero subito dopo B.P. accorrono altri dipendenti: S.F. F., addetto alla Linea 4, che riferiva, all'udienza del 17/2/2009 (v. pag. 42-45 trascrizioni):
"DOMANDA (P.M., n.d.e.) - Il 5 dicembre 2007 lavorava ancora presso la Thyssenkrupp ?
RISPOSTA - Sì.
DOMANDA - La sera del 5 dicembre 2007 era presente presso lo stabilimento Thyssenkrupp ?
RISPOSTA - Sì, ero presente, avevo iniziato a lavorare alle dieci di sera praticamente.
DOMANDA - Quindi nel turno dalle dieci...
RISPOSTA - Dalle dieci alle sei.
DOMANDA - Alle sei del mattino. Presso che linea lavorava?
RISPOSTA - La linea 4.
DOMANDA - Ci vuole raccontare che cosa è successo la sera del 5 dicembre 2007?
RISPOSTA - Praticamente ho iniziato a lavorare alle dieci del 5 fino a mezzanotte, mezzanotte e mezza sembrava andasse tutto bene. Poi praticamente la linea 4 si è fermata...
DOMANDA - Chi erano i suoi colleghi in quel momento, in servizio sulla linea 4?
RISPOSTA - Il signor Piero B.P., F. TG., Pierino LUN., poi all'entrata della linea 4 c'era Giovanni CH. e l'altro non me lo ricordo. Si è fermata la linea 4, ho dato un 'occhiata ai computer più o meno per capire cosa fosse successo e che io ricordi non abbiamo scoperto niente di particolare. Da lì ho visto arrivare il signor BO. correndo, urlando: "Correte, correte, sono tutti morti ".
DOMANDA - Da che parte è arrivato il signor BO.?
RISPOSTA - è arrivato da un sottopassaggio, un passaggio pedonale che dalla linea 5 porta alla 4.
DOMANDA - Ha notato qualcosa di particolare, di strano, del fuomo
(ndr. fumo), piuttosto che...
RISPOSTA - Alzando gli occhi per guardare il signor BO. sì, cominciavo a vedere del fumo sopra la campata.
DOMANDA - In che stato era il signor BO.?
RISPOSTA - Era molto agitato, molto nervoso, non credendo a quello che avevo sentito, sono uscito dal gabbiotto, mi sono recato verso di lui e mi ha ripetuto "correte, sono tutti morti, c 'è un incendio ". Mi sono recato verso la linea 5, ho percorso il passaggio pedonale e quando ho visto la linea 5 ho visto solo fiamme e fumo, non si vedeva quasi niente, tantissimo fumo.
DOMANDA - Come erano queste fiamme, si ricorda?
RISPOSTA - Le fiamme erano comunque altissime, arrivavano al soffitto, sul tetto della campata.
DOMANDA - Si ricorda, c'era odore e di cosa?
RISPOSTA - Odore di carne bruciata, possiamo dire, una puzza veramente brutta. Mi sono avvicinato comunque al pulpito della linea 5 e ho visto Roberto S. e Angelo L. ormai straziati dalle fiamme, in condizioni orribili.
DOMANDA - In che condizioni erano? Ce lo vuole dire?
RISPOSTA - Completamente bruciati, non avevano quasi più niente, ormai in uno stato orribile.
DOMANDA - Le si sono rivolti? Parlavano? Cosa dicevano?
RISPOSTA - Roberto non parlava, si lamentava solamente perché Angelo L. continuava a urlare "aiutatemi, spostatemi, portatemi al sicuro ".
DOMANDA - A questo punto lei che cosa ha fatto?
RISPOSTA - A questo punto sono entrato dentro al pulpito per chiamare i soccorsi, ho chiamato l'infermeria... Facevo fatica a trovare il telefono perché era pieno di fumo, sono uscito ed abbiamo spostato i colleghi, li abbiamo messi al sicuro, ricordo di aver montato una manichetta per spegnere un muletto che era proprio lì, molto vicino a noi, avevamo le fiamme a pochi metri. Ho montato questa manichetta, ho aperto l'acqua ma la maniglia che c 'è sulla lancia praticamente si è staccata, non usciva più acqua davanti ma lateralmente, quindi ho fatto molta fatica ad utilizzarla.
DOMANDA - Poi cosa ha fatto? È arrivato qualcuno? Dopo che ha chiamato l'infermeria, è arrivato qualcuno?
RISPOSTA - Non ho visto nessuno, ho provato a richiamare, sempre dallo stesso telefono ma non funzionava già più. Poi ho sentito che aveva fatto la telefonata il mio collega Piero quindi non ho più chiamato nessuno.
DOMANDA - Ci diceva che ha provato a spegnere il muletto, utilizzando un idrante che era in prossimità del muletto, dov'era?
RISPOSTA - Era molto vicino al muletto.
DOMANDA - E che non è riuscito perché...
RISPOSTA - Perché aprendo la maniglia che c'è sulla lancia, la maniglia si è sganciata, mi è arrivata in faccia, non usciva più l'acqua dalla parte anteriore della lancia ma lateralmente.
DOMANDA - Ha provato a fare delle altre operazioni di spegnimento?
RISPOSTA - Ho provato ad utilizzare quella lancia, a fatica sono riuscito ad utilizzarla.
DOMANDA - Dopo questa operazione che cosa è successo?
RISPOSTA - Dopo questa operazione praticamente abbiamo cercato di mettere al sicuro i nostri colleghi, sono andato all'entrata dallo stabilimento per aspettare i soccorsi, ma lì già avevo fatica a respirare. C'era un'ambulanza per farmi dare un controllo, una cosa così ed i medici poi mi hanno portato all'ospedale, visitandomi mi hanno messo l'ossigeno fino al giorno dopo, praticamente."

 


Pag. 49-50 trascrizioni:


"DOMANDA (P.C.) - Vuole riferire con precisione cosa fece quando si rese conto dell'incendio?
RISPOSTA - Quando mi resi conto dell'incendio, ho fatto la chiamata in infermeria, ho dato una mano a spostare i miei colleghi che ormai erano in condizioni pietose, completamente bruciati dalle fiamme.
DOMANDA - Chi soccorse in particolare?
RISPOSTA - Roberto S. e Angelo L.. Roberto a pancia in giù non parlava, si lamentava, schiuma bianca dalla bocca e... Invece Angelo L. urlava e mi chiedeva di portarlo via dalle fiamme, diciamo.
DOMANDA - Come li soccorse? Cioè cosa fece per soccorrere i suoi colleghi di lavoro?
RISPOSTA - Li abbiamo presi praticamente di peso per spostarli però urlavano dal dolore, avevo paura a toccarli, la pelle ormai dura, compatta.
DOMANDA - Fece qualcosa sui corpi di queste povere persone?
RISPOSTA - Spostandoli praticamente, bastava sfiorarli per causare delle ferite, sensi di colpa che sicuramente non dimenticherò.
DOMANDA - Sostanzialmente i corpi stavano bruciando ancora?
RISPOSTA - avevano dei piccoli brandelli di fiamme, pezzettini di vestiti o la pelle che comunque... Abbiamo provato a spegnerli con i giubbotti, quello che avevamo a disposizione.
DOMANDA - Da quel punto di vista, cioè mentre stava soccorrendo i suoi colleghi, come erano le fiamme che lei poteva vedere?
RISPOSTA - Le fiamme erano altissime fino al soffitto praticamente e molto vicine a noi, un paio di metri, almeno.
DOMANDA - Chi era in suo compagnia? Chi è l'ha aiutata a soccorrere queste persone? Chi era le persone che lei poteva vedere o che si ricorda?
RISPOSTA - C'era il signor Piero B.P., F. C., Pierino R. e Giovanni CH., quelli che ricordo.
DOMANDA - In seguito a questa operazione di soccorso, nell'immediatezza subì delle conseguenze lei?
RISPOSTA - Quella sera sono andato al Pronto Soccorso per problemi respiratori e dal quel momento ho attacchi di ansia, panico, paura del buio e palpitazioni. Mi tornato sempre quelle immagini dei miei colleghi, sensi di colpa perché magari avrei potuto fare di più, in quel momento non sono riuscito. Sentivo le urla di Antonio S.... Urlava: "Aiuto, aiuto, portatemi via", però le voci arrivavano all'interno del fuoco, delle fiamme quindi non potevo fare niente per aiutarlo. "

 

DI. F. R., dipendente THYSSEN KRUPP, primo addetto, quindi responsabile del servizio ecologia e della squadra di emergenza (sul cui ruolo si tratterà infra); DI. F. affermava che, "in pratica", la squadra di emergenza funzionava come "vigili del fuoco interni" (v. udienza 5/3/2009 pag. 76 trascrizioni).
In servizio quella notte, riferiva (udienza 5/3/2009, pag. da 78 a 84 trascrizioni):


DOMANDA (P.M., n.d.e.)- Ci vuole riferire che cosa accadde la sera dell'incendio?
RISPOSTA — Era all''incirca l'una, una e un quarto di notte eravamo appunto io e il mio collega PO. Mauro, a un certo punto sentiamo tramite la radio ricetrasmittente sentiamo le guardie parlare e appunto comunicavano tra di loro dicendo appunto "c 'è un incendio alla 5", a quel punto lì dato che a noi non era suonato nessun tipo di allarme.
DOMANDA - La linea 5 faceva parte di uno di quegli impianti su cui avevate un rimando nella vostra.
RISPOSTA - Onestamente non lo sapevo l'ho saputo poi dopo che(?), comunque non ero al corrente. Nel momento in cui ho sentito parlare i sorveglianti che parlavano di questo incendio presi direttamente la ricetrasmittente chiedendo appunto dove fosse effettivamente l'incendio perché si sentiva solo incendio ma non si capiva, a quel punto lì il sorvegliante quasi urlando mi disse "correte subito alla 5 c'è un incendio" a quel punto lì con il collega abbiamo preso senza badare alla vestizione e compagnia bella siamo corsi direttamente con il fiorino, siamo corsi verso la linea 5.
DOMANDA - Quindi non avete indossato particolari.
RISPOSTA - No in questo momento mi ricordo io avevo solo i guanti che in linea di massima avevamo sempre a portata di mano e siamo partiti. Ho deciso di far guidare il mio collega PO. Mauro anche perché lui era da poco lì con noi faceva parte appunto della squadra di emergenza quindi quando lui guidava io con la ricetrasmittente volevo comunicare comunque al capoturno per appunto comunicargli l'incendio.
DOMANDA - Perché giustamente lei ci ha detto prima che voi vi rapportavate al capoturno manutenzione, perché il capoturno manutenzione nel caso di emergenza che SI. incendi che sia emergenza su un incidente rilevante che funzioni aveva?
RISPOSTA - Il capoturno era colui che comunque sia decideva, tra virgolette, la strategia da adottare, noi comunque sia non potevamo di iniziativa fare praticamente nulla, era sempre il capoturno a decidere se l'intervento poteva essere fatto o meno, anche eventualmente in casi più gravi come magari poteva essere la sera lì chiamare il 115 noi non potevamo in alcun modo farlo.
DOMANDA - Come squadra.
RISPOSTA - Come squadra era sempre il capoturno che aveva.
DOMANDA - Il polso sella (della, n.d.e.) situazione.
RISPOSTA-Sì.
DOMANDA - La sera dell'incendio, diceva mi trovavo a mettermi in contatto col capoturno, qual era la situazione del capoturno la sera dell'incendio.
RISPOSTA - Onestamente non sapevamo, io personalmente né credo il mio collega, non sapevamo in alcun modo chi fosse il capoturno perché appunto da settembre il personale era poco quindi non si capiva effettivamente chi ci fosse in turno o meno, infatti prima del 2007 noi avevamo come capoturno il signor CHI. lui puntualmente ogni inizio turno faceva la prova radio, si provava la radio nel frattempo comunque capivi effettivamente chi era il capoturno, invece dal settembre non si faceva assolutamente nulla, tanto è vero che una volta era successo, era settembre ottobre non ricordo precisamente noi avevamo avuto dei problemi con gli acidi, avevamo troppi acidi, anche in questi casi qui noi dovevamo appunto comunicare con il capoturno, in linea di massima ci si contattava con il capoturno del trattamento che prima di settembre era il signor GV., infatti io cercavo il signor GV. tanto è vero che invece mi rispose il signor Rocco M. dicendomi che il capoturno prima non c'è più si era licenziato quindi era rimasto praticamente.
DOMANDA - Quindi a voi squadra di emergenza non arrivò nessuna comunicazione di chi fosse il capoturno, se ci fosse un sostituto del capoturno in manutenzione e né chi fosse nemmeno il capoturno in quel momento.
RISPOSTA - No.
DOMANDA - Quindi diceva lei provava con la radio.
RISPOSTA - Io provavo con la radio a mettermi in comunicazione con il capoturno ma niente non riuscivo, poi si era appunto deciso di passare, passando vicino alla centrale termica appunto per me era il posto più vicino per poter accedere alla linea 5, lì vi è un portone che in linea di massima appena appena ci si avvicina tramite le fotocellule questo portone si apre in automatico, avvicinandoci con la macchina il portone continua a rimanere appunto chiuso quindi a quel punto scendo dal mezzo, provo a passare direttamente io ma il portone continua a dare esito negativo, a quel punto lì dato che accanto al portone c' è un passaggio pedonale entro all'interno dello stabilimento e mi vedo c'era l'impianto appunto che era completamente sommerso dalle fiamme, c'era fumo non si capiva effettivamente nulla, a quel punto lì provo ad aprire il portone tramite la pulsantiera a vedere se effettivamente era bloccato ma niente il portone continua a rimanere chiuso.
DOMANDA - Dopo di che?
RISPOSTA - Dopo di che rimasi praticamente con il cuore in gola perché la cosa era veramente allucinante.
DOMANDA - Cosa intende con allucinante?
RISPOSTA - Appunto quell'attimo lì non capivo effettivamente cosa stesse succedendo, sono uscito nuovamente per comunicare al mio collega cosa stava succedendo e di recarsi dato che lì l'accesso non poteva avvenire dato che il portone era chiuso gli dissi di passare dall'altro ingresso che si trova di fronte alle palazzine, io ho detto che ci saremmo visti poi direttamente all'interno io avrei continuato a piedi, a quel punto lì la cosa che mi ricordo, ripeto la visuale era molto, non si vedeva niente tra il fumo poi c 'era questo odore acre, mi ricordo che c 'erano le docce antiacido aperte però la cosa strana è che c'era la pace più assoluta non si sentiva assolutamente nulla, tanto è vero che io pensavo probabilmente sono scappati via tutti quanti. Tento di andare leggermente più avanti io non riuscivo a vedere il passaggio diciamo era coperto dalle fiamme quindi non c'era possibilità di arrivare oltre, di arrivare vicino al gabbiotto praticamente, a quel punto lì il calore era eccessivo, sono tornato indietro e tramite un passaggio che collega la linea 5 alla linea 4 ho fatto appunto il giro passando dalla linea 4, correndo mano mano che mi avvicinavo alla trasversale che l'unico altro accesso per poter arrivare alla linea 5, sentivo gente che urlava, ci sono feriti ci sono morti era un po' un caos generale c'era un po' di gente in terra, gente dappertutto non si capiva niente, man mano che procedevo poi un momento è arrivato quasi in prossimità della 5 dovevo ancora praticamente fare il giro, incrocio il signor P.G. che correva come un forsennato e gridava " sono tutti morti" non volevo credere a quello che stava dicendo però non si capiva praticamente nulla, praticamente man mano che mi avvicinavo al gabbiotto, ripeto la visuale era presso che nulla, man mano che mi avvicino intravedo 2 corpi a terra, lì per lì era tutto confuso non sapevo dove sbattere la testa, a un certo punto incrocio Antonio Bo., aveva le mani ai carrelli infatti lì per lì dico ma perchè non avete chiamato perchè non ci avete avvisato e lui appunto disperato mi dice, " abbiamo provato ma i telefoni non funzionavano non so cosa sia successo ", quando poi abbasso lo sguardo il primo corpo che ho visto era il corpo che inizialmente non ho riconosciuto né S. né L. perché erano irriconoscibili, i corpi erano praticamente carbonizzati, fumavano ancora quindi, la cosa che mi gelava il cuore era il fatto che erano colleghi comunque non sapevo chi fossero ma non avevo la possibilità però di riconoscerli quindi, appunto Roberto S. era riverso a faccia a terra era disteso praticamente, tutti e 2 che si lamentavano che gridavano " portateci via da questo inferno, portateci via di qua " e urlavano comunque, invece L. era in una posizione fetale tutto raggomitolato e si dondolava un po' a destra un po' a sinistra anche lui urlando disperatamente di portarlo via da lì, poi ripeto io non sapevo effettivamente chi fossero, non avevo la più pallida idea. Mano mano che loro urlavano ho riconosciuto la voce di Roberto S., a quel punto lì infatti ho parlato io dicendogli Roby stai tranquillo che adesso i soccorsi arrivano e lui di rimando mi disse , chiese appunto chi fossi e io gli risposi sono Roby dell'ecologia e lui mi disse " Roby sto tranquillo " tempo che ha finito di dire questa frase ha ricominciato a urlare dal dolore.
DOMANDA - A questo punto voi avete cercato di intervenire in qualche modo sullo spegnimento dell'incendio.
RISPOSTA - Io appunto una volta che ho parlato con Roberto ero leggermente oltre il gabbiotto c'erano altri 2 colleghi, uno era F. S.F. e vedevo che aveva una manichetta in mano allora lì per lì sono andato in contro per cercare di dargli una mano, ho preso la manichetta l'abbiamo srotolata, nel momento che poi si è aperta l'acqua io avevo la manichetta già aperta in mano direzionata c'era un muletto che aveva preso fuoco, ho indirizzato la manichetta lì ma nel momento in cui è arrivata quel po' d'acqua lì ho sentito un boato con il fuoco che veniva sempre verso la nostra parte quindi ho lasciato tutto quanto insieme a S.F. e un altro collega che onestamente non mi ricordo chi fosse e siamo corsi a quel punto lì poi dato che si sentivano, si continuavano a sentire come delle esplosioni abbiamo poi deciso di spostare i ragazzi, secondo noi, non sapevamo cosa poteva ancora succedere quindi abbiamo deciso di spostarli.
DOMANDA — Dopo di che sono arrivati i soccorsi è successo qualche cosa?
RISPOSTA - Sì gli attimi sembravano eterni non so quanto ci abbiano messo sembrava tutto molto lungo, i primi ad arrivare se non vado errato è stata la Polizia infatti c 'era un poliziotto che correva verso di noi aveva un estintore in mano e poi mano mano sono arrivate le ambulanze e da lì poi hanno soccorso i ragazzi. Poi c'era un'altra cosa, una cosa che mi è rimasta ancora tutt'ora mi porto avanti, sentivamo delle fiamme però non si vedeva nulla e si sentiva, poi ho saputo dopo che era Antonio S. che urlava e continuava a chiedere aiuto però non vedevamo dove fosse non si vedeva assolutamente nulla.
DOMANDA - Perché la situazione qual era, lei ce l'ha già detto, le fiamme e fumo.
RISPOSTA - Fiamme e fumo, l'impianto c'erano le fiamme altissime sentivamo solo lì per lì sembravano le grida che venivano dall'altra parte poi in realtà sempre con F. S.F. infatti lui mi fa "andiamo a vedere se riusciamo a fare qualcosa" eravamo in 2 ci avvicinammo leggermente invece la voce arrivava da dentro le fiamme praticamente, questa voce continuava a dire " portatemi via da qua, non voglio morire qui, portatemi via ", l'unica cosa appunto non c'era alcun modo era un muro di fiamme non c 'era la possibilità di poter, e in più stessa cosa abbiamo sentito nuovamente delle esplosioni allora a quel punto lì abbiamo spostato.
DOMANDA - I soccorsi sono arrivati non chiamati direttamente da lei da quanto ho capito.
RISPOSTA - No io infatti avevo soltanto la ricetrasmittente continuavo dal momento in cui sono arrivato lì continuavo a chiamare le guardie a dire i soccorsi e loro di rimando mi rispondevano sempre sono stati già avvisati devono arrivare staranno arrivando però io non ho chiamato nessuno anche perché avevo solo la ricetrasmittente.
DOMANDA - Solo la ricetrasmittente non aveva altri mezzi, ha chiamato poi qualcuno anche dell'azienda?
RISPOSTA - Poi dopo finito lì poi sono arrivati come dicevo la Polizia l'ambulanza e poi mano mano sono arrivati i vigili del fuoco tanto è vero che ho collaborato con un vigile del fuoco, non so chi fosse infatti mi chiedeva appunto dove poter accedere alla 5 passando dall'altra parte dall'entrata bloccata diciamo e infatti continuavo a dirgli andate che c 'è qualcuno ancora nelle fiamme andate, lui di rimando disse "non è che possiamo buttarci e vedere, valutare, qui è sicuro che non si passa quindi" poi una volta che hanno preso in mano loro la situazione ci hanno detto a noi di allontanarci. A quel punto lì dopo ho chiamato il mio capo diretto il signor Davide GIO. e l'ho chiamato al numero breve dicendogli appunto cosa era successo, dopo mano a mano è arrivato SA. e poi CAF., CAF. e SA. adesso non ricordo chi prima e chi dopo.


PO. M., addetto al reparto ecologia ed alla squadra di emergenza dal settembre 2007, prima lavorava allo skinpass 56 che riferiva (v. udienza 5/3/2009, pag. 98-100 trascrizioni):


"DOMANDA (P.M., n.d.e.) - La notte del 6 dicembre 2007 che cosa è successo?
RISPOSTA - Adesso non ricordo bene, era passata mezzanotte da un po' l'una, non mi ricordo bene, noi eravamo in ecologia nel nostro stanzino e abbiamo sentito per la radio, perché noi avevamo la radio collegata col capoturno e con le guardie, abbiamo sentito parlare DI. F. che una guardia diceva " c'è un incendio alla 5" e allora abbiamo guardato l'allarme sonoro e visivo noi avevamo una campana che suonava e un allarme rosso che si accendeva che ci avvertiva che c'era un incendio ma era spento, allora poi DI. F. ha detto "ma c 'è un incendio? Perché a noi non risulta" e loro ci hanno detto "sì è corretto che c'è un incendio alla linea 5", dopo di che ci siamo messi il giubbotto abbiamo preso il fiorino e siamo andati verso la linea 5, siamo passati da dietro.
DOMANDA - Le faccio una domanda prima, lei ha detto che dovevate chiamare il capoturno, avete chiamato il capoturno in quella circostanza?
RISPOSTA - Sì è vero abbiamo cercato il capoturno però non ha risposto, abbiamo cercato comunque sì.
DOMANDA - Voi sapevate chi era il capoturno quella notte?
RISPOSTA - Di preciso no però le sere prima avevamo sentito M. quindi pensavamo, perché noi non lo sentivamo proprio sempre il capoturno cioè, quindi pensavamo comunque che ci fosse M., abbiamo provato a contattarlo è vero sì e poi siamo partiti sì. Siamo passati dalla linea 5 da dietro abbiamo provato a andare nel portone di dietro, il DI. F. mi guidava perché io la fabbrica non la conoscevo bene, sapevo bene il posto dove lavoro io ma dietro non la conoscevo bene quindi mi ha guidato lui si è fermato è sceso per andare ad aprire il portone e il portone non si apriva, allora mi ha detto che lui passava a piedi dalla campata 4 e di fare il giro, io ho fatto il giro che conoscevo sono entrato da un portone dove c'è una macchina che si chiama carrellone e quando sono entrato dal lato del fiorino che il portone era aperto, ho superato la prima campata dove si fa una specie di s piccolina proprio e mi sono visto davanti delle persone semi carbonizzate che camminavano ancora però e mi sono spaventato, una di queste persone non so dirle chi è stato non sono riuscito a riconoscerlo mi ha detto "vai alla linea 5 che ce ne sono ancora 3 per terra ", io sono andato verso la linea 5, per andare verso la linea 5 bisognava passare dentro dei binari perché c'era una macchina che seguiva delle rotaie, sono passato dentro dei binari prima di arrivare alla linea 5 alla campata 5 ho visto DI. F. che arrivava di corsa dalla 4, ho visto che mi faceva dei gesti, pensavo di dover andar di là poi alla fine mi diceva solo di andare dritto io poi ho fatto inversione a u, sono entrato nella campata 5, ho girato subito a sinistra e ho posteggiato il fiorino a sinistra e a destra c'erano le fiamme, sono sceso dal fiorino e sono corso verso le fiamme, a 10 - 15 metri dalle fiamme ho sentito come un'esplosione una vampata di fuoco mi sono preso paura sono tornato indietro una decina di metri, sono ritornato su e mi sono trovato una persona carbonizzata S., fiamme alte che arrivavano dal carroponte, poco più avanti dopo un pochino ho riconosciuto L. Angelo avevo tanta paura non sapevo cosa fare, la prima cosa che mi è venuta in mente è correre nel furgone e cercare una coperta antifuoco per trasportare via.
DOMANDA - Le persone che lei ha visto erano ancora avvolte dalle fiamme o non più?
RISPOSTA - No non erano più avvolte dalle fiamme no.
DOMANDA - Erano fuori dall'incendio?
RISPOSTA - Sì erano fuori dall'incendio, sono andato verso il fiorino di nuovo ma ero in panico e la coperta dopo 2 minuti ho visto che non la trovavo sono tornato indietro e ho detto agli altri che erano lì di portare via almeno i feriti tanto l'incendio era molto grosso nono sapevo proprio cosa fare.
DOMANDA - Avete tentato di intervenire per spegnere l'incendio lei e il suo collega DI. F. o altre persone?
RISPOSTA - Io no, DI. F. no mi sembra no forse voleva intervenire ma mi sembra che gli ho detto lascia stare tanto non c'è niente da fare portiamo via loro io avevo detto, volevo portare via i ragazzi, non avevo neanche il coraggio di toccarli non sono riuscito a prenderli in mano a portarli via.
DOMANDA - Le persone che lei ha trovato erano in piedi camminavano o erano a terra?
RISPOSTA - Uno era, S. era sdraiato era carbonizzato, L. era rannicchiato su se stesso schiena a terra e rotolava da una parte e dall'altra, io non sono riuscito a prenderli, ho cercato di far forza alle altre 4 persone che erano con me in quel momento che li hanno presi e cercavo di togliergli la cosa dalla strada qualsiasi cosa ci fosse una pedana un po  di carta di spostare le cose, io non avevo il coraggio di prenderli in mano avevo paura di fargli male e poi li hanno portati una decina 20 metri.
DOMANDA - Li hanno allontanati dal fuoco?
RISPOSTA - Sì via dalle fiamme, dopo di che ci siamo chiesti dove fossero i vigili del fuoco alloro sono andato verso la campata 4.
DOMANDA - Le faccio solo una domanda, in quel momento non erano ancora arrivati i soccorsi non c'era ancora nessuno o era già arrivato qualcuno?
RISPOSTA - No non c 'era ancora nessuno e io sono andato verso la campata 4 e poi verso l'uscita per vedere se arrivavano i vigili e li ho visti che correvano verso la campata 3.
DOMANDA - I vigili del fuoco?
RISPOSTA - Sì. In quel momento gli sono corso dietro e gli ho fatto vedere dove era l'incendio, loro mi chiedevano cosa stesse bruciando ma io non ne avevo idea, in quella macchina io non conoscevo nulla ero andate tante volte vicino al gabbiotto a chiedere al gruista se mi spostava i rotoli ma di quella macchina lì non sapevo nulla e dopo di che loro mi hanno detto adesso ci pensiamo noi voi uscite tutti quanti e allora io sono uscito e sono andato al posto di ritrovo che sta fuori dalla fabbrica e ho aspettato che arrivasse anche DI. F. che l'avevo perso di vista cercando i vigili.


REG. P., elettricista di pronto intervento: dal 2001, ha lavorato sino ad agosto 2007, poi "in ferie" su ordine dell'azienda sino al 30/9/2007, poi sino al 31/12/2007; MA il 10-12 novembre 2007 RICHIAMATO in servizio dall'azienda: riprende servizio a metà novembre, sempre come elettricista di pronto intervento.
REG. riferiva (udienza 5/3/2009 pag. da 119 a 124)

DOMANDA (P.M., n.d.e.) - Da dove le sente lei le urla?
RISPOSTA — Le sento in lontananza perché deve capire che la mia cabina è chiusa non è che, però ho sentito come un grido, di fatti faccio a SA., hai sentito? E lui mi fa no cosa? "perché o penso molto o forse non aveva percepito, non faccio in tempo a finire che sento queste urla più vicine, le sente anche lui ci alziamo di scatto e io gli dico, si è fatto male qualcuno alla linea 4 che era la linea più vicina a noi, esco e alla linea 4 mi pareva tutto normale, il carrellone che era davanti alla linea non c'era nessuno, istintivamente mi dirigo verso la linea 5, come sbuco nella campata della linea 5 vedo un muro di fiamme così, ho detto cavolo qua c'è un incendio io non so, io facevo parte tra le altre cose della squadra di emergenza.
DOMANDA - Perché la squadra di emergenza come era composta? Teoricamente.
RISPOSTA - Dal manutentore elettrico, dal manutentore meccanico dai ragazzi dell'ecologia che avevano l'attrezzatura fiorino attrezzato per poter intervenire e dal capoturno che doveva coordinare l'intervento il nostro, io non sapevo che il povero M. era lì, io non sapevo nulla.
DOMANDA - Lei ha detto diciamo la squadra di emergenza in qualità di manutentore elettrico che teoricamente doveva essere coordinata da un capoturno, non sapeva quella sera chi fosse eventualmente, probabilmente pensava non ci fosse a quanto ho capito.
RISPOSTA - No sapevo in via informale perché CHI. prima di andare mi aveva spiegato che il responsabile tra l'altro il responsabile 1 che sarebbe il capo di produzione presente e io non sapevo dove era M. in quel momento lì per me poteva essere alla linea 5 come poteva essere allo skimper 62 per quanto ne sapessi io.
DOMANDA - Il capoturno diciamo produzione/manutenzione quindi che assommava in sede 2 figure girava per lo stabilimento.
RISPOSTA - Sì girava per lo stabilimento e se c'era un problema su un impianto specifico lui era lì.
DOMANDA - Interveniva.
RISPOSTA - Certo, o chiamato da noi o chiamato dagli addetti, io ho visto questo muro di fiamme alto, altissimo e mi sono naturalmente spaventato però in me ho detto io non lo so che dovrei saperlo non è stato dato l'allarme allora cosa faccio torno da dove sono venuto dalla cabina della linea 4 che era la più vicina, sono entrato in cabina c'erano 2 ragazzi uno era BEG. me lo ricordo e l'altro non ricordo chi fosse e gli ho chiesto, avete visto che c'è un incendio alla linea 5, avete dato l'allarme? Fanno no "non mi hanno detto nulla" allora prendo sto telefono e telefono alle guardie dicendo c 'è un incendio alla linea 5, correte venite, metto subito giù, anzi gli ho detto chi ero sono REG. ho detto sono l'elettricista mi sono fatto conoscere e poi sono riuscito, riesco e vedo il signor B.P. davanti e gli dico le stesse cose, lui aveva già visto tutto molto meglio di me e aveva il telefonino in mano e mi fa ho già chiamato io i pompieri e il 118. Vado torno in campata con l'idea di staccare corrente, non faccio in tempo a girare l'angolo che vedo BO. piangendo viene verso di me e mi si butta alle gambe dicendo "sono tutti morti sono tutti morti ", gridava e piangeva, io l'ho preso in braccio si può dire l'ho sollevato e ho provato a metterlo di fianco da parte, nel fare quello ho alzato sentivo oltre le fiamme sentivo anche degli SC. dei boati una cosa del genere, per cui ho alzato lo sguardo verso di là e ho visto nel passaggio 10 metri avanti a me 15 metri come un cumulo di stracci, e ho detto ma chi è qual pazzoide che ha messo gli stracci lì in mezzo, e sono andato avanti e ho visto che era un corpo messo con la pancia in giù braccia e gambe larghe e più mi avvicinavo l'ho riconosciuto, l'ho riconosciuto che era il povero S. perché lo conoscevo bene, ben che fosse carbonizzato ho riconosciuto la persona ho visto che era lui, mi sono avvicinato fino a lui e ho visto che perdeva il liquido dalla bocca si lamentava e gli ho detto, stai tranquillo adesso abbiamo chiamato, non sapevo più cosa fare, c'è stato un attimo che non andavo a staccare corrente e non facevo nulla ero lì non so dirle quanto 15-30 secondi, lo guardavo e poi ho detto caspita, mi è venuto in mente come se dovesse scoppiare il forno perché io non capivo la profondità, vedevo solo un muro di fiamme e il muletto una cosa che bruciava che poi ho capito che fosse il muletto lì davanti, avevo paura che fosse più vicino al forno, ho detto se scoppia il forno siamo tutti morti qua, allora di scatto mi sono voltato sono entrato in cabina e la prima cosa che ho staccato sono tutti i ventilatori dei forni e poi man mano ho proseguito ho staccato tutte le utenze e i secondari dei trasformatori gli MCC e via via fino al 22000, sono riuscito dalla cabina e lì stavano già arrivando altri, ambulanze c'era il personale del 118 che stavano andando a prendere questo povero ragazzo, io sono stato lì un attimo con loro, è arrivato un pompiere o un responsabile dei problemi che mi fa " è lei l'elettricista? " ho detto sì sono io, " noi qua dobbiamo cominciare a spegnere" voleva sapere se l'impianto era in sicurezza e io gli dissi, sì l'impianto è staccato tutto non si preoccupi, sulla linea non c'è più corrente potete fare quello che volete, fa " bene allora lei rimanga qua a nostra disposizione perché se noi abbiamo bisogno di un elettricista per qualsiasi cosa sappiamo che è qua " e mi ha fatto rimanere lì nella zona tunnel e lì sono rimasto un po', intanto è venuto il mio collega SA. dicendomi " guarda che non riescono a aprire il portone all'ingresso della linea 5" ho detto, ansiamo in cabina prendo la borsa dei ferri e andiamo giù, corriamo andiamo giù alla veloce e passo dalla linea 4 c'è un passaggio una portino in fondo entro dove c'era l'apparecchiatura svito e quando sono stato davanti all'apparecchiatura ho detto che caspita c'è che non funziona, ho tolto corrente e questa probabilmente era derivata da lì.
DOMANDA - Quindi non era autonoma .
RISPOSTA - Esco fuori dalla portina e glielo dico ai pompieri che erano lì, ho detto guardate che se dobbiamo alzarla prendiamo un muletto e la tiriamo su tanto è un telo e uno dei pompieri ne dei responsabili penso mi fa " no è meglio che non la solleviamo perché essendo aperta l'altro portone dall'altra parte potrebbe fare" io sono rimasto anche un po' interdetto ho detto scusate prima avete detto che la apriamo poi non l'apriamo, comunque sappiate che se vogliamo aprirla dobbiamo aprirla così ma lui ha detto si non farlo e allora con SA. ho detto senti Pino mi è venuto in mente che non avevo chiuso la valvola del gas del metano e ho detto sarebbe meglio magari andare dietro al forno che l'avevo già in testa da prima, lui era rimasto un po' lì si vedeva che non voleva seguirmi.
DOMANDA - Perché aveva timore che succedesse qualcosa?
RISPOSTA - Sì perché comunque c 'era fumo, ho detto dai Pino un attimo siamo qui, siamo andati siamo andati dietro al forno ho chiuso la valvola e sono tornato su a piedi poi e lì sono rimasto fin quando non sono venuti a prendermi con la macchina e non so chi fosse penso uno della Polizia e mi fa "c'è bisogno che vieni giù all'ingresso" però pensavo per qualcosa di elettrico, sono arrivato lì e vedevano che c'erano questi funzionari queste persone che avevano questo elenco di persone, la lista dei nomi perché non erano sicuri chi fossero presenti perché in genere c'era qualcuno in straordinario e avevo notato che lì adagiato c'era coperto fuori era la 4 e la 5 c'era quello che era una persona perché vedevo gli scarponi e sentivo dire da loro che poteva essere S. però loro non avevano la certezza e io gli ho detto, sentite se pensate che possa essere utile alla cosa io S. lo conosco molto bene da quando era lì che era nella mia squadra, ho detto, forse se volete posso provare a riconoscere perché io mi immaginavo che fosse nelle condizioni del povero S., c'è stato un attimo di titubanza da parte del 118, poi va bene venga vediamo e mi hanno tolto fino qua al bacino e l'ho riconosciuto perché era riconoscibile, era tipo mummificato se posso usare questa espressione, non era carbonizzato non era come mi aspettavo io era così bronzo diciamo mummificato però i lineamenti erano i suoi di fatti l'ho riconosciuto, gli ho detto sì questo è S..
DOMANDA - S. Antonio aveva lavorato per lei o nella sua squadra come addetto manutentore elettrico S. in che modo avevate lavorato insieme.
RISPOSTA - lavorava insieme nel senso nel mio turno quindi lo conoscevo perché non tutti quei ragazzi che sono morti erano del mio turno, del mio turno c'era soltanto S. e L., tutti gli altri ragazzi erano prima del rimpasto della modifica erano di altre squadre io li conoscevo di vista, perché li vedevo nel cambio turno negli spogliatoi però non conoscevo neanche i cognomi, invece S. no lo conoscevo bene perché era sempre stato nel mio turno e ogni volta che andavo alla 5 parlavo con lui per i problemi della linea, era il primo di linea.
DOMANDA - Ed era competente?
RISPOSTA - Era molto competente."


P.G. G., dipendente THYSSEN KRUPP dal 1995, allo skinpass, poi RSU FIOM CGIL dal 2004: con mansioni di "rimpiazzo"; quella notte addetto al reparto finimento; riferiva (udienza 11/3/2008 pag. da 12 a 19 trascrizioni):


RISPOSTA - Alle 11 e mezza sono andato alla linea 5 per parlare appunto con Antonio BO., giunto alla linea 5 trovai l'impianto fermo e vidi che sull'impianto comunque c'erano due elettricisti che cercavano di operare per far ripartire l'impianto, mi sembra che, però di questo non sono sicuro, che l'impianto fosse fermo già da qualche ora precedente al turno di notte quindi già dal turno pomeridiano era fermo l'impianto, niente con Antonio BO. si fece la valutazione del perché l'azienda non ritenesse più di incontrarci e fino a che sono stato lì i lavoratori erano all'interno del pulpito e tengo a precisare.
DOMANDA (P.M., n.d.e.)-1 lavoratori della linea erano all'interno del pulpito?
RISPOSTA - C'erano tutti i lavoratori all'interno della linea sua il capoturno Rocco M. che non era lì presente in quel momento, tengo a precisare che per tutta la durata del mio soffermarmi sull'impianto a parlare con Antonio BO. e successivamente con i lavoratori perché poi ormai era diventato il dialogo di tutti il cosa si faceva il dopo, per tutta la durata dell'essere stato lì sulla 5 fino a mezzanotte e mezza non c'era sosta di preparazione di cibi di preparazione di alcun tipo di cena possibile immaginabile.
DOMANDA - Cosa facevano i lavoratori della linea 5?
RISPOSTA - Erano all'interno del pulpito in attesa che gli elettricisti desse (ndr. dessero) l'ok per ripartire con l'impianto.
DOMANDA - Erano tutti a parlare con lei quindi tranne Rocco M..
RISPOSTA - Sì, certo si parlava tutti quanti tra di noi del più e del meno ripeto.
DOMANDA - Si ricorda chi erano le persone, l'unico che non c'era ancora era Rocco M., le altre persone decedute.
RISPOSTA - Ricordo che Giuseppe D.M. era all'interno del gabbiotto dislocato per il collaudatore perché lui al collaudo di macchina alla 5, i restanti lavoratori erano all'interno del pulpito se vuole gli elenco i nomi.
DOMANDA - Sì, mi dica pure i nomi.
RISPOSTA - S. Roberto, Schiavoni Antonio,Angelo L., R. Rosario, sopraggiunse poi in un secondo momento S. Bruno e Antonio BO. che era lì con me che parlavamo dell'accordo.
DOMANDA - A che ora si è allontanato dalla linea 5?
RISPOSTA - A mezzanotte e mezza mi sono allontanato dall'impianto e mi sono recato al reparto di appartenenza anche perché avevo, sembrava che ci fosse stato un ulteriore rotolo da lavorare sull'impianto perché i rotoli, sul mio impianto dove ero stato messo lì come rimpiazzo.
DOMANDA - Va bene, poi cosa è successo? Quando lei si è allontanato diceva la linea era ancora ferma la linea 5.
RISPOSTA - Quando sono andato via dalla linea sì la linea era ancora ferma e gli elettricisti erano ancora lì.
DOMANDA - C 'erano ancora gli elettricisti.
RISPOSTA - Sì c 'erano ancora gli elettricisti lì che cercavano di capire il guasto quale fosse, sono tornato nel mio reparto dove ho iniziato a movimentare la gru da 35 tonnellate che mi era stata data come mansione per quella sera e mi apprestavo a caricare il rotolo in questione da lavorare, dopodiché vidi arrivare T.R. g. il carropontista del carroponte della campata 103.
DOMANDA - Verso che ora?
RISPOSTA - L'una perché dopo 5 minuti che lui da lontano mi gridava che era scoppiata la 5 e che erano morti tutti.
DOMANDA - T.R. è un suo collega è arrivato.
RISPOSTA - E' arrivato in reparto gridandomi da lontano che la linea 5 era scoppiata e che erano morti tutti, a quel punto in un primo momento dico la verità non ho voluto credere a quello che mi dicesse, pensavo a uno scherzo un bruttissimo scherzo e quando poi mi resi conto che non era uno scherzo perché nell'avvicinarsi lo vedevo con un viso sconvolto gli occhi pieni di lacrime mi sono reso conto che realmente c'era qualcosa. A quel punto ho fatto sì di mettere in sicurezza il carroponte e nell'andare giù non dalla campata 103 ma dalla campata 104 dalla campata dove ero.
DOMANDA - La campata 103 e la campata 104 cosa sono?
RISPOSTA - Sono i reparti e vengono denominati così all'interno dello stabilimento, la campata 104 è quella dove si trova lo skipper 62 e se si percorre.
DOMANDA - Dove era lei quindi?
RISPOSTA - Dove ero io, se si percorre in lunghezza si arriva fino ad arrivare alla linea 4, alla linea 4 e nell'andare giù vidi l'orologio e mi segnala l' 1 e 05.
DOMANDA - Andava verso la linea 5 quindi.
RISPOSTA - Esatto, presumo che T.R. g. sia arrivato lì a darmi notizia dell'impianto che era scoppiato intorno all'1.
DOMANDA - 5 minuti dopo.
RISPOSTA - Sì, il tempo di mettere in sicurezza la gru. Dopodiché sono andato giù e tra il passaggio della linea 4 e quindi tra il passaggio tra la campata 104 e la campata della linea 5 la campata 5 nel sottopasso la prima persona che vidi fu Rocco M. accompagnato dal signor Antonio RUS. collaudatore nel reparto di qualità, faceva parte del reparto di qualità dello stabilimento.
DOMANDA - Come si presentava Rocco M.?
RISPOSTA - Rocco M. l'impatto che ebbi mi si presentò una persona con il corpo tutto ustionato sembrava bollito, il capoturno non faceva altro che ripetermi di avvisare la famiglia e non farli spaventare e di cercare di fargli capire cosa era accaduto ma di non preoccuparli più del dovuto in merito a quello che era accaduto.
DOMANDA - Quindi era cosciente camminava?
RISPOSTA - Sì, era cosciente camminava sulle sue gambe e era accompagnato a sua volta dall'operatore di qualità il signor Antonio RUS. che però non so dire se Antonio RUS. era intervenuto o meno ad apprestare soccorso.
DOMANDA - Lei lo ha visto lì in quel momento.
RISPOSTA - Esatto l'avevo visto in quel punto lì dello stabilimento, dopodiché rivolgendomi al signor Antonio RUS. dissi di accompagnare il capoturno Rocco M. al punto di incontro con le ambulanze, il punto di ritrovo che era dislocato all'interno dello stabilimento che a sua volta le ambulanze erano state messi in allerta da Piero B.P. primo addetto della linea 4, presumo che fu il 118 poi a mettere in allerta a sua volta i vigili del fuoco.
DOMANDA - Quando lei è arrivato c'erano già le autoambulanze c'erano già i vigili del fuoco, chi c'era lì?
RISPOSTA - No, al momento quando sono arrivato c'erano i lavoratori, c'era la stragrande maggioranza dei lavoratori che alcuni che piangevano gridando scappando e non erano coscienti e a quel punto mi resi conto che bisognava in qualche modo intervenire, tant'è vero che dopo aver fatto accompagnare il capoturno Rocco M. mi recai all'interno del reparto della 5, entrando nel reparto della 5 in lontananza c'era fumo nero molto acre, era pesante da respirare ma nonostante tutto ciò mi avvicinavo sempre di più all'impianto.
DOMANDA - L'incendio era ancora in corso in quel momento?
RISPOSTA - Sì, nel frattempo che scendevo giù ho udito 2 piccole esplosioni e una terza molto forte, a quel punto quando sono arrivato, più mi avvicinavo all'incendio vidi.
DOMANDA - L'incendio in quel momento quanto si estendeva cosa investiva quanto erano alte le fiamme come si è sviluppato.
RISPOSTA - Stiamo parlando ...
DOMANDA - Fin dove arrivavano le fiamme?
RISPOSTA - Vedevo fiamme che erano altezza di 8 - 9 metri all'incirca, diciamo che arrivavano quasi al tetto del capannone. Poi tra l'altro i primi 2 che incontrai furono DE. M. Giuseppe e S. Bruno che anche loro sulle loro gambe però con il corpo completamente ustionato mi chiedevano cosa si erano fatti perché non riuscivano a vedersi.
DOMANDA - Loro comunque stavano uscendo dall'incendio quando lei li ha visti?
RISPOSTA - Sì, io li ho incontrati sul percorso che loro facevano per uscire fuori dal reparto, ma ripeto barcollavano nel senso che non erano coscienti e non avevano visuale di cosa stessero facendo e di dove si stavano recando, tanto è vero che sopraggiunsero altri colleghi che gli disse di farli accompagnare fuori e farli portare al punto di ritrovo delle ambulanze, a quel punto presi anche la decisione di fare allontanare Antonio BO..
DOMANDA - Antonio BO. era sul posto?
RISPOSTA - Sì, Antonio BO. era lì sul posto e presi la decisione di farlo allontanare perché era in completo stato di shock e non faceva altro che gridarmi gesticolandomi anche perché in lontananza non riuscivo a capire mano a mano che mi avvicinavo Antonio BO. mi disse che all'interno delle fiamme c'era ancora Antonio S. e lo feci allontanare perché in più riprese fece il gesto di cercare di tirar fuori il collega dalle fiamme.
DOMANDA - E di avvicinarsi all'incendio?
RISPOSTA - Avvicinarsi per tirar fuori il collega, a quel punto nel girarmi dietro di me vidi il signor Michele Campobasso che tra l'altro è operatore di macchina, era operatore di macchina dello skimpass 62 e gli dissi di allontanare BO. per timore della sua incolumità.
DOMANDA - Di accompagnarlo fuori.
RISPOSTA - Di accompagnarlo fuori perché nello stato in cui si trovava non poteva essere utile a nulla quindi lo feci allontanare.
DOMANDA - Nel frattempo i suoi amici erano stati allontanati?
RISPOSTA - No, nel frattempo c'era S. Roberto rivolto a pancia a terra che nell'avvicinarmi e nel gridargli per farmi riconoscere dalla voce mi disse di far sì... di non farlo morire perché aveva due figli piccoli.
DOMANDA - Era fuori dalle fiamme Roberto S.?
RISPOSTA - Sì, era fuori dalle fiamme, anche perché le fiamme quando sono arrivato io non erano più in larghezza ma in altezza.
DOMANDA - Non investivano più il corridoio?
RISPOSTA - No, esatto non investivano più il corridoio.
DOMANDA - Si espandevano soltanto di altezza sul macchinario quindi?
RISPOSTA - Sì, sul macchinario in altezza e non più in larghezza non investendo più il corridoio di passaggio, dopodiché mi girai e vidi seduto a terra R. Rosario che a sua volta lui molto più cosciente di S. Roberto mi disse di non preoccuparmi di lui ma di preoccuparmi piuttosto di S. Roberto e di Angelo L. che erano molto più messi male di lui, avvicinandomi a L. anche in quel caso dovetti urlare.
DOMANDA - Dove si trovava L.?
RISPOSTA - Era un poco più distante di S. Roberto, ma presumo che comunque SI. stati spostati all'atto dell'incendio dai colleghi che intervennero a spegnere le fiamme con i propri giubbotti.
DOMANDA - Quando lei li ha visti non avevano più fiamme addosso?
RISPOSTA - No, non avevano più fiamme addosso però avevano i corpi completamente carbonizzati, tant'è vero che ricordo la posizione di L. che sembrava un bimbo appena nato cioè una persona di una certa altezza ridursi in quelle condizioni, e anche in quel caso dovetti alzare la voce per farmi riconoscere.
DOMANDA - Lui non vedeva?
RISPOSTA - No, non mi poteva vedere perché gli occhi completamente andati.
DOMANDA - Però era cosciente? Anche L.?
RISPOSTA - Sì era cosciente perché L. mi ripetè di non abbandonare la moglie con i figli di stare vicino alla propria famiglia di accompagnarli in questa situazione. Dopodiché sopraggiunse F. S.F., a F. S.F. gli chiesi di andare nel pulpito a telefonare alla squadra di emergenza dello stabilimento per metterli al corrente dell'accaduto.
DOMANDA - La squadra di emergenza non era ancora arrivata? Lei non li aveva ancora visti in quel momento? Quando sono arrivati?
RISPOSTA - Sono arrivati successivamente, tempisticamente non glielo so dire però quando poi io sono uscito.
DOMANDA - Lei disse a S.F. di chiamarli?
RISPOSTA - Esatto io dissi a S.F. di chiamarli in quel momento poi andò nel pulpito per chiamare la squadra di emergenza e dopodiché quando uscii mi trovai i barellieri del 118 che incominciavano a rimuovere i corpi dei colleghi da terra, non gli saprei dire in quanto tempo sopraggiunse un vigile del fuoco con la radiotrasmettente che cercava di dare indicazione ai colleghi per entrare nel reparto. A quel punto il vigile del fuoco mi chiese di staccare tensione su tutto l'impianto e di rimanere solo le luci del capannone.
DOMANDA - Solo l'illuminazione?
RISPOSTA - Solo l'illuminazione del capannone, staccando invece tensione sulla linea, cosa che io non essendo manutentore elettrico non essendo manutentore meccanico e quindi non sapendo dove mettere le mani mi rivolsi all'elettricista che mentre io uscivo dal reparto lui entrava il collega Paolo REG., cosa che una volta riferitogli la richiesta dei vigili del fuoco uscì fuori, nell'uscire fuori dalla campata della linea 5, nella campata della linea 4 di fianco alla campata della linea 4 vidi il Fiorino della squadra di emergenza dello stabilimento quindi non so dire.
DOMANDA - Quando sono arrivati.
RISPOSTA - Esatto non gli saprei dire quando sono arrivati precisamente.
DOMANDA - O quando lei è uscito il Fiorino era lì. A questo punto i feriti erano stati soccorsi, c 'erano anche i vigili del fuoco in questo momento?
RISPOSTA - Sì perché arrivò il vigile del fuoco che quando gli dissi che all'interno delle fiamme c 'era ancora il collega Antonio S., il vigile del fuoco con la trasmittente, devo dire la verità magari sono stato anche un poco irruente nei confronti del vigile del fuoco perché sapevo che all'interno delle fiamme c'era il collega e prendendolo dal bavero della giacca gli dissi di intervenire.
DOMANDA - Antonio S. non era ancora stato estratto dalle fiamme?
RISPOSTA-No.
DOMANDA - Quindi tutte le altre persone sì.
RISPOSTA - Sì, le altre persone erano già state soccorse però.
DOMANDA - Lo sapeva che c'era ancora S.?
RISPOSTA - Sì perché me lo comunicò Antonio BO. e quando Antonio BO. me lo comunicò mi resi conto anche che le urla che sentivo di aiuto provenivano dalle fiamme ed era il collega Antonio S.. Però ti rendi conto che ...
DOMANDA - Lei non lo vedeva comunque.
RISPOSTA - Non lo vedevi e in più eri lì ma non potevi fare nulla.



P.S. S. (UDIENZA 11/3/2009 da pag. 63); dipendente THYSSEN dal 1997; operaio di secondo livello, arrivato al quinto livello con "fascia da leader": cioè "spalla" del capoturno. Lavorava al finimento come jolly. Riferiva all'udienza del 11/3/2009:

DOMANDA (P.M., n.d.e.) - Lei su che turno era in servizio quella notte?
RISPOSTA - La notte facevo la notte.
DOMANDA - Quindi dalle 22.
RISPOSTA - Alle 22 sono entrato.
DOMANDA - Fino alle 6 a che ora sarebbe dovuto rimanere? Ci vuole raccontare quello che si ricorda della sera dei fatti, lei dice è entrato alle 22 in turno, erano presenti altre persone sullo skimpass, ci vuole dire chi?
RISPOSTA - Sono entrato alle 22 come al solito andavo da M. per chiedere quali rotoli ci sono da lavorare che lui mi dava le mappe.
DOMANDA - M. quella sera che ruolo svolgeva?
RISPOSTA - Capoturno.
DOMANDA - Capoturno cosa? Capoturno produzione?.
RISPOSTA - Non si capiva più niente là perché il mio capoturno era SAB. e da lì iniziavano oggi c'era SAB. domani c'era M..
DOMANDA - SAB. era andato via o era ancora presente?
RISPOSTA - No, era proprio spostato di turno.
DOMANDA - Quindi lei di solito svolgeva il suo turno abbinato a capoturno SAB.?
RISPOSTA - Sì.
DOMANDA - Ma SAB. era il capoturno per tutto lo stabilimento?
RISPOSTA - Sì con M.. Ultimamente doveva fare da capoturno in tutto lo stabilimento.
DOMANDA - Quindi lei dice entro in turno e cosa fa, va allo skimpass.
RISPOSTA - M. mi da le mappe da lavorare.
DOMANDA - Cosa sono le mappe?
RISPOSTA - Ogni rotolo ha la sua mappa i suoi dati la lavorazione da fare e tutto quanto.
DOMANDA - Quindi M. le da queste mappe, dopodiché cosa succede?
RISPOSTA - Dopodiché si va allo skimpass 62 e ricordo che alle 22 e 30 abbiamo finito i due nastri, uno o due ne avevamo da fare, dopodiché non c'era più niente da fare, alle 22 abbiamo finito i nastri e mi reco verso M., lui viene incontro a me io andavo incontro a lui e gli ho detto guarda che abbiamo finito i nastri siamo fermi e lui mi ha detto che c'era ancora solo un rotolo che doveva uscire dalla linea 5 e mi ha detto stai un po' dietro vai a vedere.
DOMANDA - E a questo punto stagli un po' dietro lei dove va? Va alla linea 5, quindi diciamo lo skimpass a quel tempo era fermo quindi lei dice abbiamo finito i rotoli era fermo perché non c'era niente da lavorare, quindi lei va alla linea 5 e cosa fa alla linea 5?
RISPOSTA - Sono andato dentro al gabbiotto dove c 'era il gruista S., ho chiesto a S. se per quel nastro che doveva uscire e mi ha detto che l'impianto era fermo era guasto e ancora devono farlo, da lì si vedeva S. che entrava e usciva dai comandi dal gabbiotto insieme all'elettricista SA., sono sempre in 2 sia i meccanici ad arrivare sia gli elettricisti, ultimamente invece era solo.
DOMANDA - Quindi c'era S. che entrava e usciva dal pulpito, dove andava con l'elettricista?
RISPOSTA - Doveva capire il difetto che c'era visto che la linea era lunga.
DOMANDA - Lei arriva la linea bloccata, S. è un elettricista SA., guardavano dove poteva essere il guasto.
RISPOSTA - Sì.
DOMANDA - Lei a che ora arriva alla linea 5 più o meno? Se si ricorda.
RISPOSTA - Verso le 11.
DOMANDA - Nel tempo in cui si è fermato alla linea 5 in attesa di recuperare il materiale da lavorare ha visto per esempio sempre lì con S. l'elettricista?
RISPOSTA - Sì.
DOMANDA - Quindi per tutto il tempo ha visto S. con l'elettricista che cercavano il guasto?
RISPOSTA - Sì cercavano il guasto e poi ho visto che Schiamone torna dentro al gabbiotto dicendo a SA., " hai visto che l'ho trovato io il guasto? ".
DOMANDA - S.?
RISPOSTA - Sì.
DOMANDA - Che cosa dice?
RISPOSTA - Gli ha detto a SA. " hai visto che ho trovato il guasto " stava facendo la battuta, se non c 'ero io, so che era una fotocellula.
DOMANDA - Chi è che gliel'ha detta questa cosa che era una fotocellula?
RISPOSTA - Ho sentito che era una fotocellula, comunque a volte per lavorare anche a finimento su un impianto all'altro mi ricordo che gli elettricisti smontavano la fotocellula di là per metterla sull'altro impianto, si andava avanti e viceversa.
DOMANDA - Quindi lei ha saputo, si ricorda da chi ha saputo? Che il guasto riguardava una fotocellula? Chi gliel'ha detto?
RISPOSTA - Non mi ricordo se l'ha detto S. o SA., uno dei due l'ha detto.
PRESIDENTE - Mi scusi lei ha colto uno scambio di parole tra questi due?
RISPOSTA - Sì però loro entravano uscivano.
PRESIDENTE - Sì però dico lei ha colto quello che si dicevano queste persone.
DOMANDA - Non ha chiesto perché sembrava, così aveva riferito ai vigili del fuoco, ha chiesto a qualcuno che problema c'è? O ha sentito semplicemente due persone parlare tra di loro?
RISPOSTA - Non mi ricordo.
DOMANDA - Mi diceva state lì aspettando che finissero di lavorare il rotolo, l'ha avuto poi questo rotolo oppure no?
RISPOSTA - No poi ho visto che l'impianto ha iniziato a partire.
DOMANDA - Quindi lei ha visto che l'impianto partiva a questo punto cosa ha fatto?
RISPOSTA - Sono andato via verso mezzanotte, qualche minuto prima dell'incidente comunque, parte l'impianto S. mi ha detto che penso che avrò ancora un 'oretta.
DOMANDA - Quindi lei è tornato nel suo reparto?
RISPOSTA - Andai da M. a riferirgli che (?) avevano ancora un 'oretta.
DOMANDA - Per tutto il tempo in cui lei è rimasto lì alla linea 5, Rocco M. c 'era era presente?
RISPOSTA- No.
DOMANDA - Quindi lei torna allo skimpass.
RISPOSTA - No, io esco dalla linea 5 mi reco all'ufficio della qualità dove lì ho incrociato M..
DOMANDA - L'ufficio della qualità dove è?
RISPOSTA - Di fronte allo skimpass 56, lì vedo M. e gli ho detto guarda che c'è ancora un po' di tempo per questo rotolo e lui va verso la linea 5 a vedere e io sono andato verso la macchinetta del caffè a prendermi una bottiglia d'acqua, il tempo di tornare allo skimpass 62 e lì c'era g. T.R. che urlava dicendo: " al fuoco al fuoco ", ho visto che BI. e allora da lì sono andato verso la linea 5.
DOMANDA - T.R. le ha detto al fuoco al fuoco e gli ha fatto intendere che si trattava della linea 5? Le ha detto qualcosa?
RISPOSTA - Sì.
DOMANDA - Cosa le ha detto?
RISPOSTA - Io stavo arrivando dalla 62, nell'arrivare dalla 62 c'era T.R. che urlava "al fuoco al fuoco" io mi sono girato e sono andato verso g. e mi ha detto guarda che lì c'è fumo ha preso fuoco qualcosa" da là io T.R. e Campobasso ci siamo messi a correre, però iniziavo a intravedere una persona che era DE. M. e sembrava che aveva, ha presente quelle mimetiche a chiazze dei militari? Non VER. quella bianca grigia, distanza ho detto ma come è vestito quello là? Non avevo abbinato il fuoco con lui, quando sono arrivato lì non ero ancora consapevole di quello che era successo e lì si è fermato da DE. M., ho lasciato Campobasso e T.R. e all'improvviso dal fumo è uscito fuori BRU., è uscito BRU. venendomi in contro è lì che mi sono reso conto di qualcosa che non va perché ho fatto una panoramica, ho visto comunque che non aveva scarpe era nudo, mi veniva incontro BRU. a braccia aperte, è il mio incubo, mi veniva incontro a braccia aperte urlando " non voglio morire non voglio morire" da lì comunque vedendo queste scene si sentivano delle botte micidiali sembravano dei fuochi d'artificio, io so anche che di là c'era l'ozono che lì in quel momento mi sono passate davanti le mie figlie e sentendo questi botti mi è venuto d'istinto lasciare Campobasso e T.R. lì e recarmi verso l'infermeria facendo col cellulare il 118, mi hanno messo in attesa, urlavo mentre andavo in infermeria urlavo a P.G. di andare di là verso di loro e da lì mi sono recato in infermeria e c'era l'infermiera gli ho detto chiama il 118 perché c'è gente che sta bruciando e lei anche lei mi ha detto che l'avevano messa in attesa, mi avevano messo in attesa me e lei, da lì ho fatto la strada non all'interno l'ho fatta dall'esterno perché comunque c'era un odore strano non l'avevo mai sentito l'odore lì di carne e poi avevo i vestiti imbrattati di olio, il giaccone olio.
DOMANDA - Questo come mai?
RISPOSTA - Non lo so.
DOMANDA - Lei era semplicemente andato verso la linea 5, prima di andare verso la linea 5 non aveva?
RISPOSTA - No assolutamente no.
DOMANDA - Dopodiché a questo punto ha chiamato l'infermiera ha fatto il giro e poi cosa è successo?
RISPOSTA - Sono arrivato là dall'esterno e da lì ho visto che c'era la pendola c'era M., M. si riconosceva perché era l'unico omone grosso era lui alto non aveva più i baffi i capelli e da lì ho visto i primi lampeggianti allora sono uscito dal portone dove c 'è il cartellone per fare segno che l'incidente era lì, io non so se era ambulanza Polizia sono uscito fuori era la Polizia non ricordo bene sono arrivate 5 o 6 volanti della Polizia poi sono arrivati subito i Vigili del fuoco.
DOMANDA - Lei ha terminato diciamo.
RISPOSTA - Ormai non potevo fare niente.
DOMANDA - Quando ha visto i suoi colleghi camminavano tutti questi suoi colleghi che lei ha visto e ha nominato erano in piedi camminavano?
RISPOSTA - C'era DE. M. che era fermo lì, era fermo là DE. M..
DOMANDA - Là dove?
RISPOSTA - Dove c'era il cartellone, DE. M. era fermo lì che diceva: " cosa ho in faccio cosa ho in faccia?" e g. T.R. gli diceva " non ti preoccupare non hai niente ", il mio incubo è continuamente ancora BRU. che mi viene incontro a braccia aperte. "


Pag. 83:

DOMANDA (p:c:, n.d.e.) - Quando fa riferimento alle persone che ha incontrato quella notte tra il 5 e 6 dicembre che poi sono mancate, ha parlato prima di BRU., qual è il cognome?
RISPOSTA - S., S. Bruno perché si cambiava dietro di me e non era il suo turno.
DOMANDA - Da cosa l'ha riconosciuto BRU.?

RISPOSTA - BRU. l'ho riconosciuto solo dalla voce.
DOMANDA - Perché era dietro di lei?
RISPOSTA - No, era BRU. era fronte a me è arrivato a 2 metri di distanza non di più e non sapevo chi era l'ho riconosciuto dalla voce, perché comunque si cambiava proprio alle mie spalle so come è come mai l'hanno cambiato di turno, la sua voce la conosco quando vedi persone così non sai chi erano, non sapevo, non si riconoscevano, l'unico modo per riconoscerlo era solo la voce. "



L'infermiera in servizio quella notte allo stabilimento, GG. G.; udienza del 17/3/2009, da pag. 107 trascrizioni:

"...io ho pensato sarà un simulazione, vado a rispondere e dico: "sì", pensavo una chiamata di emergenza perché abbiamo lo squillo che sveglia tutto il piano se ci fosse gente che dorme uno squillo enorme, allora gli dico: "chi è?", e sento una voce concitata che dice: "qui brucia - dove? - linea 5 - gli uomini bruciano ", io non ho più chiesto niente perché dopo un'affermazione di questo genere capisce che, mi dice subito dopo: "chiamate i vigili del fuoco ", ho capito che era una cosa enorme, così io ho detto subito: " non si preoccupi che chiamo il 118" e ho staccato per non tenere la linea occupata, allora telefono subito ai sorveglianti e li avviso di questa telefonata e loro mi hanno detto che avrebbero proceduto.
DOMANDA - I sorveglianti non sapevano ancora di quello che era successo?
RISPOSTA - Guardi in quel momento non posso dire né sì né no in quanto posso anche aver preso un sorvegliante perché non erano mai soli, un sorvegliante che forse non lo sapeva, comunque lui mi ha detto che si sarebbe accertato.
DOMANDA - Quando lei ha ricevuto la telefonata, il primo numero che ha fatto è stato quello dei sorveglianti? Ha chiamato come prima cosa i sorveglianti?
RISPOSTA - Sì i vigili del fuoco perché questo signore mi ha detto: "chiama i vigili del fuoco ".
DOMANDA - Lei non li ha chiamati direttamente ha chiamato i sorveglianti.
RISPOSTA - Io ho chiamato i sorveglianti, poi che abbia chiamato anche io i vigili del fuoco ma io avevo due cose bene precise sorveglianti, vigili del fuoco, chiamano loro in quanto probabilmente è una linea diretta favorita non lo so questa è un'idea mia e io 118.

DOMANDA - E lei ha chiamato anche il 118?
RISPOSTA - Sì ho chiamato il 118 con anche il mio telefonino l'ho chiamato per tre volte solo che si vede che erano già stati allertati il 118 in quanto io ho telefonato alla signorina mi ha detto: " le passo le autoambulanze" gli ho spiegato la via cosa è successo il corso la Thyssenkrupp, cosa è successo l'incendio gli uomini e così e lei mi dice subito: " le passo l'autoambulanza ", le autoambulanze si vede che erano già state avvisate.
DOMANDA - Stavano già arrivando.
RISPOSTA - Sì, mi hanno lasciata in stand-by come si dice, mi hanno lasciato lì, ho detto un secondo perché non reggevo più di tanto, al secondo squillo cosa ho fatto? Ho rifatto il 118 perché in quel momento non mi rendevo conto che loro non me l'hanno detto, non mi rendevo conto che loro erano già sati allertati per cui ho fatto per tre volte il numero del 118, la terza volta ho detto alla signorina la smetta di passarmi l'autoambulanza avvisi tutte le autoambulanze che può o invii le autoambulanze direttamente qui e le ho ripetuto tutto l'indirizzo e il fatto che a me era stato comunicato.
DOMANDA - Concluse queste telefonate lei è andata sul posto?
RISPOSTA - Sì, allora lì mi sono messa gli scarponi perché avevamo i mezzi antinfortunistici, mi sono messa subito gli scarponi che li ho vicino al telefono, non è che sono chissà dove, mi sono messa gli scarponi né calze né niente, ho messo gli scarponi ho messo un giubbone stavo per mettermi l'elmetto e arriva un addetto all'emergenza penso sia stato uno della squadra di emergenza, non ho chiesto chi era chi non era, è venuto ha aperto la porta dell'infermeria e mi fa : " venga", io non ho più neanche messo l'elmetto l'ho seguito sono andata con quel signore mi ha portata.

DOMANDA - Con il veicolo delle squadra di emergenza?
RISPOSTA — No siamo andati a piedi perché la valutazione dell'emergenza diciamo prioritaria era quella di chiamare appunto tramite i sorveglianti i vigili del fuoco e tramite me il 118 per cui questo signore è arrivato fino a qui a piedi e mi ha detto: "venga ", non è che sto a dire: " portate autoambulanza ", sono andata con questo signore siamo andati lì.
DOMANDA - Quando lei è arrivata qual era la situazione? Erano già arrivati i soccorritori oppure no?
RISPOSTA — Io quando sono uscita dalla sala medica mi sono avviata a piedi ho visto c'era il signor P.G. che diceva: " qui, qui " sono andata con questo signore, alla porta dove c'è la raccolta dei feriti dove appunto c'è proprio i feriti eventuali, eventuali evacuazioni di incendi, il punto di raccolta più vicino, ho visto nella porta quando sono entrata, e sentivo nell'aria già, che mi sono stupita, già la sirena del 118 e anche quella dei vigili, perché noi li abbiamo proprio lì i vigili del fuoco, ero contenta di questo fatto. Quando mi sono recata fisicamente in questo punto di raccolta ho visto la prima persona ustionata era il signor M. Rocco, io l'ho riconosciuto in quanto la sua voce, l'avevo appena sentito un giorno prima due giorni prima che era venuto da me per non so quale ragione non mi ricordo e comunque lo conoscevo molto bene, comunque ho riconosciuto la voce in quanto l'ambiente era un pochettino, non era come giorno è un ambiente anche di notte anche se illuminato è un pochettino non proprio come adesso io e lei voglio dire, comunque l'ho riconosciuto e lui era una persona che non sembrava nemmeno che ha subito quello che ha subito perché era molto lucido e quando l'ho visto così molto presente molto lucido le ho chiesto come si sentiva e lui mi ha detto : " se avvisate a casa mia moglie non ditele cosa è successo che glielo dico io ", come per dire non allarmatela, io ho detto: " va bene non si preoccupi, come si sente? Non si tocchi" io l'ho visto come era sentivo l'autoambulanza ho detto qui è meglio non recare altri danni a queste persone a quello che già hanno subito, le ho detto: " come si sente? Sente svenire giramenti di testa " le ho fatto le prime informazioni per sapere come era il suo stato d'animo e la sua possibilità per rimanere in piedi se vogliamo, e allora lui mi ha detto: "no " " non si tocchi, se per caso avesse degli svenimenti o si sentisse male si sieda per terra ma non si appoggi da nessuna parte non si tocchi perché potrebbero esserci delle infezioni eventuali, perché stanno arrivando i soccorsi ".

DOMANDA - Lui era in piedi in questo momento?
RISPOSTA - Sì in piedi camminava era lucido quasi di me si può dire in questo momento, era una cosa molto presente è un contrasto per quello che magari aveva per quello che reagiva era proprio. Ho detto: " si metta qui a fianco" mentre con lo sguardo, ho dato uno sguardo in su vedo che ce n'erano degli altri che stavano arrivando.
DOMANDA - Sempre camminando?
RISPOSTA - Sempre camminando, quattro persone una dopo l'altra, non mi chieda altri nomi perché io anche se avevo un pezzo di carta in tasca me li sono scritti i nomi.
DOMANDA - Non li ha riconosciuti.
RISPOSTA - Anche portare un po' di sicurezza e di serenità nel senso che magari andavo sul banale che non era una cosa così, poi ero un po' in tensione e chiedevo come si chiamavano e poi a tutti ho detto la stessa cosa, chiedevo informazioni per come riuscivano a stare in piedi, se mi crollavano per terra andavo lì anche se li toccavo tenevo lì in qualche modo, però appunto c 'era già questa autoambulanza che si sentiva.
DOMANDA - Si sentiva ma non era ancora arrivata?

RISPOSTA - No non era ancora arrivata, però diciamo che il percorso non è poi tanto distante in quanto si sentivano i vigili del fuoco che erano qui proprio all'angolo e loro subito proprio dietro loro o davanti adesso non so, vuol dire che erano proprio vicini e quindi davanti allo stabilimento tutto molto aperto non è dove ci sia tanto traffico.
DOMANDA - Quanto tempo ha impiegato l'ambulanza a arrivare?
RISPOSTA - Sicuramente, io dirle quanto direi una bugia, sicuramente è stato molto celere, dare un tempo preciso.
DOMANDA - Comunque quando è arrivata l'ambulanza lei cosa ha fatto? Il suo intervento si è limitato a dire a queste persone: " non toccatevi aspettate arrivano i soccorsi ".
RISPOSTA - Esatto, li ho messi lì in attesa, poi ho visto BO. che stava arrivando che stava dicendo era disperato, c 'era un altro suo collega insieme che lo tirava su, si buttava giù e dice: " ce ne sono altri" e mi fanno cenno " ce ne sono ancora altri di là, uno è deceduto sicuro sono per terra " io ho detto: " dove? " e allora mi fa segno: " là dove ci sono le fiamme dove c 'è stata l'esplosione ", come mi ha detto dove c 'è stata l'esplosione in quanto io non ho assistito integralmente al tutto ma so per giudizio mio personale che se avviene un 'esplosione potrebbe anche succederne un 'altra per cui ho detto ai presenti. " stanno arrivando i pompieri, non avventuriamoci oltre perché è troppo rischioso per tutti " vedendo già quello che era successo ho detto qui arginiamo i primi danni, danni ulteriori voglio dire, e ho detto : " adesso arrivano i pompieri avranno le tute avranno le cose adeguate vediamo di " questo, ma proprio poco, forse sarà stata la mia voglia che succedesse ma sicuramente poco è arrivata l'autoambulanza dove appunto uno dopo l'altro dato che loro hanno l'ossigenoterapia, hanno i teli sterili hanno le infusioni dovute hanno incominciato a trattarli, di fatti agi infermieri gli ho detto: " guardi è meglio che ne chiamate delle altre autoambulanza " perché io ne ho vista una, so che ne è arrivata poi una seconda ma ho detto : " è meglio che ne chiamate altre " adesso la successione dell'arrivo.

DOMANDA - In quel momento hanno cominciato ad arrivare le autoambulanze e hanno trasportato i feriti.
RISPOSTA - Sì non c 'è stato nessun ritardo di soccorso questo è sicuro.
DOMANDA - quindi il suo intervento è stato grosso modo quello che ci ha raccontato.
RISPOSTA - Sì.

DOMANDA - Quando i feriti sono stati accompagnati all'ospedale lei che cosa ha fatto? Ha prestato soccorso ai colleghi oppure.
RISPOSTA - Sì ho aiutato un signore che è venuto che aveva male a una mano che si era fatto male con la manichetta di un coso idraulico, si era fatto male a una mano io l'ho medicato, poi un altro signore che era molto agitato, poi quando è successo questo poi io sono anche andata, adesso dirle esattamente la successione, però comunque sono tornata nell'infermeria in quanto dovevo avvisare tutte le maestranze eventuali, di fatti ho telefonato subito, ho avvisato il signor CAF. che le ho detto che telefonasse ad altre persone perché era successo un incendio, adesso esattamente le parole non me le ricordo, ho avvisato e lui ha detto che ci pensava lui che sarebbero venuti subito e poi anche la signora che è nostra referente come infermiera la signora Wanda ROS. l'ho avvisata io anche lei è arrivata poi anche lei, sono arrivati tutti quelli che sì poteva avvisare e io ho medicato appunto F..
DOMANDA - F. chi? Si ricorda il nome? F. S.F. per caso?
RISPOSTA - Brava ho medicato la mano poi ho dato delle gocce di Lexotan a un 'altra persona che era molto agitata e poi cercavamo della crema al signor BO. in fronte poi abbiamo tirato fuori delle coperte che le abbiamo cercato di aiutarli, poi abbiamo tirato fuori gli altri che erano lì vicino, abbiamo fatto tutto quello che si poteva fare.
DOMANDA - Vi siete occupati dei feriti meno gravi in quel fronte.
RISPOSTA - Sì perché quelli così gravi era una cosa, persino quando sono arrivati in ospedale, abbiamo avuto un dialogo hanno detto: "meno male che non avete fatto dei danni" come per dire è meglio che avete aspettato le medicazioni adeguate dovute lì era un trattamento da fare a livello... "


LO. G. assunto alla THYSSEN KRUPP AST nel 2004 come aiuto ai treni di laminazione, dove ha sempre lavorato. Riferiva all'udienza del 5/5/2009, da pag. 60:


"Ricordo che sono sceso per cambiare i cilindri, appunto, per questo treno di laminazione...SENDZIMIR 62...da lontano abbiamo sentito urlare. Io ed un mio collega ci siamo guardati ed abbiamo guardato, appunto, le persone in fondo che urlavano. Pensavamo che stessero scherzando. Uno dei due, S. Bruno, con la mano indicava 'aiuto' di correre in aiuto. Ci siamo guardati., io e due miei colleghi e ci siamo messi a correre. Siamo arrivati là e ci siamo trovati, appunto, DE. M. e...scusate...e S. irriconoscibili. Squagliati...soltanto dalla voce...sì. Mi ricordo DE. M. che mi chiedeva di dire la verità sul suo aspetto, mi diceva: 'dimmi la verità...sono tanto rovinato?' io gli dicevo stai calmo, ti sei bruciato ma andrà tutto a posto! Nessuno sapeva...almeno si sperava di no ".



CI. D., dipendente THYSSEN KRUPP AST da settembre 2000 come addetto alla laminazione.
Riferiva all'udienza del 5/5/2009, da pag. 161:

"io mi trovavo sull'impianto di laminazione...Sendzimir 62, quella sera sarà stata verso mezzanotte vedemmo i ragazzi che si avvicinavano verso l'impianto, chiedendo aiuto e noi ci siamo accorti dell'accaduto vedendo loro, perché non avevamo sentito niente...vedemmo arrivare S. Bruno, Giuseppe DE. M. e dietro c'era Rosario R. ...erano completamente ustionati...arrivavano da soli, verso di noi...(S.) mi chiedeva come era scottato al volto...mi disse solo che lui si era spento sotto la doccia, si era tolto le fiamme sotto la doccia...sotto le boccette di emergenza che erano alla Linea 5..."

 


Infine, la testimonianza di BO. A.: dipendente dal 1995, quasi sempre alla Linea 5, fino a divenire primo addetto, poi in distacco sindacale e, al ritorno in azienda, come semplice addetto. BO. è l'unico lavoratore sopravvissuto tra quelli presenti a bordo della Linea 5 al divampare dell'incendio.

Riferiva all'udienza del 3/3/2009, da pag. 60 a pag. 72 trascrizioni:

DOMANDA (P.M., n.d.e.) - Torniamo a quello che è successo, diciamo che c'era stato un problema elettrico, di una fotocellula. Ci può spiegare meglio che cosa è successo? Poi comunque andiamo ai fatti di quella notte.
RISPOSTA - Sostanzialmente c'era il blocco linea legato al mal funzionamento di questa fotocellula, sostanzialmente arrivava l'input al computer della linea, gli diceva che non c'era lamiera in quell'aspo, per cui la linea non poteva partire, non si poteva mettere in marcia perché in realtà non vedo il rotolo all'ingresso. Questo fu risolto, in realtà credo che non fosse un problema molto grave, nel senso che avrebbero solo dovuto sostituire la fotocellula che avrebbe poi visto la lamiera e così credo che fu fatto. Ricordo che ripartimmo, credo intorno a mezzanotte e mezza, grosso modo...
DOMANDA - Cosa vuol dire che ripartiste? Che ripartì la macchina?
RISPOSTA - Esatto, la macchina ripartì dopo questa fermata. Come le dicevo io, Roberto S. e Rosario R. avevamo comunque ottemperato alla pulizia di quello che dicevo si può fare, durante la linea ferma.
DOMANDA - Avete tolto la carta?
RISPOSTA - Esatta (ndr. Esatto).
DOMANDA - Quando la linea è ripartita, che cosa è successo?
RISPOSTA - dunque, la linea ripartì, eravamo nel pulpito di comando della linea dove appunto osservavamo l'intero ciclo produttivo all'interno del pulpito.
DOMANDA - Tutte le persone di cui abbiamo parlato prima o qualcuno era fuori?
RISPOSTA - Sicuramente fuori ricordo Roberto S. perché lo ricordo anche dalle immagini di una telecamera che riprendeva Roberto S. all'altezza della briglia 2, o meglio prima dell'ingresso in briglia 2 che stava togliendo dei residui di carta dal nastro, che erano ancora rimasti nella superficie sottostante il nastro, mentre tutti gli altri eravamo all'interno del pulpito.
DOMANDA - Cosa è successo? Proceda pure.
RISPOSTA - Ricordo che probabilmente fu Roberto S., tornando da quella posizione, cioè dalla briglia 2 verso il pulpito che si accorse dell'incendio. Chiamò, avvisò noi che eravamo all'interno del pulpito e tutti ci precipitammo all'esterno prendendo degli estintori. Soprattutto io, Roberto S., Rosario R. e Giuseppe DE. M. che normalmente eravamo addetti alla linea; non ricordo che cosa facesse Antonio S. perché non ebbi il tempo di vederlo, probabilmente lui lo vide da un 'altra parte l'incendio e si era precipitato in un altro luogo. Però noi quattro immediatamente prendemmo degli estintori, Rosario R. e Giuseppe DE. M. immediatamente, in prossimità del pulpito di comando e siccome erano terminati, almeno non eravamo altri, io e Roberto S. prendemmo degli estintori all'altezza della saldatrice e ci precipitammo sul luogo dell'incendio. Ricordo comunque un incendio molto, molto piccolo, anche dovuto alla mia stessa vicinanza, nel senso che io ero molto più vicino di quello che può essere il posto in cui sono seduto adesso, rispetto al banco, ecco.
DOMANDA - Al banco della Corte.
RISPOSTA - Sì.
DOMANDA - Ci spiega come era questo incendio? Esattamente dove si sviluppava? Che tipo di fiamme c'erano? Quanto era esteso?
RISPOSTA - Quello che vidi io era un incendio molto piccolo che si sviluppava sotto la spianatrice e c'erano delle piccole fiamme all'interno della spianatrice stessa, la spianatrice è un sistema di rulli in acciaio che servono per dare la planarità alla lamiera per essere imboccata.
DOMANDA - Lei dice: "Sotto la spianatrice", ma sotto la spianatrice che cosa c'è? C'è il pavimento?
RISPOSTA - Esatto, c 'è il pavimento che normalmente era intriso di olio e spesso anche di segatura per ovviare a questo olio.
DOMANDA - Era intriso di olio che arrivava da dove?
RISPOSTA - Sicuramente dai rotoli che arrivavano dai treni di laminazione perché arrivavano, come dicevo, molto carichi di olio ed una parte di questo veniva scaricato al di sotto di tutta la macchina. Essendo uno dei primi punti immediatamente dietro all'aspo, era uno dei primi punti in cui quest'olio cadeva.
DOMANDA - Quindi, era normale che ci fosse lì l'olio?
RISPOSTA - Quello...
DOMANDA - O è un fatto eccezionale di quella sera? Di quel periodo?
RISPOSTA - No, è una condizione pressoché normale, legata soprattutto a quello e poi probabilmente a piccole perdite che ci potevano essere, queste però non erano visibili a noi, perché noi eravamo addetti e non manutentori, di conseguenza non...
DOMANDA - Quindi, lei dice che c 'erano delle fiamme sul pavimento ed anche nella spianatrice?
RISPOSTA - Sì, all'interno della spianatrice c'erano delle piccole fiamme, probabilmente c'era della carta residua che bruciava, un po' di carta.
DOMANDA - "Piccolo " che cosa intende? Cioè (inc).
RISPOSTA - Io davvero all'inizio ricordo questo incendio sottoscritto in quella zona probabilmente, anzi sicuramente partiva dalla parte superiore in cui erano andati ad agire, a spegnere questo incendio, il signor DE. M. ed il signor R....
DOMANDA - Dove erano andati?
RISPOSTA - Nella parte superiore perché l'aspo che girava era l'aspo 1, cioè quello che... La via (inc.) è nella parte superiore rispetto a quella in cui eravamo io ed il signor Roberto S..
DOMANDA - Quindi, lei ci dice che si è avvicinato molto a questa incendio?
RISPOSTA - Assolutamente, anche perché sembrava un incendio davvero non... Che non potesse destare preoccupazioni, tanto è vero che io provai a nebulizzare il mio estintore, convinto che sarebbe stato sufficiente per spegnere quelle fiamme che sembravano davvero piccole fiamme, purtroppo però il mio estintore era praticamente vuoto, non ebbe alcun effetto; ora non so il motivo però le fiamme aumentarono, rimanendo circoscritte alla zona della spianatrice ed un pochino più in alto, anche perché prese parte della carpenteria della linea che era anche (inc.) di olio residui dei treni di laminazione. Poi come dicevo non era una condizione... Cioè ne avevamo viste di condizioni molto peggiori purtroppo.
DOMANDA - Cioè lei dice che le fiamme erano aumentate, a che altezza erano arrivate? Che altezza avevamo quelle iniziali e che altezza avevano quelle di cui ci sta parlando?
RISPOSTA - Quelle iniziali parliamo veramente di un piccolo focolaio per cui un'altezza molto bassa, 10, 15 centimetri grosso modo, non erano molto importanti. Quelle che si svilupparono successivamente, ricordo che interessarono parte della carpenteria ed allora, quando mi resi conto di questo, del fatto stesso che il mio estintore non era stato sufficiente o comunque non era servito, essendo vuoto non era servito a nulla, mi girai, lanciai via anche un po' stizzito questo estintore vuoto; il mio posto lo prese Roberto S. con il suo...
DOMANDA - Con un altro estintore?
RISPOSTA - Io non vidi però che cosa fece perché andai insieme a L. Angelo e S. Bruno a recuperare una manichetta che avremmo dovuto collegare ad un idrante, in sostanza. Per cui, prendemmo tutti e tre questa manichetta che era srotolata circa a 15 metri dal luogo dell'incendio e la trasportammo fino a dove era situato il nesso da cui sarebbe poi dovuta... Avrei dovuto azionare l'acqua. Io avevo in mano l'innesto della manichetta per cui era un pochino più spostato rispetto alla zona della spianatrice, grosso modo a 4, 5 metri rispetto alla zona dove c'era l'incendio stesso. Per cui, collegai questo innesto quando la manichetta fu messa in una posizione che non avrebbe provocato intrecci della manichetta stessa, che avrebbe impedito la fuoriuscita dell'acqua e ricordo che S. aveva in mano la lancia, cioè l'oggetto da...
DOMANDA - La lancia sarebbe l'estremo opposto della manichetta?
RISPOSTA - Esatto, sostanzialmente l'estremità opposta che dà l'opportunità, aprendola, di far uscire l'acqua. Mi diedero l'acqua, di aprire l'acqua, io ricordo che iniziai ad aprire ed iniziai a seguire che effettivamente l'acqua uscisse e riempisse la manichetta. Ricordo che fece un breve tratto per qualche 2, 3 metri probabilmente dall'innesto e non so per quale motivo tirai su la testa, probabilmente per vedere se effettivamente l'acqua sarebbe poi fuoriuscita dalla lancia. Però questo non accadde perché in quel momento ci fu un'esplosione e nell'esplosione... Ci fu anche qualcosa di anomalo nel senso che le fiamme diventarono delle fiamme enormi, grandissime ed andarono in basso.
DOMANDA - Ci può descrivere, con i termini che ritenete appropriati, sia l'esplosione, sia il movimento che hanno fatto le fiamme?
RISPOSTA - Le fiamme sembravano una grossa mano, un 'onda anomala, si alzarono per qualche metro e presero tutti i ragazzi che erano dà davanti.
DOMANDA - Com'è un 'onda del mare, ci poi sono le ricadute?
RISPOSTA - Sì, sì. L'anomalia sta proprio in questo, perché normalmente le fiamme dovrebbero andare in alto penso, mentre invece in quel caso probabilmente dovuto all'esplosione di un tubo, un flessibile che conteneva olio, c'era proprio questa cosa che prendeva fuoco e prese tutti i ragazzi.
DOMANDA - L'esplosione ricorda com'era? Un boato forte? Ce la può descrivere?
RISPOSTA - Non era un rumore né acuto, né molto forte, sembrava più un implosione, nel senso sembrava davvero come quando lavandosi le mani al mattino si apre l'acqua calda e c'è l'accensione della caldaia, questo rumore strano che fa questa fiammella all'interno della caldaia; questo sembrava. Naturalmente amplificato, però non era un rumore molto forte...
DOMANDA - Non come una bomba?
RISPOSTA - No, no. Questo rumore strano, un rumore sordo, naturalmente aveva la sua... Era un rumore importante però non era fortissimo, assolutamente non acuto.
DOMANDA - Lei lo paragonerebbe a quello della caldaia a gas?
RISPOSTA - Esatto, naturalmente amplificato nel rumore però il timbro del rumore stesso è avvicinabile a quello.
DOMANDA - In quel momento lei a che distanza di trovava, dal luogo in cui è partita questa onda, questa fiammata?
RISPOSTA - Io vicino all'innesto credo, 4 o 5 metri grosso modo. Contemporaneamente all'esplosione lo spavento mi fece fare un balzo ali'indietro, non credo però un balzo molto importante, un metro indietro credo. Questa era più o meno la distanza rispetto all'origine delle fiamme, perché poi le fiamme arrivarono fino al posto in cui io stavo.
DOMANDA - Lei era riparato da qualche oggetto? Aveva qualche cosa che la separasse dalle fiamme?
RISPOSTA - Ricordo che di lato era rimasto un muletto, un carrello elevatore, era rimasto di lato probabilmente in qualche maniera neanche protetto dalle fiamme, quando queste sono ricadute in basso.
DOMANDA - Lei comunque è stato raggiunto in parte dalle fiamme? Se sì in quali parti del corpo?
RISPOSTA - Io ho subito delle lesioni di secondo grado al viso ed alla mano destra, credo però che fossero più che altre dovute al fatto che io mi fossi lanciato poi per provare a far qualcosa, anche perché dall'interno delle fiamme c'erano le urla dei miei colleghi che avevo visto...
DOMANDA - I suoi colleghi, nel momento in cui si è sprigionata quest'onda di fuoco, lei ricorda dove si trovavano? Se ha un 'immagine visiva di dove si trovavano le varie persone?
RISPOSTA - Sicuramente all'altezza della spianatrice in basso ricordo Roberto S. -come dicevo prima - con la lancia in mano, immediatamente dietro Rocco M. e S. Bruno e credo rimasero in alto, nella zona più alta, S. Bruno e DE. M. Giuseppe.
DOMANDA - S. invece lei non lo ha visto?
RISPOSTA - No, S. no.
DOMANDA - Quindi, quest'onda, lei ha visto che ha investito i suoi colleghi?
RISPOSTA - Sì, sì.
DOMANDA - Dopo che è successo?
RISPOSTA - Io mi lanciai in prossimità dell'innesto della manichetta perché... Non so spinto da che cosa, sicuramente dalla voglia di poter provare a far qualcosa, di salvare i miei amici, provai a tirare via le manichetta che in realtà credo mai avesse preso fuoco, ma la vicinanza delle fiamme era insopportabile; infatti immediatamente sentii un dolore enorme solo con le fiamme vicine. Aveva iniziato a sciogliersi il mio orecchio destro, non riuscivo però a far nulla, era davvero impossibile, insopportabile il dolore, per cui corsi all'interno del pulpito per telefonare, chiamare immediatamente i soccorsi. Ricordo che provai a fare il 9 per avvertire le guardie che avrebbero di conseguenza chiamato ì soccorsi esterni, però il telefono non funzionò, pensai che questo era collegato all'incendio; questo fu quello che immediatamente ritenni normale.
DOMANDA - Come funzionava il telefono?
RISPOSTA - Allora io ricordo che il telefono aveva già dei problemi perché per fare qualsiasi telefonata noi avevamo bisogno di muovere il cavo all'interno della cornetta per trovare... Perché facesse contatto e si potesse telefonare. Mi aveva detto il signor BE. che era stato sostituito questo telefono, però credo che in realtà...
DOMANDA - In quel momento...
RISPOSTA - In quel momento assolutamente non funzionò, non avevo l'opportunità di chiamare nessuno, per cui andai nuovamente all'esterno del pulpito con l'idea di andare ad avvertire gli altri, però in quel momento uscì dalle fiamme Roberto S., lo riconobbi dal modo in cui si muoveva, era completamente avvolto dal fuoco. Io lo chiamavo perché lui sentisse che io ero lì, che comunque potevo... Mi auguravo almeno di poterlo aiutare. Lui sentiva la mia voce, mi chiamava, urlava il mio nome, mi veniva incontro, allora a quel punto gli gridai di buttarsi per terra perché se mi fosse saltato a terra, avrei preso fuoco anch'io, non avrei potuto aiutarlo. Ora non so se lui sentì questo o se le fiamme causarono questo, però lui cadde in terra in modo molto innaturale, infatti pensai che fosse morto in quel momento perché si accasciò e le gambe rimasero piegate, probabilmente erano tutti muscoli.
DOMANDA - Aveva i vestiti in fiamme in quel momento?
RISPOSTA - Aveva molto poco ancora addosso, c'erano delle fiamme però ricordo che nel momento in cui lui si buttò per terra io tentai di spegnere le poche fiamme che gli erano rimaste e portargli via i residui, i brandelli di vestiti che erano ancora rimasti, parte dei pochi capelli carbonizzati che aveva ancora... L'unica cosa che non riuscii a spegnere immediatamente furono le scarpe, probabilmente intrise di olio che non smettevano di bruciare. Ricordo anche il suo corpo, le piaghe che aveva addosso, solo il passargli la mano in maniera molto delicata per togliergli gli abiti, provava dolore perché c 'erano grandi piaghe, soprattutto la zona delle natiche, presentava delle piaghe enormi.
DOMANDA - Gli altri suoi colleghi non li ha visti?
RISPOSTA - In quel momento no, non ancora.
DOMANDA - In questo momento c 'erano ancora le fiamme o si erano spente?
RISPOSTA - No, le fiamme c 'erano, sempre molto molto alte, era impossibile per me qualsiasi tentativo.
DOMANDA - Dove si estendevano? Gli chiedo questo particolare perché è diventato rilevante. Partivano dalla macchina, abbiamo detto, dove si era sviluppato l'incendio; con riferimento al corridoio di passaggio, dove si estendevano?
RISPOSTA - Arrivavano fino al muro.
DOMANDA - Riempivano tutto il corridoio di passaggio tra il muro e la macchina?
RISPOSTA - Sì, dalla macchina al muro, per me era impossibile... Ricordo anche, per quello che si vedeva, dietro la macchina, probabilmente nella zona in cui c 'era Antonio S.. Ricordo che però le fiamme coprivano l'intera visuale al di là del...
DOMANDA - C'è un muro di fuoco davanti a lei, non poteva passare al di là delle fiamme?
RISPOSTA - No, era impossibile, non c 'era alcun varco, occupavano tutto il corridoio, il passaggio, infatti la cosa che mi addolorava era sentire le urla dei miei colleghi attraverso le fiamme, non poterli vedere, non poter fare niente.
DOMANDA - Lei non li vedeva in quel momento?
RISPOSTA - No, sentivo solo le loro urla che chiedevano aiuto. Infatti quando decise poi... Dopo i primi soccorsi che avevo prestato a Roberto S. di andare a chiamare aiuto nella linea vicina, presi la bicicletta e per me fu un dolore grandissimo anche perchè sentivo ancora i ragazzi che gridavano aiuto e per un istante, dentro di me, li stavo lasciando. Però non potevo fare altrimenti, era l'unica maniera perché qualcuno mi venisse ad aiutare. Iniziai già ad urlare, a chiedere aiuto dal corridoio che porta dalla 5...
DOMANDA - Da dove lei si trovava quando prese la bicicletta, alla linea più vicina, al luogo più vicino dove ci potessero essere persone, che distanza c 'era?
RISPOSTA - Credo grosso modo 100 metri che io ho fatto in bicicletta, urlando per tutti e 100 metri, nella speranza che qualcuno potesse sentire dall'altra parte ma probabilmente i rumori della linea 4 e la posizione comunque lontana degli addetti rispetto a quella che era la nostra posizione, la 5, non aveva dato modo a nessuno di sentire, o meglio dalle mie urla alla 5. Per cui, imboccai il passaggio tra la 5 e la 4 ed iniziai a gridare, sicuramente gridai che erano tutti morti, non perché fossi convinto di questo, ma anche per dare immediatamente idea anche ai miei colleghi di quello che era accaduto, della gravità di quello che era accaduto. Mi resi conto che immediatamente il signor B.P. comprese quello che era successo e stava venendo...
DOMANDA - La prima persona che lei ha incontrato è il signor B.P., quindi?
RISPOSTA - Sì, non lo incontrai... Lo vidi da lontano quando iniziai a sbracciare ed a gridare, vidi che lui immediatamente si è adoperato a venire nella mia direzione, per cui quando mi accorsi di questo, tornai immediatamente sulla linea 5 per provare, insieme a chi arrivava in soccorso ad aiutare ancora i ragazzi. Ricordo che quando arrivai lì, vidi nella parte...Grosso modo quella in cui mi trovavo io all'inizio dell'incendio cioè all'altezza dell'innesto della manichetta, L. Angelo.
DOMANDA - C'erano ancora le fiamme in questo momento o si erano ridotte?
RISPOSTA - Sì, sì, c'erano sempre le fiamme, tanto è vero che... Io le avevo già viste ma chi le vide all'ingresso, immediatamente già all'uscita dal passaggio tra la 4 e la 5 si spaventò di quello che stava accadendo. Mi avvicinai perché non lo riconobbi L. Angelo immediatamente, era in una posizione fetale, sembrava più piccolo di quello che era, perchè era un omone, anche il suo colore era stranissimo perché a differenza di Roberto S. lui era bianchissimo, come se fosse stato bollito. Lo riconobbi solo dalla voce, quando iniziò a chiedere aiuto, riconobbi che era L.. DOMANDA - Quindi, anche lui parlava ancora?
RISPOSTA - Sì, sì.
DOMANDA - Gli altri suoi colleghi quando li ha rivisti, se li ha rivisti?
RISPOSTA - Io non li ho mai più visti, ho visto solo Roberto S. e Angelo L. che tra le altre cose, con l'aiuto dei ragazzi che erano arrivati, ricordo bene, a parte B.P., DI. F. Roberto, R. Pietro, ricordo sicuramente loro che mi diedero una mano a spostarli perché aveva preso fuoco anche il carroponte che sta in alto, di conseguenza dall'alto cadevano giù altre fiamme, quelle che erano sul carroponte.
DOMANDA - In quel momento la linea era già ferma o continuava ad esserci qualcosa che funzionava?
RISPOSTA - Credo che a quel punto fosse ferma, si fosse fermata da sola probabilmente.
DOMANDA - Nell'incendio lei ha avvertito qualche cosa di diverso? Cioè gli altri suoi colleghi, a parte i due di cui abbiamo parlato, per quanto lei può ricordare, erano ancora dentro le fiamme o erano usciti da qualche altra parte? Di dietro per esempio...
RISPOSTA - Questa è una cosa che ho saputo dopo, so che sono usciti dalla parte che dà verso l'entrata della linea 4, perché da questa parte era impossibile, non potevano uscire.
DOMANDA - Perché lei era al di là della barricata di fuoco?
RISPOSTA - Esatto sì, probabilmente sono usciti dalla parte posteriore, io non li ho più visti.
DOMANDA - Dopo B.P., chi sono le prime persone intervenute di cui non ricorda?
RISPOSTA - Come dicevo sicuramente R. Pietro che ricordo con una pentola spense le scarpe di Roberto S. e DI. F. Roberto che faceva parte della squadra di emergenza. Solo lui ricordo della squadra di emergenza anche perché credo fosse rimasto l'unica persona, sicuramente in quel turno che avesse titolo e professionalità, probabilmente per farlo. "




Udienza 5/3/2009 da pag. 59 trascrizioni:

DOMANDA (difesa n.d.e.) - Veniamo al momento del fatto per quello che è il suo ricordo, lei ha fatto forse probabilmente qualcuna di queste operazioni, gli altri hanno fatto altre operazioni, quindi era tutto pronto per dare la partenza l'avvio lo start dal pulpito principale, lei ricorda di essere rientrato nel pulpito principale di aver assistito all'avvio allo start dato dal primo addetto all'interno del pulpito principale e se sì ricorda anche qual era la posizione degli altri addetti al momento dell'avvio.
RISPOSTA - Ricordo sicuramente dopo avere inserito i tiri siamo rientrati quasi tutti dentro il pulpito, sicuramente S. che era già al suo interno, ricordo Rocco M. al suo interno, io stesso.
DOMANDA - Questo al momento dell'avvio lei sta parlano dell'avvio?
RISPOSTA - Sì anche perché il momento in cui si riparte mentre il primo addetto effettua diciamo anche le operazioni manuali che in questo caso stiamo parlando di alcuni tasti da schiacciare, comunque devi mettere a posto i tasti, regolare la velocità in funzione del forno in maniera che non succedano voglio dire si eviti di danneggiare più materiale possibile, magari gli altri sono da supporto a verificare nelle telecamere che eventualmente non avvengano sbandamenti o quant'altro o comunque qualche anomalia.
DOMANDA - Sicuramente S., sicuramente lei, sicuramente Rocco M..
RISPOSTA - R. Rosario, e io ricordo S. Bruno anche, non ricordo se era già lì in quel momento o arrivò dopo che la linea marciava, questo non lo ricordo di preciso.
DOMANDA - DE. M. doveva essere nella cabina di colludo in quel momento, quando partiva la linea, cioè la posizione di lavoro di DE. M. che era il collaudatore al momento dell'avvio era non nel pulpito ma nella cabina di collaudo.
RISPOSTA - Non necessariamente nel senso che DE. M. poteva anche essere nel pulpito di comando perché comunque l'esperienza ti porta anche a conoscere il momento in cui arriva la fermata che tu devi segnalare al pulpito di collaudo, l'operazione di collaudo non è un'operazione che richiede che se il nastro dura 50 minuti tu debba stare 50 minuti a guardare questo nastro o comunque 8 ore, 8 ore a guardare questo nastro credo che sarebbe assurdo.
DOMANDA - Perché qua c 'era stata proprio una fermata del nastro precedente quindi ci sarebbe stato evidentemente un difetto da segnalare da parte del collaudatore.
RISPOSTA - Certo, ma come le dicevo comunque, nel momento in cui riparti con la linea, intanto riparti a una velocità ridotta rispetto a quella che dovrebbe essere una velocità normale, questo per forza di cose perché devi dare l'opportunità al forno di raggiungere le temperature delle ricette e quindi il nastro impiega del tempo ad arrivare, la fermata sostanzialmente quella che il collaudatore deve vedere, impiega del tempo ad arrivare nella zona del collaudo, per cui non era necessario che lui stesse lì a guardare i metri del nastro.
DOMANDA - Io le ho fatto questa domanda perché risulta agli atti che lui ha fatto l'annotazione del danneggiamento proprio di quel nastro, sicuramente a un certo momento era all'interno della cabina di collaudo per questo volevo capire se lei lo ricordava lo riportava subito già nella cabina di collaudo oppure poco dopo, (?) nel pulpito principale al momento dell'avvio, ricorda se poi è uscito DE. M. autonomamente.
RISPOSTA - Non lo ricordo però come ha detto lei lui doveva segnare la fermata vederla visivamente eccetera per cui lui poteva essere venuto con noi dentro il pulpito, nel momento in cui la sua esperienza lo portava a conoscere il momento in cui sarebbe passata la fermata davanti a lui della zone del collaudo usciva e guardava la fermata per cui poteva essere sia prima, immediatamente dopo la ripartenza in contemporanea con la ripartenza sia eventualmente dopo aver segnalo la fermata.
DOMANDA - Veniamo al momento in cui c'è stata l'evidenza di questo incendio, lei lo ha già riferito, se per cortesia lo può ripetere, chi è stato il primo per quello che lei ricorda a individuare a segnalare questo fenomeno e che cosa stavano facendo gli altri in quel momento quindi.
RISPOSTA - Noi eravamo nel pulpito e ricordo che arrivò S. per cui probabilmente l'allarme lo diede S., tornando dalla zona della briglia 2 dopo aver tolto la carta, passa per ovvie ragioni per forza di cose davanti alla zona dell'inizio dell'incendio per cui probabilmente ci ha avvertito lui, questo è uno dei ricordi che ho.
DOMANDA - Lei ricorda dopo quanto tempo da quella linea era ripartita? Mi rendo conto che è una domanda molto difficile però è una risposta difficile a questa domanda ma se ci può aiutare.
RISPOSTA - No non riesco a ricordarlo.
DOMANDA - Perché su questo punto io volevo farle una contestazione in termini tecnici però in realtà è per aiutare il suo ricordo, lei nelle sue varie deposizioni, alcune rese anche direi nell'immediatezza dei fatti, aveva detto quanto segue, verbale 6.12.2007 alle ore 0.4 reso alla PG quindi poche ore il fatto lei dice, "mentre eravamo tutti regolarmente nel gabbiotto, qualcuno non ricordo chi ha notato delle fiamme basse, a mio avviso di lieve entità, tutti e 6 unitamente ad altre 2 persone, tali M. Rocco e S. Bruno ci siamo precipitati sul posto " lo stesso giorno il 6 dicembre alle ore 16 e 18 al Pubblico Ministero lei ha reso una versione sostanzialmente identica perchè ha detto " noi eravamo tutti all'interno della sala controllo e qualcuno ha visto delle fiamme nella zona della spianatrice aspo 2, siamo usciti ed abbiamo preso ciascuno un estintore", alla PG il 31 gennaio 2008 lei ha ribadito " anche quella sera dopo aver imboccato il nastro e avviato la linea siamo andati nel pulpito principale S. entrò per ultimo, ci siamo accorti dell''incendio dal pulpito, ci siamo precipitati fuori, ognuno ha preso un estintore, io mi sono portato per primo nella zone della spianatrice ", solo il giorno 7 febbraio 2008 sempre alla PG lei ha detto "confermo che dopo aver avviato la linea ci siamo portati tutti nel pulpito principale, M. era con noi S. è arrivato per ultimo, non so dire con certezza se l'incendio sia stato visto da dentro il pulpito o se ci è stato comunicato da S. mentre stava entrando", quindi diciamo, mi perdoni non sono delle contestazioni, è un particolare che però può essere utile ai fini della nostra ricostruzione per questo mi permetto di ricordarle quello che lei aveva detto nell'immediatezza che ribadisco non è in totale contrasto con quello che ha detto oggi e che aveva già comunque riferito alla PG, ma io volevo individuare il tempo e il primo avvistamento, il tempo trascorso dall'avvio della macchina e il primo avvistamento se lei ci può ulteriormente aiutare dopo che io le ho riferito dopo che nell''immediatezza aveva detto se può riferirlo alla Corte.
RISPOSTA - Intanto nell'immediatezza non avevo , come dire, uno stato d'animo particolare anche perché la prima volta io sono stato sentito in ospedale con le flebo mentre mi facevano una lastra eccetera, al di là di questo già in quell'occasione io ricordavo che qualcuno vide le fiamme, probabilmente l'espressione eravamo tutti dentro, io ricordo tutti dentro perché ricordo fortunatamente aveva il ricordo delle persone quando stavano ancora bene quando erano ancora vive e mi ricordavo in quel momento, forse è questa la sensazione forte che mi dava la sensazione che fossimo tutti nel pulpito perché eravamo lì in un momento in cui eravamo tutti vivi ancora, poi però riflettendo nel tempo e ricordando, cercando di rielaborare anche per essere effettivamente più preciso, quello che era accaduto ricordavo queste immagini di S. che toglie la carta e io che lo vedo attraverso la telecamera, ricordo S. che entra e io tutt'oggi probabilmente S. ha dato l'allarme non ne sono sicuro, probabilmente S. ha dato l'allarme entrando nel pulpito però non riesco a dare un termine nel tempo questo per me è impossibile.
DOMANDA - Io le vorrei far vedere rapidamente alcune fotografie che sono state scattate dalla ASL e che sono proprio nella stessa data il 6 dicembre e che sono presenti nel fascicolo per il dibattimento dei luoghi ove avete effettuato l'intervento e se l'Ingegnere mi può proiettare la numero 1, se lei riesce a descriverci, lo ha già fatto rispondendo alle domande del Pubblico Ministero, descriverci la zona intanto e quale è stato il suo personale intervento la sua personale operatività e poi se riesce anche.
PRESIDENTE - Può essere per favore indicato il numero della fotografia?
DOMANDA - Questa è la foto numero 1 è la documentazione fotografia allegata al verbale dell'ASL. Mi riservo Presidente di comunicarlo dopo il numero.
PRESIDENTE - Fa parte del fascicolo fotografico dell'ASL.
DOMANDA - Del fascicolo fotografico dell'ASL 6.12.07, se riesce signor BO. a fare una breve descrizione di dove si trova il pulpito, la foto è un po' scura.
RISPOSTA - Non riesco, se si può allargare perché così non riesco a vedere nulla al di là degli estintori di lato e la struttura della linea destra però non ....
PUBBLICO MINISTERO D.SSA LONGO - Volevamo solo capire, le fotografie sono del fascicolo ASL?
DOMANDA - Sì sono quello foto doppie, posso mostrare al teste la foto?
PRESIDENTE - Sì certo.
DOMANDA - Lei riesce a descrivere signor BO.?
RISPOSTA - Posso provarci, il pulpito è in questa zona perché non è presa dalla parte del pulpito bensì dall'altra parte sostanzialmente e questa è la zona dell'aspo 2 questa è una delle 2 scalette che portavano in basso verso l'aspo 2, di conseguenza questa è la zona in cui dove si è verificato l'incendio.
DOMANDA — Foto numero 2 è uno più dettagliata.
RISPOSTA - Questa è la scaletta che porta sopra l'aspo 1 della zona di taglio delle code e qua sotto è la zona della spianatrice in cui io e il signor Roberto S. abbiamo prestato il primo intervento dove a mio avviso c 'erano le fiamme.
PRESIDENTE - A destra invece?
RISPOSTA - Questo è il pulpitino di comando che serve per effettuare le operazioni di taglio dei codacci sull'aspo 2, sull'aspo inferiore.
DOMANDA - Se possiamo vedere la foto 3. Ci da un ulteriore dettaglio.
RISPOSTA - Questa è la zona dell'aspo 1 dove ricordo che operarono con i solo estintori R. Rosario e Giuseppe DE. M., questo è il pulpitino dove si effettuavano le code dell'aspo 1.
DOMANDA - Adesso vediamo ancora un momento la foto numero 6.
RISPOSTA - Questa è la zona della spianatrice come dicevo come ho già raccontato dove in questa zona nella zona sottostante la spianatrice c 'erano le piccole fiamme che poi sono diventate più grandi.
DOMANDA - Se ci può descrivere signor BO. ridescrivere perchè lei lo ha già fatto, di fronte a questa fotografia lei è arrivato in questa zona ci ha detto tra i primi e che cosa ha visto proprio in questa zona?
RISPOSTA - Delle piccole fiamme in basso ma davvero piccole e sulla spianatrice.
DOMANDA - Può indicare la spianatrice dove è?
RISPOSTA - Per quello che riesco dovrebbe esser questa zona per quello che si vede probabilmente per quello che mi è rimasto.
DOMANDA - Lei ha visto delle piccole fiamme in basso e sopra la spianatrice.
RISPOSTA - Sì probabilmente dei residui di carta che potevano esserci sotto la spianatrice.
DOMANDA - Lei ha detto però anche che alcuni suoi colleghi sono saliti da quella scaletta giusto?
RISPOSTA - Non so se sono saliti da quella scaletta o dalla scaletta che c 'è prima.
DOMANDA - Comunque erano della zona sottostante.
RISPOSTA - Sì.
DOMANDA - Lei ha visto qualcosa in quella zona sovrastante, ha visto anche delle fiamme? Perché era molto vicino a lei se ho capito bene.
RISPOSTA - Sì, però ovviamente io ero corso a prendere l'estintore sono arrivato qui ricordo di aver visto loro ma non delle fiamme, ovviamente immagino che le fiamme ci fossero, uno perché altrimenti non si spiegherebbe la loro presenza là sopra ma tanto più che probabilmente le fiamme a mio avviso arrivavano proprio dalla zona di sopra perché è impossibile che avesse preso fuoco la zona di sotto in quanto era l'aspo in stand-by, l'aspo fermo, quello che girava in quel momento era l'aspo 1, l'aspo della zona soprastante.
DOMANDA - In quel momento per quello che lei può ricordare, il nastro girava la linea era in funzione? Aspo 1.
RISPOSTA - No non lo ricordo anche perché tra le altre cose io in questa zona non potevo vederlo se l'aspo 1 girava o meno anche perché mi adoperavo per spegnere questo incendio in questa direzione, di conseguenza non avevo neanche guardato nella zona a sinistra dell'aspo 1 per cui non lo ricordo.
DOMANDA - Provo a farle un'altra domanda ma evidentemente cercando di approfittare di un ricordo che è tutt'altro che semplice, quando lei è uscito, siete usciti dal pulpito principale avete visto se l'aspo era in funzione l'aspo 1.
RISPOSTA - No non me lo ricordo.
DOMANDA - Lei ricorda se qualcuno ha fatto un qualche intervento su qui pulpitini eventualmente per fermarlo?
RISPOSTA - No posso immaginarlo perché normalmente bisognava fermare per lo meno la sezione di entrata però ricordare se fu fatto o meno è una cosa che non ricordo, come dicevo fui tra i primi ad uscire ed era un 'operazione che è vero che di poteva fare anche dall'esterno ma che normalmente veniva fatta dall'interno del pulpito per cui per queste ragioni non.
DOMANDA - La fermata lei sta dicendo si fa normalmente doli 'interno.
RISPOSTA - Anche la fermata della sezione di entrata si può anche fare dai pulpitini esterni però voglio dire normalmente nel momento in cui qualcuno è dentro il pulpito la può fare dal pulpito.
DOMANDA - Passiamo un attimo alla fotografia numero 11. Se ci descrive questo luogo.
RISPOSTA - Per quello che riesco a comprendere dalla foto questa è la zona dell'aspo 1 e questa era la zona probabilmente in cui mi trovavo io per attaccare la manichetta al momento dell'incendio, credo che sia lì l'attacco della manichetta dell'acqua grosso modo. Questo è quello che riesco ad apprezzare in questa foto.
DOMANDA - Vediamo la foto successiva che è una foto dall'alto.
RISPOSTA - Credo di sì mi sento di dire che questa è la zona in cui io ho attaccato l'innesto della manichetta dell'acqua e qui è il posto dove si è sviluppato l'incendio.
DOMANDA - Riesce a vedere anche il pulpito da questa.
RISPOSTA - Sì certo è questo.
DOMANDA - Quella è la vetrata del pulpito?
RISPOSTA - La vetrata è questa, e questa è la porta.
DOMANDA - La porta laterale. Ho un'ultima fotografia che le rammostro quella del muletto.
RISPOSTA - Questa è la zona in cui io ho attaccato l'innesto della manichetta.
DOMANDA - Ed è quella la manichetta potrebbe essere quella?
RISPOSTA- No.
DOMANDA - Lei ricorda dove era la manichetta che ha utilizzato.
RISPOSTA - No è proprio impossibile che era questa cioè uno perché non è interessata dalle fiamme e qui le fiamme sono arrivate, partiva da qui ed arrivava fino alla zona dell'incendio, qui sembra una manichetta nuova a vederla in questa foto.
DOMANDA - La ringrazio signor BO. non ho altre domande."

 

Giungono i soccorsi: 118, Vigili del Fuoco e Polizia.
La documentazione (anche fotografica ed informatica) relativa agli interventi di soccorso ed ai primi rilievi, accertamenti, sequestri, è contenuta nei faldoni 2 e 3; a tale documentazione, in parte visionata (quanto ai video ed alle fotografie) anche nel corso delle udienze dibattimentali - oltre che completamente nella fase di studio - qui si deve rimandare, fermi restando gli specifici richiami che saranno effettuati nel prosieguo della presente motivazione, in corrispondenza ai vari argomenti oggetto di trattazione.

Appare rilevante, in questa parte, richiamare il "verbale dei rilievi tecnici" (da foglio 293/7/atti) eseguiti in data 6/12/2007 dalla Polizia Scientifica, con allegate n. 111 fotografie riproducenti, oltre al cadavere di S. Antonio, lo stato dei luoghi subito dopo l'incendio e la circostanza che, verso le ore 6 dello stesso giorno 6 dicembre 2007: "durante l'effettuazione del sopralluogo e la localizzazione, con riferimenti numerici, di quanto attinente lo stesso, divampava, in corrispondenza del primo livello sopraelevato dell'impianto, un altro incendio che impediva il proseguimento del sopralluogo stesso." (v. pag. 7).

Rilievi che potevano riprendere alle successive ore 9 (e v. infra).

In dibattimento (all'udienza del 13/2/2009) sono stati sentiti GS. Massimo, Ispettore Capo della Polizia di Stato, tra i primi a giungere sul posto, GIL. Paola, della Polizia Scientifica e PUL. Antonio, Primo Dirigente della Polizia di Stato; quest'ultimo ha riferito - a domande della difesa - esclusivamente sugli oggetti - personali, presi in consegna e poi restituiti ai familiari delle vittime - ritrovati lungo la linea 5, per terra, nel "pulpito principale" (v. infra, nella parte descrittiva della linea), all'interno di zainetti ecc.; la sua testimonianza non appare di alcun rilievo, corrispondendo alla documentazione già in atti e di cui al faldone 3 (v. verbale in data 31/1/2008, con allegati); è probabile che la difesa, escutendo il teste PUL. su questo punto, abbia inteso sottolineare quanto risultava dal citato verbale e cioè che, tra gli oggetti rinvenuti nel "pulpito", vi fosse (v. sub 1 del verbale) una "play Station" - restituita ai familiari di R. Rosario; sempre nel pulpito si trovavano anche due apparecchi televisivi, sui quali il teste MOR. Rocco (v. udienza del 17/3/2009, pag. 88 trascrizioni, a domanda della difesa e pag. da 101 a domande del P.M.) ha riferito che non erano collegati alla gestione dell'impianto, che erano "personali", precisando poi di non sapere di chi fossero, chi li avesse piazzati lì, da quanto tempo ci fossero e di non averli mai accesi né visti accesi durante i suoi turni di lavoro; d'altronde, risulta dal verbale A.S.L. 14/12/2007 ore 15,00 (v. in faldone 3) che i due televisori presenti nel "pulpito principale" non erano collegati alla linea elettrica.

Interessa invece, per completare il quadro descrittivo di quella notte, la testimonianza di GS. Massimo (udienza 13/2/2009, da pag. 12 trascrizioni):

"DOMANDA P.M., n.d.e.) - Quindi, quando vi siete recati sul posto, cioè presso la Thyssenkrupp Acciai Speciali Terni, c'erano già altre persone, a parte gli operai, presenti sul posto? Altri soccorritori? O siete stati voi i primi?
RISPOSTA - Il nostro arrivo fu un po' particolare, poiché conoscevamo l'indicazione della fabbrica però io personalmente non ero mai entrato all'interno. Uno degli equipaggi era già intervenuto per altra situazione e ci fece da strada. Entrammo con quattro autovetture e ci attestammo in un corridoio tra due capannoni; venimmo chiamati da un gruppo di persone che poi scoprimmo che erano operai ed erano agitatissimi, ci gridarono che c 'erano un incendio in corso, c 'erano dei feriti e che i loro compagni erano ancora tra le fiamme.
DOMANDA - Quindi, quando voi siete arrivati, l'incendio era in corso?
RISPOSTA - Sì.
DOMANDA -I pompieri erano già arrivati?
RISPOSTA - Io non li ho visti, però non escludo che ci fosse almeno una squadra perché noi siamo entrati ripeto da questi capannoni e forse ci hanno visto arrivare, ci hanno chiamato. Mentre l'accesso alla linea 5 era distante ancora un 200 metri, bisognava percorrere questo canalone tra due capannoni ed arrivare ad un cancello che permetteva di accedere alla linea 5, ad era il fronte del fuoco. Noi in realtà poi siamo entrati alle spalle dell'incendio.
DOMANDA - Gli operai che avete incontrato per primi, dove li avete incontrati?
RISPOSTA - Li abbiamo incontrati proprio sulla strada tra i due capannoni, direi in linea d'aria abbiamo percorso qualche centinaio di metri per arrivare all'incendio, correndo.
DOMANDA - A piedi, comunque?
RISPOSTA - Sì, abbiamo lasciato le macchine e siamo scesi.
DOMANDA - Va bene. Vi erano delle ambulanze in quel momento?
RISPOSTA - Una sola, ve ne era una ed era all'interno di questo capannone, alla mia sinistra entrando, visto che c 'era una persona vicino, presumo un operaio, all'interno io correndo verso le indicazioni che mi davano gli operai e dove era l'incendio, ho sbirciato all'interno e ho visto che stavano soccorrendo una persona che era evidentemente ustionata.
DOMANDA - A questo punto che cosa avete fatto? Come siete intervenuti?
RISPOSTA - Ho continuato correndo verso le indicazioni che ci davano gli operai. Io sono arrivato lungo la linea 5 - che ho scoperto poi fosse la linea 5 - non ho visto queste fiamme altissime, però c'era sicuramente un muletto che bruciava, fiamme che fuoriuscivano dai macchinari, non altissime e lì abbiamo incominciato ad incontrare i feriti.
DOMANDA - Vi erano ancora persone ferite sul luogo dell'incendio?
RISPOSTA - C'erano solo loro.
DOMANDA - Ci può descrivere che persone avete trovato? In quali condizioni erano?
RISPOSTA - Io ho scavalcato un corpo che inizialmente non ho capito essere un essere umano, era a terra, l'ho scambiato per un sacco di immondizia; dopodiché ne è uscito uno dai macchinari, mi si è fatto incontro e mi ha detto che non voleva morire. Io gli ho stretto la mano, gli ho detto che non aveva nulla e l'ho fatto adagiare a terra. Noi siamo rimasti un po' colpiti, i miei colleghi hanno soccorso gli altri e sinceramente ci siamo trovati nella difficoltà di operare perché capivano che toccandogli gli facevamo male. Abbiamo cercato delle assi, qualcosa per portarli fuori, io contemporaneamente comunicavo alla sala radio di inviarci ambulanze perché avevamo bisogno di trasportarli. Nell'arco di qualche minuto siamo riusciti ad allontanarli tutti da quella situazione che per noi non era pericolosa, nel senso che in tanti anni di esperienza ho visto incendi, non avevo paura dell'incendio però mi rendevo conto che l'area era piena di serbatoi, c 'era qualcosa di incandescente, il timore che ci fosse stata un 'esplosione da un momento all'altro. Mi sono reso conto anche che il mio personale era in difficoltà. Ritirati i feriti non vedemmo più nessuno, ci siamo allontanati anche noi ed in quel frangente, dalla linea 4 è uscito da uno dei varchi... Ci sono dei varchi di cemento tra una linea e l'altra, è uscito un Vigili del Fuoco, un ragazzo giovane che mi fa: "Ma tu cosa ci fai qui? Qui è pericoloso, sta per saltare tutto", io gli ho detto: "Guarda, abbiamo portato via dei feriti" e lui mi fa: "Quali feriti" e questo mi ha fatto pensare che loro erano dall'altra parte, non avevano visto nessuno. Lui mi fa: "Adesso andate via che ci siamo noi", io ho comunicato via radio di far allontanare tutti i presenti da quell'area, abbiamo sgomberato definitivamente.
DOMANDA - Quando siete arrivati lei ci ha parlato di una persona a terra e di una persona che invece camminava, avete poi capito chi erano queste persone?
RISPOSTA - No, io non saprei dirle chi fossero.
DOMANDA - La persona a terra era in vita o era deceduto?
RISPOSTA - Erano coscienti tutti e due, parlavano. Non si lamentavano ma parlavano.
DOMANDA - Avevano addosso abiti?
RISPOSTA - colui che si è parato davanti in piedi era completamente nudo, l'altro se non ricordo male aveva parti di indumenti all'altezza del pube, parti.
DOMANDA - Voi come li avete accompagnati fuori? Non ho capito bene.
RISPOSTA - Più che altro siamo rimasti con loro, contemporaneamente abbiamo cercato qualcosa per portarli via, poco dopo abbiamo visto delle lettighe arrivare in lontananza, gli infermieri ci hanno gridato se c 'era pericolo, noi gli abbiamo detto di accelerare; quando è arrivata la lettiga, abbiamo caricato insieme agli infermieri sopra e siamo scappati da quella situazione.
DOMANDA - Va bene, quindi voi avete visto la situazione da uno dei due lati?
RISPOSTA - Esatto.
DOMANDA - Dall'altro lato, diceva, c'erano i Vigili del Fuoco?
RISPOSTA - Io non li ho visti, l'ho dedotto dal momento in cui, le ripeto, questa è una questione di pochi minuti, è uscito il Vigili del Fuoco dalla linea 4... Praticamente lui deve aver superato l'incendio passando dalla linea parallela, perché le paratie di cemento questo lo permettevano, di questo ne sono sicuro perché poi ho continuato il sopralluogo e ho capito che funzionava così.
DOMANDA - Dalla vostra posizione, vedevate al di là del punto in cui si era sviluppato l'incendio?
RISPOSTA - No, perché era buio, c'erano fumi, poi il calore avvicinandosi al macchinario... L'incendio ad esempio del muletto... Il muletto se non mi sbaglio doveva essere a poca distanza da quello che poi ho individuato come il pulpito; al muletto siamo arrivati, poi il calore lì si faceva forte e siccome noi ritenevamo, in cuor nostro che, non conoscendo i luoghi, addentrandoci nelle fiamme, avrei potuto mettere anche a repentaglio la vita dei colleghi; non avendo indicazioni di chi c'era lì dentro perché gli operai con me non sono venuti... Poi questo è stato il susseguirsi della mia attività nell'immediato, quello di capire quante persone ci potevano essere al lavoro...
DOMANDA - Chiedo scusa, ora ne parliamo, volevo solo chiedere un particolare, forse lo ha già detto ma chiariamo meglio questo punto. L'incendio come si presentava, nel momento in cui voi siete arrivati?
RISPOSTA - Non copioso.
DOMANDA - Ci detto che bruciava il muletto.
RISPOSTA - Sì.
DOMANDA - Bruciava qualcos'altro ancora?
RISPOSTA - Bruciavano i macchinari, alla mia sinistra. Dal mio punto di vista avevo il muletto sulla destra ed a sinistra c'erano i macchinari che bruciavano, però erano fiamme che erano localizzate in più punti ma non altissime. Se ci avessero detto che c'era ancora un corpo io mi ci sarei buttato dentro, però di questo non avevano la certezza perché secondo me i feriti erano tutti quelli che avevamo raccolto; in realtà poi scoprimmo che c'era ancora una persona da ricercare.
DOMANDA - Poi l'attività come è proseguita?
RISPOSTA - L'attività è stata quella, prima cosa indurre tutti alla calma perché gli operai erano in piena agitazione, volevano intervenire, bloccando i macchinari, disattivando pompe, io ho spiegato loro che non era più compito loro in quel momento intervenire ma visto il fatto... Nel frattempo, tra le altre cose, arrivavano più squadre di Vigili del Fuoco, ci sarebbe stato un intervento tecnico capace di chi era operatore del soccorso. E stato quello di individuare i presenti tramite una lista che fosse ufficiali, io avevo a disposizione parecchio personale, demandai a questi ragazzi di identificarmi i responsabili, di identificare qualcuno delle segretarie che ci potesse far arrivare alle liste dei dipendenti e scoprire così chi mancasse. Nell'arco di una decina di minuti siamo riusciti a scoprire che mancava un solo operaio e questo venne comunicato ad altro personale della Polizia di Stato che nel frattempo aveva raggiunto il fronte del fuoco e che rispondeva ai Vigili del Fuoco.
DOMANDA - Intende dire che mancava un operaio, verificando le liste di quelli che dovevano essere presenti, uno non era stato trovato.
RISPOSTA - Esatto.
DOMANDA - Chi era questa persona?
RISPOSTA - È la persona che poi fu trovata deceduta.
DOMANDA - Si ricorda il nome?
RISPOSTA - Dovrei aiutarmi con gli atti, a seguito dell'annotazione che ho redatto. Era S. Antonio, perché fu l'unico indicato in annotazione, deceduto nell'occorso.
DOMANDA - Quindi, non avevate immediatamente rinvenuto questa persona, appunto perché non era tra i feriti, diciamo?
RISPOSTA - Anche perché all'identificazione dei feriti si arrivò subito grazie agli operai, perché man mano che venivano soccorsi, loro indicavano ai miei colleghi che poi riferivano a me, chi era sull'ambulanza.
DOMANDA - Quindi, avete immediatamente identificato le persone ferite, in un momento successivo la persona deceduta?
RISPOSTA - Esatto, è stata trovato un 'ora dopo il nostro intervento, penso.
DOMANDA - Per quanto riguarda gli operai presenti avete proceduto all'identificazione dei testimoni?
RISPOSTA - Sì, ci furono contatti immediati con l'ufficio della Procura, con il sostituto di turno, io poi ricevetti telefonate dal dottor Guariniello, mi chiesero di identificare le persone che erano presenti sul posto e di individuare eventuali testimoni. L'unico che a noi diede attendibilità perché ci disse sin da subito che aveva assistito ai fatti era il BO., BO. che io incontrai però fuori dall'ambiente dell'incendio, perché probabilmente o si era allontanato durante il nostro intervento... Io quello che penso che sia successo, che gli operai quando hanno sentito le sirene si siano avvicinati verso l'esterno per darci indicazioni che dovevamo intervenire; per cui io sono andato da solo verso l'incendio e poi ho impedito a tutti di seguirci. Quando sono tornati indietro, i miei colleghi mi hanno detto che l'unico testimone attendibile era il BO.. Era agitato, lo invitammo più volte ad andare via, lui ha insistito per rimanere sul posto... Siccome poi, dopo un primo iniziale momento di agitazione che lo teneva su, ho visto che aveva un calo, lo abbiamo fatto accomodare su una nostra volante. Poi è rimasto lì un po' con noi, quando gli abbiamo dato notizia che c'era stato il decesso di un compagno, lui si è sentito male ed abbiamo preferito che andasse in ospedale; non abbiamo più avuto modo di averlo lì. E andato in ospedale e lì sul posto è stato sentito da un mio collega, è stato disposto che lo sentisse e lui ci ha descritto un attimino quello che ricordava.
DOMANDA - Sul punto sentiremo poi il teste diretto, BO.. Altre persone identificate sul luogo dell'incendio, chi erano?
RISPOSTA - Identificammo molte persone, identificammo una serie di individui, i quali ci indicarono poi il loro ruolo nell'azienda. Io, come ho detto all'inizio cercavo persone che avessero capacità tecniche per indicarci ad esempio il funzionamento della linea, se c 'erano pericoli in ordine a serbatoi di particolare materiale. Man mano che queste persone venivano identificate, io le facevo salire sulle volanti e li mandavo verso i Vigili del Fuoco che stavano concentrando il loro operato davanti alla linea 5, dal portone di accesso carraio.
DOMANDA - Vi erano altre persone ferite o comunque riportanti lesioni o feriti gravi, di cui abbiamo parlato?
RISPOSTA - Quando abbiamo fatto la raccolta dei nomi degli operai, sono poi saltati fuori nomi di operai che avevano subito, avevano patito lesioni a seguito dell'incendio perché erano intervenuti più che altro a soccorrere. Feriti più lievi, abbiamo avuto modo di vederli sul posto, poi vennero identificati, se non sbaglio nell'ordine di tre persone, indirizzati poi agli ospedali, subito. L'unico che rimase sul posto con noi è stato il BO..
DOMANDA - Gli altri sono stati mandati subito all'ospedale.
RISPOSTA - Sono stati mandati subito all'ospedale.
DOMANDA - Ricorda i nomi di queste persone?
RISPOSTA - Anche di questo devo fare ausilio all'annotazione. Il signor BO., S.F. e P.G..
DOMANDA - Va bene, grazie. Il vostro intervento sul posto è proseguito fino a che ora?
RISPOSTA - Io ho fatto un intervento, ho curato la rimozione del cadavere e ho apposto i sigilli, perciò sono andato via per ultimo.
DOMANDA - Avete proceduto quindi al sequestro della linea?
RISPOSTA - Sì, dell'area interessata; dopo il sopralluogo di Polizia Scientifica, della Procura e del consulente siamo andati via.
DOMANDA - Avete poi acquisito la documentazione relativa ai referti medici?
RISPOSTA - Questo venne fatto da personale della Polizia di Stato che lo raccolse presso i vari posti di Pronto Soccorso, c 'è stata un'attività continua di monitoraggio delle situazioni, che venivano riferite al centro radio, mandammo l'equipaggio di volanti, furono acquisiti i referti, purtroppo per tutti e sei i feriti emerse costantemente la situazione gravissima, la prognosi riservata.
DOMANDA - Un 'ultima domanda sul punto, durante il vostro intervento, vi erano -oltre a voi della Polizia, alle ambulanze ed ai Vigili del Fuoco - dei soggetti dell'azienda, impegnati nell'intervento oppure no?
RISPOSTA - Io questo ebbi modo di notarlo, tanto è vero che l'ho riferito in particolare nell'annotazione. Siccome in altri casi, incidenti sul lavoro c'è sempre l'addetto alla sicurezza, la persona esperta che indica quello che è accaduto, perché è successo... Un 'osservazione, una deduzione; mancava proprio questa cosa, nel senso che non c'era nessuno che mi diceva ad esempio che cosa poteva succedere dopo quell'incendio, di cosa dovevo aver paura. Non c'era qualcuno che in maniera precisa mi indicasse di eventuali iniziative che si potevano intraprendere, direi proprio nessuno. Poi identificammo persone addette alla sicurezza, alla gestione di impianti, questo sì, ma dopo, non subito, furono cercate da noi.
DOMANDA - Dopo quando?
RISPOSTA - Nell'arco di tre quarti d'ora, un 'ora, furono rintracciati dei colleghi.
DOMANDA - Dal vostro intervento.
RISPOSTA - Sì.
DOMANDA - Chi è arrivato, se lo ricorda?
RISPOSTA - Devo sempre fare riferimento all'annotazione.
PRESIDENTE - E' sempre autorizzato.
RISPOSTA - Identificammo il signor BN., il signor CAF., il primo responsabile della sicurezza, il signor BN. ed il CAF. invece è responsabile della sicurezza, prevenzione infortuni della società Thyssenkrupp.
DOMANDA - Lei ha detto entrambi responsabili della sicurezza, ma...
RISPOSTA - Così ci indicarono sul posto.
DOMANDA - Cosa intende per sicurezza? Sicurezza infortunistica o sicurezza industriale?
RISPOSTA - BN. sicurezza industriale, invece il CAF. responsabile di sicurezza, prevenzione infortuni.
DOMANDA - Quindi, uno della sicurezza aziendale...
RISPOSTA - Esatto, affermazioni che io raccoglievo informalmente, non avevo alcuna documentazione che attestasse queste qualifiche, questo fu nella concitazione dell'intervento, questa acquisizione.
DOMANDA - Sono state poi di ausilio queste persone?
RISPOSTA - Come le ho detto prima le indicazioni venivano date a noi, io poi man mano che capivo che potevano essere utili a proseguire l'attività dei Vigili del Fuoco li indirizzavo all'area dì intervento dei Vigili, li facevo salire sulle macchine e li portavamo fino all'ingresso della linea 5.
DOMANDA - Sono intervenuti, voi li avete visti, se sì diteci chi erano, persone della prevenzione incendi dell'azienda? Persone incaricate?
RISPOSTA - Io non ricordo di averli visti.
DOMANDA - C'erano mezzi antincendio interni?
RISPOSTA - Dal lato in cui ero io, no. Poi quando arrivai... Io mi sono portato dalla linea 5 dall'ingresso principale dopo che avevo assicurato che non ci fosse più niente dalla mia parte, circa un'ora, un'ora un quarto dopo. Quando arrivai lì i mezzi di soccorso erano moltissimi, non ricordo di aver individuato uno che fosse diverso dai Vigili del Fuoco o meno. Non escludo che ci fosse stato però...
DOMANDA - Gli operai che voi avete trovato quando siete arrivati in prossimità della linea, erano soltanto operai lavoratori? Cioè operai impegnati nel lavoro delle linee, o erano operai del soccorso aziendale?
RISPOSTA - No, erano operai delle linee, non c'era nessuno che ci ha specificato quello, di essere del soccorso.
DOMANDA - Va bene. Come furono rintracciate le due persone di cui ci ha detto, il signor BN. ed il signor CAF.?
RISPOSTA - Su mia disposizione... Io non mi sono mai allontanato dal luogo dove hanno trovato i feriti, avevo disposto al personale che era mio sottoposto, di rintracciarli e sono stati rintracciati mediante il personale della vigilanza mi hanno detto, tramite la guardiola avevano i riferimenti, furono convocati e poi li trovai all'uscita del capannone.
DOMANDA - Quindi, sono stati chiamati, non erano presenti sul posto?
RISPOSTA - No, torno a ripetere, quando io sono arrivato all'incendio c 'eravamo noi ed i feriti.
DOMANDA - Ci sono altri particolari che ricorda, in merito all'intervento al momento dell'incendio?
RISPOSTA - Per intervento no, direi di no.
DOMANDA - In relazione all'attività compiute in quelle circostanze?
RISPOSTA - Indubbiamente quella di partecipare al sopralluogo, l'intervento della Polizia Scientifica, le attività di rito per la rimozione.
DOMANDA - Avete chiamato voi la Polizia Scientifica?
RISPOSTA - Sì. "


Nonché la testimonianza di GIL. Paola, nel corso della quale sono state proiettate in udienza una serie di fotografie ed un video (allegati alla relazione sopra indicata, v.) riproducenti lo stato dei luoghi nelle ore immediatamente successive all'incendio; (udienza 13/2/2009 da pag. 78 trascrizioni):

 

"DOMANDA (P.M., n.d.e.) - Lei è in servizio presso la Polizia Scientifica di Torino?
RISPOSTA - Attualmente, da ieri, sono assegnata ad un Commissariato, però fino all'altro ieri ho fatto servizio presso la Polizia Scientifica di Torino.
DOMANDA - Lei è stata chiamata la mattina prestissimo dal 6 dicembre 2007 ad effettuare dei rilievi presso la ditta Thyssenkrupp di Torino. Ci vuole raccontare le circostanze in cui è stata chiamata, da chi? Quando è arrivata che cosa si è trovata davanti, quali rilievi ha effettuato in prima battuta?
PRESIDENTE - Dico solo che i rilievi sono ai nostri atti come atto irripetibile, quindi se volete qualche precisazione ulteriore, ecco...
DOMANDA - Sì, facciamo delle precisazioni... Magari ci racconti quello che è stata la vista... I rilievi dettagliati li abbiamo agli atti, per cui insomma...
PRESIDENTE - Possiamo anche utilizzarli.
RISPOSTA - Io sono intervenuta, unitamente a CU. che è un altro operatore della Polizia Scientifica in turno quella notte, siamo arrivati e praticamente abbiamo trovato subito davanti al fabbricato il cadavere di uno degli operai, ossia di S. Antonio che era stato trasportato, lo abbiamo rinvenuto sul pavimento, era stato trasportato da chi lo aveva soccorso nella parte antistante il fabbricato. Siamo entrati all'interno del fabbricato passando dal passaggio pedonale e non dal passaggio carraio perché questo era chiuso. Entrando all'interno ci siamo ritrovati all'interno di un ambiente molto grande, di vaste dimensioni, steso longitudinalmente e suddiviso in due parti, presumo in due parti, la parte sinistra era un corridoio di passaggio, la parte destra era... Sulla parte destra si estendeva tutta la catena di montaggio quindi tutti i macchinari per tutto il perimetro della fabbrica. C'era poca visibilità all'interno, vedevamo molta gente che si muoveva all'interno per prestare soccorsi, comunque per spegnere eventuali altri focolai. Mentre ci incamminavamo, mentre mi incamminavo verso il centro di questo ambiente quindi là da dove presumibilmente si sarebbero sviluppate le fiamme, sul pavimento c'era parecchio liquido, parecchia sostanza oleosa, le pareti erano completamente piene di fuliggine, la fuliggine era concentrata nella parte centrale, là da dove si è sviluppato l'incendio. Lungo il percorso abbiamo cominciato a rinvenire parecchi oggetti di carattere più che altro personale per quanto riguarda... Erano oggetti di appartenenza verosimilmente ai operai che lavoravano all'interno della linea 5. All'interno c'erano anche parecchi manicotti che servivano per spegnere l'incendio, alcuni dei quali erano completamente anneriti, lacerati, staccati dai bocchettoni, altri invece erano integri ed erano stati utilizzati in quel momento... Venivano utilizzati in quel momento da personale dei Vigili del Fuoco che era presente. Man mano che si procedeva all'interno di questo corridoio si cercava di contrassegnare tutti i vari oggetti per una localizzazione con delle lettere, come si fa abitualmente quindi procedendo si... Non so il portafoglio, quello che veniva rinvenuto o quant'altro, veniva contrassegnato. Siamo arrivati praticamente davanti alla zona in cui presumibilmente è avvenuto l'incendio, in quella zona c'era anche un muletto mi ricordo, un cosiddetto carrello elevatore, proprio posto nella parte centrale di questo corridoio, un po' più spostato, poi magari faccio riferimento alle fotografie... Ho portato copia delle...
DOMANDA - Per sua comodità le abbiamo... Voi ovviamente avete documentato lo stato dei luoghi.
RISPOSTA - Posso consultare eventualmente anche la mia copia di...
DOMANDA - Sì, sì. Se vuole possiamo direttamente partire con le fotografie così il suo racconto...
PRESIDENTE - Anche le fotografie sono ai nostri atti, come atti di 354.
DOMANDA - Nell'ambito dei rilievi fotografici che avete effettuato sul cadavere di S. Antonio abbiamo notato un rilievo fotografico particolare in cui voi avete fatto un primo piano della mano di S. con il metro, che cosa volevate evidenziare con questa immagine?
RISPOSTA - Questo è praticamente il rilievo fotografico inerente la mano destra di S. Antonio e sopra c'erano dettagli delle lesioni lineari e con questa striscetta metrica si andava a misurare questo taglio sul palmo della mano.
DOMANDA - Il corpo di S. era in qualche modo ridotto, rispetto alle normali...
RISPOSTA - Verosimilmente sì.
DOMANDA - Come si presentava al vostro esame?
RISPOSTA - Il cadavere si presentava... Era quasi completamente privo di indumenti, tranne che sulla parte addominale, intorno ai piedi erano rimaste... Sulla parte addominale era rimasta la cintura, residui dell'abbigliamento ed ai piedi, se non ricordo male, calzava proprio le scarpe. Il cadavere appariva rigido, era gonfio, però nello stesso tempo sembrava ristretto, rispetto a quelle che potevano essere le sue originarie dimensioni. Questo è quello che io...
DOMANDA - Ha evidenziato, certo. Andiamo pure avanti, questa è la vista dell'entrata della linea, questa è la foto 20.
RISPOSTA - Sì. Questa foto è stata effettuata dalle... E la panoramica del capannone, viene effettuata con le spalle rivolte all'ingresso, da dove siamo noi entrati per accedere in questo ambiente; quindi sulla destra, quella parte delimitata dalla parte gialla sostanzialmente, è la parte relativa alla linea 5, quindi alla lavorazione e, la parte centrale è il corridoio di transito.
DOMANDA - Questo è il muletto a cui facevate riferimento.
RISPOSTA - Sì.
DOMANDA - Abbiamo forse la foto 22, la foto 23...
RISPOSTA - Sì.
DOMANDA - Con riferimento proprio al muletto c 'è qualche osservazione che si può fare, anche relativamente al fronte del fuoco o altre situazioni particolari, che voi avete osservato?
RISPOSTA - Il muletto faccio presente che si trovava nel corridoio di passaggio, era con il senso di marcia verso l'ingresso da cui noi siamo entrati, era posizionato in questa direzione. Era pieno di fuliggine e sul muro mi ricordo che c 'era come la proiezione... C'era una parte in muro che non era stata affumicata perché... Come se fosse stata investita dalla proiezione della fuliggine che aveva praticamente disegnato la forma del muletto sul muro.
DOMANDA - Questa è la documentazione dei vari oggetti che lei ci diceva avete operato man mano che procedevate.
RISPOSTA - Sì.
DOMANDA - Avete numerato anche gli estintori che avete trovato?
RISPOSTA - Sì, man mano che ci spostavamo si cercava di documentare e di localizzare le varie cose che potevano avere attinenza o comunque rilevanza per quanto era competente.
DOMANDA - Gli estintori si ricorda in che condizioni li avete trovati?
RISPOSTA - Qualcuno abbastanza pulito ed altri completamente pieni di fuliggine, per esempio ne ricordo uno che era adagiato sul pavimento che era ricoperto da una lamiera che si era staccata dal soffitto e che andava in origine a ricoprire le canaline che c 'erano sulla parete, questo ricordo con dettaglio.
DOMANDA - Quindi, il fuoco verosimilmente l'aveva staccata.
RISPOSTA - Sì.
DOMANDA - Andiamo avanti, questa è sempre la vista del muletto... Forse lì si vede quella proiezione di cui parlava.
RISPOSTA - Sì, è proprio questo.
DOMANDA - È la foto 31.
RISPOSTA - Io parlo di quella di fianco che non è annerita e praticamente ricalca in qualche modo la forma del muletto, questa.
DOMANDA - Questa è la parte annerita, quella al centro è la parte che è rimasta ... (sovrapposizione di voci)...
RISPOSTA - Eccola qui, questa foto è stata effettuata con le spalle al muletto, quindi praticamente ce l'ho a questa distanza il muletto, la parete è fotografata dal muletto.
DOMANDA - Va bene, andiamo avanti. Questa che è la foto 34 l'avete staccata da dove? In cui si vede un quadro elettrico un po' afoso...
RISPOSTA - Siccome fa riferimento al rilievo precedente che è il 33, che è una panoramica del corridoio effettuata dalla scala posta nel settore aspo 1, la freccia indica la scala dell'aspo 2, alla base del quale è ubicato... Alla base della scala attigua al settore aspo 2, si trova un quadro elettrico che abbiamo rinvenuto in quelle condizioni, a fianco al cosiddetto rotolo d'acciaio che è quello lì che veniva lavorato (inc).
DOMANDA - Va bene, andiamo avanti, questa è la vista del quadro...
RISPOSTA - Sì.
DOMANDA - Questa è una delle scarpe che avete rinvenuto...
RISPOSTA - Una delle tante scarpe che...
DOMANDA - Andiamo avanti. Questo?
RISPOSTA - Questo è un esempio degli estintori, così come li abbiamo rinvenuti, alcuni completamente coperti di fuliggine ed altri praticamente puliti.
DOMANDA - Avete verificato, erano estintori a C02? Avete potuto verificare?
RISPOSTA - No, non abbiamo verificato. Soltanto...
DOMANDA - Soltanto fotografato la situazione.
RISPOSTA - Sì.
DOMANDA - Questo è l'estintore a cui faceva riferimento, coperto dalla lamiera.
RISPOSTA - Perfetto.
DOMANDA - Foto 45 dei rilievi. Andiamo avanti, questa è della carta - foto 46 - questo particolare con il numero 10.
RISPOSTA - Si tratta di vari oggetti in questo particolare, abbiamo un cellulare marca Nokia, un portafoglio che poi abbiamo analizzato nel dettaglio perché una volta recuperato, siamo andati a vedere nel dettaglio cos 'era, un pacchetto di sigarette di marca Diana ed un accendino marca Caifa.
DOMANDA - Andiamo avanti, la foto 48 invece? Ad esempio.
RISPOSTA - Nel rilievo 48 si evidenziano altri oggetti rinvenuti ed il guanto destro da lavoro, di cui c'è il riferimento al rilievo 35, vado a vedere perché non ricordo...
DOMANDA - Andiamo avanti, tanto sono foto...
RISPOSTA - E sempre sotto il famoso guanto, sotto il quadro elettrico che avevamo visto prima a fianco alla scala.
DOMANDA - Siamo invece alle foto 48 e 49, in particolare 49, forse c 'è un esempio di quello a cui faceva riferimento prima, cioè una manichetta srotolota, annerita...
RISPOSTA - La manichetta praticamente affumicata, lacerata con delle lesioni e quella integra, quella per terra e l'altra è invece quella integra, pulita, collegata al...
DOMANDA - Che stavano utilizzato i Vigili del Fuoco.
RISPOSTA - Sì.
DOMANDA - Questo è un particolare della manichetta lacerata, questo è un altro esempio di estintore, siamo alla foto 53.
RISPOSTA - Sì, è un estintore anche questo, abbastanza pulito.
DOMANDA - A terra si può notare... E carta, olio, cosa c 'è se si ricorda? Perché non si capisce nelle foto, anche nella zona retrostante...
RISPOSTA - Potrebbe essere carta però non l'ho documentato.
DOMANDA -Abbiamo la foto 56.
RISPOSTA - la linea 5 era costituita da tre livelli, uno seminterrato, uno intermedio ed uno superiore, questo è livello intermedio sostanzialmente tra quello seminterrato e quello...
DOMANDA - Quindi, la vista del livello intermedio. Andiamo avanti, questo sembra essere il pulpito di comando.
RISPOSTA - Sì, questa è una passerella di transito, nei vari livelli... In sostanza era il passaggio, indicavano...
DOMANDA - Foto 58.
RISPOSTA - Qui abbiamo i due rotoli d'acciaio inseriti all'interno per la lavorazione, quindi questa foto se non vado errato è effettuata con le spalle rivolte alla parete sinistra, quindi entrando la parete sinistra è questa qui.
DOMANDA - Andiamo avanti, la foto 60 che è molto buia...
RISPOSTA - Da un camminamento si riesce ad arrivare alla parte posteriore della linea, da questo camminamento si arriva praticamente alla parte posteriore dove ci sono i rotoli di acciaio in lavorazione, nella parte posteriore da dove verosimilmente, a dire dei Vigili del Fuoco si è sviluppato l'incendio.
DOMANDA - Che lei ricordi la parte posteriore della linea, quando ha effettuato il sopralluogo, è una zona facilmente accessibile? E una zona angusta oppure...
RISPOSTA - Era una zona angusta perché il passaggio era, grosso modo largo così.
DOMANDA - Quindi, poco più di un metro.
RISPOSTA - Rispetto a tutto il resto era un passaggio ridotto.
DOMANDA - La zona, la vediamo, era illuminata? Soprattutto questa zona retrostante.
RISPOSTA - No, era scarsamente illuminata.
DOMANDA - Andiamo avanti, questa che è la foto 61.
RISPOSTA - Questo è il passaggio di cui lei parlavo angusto perché era proprio nella parte posteriore della linea di lavorazione e lì c 'era una bicicletta, ho chiesto a chi era lì a cosa potesse servire e mi è stato detto che serviva per spostarsi all'interno della fabbrica, della linea.
DOMANDA - Questo credo che si riferisca sempre, la foto 62...
RISPOSTA - La foto 62 è sempre la passerella angusta che conduce alla parte posteriore da dove si è sviluppato, verosimilmente.
DOMANDA - Andiamo poi successivamente alla foto 63, una manichetta...
RISPOSTA - Una manichetta che è parzialmente affumicata e parzialmente pulita. Anche questa...
DOMANDA - Queste sono tutte una serie di foto, da 64 in poi...
RISPOSTA - È la parte posteriore, da lì si sarebbe sviluppato l'incendio.
DOMANDA - Questa parte...
RISPOSTA - Fotografata da ogni angolazione per meglio dare una dinamica del...
DOMANDA - Andiamo avanti, questa invece è la vista, scendendo dalla...
RISPOSTA - (inc).
DOMANDA - Andiamo avanti, torniamo un secondo indietro all'83.
RISPOSTA - E una panoramica, cosiddetta generale della parete sinistra, non è molto chiara, è un po' scura, però in realtà nella parte superiore ci sono i famosi pannelli di cui... Uno è stato menzionato prima perché copriva l'estintore, da lì si sono staccati, si è staccato questo pannello che è andato a ricoprire l'estintore.
DOMANDA - Qui ci sono i tubi, andiamo avanti, dall'84 in poi cosa troviamo invece? Dalla foto 84 in poi.
RISPOSTA - Tutte queste fotografie sono state... Ripetono un pochettino tutte quelle che ho fatto in precedenza, sono state effettuate il giorno successivo, quando siamo rientrati nella fabbrica perché durante la notte sostanzialmente si è sviluppato un altro incendio e siamo dovuti uscire, abbastanza frettolosamente e siamo rientrati il giorno dopo per continuare il nostro lavoro.
DOMANDA - Di questo date atto anche nella vostra relazione.
RISPOSTA - Sì.
DOMANDA - Quindi alle sei è scoppiato un nuovo incendio ed avete dovuto abbandonare lo stabilimento.
RISPOSTA - Sì.
DOMANDA -1 Vigili del Fuoco quindi vi hanno fatti uscire?
RISPOSTA - Loro sono intervenuti sull'incendio perché c'era questo focolaio ed ovviamente sembrava... Era pericoloso restare. Siamo usciti frettolosamente, abbiamo raccolto tutto quello che potevamo raccogliere quindi anche le varie letterine di documentazione dei vari oggetti, siamo ovviamente rientrati per continuare il nostro lavoro l'indomani; in particolar modo insieme ad altri due colleghi, non più Curzio Matteo ma altri due colleghi.
DOMANDA - Avete fatto tutti questi rilievi fotografici sulla zona dell'incendio?
RISPOSTA - Sì.
DOMANDA - Andiamo avanti li vediamo, sono abbastanza... Qui c'è una vista della passerella, se non mi sbaglio in cui voi avete segnato con varie lettere gli oggetti che avete rinvenuto... Ma mi interessava capire questi soggetti che sono invece davanti al numero 22, visto che voi avete effettuato i rilievi, sembra almeno a vista, della carta presente...
RISPOSTA - Era materiale di varia natura, ovviamente intriso di acqua, di olio quindi non sono in grado di dirle quello che cosa fosse in particolare. Sembrava carta, sembrava...
DOMANDA - Era intriso però di altri liquidi, di altri materiali?
RISPOSTA - Sì, anche soltanto del liquido che avevano utilizzato per spegnere le fiamme.
DOMANDA - Andiamo avanti, in primo piano questo materiale a cui facevamo riferimento, andiamo avanti, questi sono oggetti... C'è di nuovo quella particolarità che avevamo evidenziato prima, questo in fondo sembra essere il muletto a cui facevamo riferimento, la foto 109, questa è sostanzialmente l'impressione del muletto sul muro e poi c 'è sempre questo materiale che vedo anche qui.
RISPOSTA - Sì.
DOMANDA - A cui facevamo riferimento, andiamo avanti la 111 è una vista del pavimento.
RISPOSTA - Questi oggetti sono stati rinvenuti sotto il pannello di metallo, quello che copriva l'estintore, una volta rimosso il pannello di metallo, al di sotto c 'erano questi oggetti che costituivano perlopiù una cinta ed altri oggetti personali delle vittime.
DOMANDA - Avete documentato... Una cosa che volevo chiederle, quando siete entrati all'interno del capannone, c'erano ancora dei rumori, dei macchinari in lavorazione? Immagino che comunque fossero non in marcia.
RISPOSTA - No, sentivo dei rumori di sottofondo, un ronzio di sottofondo ma c'era molta confusione, molto movimento per... C'erano i Vigili del Fuoco all'interno che cercavano di darsi da fare.
DOMANDA - Oltre che con rilievi fotografici avete documentato in altro modo lo stato dei luoghi?
RISPOSTA - Abbiamo fatto delle riprese video.
DOMANDA - Noi ne avremmo un brevissimo estratto che volevo sottoporre, tanto per vedere e far sentire anche... La cosa interessante era capire questo rumore di fondo a cui abbiamo fatto riferimento. È il DVD con l'integrale dei due rilievi filmati che hanno effettuato, uno appena giunti sul luogo dei fatti, verso le due e l'altro il mattino dopo, se ho capito bene siete tornati... Anche i rilievi video sono distinti.
RISPOSTA - Adesso io direi una bugia se le dicessi che... Mi ricordo perfettamente quelli fatti di notte, quelli di giorno mi ricordo quelli fotografici, quelli sicuramente.
DOMANDA - Noi abbiamo tenuto una parte brevissima sono dieci secondi, le scene più...
SI PROCEDE ALLA VISIONE DI UN VIDEO.
DOMANDA - Fermiamoci un secondo, il cadavere dove è stato trovato? Era fuori dalla linea?
RISPOSTA - Sì, era fuori dal capannone della linea 5, quindi nello spiazzo antistante l'ingresso del capannone dove era apposta la linea 5.
DOMANDA - Tra la linea 4 e la linea 5?
RISPOSTA - Era stato portato fuori dai soccorsi o da...
DOMANDA - Voi in che posizione lo avete trovato? Perché poi abbiamo visto varie viste del cadavere.
RISPOSTA - Noi lo abbiamo trovato proprio in posizione supina, quindi a pancia in su e proprio così come è stato filmato.
DOMANDA - Quindi, quello del filmato è la prima vista che avete avuto di S.. RISPOSTA - Sì.
DOMANDA - Chi l'avesse portato lì lo avete capito? Vi è stato detto? Chi l'avesse trasportato in sulla posizione?
RISPOSTA -1 soccorsi, non specificatamente chi.
DOMANDA - Andiamo avanti.
SI PROCEDE ALLA VISIONE DI UN VIDEO.
DOMANDA - Corrisponde alla condizione di luminosità e rumorosità che avete riscontrato la notte dei fatti?
RISPOSTA - Sì.
DOMANDA - Questo è sempre quel materiale a cui facevamo riferimento, questo era il materiale presumibilmente carta?
RISPOSTA - Sì, questi erano gli oggetti che, man mano che si procedeva all'interno, ritrovavamo sul pavimento. Questo è il tesserino di Rocco M.. Questa è la vista dalla passerella superiore.
DOMANDA - Con che metodologia avete ripreso? Avevate una metodologia ad infrarossi per riprendere?
RISPOSTA - No, normalissima telecamera.
DOMANDA - Quindi la vista di quello che noi vediamo è quello che vedrebbe un occhio umano?
RISPOSTA - Sì, è compatibile.
DOMANDA - Questo invece è sopralluogo... Da che ora avete iniziato a fare il sopralluogo?
RISPOSTA - Se non ricordo male dopo le nove... Posso controllare dal...
DOMANDA - Sì, sì.
RISPOSTA - Fino alle ore nove del mattino abbiamo ripreso.
DOMANDA - C'eravate solo voi all'interno dello stabilimento il mattino dopo e poche altre persone? Era già sottosequestro?
RISPOSTA - Era già sottosequestro e c'era il personale dei Vigili...
DOMANDA - Dell'A.S.L., dei Vigili del Fuoco...
RISPOSTA - I vari tecnici che intervenivano.
DOMANDA - Questa è anche la situazione di rumorosità, cioè assenza completa di...
RISPOSTA - Questo non ricordo se... Sinceramente mi ricordo un frastuono la sera prima, però il giorno dopo sicuramente la situazione era più calma, a livello sonoro...
DOMANDA - Io direi che va bene. "



"DOMANDA (difesa, n.d.e,) - Volevo chiedere alla teste due precise circostanze, la prima è questa: lei ha riferito, rispondendo poco fa al Pubblico Ministero che l'intervento è stato effettuato in due momenti, la sera ed al mattino. La situazione che avete trovato al mattino, era una situazione identica a quella che avete lasciato la sera?
RISPOSTA - Non perfettamente identica perché ovviamente c'era stato il passaggio di personale che si era introdotto al mattino e che continuava a fare lo stesso lavoro del giorno prima. Qualcosa era stato movimentato, spostato dal passaggio delle persone, come ambienti erano pressoché gli stessi, gli oggetti per terra erano stati ovviamente spostati perché c 'era stato il passaggio delle persone, anche gli estintori erano stati raccolti e non più nella stessa posizione che avevamo visto durante la notte.
DOMANDA - Nella vostra relazione voi date atto di una alterazione di questi luoghi, se vuole precisare alla Corte d'Assise che cosa intende per alterazione?
RISPOSTA - Alterazione perché uno stato dei luoghi o è completamente non modificato, quindi ogni oggetto viene localizzato fermo e corrisponde... Se un oggetto viene trovato a tot metri da una parete, da tot metri dall'altra, deve stare perfettamente in quelle condizioni. Se nel momento in cui l'oggetto viene spostato, anche se di pochi centimetri per me la situazione è alterata, non corrisponde a quella che io avevo visto durante la notte.
DOMANDA - Lei è in grado di precisare con qualche esempio che cosa ha trovato di modificato e di spostato?
RISPOSTA - Ad esempio gli estintori che erano stati raccolti, alcuni degli estintori, non tutti, gli oggetti non so... Una scarpa l'avevo ritrovata su un muretto, passando non era più per terra ma sul muretto laterale sinistro.
DOMANDA - Lei ha documentato attraverso fotografie questa alterazione o è il suo ricordo, quello che riferisce?
RISPOSTA - È principalmente il mio ricordo, però adesso verifico che attraverso le fotografie posso darle...
PRESIDENTE - Si dà atto della modifica.
DOMANDA - Volevo solo capire in che cosa era consistita, non mi interessava questo discorso degli estintori.
RISPOSTA - Mero passaggio di persone e quindi spostamento di oggetti da dove erano inizialmente.
DOMANDA - Quindi, anche degli estintori?
RISPOSTA - Di alcuni estintori probabilmente sì, nel momento in cui il passaggio avviene, questo viene documentato, scritto più che altro.
DOMANDA - Ho una seconda domanda che richiede una premessa, lei in è grado di riferire alla Corte, più o meno la larghezza della linea 5, nel punto in cui si immagina si sia sviluppato l'incendio? La larghezza dell'impianto.
RISPOSTA - Vedo se all'interno della relazione ho preso queste misurazioni, no.
DOMANDA - Provo lo stesso a rivolgere la domanda che aveva come premessa questa precedente perché lei ha detto prima, rispondendo al Pubblico Ministero che dagli accertamenti che avete effettuato nell'immediatezza, sarebbe emerso che l'incendio si è sviluppato nella parte posteriore della linea 5, ho fatto anche vedere le fotografie di questa parte posteriore. Lei ha fatto questa affermazione per un accertamento diretto, perché è un accertamento che hanno fatto altri, che glielo hanno riferito e se sì, se ci può indicare le persone che hanno raggiunto questa conclusione.
RISPOSTA - Noi abbiamo chiesto ai Vigili del Fuoco da dove verosimilmente sarebbe potuto partire l'incendio per effettuare delle riprese proprio da lì dove ci indicavano e ci hanno indicato che verosimilmente l'incendio sarebbe partito dalla parte posteriore della linea 5, in corrispondenza di quei famosi cilindri, di quei pistoni che ho ripreso nei rilievi fotografici.
DOMANDA - Quindi sono i Vigili del Fuoco che vi hanno dato questa indicazione, lei è in grado di riferire alla Corte quali persone dei Vigili del Fuoco?
RISPOSTA - No, non sono in grado di riferirglielo, io ho documentato tutto quello che c'era da documentare all'interno della fabbrica, facendo ovviamente capo a tecnici, chiunque fosse all'interno e mi potesse riferire.
DOMANDA - Va bene, non ho altre domande. "


 


Per completezza, si riporta di seguito la relazione dei Vigili del Fuoco relativa all'intervento effettuato quella notte allo stabilimento THYSSENKRUPP di Torino:
RELAZIONE D'INTERVENTO

All'arrivo sul posto, la situazione risultava la seguente

una zona di lavorazione dell'acciaieria THYSSENKRUPP era interessata da un incendio di un macchinario. In considerazione di quanto esposto si provvedeva a effettuare un primo sopralluogo insieme al capo posto della squadra 22. Si notava che sul posto il personale dell'118 stava già portando le prime cure del caso agli operai della fabbrica coinvolti dall'evento Nelle vicinanze dell'incendio, erano presenti due addetti sanitari che prestavano le prime cure a tre operai investiti dalle fiamme riversi a terra con gli abiti totalmente bruciati con ustioni visibili in tutto il corpo. Il sottoscritto collaborava al trasporto degli infortunati al punto di raccolta delle ambulanze mentre il caposquadra CARD. effettuava una ricognizione della zona interessata dall'incendio individuandone una zona piuttosto vasta.

Si decideva quindi di attaccare l'incendio mediante tubazioni alimentate dalle nostre macchine in quanto la pressione degli, idranti all'interno dello stabilimento non era sufficiente alla formazione della schiuma. Si predisponeva una mandata da 70 di circa 100 metri di lunghezza e due condotte da 45 alimentate da acqua e estinguente F500 pei abbattere i fumi ed il calore nel minor tempo possibile. Nelle vicinanze dell'incendio nascono dietro un carrello si rinveniva riverso sulla schiena, il corpo di un operaio completamente nudo con profonde ustioni su tutto il corpo.
Ci si prodigava al trasporto all'esterno e veniva richiesto l'intervento di un'ambulanza del 118. La persona in questione sarà successivamente identificato come sig. Antonio S. del quale il personale sanitario ne constatava il decesso.
Si procedeva quindi alla completa estinzione dell'incendio e a continuare la ricerca di eventuali feriti con esito negativo. Si rimaneva a disposizione delle autorità competenti peri rilievi del caso.

2 Conseguenze dell'incendio.

2.1 Diretta conseguenza dell'incendio sopra descritto - come sarà qui di seguito motivato - è stata la morte di sette lavoratori: S. Antonio, nato il 20/9/1971, deceduto il 6/12/2007; S. Roberto, nato il 2/9/1975, deceduto il 7/12/2007; S. Bruno, nato il 2/5/1981, deceduto il 7/12/2007; L. Angelo, nato il 16/8/1964, deceduto il 7/12/2007; M. Rocco, nato il 28/11/1953, deceduto il 17/12/2007; R. Rosario, nato il 30/10/1981, deceduto il 19/12/2007; DE. M. Giuseppe, nato il 18/3/1981, deceduto il 30/12/2007.
S. Antonio, S. Bruno, L. Angelo, R. Rosario e DE. M. Giuseppe costituivano, insieme a BO. Antonio, la squadra addetta alla Linea 5 entrata in servizio nel turno delle ore 22 del 5/12/2007 (infra si dirà perché erano in 6 anziché in 5); M. Rocco si trovava alla Linea 5 nella sua funzione di capoturno - unico quella notte per tutto lo stabilimento: v. infra - e, anche, per "regolarizzare" lo straordinario di S. e di BO., che avevano già lavorato alla Linea 5 nel turno immediatamente precedente (anche su questo, v. infra); S. Roberto si trovava alla Linea 5 per giustificare, al capoturno M. Rocco, il suo ritardo nel prendere servizio.
Le relative autopsie (v. in faldone 3; sottolineando che le relazioni autoptiche sono state confermate dai medici legali, nel contraddittorio delle parti, all'udienza del 28/4/2009, v. verbale e trascrizioni) non lasciano adito a dubbi sul diretto nesso causale tra le ustioni e la morte e sulle ustioni quale causa unica della morte (le risultanze autoptiche non sono state contestate dalle difese):

l)per S. A.ntonio: "la morte...è stata causata da ustioni di terzo e quarto grado estese al 90% della superficie corporea, che hanno determinato un quadro di shock primario immediato con meccanismo dicardiaco o neurogeno...l'ora della morte, in considerazione dei dati acquisiti agli atti ed ai tempi di intervento dei Vigili del Fuoco e del 118, è da collocarsi alle ore 2 del 6/12/2007, come certificato dai sanitari del 118, intervenuti sul luogo dell'incendio" (v. relazione autoptica depositata dal dr. A.o G. in data 15/2/2008).

2)per S. Roberto: "...trasportato al DEA dell'Ospedale CTO di Torino...presentava ustioni di terzo grado sul 95% della superficie corporea. Erano risparmiate solo le piante dei piedi ed una piccola area sulla sommità del capo... All'ingresso era cosciente e molto sofferente...7/12/2007...ore 6,45 arresto cardiocircolatorio...dopo venti minuti di tentativi infruttuosi si constata il decesso...la morte di S. Roberto è stata causata da un quadro di shock ipovolemico da ustioni di terzo grado diffuse al 95% della superficie corporea" (v. relazione autoptica depositata dal dr. Alessandro G. in data 15/2/2008, nonché documentazione medica relativa al suo ricovero ospedaliero prodotta dalla p.c. REGIONE PIEMONTE).

3)per S. Bruno: "...il 6/12/2007...alla visita d'ingresso (al DEA dell'Ospedale Maria Vittoria di Torino) vengono rilevate ustioni estese al 90% della superficie corporea, con 90% di ustioni di III grado...7/12/2007...il paziente giunge presso il Centro Grandi Ustionati dell'Ospedale C.T.O...alle ore 21 paziente deceduto per collasso cardio-circolatorio...i dati desunti dall'esame autoptico e dallo studio della cartella clinica...permettono di affermare con assoluta tranquillità che essa è da indicare nelle gravissime ustioni patite in data 6/12/2007...causa della morte di S. Bruno...fu grave shock ed insufficienza renale acuta in grande ustionato" (v. relazione autoptica depositata dal dr. G .GOLE' e dal dr. R. TESTI in data 21/2/2008, nonché documentazione medica relativa ai suoi ricoveri ospedalieri prodotta dalla p.c. REGIONE PIEMONTE).

4)per L. Angelo: "...il 6/12/2007...il paziente giunge cosciente preso il DEA dell'Ospedale Giovanni E.B. di Torino. All'esame obiettivo vengono rilevate ustioni estese di II e III grado al 96% della superficie corporea...il 7/12/2007...ore 17,15 paziente deceduto per collasso cardio-circolatorio... i dati desunti dall'esame autoptico e dallo studio della cartella clinica...permettono di affermare con assoluta tranquillità che essa è da indicare nelle gravissime ustioni patite in data 6/12/2007...causa della morte di L. Angelo...fu grave shock ed insufficienza renale acuta in grande ustionato" (v. relazione autoptica depositata dal dr. G. G.e dal dr. R. TESTI in data 21/2/2008, nonché documentazione medica relativa al suo ricovero ospedaliero prodotta dalla p.c. REGIONE PIEMONTE).

5)per M. Rocco: "...i dati desunti dall'esame autoptico permettono di affermare con assoluta tranquillità che causa della morte di M. Rocco furono le conseguenze delle gravissime ustioni patite in occasione dell'infortunio sul lavoro del 6/12/2007. Si tratta di ustioni valutate clinicamente come di III grado ed estese al 90% della superficie corporea...La distribuzione delle lesioni è particolarmente omogenea, con ustioni profonde, di III grado, uniformemente diffuse su tutta la superficie del corpo. Una simile distribuzione è raramente osservabile in soggetti ustionati e, nel caso di specie...si può armonizzare con il fatto che l'uomo sia stato investito da una nuvola di olio incendiato e, quindi, da un liquido incandescente che si è uniformemente distribuito su tutta la superficie del corpo e che, inoltre, ha incendiato in modo pressoché uniforme tutti gli indumenti indossati...causa della morte di M. Rocco fu l'evoluzione di gravissime ustioni di III grado. Esiste nesso causale diretto ed esclusivo tra l'infortunio sul lavoro occorso in data 6/12/2007 e la morte dell'uomo." (v. relazione autoptica depositata dal dr. R. T. in data 21/2/2008, nonché documentazione medica relativa al suo ricovero ospedaliero prodotta dalla p.c. REGIONE PIEMONTE).

6)per R. Rosario: "...il 6/12/2007...R....trasportato presso il Pronto Soccorso dell'Ospedale Mauriziano...di Torino...ove era posta la diagnosi di "ustioni 2° e 3° grado su oltre 90% di superficie corporea"...alle ore 13 circa il paziente...era trasferito presso il Centro Grandi Ustionati dell'Ospedale Villa Scassi di Genova Sampierdarena...il 19/12/07, alle ore 8,45, si assisteva al decesso del paziente per "ustioni di 2° e 3° grado estese al 90% della superficie corporea. Ventilazione meccanica. Fiamma da combustione di olii sul lavoro"...La morte di R. Rosario fu prodotta da una insufficienza multiorgano, segnatamente cardiorespiratoria, in soggetto affetto da ustioni di II e III grado sul 90% della superficie corporea, secondarie all'incendio avvenuto in data 6/12/2007 presso lo stabilimento THYSSEN KRUPP di Torino. Sussiste nesso eziologico diretto ed esclusivo tra l'incendio avvenuto alle ore 00,30 del 6/12/2007 presso lo stabilimento acciaierie THYSSEN KRUPP di Torino ed il decesso di R. Rosario occorso alle ore 8,45 del 19/12/2007 presso il Centro Grandi Ustionati dell'Ospedale Civile di Sampierdarena." (v. relazione autoptica depositata dal dr. Marco S. in data 20/2/2008, nonché documentazione medica relativa ai suoi ricoveri ospedalieri - a Torino ed a Genova - prodotta dalla p.c. REGIONE PIEMONTE).

7)per DE. M. Giuseppe: "...ricoverato presso l'Ospedale Maria Vittoria in data 6/12, con ustioni di 2°-3° grado su circa il 90% della superficie corporea...il 30/12 alle ore 13,20 arresto cardiocircolatorio...i dati desunti dall'esame autoptico e dallo studio delle cartelle cliniche relative al ricovero di DE. M. Giuseppe presso gli Ospedali Maria Vittoria e C.T.O. permettono di affermare con assoluta tranquillità che la causa della morte fu uno stato settico (in particolare una polmonite bilaterale) insorto quale complicanza del decorso di gravissime ustioni. Si tratta di ustioni valutate clinicamente all'ingresso come di II e III grado, estese al 90% della superficie corporea, ripetutamente sottoposte ad interventi di estarectomia volti a rimuovere i tessuti necrotici e ad innesti cutanei allogenici, che hanno peraltro goduto di un buon attecchimento...L'esame autoptico ha peraltro permesso di escludere la presenza di patologie preesistenti che possano avere concausato il decesso dell'uomo. E' quindi pacifico che esiste nesso di causa diretto ed esclusivo tra l'infortunio sul lavoro occorso in data 6/12/2007 e la morte dell'uomo." (v. relazione autoptica depositata dal dr. R. T. in data 21/2/2008, nonché documentazione medica relativa ai suoi ricoveri ospedalieri prodotta dalla p.c. REGIONE PIEMONTE).

Il dr. R. T., all'udienza citata, ha esposto alcune considerazioni medico-legali che possono qui interessare (v. pag. 70 trascrizioni): "...quello che caratterizza questi ustionati era una direi singolare e quasi unica nella nostra esperienza, uniformità delle ustioni. Noi siamo abituati a vedere purtroppo persone che muoiono in incendi, in circostanze varie, comunque muoiono per l'azione del calore e normalmente in ogni caso c'è la localizzazione delle lesioni... in questo caso quello che avevano di singolare tutti direi era proprio una uniformità dell'ustione che, discutendo poi ovviamente con i Vigili del Fuoco, ci ha dato un'ipotesi di causazione delle lesioni non per contatto diretto con la fiamma ma per quello che si chiama flash fire, cioè per una sostanziale nebulizzazione di liquido infiammabile... oltre all'intensità ed all'estensione delle lesioni...un'altra caratteristica che ci riporta alle modalità con le quali sono stati esposti al calore, e questa caratteristica è un importante interessamento delle vie aeree nei pazienti che sono deceduti successivamente ha dato addirittura un quadro di ustione a livello polmonare, quindi un quadro radiologico polmonare interessante, indicativo di un'azione del fuoco anche nelle vie aeree più profonde, il che ancora si ricollega ed è armonico con l'ipotesi che siano. stati sostanzialmente non esposti ad una fiamma, ma in qualche modo immersi in una nube incandescente." Il dr. T. ha riferito anche il tipo e le modalità delle complicanze conseguenti alle ustioni e delle cure da prestare in tali casi, in linea generale, ed effettivamente prestate ai pazienti ricoverati prima del loro decesso (v. trascrizioni alla stessa udienza per i particolari).

I familiari delle vittime sono stati risarciti dalla THYSSEN KRUPP AST prima dell'apertura del presente dibattimento; la relativa, completa documentazione è in atti.

Alcuni altri "prossimi congiunti" (secondo la definizione di cui all'art. 307 c.p.), non risarciti, si sono costituiti parte civile nel presente processo; si tratta di PRI. Rosario, TE. Luca, GA. Sergio, MU. Domenico, MU. Savina, MU. Ester e PIS. Giovanna; l'argomento verrà trattato nella parte dedicata alle richieste delle parti civili.



2.2 I disturbi patiti da alcuni dei lavoratori THYSSEN KRUPP AST accorsi quella notte rappresentano un'ulteriore - altrettanto diretta, come verrà motivato - conseguenza dell'incendio; l'argomento sarà trattato infra, nella parte relativa alle richieste delle parti civili costituite.


 



3 Incendio - art. 423 c.p.; art. 449 in relazione all'art. 423 c.p.

Appare qui opportuno - per evitare successivamente inutili ripetizioni -affermare che quello avvenuto nello stabilimento THYSSEN KRUPP AST di Torino il 6 dicembre 2007 è, come elemento oggettivo, un "incendio": non solo secondo il significato comune della parola, ma altresì secondo la definizione giuridica di incendio contenuta nell'art. 423 c.p., come interpretata dalla costante giurisprudenza della Corte di Cassazione, condivisa da questa Corte.

Premettendo che il delitto di incendio doloso, nella sistematica del codice penale, è ricompreso nel titolo VI, tra i delitti "contro l'incolumità pubblica", sui quali la Corte si soffermerà anche infra, nella parte dedicata al qui - anche -contestato art. 437 c.p., di particolare interesse nel nostro caso appare la motivazione logico-giuridica esposta dalla Corte di Cassazione nella sentenza -più volte citata dalle parti nel corso della discussione - n. 4981 del 6/2/2004 (riguardante l'incendio avvenuto all'interno della camera iperbarica dell'Istituto Ortopedico "Galeazzi" di Milano), sottolineando anche i richiami ivi contenuti a precedenti sentenze della stessa Corte in materia:
"...si osserva che il delitto di incendio è previsto, nella forma dolosa, dall'art. 423 c.p. ed è sanzionato, nella forma colposa, dall'art. 449 c.p. Si tratta, come è esplicitamente dichiarato nell'intitolazione del titolo 6° del libro 2° del codice, di un delitto di comune pericolo mediante violenza. Com'è noto i delitti contro l'incolumità pubblica si caratterizzano per la loro attitudine ad esporre a rischio la vita e l'integrità fisica di un numero indeterminato di persone...E' altresì noto che, per poter essere qualificato incendio, il fuoco deve essere caratterizzato dalla vastità delle proporzioni, dalla tendenza a progredire e dalla difficoltà di spegnimento (cfr. Cass., sez. 1°, 27 M. 1995, n. 1802, Dell'Olio; sez. 4°, 26 ottobre 1990, n. 3194, Battista e sez. 4°, 27 M. 1984, n. 6313, Canzani) mentre non è richiesto che il fuoco abbia forza prorompente e distruggitrice (cfr. Cass., sez. 1°, 28 novembre 1990 n. 2660, Andreis).
Il rinvio (implicito) operato dall'art. 449 c.p.p. all'ipotesi prevista dall'art. 423 c.p.p. impone di verificare l'esistenza dei medesimi elementi costitutivi previsti per la fattispecie dolosa che, come è noto, distingue due ipotesi di reato: l'incendio di cosa altrui e l'incendio di cosa propria. Le due ipotesi non differiscono dal punto di vista sanzionatorio, ma tradizionalmente si afferma che, mentre nell'incendio di cosa altrui il pericolo è presunto (reato di pericolo astratto) in quello di cosa propria è richiesto il pericolo effettivo (reato di pericolo concreto)...

Non ignora la Corte che il concetto di pericolo presunto è contestato da una parte della dottrina ma non sembra che la diversa formulazione delle due ipotesi, da parte dell'art. 423 c.p., possa allo stato portare a conclusioni diverse. Del resto la diversità di disciplina tra le due ipotesi previste dall'art. 423 c.p. è stata riconosciuta costituzionalmente legittima dalla Corte Cost. 16 luglio 1979 n. 71 (per est. In Foro it, 1979, 1°, 2823) secondo cui 'le scelte del legislatore erano e rimangono espressione di una discrezionalità che, in quanto riferita a due fattispecie tipiche a costituire le quali è stato preso in considerazione anche il rapporto - di proprietà oppure no - tra l'agente e la cosa incendiata, rendono costituzionalmente non censurabile la differenza di trattamento dell'una rispetto all'altra'....
Per altro verso è proprio il concetto di diffusività che stempera il problema relativo alla configurabilità del pericolo presunto perché se manca questa forza propagatrice del fuoco il reato non è ipotizzabile....
Ciò premesso e ammettendo anche, in via di ipotesi, che debba accertarsi in concreto il pericolo per la pubblica incolumità anche nel caso di incendio di cosa altrui, con la ricostruzione dei ricorrenti si proporrebbe un concetto inaccettabilmente riduttivo del concetto di pericolo per l'incolumità pubblica e di quello, strettamente collegato, di indeterminatezza delle persone esposte al pericolo.
L'indeterminatezza sta a significare che il pericolo si riferisce ad una comunità indistinta; ma non certo che questa comunità non possa essere previamente individuata e delimitata...
In realtà, quando si parla di diffusività, ci si deve riferire alla possibilità che il fuoco, se non immediatamente spento o contenuto, possa attingere una comunità di persone indipendentemente dalla circostanza che questa comunità sia delimitata e non estensibile...
In conclusione: deve ribadirsi che il carattere di diffusività del fuoco deve essere accertato dal giudice di merito in base alle caratteristiche di vastità delle proporzioni, dalla tendenza a progredire e dalla difficoltà di spegnimento che costituiscono un accertamento di fatto non sindacabile in sede di legittimità se condotto con criteri non illogici. Se esistono queste caratteristiche è irrilevante che il fuoco abbia un limite oltre il quale non possa estendersi.
L'errore concettuale in cui incorrono i ricorrenti è quello di ritenere che non esiste diffusività, nel caso concreto, perché il fuoco si è propagato e spento in pochi minuti e non aveva la possibilità di estendersi ulteriormente. Ma questo significa soltanto che la tendenza a progredire è stata particolarmente veloce ed aggressiva e che la difficoltà di spegnimento si è rivelata in effetti una vera e propria impossibilità e che il fuoco si è esteso per tutta l'area nella quale, in concreto, poteva estendersi..."

In applicazione dei principi esposti dalla Suprema Corte, si deve affermare che l'incendio verificatosi sulla Linea 5 dello stabilimento THYSSEN KRUPP AST di Torino era caratterizzato "dalla vastità delle proporzioni, dalla tendenza a progredire e dalla difficoltà di spegnimento".
Quanto alla "vastità delle proporzioni", si devono richiamare tutte le testimonianze rese e già riportate, da BO., dai lavoratori accorsi nell'immediatezza, dagli altri soccorritori; si deve rimandare alla già citata documentazione fotografica e video in atti, da cui emergono le "tracce" dell'incendio sui muri del corridoio e fin sul soffitto del capannone, oltre che in molte parti dell'impianto: i membri della Corte ne hanno preso anche visione personalmente, essendosi per due volte recati (v. relativi verbali in atti) a visitare l'impianto sotto sequestro. Ecco poi la descrizione - più tecnica e particolareggiata - contenuta nella prima consulenza del P.M., ing. MAR., cui si rimanda riportandone qui alcune frasi:

"Danni sensibili si sono avuti alle linee e quadri elettrici, mentre i danni alla struttura portante e ai macchinari sono meno gravi.
Le fiamme hanno danneggiato i gruppi meccanici della zona di entrata della Linea 5. In particolare, per quanto riguarda la linea Aspo 1, hanno interessato il tratto compreso tra il rullo deflettore e la tavola codacci, mentre con riferimento alla linea Aspo 2 i danni vanno dall'aspo svolgitore fino alla tavola codacci.


Le fiamme hanno anche interessato il carro mobile della sezione di accumulo ingresso forno, situato a quota circa + 4,50 m.


Le fiamme si sono estese alla zona adiacente la Linea 5, in particolare dal lato operatore hanno raggiunto la muratura in mattoni che delimita il reparto, hanno interessato la fossa Aspo 2, i pulpiti di comando locali e un muletto parcheggiato in adiacenza del muro.



I danni risultano estesi fino al motore Aspo 2 e al pannello valvole oleodinamiche Aspo 2, coinvolto parzialmente dalle fiamme. Vi sono anche numerosi cavi e motori elettrici che sono parzialmente fusi.
Le fiamme hanno provocato danni alla carpenteria metallica ed alle macchine comprese nella zona sopra indicata. L'intensità delle fiamme è stata maggiore in basso, mentre verso l'alto si sono propagate con intensità decrescente fino alla quota del carro di accumulo
. "

Anche la "tendenza a progredire" emerge senza possibilità di equivoci dalle testimonianze, in particolare quella di BO. (v.), che descrive delle "piccole fiamme" sulle quali i lavoratori erano intervenuti, senza esito, con gli estintori; "piccole fiamme" - come si vedrà nel dettaglio infra, nella parte dedicata alle "cause immediate" dell'incendio, v. - alimentate originariamente da carta imbevuta di olio (di laminazione, v. infra) e che hanno assunto la vastità (ed anche, nel caso di specie, la "distruttività" dell'incendio: requisito peraltro richiesto da una giurisprudenza minoritaria della Cassazione) sopra indicata quando hanno determinato la "rottura" ovvero lo "sfilamento" (v. infra) di uno - e in rapidissima successione di altri - flessibili contenenti olio idraulico in pressione (v. infra). Olio idraulico in pressione che, come vedremo specificamente infra, ha provocato il cd. "flash-fire" ovvero una istantanea diffusione - analogamente violenta ed aggressiva quale quella indicata nella appena citata sentenza della Cassazione - dell'olio infiammato, con il cd. "effetto torcia"; come tale, impossibile da spegnere prima che tutto l'olio contenuto nell'impianto fosse terminato (v. infra).
Si deve sottolineare, sia sotto il profilo della diffusività sia sotto il profilo della "difficoltà di spegnimento", che, diversamente da quanto accaduto nel caso esaminato dalla sentenza della Cassazione sopra riportata, l'incendio alla Linea 5 è continuato ed è stato poi spento dai Vigili del Fuoco (v. relazione già sopra riportata), tanto che si può affermare che non solo si è verificata, anche nel nostro caso, la succitata "impossibilità" di spegnimento dovuta all'effetto-torcia, ma l'incendio è proseguito sino all'intervento dei Vigili; di più: come già sopra indicato (v.), verso le ore 6 della mattina dello stesso 6/12/2007, mentre erano in corso gli accertamenti, si è sviluppato un secondo incendio (v. sopra), che ha determinato l'evacuazione dei presenti ed un nuovo intervento dei Vigili del Fuoco.
Secondo incendio, intervenuto a circa 5 ore dal precedente e che costituisce, ad avviso della Corte, un preciso ed incontestabile elemento sia sulla presenza di materiale combustibile (lo si vedrà in dettaglio infra) lungo la Linea 5, sia sulla - oggettiva - difficoltà di accorgersi, da parte dei presenti - impegnati proprio negli accertamenti - di quello che, come sarà infra specificato, viene indicato nel "piano di emergenza" come "principio di incendio" lungo la stessa Linea; tanto che i Vigili del Fuoco hanno evacuato tutti i presenti e solo circa tre ore dopo hanno permesso loro di riprendere gli accertamenti in corso.

In punto "pericolo astratto" ovvero "pericolo concreto", da accertare nelle due ipotesi previste dall'art. 423 c.p., si deve osservare che, nel caso di specie, la LINEA 5 è di proprietà della THYSSEN KRUPP AST: i soggetti che saranno ritenuti responsabili dell'incendio - a titolo di dolo e di colpa, v. infra - erano legati alla società da un rapporto di dipendenza; non hanno quindi, su tale "cosa" (così come sul capannone industriale), un diritto di proprietà, che è quello richiesto dalla norma citata con la definizione di "cosa propria". Ne consegue l'applicabilità, all'incendio del 6/12/2007, del 1° comma del citato articolo: nell'incendio di "cosa altrui", come affermato dalla sentenza della Cassazione sopra citata e ribadito in altre successive sentenze, il pericolo è presunto dalla legge tanto che non vi è necessità del suo concreto accertamento.
Peraltro, nel caso di specie, appare evidente come l'incendio del 6/12/2007 abbia causato un pericolo concreto per la pubblica incolumità, secondo l'interpretazione seguita costantemente dalla Suprema Corte che afferma come la "pubblica incolumità" non debba sostanziarsi in una pluralità di persone in nessun modo determinabili, bensì in una comunità indistinta anche se previamente individuata e delimitata (v. sopra, sentenza citata), quale appunto la comunità dei lavoratori presenti in una fabbrica, come per il nostro caso.

I difensori non hanno contestato che l'incendio del 6/12/2007 corrisponda alla definizione anche giuridica di incendio, come sopra da questa Corte affermato e ritenuto; solo l'Avv. Anglesio, difensore degli imputati MO., SA. e CAF., ha, durante la sua discussione, contestato che, nel caso di specie, si potesse definire "incendio" quello avvenuto sulla Linea 5, in quanto non lo sarebbe stato se i lavoratori subito l'avessero individuato e spento al suo sorgere: l'argomento difensivo sembra riguardare il tema - più volte sviluppato dai difensori e che vedremo infra, nella parte dedicata alle cause immediate dell'incendio, v. - della affermata "distrazione" dei lavoratori e non quello strettamente inerente l'incendio, qui trattato.


 



4 Il luogo in cui l'incendio si è sviluppato.


4.1 Lo stabilimento - descrizione.


Lo stabilimento THYSSEN KRUPP AST si trova nella città di Torino, con ingresso da corso Regina Margherita 400, su di una vasta area, confinante da un lato con il fiume Dora Riparia. All'interno di tale area (come particolareggiatamente rappresentata nella pianta generale allegata alla consulenza della difesa, dep. in data 28/4/2009, v.) vi è un capannone principale in cui sono (erano, v. infra anche, in particolare, per gli impianti presenti al momento del fatto) collocati gli impianti: in particolare linea di cesoiatura, laminatoi SENDZIMIR, laminatoi SKIN-PASS, linee di trattamento. Già dalla conformazione dello stabilimento emerge come a Torino fosse presente la sola cd. lavorazione "a freddo" dell'acciaio: cioè la lavorazione dei nastri di acciaio grezzo provenienti dalla lavorazione cd. "a caldo" (fonderia); nastri di acciaio grezzo che giungevano a Torino dallo stabilimento THYSSEN KRUPP AST di Terni; è infatti quest'ultimo il principale stabilimento esistente in Italia, in cui si svolge l'intero ciclo di lavorazione dell'acciaio (cd. area "a caldo" e cd. area "a freddo").
Sulla diversità tra lo stabilimento di Torino e quello di Terni ha riferito con precisione il teste SE. Alessandro all'udienza del 26/5/2009, trascrizioni pag. 4-5: "lo stabilimento (di TERNI, n.d.e.) è diviso in due grandi aree: l'area a caldo e l'area a freddo. L'area a caldo comprende la parte acciaieria, quindi proprio il colaggio dell'acciaio liquido e la parte laminazione a caldo. L'area a freddo, di cui io sono responsabile, riceve i nastri a caldo grezzi, noi li chiamiamo grezzi o black, perché lamiere calde e quindi ricoperte di ossido. Nell'area a freddo si fanno le operazioni di ricottura e decapaggio e laminazione a freddo per portare il materiale allo spessore finale richiesto dagli ordini dei clienti"; SE. conferma la sostanziale equivalenza tra lo stabilimento di Torino e l'area a freddo dello stabilimento di Terni: "lo stabilimento di Torino è un'area a freddo, riceveva i rotoli black da Terni in analogia con quanto avviene nella mia area nello stabilimento di Terni".
Il sito produttivo di Terni si sviluppa su circa un milione e mezzo di metri quadrati (v. testimonianza GI. Sergio, ud. 4/6/2009, pag. 135-136 trascrizioni) e contava, nel 2007, circa 3.000 dipendenti, di cui addetti all'area a freddo circa 500 operai e 50-55 impiegati (v. testimonianza SE., sopra citata, pag.42); secondo il teste GI. (v. udienza citata, pag. 136 trascrizioni) i dipendenti di Terni erano complessivamente 2.100-2,050. Il sito produttivo di Torino si sviluppa su circa duecentomila metri quadrati e contava, nel 2007, circa 400 dipendenti (v. testimonianza GI., ud. citata, pag. 136 trascrizioni); 385 al 31/5/2007 secondo il documento, in atti, "presentazione del piano industriale di THYSSEN KRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI" datato 9/7/2007, al Ministero dello Sviluppo Economico (piano nel quale sono dettagliatamente descritti i motivi della dismissione dello stabilimento di Torino per concentrare la produzione a Terni: v. infra, nell'apposito capitolo).
Osservando l'indicata pianta generale dello stabilimento di Torino, si può constatare l'ubicazione della Linea 5, nella regione nord est, "confinante", da un lato verso l'esterno e dal lato opposto, in direzione corso Regina Margherita, con la sola Linea 4, nonché la presenza, tra le due linee, di alcuni "passaggi": cosicché ben si comprende perché BO. proprio verso la Linea 4 si sia diretto per chiedere aiuto e come proprio dalla Linea 4 SI. arrivati i primi colleghi in soccorso (v. sopra, le testimonianze riportate); ben si comprendono altresì gli altri percorsi seguiti dai soccorritori, istituzionali e non, come sopra indicati dai testi (v.), non riportati qui per evitare inutili ripetizioni. Oltre al capannone principale, sull'area si trova una serie di costruzioni minori, tra cui la palazzina uffici, magazzini, officina, depositi ecc.; per quanto qui rileva, l'impianto di trattamento delle acque, da cui proveniva la "squadra di emergenza" interna (composta quella notte, come si è visto, da DI. F. e da PO.), è posto tra il capannone principale - esternamente ad esso - ed il fiume.



4.2 La "linea 5" - descrizione.
La descrizione della Linea 5 è tratta dalle consulenze tecniche in atti (della difesa e del P.M.), alle quali comunque si deve rimandare (sottolineando che sono corredate, oltre che di schemi e di fotografie, anche di video) per tutti i particolari e le caratteristiche.
La Corte ritiene indispensabile una descrizione del funzionamento - oltre che delle dimensioni - della Linea 5; ma altrettanto ritiene che tale descrizione debba qui essere concisa, al solo scopo di esporre a grandi linee le caratteristiche dell'impianto ed il suo funzionamento, rimandando alla descrizione delle cause immediate dell'incendio (su cui v. infra) i particolari - tecnici - da approfondire specificamente al fine della ricostruzione dell'accaduto; ed anticipando, inoltre, che anche dalle testimonianze che saranno infra esaminate emergeranno argomenti e particolari riguardanti anche il concreto funzionamento della Linea.
Per questo, rinviando anche alla consulenza tecnica della difesa (ing. BET. e ing. QU.) per una più particolareggiata descrizione, si riporta di seguito parte della descrizione contenuta nella consulenza tecnica del P.M., ing. MAR. (v. faldone 18/A, da pag. 8), precisando che viene qui riprodotta la sola parte descrittiva, omettendo le figure ed i disegni, che si possono agevolmente consultare sia in versione cartacea sia in versione informatica; nella consulenza tecnica della difesa si trovano anche dei video che contengono una simulazione delle attività di lavorazione (v.).


1 LA LAMINAZIONE A FREDDO


La Linea n° 5 di Torino è una linea di ricottura e decapaggio per nastri di acciaio inossidabile provenienti dalla laminazione a freddo, a tal proposito, anche alla luce delle implicazioni della laminazione nei fatti per cui è causa, si riporta nel seguito una descrizione del processo di laminazione e degli impianti impiegati.
La laminazione a freddo è la riduzione di spessore ottenuta per deformazione plastica, a temperature di poco superiori a quella ambiente, di lamiere metalliche preparate In precedenza mediante laminazione a caldo e preventivamente sottoposte a decapaggio, allo scopo di ottenere nastri di lamiera con larghezza dell'ordine di 1-1,5 m e lunghezza anche superiore al migliaio di metri. Per questo essi sono movimentati sotto forma di rotoli (coils, si veda la Figura 3.1) e devono essere svolti ogni qualvolta si debba effettuare una lavorazione. La laminazione consente una riduzione di spessore di grande uniformità e precisione.
Un laminatoio è la macchina con cui si effettua il processo di laminazione. È una macchina a cilindri ad assi paralleli, ruotanti in senso opposto, la versione concettualmente più semplice è rappresentata nella Figura 3.2, e consiste in una incastellatura d'acciaio nella quale sono alloggiati 4 rulli, 2 chiamati rulli di lavoro a diretto contatto col materiale da lavorare motorizzati elettricamente, e 2 d'appoggio col compito di contenere la flessione dei 2 rulli di lavoro, un laminatoio esercita un'azione di strozzatura e contemporaneamente produce l'avanzamento per attrito del materiale accostato ai cilindri. Nello stabilimento TKTO è in esercizio un laminatoio modello Sendzimir. Si tratta di un particolare tipo di laminatoio a freddo dotato di un sistema di cilindri portanti, che consente elevate velocità di laminazione a freddo e forti pressioni. I cilindri di lavoro, molto piccoli, sono sostenuti ciascuno da un insieme di nove cilindri portanti racchiusi nella cosiddetta "gabbia" (Figura 3.3).

2 RICOTTURA E DECAPAGGIO


Nella Linea 5, il nastro laminato a freddo subisce un trattamento termico di ricottura*1 in forno ed un trattamento chimico di decapaggio *2 in vasche con lavaggi intermedi. Per la piena comprensione del processo e delle apparecchiature necessarie, il Lettore deve considerare che nel caso in esame ricottura e decapaggio sono operazioni effettuate su nastri d'acciaio. Queste operazioni devono essere "continue", ossia il moto del nastro nella sezione di trattamento deve avvenire ad una velocità ben precisa ed un arresto del moto comporta il grave danneggiamento del materiale che venisse a trovarsi nelle sezioni di trattamento (forno, vasche di decapaggio). Siccome però il nastro è conferito e prelevato dalla linea come rotoli di lunghezza finita, le operazioni di conferimento e di prelievo dei vari rotoli non possono per loro natura essere continue. Per questo motivo vi sono delle sezioni d'ingresso e d'uscita che operano in modo discontinuo, concepite in modo tale che la sezione di trattamento, al contrario, lavori con continuità.
Pertanto la Linea 5 è concettualmente suddivisa nelle zone di:
• Entrata, discontinua
• Trattamento, continua
• Uscita, discontinua.

Per "collegare" le zone a funzionamento discontinuo con quelle a funzionamento continuo, sono necessarie due zone cosiddette di "accumulo", una in ingresso, una in uscita, come indicato nella vista d'insieme di Figura 3.4.
Nel seguito saranno descritte le singole sezioni.

Sezione di entrata. È raffigurata nella Figura 3.5. in questa sezione i rotoli, provenienti dalla laminazione, sono svolti ed inviati ai trattamenti. Questa sezione predispone meccanicamente le sequenze di lavorazione dei nastri: imboccare un nuovo nastro in linea, unire, tramite saldatura, la coda del nastro in linea alla testa del nastro in entrata, senza interrompere la movimentazione del nastro nel forno e nelle vasche di decapaggio. Per questo motivo la sezione d'entrata è composta da due tratti paralleli, pressoché identici, che consentono di preparare un rotolo sull'uno mentre sull'altro tratto un diverso rotolo è in lavorazione. I due tratti paralleli convergono subito a monte della saldatrice. Questa soluzione è comunemente adottata per ridurre la fermata linea per la preparazione dei nastri in introduzione e quindi ridurre le dimensioni degli accumulatori (carri di accumulo) situati successivamente lungo la linea.

Più precisamente, ciascun tratto della zona d'entrata è composto dai seguenti gruppi:
• Un aspo svolgitore munito di rullo d'introduzione (Figura 3.7). Esso consente di svolgere le bobine da inviarsi a processo, e di centrare il nastro rispetto alla linea, secondo quanto indicato in Figura 3.8.
• Una tavola d'imbocco con relativa unghia estraibile, un rullo raddrizzapiega.
Fanno parte del sistema di attestaggio del nastro, sono visibili nella Figura 3.9, consentono di "imboccare" l'estremità iniziale del nastro lungo la linea.
• un rullo di passaggio o rullo pinzatore (N° 1, Figura 3.10 e Figura 3.11), serve per trascinare il nastro durante le fasi d'introduzione, prima che esso sia saldato al precedente.
• Una raddrizzatrice, che ha lo scopo di raddrizzare la "testa" del nastro durante le fasi d'introduzione, affinché possa procedere attraverso le apparecchiature successive (Figura 3.12).
• un secondo rullo pinzatore (N° 2, solo su linea Aspo 1, Figura 3.13),
• Una cesoia intestatrice, che ha la funzione di tagliare i "codacci" ossia le estremità iniziale e finale del nastro che non sono state laminate e pertanto non sono a spessore.
• Una tavola di evacuazione codacci, ha lo scopo di rimuovere e impilare i codacci tagliati mediante la cesoia.
• Un terzo rullo pinzatore (secondo per la linea Aspo 2)4.
A valle i due tratti convergono nella saldatrice, che ha la funzione di unire la fine di un nastro con l'inizio del successivo, in modo tale che nelle sezioni successive sia trascinato un nastro continuo. I due tratti di linea a monte della saldatrice sono paralleli e si trovano l'uno sulla verticale dell'altro, sopra vi è la linea Aspo 1. Le due linee sono sfalsate in direzione assiale, pertanto gli assi dei gruppi non si trovano sulla stessa verticale. Più precisamente il secondo rullo pinzatore della linea Aspo 1, posizionato immediatamente prima della cesoia, si trova sulla verticale della raddrizzatrice Aspo 2.
Entrambe le zone d'entrata sono dotate di sistema di lettura diametro e larghezza bobina, con comando su pulpito locale, che permette di effettuare in automatico il centraggio della bobina sulla culla di carico e conseguentemente sul mandrino dell'aspo, il sistema dedicato all'Aspo 1 è però da tempo fuori uso perché danneggiato meccanicamente, il sistema dedicato all'aspo due è meccanicamente integro, ma anch'esso non funzionante. Entrambi i fuori uso risalgono ad epoca anteriore all'incendio. Tutti i movimenti degli elementi menzionati sono azionati idraulicamente tramite circuiti così composti: stazione di pompaggio (unica per tutti i circuiti), banco valvole, elettrovalvola a due o tre posizioni, tubazioni rigide (in acciaio) e flessibili di raccordo, e attuatore finale (cilindro idraulico o motore idraulico) di cui si dirà dettagliatamente in altro elaborato.

Sezioni di accumulo in ingresso. Siccome il nastro, in genere lungo diverse migliaia di metri, si muove lungo la linea per trascinamento, per garantire la continuità delle operazioni nelle vasche e nel forno*5 occorre saldare testa-coda ciascun rotolo con il precedente e il successivo, in modo da trascinare lungo la linea vera e propria un nastro continuo. Questa operazione, come anche l'imbocco dei rotoli sono operazioni discontinue, che richiedono cioè l'arresto del moto del nastro, pertanto tra le sezioni di processo vero e proprio (forno e vasche) e le sezioni discontinue (imbocco/svolgimento/saldatura in entrata e Avvolgimento/taglio in uscita) si trovano delle sezioni di accumulo, concepite in modo tale da realizzare una zona "a fisarmonica" (Figura 3.19), dove mediante un carro mobile (carro di accumulo) si realizzano delle ampie spire di nastro che possono essere allungate (fase di accumulo) o accorciate all'occorrenza, in modo tale da mantenere sempre a regime la sezione intermedia di trattamento.
5 La fermata del nastro nel forno provoca il surriscaldamento del materiale e ne compromette le caratteristiche meccaniche, la fermata del nastro nelle vasche è motivo di corrosione, in entrambi i casi il prodotto è di scarto.
Durante la marcia della linea, le sezioni d'entrata e d'uscita operano ad una velocità superione a quella di marcia del nastro nella sezione di trattamento, in modo tale da accumulare nastro nelle sezioni d'accumulo, che sarà lavorato quando, per esempio, per imboccare e saldare un nuovo rotolo la sezione d'entrata è arrestata. Sezione forno, il forno è alimentato a metano, si tratta di una camera lunga circa 60 m, internamente rivestita da spesse pareti di refrattario (Vista parziale nelle Figura 3.21 e Figura 3.22). il nastro nel passaggio subisce il trattamento di ricottura ad alta temperatura tramite riscaldamento a fiamma diretta e successivo raffreddamento. La sezione del trattamento termico ha la funzione di restituire al materiale incrudito, proveniente dalla laminazione, la sua struttura cristallina originaria, e quindi di rilasciare le tensioni residue


Sezione raffreddamento, si trova all'uscita del forno, è divisa in due zone:
A. Raffreddamento ad aria, immessa tramite ventilatore e diretta sulla superficie del nastro, la stessa aria è poi convogliata ed emessa tramite impianto di aspirazione.
B. Raffreddamento ad acqua, dove tramite ugelli è spruzzata dell'acqua direttamente sulla superficie del nastro.


Sezione chimica o di decapaggio, dove in apposite vasche, i nastri sono decapati, allo scopo di asportare lo strato superficiale di ossido e di passivarne la superficie.

Sezione di accumulo in uscita: è concettualmente identica a quella in ingresso, salvo essere predisposta per formare soltanto due anse. Si trova fisicamente sopra all'accumulo in ingresso.

Sezione di uscita Successivamente alla seconda sezione di accumulo, nella sezione di uscita il nastro è riavvolto su di un aspo, detto aspo avvolgitore (Figura 3.26). La sezione è concepita in modo tale da permettere, una volta riavvolto un rotolo, il taglio del nastro mediante una cesoia (Figura 3.27), lo scarico del rotolo dall'aspo e l'avvolgimento del successivo. Al fine di evitare il contatto tra le superfici metalliche delle spire, che danneggerebbe la superficie del materiale, è interposto alle spire di acciaio un nastro di carta. Nella sezione di uscita si trova la postazione controllo qualità (Figura 3.28), nella quale opera con continuità un operatore addetto al rilevamento dei difetti superficiali del nastro, il nastro è trascinato lungo la linea mediante coppie di rulli motorizzate, dette "briglie di tiro". La linea 5 conta N° 5 briglie di tiro, numerate progressivamente secondo l'ordine di linea. Nella Figura 3.29 si vede lo schema di una briglia di tiro, mentre nella Figura 3.30 la posizione della Briglia 1 lungo la linea. Nella Figura 3.31 è mostrata la Briglia 1
La linea è anche dotata di rulli guida, cosiddetti "folli", ossia non motorizzati, che servono per permettere al nastro di compiere cambi di direzione, in genere di 90°. I rulli guida permettono anche di centrare il nastro rispetto all'asse macchina, grazie alla possibilità d'inclinare l'asse del rullo come Indicato in Figura 3.33 La Linea 5, come tutte le linee di ricottura e decapaggio, opera a ciclo continuo, con fermate programmate per effettuare la manutenzione. La continuità delle operazioni è necessaria perché il nastro deve permanere all'interno del forno (ad alta temperatura) e nelle vasche di decapaggio (dove è sottoposto ad attacco acido) per un periodo di tempo preciso, che non deve essere in nessun caso superato. Questo invece avverrebbe se il moto del nastro si interrompesse, con la conseguenza che le porzioni di materiale all'interno del forno o nei bagni devono essere scartate."

Così la descrizione "tecnica", riportata nella forma più concisa possibile e considerato che la Linea 5 dello stabilimento di Torino si svolge in lunghezza per oltre 200 metri, in larghezza per circa metri 12 metri, in altezza per circa 9 metri, è disposta su più piani ed ha una configurazione ad omega; come è ben rappresentato dalle numerosissime fotografie e video in atti, ai quali si rimanda; si sviluppa in altezza su più piani, con numerose scalette per l'accesso degli operatori, oltre ad avere un piano sotterraneo nel quale si trova, tra l'altro, la centrale oleodinamica, come sarà meglio precisato infra. Nel complesso, si tratta di un impianto di notevoli dimensioni, secondo i consulenti tecnici con una superficie "in pianta" di metri quadrati 2.400 (ma nel documento di valutazione del rischio incendio, v. infra, il dato riportato come superficie è di metri quadrati 3.900), visitabile (come i membri della Corte hanno fatto due volte durante il presente processo) percorrendo quello stesso corridoio "lato operatore" investito dall'incendio del 6/12/2007, mentre dal lato opposto (verso il muro esterno del capannone) si trova un passaggio angusto.

Come riferito da tutti i testimoni sentiti sul punto (tanto che non appare necessario qui indicarli), sempre sotto il profilo "tecnico", l'operatività della Linea 5 era garantita da n. 5 addetti: il primo addetto, che dirigeva e controllava la lavorazione e le varie operazioni, il collaudatore (che aveva una apposita postazione ed il compito di segnare tutti i difetti visibili del nastro trattato ) ed altri 3 operai, che eseguivano una serie di operazioni, tra le quali, principalmente, imbocco del nastro, taglio dei "codacci", saldatura testa-coda dei nastri per permettere la continuità della lavorazione.





5 Le condizioni di lavoro nello stabilimento di Torino


Molto vasto è il materiale probatorio acquisito durante il dibattimento per accertare le condizioni di lavoro nello stabilimento di Torino: si compone di numerosissime testimonianze, di una corposa documentazione, di svariate analisi - anche su budget, contratti e bilanci; l'argomento è di rilievo sia per correttamente inquadrare le cause dell'incendio, sia per accertare le responsabilità.



5.1
Occorre qui brevemente ricordare che lo stabilimento di Torino è tradizionalmente un sito produttivo dedicato alla lavorazione dell'acciaio sin dagli anni precedenti la seconda guerra mondiale (v. la testimonianza di DE AL. Tommaso, vicesindaco di Torino, udienza del 14/4/2010, pag. 66 trascrizioni); come vedremo infra, numerosi testimoni si riferiscono al loro lavoro in quello stabilimento sin dalla seconda metà degli anni 70, senza soluzione di continuità nonostante i diversi datori di lavoro, in allora all'interno del gruppo FIAT, come FIAT FERRIERE, poi con il nome di TEKSID, poi ILVA, poi ceduto al gruppo RIVA ed alla KRUPP; quest'ultima fusasi con la THYSSEN (sui passaggi di proprietà, v. anche il teste RI. Mario, già Direttore dello stabilimento di Torino, poi passato a lavorare in Germania per THYSSEN KRUPP STAINLESS, udienza 31/3/2010, pag. 5 trascrizioni); si deve precisare che l'attività produttiva che andiamo a descrivere - e che rileva nel presente giudizio - si svolgeva solo su di una parte del più ampio complesso industriale, che originariamente si componeva anche di una vera e propria "acciaieria" (la cd. "colata").
Dalla seconda metà degli anni '90 - ed al momento dei fatti per cui si procede - lo stabilimento di Torino appartiene alla multinazionale THYSSEN KRUPP AG, "casa madre" con sede in Germania, il cui principale settore di attività è appunto l'acciaio, collegato ad alcuni beni strumentali (tecnologia, ascensori e altro). In capo alla "casa madre" THYSSEN KRUPP AG (secondo quanto esposto dalla Procura nel presente processo e non contestato dalle difese) si concentravano le - sole - decisioni relative al gruppo in generale: strategia, gestione degli investimenti anche finanziari, rapporti con l'azionariato diffuso; per il resto, il gruppo era gestito su base "decentralizzata" (per le decisioni strutturali ed operative) attraverso una serie di sub holding che facevano riferimento ad una capogruppo per ogni settore (la "decentralizzazione" delle decisioni strutturali ed operative in capo alle sub holding è confermata anche dall'appena citato teste RI. Mario v. udienza 31/3/2010, pag. 20 trascrizioni).
La gestione della THYSSEN KRUPP AG era demandata a due organismi: un comitato esecutivo (altrimenti detto "executive board") che assumeva le decisioni manageriali quotidiane (e che nel dicembre 2007 era composto da otto membri), ed un comitato di sorveglianza (altrimenti detto "supervisory board") che controllava il comitato esecutivo (e che nel dicembre 2007 era composto da venticinque membri). Si deve qui sottolineare (rimandando subito allo specifico capitolo) che, secondo numerosi testi dirigenti THYSSEN KRUPP (e li vedremo infra; qui appare sufficiente ricordare il riferimento del citato teste RI., pag. 74 trascrizioni e i verbali del C.d.A. di THYSSEN KRUPP AST) tutte le società del gruppo erano organizzate, ai vertici, con un "board" o "executive board", organo collegiale per le decisioni operative. Per quanto qui rileva, nel settembre 2007 (come vedremo anche infra, il bilancio annuale di tutte le società del gruppo abbracciava il periodo 1° ottobre-30 settembre successivo) il settore acciaio era distinto in due segmenti: acciaio al carbonio (steel) e acciaio inossidabile (stainless); quest'ultimo si componeva di una capo-gruppo, la THYSSEN KRUPP STAINLESS AG con sede in Duisburg (Germania) che controllava sei società operative tra le quali (attraverso la società THYSSEN KRUPP ITALIA s.p.a.) la società THYSSEN KRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., con due stabilimenti di produzione di laminati in acciaio inox, a Terni e a Torino (le altre società operative, ciascuna con propri stabilimenti - in diverse parti del mondo, secondo il già citato teste RI. Mario, "oltre che in Italia, in Germania ovviamente...in Messico, in Cina e... negli Stati Uniti" - erano la TK NIROSTA, la TK MEXINOX, la TK SHANGHAI, la TK INTERNATIONAL e la TK VDM).
Si può quindi affermare, sempre per quanto qui interessa e con maggiore precisione, che lo stabilimento di Torino era uno degli stabilimenti della multinazionale THYSSEN KRUPP AG (un "colosso" economico, produttivo e finanziario, con decine di stabilimenti e migliaia di dipendenti in tutto il mondo) e che, in particolare, era parte integrante e "dipendeva" (su questa affermazione, v. dettagliatamente infra) dalla THYSSEN KRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., controllata dalla capo gruppo THYSSEN KRUPP STAINLESS AG. Vedremo poi nell'apposito capitolo (v.), in dettaglio, i compiti di direzione, di gestione e di organizzazione relativi allo stabilimento di Torino;


questi pochi cenni vengono qui riportati per sottolineare il fatto che lo stabilimento di Torino non dipendeva da un imprenditore che ivi svolgeva la sua unica attività produttiva, ma era uno dei tanti stabilimenti di un "gruppo" di vastissime dimensioni; come tale, utilmente confrontabile - per quanto si è potuto accertare nel presente giudizio - con altri stabilimenti - sempre "stainless" - dello stesso "gruppo", oltre che con quello di Terni.




5.2
Come si esporrà dettagliatamente in prosieguo, il quadro complessivo emergente dalle prove acquisite è, sotto il profilo delle condizioni di lavoro, della sicurezza sul lavoro in generale e della sicurezza antincendio in particolare, contraddistinto, nello stabilimento di Torino, da gravissime carenze strutturali ed organizzative; appare qui interessante sottolineare come tale situazione rendesse lo stabilimento di Torino, nel periodo rilevante ai fini del presente giudizio e, pertanto, qui considerato (secondo la contestazione della Procura della Repubblica, dal giugno 2006) del tutto anomalo rispetto agli standard degli altri stabilimenti delle sub holding di THYSSEN KRUPP STAINLESS, in Germania, in particolare a Krefeld (v. infra) ed a Terni: in quest'ultimo, paragonando anche, in particolare, l'area cd. "a freddo", corrispondente per gli impianti, per le lavorazioni presenti e per il numero di occupati, proprio all'intero stabilimento di Torino (v., per questo confronto, il capitolo dedicato alla descrizione dello stabilimento).
Tale affermazione - cioè la "differenza", in peggio per Torino - si fonda su alcune testimonianze ed è confermata da svariati dati documentali; è qui interessante sottolineare come risulti evidente confrontando le fotografie e le riprese dello stabilimento di Torino (e della Linea 5: come si è già ricordato, di cui la Corte ha anche preso diretta visione) con le fotografie - anch'esse numerose in atti - che raffigurano altre unità produttive della multinazionale THYSSEN KRUPP, non solo in Germania ma anche a Terni; una diversità tanto evidente da sorprendere: infatti, durante la proiezione di fotografie dello stabilimento di Terni, nel corso della testimonianza di LI. Leonardo (v. udienza 26/5/2009, pag. 124 trascrizioni), il P.M. gli aveva chiesto se -normalmente - lo stabilimento di Terni fosse nelle condizioni in cui appariva nelle foto: ricevendo dal teste piena conferma.

Anche il confronto visivo ha permesso alla Corte di conoscere, ai fini della presente decisione, non solo quali "possano" o "debbano" essere, ma quali effettivamente siano le condizioni di uno stabilimento produttivo del tipo di quello di Torino - e di proprietà della stessa multinazionale - diversamente diretto, gestito ed organizzato.

Sulla "diversità" tra lo stabilimento di Torino ed altri stabilimenti del gruppo THYSSENKRUPP riferiscono, tra gli altri, il teste P.S. Salvatore (già citato, v. udienza 11/3/2009, da pag. 73 trascrizioni) in relazione allo stabilimento THYSSEN KRUPP NIROSTA di Krefeld: "...alla NIROSTA...ho chiesto a mia moglie se ci volevamo trasferire, era pulito, era tutto in ordine...pulivano, loro fermavano una volta alla settimana l'impianto c'ero anch'io e me l'hanno fatto fare...pulizia completa rulli e tutto quanto...ricordo anche comunque perché c'era stato uno scambio in Germania, sei italiani sono andati di là e sei di qua, ricordo che i tedeschi sono arrivati in Germania e lì ci hanno fatto mettere su un tavolo a tirare giù due righe, la diversità, che diversità avete trovato in Italia e la Germania e lì mi sono trovato spiazzato perché i ragazzi tedeschi hanno detto in Italia non c'è sicurezza e pulizia stop..."; pag. 87 trascrizioni: "sono stato un mese in Germania, gli ultimi due giorni prima di rientrare in Italia è venuto il Direttore di stabilimento SA. e GO. che era il capo del personale, sono venuti in Germania e ricordo che SA. mi ha detto... "Hai visto che roba?' riguardo comunque la pulizia sicurezza..."; e, appunto sulla sicurezza, P.S. riferisce di un impianto automatico - in luogo delle "barriere" - per impedire ai lavoratori di essere investiti da un "carrellone" su binari, attraversando gli stessi (pag. 88): "...non c'erano le barriere e io volevo fare il furbetto dicendo in Italia noi abbiamo le barriere in modo che la gente non passa, voi qua no. Invece non avevano le barriere per un semplice motivo...ha toccato il carrellone appena appena col piede e il carrellone si è bloccato su tutti e 4 i lati, non aveva bisogno di barriere".
Sull'argomento riferiscono anche il teste AB. Salvatore (v. udienza 16/7/2009), che lavora nello stabilimento dal 1978, addetto alle linee di ricottura e decapaggio, capoturno trattamento dal 1993 (pag. 49-50 trascrizioni): "...quando ha preso fuoco l'impianto di KREFELD (v. su questo incendio, l'apposito capitolo, n.d.e.) ci hanno mandato quattro tedeschi. E io ne avevo uno in squadra che spesso e volentieri veniva con l'interprete perché mi diceva: 'qui state lavorando tutto in un pianeta diverso dal nostro'...mi faceva notare che da loro innanzitutto non c'erano quegli impianti sporchi che avevamo, seconda cosa non c'erano i quadri elettrici nastrati". Confermano il fatto che i colleghi tedeschi avevano detto che da loro era "diverso", perché "ci tenevano di più alla pulizia" anche DONA. Gianluca (addetto al reparto rettifiche dal 2002; v. udienza 5/5/2009) e BO. Antonio (già citato, udienza 3/3/2009, pag. 87 trascrizioni).

Anche la direzione, la gestione e l'organizzazione - concrete - dello stabilimento di Terni, rispetto a quelle di Torino, presentano sostanziali differenze; appare qui sufficiente ricordare (la materia sarà ripresa anche infra) che, come riferito dal già citato teste SE. (responsabile area a freddo di Terni: corrispondente, come posizione, all'imputato SA., v. udienza 28/5/2009; nonché da altri testi, tra cui, alla stessa udienza, ME. Dimitri, in allora caporeparto linee di ricottura e decapaggio) a Terni esisteva una squadra interna di Vigili del Fuoco "patentati", dotata di autocisterna e di altri mezzi più piccoli, in servizio 24 ore su 24, la cui presenza era, tra l'altro, obbligatoria quando i lavoratori dovevano compiere operazioni a rischio incendio - come le saldature - in zone in cui era presente combustibile; riferendo della squadra di Vigili interna, aggiunge ME.: "l'estintore è un mezzo per evitare che si propaghi l'incendio, quindi deve stroncare l'innesco dell'incendio, il principio di incendio, non è uno strumento per la lotta agli incendi"; considerazione ovvia e condivisile, ma che sembra obliata nello stabilimento di Torino; che a Terni -ovviamente si indica qui sempre la situazione precedente l'incendio del 6/12/2007 - subito dopo l'incendio avvenuto a Krefeld (nello stabilimento della THYSSEN KRUPP NIROSTA, su cui v. infra) erano stati immediatamente collocati sulla LAF 4 - linea analoga alla 5 di Torino, v. anche infra su tale argomento - nelle sezioni di entrata e di uscita, degli estintori carrellati a lunga gittata, che, come ha precisato lo stesso SE. (v. in particolare, trascrizioni pag. 20 e documento con le specifiche ivi prodotto: lo si deve sottolineare perché, durante le arringhe finali, i difensori hanno contestato che fosse stato accertato con precisione "il tipo" e le potenzialità di tali estintori), oltre ad avere una maggiore potenzialità, permettevano - contrariamente agli estintori in dotazione alla linea 5 - di agire a "distanza" - quindi, ovviamente, con maggiore sicurezza - rispetto al focolaio o al principio di incendio; che a Terni, come riferito dal teste PE. Massimo, responsabile dei servizi ecologici e ambientali, tra cui il servizio antincendio (v. udienza del 9/6/2009) si tenevano mensilmente delle riunioni con gli imputati ES. e MO. (v. pag. 81 trascrizioni) per affrontare la situazione generale antincendio: "per vedere gli incendi che c'erano stati, i principi di incendio nel periodo, analizzare le cause e prendere delle contromisure e vedere tutte le cose che avevamo fatto per minimizzare il rischio incendi"; tutto ciò solo per lo stabilimento di Terni (e v. anche e-mail che conferma tali riunioni).

D'altronde, la conferma "documentale" della "differenza" in particolare fra i due stabilimenti italiani si trae dall'esame dei bilanci THYSSENKRUPP AST anteriori al 2007; come ha riferito il teste GI. Sergio all'udienza del 4/6/2009, pag. 137-138 trascrizioni, rispondendo all'Avv. AUDISIO, negli anni dal 2000 al 2007 l'azienda ha investito, in materia antincendio, nella sola "area a freddo" dello stabilimento di Terni circa € 12 milioni; nello stabilimento di Torino, del tutto corrispondente, come produzioni e personale, all'area a freddo di Terni (come si è indicato nel capitolo relativo alla descrizione dello stabilimento, v.) ha investito, sempre in materia antincendio, € 2.784.000,00.



5.3
Prima di riassumere quanto emerso dai testi e dai documenti in ordine alle condizioni di lavoro, è opportuno ricordare due fatti significativi nella storia dello stabilimento di Torino: un devastante incendio avvenuto nel 2002 ed il percorso temporale della decisione di trasferire gli impianti produttivi da Torino a Terni chiudendo così lo stabilimento di Torino.




5.4 L'incendio del 2002

Più volte nel corso del dibattimento le parti e i testi si sono riferiti ad un incendio divampato nello stabilimento di Torino, in particolare sul laminatoio SENDZIMIR 62, il 24/3/2002 (fortunatamente senza danni alle persone); nel relativo procedimento penale la sentenza definitiva di condanna per il reato di cui all'art. 449, 1° comma, c.p. - a carico di VE. Giovanni, che ricopriva allora la carica di membro del Consiglio di Amministrazione e Presidente del Comitato Esecutivo della THYSSEN KRUPP AST (v. infra, per tali cariche) - è stata emessa nel corso del presente dibattimento (v., le sentenze di primo grado, di Appello e di Cassazione sono state tutte prodotte dalle parti nel presente dibattimento).
Ma rileva qui in particolare, oltre al dato storico, di per sé significativo - solo cinque anni prima del 6/12/2007, un incendio devastante, che i Vigili del Fuoco avevano spento dopo tre giorni - la precisa ricostruzione in fatto esposta nella sentenza di primo grado e la serrata e puntuale critica ivi contenuta - poi confermata in Cassazione - alla "scelta" aziendale di affidarsi a sistemi di estinzione non automatici ma ad azionamento manuale; così come la critica al piano di emergenza, per questa parte rimasto immutato. Scriveva infatti il Giudice di primo grado: "il reato contestato agli imputati è quello - previsto dall'art. 449 c.p. - di aver cagionato, per colpa, un incendio nello stabilimento AST di Torino, nel reparto laminazione ed in particolare nel laminatoio SENDZIMIR 62, ambiente a rischio incendio elevato per la presenza nelle lavorazioni effettuate di olio di raffreddamento, incendio che si propagava a tutto il laminatoio e nei servizi ad esso connessi coinvolgendo altresì il piano interrato e che veniva domato solo nel terzo giorno successivo al suo innesco. I profili di colpa sono stati individuati nel non avere dotato i locali sotterranei di idonea compartimentazione, nel non avere installato rilevatori о un sistema a circuito chiuso nei locali sotterranei non presidiati, nel non aver previsto un sistema di intervento automatico per gli erogatori di schiuma esistenti"; la sentenza continua elencando i sistemi antincendio presenti in generale nello stabilimento ed in particolare: "...il laminatoio SENDZIMIR 62 è dotato di due sistemi antincendio indipendenti; entrambi ad azionamento manuale: all'impianto ad anidride carbonica (C02); b) l''impianto a schiuma a bassa espansione...viene alimentato un sistema di sprinkler (erogatori di schiuma) che coprono le sale olio dei tre laminatoi...tutti i punti critici di un laminatoio sono protetti con degli erogatori di C02. Anche per il sistema C02 l'attivazione è manuale...la procedura di stabilimento prevede però che, prima di attivare i sistemi a schiuma e a C02, la 'squadra di emergenza' (o 'squadra ecologica') debba verificare in loco l'effettiva entità del principio di incendio. Gli operatori della squadra ecologica e i monitor di controllo sono localizzati in un edificio posto all'estremo est del complesso produttivo." Si è quindi accertato, in quel giudizio, che "l'unico sistema protettivo efficace, quello a schiuma, non era ad attivazione automatica, bensì fu attivato dalla 'squadra ecologica' circa 5 minuti dopo lo scatto dell'allarme": tempo di intervento troppo lungo per essere efficace. Continua la sentenza: "...la stessa procedura di Stabilimento prevede che prima di attivare i sistemi a schiuma e a C02 la 'squadra di emergenza'...debba verificare in loco l'effettiva entità del principio di incendio. Gli operatori della squadra ecologica e i monitor di controllo sono localizzati in un edificio posto all'estremo est del complesso produttivo, sicché questa procedura fa evidentemente perdere tempo prezioso, tenuto conto che un principio d'incendio, in una tipologia d'impianto come quello in oggetto (ad alto rischio incendi), se non è spento entro poche decine di secondi diventa disastroso".

 

La sentenza, per quanto qui interessa - come "riflessione" sulle misure di sicurezza antincendio e sulla efficienza della "squadra di emergenza" - così conclude sul punto: "per ovviare agli inconvenienti verificatisi nelle prime fasi dell'incendio necessarie erano dunque le misure individuate dai ct. del P.M.: un impianto di video sorveglianza (collegato ai rilevatori), in quanto la presenza del responsabile della squadra (n.b.: si intende qui il "capoturno manutenzione", v. infra) nei pressi del laminatoio poteva essere del tutto casuale...e comunque tardivo si è dimostrato l'intervento della squadra ecologica; un sistema di estinzione automatico, la cui mancata adozione appare una scelta consapevolmente adottata in conseguenza di valutazioni economiche afferenti sia alla installazione di un impianto di attivazione automatica subordinata - che consentirebbe di preservare l'integrità dei lavoratori presenti nei locali - sia per il rischio di compromissione della qualità dell'olio nelle vasche; la compartimentazione dei locali... ".

Sentenza emessa il 10/5/2004, con motivazione depositata nell'estate 2004 e della quale, quindi, i dirigenti THYSSENKRUPP AST interessati alla sicurezza dello stabilimento di Torino potevano fin da allora (cioè da oltre tre anni anteriori all'incendio del 6/12/2007) disporre.

Successivamente a quell'incendio, oltre ad "attivarsi" nella procedura per l'ottenimento del Certificato di prevenzione incendi dello stabilimento, come sarà esposto nell'apposito capitolo (v. infra), SA. e CAF. fecero una riunione con i capi turno ed i gestori di manutenzione, riferendo le difficoltà assicurative dopo l'evento e mostrandosi preoccupati per il fatto che gli assicuratori potessero chiedere di "vedere" lo stabilimento; tanto che attivarono pulizie straordinarie, con rimozione di olio e carta in particolare sotto gli impianti e nelle cd. "fosse"; l'episodio è analiticamente riferito da AB. Salvatore, che ha lavorato in quello stabilimento dal 1978, addetto alle linee di ricottura e decapaggio, capoturno dal M. 1993, sentito all'udienza del 14/7/2009 (v. in particolare pag. 29-30 trascrizioni); aggiungeva AB. (v. pag. 29 trascrizioni): "SA. si spinse anche oltre e disse: 'se dovesse avvenire qualche incendio adesso non ne usciamo più vivi di qua, sicuramente chiudiamo lo stabilimento".



5.5 La decisione di trasferire gli impianti a Terni e, di conseguenza, di chiudere lo stabilimento di Torino.

Tale decisione è stata resa pubblica dalla THYSSEN KRUPP AST il 7 giugno 2007, come riferito anche dal teste VL. Giancarlo (responsabile del personale dello stabilimento di Torino, dipendente direttamente dal Direttore del personale di Terni, dr. FER.; v. udienza 2/3/2010, pag. 12 e segg. trascrizioni); nei mesi precedenti - AP./maggio- i lavoratori avevano proclamato una serie di scioperi per avere "chiarezza" sul futuro dello stabilimento; la decisione comportava anche un esubero di personale tra i dipendenti di Torino; si tennero una serie di incontri fra l'azienda ed i sindacati (anche con l'intermediazione ministeriale) che condusse ad un accordo siglato il 23 luglio successivo "in cui si definisce la chiusura dello stabilimento di Torino entro 15 mesi da quella data" (v. VL., citato, pag. 15); accordo in forza del quale l'azienda aveva preso una serie di impegni anche sulla "ricollocazione" del personale e di cui vi è traccia in atti anche per le numerose "conciliazioni" intervenute fra i singoli lavoratori e la THYSSEN KRUPP AST (v. esaminate dalla Corte in sede preliminare per le questioni relative alle costituzioni di parte civile); ha riferito diffusamente sulle trattative e sull'accordo in particolare il teste FER. Arturo, responsabile del personale a TERNI (v. udienza 12/3/2010), che ha affermato di essersi praticamente "trasferito" a Torino in quel periodo, proprio per risolvere la vicenda; si deve rimandare anche alla sua testimonianza, sottolineando come i particolari di questa vicenda, delle trattative ecc. non abbiano rilievo in questo giudizio.
Durante le arringhe finali i difensori degli imputati hanno sottolineato come fosse errato riferirsi a tale decisione indicandola come "chiusura" dello stabilimento, quando - invece - si doveva definire diversamente come "trasferimento" della produzione (della cd. "area a freddo") da Torino a Terni. A prescindere dalla questione terminologica - che non muta la sostanza: perché il trasferimento a Terni comportava la chiusura di Torino (e v. infra, i documenti aziendali citati, in cui più volte si menziona proprio la "chiusura" dello stabilimento di Torino) - appare evidente come la preoccupazione dei difensori sia stata da un lato quella della possibilità di collegare, ad un termine con valenza "negativa" quale "chiusura", l'affermato - dall'accusa e poi, come si vedrà, in giudizio provato - "abbandono" dello stabilimento, sotto il profilo degli investimenti e della sua gestione generale; dall'altro, quella di evidenziare la sussistenza di un interesse dell'azienda - e, quindi, dei suoi dirigenti - di preservare gli impianti produttivi proprio in vista del loro trasferimento. Tanto che i difensori hanno anche affermato che la decisione non era stata assunta da ES., amministratore delegato qui imputato.
La Corte, sentite ed esaminate tali difese - e solo dovendo farsi carico di esse -deve chiarire che le sue decisioni sono assunte in base alla realtà dei fatti, come accertata in giudizio e non sono influenzate dai termini utilizzati; deve sottolineare che la scelta aziendale di per sé esula dall'oggetto del presente giudizio, cosicché a nulla rileva che sia stata assunta da ES. ovvero sia stata imposta dalla casa-madre tedesca (lo stesso ES., durante il suo esame, ha riferito di avere egli proposto la "chiusura" di Torino al C.d.A. della THYSSEN KRUPP STAINLESS, v. udienza 4/11 /2009); deve aggiungere di essere ben consapevole dell'esistenza di un "interesse" aziendale - e, quindi, in capo ai dirigenti, ES. incluso - a "conservare" gli impianti produttivi, proprio perché dovevano essere trasferiti e non "rottamati"; ma osserva come tale interesse - in ogni caso non sufficiente di per sé solo a garantire anche la sicurezza dei lavoratori, v. infra, in particolare capitolo 8 - non abbia in giudizio trovato riscontro nelle condizioni in cui tali impianti si trovavano al momento dell'incendio e nel periodo precedente; si deve, sul punto, qui rimandare alle risultanze testimoniali che saranno infra esposte ma anche richiamare quanto indicato nel precedente paragrafo relativamente agli investimenti effettuati in materia antincendio negli anni precedenti per lo stabilimento di Torino e per la corrispondente area a freddo di Terni (v.: il rapporto è di investimenti per Torino pari al 22,5% di quelli effettuati per la -sola - area a freddo di Terni).
Interessa qui invece la ricostruzione - storico-temporale - della decisione di trasferire la produzione da Torino a Terni, chiudendo lo stabilimento di Torino: si deve ritenere infatti che proprio il rinvio, negli anni, della già assunta decisione abbia comportato la indicata carenza di investimenti e, più in generale, di attenzione dei dirigenti verso lo stabilimento di Torino, causando lo stato di degrado sviluppatosi negli ultimi anni di esercizio, con un'accelerazione dalla primavera del 2007 (subito prima e subito dopo l'annuncio ufficiale della decisa "dismissione").

E' infatti documentalmente provato che tale decisione risalisse a parecchi anni prima, come emerge da una "presentazione" aziendale interna in power point del M. 2005 (v., tra i documenti in sequestro, ritualmente tradotto), in cui si prevedeva l'inizio dello "smantellamento" degli impianti di Torino per il loro trasferimento a Terni a dicembre 2005; in un altro documento aziendale, sequestrato il 10/1/2008 dalla Guardia di Finanza a Terni all'interno della borsa personale dell'imputato ES. (documento in lingua tedesca, anch'esso tradotto ritualmente), era esplicitato anche il perché del rinvio: in un primo momento, da fine 2005 all'estate 2006, per lo svolgersi a Torino delle Olimpiadi Invernali (febbraio 2006), probabilmente - ma questa è un'ipotesi -perché l'evento avrebbe richiamato l'attenzione dei mass-media internazionali sulla città, con ricadute negative per l'immagine della THYSSEN KRUPP; in un secondo momento, dall'estate 2006 al 2007, a causa di un disastroso incendio accaduto, nel giugno 2006, su di una linea di ricottura e decapaggio dello stabilimento THYSSEN KRUPP NIROSTA (appartenente al gruppo THYSSEN KRUPP STAINLESS, così come THYSSEN KRUPP AST, v. sopra) di Krefeld, in Germania; incendio che aveva determinato la necessità di "dirottare" la produzione - e, in particolare, la lavorazione "a freddo" - verso gli altri stabilimenti del gruppo, quindi anche a Torino (sull'incendio di Krefeld v. infra, ampiamente, in capitolo 12).
Il documento citato per ultimo non è firmato e nessuno ne ha rivendicato la paternità (probabilmente per il resto del suo contenuto, che non appare il caso qui di riportare); ES. in particolare riferendo genericamente che proveniva dall'ufficio legale tedesco; ma certamente qui rileva solo quale documento sicuramente "aziendale" che conferma la risalenza nel tempo della decisione e ne ripercorre l'iter.
D'altronde, anche il teste GRI. M. riferisce di essere stato incaricato da ES. di analizzare la possibilità di "concentrare" a Terni tutta la produzione, quindi quella di Torino, a fine 2005 ovvero inizio 2006; progetto poi rimasto fermo e che ES. gli aveva ordinato di riprendere a fine 2006-inizio 2007 e sul quale GRI. aveva poi lavorato a "tempo pieno" da M. 2007 (v. udienza 12/3/2010, da pag. 97 a pag. 99 trascrizioni).

5.6 Elenco dei vari "punti"


La descrizione delle "condizioni di lavoro" nello stabilimento di Torino si deve qui articolare secondo una serie di "punti" o di "argomenti" rilevanti nel presente giudizio e che necessariamente - e doverosamente - ripercorrono, per ora in parte, le contestazioni formulate dalla Procura della Repubblica nei capi di imputazione.
In particolare, i "punti" ricompresi in questa parte riguardano:
l) la riduzione degli interventi di manutenzione e di pulizia sulle linee, con conseguenti perdite di olio dai tubi e accumuli di carta non rimossa in prossimità e sotto i macchinari, su un pavimento piano privo della pendenza
necessaria per il deflusso;
2) i frequenti incendi di varie proporzioni;
3) la mancanza di una effettiva organizzazione dei percorsi informativi e formativi nei confronti dei lavoratori;
4) la drastica riduzione del numero dei dipendenti ed il venir meno delle professionalità più qualificate e, in particolare, sia dei capiturno manutenzione cui era demandata secondo le procedure aziendali la gestione dell'emergenza incendi, sia degli operai più esperti e specializzati.

A questi argomenti è strettamente collegato il comportamento che, secondo le direttive aziendali, i lavoratori dovevano adottare quando avvistavano un incendio; in base a quanto stabilito nel PIANO DI EMERGENZA E DI EVACUAZIONE dello stabilimento di Torino ed alla sua applicazione pratica.




5.7 Il piano di emergenza e di evacuazione

Il piano di emergenza e di evacuazione dello stabilimento di Torino in vigore nel dicembre 2007 è stato adottato in data 20/6/2006 (v. tra i documenti in sequestro, se ne trovano diverse copie) e, nella parte che qui rileva - relativa alla procedura prevista "in caso di incendio" così prevede:


5.2 IN CASO D'INCENDIO Se la persona è istruita al servizio antincendio deve attivarsi direttamente utilizzando l'attrezzatura antincendio posta in prossimità del luogo dell'evento, ricordarsi di non utilizzare acqua su impianti o parti in tensione. Se "incendio appare già di palese gravità deve:
5.2.1 Chiamare telefonicamente la Sorveglianza al n 6249 dando le seguenti informazioni:
-Proprio nominativo
-Natura del materiale incendiato o natura dell'incidente
-Il luogo dell'evento il più dettagliato possibile
-La presenza di eventuali infortunati
-Le eventuali azioni intraprese
-Il posto di attesa (solo nel caso in cui non venga interpretato chiaramente il luogo dell'evento)

Il dipendente che Informa la sorveglianza deve successivamente portarsi sul posto segnalato per ricevere e condurre sul luogo dell'evento la squadra di primo intervento e/o ambulanza
5.2.2 IL vigilante che riceve l'informazione di "emergenza" deve richiedere l'intervento via radio degli addetti agli impianti ecologici e del capo turno manutenzione. Nel caso di presenza di infortunati: il vigilante informa la sala medica e si attiva personalmente o incarica il collega, di condurre l'ambulanza, con a bordo l'infermiere, sul luogo dell'evento.
5.2.3 Il capo turno di Area, durante l'attesa della squadra dì 1° intervento dispone per far allontanare, per quanto possibile dal luogo d'incendio, i materiali pericolosi. Inoltre provvede a far allontanare il personale non interessato all'emergenza e il personale delle imprese appaltataci o visitatori. Il Capo Turno di Area deve interagire con la squadra di 1° intervento per qualsiasi evenienza.

Si vedrà meglio infra come tale piano sia rimasto immutato nonostante il già citato incendio nello stabilimento THYSSEN KRUPP NIROSTA di Krefeld del 22 giugno 2006 (v. nel capitolo relativo) e nonostante l'emorragia, nello stabilimento di Torino, del personale più qualificato, con conseguenti cambiamenti "organizzativi" improvvisi ed "improvvisati" (che vedremo infra in dettaglio).

Da una semplice ma attenta lettura di tale documento emerge de plano la sua inadeguatezza e, quindi, la conseguente ed intrinseca pericolosità della sua applicazione pratica.
Nel punto 5.2 si evidenziano di primo acchito sia l'ambiguità dell'aggettivo "istruita", riferito alla persona - al lavoratore - cui si impone di intervenire, sia la genericità della definizione "incendio di palese gravità" che dovrebbe, al contrario, dissuaderlo dall'intervenire, sia l'omessa indicazione del comportamento dovuto per la persona "non istruita". Sottolineandone l'importanza: perché indicano - anzi, dovrebbero indicare - agli addetti l'immediato, il doveroso comportamento da tenere di fronte ad un "incendio"; aggiungendo che il previsto "intervento" doveva essere effettuato con i mezzi "a disposizione"; nel caso delle linee di ricottura e decapaggio, i mezzi erano esclusivamente estintori a C02 (portatili da 5 chili e alcuni carrellati), da azionare utilmente ad una distanza dalla fonte di non più di un metro (v. su quest'ultima affermazione, numerose testimonianze, non solo da parte dei lavoratori che li utilizzavano, ma anche da parte di esperti, vigili del fuoco ecc.) e le manichette ad acqua.

Ambiguità e genericità terminologiche che non risulta siano state in alcun modo superate con la formazione: perché tutti i lavoratori sentiti hanno riferito che il citato piano - distribuito a quasi tutti, v. testimonianze sul punto - non era mai stato spiegato o illustrato dai responsabili (salvo che nella parte di "evacuazione", con l'indicazione delle vie di fuga e dei punti di concentrazione) né in relazione al significato ed all'importanza del termine "istruito", né in relazione al concetto di "palese gravità" di un incendio (v. infra per le testimonianze).
Il termine "istruita", riferito alla persona che doveva intervenire con i mezzi a disposizione in caso di incendio (purché non "di palese gravità") ha di fatto comportato (come vedremo infra, sia qui sia nei capitoli successivi) una applicazione costante e generalizzata che ha imposto di "dovere" intervenire in caso di incendio, senza alcun riguardo alla "istruzione", da parte di tutti i lavoratori, in particolare di quelli addetti agli impianti, tra cui quelli addetti alla linea 5, considerata anche la frequenza con cui tale situazione - fronteggiare un "incendio"- si presentava, in particolare nell'ultimo periodo (v. su questo infra, nell'apposito paragrafo).
La Corte non può ritenere che il termine "istruita" - anziché quello corretto di "formata" - sia stato appositamente utilizzato nel "piano" proprio considerando la frequenza con cui si "doveva" intervenire per gli incendi sugli impianti ed alla generalizzata mancanza di formazione dei lavoratori in materia antincendio; così sostiene la Procura della Repubblica, sotto il solo profilo logico. Ma ciò che la Corte, esaminate le emergenze probatorie (v. infra in dettaglio), deve constatare è che tale formulazione, unita all'assoluto silenzio dello stesso "piano" sul comportamento che, invece, doveva tenere la persona "non istruita", ha di fatto permesso, nonostante la frequenza degli incendi e la mancanza di formazione antincendio del personale addetto, di continuare la produzione nelle condizioni di lavoro date e in prosieguo dettagliatamente esposte. Produzione che sarebbe stata, al contrario, frequentemente paralizzata. E ciò, soprattutto, ai laminatoi ed alle linee di ricottura e di decapaggio e, tra queste ultime, soprattutto alla Linea 5 (v. infra). Interpretando, nella situazione data, l'aggettivo "istruita" equivalente a "formata" (come alcuni testi riferiscono, v. infra), turno dopo turno nessun lavoratore sarebbe potuto intervenire su focolai, principi di incendio, veri e propri incendi: come invece, al contrario, accadeva ormai quasi quotidianamente; così, di fatto, l'azienda imponendo di lavorare in condizioni di mancanza di sicurezza e di sempre frequente e concreto rischio.

La posizione aziendale sulla questione incendi e sul primo e "doveroso" intervento dei lavoratori è ben rappresentata anche da un episodio: l'imputato SA., direttore dello stabilimento di Torino, aveva "rimproverato" gli operai, come ha riferito il teste MOR. R. (ud. 17/3/2009, da pag. 64), addetto alla Linea 5: "...mi ricordo...era il periodo di luglio agosto...2007 che prese fuoco il loopcar di entrata, praticamente si ruppe il centratore...la lamiera andò a toccare sulla carpenteria c'era carta prese fuoco e solo con gli estintori non siamo riusciti a far niente...abbiamo spento con la manichetta..."; a domanda del P.M., che gli chiede se era stato rimproverato, MOR. risponde: "dal direttore SA....perché si bruciò la briglia...(mi disse, n.d.e.): 'complimenti, siete riusciti a bruciare tutto".
Ma, come vedremo dettagliatamente infra, anche i dirigenti di Terni avevano il quadro complessivo ed inquietante della situazione, che rendeva evidente la frequenza degli incendi, così come l'intervento - inevitabile - dei lavoratori "non istruiti": situazione tratta documentalmente dai consumi di materiale estinguente, soprattutto dai numeri relativi alle ricariche degli estintori portatili e dalla documentazione relativa alla "formazione" antincendio dei lavoratori (formazione che, come vedremo infra in dettaglio, dipendeva dall'ufficio di Terni).
Riferisce sulla formazione antincendio dei lavoratori il teste VIS. M. (v. udienza 5/5/2009, pag. 139-140 trascrizioni): negli anni dal 2001 al 2007 avevano partecipato ai corsi antincendio, organizzati in azienda con i Vigili del Fuoco come istruttori, 204 lavoratori, solo 105 di loro completando il percorso formativo, 99 assentandosi, di cui 66 per più di un giorno, 36 dei 99 senza partecipare alla prova pratica dell'uso degli estintori. Assenze non solo tollerate dall'azienda ma addirittura imposte, come accaduto per PO. (v. testimonianza già citata, ud. 5/3/2009, pag. 105-106 trascrizioni) che era stato "richiamato al lavoro" dalla signora TT. (v. infra) proprio mentre stava seguendo un corso antincendio: tanto che era stato poi addetto alla "squadra antincendio", da settembre 2007, senza alcun tipo di "istruzione" e tanto meno di "formazione" antincendio (PO. ha seguito il suo primo corso antincendio nel febbraio 2008, v. testimonianza). Inoltre, nessuno dei lavoratori che avevano completato tale corso (di cui si erano tenute 10 edizioni negli stessi anni sopra indicali) aveva sostenuto e superato l'esame di idoneità tecnica; e ciò per precisa volontà dell'azienda, che non aveva mai richiesto ai Vigili del Fuoco di sottoporre i dipendenti anche a tale esame, come riferito anche dal testimone ZA. Massimo (v. udienza 14/7/2009), dipendente THYSSEN KRUPP AST dal 1996, addetto allo Skinpass, LEADER, RLS dal 2005, che, avendo seguito il corso in azienda negli anni 2001-2002, afferma (v. pag. 97): "...alla fine di questo corso ebbi una discussione con CAF., perché gli avevo chiesto se loro mi avrebbero rilasciato almeno un attestato di frequenza e lui mi rispose che se volevo un attestato del genere sarei dovuto andare dai Vigili del Fuoco a fianco, pagarmi il corso e loro mi avrebbero concesso un attestato"; confermato dal teste FO. Francesco (Vigile del Fuoco, v. udienza 9/6/2009); non smentito dalla teste TT. (v. infra, nell'apposito paragrafo).
E ciò nonostante l'ovvia utilità di un esame finale (consistente nella normale verifica di ciò che si è appreso!) e la necessità derivante anche dall'essere lo stabilimento THYSSEN KRUPP AST di Torino a rischio di incidente rilevante (v. su questo infra, nell'apposito capitolo).
Una formazione antincendio, consistita nel seguire un corso di più giorni tenutosi a Pavia, aveva riguardato, nello stabilimento di Torino, solo alcuni -non tutti - degli addetti alla squadra di emergenza, dei capiturno e degli addetti alla manutenzione.

Quanto alla "palese gravità" (su cui v. numerosissime testimonianze), a conferma e dimostrazione della mancanza di delucidazioni sul piano di emergenza e della già sopra indicata mancanza di formazione antincendio, ogni teste sentito ne ha dato una diversa definizione, secondo il "buon senso", ovvero il "coraggio" individuale, ovvero "l'esperienza"; ovvero ancora, più semplicemente, un incendio era di "palese gravità" quando non si riusciva a spegnere con gli estintori: comunque ci si provava (v. infra). D'altronde è ciò che riferiscono non solo tutti i lavoratori addetti alle Linee, ma anche il teste BE. Roberto, responsabile degli operativi di manutenzione (v. udienze 21 e 28/4/2009, qui in particolare udienza 21/4/2009, pag. 84 trascrizioni): "Loro (i lavoratori addetti alle linee: n.d.e.) praticamente intervenivano sempre".

La seconda parte del piano di emergenza si contraddistingue per la sua farraginosità; è una procedura che impedisce una tempestiva chiamata ai Vigili del Fuoco; in breve, se i lavoratori non riescono a spegnere l'incendio, chiamano - tramite il telefono interno, nel "pulpito" o comunque in prossimità dell'impianto, telefono collegato solo con altre postazioni interne, non con l'esterno (il dato è pacifico)- la sicurezza interna (i dipendenti ALL SYSTEM, che si trovano all'ingresso dello stabilimento, nella portineria), che a sua volta, via radio, avverte il capo turno manutenzione che, a sua volta, chiama la "squadra di emergenza", situata in una palazzina staccata dal capannone principale - v. il relativo capitolo descrittivo e la citata sentenza sull'incendio del 2002 -composta di 2 o 3 persone, addette al reparto ecologico - di trattamento acque, con a disposizione un veicolo FIORINO su cui si trovano maschere, tute ignifughe (quindi attrezzature per la protezione individuale), estintori e manichette (v. il verbale dettagliato sul contenuto del veicolo nella relativa testimonianza già citata di VIS.). Il capo turno emergenza chiama anche la squadra di manutenzione, che "mette in sicurezza" l'impianto, togliendo la corrente dalla cabina elettrica di cui ha la chiave, non a disposizione degli addetti alle Linee.
Alla fine, solo gli addetti alla sicurezza - cioè i dipendenti della ALL SYSTEM - possono, se lo decide il capoturno, chiamare i Vigili del Fuoco esterni; nessun dipendente THYSSEN KRUPP AST a Torino poteva direttamente chiamare i Vigili del Fuoco esterni.
Non è difficile comprendere il perché di tale divieto: meglio che una chiamata di emergenza ai Vigili del Fuoco parta - inevitabilmente, considerati i passaggi previsti nella procedura - in ritardo, piuttosto che avere in azienda i Vigili del Fuoco, di cui si poteva magari fare a meno, con le conseguenti "grane" che ciò poteva comportare.
Anche su questo tema si devono qui ricordare alcune interessanti testimonianze: sempre il teste MOR. Rocco, appena sopra citato, riferisce di un altro incendio accaduto sulla Linea 5 nell'anno precedente, cioè nel 2006: "...l'anno prima che quello era stato davvero micidiale, le fiamme erano veramente altissime che non so bene la causa...comunque prese fuoco dalla bocca del forno, le fiamme arrivarono fino quasi, non dico al tetto del capannone ma una decina di metri di fiamme c'erano sicuro anche perché dalla bocca del forno si bruciarono i tubi e i fili del lavaggio finale, che è l'ultimo passaggio che fa il nastro prima di arrivare all'aspo di uscita...lì arrivò anche la squadra antincendio..." ma non erano stati chiamati i Vigili del Fuoco, nonostante l'altezza delle fiamme ed il fatto che, quando già la squadra di manutenzione "controllava" i danni per effettuare le riparazioni, "prese fuoco di nuovo".
Quindi piano di emergenza e di evacuazione di per sé inadeguato, che in sostanza imponeva a - tutti - i lavoratori addetti agli impianti di intervenire in prima battuta, con GRAVE ED INEVITABILE LORO ESPOSIZIONE AL RISCHIO INCENDIO (sul punto, v. infra, nel capitolo 9, relativo al documento di valutazione del rischio incendio), come riferisce anche il teste CHI. Roberto, ultimo capoturno manutenzione a presentare le dimissioni (v. udienza 17/3/2009): "...il primo intervento succedeva che lo facessero loro sì, anche perché noi finché si arrivava comunque passava un tempo x, non eravamo immediatamente sul posto"; mentre trascorrevano minuti - preziosi - in attesa dell'arrivo del capoturno, della squadra di emergenza (dislocata nella palazzina esterna allo stabilimento: v. sul punto già la citata sentenza di primo grado sull'incendio del SENDZIMIR 62) e della decisione di ordinare alla "sicurezza" di chiamare i Vigili del Fuoco. E il teste BEL. V. (ud 7/7/2009 da pag. 33), dipendente THYSSEN KRUPP AST addetto alla squadra di emergenza, "preparato" in quanto aveva effettuato il servizio militare nel corpo dei Vigili del Fuoco (v. pag. 24 trascrizioni): "...incendi prevalentemente sulle linee... venivano spenti DAGLI ADDETTI ALLE LINEE E QUANDO ARRIVAVAMO NOI IL GROSSO DICIAMO ERA GIÀ' FATTO...anche perché noi avevamo i nostri tempi di reazione".
Il teste AB. Salvatore (sopra citato, udienza 14/7/2009, v. pag. 30-31 trascrizioni) ricorda un incendio avvenuto nel giugno 2007; "...durante proprio il mio turno, prese fuoco il carro, fu...un incendio di notevole dimensione, tanto è vero che mi sembra un certo MON. chiamò subito i pompieri dall'esterno...in realtà riuscimmo a domarlo noi quel incendio, con estintori e tutto. E il capannone si saturò di fumo e alla fine fummo (ri)chiamati che non abbiamo rispettato la prassi, perché prima di chiamare i pompieri, a parte che non era autorizzato né io (n)è gli altri, bisognava seguire una certa prassi...ho saputo dopo che... era un impiegato...perché si è spaventato, era un impiegato da sopra degli uffici, che ha visto l'incendio proprio svilupparsi, c'erano fiamme molto alte, infatti l'ambiente si saturò tutto di fumo, avevamo qualche 20 estintori per spegnerlo., a me dissero di spiegare bene ai lavoratori quale era la prassi che ognuno doveva seguire quando si verificava un incendio, nessuno era autorizzato a chiamare i pompieri esterni"

5.8 I punti sulle condizioni di lavoro nello stabilimento di Torino



A)
Tra i vari "punti" enucleati nelle contestazioni della Procura della Repubblica, si deve qui iniziare con i seguenti: perdite di olio dai tubi e accumuli di carta non rimossa in prossimità e sotto i macchinari; i frequenti incendi di varie proporzioni; l'applicazione pratica del piano di emergenza e di evacuazione. Su tali "punti" hanno reso dichiarazioni i testi che qui di seguito saranno (trattandosi di decine e decine di pagine di trascrizioni) riassunti, con i necessari riferimenti.

B.P. P. (già citato, primo addetto linea 4, udienza 13/2/2009): gli incendi "...parlo dell'impianto dove ero io, erano frequenti, erano quasi giornalieri, era una routine gli incendi. Soprattutto in zona saldatura...la procedura diceva che dovevamo intervenire come prime persone noi...(con) estintori e manichette...se non riuscivamo a spegnere noi, chiamare la squadra di emergenza...interna...assolutamente ci era vietato chiamare i Vigili del Fuoco"; "(gli incendi)...erano dovuti al 90% da carta e olio che si depositava sotto i macchinari...è difficile che un rullo in gomma prenda fuoco senza essere alimentato"; (la presenza di carta e olio lungo le linee)...era quasi normale, però negli ultimi tempi si era accentuata...gli impianti erano abbandonati a se stessi, ecco";"...(rabbocchi di olio) "...rabboccavamo la centralina...(necessità) aumentata nell'ultimo periodo".

S.F. F. (già citato, addetto nell'ultimo periodo alle linee 4 e 5, udienza 17/2/2009): (incendi) "...almeno una volta al giorno...soprattutto in zona saldatura...provavamo a spegnerli con estintori o idranti, quello che potevamo utilizzare. Se non ci fossimo riusciti, chiamavamo la squadra di emergenza, una volta chiamati loro, avrebbero deciso se chiamare i Vigili del Fuoco...noi non potevamo assolutamente chiamare i Vigili"; (la linea 5); "...una linea comunque sporca, con tante chiazze d'olio e carta dappertutto...pulivamo anche noi, sia con la linea ferma sia con la linea in movimento": (le chiazze di olio)...potevano essere perdite dei tubi o comunque oli di laminazione che veniva perso dai nastri...".

DI. F. R. (già citato, responsabile squadra di emergenza, udienza 5/3/2009): "in linea di massima a noi non arrivava nessun tipo di allarme infatti la maggior parte dei vari piccoli incendi che succedevano all'interno dei vari impianti tante volte noi non sapevamo nulla perché erano stati gli stessi operatori dell'impianto che operavano quindi con i vari estintori spegnevano il piccolo focolaio"; (da settembre 2007) "...i rapportini (sugli incendi segnalati alla squadra di emergenza) non venivano più fatti comunque"; "...l'olio era ovunque, carta anche perché data la lavorazione tutti i rotoli con la carta ce n'era quindi appunto carta oleata".

P.S. S. (già citato, udienza 11/3/2009): "Io ricordo che ho spento 2 carrelli il muletto; il carrello e uno dice come fa a prendere fuoco? Le pale si aprono e si chiudono, a volte non so come mai dai flessibili usciva dell'olio forse con la batteria la scintilla fumavano...durante la saldatura era normale che la carta prendesse fuoco perché comunque c'era la carta anche nelle fosse".

BO. A. (già citato, udienze del 3 e 5/3/2009): "nelle linee di trattamento, in cui si provvedeva soprattutto ad una saldatura anche manuale (l'incendio, n.d.e.)...era una cosa normale ormai..." spiega che la Linea 5 era programmata per lavorare nastri dello spessore massimo di 3 millimetri e mezzo, ma sempre più di frequente si lavoravano nastri dello spessore di 4 millimetri cosicché: "doveva avvenire la saldatura di rinforzo...ad esempio la briglia 1 che era immediatamente in prossimità di questa zona di saldatura, spesso e volentieri era piena" di carta, che prendeva fuoco; "quando accadeva, eravamo noi a doverci adoperare per spegnere gli incendi...incendi piccoli potevano avvenire anche più volte durante un turno (di lavoro n.d.e.)"; "ricordo però che c'erano stati anche incendi più importanti...anche di quello che avevamo tentato di spegnere quella notte (del 6/12/2007, n.d.e.)...però in prossimità della briglia 1 ed era accaduto nel mese di novembre...2007...e lo spegnemmo con l'utilizzo di un idrante...delle fiamme molto alte...arrivavano al soffitto, come in questo locale (l'aula dell'udienza, n.d.e.)"; il fatto che intervenissero direttamente gli addetti linea per spegnere i focolai di incendio erano: "disposizioni aziendali che tra le altre cose ci venivano ricordate durante le riunioni di sicurezza che venivano fatte all'interno dello stabilimento dai capiturno"; "...negli ultimi mesi c'era un allarme costante di basso livello olio, per cui spesso e volentieri gli operatori della linea 5 scendevano sotto in centralina per caricare...questa era un'operazione che accadeva molto molto spesso".
Sulla carta "adesa": "...era dovuta al fatto che noi dovessimo trattare il rotolo immediatamente all'uscita del treno di laminazione, senza dargli il tempo di raffreddarsi perché è sempre legato alla chiusura dello stabilimento, il sendzimir 54, l'altro treno di laminazione era stato smontato e portato a Terni, di conseguenza il solo sendzimir 62 che era rimasto a Torino con difficoltà riusciva a sopperire alla produzione della linea 5".

MOR. R. (dal 2003 al luglio 2008 operaio addetto a linea 5; v, udienza 17/3/2009): "...fatto sta che l'allarme sul computer ci segnala sempre l'allarme di minimo livello olio della centralina sotto la linea...ogni volta dovevi andare sotto e caricare...in teoria essendo una cosa di riciclo non si dovrebbe, se continua a segnalare è evidente che ci sia una o più perdite"; (la linea 5): "...era un ambiente cupo sporco dovuto a quest'olio che colava dai rotoli dalle varie perdite...più la carta che arrivava dalla laminazione"; (incendi su linea 5) "...capitavano e anche spesso...da un minimo di uno (a) settimana a un massimo di uno o due al giorno...(più frequenti)...griglia uno loopcar di entrata e saldatrice, tutto il piano comunque sotto la saldatrice...potevano essere scintille della saldatrice...può essere uno sfregamento della lamiera..."; sull'INCENDIO luglio- agosto 2007: "...prese fuoco il loopcar di entrata, praticamente si ruppe il centratore che sarebbe quello che tiene centrata la lamiera quindi la lamiera andò a toccare sulla carpenteria c'era carta prese fuoco e solo con gli estintori non siamo riusciti a fare niente. Abbiamo spento con la manichetta"; "...di perdite (di olio sulla linea 5, n.d.e.) ricordo la prima volta quella sotto dove c'era la centralina, poi nelle varie centraline elettrovalvole dell'impianto quindi alle spalle dell'aspo di uscita dietro la linea, comunque in vari punti..."; c'era una tettoia di plastica a livello dell'aspo 2: "(serviva) ...a coprire l'olio che colava dall'aspo 1 o dal materiale per evitare che ci cadeva in testa".

CHI. R. (nello stabilimento di Torino dal 1995, operaio, in manutenzione e capoturno manutenzione dal 2004 al 26 novembre 2007: ultimo capoturno manutenzione ad andare via dallo stabilimento; v. udienza 17/3/2009); "penso che il primo intervento (sugli incendi, n.d.e.) lo facessero (gli addetti agli impianti)...perché spesso quando noi arrivavamo era già successo tutto quindi...dove erano presenti gli impianti fissi lo spegnevano azionando l'impianto...usavano quello che era a loro disposizione, quindi estintori, estintori carrellati e manichette''; sono intervenuto, come capoturno di manutenzione "...una decina di volte in 3 anni"; "...un incendio di palese gravità...è una cosa soggettiva...significa che ti rendi conto che il personale che hai a disposizione diciamo l'attrezzatura...è insufficiente per riuscire a spegnere il fuoco"; non mi hanno "spiegato" che cosa vuol dire palese gravità; "...sulle linee c'erano perdite (di olio, n.d.e.)...le perdite più gravose erano sulla 5 e sulla linea 4".

PER. G. (capoturno manutenzione dal 2005, v. udienza 19/3/2009); "...se era un principio di incendio penso che il primo intervento lo doveva fare sicuramente l'addetto che era vicino se poi doveva avvisare comunque perché c'è stato un incendio...(palese gravità) fiamma di un metro - un metro e mezzo"; era una sua valutazione, nessuno gliel'aveva indicata; come operaio aveva assistito all'incendio del 2002 sul sendzimir 62, come capoturno ad un altro incendio sullo stesso sendzimir, spento con gli impianti fissi; c'erano perdite di olio, per le quali venivamo chiamati dagli addetti agli impianti (v. pag. 117 trascrizioni).

BI. M. (capoturno manutenzione dal 2004 al 30/6/2007, v. udienza 19/3/2009); per le perdite di olio intervenivamo, secondo i periodi, una volta al giorno ovvero una volta alla settimana; "non ricorda" se il piano di emergenza prevedeva un primo intervento degli addetti; (palese gravità) "...a prima vista se era un focolaio che io potevo spegnere con i mezzi che avevo a disposizione provavo a spegnerlo, se già era una cosa fuori controllo allora si sarebbero chiamati (i Vigili del Fuoco, n.d.e.)".

CARV. G. (nello stabilimento di Torino dal 1995; capoturno manutenzione dal 2002 al 7/1/2007, v. udienze 11/3/2009, 17/3/2009, 5/10/2010); CARV., come si è esposto nell'apposito capitolo, risulta indagato per falsa testimonianza e, all'udienza in cui ha chiesto alla Corte di essere risentito ex at. 376 c.p., si è limitato ad affermare: "sono la verità quello che ho detto ai P.M. nei verbali acquisiti. Non riesco a capire dove i P.M. pensano che io abbia mentito".
Si deve quindi, solo osservando che evidenti appaiono le differenze tra le dichiarazioni da lui rese durante le indagini e innanzi alla Corte alle citate udienze del 11 e 17/3/2009, come emergevano dalle contestazioni effettuate dal P.M. durante la sua escussione, ritenere che corrisponda alla realtà dei fatti quanto da lui esposto durante la fase delle indagini (i cui verbali erano già stati acquisiti al presente processo con il consenso delle parti, v. verbale di udienza 17/3/2009). In particolare, per quanto rileva in argomento, in relazione agli incendi di "palese gravità" - ricordiamo che, come già esposto, il capoturno manutenzione era anche responsabile della squadra di emergenza -CARV. aveva riferito che "...io mi riferivo in base all'impianto, se era circoscritto riuscivamo a spegnerlo in 10 minuti al massimo sapevo che al sendzimir 62 l'incendio era pericoloso" mentre innanzi alla Corte aveva al contrario dichiarato: "...se i mezzi a disposizione nell'arco di 5 secondi non riuscivamo a spegnere l'incendio, l'incendio era palese", poi aggiungendo che i 10 minuti riferiti nel verbale precedenti riguardavano impianti non pericolosi, quando invece, come si è visto, riguardavano il sendzimir 62; "...se prendeva fuoco della carta vicino alla Linea con un estintore si spegneva non si chiamava (intendendo il capo turno n.d.e.) neanche più"; "i lavoratori intervenivano (sugli incendi, n.d.e.) loro immediatamente e sempre".

MAR. G. (nello stabilimento di Torino dal 1979, dal 1996 capoturno laminazione, nell'ultimo periodo prima unico capoturno produzione, poi anche capoturno emergenza, v. udienza 17/3/2009); "...chi era sul posto (gli operai addetti alla linea, n.d.e.)...valutava il pericolo...quando vedevano che non erano in grado di far fronte...se ad esempio con i mezzi che avevano a disposizione non riuscivano a spegnere il focolaio...veniva avvertita la squadra di emergenza...quando - come squadra di emergenza - avevamo usato tutti i mezzi a disposizione...chiamavamo i Vigili"; "la carta serve appunto perché non si creino graffi tra un rotolo e l'altro per proteggere il materiale...e questa carta quando viene svolta...se il rotolo è un po' più caldo...ultimamente c'era appunto un po' di carenza di materiale per cui poteva capitare più spesso".

BE. R. (responsabile operativi manutenzione, coordinatore dei 4 capiturno manutenzione fino a giugno 2007, già citato, udienza 21 e 28/4/2009); "...se il principio di incendio era controllabile, per cui a livello di estintore veniva spento, chiamavano (il soggetto sono gli addetti linea, n.d.e.) dopo e fine del discorso; se invece era un qualche cosa che non riuscivano a gestire, dovevano chiamare subito...era un criterio di domabilità o di non domabilità...LORO (gli addetti linea, n.d.e.) praticamente intervenivano sempre". Riferisce poi BE. di un incendio in cui egli era presente, avvenuto parecchi anni prima sulla Linea 5, alla briglia 3 "dalla parte opposta rispetto a dove è successo l'incendio (del 6/12/2007, n.d.e.).-.era stato uno sfregamento nastro...sulla briglia 3 contro carpenteria...probabilmente (aveva preso fuoco) l'olio"; "da quello che mi dicevano gli operatori erano abbastanza frequenti (gli incendi, n.d.e.). Ripeto, soprattutto quando i nastri non vanno laminati per qualche ragione, quindi o sbandavano o comunque i sistemi di centraggio della linea avevano dei problemi a tenere il nastro centrato sui rulli....poteva essere carta (a prendere fuoco, n.d.e.)... poteva capitare che questi brandelli di carta si incendiassero per sfregamento del nastro mal laminato sulla carpenteria"; era stato chiamato, come capoturno manutenzione, per un incendio nella primavera 2007 sulla linea 5 nella zona di accumulo in entrata: quando era arrivato gli addetti linea e la squadra di emergenza l'avevano già spento; aveva causato "danni materiali ingenti" (v., per la descrizione, udienza 21/4/2009, pag. 86-87 trascrizioni): "...ha praticamente preso tutto il carrello... Dai rulli è stato già un beli'incendio... quello era stato sicuramente un nastro mal laminato che aveva sfregato contro la carpenteria. C'erano ancora tutti i segni"; l'incendio della primavera 2007 era avvenuto sul loopcar di entrata, che è il congiungimento tra la sezione di entrata e la sezione di trattamento che comincia con il forno. "... li ho visti (gli operai addetti alla linea 5, n.d.e.) tante volte diventar matti per cercare di agganciare la carta e farla riavvolgere dall'apposito avvolgicarta, ma quello che riuscivano a fare lo facevano, mettendoci grandissimo impegno; quando non riuscivano... (la carta, n.d.e.) passava...rimaneva impressa al nastro. A volte arrivava fino in forno, bruciava in forno, altre volte cadeva strada facendo...se la carta cadeva in punti dove era possibile toglierla, era da togliere subito; altrimenti a fine svolgimento rotolo fermare e pulire"; "teoricamente (il nastro n.d.e.) avrebbe dovuto stazionare un certo numero di ore, in funzione del tipo di materiale e del peso, prima di essere caricato. Poi, ripeto, tante volte purtroppo non succedeva perché laminatoio e linea lavoravano just in time; scaricato da una parte e caricato dall'altra"; "...l'olio era normale perché era l'olio di laminazione necessario al raffreddamento del nastro in fase di laminazione. Quindi quello c'era sempre."

LU. C. (addetto alla sicurezza, prevenzione e protezione da febbraio 2002 al 1° maggio 2007, v. udienza 29/4/2009); il concetto di "palese gravità" era del tutto soggettivo; "io dicevo loro (agli operai) di "telare" se non se la sentivano e di avvisare l'emergenza...ma tutti i dipendenti erano liberi di affrontare l'emergenza incendio...ma ho sempre detto che non dovevano rischiare"; c'erano focolai sulla LINEA 5; cause: "olio sempre presente...e quindi è sicuro che rotoli di lunghezza quasi di chilometri srotolati possano oscillare nel loro movimento...può capitare che un rotolo vada a toccare contro le pareti, le sponde dell'impianto, del macchinario. E quindi lì ci possono essere attriti e scintille. Oltre ad attriti...c'erano dei principi di incendio, dei focolai, iniziava la scintilla, usavano un estintore... non può che bruciare l'olio di laminazione...carta interspira e spesso capitava che per la alta temperatura del rotolo e per i ritmi veloci di produzione la carta rimanesse attaccata al rotolo...bruciasse...gli incendi - i focolai - erano più frequenti sulle linee che sul laminatoio". Nello stabilimento c'erano estintori a C02 perché quelli a polvere lasciano residui, soprattutto sui quadri elettrici e quindi poi c'è difficoltà per far ripartire le linee.

MAT. F.(operaio in laminazione, v. udienza 5/5/2009); riferisce di non avere mai visto il piano di emergenza e di evacuazione: "era il capo che diceva: "se vedete un incendio, la prima cosa che devi fare è cercare di spegnerlo".

DONA. G. (dipendente THYSSEN KRUPP AST a Torino dal 2002, al reparto rettifiche, v. udienza 5/5/2009); "...sugli incendi intervenivano gli operai, subito, appena scoppiava l'incendio, l'operaio interveniva con gli estintori e dei carrelli, dipendeva quello che aveva a disposizione"; "...quando andavo con il muletto verso i treni (di laminazione, n.d.e.) non potevo neanche accelerare perché mi slittava, stava fermo sul posto talmente era pieno d'olio".

LO. G. (dipendente THYSSEN KRUPP AST a Torino dal 2004, operaio in laminazione, al sendzimir 62, v. udienza 5/5/2009); "...gli incendi capitavano tutti i giorni. Spesso prendevamo un estintore e ci mettevamo comunque in fila, uno accanto all'altro e scaricavamo tutti gli estintori, fino a spegnere il fuoco... non ho mai visto il piano di emergenza, è normale intervenire se vedi un incendio".

CR. D. (dipendente THYSSEN KRUPP AST a Torino dal 2000, operaio in laminazione, v. udienza 5/5/2009); "...ho concorso a spegnere incendi sul laminatoio sendzimir 62, con estintori manuali, piccolini e anche qualche incendio più grande con quelli automatici, con attivazione manuale...non ero presente all'incendio del 2002...a me è capitato di azionare l'impianto di spegnimento vedendo le fiamme che coprivano l'impianto...nessuno ci aveva detto quando azionare l'impianto".

BEL. V. (dipendente THYSSEN KRUPP AST a Torino, addetto alla squadra di emergenza in quanto Vigile del Fuoco durante il servizio militare, v. udienza 7/7/2009); gli incendi avvenivano prevalentemente sulle linee (di trattamento, n.d.e.): "...venivano spenti dagli addetti alle linee e quando arrivavamo noi il grosso diciamo era già fatto...anche perché noi avevamo i nostri tempi di reazione".

AB. S.(già citato, nello stabilimento di Torino dal 1978, per 30 anni alle linee di ricottura e decapaggio, capoturno sia alla linea 4 sia alla linea 5, v. udienza 14/7/2009); il consumo di olio "era pazzesco...di perdite ce n'erano, di olio se ne perdeva troppo ed era anche un costo...olio andava sotto l'impianto...nelle fosse, sotto l'impianto delle spianatrici; "(sulla linea 5)...io fino a 16 estintori ho cambiato in un turno, ma non solo io, anche i miei colleghi perché era un susseguirsi di incendi e piccoli focolai, le cose erano peggiorate parecchio"; "non so neanche se fossero gli estintori giusti, perché sui rulli, solidi, andavano bene, ma se c'era la carta volava di qua e di là, andando magari ad incendiare altrove"; "...usavano carta nuova solo per spessori sottili, altrimenti carta di recupero che non aveva la stessa consistenza e si rompeva più spesso...quando non si riusciva a toglierla questa carta molta passava e si lasciava passare però durante tutto il ciclo dell'entrata se ne staccava un pezzo qua un pezzo là...si riempiva tutta la linea di carta".

MI. A. (nello stabilimento di Torino dal 1978, su linea 4 sino a 1989, poi, dalla sua installazione, primo addetto e leader Linea 5, v. udienza 27/10/2009); in caso di incendio, bisognava intervenire subito, usare l'estintore o l'idrante: "...incendi, fuocherelli capitavano spesso...perché purtroppo in quella linea (la 5, n.d.e.) si conviveva con la carta, in confronto alle altre linee, tipo la 4 e la 1 non avevano la carta e si mantenevano più pulite come linee, noi avevamo purtroppo la carta da controllare...la carta io personalmente l'ho spenta sempre con l'idrante...la carta la toglievamo noi dalla linea... quando ritenevo che c'era la linea piena di carta fermavo... dell'incendio spento avvisavo il capoturno se era il caso, comunque verbalmente, la squadra di emergenza solo quando ritenevo"; "...perché la carta era oleata, praticamente siccome assorbiva l'olio dal nastro era carta piena d'olio, quello era troppo pericoloso...se c'era un incendio bisognava intervenire subito...prima intervengo io, se vedo che è una cosa che non posso, chiamo subito, avviso il capoturno, la squadra di emergenza...qualsiasi cosa succedeva intervenivamo prima noi, quelli della Linea... non avevamo indicazioni...decidevo io se era pericoloso o no"; perdite olio: "mi è capitato che la linea 5 si fermasse per basso livello olio"; "il selettore della carta si teneva in manuale quando si rompeva la carta".

VER. L. (in THYSSEN KRUPP AST dal 1999, da qualche anno primo addetto Linea 5; v. udienza 27/10/2009); "...la mia squadra preferiva lavorare con selettore in manuale...la lavorazione in manuale richiedeva più attenzione...preferivamo lavorare in manuale perché tanto anche lavorando in automatico (parla sempre del selettore carta, n.d.e.) poteva capitare che la carta si rompeva e la sezione di entrata non si fermava e finché qualcuno non se ne accorgeva la carta chissà dove arrivava. Se poi addirittura arrivava ad entrare in forno il nastro bisognava prenderlo e buttarlo via. Poi sicuramente i nostri capi si arrabbiavano"; "...i fuochi comunque di solito erano poca roba, pezzi di carta che magari con scintille della saldatrice prendevano fuoco, bastava prendere un estintore, andare lì... li abbiamo sempre spenti noi...quando c'era troppa carta sulla linea avvisavo il capoturno, fermavamo e la pulivamo...a linea ferma si metteva il nastro di riposo".

AL. A. (dipendente THYSSEN KRUPP AST a Torino dal 2001, dal 2006 controllore del fattore produttivo, v. udienza 17/11/2009); "...su LINEA 5 piccoli focolai, stupidaggini...sugli incendi intervenivano gli addetti Linea, perché ci lavoravano...la frequenza era di 2 o tre alla settimana".

COS. G. (dipendente THYSSEN KRUPP AST a Torino dal 1996 fino a luglio 2007; capoturno laminatoi, v. udienza 17/11/2009); "...per me principio di incendio aveva già fiammelle...era di palese gravità invece quando non riuscivamo più a domarlo".

SA. G. (già citato, dipendente THYSSEN KRUPP AST a Torino dal 2001, manutentore elettrico, v. udienza 10/11/2009); "nel piano di emergenza c'era scritto...che anche gli addetti dovevano intervenire in caso di incendio, se l'incendio fosse di piccola entità; palese gravità: "lì dipende da chi è sul posto, chi è sul posto decide...".

CA. G. (nello stabilimento di Torino dal 1995; capoturno trattamento fino al 15/6/2007, v. udienza 17/11/2009); "...nella Linea 5 c'erano incendi, li spegnevamo sempre noi, con gli estintori... piccole cose...solitamente sotto la saldatrice...a prendere fuoco era carta imbevuta di olio...RAGAZZI NON FACCIAMO GLI EROI...anche CAF. ce lo diceva...di seguire la procedura...se pensavamo di poter spegnere con gli estintori spegnevamo con gli estintori"; "...oltre alla carta c'era l'olio, sia di laminazione sia per perdite: dai flessibili, dalle tubazioni in rame e quant'altro...la linea è talmente immensa che le perdite arrivano un po' da per tutto, anche perché se cala l'olio qualche perdita ci sarà"; a volte si cambiavano al giorno 9/10 estintori, a volte 5/6 nello stabilimento; % sulla linea 5.

MAN. T. (nello stabilimento di Torino dal 1995, primo addetto su varie linee fino a M. 2008; ha lavorato sulla Linea 5 dal 1998 al 2003); "...per quello che ricordo io si è sempre mantenuta l'attenzione anche perché non si poteva sbagliare...perché lì avevamo carta, olio, eravamo sempre a contatto con materiali pericolosi, metano...gli incendi sulla linea 5 avvenivano frequentemente perché noi avevamo il problema della carta...soprattutto in briglia 1, dove saldavamo...se l'incendio era domabile, potevamo intervenire con gli estintori, le manichette".

BON. M. (in THYSSEN KRUPP AST a Torino dal 1998, operaio, poi meccanico, poi ispettore meccanico della Linea 5, poi al finimento e su altre linee, in ultimo gestore di manutenzione fino ad ottobre 2008, v. udienza 1/12/2009); "...la linea 4 lavorava il grezzo e lì non c'era carta infraspira; la Linea 5 lavorava solo il finito e lì c'era sempre carta infraspira...passava il materiale finito e capitava buona parte delle volte che la carta non si staccasse".

RI. S. (nello stabilimento di Torino dal 1973; operaio, poi manutentore meccanico, in ultimo - fino a dicembre 2007 - gestore del reparto finimento e laminatoi, v. udienza 1/12/2009); "il consumo di olio è solo quello dei circuiti oleodinamici...quindi teoricamente chiusi, quindi da perdite"; palese gravità: "era affidato a buon senso della persona...del singolo operaio".

MOT. S. (nello stabilimento di Torino dal 1976, in acciaieria, poi ai laminatoi, poi per 15 anni assistenza tecnica ai clienti, da fine 2002 responsabile qualità, v. udienza 1/12/2009); "...la carta era grave problema di qualità...il materiale veniva declassato e, nei casi più gravi, rottamato..carta impressa con ossido quando si bruciava nel forno...la fermata in forno oltre i 5 minuti bruciava il materiale e non si poteva più usare...la fermata in vasca lascia il materiale macchiato... a volte si poteva rilavorare, a volte no...danneggiati in caso di fermata circa 100 metri...nastro lungo da 400 a 3.000 metri, a seconda dello spessore...anche nastro che sfrega è difetto".

MANG. E. (nello stabilimento di Torino dal 1979, elettricista, in ultimo gestore di manutenzione della Linea 5, v. udienza 17/12/2009); su Linea 5 c'erano perdite di olio: "sotto gli aspi c'era l'olio, olio di sgocciolamento dei rotoli e olio dai trafilamenti"; "le 'paciasse' erano contenitori per raccogliere l'olio...in particolare, era capitato (una perdita n.d.e.) in un giunto del loopcar di entrata...i meccanici avevano detto che per cambiare quel giunto ci sarebbe voluto un tempo pazzesco...dato che la linea (5, n.d.e.) doveva essere smontata, non aveva molto senso intervenire...così hanno messo un contenitore per raccogliere l'olio della perdita"; "...dopo due rotoli di nuovo c'era questa carta...perché si staccava e andava a finire da tutte le parti...si infilava in tutti i punti e diventava pericolo so... succedeva... dei giorni succedeva diverse volte...quando la Linea era proprio messa male si fermava per pulire"; piano di emergenza: "...se io vedo un inizio di incendio, se sono addestrato cerco di intervenire e intanto il mio collega chiama la sicurezza...io ho sempre detto che l'importante è non farsi male".
MANG. conferma anche (v. pag. 38 trascrizioni) l'esistenza di una tettoia in uscita ma precisa che - contrariamente a quanto ritenuto da MOR. R., v. sopra - non era stata installata per evitare che l'olio di laminazione del nastro in svolgimento colasse sugli operai, bensì per proteggere dallo sgocciolamento il nastro finito: su quest'ultimo infatti residuavano macchie dovute alle gocce di olio di laminazione.

GIO. D. (dipendente THYSSEN KRUPP AST a Torino dal 2002, in ultimo responsabile ecologia con le funzioni di LU. dopo le sue dimissioni v. udienza 17/12/2009); palese gravità: "se una persona ha paura, non deve intervenire".

PIZ. A. (nello stabilimento di Torino dal 1995, dal 2005 capoturno laminatoi, da luglio 2007 in altra società gruppo THYSSEN KRUPP, v. udienza 17/12/2009); "le procedure...più che altro la cosa che mi ricordo era la quasi totale indipendenza nell'uso dell'estintore... cioè ci davano proprio l'istruzione di farlo, di usarli...se vedevamo che c'erano le condizioni".

GV. C. (già citato, nello stabilimento di Torino dal 1978, capoturno trattamento fino al settembre 2007, v. udienza 10/2/2010); procedura: "intervenire se possibile se l'incendio era piccolo con gli estintori disponibili, in ogni caso chiamare subito la squadra di emergenza, il capoturno"; "su Linea 5, oltre agli incendi piccoli su saldatrice, mi ricordo più grandi: uno sul loopcar di entrata per sbandamento del nastro...uno sulla briglia 2...un altro all'ingresso del forno...per quest'ultimo era stata chiamata la squadra di emergenza...nella zona di imbocco non ricordo incendi"; "la pulizia della carta era fatta in continuazione dagli addetti...la linea si riempiva completamente di carta...a volte si fermava anche mezz'ora, un'ora per pulire".

Risulta quindi provato dalle testimonianze come sopra, riassuntivamente, riportate:
-che nello stabilimento di Torino, non solo ma in particolare sulle linee di "trattamento" e soprattutto sulla Linea 5 i focolai, i principi di incendio erano frequentissimi e se ne era riscontrato un crescendo nell'ultimo anno (2007), ancor più negli ultimi mesi: accadevano più volte durante la stessa giornata (considerato che si lavorava nelle 24 ore, a ciclo continuo), addirittura più volte durante lo stesso turno di 8 ore; oltre ad essere avvenuti, in un periodo di poco più di un anno precedente l'incendio del 6/12/2007, sulla linea 5, tre veri e propri "incendi": all'ingresso forno, al loopcar di entrata, alla briglia 2; v. sopra, senza qui riportarle, le descrizioni dettagliate;
-che su tali focolai e principi di incendio intervenivano - sempre - subito ed in prima battuta tutti gli addetti all'impianto, indipendentemente dalla loro "istruzione antincendio"; nella gran parte dei casi, erano gli stessi addetti a domare il focolaio, il principio di incendio - ma in alcuni casi, v. sopra, anche un vero e proprio incendio - utilizzando - sulla linea 5 - gli estintori portatili (a C02 da 5 chili), i carrellati (a C02 da 30 chili) e le manichette ad acqua; era quindi in tal senso l'applicazione pratica del piano di emergenza, come già esposto sopra nella parte relativa al "piano di emergenza e di evacuazione" (v.);

gli stessi addetti chiamavano la "sicurezza" al numero fisso interno solo se si accorgevano di non riuscire a "domare" l'incendio;
-che, come si è già sopra anticipato, non era stata effettuata alcuna formazione specifica sul piano di emergenza e di evacuazione, esplicativa non solo dei termini "persona istruita" (e abbiamo già sopra indicato gli esigui dati della effettiva formazione antincendio degli operai di Torino), ma altresì dei termini "incendio di palese gravità" (v. sopra: secondo "buon senso" o addirittura "coraggio"); l'unica "indicazione" ai lavoratori, più volte spesa da CAF. (v. esame udienza 6/10/2009 e testimonianza BI., udienza 19/3/2009) era quella di "non fare gli eroi"; non è necessario commento alcuno: non solo perché purtroppo, a fronte della tragedia accaduta, suona inevitabilmente sinistra, ma anche perché non è certo con raccomandazioni di tale tenore che si provvede, in azienda, alla sicurezza dei lavoratori;
-che, nella normale produzione, gocciolava e si spargeva per la linea 5, proveniente dai rotoli in lavorazione, olio di laminazione (olio con un più basso punto di infiammabilità rispetto a quello utilizzato nell'impianto oleodinamico: sul punto, tra i tecnici delle parti, si è tenuta in udienza una lunga e articolata discussione: ma ciò che rileva qui è solo sottolineare il dato); la quantità di olio di laminazione che "cola" dai nastri in svolgimento dipende dal tempo che intercorre tra la laminazione ed il trattamento del nastro: minore è il tempo di "riposo" del nastro laminato, maggiore sarà l'olio di laminazione che gocciola sull'impianto; nell'ultimo periodo, come hanno riferito i testi, non vi era tempo per il "riposo" (si lavorava "just in time") e si procedeva così al trattamento subito dopo la laminazione, con l'effetto di aumentare la quantità di olio di laminazione sparso per la linea 5;
-che, soprattutto nell'ultimo periodo, erano frequenti - ed erano aumentate -anche perché non tempestivamente oggetto di riparazione, come vedremo infra - le "perdite" di olio "idraulico" lungo tutti gli impianti ed anche alla linea 5, dalle tubazioni rigide così come dai flessibili: ricordando che l'impianto oleodinamico è un sistema "chiuso", per il quale quindi non dovrebbe essere necessario "rabboccare" alcun serbatoio (v. sopra);
-che, in conseguenza del gocciolamento dell'olio di laminazione e delle perdite di olio dall'impianto oleodinamico, lungo tutta la linea 5 (ma non solo, v. sopra), nelle "fosse", sotto tutto l'impianto, si erano formate "chiazze" ovvero "pozzanghere" di olio;
-che la Linea 5 era destinata a lavorare nastri di acciaio tutti muniti di carta "infraspira" (carta a protezione dell'acciaio per tutta la lunghezza del rotolo - salvo i cd. "codacci" inziali), carta che si doveva svolgere insieme al nastro da lavorare e riavvolgere su di un apposito aspo; ciò comportava la possibilità che la carta non si staccasse dal nastro di acciaio, rimanendo ad esso adesa, dovendo essere "staccata" manualmente dagli addetti (v. anche infra, nel paragrafo dedicato alla pulizia); operazione difficile e non sempre con esito favorevole; con la conseguenza che la carta - intrisa di olio di laminazione - si spargeva per tutto l'impianto, infilandosi in ogni meccanismo; il tutto, ovviamente, in grandi quantità, perché i rotoli di carta erano - salvo i cd. "codacci", parte iniziale di pochi metri - della stessa lunghezza del rotolo di acciaio: cioè dai 400 ai 3.000 metri. Nell'ultimo periodo, a causa della lavorazione di rotoli troppo "caldi" perché da poco tempo usciti dal laminatoio -senza il "riposo", v. sopra - questo fenomeno della carta "adesa" o "impressa" era divenuto da saltuario così frequente da accadere anche per più rotoli in ogni turno di lavoro di 8 ore. Con necessità per gli addetti all'impianto di cercare di "strappare" la carta a linea in movimento e, se non vi riuscivano, spargimento di carta per tutto l'impianto fino a che si bruciava nel forno a metano (con danno al materiale); con necessità anche di fermare la linea - per mezz'ora o un'ora - per rimuovere le grandi quantità di carta oleata; salvo ritrovarsi nuovamente con la linea piena se il rotolo successivo presentava lo stesso fenomeno (attualmente lungo la linea 5 vi sono grandi quantità di carta: lo si vede nelle numerose fotografie in atti e lo ha potuto constatare la Corte durante le sue visite);
-che a fungere da innesco dei focolai, dei principi di incendio, degli incendi erano, in particolare sulla linea 5, le scintille della saldatrice (in particolare in occasione delle saldature "di rinforzo", necessarie per i rotoli di maggiore spessore), il grippaggio e quindi il surriscaldamento di rulli, cuscinetti ed altre parti in movimento, lo sfregamento del nastro di acciaio contro la carpenteria della linea (di cui ancora oggi sono visibili i segni, come emerge dalle numerose fotografie in atti e come ha avuto modo di constatare la Corte durante le sue visite all'impianto); come si è sopra riportato (v.), proprio un grippaggio per l'uno ed uno sfregamento per l'altro erano stati all'origine di due dei tre incendi che erano avvenuti sulla Linea 5 nell'anno precedente l'incendio del 6/12/2007;
-che il combustibile era costituito dalla carta interspira - che si trovava, come si è visto, in grandi quantità - e che facilmente prendeva fuoco anche perché intrisa di olio di laminazione; oltre allo stesso olio - sia di laminazione, sia da perdite dell'impianto oleodinamico - presente in chiazze, pozze e pozzanghere lungo tutta la linea 5, sotto gli impianti, nelle fosse ecc.
La più volte, dai testi, ribadita frequenza con cui avvenivano, soprattutto sulla linea 5, ma anche sulla linea 4 di ricottura e decapaggio e sui laminatoi, principi di incendio, focolai, ovvero incendi, è confermata anche dai dati documentali emergenti dai contratti in corso tra la THYSSEN KRUPP AST per 10 stabilimento di Torino e la ditta C.M.A. di Brescia, contratti esposti nel loro contenuto ed esecuzione dai testi DOM. D. (v. udienza 29/4/2009) e CAN. F. (v. udienza 28/4/2009).
Il primo, titolare della C.M.A., ditta specializzata in impianti e servizi antincendio, ha riferito: che con lo stabilimento di Torino era in corso, da circa 12 anni, un contratto di assistenza in forza del quale un incaricato della C.M.A. doveva, ogni 10 giorni ma anche a chiamata, se necessario, provvedere al controllo, alla ricarica e/o alla sostituzione degli estintori in tutto lo stabilimento; oltre ad un controllo periodico degli impianti antincendio; che l'importo di tale contratto era rimasto sostanzialmente identico, mentre nel 2006 si era incrementato per l'avvenuta sostituzione del serbatoio di C02 e nel 2007 era "crollato" a circa la metà - € 143.000,00 - rispetto agli anni precedenti. Non si devono qui riportare le considerazioni espresse da DOM., che non rilevano in quanto teste; si deve però sottolineare che, secondo DOM. (v.) proprio il tipo di contratto concluso denotava un uso frequente di estintori.
CAN. Fabrizio, dipendente della CMA ed incaricato - da 12 anni - della manutenzione degli estintori nello stabilimento di Torino, così precisava i suoi compiti: si occupava di tutto l'antincendio dello stabilimento: estintori, bombole, idranti, manichette; il contratto era stato disegnato "apposta per avere una sorveglianza più assidua, dato il frequente uso di estintori, soprattutto alle linee 4 e 5...(erano) estintori ad anidride carbonica, i più diffusi...c'era necessità sinché di sostituire e non solo di controllare ogni 10 giorni"; il teste riferiva di avere saputo che nello stabilimento si verificava un "incendio" al mese, precisando poi (v. pag. 85 trascrizioni) che si riferiva ai "grandi" incendi, non contando i focolai; che la THYSSEN KRUPP AST a Torino aveva sempre voluto solo estintori a CO2 da 5 chili e qualche estintore a polvere sui carroponte; che nello stabilimento di Torino vi erano circa 350 estintori; che solo alla linea 5 venivano sostituiti, in media, ogni mese 30-40 estintori (v. pag. 91 trascrizioni); che proprio alla linea 5 vi era il maggior "consumo" di estintori, soprattutto nella zona saldatura (v. pag. 94 trascrizioni). Aggiunge CAN. che le sostituzioni degli estintori avvenivano non solo perché erano stati utilizzati, ma anche per "anomalie" (ha sul punto precisato DOM. che gli estintori possono scaricarsi ad una temperatura superiore ai 60°); ma non si può porre in dubbio che la gran parte fossero sostituiti proprio perché utilizzati; aggiungendo che - come riferito anche da molti dei testi sopra indicati e non riportato perché si tratta di circostanze marginali, comunque confermate dal teste CAN. - nello stabilimento vi era una riserva di circa 40-50 estintori; che a volte gli stessi lavoratori provvedevano a sostituire gli estintori utilizzati con quelli di riserva, mentre altre volte CAN. veniva chiamato tra un intervento programmato e l'altro perché c'era necessità di molte sostituzioni (non ha rilievo invece il fatto che, tempo prima, fossero state avanzate delle rimostranze a CAN. sulla efficienza degli estintori, ma v. anche infra).
Vi è un altro dato molto significativo a conferma della piena corrispondenza alla realtà dei fatti di quanto riferito dai testi: quello relativo al consumo di materiale estinguente nello stabilimento di Torino, tratto dalle fatture (in sequestro, v. faldoni perquisizioni) emesse per le ricariche degli estintori e delle bombole, dalle quali emerge che, nel periodo 2002-2007, risultano ricaricati (i dati sono forniti dalla analisi effettuata dalla Procura della Repubblica, ma non sono, in quanto tali, oggetto di contestazione da parte delle difese): 4912 estintori portatili a CO2 da 5 chili (i più diffusi, ma anche quelli presenti sulla Linea 5); 797 estintori carrellati a CO2 da 30 chili; 1392 bombole a CO2 da 45 chili; 513 estintori a polvere da 6 chili; 115.320 chili di CO2 ricaricata nel serbatoio (cui si è già accennato sopra: v.). Dal conteggio sono stati esclusi gli estintori utilizzati in azienda per i corsi antincendio.
La Corte è consapevole che, come sottolineato sul punto dai difensori, gli estintori devono essere ricaricati anche alla loro scadenza temporale; che ben può accadere il manifestarsi di valvole difettose: ma non vi è dubbio che nei 5 anni, dal 2002 al 2007, gli estintori a CO2 da 5 chili ricaricati perché in scadenza non possano essere più di 400: cioè tutti quelli che, secondo la testimonianza di CAN., erano gli estintori di quel tipo presenti nello stabilimento, di cui 350 disposti lungo le linee e 40-50 nel magazzino dello stabilimento; anche aggiungendone altri 400 ricaricati per "anomalie" di vario tipo, rimane un numero di ricariche - fermandoci ai soli estintori a 5 chili da CO2, che qui più ci interessano per i motivi già esposti - nel periodo di - circa -4112: il che significa oltre 822 estintori di quel tipo utilizzati, in media, ogni anno dal 2002 al 2007 (oltre 2 per ogni giorno dell'anno, ferie comprese); se poi a questo dato aggiungiamo le risultanze testimoniali, relative all'aumento dei focolai e degli incendi nell'ultimo anno, possiamo concludere ritenendo che l'utilizzo di estintori sia stato certamente maggiore ancora rispetto alla media calcolata.
Si tratta evidentemente di un dato che desta allarme anche in chi non si occupa professionalmente di sicurezza antincendio; si deve anche ricordare come sia un dato a disposizione non solo degli imputati che lavoravano a Torino, ma anche di tutti i dirigenti di Terni: anche il contratto con la C.M.A., infatti, era concluso e modificato non con i dirigenti di Torino, ma direttamente con Terni, come riferito dal citato DOM..

Si può quindi con assoluta certezza affermare che, nel periodo che qui rileva e soprattutto dai primi mesi del 2007, per i lavoratori THYSSEN KRUPP AST dello stabilimento di Torino ed in particolare per gli addetti alla Linea 5, il dover intervenire con estintori (ma anche con manichette ad acqua) sugli "incendi", su principi di incendio, su focolai, era divenuto una vera e propria "abitudine" ormai quasi quotidiana.
Si deve riportare un altro dato documentale a conferma delle dichiarazioni testimoniali sopra riportate sulle perdite di olio dai circuiti oleodinamici presenti sugli impianti, tra cui la linea 5: quello relativo ai consumi di olio idraulico nello stabilimento di Torino. Le "schede" riportanti i consumi dei vari tipi di olio, tra cui l'olio utilizzato per i "rabbocchi", sono state consegnate alla Procura della Repubblica dal teste RI. Savino (già citato sopra, v. produzione udienza 21/4/2009), il quale, come già riportato, aveva confermato come si trattasse di olio dei circuiti oleodinamici, quindi di un sistema chiuso; il teste FO. F., caposquadra dei Vigili del Fuoco (v. udienza 9/6/2009), ha riferito: "...vedendo copiose perdite di olio in tutto lo stabilimento, abbiamo trovato un data base": il consumo di olio per gli impianti oleodinamici (di olio cd. "idraulico") era indicato in circa 8-10 tonnellate al mese.
Anche per le perdite di olio idraulico, quindi, si tratta di un dato enorme, come tale macroscopicamente "allarmante"; anche questo dato, come vedremo infra, a conoscenza non dei soli imputati che operavano a Torino, ma di tutti i dirigenti a Terni (v. infra).


Al termine del capitolo relativo alle condizioni di lavoro nello stabilimento di Torino si darà conto di quanto rilevato dai controllori dello SPRESAL (ASL1 di Torino).

B)

Vediamo ora quanto emerso dal dibattimento in relazione alle contestazioni, di cui ai capi di imputazione già sopra indicati, per i restanti punti:
-la riduzione degli interventi di manutenzione e di pulizia sulle linee;
-la drastica riduzione del numero dei dipendenti ed il venir meno delle professionalità più qualificate e, in particolare, sia dei capiturno manutenzione, sia degli operai più esperti e specializzati;
-la mancanza di una effettiva organizzazione dei percorsi formativi e informativi dei lavoratori.

Si deve premettere uno schematico organigramma dello stabilimento di Torino, come si presentava nel 2006 e come si è andato modificando dai primi mesi del 2007 e sino al 6/12/2007.
Abbiamo già ricordato i ruoli degli imputati SA. Raffaele (direttore dello stabilimento) e CAF. C. (responsabile ecologia, ambiente e sicurezza); CO. A. (anche teste ed indagato ex art. 372 c.p.: v. nell'apposito capitolo e v. per le sue dichiarazioni udienza del 24/2/1010), ha esposto il seguente organigramma per il settore produzione: sotto di lui, che dipendeva direttamente da SA. come responsabile della produzione e, dal settembre 2007, anche responsabile della manutenzione, vi erano 2 capireparto: uno per il trattamento (in cui era compresa la linea 5) e la laminazione, l'altro per il finimento (precisamente, sino al giugno 2007 i capireparto erano 3, perché solo da quella data erano stati uniti finimento e laminazione); ogni caporeparto aveva sotto di sé 4 capiturno; sotto i capiturno per ogni impianto vi era il leader - primo addetto ovvero l'operatore più esperto; per il settore manutenzione: il ramo di manutenzione programmata e di pronto intervento era diretto da BE. (v., già citato come teste); l'altro ramo - elettronica, strumentazione, forni ecc. - era diretto da FO. e, nell'ultimo periodo, dopo l'allontanamento di FO., da BE.; sotto di loro c'erano i 4 capiturno manutenzione, uno per ogni turno ed il capo manutenzione programmata; poi i 4 gestori di manutenzione, poi le squadre: quella di pronto intervento, di elettricisti e di meccanici (fino al 2006, con squadre di 4-5 elettricisti e 3-4 meccanici per turno) e quella della manutenzione programmata; in ogni impianto c'era il gestore della manutenzione (v. MANG., già citato, per la Linea 5) e l'ispettore di manutenzione: per la linea 5 prima AP. Antonio, per 9 anni sino al dicembre 2006, poi LUD. Andrea; a questo proposito, si deve qui sottolineare come, proprio nell'ultimo anno (da dicembre 2006 al 6/12/2007) sulla Linea 5 fosse in servizio un ispettore di manutenzione privo di esperienza sugli impianti e che aveva anche trascorso in cassa integrazione il periodo da giugno ad ottobre 2007; lo riferisce egli stesso (v. teste LUD. A., udienza del 26/2/2010): "...non sono un meccanico, sono un attrezzista; cosa dovessi fare (sulla Linea 5, n.d.e.)... mi è stato detto il giorno in cui sono arrivato in reparto...comunque facevamo il giro sull'intera linea per verificare...a livello visivo...e riferire a MANG."; a quest'ultimo, come "gestore", non spettava il compito di controllare direttamente la linea, bensì quello di indicare alla manutenzione gli interventi da effettuare sulla base delle segnalazioni degli ispettori (v. su questo il teste BON., infra).
Vedremo nel prosieguo come si sia ridotto - e stravolto - tale organigramma in pochi mesi, dalla primavera e, ancor più, dall'estate 2007.
Si deve anche ricordare che, dall'estate 2007, si era iniziato lo smontaggio di alcuni - grandi - impianti, non più in funzione: si trattava del SENDZIMIR 54 e della linea BA, mentre la linea 1 era comunque ferma, pur non dovendo essere trasferita a Terni. Come impianti "grandi" in funzione rimanevano quindi la Linea 4, la Linea 5, il sendzimir 62, oltre agli impianti più piccoli come gli skinpass (v., tra le altre, le dichiarazioni di CHI., citato, udienza 17/3/2009).

Anche su questi argomenti procediamo in primo luogo ad esaminare le risultanze testimoniali.

B.P. P. (già citato, udienza 13/2/2009) sui corsi antincendio riferisce: "...ho fatto un addestramento antincendio però non ho mai fatto l'abilitazione...saranno stati 4 anni fa...stendere le manichette, come si impugnava la lancia, una simulazione di spegnere un fuoco con l'estintore a polvere"; ricorda poi che c'era stato un contenzioso con l'azienda perché si era rifiutata di chiedere ai Vigili del Fuoco l'attestato finale per i dipendenti (v. già sopra per tale questione).
"Prima c'era un capo turno per il trattamento...un capo turno per i laminatoi...un capo turno per il finimento...al...trattamento c'era un capo turno per la manutenzione elettrica e meccanica che era anche responsabile della squadra di sicurezza" quindi 4 capoturno per ogni turno di lavoro nelle 24 ore...da settembre 2007...anche i manutentori erano andati via, un 90% dei manutentori non rimpiazzati...al momento dell'incidente c'era un unico capoturno per lo stabilimento, Rocco M.".
"io con la mansione di primo addetto...vedevamo cosa c'era da riparare, la manutenzione programmata normalmente si faceva ogni tre settimane, quindi si parlava di cosa c'era che non andava con il responsabile della manutenzione, cosa c'era da sostituire"; negli ultimi tempi: "...c'erano dei lavori che non venivano eseguiti perché non c'era il personale...(ne)gli ultimi tempi bastava che l'impianto girasse, ecco. L'importante che i rulli giravano...". B.P. collega poi l'aumento delle perdite di olio dall'impianto oleodinamico (v. sopra, nell'apposito paragrafo) proprio alla carente manutenzione. Le riunioni di sicurezza venivano tenute - fino ad un anno prima del 6/12/2007 - da CAF. periodicamente nella palazzina uffici, con scarsa partecipazione perché erano successive all'orario di lavoro; nell'ultimo periodo erano tenute dal capo turno, durante le ore di lavoro, impianto per impianto.

PO. M. (già citato, addetto all'ecologia e, quindi, membro della squadra di emergenza da settembre 2007, v. udienza 5/3/2009); come abbiamo già esposto, PO. era stato assegnato alla squadra di emergenza dello stabilimento senza che avesse seguito alcun corso di formazione anticendio (v. sopra).

REG. P. (già citato, manutentore elettrico, dipendente THYSSEN KRUPP AST a Torino dal 2001; in un primo momento in ferie ordinate dall'azienda da agosto al 31/12/2007, poi invece richiamato dall'azienda: riprende lo stesso lavoro a metà novembre 2007, v. udienze 5 e 11/3/2009); al suo ritorno a metà novembre 2007, incontra CHI. (v.), già suo capoturno ed apprende che se ne andava a giorni; che sarebbero andati via anche PER. (v.), altro capoturno manutenzione e BE. (già citato) "caposervizio" manutenzione: "...da lì capii che le cose non erano come prima, non potevano essere come prima perché c'era stata questa ristrutturazione aziendale...capii subito che dovevo lavorare senza un diretto capo elettrico, capii anche che le cose andavano male anche a livello di personale perché avevo guardato il servizio e c'era stata un'ulteriore riduzione di personale...prima...eravamo un certo numero...adesso eravamo praticamente in 2"; e c'era "un capoturno di produzione per tutti i reparti...prima alla produzione c'era un capoturno, al trattamento... c'era un altro capoturno, al finimento... quando lavoravano...c'era...un altro responsabile e dalla parte manutentiva c'era il capoturno di manutenzione, questo fino ad agosto (2007, n.d.e.)".

P.S. S. (già citato, udienza 11/3/2009); "...una volta si facevano le riunioni antinfortunistiche...non so dirle i tempi c'era CAF. che faceva la riunione insieme al capoturno e a noi, ultimamente c'era solo il capoturno che faceva le riunioni antinfortunistiche...alle 2 di notte nell'ora di pausa". La difesa degli imputati mostra al teste alcune schede, portanti la sua firma, di riunione di sicurezza tenute da LU.; P.S. risponde che la firma è sua, ma: "a me LU. una riunione di sicurezza non ...l'ha mai fatta...questo foglio girava dentro in ditta...io questo foglio qua lo firmavo che mi arrivava...capitava di andare in ufficio a prendere questa prima, ultimamente passava il foglio firmavi e via...".
P.S. riferisce che, nell'ultimo periodo, non era curata la pulizia nello stabilimento e ricorda un episodio: "...se io vado a prendere la scopa come è capitato mi sono venuti a dire 'non è ora di pulire'...(me lo disse, n..d.e.) SA., il direttore dello stabilimento...scendeva giù (aveva lavorato, n.d.e.) alle linee". L'impresa di pulizia aveva un mezzo per aspirare l'olio dalle fosse e rimuovere i rotoli di carta oleata; ma nell'ultimo periodo si vedeva sempre più raramente.
Sulla manutenzione: "...i pezzi non c'erano, se c'era qualcosa da sostituire non andavano più a fare un'ordinazione... per far arrivare il pezzo nuovo, lì al massimo che potevi fare se c'era in magazzino bene se no lo staccavi da qualche impianto e lo (ri)mettevi lì le posso dire che per smontare una fotocellula dall'impianto per andare avanti sull'altro e poi fermare l'impianto di là e smonta le fotocellule e rimetterli dall'altra parte stiamo giocando a ping-pong".

BO. A. (già citato, udienze 3 e 5/3/2009); "...un tempo ogni giorno c'era il passaggio dell'impresa di pulizia, nell'ultimo periodo molto spesso invece dovevamo pulire noi, però è ovvio che non potevamo farlo sempre, anche perché noi eravamo addetti alla linea, non alla pulizia...la carenza delle pulizie è iniziata qualche mese prima (dell'annuncio, n.d.e.) della chiusura, credo intorno al 2006..."; "il capo reparto, spesso anche il capoturno ti chiedeva di pulire...anche a volte di fermare l'impianto per pulirlo soprattutto dalla carta....ormai (nell'ultimo periodo, n.d.e., dopo che se ne erano andati i capiturno) la gestione totale dell'impianto era nelle mani degli addetti, soprattutto dei primi addetti, proprio perché alcuni capiturno non avevano mai lavorato...alle linee...il povero Rocco M. ha sempre lavorato in maniera molto puntuale, molto bravo, ma al finimento, alle linee non ha mai lavorato"; "la manutenzione...la differenza più grande...è legata...al momento (della decisione, n.d.e.) della chiusura in cui molti meccanici, gli elettricisti, soprattutto le più alte professionalità... erano andati via dalla THYSSEN...nell'arco del 2007 (si) è iniziata questa emorragia...". Ogni linea, riferisce BO., redigeva un "rapporto" quotidiano in cui venivano segnati le produzioni, le velocità, gli eventuali guasti, le eventuali fermate ecc.: "...a fine di ogni turno il capoturno veniva e ritirava questi rapportini che poi venivano guardati dal CFP, cioè controlli fattori produttivi...e dal caporeparto... dove si analizzavano alcuni dati... nell'ultimo periodo, soprattutto... da settembre in poi, questi rapportini rimanevano all'interno del pulpito per giorni...nessuno li passava a ritirare".
Ancora sulla manutenzione: "nelle fasi precedenti grosso modo una volta al mese veniva fatta bene (la manutenzione programmata n.d.e.) e tutto ciò che c'era da fare si evinceva anche dai rapportini...e la manutenzione veniva svolta, nell'ultimo periodo io non ricordo la stessa attenzione, ricordo spesso e volentieri che veniva definita manutenzione programmata anche altre tipologie di fermate, ci facevano inserire nel computer manutenzione programmata anche se in realtà non lo era...magari delle fermate non programmate". Sulle riunioni di sicurezza: "...queste riunioni venivano fatte in maniera a mio avviso non idonea, questo l'ho sottolineato anche in alcune riunioni fatte anche insieme al signor CAF....io mi riferisco soprattutto al fatto che queste riunioni fatte durante il turno non davano l'opportunità a tutti di ascoltare e sentire quello che veniva detto durante le stesse riunioni...".

MOR. R. (citato, udienza 17/3/2009); PULIZIA: "quando io arrivai a lavorare fino a un annetto anche due anni prima (della decisione n.d.e.) della chiusura c'era la ditta, l'EDILECO che veniva...quasi tutti i giorni...avevano il camioncino per l'aspirazione dell'olio...poi...sono spariti proprio"; MOR. riferisce che, in assenza della ditta, più nessuno aspirava l'olio dal pavimento e dalle fosse, tanto che (sulla linea 5): "...l'aspo di uscita era l'ultimo aspo dove finisce la corsa del nastro era un lago".
Sulle riunioni di sicurezza (e a proposito del piano di emergenza, v. prima): "io ricordo che quando entrai il primo giorno di lavoro che abbiamo avuto la riunione con il capo della sicurezza CAF. ci spiegò che l'azienda dovuta agli incendi e all'alluvione che aveva avuto era sprovvista di assicurazione, nel senso non sprovvista di assicurazione che non avrebbero avuto risarcimenti, quindi nel caso di un grosso incendio l'azienda avrebbe chiuso quindi di intervenire senza farci male ovviamente". Ricorda un'unica riunione di sicurezza fatta molto tempo prima durante l'orario di lavoro e fermando l'impianto; poi solo: "riunioni di sicurezza di un quarto d'ora mezz'oretta con un capoturno...farlo dove un impianto gira, che si può rompere la carta, arriva il bollo, è ora di saldare, è ora di imboccare il nastro, devi mettere il palanchino, non fai neanche attenzione, il capoturno più che chiedere: 'ragazzi fate attenzione non fatevi male che problemi ci sono' non è che poteva fare più di tanto".
Sulla manutenzione, riferisce la scomparsa nell'ultimo periodo della manutenzione programmata, l'omissione degli interventi di riparazione pur segnalati nei rapportini ed il fatto che: "capitava a volte...un guasto...che le ore di fermata erano anche sette-otto nove ore e in quel caso lì magari ci facevano mettere manutenzione programmata...invece avevano riparato solo una cosa".

CHI. R. (già citato, udienza 17/3/2009); ultimo capoturno manutenzione a lasciare lo stabilimento: a maggio-giugno erano andati via PER. e BI., quindici giorni prima di lui CARA VELLI; "le mansioni (del capoturno manutenzione, n.d.e.) erano pronto intervento quotidiano, sia elettrico che meccanico e (gestione) della squadra di emergenza...quest'ultimo...consisteva ...in ispezioni ai sistemi antincendio fissi, (controllo) ordine e pulizia delle cabine elettriche del reparto...e in emergenza si interveniva con la squadra antincendio";
Sulle riunioni: come capiturno ogni tre mesi tenevamo riunioni antinfortunistiche: "le facevo io alla mia squadra, a volte con l'ausilio del responsabile della sicurezza...in generale sulla sicurezza dei lavoratori...circa un'oretta...
Sul personale: "a regime eravamo - nella mia squadra, n.d.e. - 5 elettricisti e 4 meccanici" quando è andato via, "c'erano 2 elettricisti e 1 o 2 meccanici". In quest'ultimo periodo, il personale addetto alle linee ruotava continuamente perché "gli organici erano ridotti all'osso".
Ultimamente succedeva molto più spesso di doversi fermare in straordinario, secondo una disposizione aziendale, con sanzione se ci si allontanava.

Sulle ispezioni di sicurezza: CHI. riferisce che le faceva, con LU., sia sugli impianti sia nelle cabine elettriche; via LU., con GIO. dichiara di avere fatto delle ispezioni, ma non si riesce a comprendere se solo sulle cabine o anche sugli impianti.
Riferisce che, nell'ultimo periodo, non essendoci più manutentori meccanici, erano stati adibiti ad integrare la squadra dipendenti di un'altra ditta, la BS, che si occupava prima solo di manutenzione programmata.
Nella manutenzione programmata...si faceva un intervento...mensile...su tutta la linea; invece negli ultimi mesi si programmava il lavoro e si fermava l'impianto per eseguire quel lavoro.

BI. Massimiliano (già citato, udienza 19/3/2009); riferisce di avere tenuto le riunioni di sicurezza solo con quelli della sua squadra, mai con altri, neppure i capiturno di produzione.

CARV. G. (già citato, udienze 11/3-17/3/2009 e 5/10/2010 ex art. 376 c.p., v. capitolo relativo; capoturno manutenzione dal 2002 al 17/11/2007); riferisce di avere effettuato "ispezioni di sicurezza" sugli impianti con LU.; dopo l'allontanamento di quest'ultimo, con GIO.; ma su quest'ultima dichiarazione pesa la constatazione che nelle dichiarazioni al P.M. aveva escluso ispezioni di sicurezza sugli impianti con GIO.: considerata la "precisazione" dallo stesso CARV. esposta all'udienza del 5/10/2010, deve essere considerata rispondente alla realtà dei fatti l'assenza completa di ispezioni di sicurezza sugli impianti; sull'esodo dei "manutentori" conferma che, nelle condizioni normali dello stabilimento, gestiva 5 manutentori elettrici e 4 manutentori meccanici: via via diminuiti negli ultimi mesi, in ultimo aveva lavorato con 2 manutentori meccanici, al 6/ 12/2007 non c'era più alcun manutentore meccanico in servizio. CARV. conferma l'assenza di procedura per il controllo dei flessibili, poi adottata nello stabilimento il 2 gennaio 2008; è consapevole dei rischi rappresentali dal danneggiamento di un flessibile contenente olio in pressione; riferisce riunioni di sicurezza con la sua squadra di manutentori con cadenza trimestrale.

MAR. Giuseppe (già citato, udienza 19/3/2009, capoturno laminazione dal 1996); riferisce di 4 riunioni di sicurezza all'anno con la squadra del laminatoio e ad "impianti fermi"; nell'ultimo periodo, era stato incaricato come capoturno di produzione per l'intero stabilimento, anche se "non conosceva gli altri impianti"; riferisce di essere stato chiamato da CAF. il 3/12/2007, insieme a MARA. (v.) e SAB. - non c'era Rocco M. perché faceva il turno di notte; CAF. li aveva incaricati anche come capiturno di emergenza: "ci aveva spiegato come si svolgeva il servizio: radio, squadra ecologica e sorveglianza". Conferma che la manutenzione programmata "...non era più fatta con regolarità, non più a calendario come prima, ma SOLO SULLA BASE DELLE SEGNALAZIONI DEGLI OPERATORI"; e che, come pronto intervento, non c'erano più manutentori meccanici: la squadra era affiancata da operai della ditta esterna.
Sulla pulizia: "anche l'impresa era venuta meno, diciamo aveva ridotto il personale per cui non era più come una volta...come qualche mese prima...quello stesso pomeriggio - 5/12/2007 - S., primo addetto alla linea 5...mi aveva avvertito, come capoturno, che avevano fermato l'impianto per pulizia carta".
L'azienda nell'ultimo periodo aveva chiesto un aumento dei turni nella laminazione; se il personale del turno montante non era presente si fermavano quelli del turno smontante".

BE. Roberto (già citato, udienze 21 e 28/4/2009); riferisce: "prima c'erano i capiturno manutenzione, poi sono andati via e sono subentrati i gestori di manutenzione, poi l'incarico è passato ai capiturno produzione" parla del capoturno emergenza; facevamo manutenzione (cd. "programmata") il sabato mattina; con le ditte esterne, per la parte tecnica IO, SP. e MANG..

LU. (già citato, udienza 29/4/2009); "il calo di manutenzione era denunciato, questo lo ricordo esattamente, perché si lamentavano ANCHE i responsabili di manutenzione"; RIUNIONI: almeno trimestralmente una riunione di sicurezza con ogni squadra - poi egli stesso partecipava - a volte, non di notte - anche alle riunioni tenute dai capiturno.

SAB. Vincenzo (nello stabilimento dal 1978, capoturno finimento da febbraio 2006, v. udienza 5/5/2009); era diventato capoturno per tutto lo stabilimento nel dicembre 2007: non conosceva assolutamente l'area di trattamento, per la quale era stato "preparato" da LUI., capoturno in pensione e neppure l'area di laminazione, per la quale aveva ricevuto "qualche ragguaglio" da MAR.; Rocco M. era stato il suo "capo" al finimento per 25 anni; conferma, come già esposto dagli altri, di essere stato convocato, con MAR. e MARA., da CAF. che li aveva incaricati da quel giorno anche come responsabili dell'emergenza.

DONA. Gianluca (già citato, v. udienza 5/5/2009); "...avevo sempre lavorato in rettifica...poi negli ultimi 3-4 mesi prima dell'incendio (del 6/12/2007 n.d.e.), senza alcuna formazione, con il capo che diceva 'cerca di non farti male' ti spostavano dappertutto"; aveva così lavorato al finimento, al sendzimir, al magazzino... "...quando sono tornato a settembre 2007, dopo essere stato in cassa integrazione da AP., non c'erano più le squadre, erano tutti spostati". Con LU. aveva fatto una riunione appena entrato (2002) ed un'altra poco prima che LU. se ne andasse.

LO. Giuseppe (già citato, udienza 5/5/2009); non aveva seguito alcun corso antincendio: quel giorno non poteva, poi non era più stato chiamato... "...negli ultimi tempi mi è capitato di lavorare in linee dove non sapevo dove mettere le mani".

FRR. Pietro (dipendente THYSSEN KRUPP AST da dicembre 2002; in officina meccanica, prima in ditta esterna per pulizia stabilimento, v. udienza 5/5/2009); "...ultimamente venivano meno anche i pezzi di ricambio...però nel frattempo la produzione doveva andare avanti...alcune volte li recuperavamo da altri impianti...negli ultimi giorni (prima del 6/12/2007, n.d.e.) ho cambiato alla Linea 5 un motore della vasca di lavaggio recuperandone uno da un altro impianto...ultimamente per intervenire in manutenzione dovevo io prima pulire...RIUNIONI DI SICUREZZA in officina anche con LU..

MRR. Carlo (dipendente THYSSEN KRUPP AST dal 2002, operaio, nell'ultimo periodo "rimpiazzo", v. udienza 7/7/2009); definisce "inferno" lo stabilimento al suo ritorno, a ottobre 2007, dopo un periodo di cassa integrazione: in particolare per la sporcizia, con bidoni che si accumulavano, e nella "fossa" dello skinpass 62 "era pieno di carta...di olio...per legare i rotoli"; "...già...di suo era un posto che agli inizi ci hanno assunti, ci hanno spiegato quanto.. \in posto a rischio! un posto a rischio!' poi te lo ritrovi in quelle condizioni è chiaro che io ho avuto seriamente paura per la mia incolumità"; tanto che aveva fermato CAF. - che transitava vicino allo skinpass 62 -chiedendogli spiegazioni di quella situazione; e CAF. gli avrebbe raccomandato un po' di pazienza.; MRR. aveva quindi telefonato - con il suo cellulare - all'A.S.L. 1 di Torino e gli avevano risposto di andare negli uffici a ritirare un modulo, compilarlo e rimandarlo con lettera raccomandata. Riferisce che più di una volta i manutentori gli avevano detto: "e che vengo a fare, che in magazzino non ci sono i pezzi di ricambio!"; e "...c'era tantissimo scotch blu o telato dappertutto...

BEL. Vincenzo (già citato, udienza del 7/7/2009); le simulazioni venivano effettuate solo con i capiturno, gli addetti all'emergenza, alla manutenzione e all'infermeria; gli addetti agli impianti continuavano a lavorare.

AB. Salvatore (già citato, v. udienza 14/7/2009); nell'ultimo anno i lavoratori venivano spostati di qua e di là, anche direttamente da SA. per tappare i buchi; negli ultimi tempi le fermate per guasto venivano segnate come manutenzione programmata; l'ordine in questo senso era stato impartito direttamente da SA. e dal caporeparto;
M. era andato da lui e gli aveva chiesto di "spiegargli un po'" le linee di trattamento: M. ERA UN MAESTRO NEL SUO REPARTO, MA PER LE LINEE ABBIAMO AVUTO SI E NO MEZZ'ORA".
Dal 2006 c'era stato un taglio generalizzato delle imprese di pulizia; VCD., nell'ultimo anno, gli aveva detto che non era più abilitato a chiamare l'EDILECO per aspirare l'olio; "abbiamo deciso di ridurre i costi...quindi devi avvisare me"; nell'ultimo anno il magazzino era sprovvisto: "si preferiva non avere 'costi fissi' ed andare a comperare i pezzi, magari tenendo fermo l'impianto".
Secondo il teste AB. CO., VCD. e lo stesso SA. intervenivano direttamente sulle linee, imponendo di aumentare la velocità e spostando i lavoratori; "SA. conosceva gli impianti, ci ha lavorato 30 anni...conosceva i "treni" di laminazione meglio di me".
Le RIUNIONI DI SICUREZZA venivano tenute dopo i turni di lavoro, "i ragazzi si addormentavano dopo le 8 ore"; l'azienda aveva poi demandato ai capiturno di farle durante le fermate dell'impianto: ma io - come capoturno - ero continuamente interrotto da altri problemi.

ZA. Massimo (già citato, v. udienza 14/7/2009); ...al rientro dalle ferie "imposte dall'azienda, a ottobre 2007 "...ho trovato praticamente un'altra azienda...impianti e manutenzione lasciati andare...NE HO PARLATO con FER....VL....SA. e CAF.; SA. mi aveva detto che eravamo noi operai a dover pulire... Nell'ultimo periodo frequenti spostamenti dei lavoratori tra i vari impianti...

CAS. Diego (manutentore meccanico dal 1998 sino a ottobre 2007, v. udienza 16/7/2009); nella sua attività di manutentore meccanico, aveva constatato, dopo la notizia della chiusura: "...i macchinari meno curati, le parti soggette ad usura lasciate lavorare più a lungo...il magazzino andava esaurendosi...mancavano dei pezzi di ricambio...la riparazione era dettata tanto anche (d)alla fantasia all'adattare quello che c'era per poter far andare avanti la macchina...".

Anche DI. Vincent (manutentore meccanico sino al 1/11/2007) e SCH. Nicola (dal 1999 al 5/ 12/2007 addetto a Linea 5), all'udienza del 15/7/2009, confermano la diminuzione degli interventi di pulizia e lo spostamento di lavoratori in varie mansioni nell'ultimo periodo.

MARA. Daniele (dipendente THYSSEN KRUPP AST a TORINO dal 1995, fino al 5/12/2007; prima operaio, poi controllo fattori produttivi, a Torino sino a giugno 2007, poi due mesi a Terni; al ritorno a Torino, è capoturno di produzione da ottobre 2007, capoturno unico, anche della squadra di emergenza, ma si dimette, v. udienza 18/9/2009) sulla pulizia riferisce: "...era una ditta esterna...però devo essere sincero, io quando ho fatto il capoturno ad ottobre e novembre, non ricordo se c'era la presenza ancora di qualcuno o di talmente pochi elementi";

MI. Antonino (già citato, udienza 27/10/2009); in mobilità da settembre a novembre 2007: al mio ritorno tutti i capiturno erano in mobilità; di anziani sono rientrato solo io e "hanno mischiato le squadre".

RS. Marco (dipendente THYSSEN KRUPP AST dal 1995, fino a dicembre 2008 gestore di manutenzione v. udienza 17/ 11 /2009; poi indagato ex art. 372 c.p. e risentito ex art. 376 c.p. all'udienza del 11/12/2009); all'udienza del 11/12/2009 non "ricorda" più se la manutenzione programmata fosse effettuata il sabato, come riferito all'udienza precedente; in ogni caso: "la manutenzione programmata non era più come quella vecchia... era tutto diverso"; il consorzio - ubicato fuori dallo stabilimento - ULISSE si occupava, da anni, della manutenzione programmata...nell'ultimo periodo, quando erano andati via tutti i manutentori meccanici, alcuni operai del CONSORZIO ULISSE erano stati piazzati vicino al mio ufficio e facevano i turni.

BON. Massimo (già citato, udienza 1/12/2009); il lavoro più grosso di manutenzione ultimamente si faceva il sabato e la domenica. Non mi spettava guardare le linee, per questo c'erano gli ispettori di manutenzione.... Nell'ultimo periodo qualche difficoltà per i pezzi di ricambio meno usuali...io li avevo recuperati da Linea 1, dismessa, per Linea 4; "...si tamponava il problema"; ricordo di avere visto del nastro blu, non ricordo dove...usato anche per legare due tubi insieme, oltre che sul dado terminale di un rullo folle.

Secondo RI. Savino (già citato, udienza 1/12/2009), invece: NON ERA CAMBIATO NULLA nell'ultimo periodo, né per la manutenzione né per i pezzi di ricambio.

MANG. Enzo (citato, udienza 17/12/2009); dopo l'annuncio della dismissione: "le figure professionali che c'erano sono andate via...quindi abbiamo dovuto rimpiazzare un po' il sistema...anche gli ESTERNI (intende i manutentori esterni, n.d.e.) avevano perso professionalità...nel gruppo si aiutavano...si appoggiavano molto a RI. e SP. che erano gli ultimi baluardi.

GIO. Davide (citato, udienza 17/12/2009); "...ho addestrato i capiturno produzione, che dovevano fare i capiturno manutenzione ed emergenza ALL'USO DELLA RADIO, spiegando che dovevano sempre essere reperibili"; io "...mi APPOGGIAVO il più possibile a chi lavorava sulle linee"; CAF. mi aveva affidato, dopo l'allontanamento di LU., anche la gestione del contratto con CMA e le ISPEZIONI DELLE LINEE. HO FATTO LE ISPEZIONI DELLE LINEE, CON I CAPITURNO FINCHE' c'erano, anche con M. e SAB., però non le ho documentate per mancanza di tempo. ANCHE RIUNIONI DI SICUREZZA: FATTE ma NON documentate per mancanza di tempo.

PIZ. Paolo (citato, udienza 17/12/2009); la manutenzione cominciò ad avere qualche problemino verso M.-AP. (2007, n.d.e.).


GV. Carlo (citato, udienza 24/2/2010); "...nell'ultimo periodo praticamente non c'era più organizzazione del lavoro...nell'ultimo mese praticamente nel mio turno c'ero solo io come capoturno per tutto lo stabilimento...non c'era più il caporeparto, io dipendevo direttamente da CO.".

CO. Andrea (citato, indagato ex art. 372 c.p., udienza 24/2/2010); quasi tutti i sabato, nell'ultimo periodo, c'era qualcuno della manutenzione programmata...poi si faceva anche il lunedì mattina, aspettando che si scaldasse il forno...
Nel turno di notte erano rimasti a lavorare solo 4 impianti, mentre prima erano 12: Linea 5, Linea 4, Sendzimir 62 e skinpass 62.

In relazione agli interventi di pulizia - emerge da - quasi - tutte le testimonianze una sensibile riduzione; è doveroso però accertare, anche qui come per altri punti, se da parte dei testi - con riferimento ai quali peraltro non vi è motivo alcuno di dubitare della loro attendibilità - che hanno descritto in modo estremamente negativo (e, di conseguenza, altrettanto preoccupante per la sicurezza di coloro che vi lavoravano), anche sotto questo aspetto, lo stabilimento di Torino, vi sia stata una esagerazione, ovvero se il quadro fosse effettivamente quello evidenziato dalle dichiarazioni sopra riassunte. Anche tenuto conto che, invece, per alcuni testi tale riduzione non si avvertiva, tanto che il teste RI. (v. sopra) ha dichiarato che "nulla era cambiato". Anche per questi argomenti, altre testimonianze ed alcuni documenti sequestrati confermano in pieno quanto esposto in dibattimento dai testi che hanno riferito l'avvenuta, corposa e sostanziale, riduzione di tali interventi di pulizia.

Si deve qui ricordare che la pulizia riveste, in linea generale, una importanza strategica nella prevenzione, in particolare degli incendi (soprattutto, come nel nostro caso, trattandosi di rimuovere lungo e sotto gli impianti materie combustibili come carta oleata e "chiazze" o "pozze" di olio di laminazione e di olio idraulico), come hanno riferito in dibattimento tutti gli esperti di prevenzione, Vigili del Fuoco e funzionari (v. infra); importanza strategica della quale, secondo molti testi, era ben consapevole lo stesso imputato ES. (v. infra), che prestava egli stesso particolare attenzione a questa materia ed ordinava agli altri di fare altrettanto (infatti, come si è già indicato sopra, lo stabilimento di Terni era in tutt'altra condizione).

Il teste MZ. Giovanni, titolare della ditta EDILECO s.r.L, incaricata delle pulizie - civili ed industriali - nello stabilimento di Torino, sentito come teste all'udienza del 29/4/2009, ha riferito che, dal 2000 al 30 settembre 2007, i rapporti con la THYSSEN KRUPP AST erano regolati da un contratto cd. GLOBAL SERVICE, in base al quale la EDILECO era pagata con un canone mensile che prevedeva, per le pulizie tecnologiche, un capitolato tecnico con indicazione linea per linea; sempre fino al 30 settembre 2007 vi erano fissi nello stabilimento e per le sole pulizie tecnologiche 5-6 dipendenti EDILECO che nei giorni feriali entravano in servizio dalle 6 o dalle 8 della mattina e si presentavano anche al sabato, solo la mattina, mentre alla domenica era previsto solo un servizio di rimozione cassonetti. A giugno 2007 direttamente dalla Direzione di Terni - il teste precisa infatti che anche per tale contratto il suo rapporto era direttamente con Terni - gli veniva chiesta "una forte disponibilità ad essere elastico", precisamente: "...se decidiamo di smontare una linea, o parte di una linea, lei deve incrementare l'attività, se non c'è da smontare nessuna linea, c'è minore produzione, deve ridurre l'attività". Dal 1° ottobre 2007 il contratto era stato modificato: non più a "canone" mensile e con attività predeterminate, bensì a "chiamata" - da parte di THYSSEN KRUPP - e con fatturazione a "consuntivo"; dallo stabilimento indicavano le attività da eseguire; vi era lo stesso una presenza fissa di dipendenti EDILECO nello stabilimento, ridotta di 2 persone - salvo "chiamate", cui EDILECO rispondeva inviando personale - con "leggera" - così riferisce MZ. - diminuzione di ore.
Ma la reale diminuzione di ore ci viene indicata dal teste CAPP. Piercarlo (ufficiale Guardia di Finanza, v. udienza 5/5/2009) che, analizzata la documentazione sequestrata, riferisce: "...le ore prestate...da EDILECO...hanno subito nel 2007, rispetto al 2005 e 2006, un CALO DRASTICO, cioè 7.989 nel 2007, 12.648 nel 2006, con picco in discesa da giugno 2007...da 800 ore mensili fino al mese di maggio 2007 a 500 e poi ancora giù a scendere..."; la fatturazione complessiva, comprendente sia le pulizie civili sia quelle tecnologiche, non aveva però subito eguale riduzione (v. sempre CAPP., pag. 118 trascrizioni: nel 2006 € 844.232, nel 2007 € 805.845): lo si spiega proprio con quanto riferito da MZ. e cioè che le prestazioni, prima fatturate complessivamente a canone, erano più care con il nuovo contratto in quanto fatturate singolarmente (v.).

Così, siamo certi che quanto riferito dai testi sulle condizioni degradate dello stabilimento anche in materia di pulizia, soprattutto dopo l'estate 2007, lungi dall'essere frutto di esagerazione per ipotesi dovuta alla tragedia verificatasi ovvero dal fatto che alcuni dei testi si sono costituiti parte civile nel presente processo - come alcune volte, con riguardo in generale alle testimonianze "negative" sulle condizioni dello stabilimento, hanno adombrato le difese degli imputali - corrispondono proprio alla realtà: cambiamento di contratto, riduzione del personale di pulizia, interventi solo su richiesta ecc.

Ma vi è di più: dal titolare EDILECO abbiamo appreso che le ore dedicate alla pulizia dello stabilimento riguardavano anche, quantomeno, le aree in cui si procedeva allo smontaggio degli impianti, cosicché anche queste ore devono essere sottratte alla pulizia degli impianti in funzione; di particolare interesse risulta poi quanto riferito da MZ. sulle aspirazioni delle "chiazze" di olio con l'apposito veicolo "combi" (in vigenza del contratto a "canone"): venivano effettuate mensilmente nello stabilimento di Torino - come gli contesta in udienza il P.M., secondo le dichiarazioni da lui stesso rese in sede di indagine - circa una ventina di aspirazioni di olio con il "combi", delle quali 4-5 alla sola Linea 5; oltre alla asciugatura delle "chiazze" di olio più piccole, con la segatura. Dichiarazione che, da un lato, conferma la massiccia presenza di olio, lungo e sotto gli impianti, anche lungo e sotto la Linea 5, come già nel precedente paragrafo accertato (v. sopra); dall'altro conferma la assoluta necessità di questo particolare intervento con il veicolo aspiratore, veicolo che i lavoratori non avevano più "visto" nell'ultimo periodo e la cui chiamata diretta, sempre nello stesso periodo, non era più permessa ai capiturno (v. dichiarazioni di AB.; sopra).
Dati e testimonianze che collimano perfettamente, anche su questo argomento, con quanto riferito dai testi "preoccupati" della situazione; d'altronde, che anche i dirigenti fossero pienamente consapevoli del fatto che lo stabilimento fosse, in quel periodo, certamente "impresentabile" - e quindi altrettanto, come si è già sottolineato, "insicuro" - emerge anche da un significativo episodio: la chiamata urgente della EDILECO il giorno successivo all'incendio del 6/12/2007 (episodio che riprenderemo infra, parlando delle singole posizioni): v. MZ., pag. 78 trascrizioni: "...il giorno dopo l'incidente mi è stato richiesto di intervenire con una task force...mettere l'azienda (la EDILECO, n.d.e.) a disposizione, per pulire tutte le aree, sia in superficie sia nei sotterranei...per raccogliere e pulire tutte quelle che potevano essere situazioni di PERDITA DI STILLICIDI ESISTENTI...in tutto lo stabilimento tranne la Linea 5 che era sotto sequestro...abbiamo fatto il lavoro...sono andato direttamente anch'io...era stato chiesto da BRO., responsabile contrattuale e da LAZ. Angela; quest'ultima, dipendente della EDILECO s.r.L, ha confermato (v. udienza 24/2/2010) quanto dichiarato da MZ., in particolare sulla modifica contrattuale e sulla contrazione dei dipendenti EDILECO presso lo stabilimento; BRO. Marco, dipendente THYSSEN KRUPP AST a Torino dal 1996 al gennaio 2008 (v. udienza 24/2/2010), nel periodo che qui rileva "gestore" dei contratti esterni, in pratica ne controllava l'aspetto contabile rispetto alle prestazioni - abbiamo infatti appreso da MZ. che la trattativa e la conclusione dei contratti dipendevano direttamente da Terni, v. sopra - tra cui quello con EDILECO; anche BRO. conferma il passaggio, dal 1° ottobre 2007, ad un contratto che definisce "in economia" e che ha le caratteristiche già sopra esposte. Ma, nonostante lo "sforzo" tardivo di pulizie "straordinarie" con mobilitazione dell'impresa di pulizie, lo stabilimento si è presentato ai funzionari ASL nelle condizioni - rispondenti proprio a quelle descritte dai testi sopra riportati e non da quelli che non si erano accorti del degrado - deteriori che saranno esaminate al termine di questo capitolo sulle condizioni di lavoro (v. infra).

Come abbiamo sopra riportato, molti testimoni riferiscono sulla "riduzione" degli interventi di manutenzione, precisando la sostanziale eliminazione della cd. "manutenzione programmata" e, addirittura, la scarsità dei pezzi di ricambio per gli impianti in funzione e le riparazioni effettuate con pezzi "recuperati" da altri impianti ovvero con "tamponamenti" volanti; la Corte, visitando la Linea 5 - e visionando le fotografie ed i video in atti - ha potuto osservare, relativamente a questo argomento, collegamenti elettrici "volanti", pendenti da attezzature, fissati con nastro isolante; i quadri di comando (i cd. "pulpitini") lungo la linea con i pulsanti - compreso quello cd. di "emergenza", su cui v. infra - e gli interruttori privi di qualsiasi indicazione, ovvero segnata con pennarelli, ma v. la documentazione in atti; alcuni altri testi hanno però riferito di semplici cambiamenti dovuti alle più limitate esigenze, conseguenti al minor numero di impianti in funzione, nonché di provvedimenti assunti ed idonei ad ovviare agli inconvenienti fisiologici in una fase di transizione (questa infatti è stata la linea difensiva degli imputati su tale punto).

L'argomento - riduzione degli interventi di manutenzione - è però così strettamente collegato agli altri - della "drastica riduzione del numero dei dipendenti, delle professionalità più qualificate e, in particolare, dei capiturno manutenzione e degli operai più esperti e specializzati" e della "mancanza di una effettiva organizzazione dei percorsi formativi e informativi dei lavoratori" -che appare opportuno trattarli unitariamente.

Cominciamo dai dati documentali: in data 17 ottobre 2007 (v. doc. in sequestro) l'imputato SA. R., Direttore dello stabilimento, inviava una comunicazione ai "capiturno" (in allora unici per la produzione) MAR. (citato) M. (deceduto nell'incendio), SAB. (citato) e MARA. (citato) e, per conoscenza, a VL. (v. infra), FER. (v. infra) e CO. (già citato); nella comunicazione così si legge: "A seguito degli spostamenti di personale tra i vari impianti, dovuti alla flessione degli ordini e ai vari trasferimenti o licenziamenti, si accentua la necessità di verificare la conoscenza e la giusta applicazione delle procedure di lavoro. Vi ricordo che la formazione e l'addestramento operativo del personale è indispensabile per prevenire gli infortuni sul lavoro, ed è compito Vostro verificarne l'apprendimento. Vi sollecito pertanto a illustrare a verificare a pretendere la giusta applicazione delle modalità e procedure di lavoro." Con questo solo documento - tra l'altro formato da SA. per "rispondere" ad una disposizione comminatagli dall'ASL - apprendiamo, direttamente dal Direttore dello stabilimento: che in quel periodo il personale veniva spostato da un impianto all'altro senza formazione alcuna: è quindi vero quello che hanno riferito i testi (v. sopra) e cioè che veniva loro ordinato di lavorare su impianti in cui non sapevano neppure "dove mettere le mani"; che questa "comunicazione" era rivolta ai 4 capiturno di produzione, i quali non avevano ricevuto - come tali - alcuna specifica formazione, invece certamente necessaria, come da loro stessi riferito (e come riconosciuto anche da FER. A., responsabile del personale di Terni e di Torino, per il povero M.: v. udienza 12/3/2010, pag. 68 trascrizioni); MAR., come abbiamo visto sopra, capoturno al laminatoio, ha riferito che "non conosceva" gli altri impianti; SAB., capoturno finimento, "non conosceva" né l'area di trattamento né la laminazione (v. sopra); M., secondo plurime testimonianze già riportate (v. sopra), era un "maestro" al finimento ma non conosceva per nulla - non avendovi mai neppure lavorato come operaio - gli impianti di trattamento e di laminazione; MARA. D. (citato, udienza 18/9/2009), così riferisce sul suo rientro a Torino a ottobre 2007: "...sono rientrato da capoturno, cosa che mi ha lasciato un po' così perché invece di trovare i miei colleghi capiturno in forza, ci siamo ritrovati solo in 3..."; decide di andare via dicendo a M.: "Rocco, io appena trovo qualche cosa fuori...io devo andare via di qua dentro perché sta diventando ingestibile...e che io ho lavorato alla linea 4, alle linee di trattamento, quindi bene o male ricordo ancora qualcosa delle linee, potevo ancora diciamo giostrarmela su eventuali richieste da parte dei primi addetti...cioè... capoturno non è che si diventa dall'oggi al domani. Se poi bisogna fare capoturno in 3 reparti ed abbiamo la specializzazione in uno solo"; ma MARA. è stato spinto ad andarsene - nel pomeriggio del 5/12/2007 -soprattutto dalla responsabilità - cui non si sentiva tecnicamente preparato, avendo solo seguito il più volte citato corso antincendio all'interno dello stabilimento, senza attestato finale - di essere - dal 3 dicembre 2007, come vedremo infra, l'unico capoturno, anche responsabile della squadra di emergenza.
La "formazione" di questi capiturno, nominati da CAF. anche responsabili dell'emergenza (v. documento in sequestro datato 5/12/2007 ed intitolato "modifica del piano di emergenza interno", firmato CAF.) è consistita, per quest'ultima materia, come riferito da GIO. D. (v. sopra), nell'uso della radio e nella raccomandazione ad essere sempre "reperibili": ben si possono comprendere le loro preoccupazioni, come espresse in particolare da MARA..
D'altronde lo stesso GIO. si presenta del tutto inesperto, non solo in relazione al funzionamento degli impianti - sui quali avrebbe dovuto effettuare le "ispezioni di sicurezza" - ma anche in materia di emergenza (i due compiti - responsabile ecologia e ispezioni di sicurezza- affidatigli da CAF. dopo le dimissioni di LU.); egli stesso riferisce che la sua formazione era consistita nell'essere stato "affiancato" a LU., durante l'ultimo suo mese in stabilimento, peraltro avendo - GIO. - appreso solo una settimana prima che LU. se ne sarebbe andato.
Infatti GIO., evidentemente senza comprendere appieno la gravità di quanto dichiara, limita all'uso della radio le "istruzioni" per i capiturno di emergenza e riferisce di "decine" di ispezioni di sicurezza da lui compiute - tra l'altro anche con il povero Rocco M. - ma non "documentate" per mancanza di tempo; ci si deve anche chiedere con quale professionalità GIO. potesse compiere tali plurime ispezioni, considerato che non conosceva gli impianti: egli stesso dichiara (v. pag. 54 trascrizioni): "...mi appoggiavo il più possibile a chi lavorava sulle linee" (sulle "ispezioni di sicurezza" di GIO. v. anche le "tormentate" dichiarazioni di CARV.).
Ispezioni di sicurezza alle quali la stessa azienda aveva conferito un - corretto -risalto, come si trae dal Documento di valutazione dei rischi (v. infra, nell'apposito capitolo), in cui vengono indicati i motivi e gli obiettivi di tali ispezioni (v. pag. 10 citato documento), che erano - in breve - volte ad "integrare" i controlli operativi con una visione "esterna", a verificare la correttezza delle pratiche operative, a "verificare le eventuali condizioni di pericolo imminente".
Ma la mancanza di formazione e di professionalità di GIO. non era evidentemente un problema per l'azienda, né prima né dopo l'incendio del 6/12/2007; tanto che - e l'episodio costituisce un altro elemento, tra i tanti che abbiamo visto e che vedremo, indicativo di una quantomeno "scarsa" attenzione per la sicurezza e la prevenzione antinfortunistica - dopo l'incendio GIO. è stato nominato Responsabile Sicurezza Protezione Prevenzione (RSPP): pag. 62 trascrizioni: "...sono stato nominato RSPP ma è stato un errore...l'ho fatto per una settimana...poi l'ASL mi ha detto che non ero formato...per quell'incarico è tornato CAF." (l'ASL aveva emesso su questa nomina una apposita prescrizione, v. anche).
Si deve ancora qui accennare alle "riunioni di sicurezza" - non "coordinate" dalla segretaria TT. (v. infra); erano, secondo le testimonianze, certamente tenute in modo sistematico dai manutentori alle loro squadre; per gli operai, oltre alla prima giornata di lavoro, durante la quale tutti ricevevano una formazione di sicurezza da parte di LU. o, precedentemente, di CAF., in particolare nell'ultimo periodo i testi riferiscono di avere preso parte a tali riunioni tenute direttamente dai capiturno durante l'orario di lavoro, "approfittando" delle fermate - per guasto o altro dell'impianto; v. AB., già sopra riportato: "...io, come capoturno, ero continuamente interrotto da altri problemi"; ma - rispetto alla documentazione di tali riunioni versata in causa dalla difesa, v. - si deve anche sottolineare che più testi - la cui assoluta attendibilità su altri argomenti è già stata oggetto di plurime conferme - hanno riferito anche dell'abitudine di "firmare" i fogli che "passavano": proprio quelli in cui si attestava la partecipazione a tale tipo di riunioni, partecipazione che non si era in realtà verificata.

Tornando all'argomento relativo alla riduzione del personale, il dato numerico possiamo apprenderlo da VL. Giancarlo (dipendente THYSSEN KRUPP AST dal 2006, responsabile del personale per lo stabilimento di Torino, udienza 2/3/2010); sottolineando qui, come si vedrà meglio infra, che VL. dipendeva dal responsabile del personale di Terni, FER., tanto che VL. riferisce: "...tutta la parte di contrattazione sindacale...le questioni legate all'attività vera e propria...di rapporto con i lavoratori, anche in funzione del ridimensionamento degli organici, era comunque gestita dal dr. FER.". VL. dichiara che nel novembre 2006 a Torino lavoravano 320 operai, a novembre 2007 lavoravano 160 operai; come produzione, a dicembre 2006 lavoravano 12 impianti su 21 turni (settimanali), a novembre 2007 lavoravano 5 impianti di cui 4 a 15 turni e 1 a 5 turni; il passaggio da 21 a 15 turni era avvenuto dopo le vacanze estive.
Ma il mero dato numerico deve essere integrato con gli altri - dati - già sopra riportati che ci indicano in modo evidente che nello stabilimento di Torino, almeno da ottobre 2007, non vi erano più lavoratori idonei a ricoprire l'incarico di capiturno produzione e, dai primi di dicembre (l'incontro tra CAF. e i capiturno è precedente rispetto alla data dell'ordine di servizio di CAF. sopra indicato), non vi era più neppure un capoturno manutenzione; nel frattempo, si erano allontanati molti altri lavoratori qualificati, tra cui gran parte dei manutentori elettrici (rimanevano, come abbiamo già visto e vedremo, REG. e SA. Giuseppe) e tutti i manutentori meccanici, oltre ad una serie di altre professionalità citate nel corso delle testimonianze già riportate (v., come LU. e BE.), che qui non si richiamano specificamente per evitare sovrabbondanti ripetizioni, alcuni di loro "eliminate" -con un tratto di penna - in un organigramma della gestione dello stabilimento, del giugno 2007 (v. tra i documenti in sequestro), sul quale erano stati in parte - ma senza precisione - spuntati i dipendenti trasferiti o dimessisi. Tanto che, a novembre 2007, sempre secondo la testimonianza di VL., il sindacato aveva posto il problema "sicurezza", chiedendo a lui ed a FER.: "che cosa pensate di fare sulla manutenzione?"; FER., secondo VL., aveva risposto che intendeva "richiamare" alcuni manutentori (che arriveranno in stabilimento a gennaio 2008, come riferito dallo stesso FER., v. udienza 12/3/2010) e "coinvolgere" i dipendenti del Consorzio Ulisse, che da anni svolgeva per lo stabilimento di Torino attività tecnica di "manutenzione programmata".

Più volte dai testi è stato fatto riferimento alla "manutenzione programmata", a regime e nell'ultimo periodo; in breve, la "manutenzione programmata" veniva effettuata, a regime, sistematicamente circa una volta al mese, su ogni impianto, fermandolo per 8 e più ore e sottoponendolo ad una vera e propria "revisione", in particolare secondo le indicazioni del gestore di manutenzione dell'impianto, a sua volta informato dagli ispettori di manutenzione; mentre la manutenzione di "pronto intervento" consisteva appunto nell'intervento, da parte della "squadra" di manutentori - elettrici e/o meccanici - a fronte di qualsiasi guasto, inconveniente, rottura ecc. verificatosi durante il ciclo produttivo (come si ricorderà, di tipo "continuo" nelle linee di trattamento). Proprio per quanto riguarda le squadre ed i capiturno della manutenzione di "pronto intervento" si era verificata quell'emorragia di personale qualificato che abbiamo testé ricordato; emorragia che aveva comportato una situazione, come si è già sopra indicato, a dir poco "lacunosa" in questo settore; tanto che erano stati richiesti al citato Consorzio Ulisse alcuni operai per far fronte al deserto di manutentori meccanici.

Perché, occorre qui ricordarlo, anche a fronte di una tale emorragia - che riguardava, come si è visto, non solo la manutenzione, ma anche, in parte, i più qualificati tra i "quadri" e tra gli operai addetti agli impianti - ed a fronte delle altre "criticità", come già esaminate e come vedremo nel prosieguo, si doveva continuare a produrre, come appare logico e naturale: ma, purtroppo in questo caso, senza che i vertici la dirigenza aziendale considerassero le reali condizioni in cui tale produzione veniva effettuata, soprattutto nell'ultimo periodo, e senza, quindi, che si adottassero le necessarie cautele e contromisure (su cui v. infra).
Perché la "scelta" - di competenza comunque e solo del vertice THYSSEN KRUPP AST - di "dismettere" lo stabilimento di Torino in modo graduale, continuando la produzione mentre si cominciavano a smontare gli impianti da trasferire a Terni, può - come affermato dai difensori degli imputati - essere stata dettata anche da considerazioni di "opportunità", per permettere in tempi più lunghi la ricollocazione del personale e così rendere meno traumatica la decisione, migliorare le relazioni industriali e facilitare l'accordo; ma, anche se tale scelta, invece, fosse stata presa esclusivamente per motivi economico-produttivi, perfettamente legittimi, non è certo di tale scelta in sé che la Corte si deve qui occupare; la questione invece riguarda proprio e solo le condizioni in cui, durante tale graduale "dismissione", si trovava a produrre lo stabilimento di Torino.

Tornando alla manutenzione programmata, abbiamo riportato sopra una serie di testimonianze, in forza delle quali possiamo ritenere accertato: che fossero intervenute delle modifiche rispetto a quella "a regime", in particolare che non vi fosse più, nell'ultimo periodo, una sistematica "calendarizzazione" - con scansione mensile - degli interventi di manutenzione programmata sui singoli impianti; possiamo ritenere accertato che, in occasione di "guasti" che fermavano l'impianto per lungo tempo, veniva "segnato" - sul rapporto di quel turno - "manutenzione programmata": più testi lo riferiscono e non ve ne sono che lo smentiscano in modo netto. Si può quindi concludere che la manutenzione programmata, nell'ultimo periodo, in quanto tale - e con gli evidenti scopi di efficienza, ma anche di sicurezza degli impianti che ognuno può apprezzare - non esistesse più; d'altronde, che già da periodi precedenti la manutenzione programmata non fosse "praticata" in modo così sistematico ed efficiente viene riferito da molti testi, tra i quali, particolarmente informato sul punto, SAL. Gianfranco (v. udienza del 10/2/2010) responsabile del Consorzio Ulisse (composto da tre ditte: la SIMAV per l'ingegneria, la GAVAZZI per l'elettricità e la BS per la meccanica), consorzio formato e che, come tale, lavorava esclusivamente per lo stabilimento di Torino dal 1998 (infatti nel 2008 il Consorzio è cessato); SAL. ha dichiarato: "...specialmente i primi anni c'erano giornate particolari, dove c'era la fermata delle linee, che si faceva manutenzione e quindi si arrivava anche a 30 o 40 dipendenti"; in seguito aggiunge: "...quando hanno incominciato...nel 2000 più o meno, nel 1998, 1999, 2000 più o meno c'erano delle fermate programmate una volta alla settimana...programmati in modo da fare una valutazione preventiva tutte le settimane, in una linea, a volte una a volte due linee. Poi devo dire che pian, pianino queste manutenzioni sono sempre state fatte, non più con fermate di 8 - 9 ore, ma con le fermate di 2 ore o 3 ore, facevi gli interventi abbastanza...". Rimane la circostanza, riferita da alcuni testi (v. sopra) su di una manutenzione "programmata" - nel solo senso, già sopra riportato, di "revisione" o, come ha correttamente indicato il teste SAL., di "valutazione" dell'impianto: scopo della "programmata" - eseguita, nell'ultimo periodo, il sabato, in quanto, come si è indicato, in quello stesso periodo gli impianti erano fermi nel fine settimana. La circostanza, di per sé sola, poco rileva, considerato che è stata ampiamente, come si è sopra indicato, già accertata la - contestata - "riduzione" degli interventi di manutenzione; in ogni caso, tale "manutenzione", riferita dai testi BE., RS. (ma all'udienza in cui ha chiesto di essere nuovamente sentito dalla Corte ex art. 376 c.p., ha riferito di "non ricordare" se al sabato si faceva la "programmata"), BON. e CO. (indagato ex art. 372 c.p., v. relativo capitolo), non sembrava sortire evidenti effetti sugli impianti, considerato quanto riferito non solo dagli operai, ma anche dai manutentori - sino a quando sono rimasti in servizio. Manutenzione di sabato eseguita, secondo gli stessi testi, con gli operai del Consorzio Ulisse: ma il citato teste SAL. non lo ha confermato: non ne era a conoscenza.

Per terminare l'argomento manutenzione, rimane solo da ricordare come molti testi - riportando concreti esempi - abbiano anche riferito della mancanza, nell'ultimo periodo, di "pezzi" di ricambio degli impianti, non più reperibili in magazzino: con la necessità - per far ripartire gli impianti - di "adattare" il pezzo necessario prelevandolo da una linea per farne ripartire un'altra; come la "trascuratezza" in materia di manutenzione sia confermata anche dalle annotazioni sui quaderni della cabina elettrica della Linea 5 in cui, fino a luglio 2007, ad ogni riparazione "provvisoria" seguiva l'annotazione di quella definitiva; annotazione - della riparazione definitiva - che non compare più dopo il luglio 2007.

Tornando al punto della formazione, dopo quanto si è già esposto sulla omessa formazione dei capiturno e dei lavoratori spostati sui vari impianti, si devono qui richiamare i dati (già riportati sopra, nel paragrafo relativo alla procedura di emergenza) sulla formazione antincendio dei lavoratori (v. testimonianza VIS., udienza 5/5/2009): ricordando i pochi che avevano seguito il corso di più giorni a Pavia, con attestato finale; che, tra il 2001 e il 2007, avevano partecipato ai corsi antincendio organizzati nello stabilimento 204 lavoratori, solo 105 di loro completando il percorso formativo, 99 assentandosi, di questi ultimi 66 per più di un giorno e 36 dei 99 senza partecipare alla prova pratica dell'uso degli estintori; nessuno dei lavoratori che aveva completato il corso era stato sottoposto all'esame finale. Sappiamo anche - v. sopra, teste VL. -che nel novembre 2006 lavoravano nello stabilimento di Torino 320 persone. Per quanto riguarda l'organizzazione della formazione, si deve qui riportare quanto riferito dalla teste TT. Antonietta (v. udienza 10/2/2010), nello stabilimento di Torino da tantissimi anni, nel primo periodo addetta alla qualità e, negli ultimi 25 anni, segretaria all'ufficio del personale. La teste TT. conferma che, successivamente a quello del febbraio 2007 (con "una adesione molto, molto scarsa", secondo le sue parole), non si era tenuto più alcun corso antincendio e neppure - così confermando, ancora una volta, quanto già emerso ed accertato - alcun altro tipo di formazione per nessun lavoratore, nonostante i generalizzati e ripetuti cambiamenti di mansioni: quindi né per i capiturno, né per i lavoratori destinati ad altri impianti; e ciò in quanto "a AP. hanno dichiarato la chiusura".
La teste espone come le esigenze di corsi di formazione - di sicurezza, antincendio, di formazione professionale, sulla "334" ecc. - venissero indicate nello stabilimento di Torino dai vari "enti" - cioè dai vari settori - e da lei riunite: "...poi si faceva un budget preventivo di formazione e si mandava a Terni e loro davano il benestare a questi corsi": il "benestare" era dato dal dr. FER. (citato e v. anche VL., udienza del 26/2/2010: "...il budget formativo' era stabilito a livello centrale...a Terni...direttamente da FER." e v. lo stesso FER., udienza del 12/3/2010).
Aggiunge la TT.: "...all'inizio i corsi erano molto frequentati, con il passare degli anni la percentuale è molto scesa. Diciamo che i corsi erano frequentati soprattutto dai manutentori...piano, piano nel corso degli anni è calata di molto, è calata di un 80% la presenza dei ragazzi ai corsi di formazione" (percentuale smentita, senza troppa convinzione, dal teste FER.: ma sul punto appare ben più attendibile la teste TT., che proprio e solo di quello si occupava, ovviamente con mansioni esclusivamente esecutive); la teste precisa che, per conto dell'azienda, convocava i lavoratori ricordando che la partecipazione era obbligatoria e sollecitava i capiturno affinché dicessero agli addetti di seguire il corso, ma: "...il problema era che molte volte era fatto (il corso, n.d.e.) alla fine del primo turno, quindi era impossibile anche per il capoturno andare a prendere le persone nelle docce, perché poi andavano via subito a casa e quindi era impossibile proprio materialmente farli partecipare". Riferisce inoltre che non le risultava fossero state comminate sanzioni ai lavoratori per la mancanza di partecipazione ai corsi, ma in ogni caso la materia non era di sua competenza, bensì di VL. e di FER.. Precisava che tutti i corsi venivano tenuti fuori dall'orario di lavoro e retribuiti con paga ordinaria e non come straordinario.
Si deve prendere atto anche di quest'ultimo dato: i corsi di formazione organizzati dall'azienda fuori dall'orario di lavoro rappresentano una violazione dell'art. 22, comma 6° della 1. n. 626/94, in allora vigente (le violazioni specifiche di tale normativa verranno riportate infra, al capitolo 10); sul punto, FER. (citato, v. udienza del 12/3/2010) riferisce che, se i corsi di formazioni fossero stati organizzati durante l'orario di lavoro, i lavoratori del 2° e del 3° turno avrebbero perso la "maggiorazione turni" e che, quindi, per i corsi di formazione fuori orario di lavoro era intervenuto un "tacito" accordo con i sindacati, già pattuito prima del 1997, quando lo stesso FER. era stato assunto in THYSSEN KRUPP AST.
La specifica violazione ovviamente permane ed è rilevante sottolinearne la conseguenza: mancata partecipazione dei lavoratori ai corsi di formazione ed impossibilità per l'azienda di imporre loro tale partecipazione, proprio perché fuori orario di lavoro.

Tornando per un momento alla testimonianza della TT., si deve osservare che le è stato insistentemente chiesto dalla difesa se la mancanza degli attestati a fine corso antincendio (quelli organizzati in stabilimento) dipendesse non dalla omessa richiesta dell'azienda ai Vigili del Fuoco (come riferito, con precisione e citando episodi specifici, da più testi, v. sopra), bensì da "fatto" degli stessi Vigili del Fuoco. La teste è risalita indietro nel tempo, al periodo fine anni '90-inizio anni 2000, fino al 2001, dichiarando che effettivamente, in quel periodo, i Vigili del Fuoco avevano fatto attendere l'esame richiesto perché dovevano "organizzarsi"; ma per gli anni successivi - che qui rilevano - evita di rispondere direttamente alla domanda, parlando del corso di Pavia - cui andavano, come si è visto, soprattutto i manutentori. Non viene pertanto smentito quanto già riferito dagli altri testi e sopra ricordato.

In conclusione, anche per gli argomenti di questo paragrafo, le risultanze dibattimentali confermano in pieno le ipotesi formulate dall'accusa: si è verificata una riduzione degli interventi di manutenzione e di pulizia sulle linee; vi è stata una drastica riduzione del numero di dipendenti e sono venute meno le professionalità più qualificate, in particolare, sia dei capiturno manutenzione, sia degli operai più esperti e specializzati; si è verificata la mancanza di una effettiva organizzazione dei percorsi formativi e informativi dei lavoratori. Su quest'ultima, si deve in particolare sottolineare, come già sopra accennato, che tutte le decisioni riguardanti la formazione venivano prese dai dirigenti di Terni, in particolare da FER., su mera proposta degli operativi subordinati - in particolare VL. e, sotto di lui, la TT., con funzioni di segreteria; che l'organizzazione era evidentemente carente, perché falliva sistematicamente e da tempo il suo scopo, considerato che la gran parte dei lavoratori non partecipavano ai corsi di formazione (né antincendio né di altra materia) senza che i responsabili se ne preoccupassero e, soprattutto, se ne occupassero.




C) Gli estintori portatili.


La Corte ritiene doveroso trattare qui, considerato lo spazio che ha avuto in dibattimento, anche l'argomento "estintori": per sommi capi, solo richiamando quanto già esposto in vari punti precedenti ed aggiungendo quanto rilevante ai fini della decisione.
Come abbiamo indicato sopra, in tutto lo stabilimento erano disposti circa 350 estintori portatili, da 5 chili; secondo CAN. (citato, udienza 28/4/2009) erano una decina lungo la Linea 5; erano tutti caricati a C02; la scelta per quel tipo di estintori era stata presa dall'azienda, come riferito da DOM. (citato) e da CAN. (citato); precisa il teste LU. Camillo (citato, udienza 29/4/2009): "...gli estintori che avevamo, praticamente per il tipo di incendio che dovevamo andare ad estinguere, e quindi ovviamente liquidi, o comunque sostanze non combustibili, avevamo gli estintori a C02 di 5 chili, poi praticamente sono universali....A bordo impianto, cioè su tutto lo stabilimento perimetralmente alle pareti...avevamo esclusivamente estintori da 5 chili a C02 anche perché (l)a polvere lascia residui e quindi avremmo avuto problemi di uso macchinari eventualmente... comunque sia il C02 è abbastanza universale...ovviamente l'estintore a polvere su di un quadro elettrico dà problemi perché lascia residui e quindi è un problema anche di ripristino immediato dell'attrezzatura". In questa parte le dichiarazioni di LU. sono evidentemente erronee: se la sostanza non è combustibile non brucia e non è quindi necessario "estinguere"; gli estintori a C02 non possono sotto il profilo tecnico definirsi "universali" poiché ogni classe di incendio prevede determinati estinguenti.
Apprendiamo però da LU. che la scelta del tipo di estintori portatili è stata effettuata dall'azienda non considerando le grandi quantità di carta oleata (combustibile solido) che si trovavano in particolare sulla Linea 5 e privilegiando, anche per tale decisione (v. per gli impianti antincendio ad azionamento manuale la citata sentenza del 10/5/2004, sopra) i tempi di produzione - non restare "fermi" - piuttosto che la massima efficienza estinguente; dobbiamo purtroppo sottolineare che tale scelta, così come motivata da LU., ancora una volta conferma non solo la scarsa attenzione per la "sicurezza" degli operatori ma altresì la frequenza con la quale gli estintori erano usati e quindi la piena consapevolezza, da parte della dirigenza della THYSSEN KRUPP AST, della frequenza degli incendi nello stabilimento di Torino. Quest'ultimo argomento è banalmente logico: se la principale preoccupazione è quella di "ripartire" prima possibile (finalità che sarebbe stata resa difficile a causa della necessità, dopo ogni focolaio, di ripulire il macchinario dei residui lasciati dagli estintori a polvere), certamente l'evento-incendio si presenta con grande frequenza; altrimenti la preoccupazione avrebbe avuto carattere meramente residuale.
Abbiamo già ricordato che l'utilizzo di tali estintori comportava necessariamente per l'operatore l'avvicinarsi alle fiamme quanto più possibile, a meno di un metro; si devono poi qui richiamare tutti i dati, già esposti sopra, sui numeri delle ricariche degli estintori e del materiale estinguente in generale, oltre che sul contratto in corso con la CMA relativo alla manutenzione, alle sostituzioni ecc.; la Corte cerca di evitare, quando possibile, inutili ripetizioni.
Si deve però accennare ad un episodio successivo all'incendio del 6 dicembre 2007, del tutto analogo a quello già esposto, relativo all'impresa di pulizia EDILECO (v. sopra) e che evidenzia come anche in materia "estintori" ed altri presidi antincendio i dirigenti non si sentissero tranquilli ed abbiano così tentato di far "sistemare" in modo che lo stabilimento si "presentasse" in migliori condizioni.
In breve, CAN. Fabrizio (citato, dipendente CMA incaricato per lo stabilimento di Torino) viene chiamato per un "intervento" (prima di quello di routine ogni 10 giorni, v. pag. 78 trascrizioni udienza 28/4/2009) dall'imputato CAF. Cosimo (probabilmente tramite il suo datore di lavoro DOM., citato, ma la circostanza non è chiara nella sua deposizione) già il 7 dicembre 2007: "...come sempre, CAF. mi aveva detto mi raccomando controlla gli estintori, vedi che sia tutto a posto e che sia tutto in regola"; CAN. arriva in stabilimento verso le 10 della mattina, ma un presidio di operai gli impedisce di entrare; ritorna la settimana successiva, lavorando nello stabilimento il 17, 18 e 19 dicembre; riferisce di essere "intervenuto" su di un numero di estintori da "25 in su"; viene fermato mentre cerca di portare via oltre 60 estintori, che vengono sequestrati.

5.9 Paragrafo conclusivo sulle condizioni dello stabilimento

Come già sopra si è accennato, il quadro complessivo delle condizioni - in particolare di pulizia e di manutenzione degli impianti - dello stabilimento di Torino emerge dagli accertamenti e dai rilievi effettuati dallo SPRESAL e dai Vigili del Fuoco, successivamente all'incendio del 6/12/2007; nel corso del dibattimento, all'udienza del 11/6/2009 è stato visionato l'intero video girato dai funzionari in data 10, 12 e 18 dicembre 2007 (v. teste BA. Franco, tecnico della prevenzione in servizio alla A.S.L. 1 di Torino, udienza 11/6/2009), oltre ad una serie di fotografie - complessivamente n. 840, tutte esaminate dalla Corte - scattate dai tecnici nelle stesse occasioni; precisando che le immagini riguardano i soli impianti ancora in funzione; in particolare, come riferisce BA. (v. pag. 110-111 trascrizioni): "Quello che abbiamo ispezionato erano quelli (riferito agli impianti, di cui alla domanda, n.d.e.) che erano in funzione, perché tutto quello che abbiamo ispezionato erano i reparti che ci erano stati indicati come (quelli n.d.e.) che, dopo l'accadimento, dovevano riprendere la lavorazione" (precisazione confermata dalla teste LAN.; v. infra).
L'esame del video (purtroppo in alcune parti "oscuro" a causa del "mezzo" a disposizione dei tecnici: una vecchia videocamera degli anni '90, priva di "faretto"!) e, soprattutto - per la loro migliore "qualità": la macchina fotografica era munita di flash! - delle fotografie, ha permesso di acclarare, con la sola, ma dirompente, forza della realtà, le condizioni - di degrado, di trascuratezza, di sporcizia, di insicurezza ecc. - in cui si era, fino al 6/12/2007, lavorato in quello stabilimento.
Non è possibile emettere una sentenza "multimediale", "aprendo" qui video e fotografie: le immagini, da sole, non avrebbero necessità di commento alcuno. Si deve però (oltre ovviamente rimandare alla visione delle produzioni, in atti) sottolineare come da tali immagini si tragga la piena conferma della fondatezza delle contestazioni mosse dalla Procura della Repubblica e, così, delle conclusioni già tratte dalla Corte - in questo capitolo, punto per punto, v. sopra - sulla base delle testimonianze e dei documenti esaminati.

Cercheremo ora di riassumere, in estrema sintesi - sia perché le violazioni accertate e le relative prescrizioni, in totale 116, riguardano un procedimento separato ( e poi concluso, come riferito dalla teste LAN., v. infra, in parte con la cessazione dell'attività degli impianti a Torino, in parte con l'adempimento delle prescrizioni e con ammissione al pagamento), sia perché le immagini e la relativa documentazione sono in atti - quanto riscontrato dai tecnici.
La teste LAN. Annalisa (dirigente S.P.R.E.S.A.L. - servizio prevenzione sicurezza ambiente di lavoro - A.S.L. 1 di Torino, dal 1/5/2009, all'epoca dei fatti responsabile di diversa struttura di vigilanza, v. udienza 4/6/2009) ha dichiarato che avevano cominciato, il 10/12/2007, l'accertamento (v. pag. 19¬20 trascrizioni) "mirato alle condizioni generali di sicurezza dello stabilimento ed agli aspetti inerenti la manutenzione delle apparecchiature e degli impianti...avevamo un elevato rischio di infortunio legato al carente stato di manutenzione degli impianti degli ambienti di lavoro, degli impianti comprese le linee oleodinamiche e le installazioni elettriche. Infatti gli articoli più contestati erano quelli che riguardavano la manutenzione degli impianti...i tubi flessibili...presentavano delle perdite di olio e di trafilamento olio...numerosi conduttori e parti elettriche danneggiate, quadri elettrici con indicazioni illeggibili, le violazioni inerenti l'impianto elettrico erano numerose"; "...presenza indebita di materiali infiammabili: accumuli di carta, stracci imbevuti di olio, solventi, rifiuti, foglie secche. Quindi presenza indebita di materiali infiammabili.. .vi era una carente, molto carente pulizia di impianti pavimenti e superfici in genere, causata da un'ampia contaminazione di olio. Quest'olio, oltre a determinare un rischio per la scivolosità del pavimento, costituiva, soprattutto in alcune zone, una fonte di rischio per l'incendio"; la centralina di trasmissione idraulica (della Linea 4 n.d.e.) presenta diffuse perdite di olio idraulico estese anche alle zone limitrofe...vi erano queste perdite di olio diffuse, assorbite con materiale incendiabile, segatura". Su quest'ultimo punto si deve qui ricordare che alcuni testi - addetti linea -avevano riferito di utilizzare proprio la segatura - che avevano a loro disposizione in azienda - per "assorbire" le chiazze di olio (così, anche queste dichiarazioni dei testi sono confermate dalla realtà, v. le relative immagini fotografiche); il titolare della EDILECO (v. sopra) aveva riferito che, per le chiazze di olio meno estese, anche i suoi dipendenti utilizzavano segatura, precisando però che veniva "subito rimossa"; raccomandazione - di rimuoverla - evidentemente non "trasmessa" dai responsabili agli addetti linea. Il teste GIV. Giancarlo (ispettore A.S.L. 1, v. udienza 4/6/2009) conferma i motivi dell'accertamento ed il suo oggetto, come riferito dalla teste LAN., precisando: "sulle condizioni generali di sicurezza noi abbiamo rilevato e documentato una serie di condizioni strutturali, correlate comunque a scarsa manutenzione di impianti e strutture"; suddividendo poi le fotografie secondo le seguenti ripartizioni: carenza manutentiva, scarsa pulizia degli impianti, presenza di rifiuti di materiali oleosi; condizioni di rischio meccanico e di caduta, dovute a carenza di manutenzione meccanica; carenza manutentiva sui sistemi oleodinamici; aspetti riguardanti gli impianti elettrici. Più in dettaglio: "...sullo skinpass 62...allagamento di olio delle parti inferiori a sistemi di trasmissione...tubi oleodinamici...fossa sottostante, allagata ad olio...presenza di rifiuti di vario genere e carenza di pulizia...al reparto ricottura (con forno a metano) ...altri rifiuti presenti in una fossa del forno... materiali incendiabili vari...ai compressori...tutto il pavimento scivolosissimo, di olio...alla linea 4... un'importante presenza, in più e più punti dell'impianto, di olio proveniente da circuito idraulico...(derivante, n.d.e.) da una cattiva tenuta di giunti e da trafilamenti che sono stati comunque riscontrati in quantità diffusa. Quest'olio idraulico, in alcuni punti, è raccolto in vasche sottostanti l'impianto (n.d.e.: le "paciasse" citate dal teste MANG., v. sopra); in alcuni punti, come per esempio nel punto indicato con freccia, è stato assorbito con segatura...qui è un'altra parte di una centrale idraulica, la situazione rappresentata è la medesima: sono tubi rigidi in questo caso, tubo flessibile, che è questo, perdite di olio e segatura presente al pavimento... un canale sottostante l'impianto, allagato da olio, c'è sversamento da olio presente in grandi quantità...i tubi flessibili sono visibilmente contaminati da olio e da polveri, ci sono trafilamenti di olio sulle parti di impianto...qui abbiamo un altro esempio di contaminazione da olio nei pressi delle centrali idrauliche ed è una condizione, peraltro, aggravata dalla presenza di un impianto elettrico in cattivo stato di manutenzione, nel senso mancante del doppio rivestimento previsto...sulle tubazioni non era affisso nessuno strumento come placchette...che potesse consentire di riconoscere la vetustà del manufatto... quindi fornire gli elementi necessari e direi anche indispensabili per svolgere correttamente la manutenzione programmata". Non è rilevante citare qui le violazioni riscontrate anche in materia di mancanza di protezioni e conseguenti rischi di schiacciamento e trascinamento; neppure le violazioni riscontrate nell'impianto trattamento acque.
"Delle parti elettriche presentavano rifacimento parziale del rivestimento, rispristino con del nastro adesivo, come... constatato anche in altre condizioni...quadro elettrico richiuso con del nastro adesivo...manichetta antincendio... riparata con del nastro isolante, del nastro adesivo di colore azzurro (di cui hanno riferito i testi sopra citati: ad ulteriore conferma della loro attendibilità, n.d.e.) ...i quadri elettrici arrivano ad avere indicazioni mancanti...ad avere un livello di contaminazione superficiale da renderli completamente illeggibili...un conduttore che alimenta un dispositivo di sicurezza...riparato con del nastro adesivo...una elettrovalvola che pendeva con le parti elettriche esposte...quadro elettrico sommariamente trattenuto da della benda in tessuto"; si deve per il resto rimandare, ancora una volta, alle immagini ed alla complessiva loro illustrazione esposta dal teste GIV., che conclude - e la sua conclusione viene qui riportata non certo per ammettere una esposizione "valutativa" da parte di un teste, bensì esclusivamente per riportare quello che, sotto il profilo tecnico - ed il teste è tecnicamente qualificato - rileva in relazione al quadro emerso: "...lo stato e le condizioni che abbiamo rilevato all'interno dello stabilimento...sono riconducibili a carenza di ordine... manutentivo... sia gli aspetti di pulizia, sia... di manutenzione elettrica...sia di manutenzione meccanica...sia (di) manutenzione dei circuiti oleodinamici" e prosegue: "...l'aspetto pulizia...è un fattore che genera ed incrementa...la possibilità di innescare eventi di incendio...l'aspetto pulizia dovrebbe essere particolarmente curato in situazione dove già degli aspetti impiantistici, se non delle carenze vere e proprie, determinano la frequente perdita di olio...sgocciolamenti per esempio di olio a laminazione, che può essere considerato un evento fisiologico durante lo svolgimento dell'attività, non altrettanto per quanto riguarda le perdite di olio oleodinamico, che veramente sono risultate cospicue, diffuse; alla totalità del sistema hanno prodotto delle contaminazioni ambientali che sono quelle che abbiamo rappresentato".


Conferma quanto riferito dai colleghi anche il già citato teste BA.: il P.M. gli chiede se era a conoscenza della "pulizia straordinaria" effettuata dalla EDILECO prima della loro ispezione (v. sopra per tale episodio): "non lo sapevo. Se c'è stata, non l'ho vista comunque. Tra l'altro la pulizia è la prima cosa che abbiamo contestato." Continua BA. illustrando le immagini: c'erano quadri di comando sospesi "precariamente"; targhette illeggibili per i pulsanti dei quadri di comando; presenza di olio (di laminazione ovvero da perdite: essendo sui pavimenti, non è possibile distinguerlo, ma v. infra) dappertutto, pavimenti scivolosi anche con le scarpe antinfortunistiche in quanto ricoperti di olio; dappertutto grandi quantità di carta e poi oggetti vari: guanti, cicche di sigarette, materiale accumulato anche nelle "fosse" ed in zone estremamente pericolose; pannelli intrisi di grasso e di olio; "pozzette" di olio sul pavimento; numerosissimi "contatti elettrici" non a norma e oggetto di contestazione; scatole elettriche con lo scotch; contenitori stracolmi di carta intrisa di olio; tubazioni prive di indicazione del gas o del fluido trasportato; pag. 111 trascrizioni, commentando un'immagine ed a puntuale conferma di quanto riferito dai testi (v. sopra): "...questa era una delle spine che erano lì presenti, una prolunga. Questa era la situazione. Questo era un TENTATIVO di manutenzione, il nastro azzurro l'abbiamo visto più volte. Veniva utilizzato spesso...è nastro adesivo. In tutto il reparto si è trovato spesso...soprattutto nel fascicolo fotografico si vede molto più di frequente". Sulla Linea 4, v. pag. 116 trascrizioni: "...presenza di olio un po' su tutta la linea, specialmente nei pressi delle centraline Adesso qua non le vedremo (per l'oscurità del video, n.d.e.) ma vi erano delle vere e proprie pozze di olio. Tra l'altro venivano assorbite utilizzando segatura, quindi materiale non idoneo...nelle foto sono ampiamente riprese...poi i tubi flessibili, vi era un tubo flessibile che perdeva nel momento in cui eravamo lì, si vedeva vistosamente la perdita d'olio; i tubi sempre flessibili che abbiamo visto...quelli che abbiamo visto, perché la Linea avrà non so se migliaia, ma centinaia sicuramente di tubi, e non li abbiamo visti uno per uno. Comunque tutti quelli che abbiamo visto erano privi di contrassegni, quindi di piastrine riportanti i dati del produttore, la pressione massima di esercizio ecc. E anche qui abbiamo contestato le solite parti elettriche, perché l'impianto elettrico era un po' su tutti gli impianti nelle condizioni che abbiamo visto". Cioè con "tentativi" di manutenzione.

Il "quadro" emergente non ha necessità di essere commentato; la Corte si limita a ribadire quanto già esposto nei precedenti paragrafi e nell'introduzione a quest'ultimo.




6 Le ore precedenti e le cause immediate dell'incendio del 6 dicembre 2007.

Come abbiamo già avuto modo di indicare - v. testimonianze sinora riportate e descrizione della Linea 5 - il lavoro sulla Linea 5 dello stabilimento THYSSEN KRUPP AST di Torino si svolgeva a ciclo "continuo", 24 ore su 24, con turni di 8 ore ciascuno; addetti alla Linea 5 dovevano essere almeno 5 lavoratori. La squadra di lavoratori che aveva effettuato il turno sino alle 22 del 5/12/2007 era composta da S. Antonio, BO. Antonio, MOR. Rocco, PA. Giuseppe e PS. Mirko.

 

Gli ultimi tre si erano allontanati dallo stabilimento al termine del turno; i primi due si erano invece fermati per lavorare anche nel turno successivo in straordinario "comandato": infatti, in quel periodo, come si è già indicato sopra, a fronte della sopravvenuta scarsità di manodopera e, in particolare, di manodopera qualificata, era stato ricordato ai dipendenti come il contratto di lavoro imponesse loro di continuare il lavoro, oltre il turno già effettuato, in caso la squadra "montante" non fosse al completo. Il direttore SA. aveva emesso un comunicato in data 20/9/2007 (v. produzione in atti), con il quale ricordava tale obbligo e le conseguenti sanzioni in caso di inosservanza, in presenza di attività a ciclo continuo.
L'ipotesi si era appunto verificata per il turno delle ore 22 del 5/12/2007: in cui presero servizio S. Roberto, L. Angelo, R. Rosario e DE. M. Giuseppe; mancava il primo addetto e così si era fermato S. Antonio; inoltre, l'inesperienza di L., solo da pochi giorni addetto alla linea 5 (v. deposizione BO.) e richiamando quanto già sopra esposto sul frequente cambiamento di "mansioni" (v.), aveva comportato il trattenimento anche di BO.; cosicché la squadra "montante" del turno delle ore 22 era composta di sei lavoratori. Precisa BO. (citato, udienza 3/3/2009): "...c'è da sottolineare che in alcuni punti c'erano delle criticità notevoli (si riferisce alla riduzione di personale qualificato, n.d.e.), soprattutto alla linea 5, tanto è vero che la notte tra il 5 e 6 dicembre era la terza notte consecutiva che io e S. quella notte, la notte prima e la notte prima ancora, io, S. e MOR., era stata necessaria la nostra fermata in straordinario".
Come si è già esposto, ROCCO M. e S. Bruno si trovavano alla Linea 5 al momento dell'incendio per "caso": il primo, quale unico capoturno presente nello stabilimento - v. infra - per controllare la "squadra" di quel turno e prendere atto dello straordinario di S. e di BO.; il secondo, per giustificare con il capoturno il suo ritardo nel prendere servizio quella sera. Relativamente alla loro preparazione antincendio, è presto detto: M., S., L., S., R., DE. M. e BO. non avevano mai frequentato alcun corso antincendio; S. aveva partecipato alla sola parte teorica e non pratica di un corso antincendio, di quelli, già indicati, organizzati in stabilimento (v. teste VIS., citato, udienza 5/5/2009).


6.1 Le ore precedenti l'incendio.
Sono state oggetto di numerose e particolareggiate testimonianze. Anche qui, come nella parte relativa alle condizioni di lavoro nello stabilimento di Torino (v. sopra), è dovere della Corte, allo scopo anche di evitare eccessive dispersioni, riportare solo, quando necessario, stralci più o meno ampi delle dichiarazioni, rimandando ovviamente alle trascrizioni in atti e riassumendo così il nocciolo delle deposizioni sotto il profilo - doveroso quanto ovvio - della rilevanza ai fini della decisione.

Hanno in particolare riferito sulle vicende del 5/12/2007 e prima del divampare dell'incendio REG. P. (citato, udienze 5 e 11/3/2009), P.G. (citato, udienza 11/3/2009), P.S. (citato, udienza 11/3/2009), MOR. R. (citato, udienza 17/3/2009), SA. G. (citato, udienza 10/11/2009); ha riferito sino al divampare dell'incendio BO. A. (citato, udienze 3 e 5/3/2009).
MOR. R., dipendente dal gennaio 2003, addetto alla Linea 5, come si è già indicato sopra era componente della squadra del turno precedente ed era uscito, terminato il lavoro, alle ore 22. Dal suo racconto non emerge nulla di particolarmente rilevante ovvero estraneo ad una giornata di lavoro "tipica" di quel periodo (v. sopra, nella parte sulle "condizioni dello stabilimento" per tale affermazione); nel suo ricordo gli unici due episodi accaduti riguardano i problemi della "carta impressa" o "adesa" sui rotoli di acciaio in lavorazione ed una fotocellula malfunzionante.
Sulla "carta impressa" MOR. riferisce come fosse stato necessario, nel pomeriggio, rimuovere la carta dall'impianto: "...non ricordo sinceramente se l'impianto era in movimento o se l'avevamo fermato, questo non me lo ricordo...abbiamo pulito, però è stato inutile perché tanto alle dieci quando siamo andati via poi erano passati altri rotoli con carta impressa"; BO. conferma la necessità di rimuovere la carta dall'impianto, colloca tale operazione nel "tardo pomeriggio" del 5/12/2007: "ce ne accorgemmo io e il signor MOR." ed espone anche, in dettaglio, le operazioni che fecero mentre erano "in saldatura" per pulire l'impianto nella "condizione migliore...per fermare in modo forzato la linea", in particolare facendo svuotare il carro di accumulo.
D'altronde che, nonostante le operazioni di pulizia effettuate sia nel turno centrale sia nel turno successivo (durante la fermata dovuta alla fotocellula, v. infra), sulla linea 5 anche quella notte fossero sparse ingenti quantità di carta intrisa di olio di laminazione è stato constatato dalla Corte durante le visite all'impianto e si può osservare nella corposa documentazione fotografica in atti (in particolare, v. fotografie allegate alla consulenza tecnica della parte civile Medicina Democratica).
Entrambi i testi ricordano quindi le operazioni di pulizia carta durante quel turno, collocandole nel pomeriggio del 5/12/2007; anche se BO. manifesta qualche perplessità - temporale - apprendendo di un "arresto linea", segnato sul computer, dalle ore 20,06 alle ore 21,40 circa. Sempre secondo il computer, al momento del cambio-turno delle ore 22 la linea era quindi in movimento; diverso ricordo ne ha invece MOR., che più volte afferma che, al momento in cui egli si era allontanato, la linea era sicuramente ferma.
Entrambi i lavoratori riferiscono del malfunzionamento di una fotocellula: ma, mentre MOR. ricorda che il problema si era già presentato durante il suo turno di lavoro, secondo BO. lo stesso problema si era evidenziato, invece, dopo le ore 22.
Ora, premesso che i ricordi relativi alle attività lavorative di quella giornata e della sera successiva ben possono essere imprecisi - considerando, da un lato, che si trattava di lavori e di operazioni quotidianamente ripetuti; dall'altro, che il ricordo si è necessariamente focalizzato sul tragico evento successivo, sia per chi ne è stato testimone, sia per chi ha avuto la fortuna di terminare poche ore prima il suo lavoro - si deve sottolineare come, secondo quanto registrato sul server del computer di linea (su cui v. infra), la fermata per pulizia carta era avvenuta dopo le 20 (v. sopra); quello che però rileva, e lo si può agevolmente constatare osservando le fotografie ed i video riproducenti la Linea 5 è che in gran parte della linea - sino all'imbocco del forno - erano presenti ingenti quantità di carta oleata, nonostante la pulizia effettuata e nonostante quella eseguita ancora successivamente (v., su questo, ancora BO., infra); così come aveva peraltro riferito MOR. (v. sopra): "però è stato inutile perché tanto alle dieci quando siamo andati via poi erano passati altri rotoli con carta impressa".
La vicenda della fotocellula è stata nel corso del dibattimento sviscerata in tutti i particolari; se ne deve dare, qui di seguito, brevemente conto, ma sottolineando come tale vicenda non abbia avuto alcuna influenza sulle cause - immediate - dell'incendio.
La fotocellula, funzionando, consentiva l'avanzamento automatico del nastro, "vedendolo" sulla linea; in alternativa, gli operai potevano effettuare l'avanzamento manuale, impiegandoci più tempo (v., sul punto, anche REG., citato); serviva, secondo BO., "solo nel momento in cui si imbocca il nastro" e poi doveva essere tolta; non vi è pertanto contraddizione tra l'affermazione di BO. - non potevo averla messa io, perché non ho imboccato io il nastro né nel turno precedente, né in quello delle 22, v. anche infra - e la dichiarazione di REG. (v. infra) che si riferisce all'episodio del catarifrangente avvenuto il lunedì precedente; nel frattempo, il catarifrangente - dalle varie squadre del ciclo continuo - poteva essere stato messo e tolto più volte, ovvero poteva semplicemente essersi spostato, considerato che era stato messo "posticcio", come risulta da REG..
Emerge da tutte le testimonianze che il difetto della fotocellula - peraltro di natura meccanica: era storta la staffa che la sosteneva - non era nuovo, ma risaliva invece a parecchi giorni prima del 5/12/2007: circostanza che può avere confuso il ricordo, sul punto, di MOR., considerato che, come si vedrà, l'intervento degli elettricisti è stato effettivamente richiesto dopo le 22; così come emerge che, nonostante le segnalazioni effettuate, si era provveduto non alla sua completa riparazione, bensì solo a rimedi "provvisori": posizionamento di catarifrangente, nastro adesivo.
In breve, verso le ore 23,30 del 5/12/2007 SA. G. (citato, elettricista) riceve una telefonata dalla Linea 5: è S. che chiede l'intervento della manutenzione elettrica perché non riuscivano a far partire l'Aspo 1; SA. (d'accordo con REG., che stava riparando un telecomando del carro-ponte della Linea 4) si reca alla Linea 5, in quel momento ferma -notando che era già stato imboccato il nastro dell'Aspo 1 - e lì, con S. e S., prova l'espansione - che funziona - e poco dopo a S. viene in mente che poteva essere un problema di "catarifrangente"; insieme vanno verso la fotocellula, salendo la scaletta e percorrendo la passerella in prossimità dell'Aspo 1; qui vedono la fotocellula per terra e con "del nastro" intorno al catarifrangente; SA. toglie il catarifrangente: "appena...fosse finito il nastro, saremmo dovuti andare io ed il mio collega, ad allineare la fotocellula sulla staffa".
L'impianto può ripartire; SA. se ne va - prima che la linea 5 sia in funzione - e torna nella postazione dei manutentori elettrici; dopo un quarto d'ora, secondo lui; dopo circa mezz'ora secondo REG..
Quanto alle segnalazioni, ne riferiscono lo stesso MOR.: "...il venerdì prima...noi...la mia squadra facevamo il turno di notte...io e BO. dopo la fermata del sabato e domenica avevamo segnalato su un foglio di carta i lavori che dovevano essere fatti tra cui la fotocellula, il foglio ovviamente l'abbiamo lasciato lì sul pulpito perché non c'era nessuno della manutenzione, nell'uscire incontrammo il capo della manutenzione MANG. e gli abbiamo detto che sul davanzale del pulpito c'era questo foglio con i lavori da fare tra cui questa fotocellula..."; BO.: "...io ricordo di avere fatto delle segnalazioni all'interno di uno o più rapportini, ricordo che c'erano dei problemi su questa fotocellula". Infatti REG. è stato chiamato quel lunedì, ha riferito di essere andato, di avere appunto constatato che l'inconveniente riguardava la staffa, di averne parlato con BO. e, d'accordo con quest'ultimo, di avere deciso di piazzare un catarifrangente per non dover bloccare l'impianto, per poi "sistemare" la staffa in occasione di una fermata. BO., richiesto sul punto, non ricorda specificamente il discorso con REG.: "...probabilmente sì, ora non lo ricordo, ricordo sicuramente una segnalazione nei rapportini".
Ne riferisce SA. G. (tra l'altro anche lui, quella sera, dopo le 22, in straordinario "obbligato", dopo avere lavorato nel turno precedente, perché altrimenti REG. sarebbe stato il solo elettricista presente nella notte): "...e lui (REG., n.d.e.) mi ha chiesto che problema avevano e gli ho spiegato che avevano la fotocellula e lui mi ha detto che guarda che quel problema lì ce l'avevano già da qualche giorno, e di fatto l'avevo già segnalato io..." "...però il fatto che la staffa fosse storta questo io non lo sapevo, e lui (REG. n.d.e.) però aveva già fatto in precedenza, aveva avvisato che c'era questo problema" "noi abbiamo un rapportino e lui probabilmente l'ha scritto a questo rapportino... (consegnato) ai gestori della linea...il gestore era MANG....di solito i gestori venivano a prendere una copia dei fogli del rapportino e se la leggevano...".
In conclusione, traspare dalla vicenda della fotocellula - sottolineando che essa era finalizzata, come si è detto, solo a rilevare la presenza del nastro e nulla aveva a che vedere con la sua "centratura" sulla linea, v. infra, nel capitolo dedicato - un ulteriore (per questa affermazione, v. sopra, nella parte dedicata alle condizioni dello stabilimento) episodio di "trascuratezza" da parte dei responsabili della manutenzione, ai quali da più persone era stato segnalato il guasto (v. REG.: "...ho detto cavolo quello lì l'ho fatto io lunedì sera quel discorso del catarifrangente, pensavo che l'avessero sistemato"), sottolineando che era compito dei manutentori e non degli addetti alla linea 5 quello di riparare i guasti.
Certo, nel momento in cui gli operai si trovano con la linea bloccata, non pensano subito al difetto della fotocellula; se ne ricorda S. (BO. non ha accompagnato l'elettricista: v. infra), come si è visto, poco dopo l'arrivo di SA.; ma non pare a questa Corte che tale momentanea dimenticanza - considerata anche la complessità delle lavorazioni su quella linea, v. nella parte relativa - dimostri scarsa attenzione ovvero difetto di professionalità da parte degli operatori. Come, invece, sembrerebbero sostenere i difensori degli imputati durante le loro arringhe, insistendo sull'episodio "fotocellula guasta" ed inserendolo tra le "anomalie" di quella notte; al contrario, si tratta di un guasto di per sé di poco rilievo, già presente da giorni, completamente privo di rilevanza causale e colpevolmente non riparato da chi di dovere.

Sempre ricostruendo la serata, dalle ore 22, BO. riferisce che, dopo la fermata delle ore 23,07 (come da computer), S., R. ed egli stesso erano andati "a pulire ancora parte della carta che c'era sulla Linea".
Nel frattempo arrivavano alla Linea 5 P.G. e P.S.; i due testi (v. udienza 11/3/2009) confermano, ma gli orari di arrivo riferiti dai due e BO. non coincidono: è probabile che essi siano arrivati comunque dopo le 23, anzi verso le 23,30 perché riferiscono, essendo entrambi addetti quella sera allo skinpass 62, di avere effettuato la lavorazione di due nastri, dalle ore 22 e poi di essere "fermi", con l'impianto, in attesa di altro materiale; riferiscono di avere trovato al loro arrivo la Linea 5 ferma (il computer "segna" la fermata alle 23,07) ed anche di avere visto l'elettricista SA., che da parte sua dice di essere giunto, rispondendo alla chiamata di S., dopo le 23,30; rimangono presso la Linea 5 per circa un'ora (nel caso l'ora di arrivo fosse esatta, oppure, ovviamente, meno tempo), in particolare P.G. discutendo con BO. di una questione sindacale, mentre P.S., che si era recato alla Linea 5 su indicazione del capoturno M. Rocco "per vedere a che punto erano" con la lavorazione del nastro, ha assistito alla conversazione tra S.e SA. sulla fotocellula. Entrambi si sono allontanati dalla Linea 5 verso le 0,30: P.S. incrociando M. Rocco che si recava appunto alla Linea 5; P.G. non ricorda se la Linea fosse già in movimento; P.S. prima riferisce che la Linea era ripartita, poi aggiunge che non ne ha ricordo preciso.
BO. riferisce che S. dette l'ordine di ripristinare la Linea 5 per farla ripartire: "...bisogna reinserire i tiri nella zona di entrata di uscita e del loopcar di entrata e di uscita"; BO. non ricorda chi compì queste operazioni - normali dopo ogni fermata e da compiersi dai "pulpitini"; esclude S. perché era rimasto dentro il pulpito principale: "chiunque fra me, R. e S."; effettuate queste operazioni, mentre S. comandava le altre dal pulpito principale, BO. rientra nello stesso pulpito e lì ricorda - con certezza - la presenza di S., M. Rocco, R. Rosario e S. Bruno, rispetto al quale non ricorda "se era già lì in quel momento o arrivò dopo che la linea marciava..."; non ricorda neppure dove si trovasse DE M. - il collaudatore: risponde alla domanda sul punto spiegando che, con la sua esperienza, DE M. poteva ben essere nel pulpito principale in quel momento e poi spostarsi nella cabina di collaudo in tempo -anche per la bassa velocità in fase di avvio - per segnalare il difetto dovuto alla fermata.
Continua BO.: "noi eravamo nel pulpito e ricordo che arrivò S. per cui probabilmente l'allarme lo diede S., tornando dalla zona della briglia 2 dopo aver tolto la carta, passa per ovvie ragioni per forza di cose davanti alla zona dell'inizio dell'incendio per cui probabilmente ci ha avvertito lui, questo è uno dei ricordi che ho"; BO. non ricorda quanto tempo sia trascorso dall'avvio della Linea all'allarme di S.. Anche su questo argomento - chi diede l'allarme ed in che posizione si trovavano i lavoratori in quel momento - i difensori degli imputati insistono con BO., contestandogli che, nell'immediatezza, aveva invece riferito che non rammentava chi avesse dato l'allarme incendio e che tutti i presenti si trovavano all'interno del pulpito; BO., rivivendo il difficile momento in cui si trovava, spiega: "...io ricordo tutti dentro perché ricordo fortunatamente, avevo il ricordo delle persone quando stavano ancora bene quando erano ancora vive e mi ricordavo in quel momento, forse è questa la sensazione forte che mi dava la sensazione che fossimo tutti nel pulpito perché eravamo lì in un momento in cui eravamo tutti vivi ancora, poi però riflettendo nel tempo e ricordando, cercando di rielaborare anche per essere effettivamente più preciso, quello che era accaduto ricordavo queste immagini di S. che toglie la carta e io che lo vedo attraverso la telecamera, ricordo S. che entra e io (a) tutt'oggi probabilmente ha dato l'allarme non ne sono sicuro, probabilmente S. ha dato l'allarme entrando nel pulpito però non riesco a dare un termine nel tempo per me questo è impossibile."

Anche questo argomento - sulla precisa "collocazione" dei lavoratori nel momento in cui si accorsero - uno di loro si accorse - dell'incendio non appare di rilievo ai fini della presente decisione: come abbiamo già riportato nella parte relativa all'incendio, all'allarme, tutti si precipitarono per tentare di spegnerlo: così riferisce BO. ed è tragicamente confermato dalle ustioni che causarono la morte dei sette lavoratori.

Il dato che sembra interessare la difesa è in ogni caso accertato: nessun lavoratore, dopo il riavvio della Linea 5, "presidiava" fisicamente la sezione di entrata.
È necessario a questo punto, per comprendere se l'assenza degli addetti a bordo linea in questa fase - riavvio dopo quella fermata - rappresentasse una violazione di disposizioni o, quantomeno, una "mancanza" da parte loro, aprire una breve parentesi volta ad esporre le risultanze dibattimentali su questo argomento, che possiamo definire relativo alle "postazioni" degli addetti alla Linea 5 durante le lavorazioni.
Si deve subito affermare che non è emersa l'esistenza di alcun ordine - o indicazione, o suggerimento da parte dell'azienda - che obbligasse ovvero consigliasse, agli addetti alla linea 5, di "presidiare" in modo continuativo la linea o parti di essa; l'unica "postazione" prevista era quella del "collaudatore" (che controllava e indicava i difetti del nastro).
Lo riferiscono numerosi testi, tra gli altri MAR. (citato), che dichiara come non fosse prevista, né - peraltro - necessaria una presenza costante degli operai lungo la Linea 5: il controllo della lavorazione si effettuava dal pulpito, non da bordo macchina: "...a parte che i tempi erano abbastanza brevi, avevano pochissimo tempo diciamo tra il carico e lo scarico, quello che era addetto a mettere la carta, questo e quell'altro, magari un attimino finita tutta la fase produttiva si recavano sul pulpito vedendo così che andasse bene poi ritornavano nelle varie postazioni...non vi era una disposizione che richiedeva la presenza degli operai sulla linea durante il trattamento, fatta eccezione per il carico e lo scarico del rotolo e quando il ciclo produttivo lo richiedeva"; VER. (citato): chi saldava, chi imboccava, poi tutti nel "gabbiotto" a controllare con i monitor, invece il collaudatore aveva la sua postazione; MOR. (citato) riferisce come non vi fosse alcuna disposizione aziendale tesa ad imporre di rimanere "lungo la linea": "..in caso di problemi sì, se non c'era nessun problema...si controllava la linea dal monitor". La conferma dell'inesistenza di un obbligo, in capo agli addetti, di "presidio continuo" della linea 5 (e così, del fatto che i testi sopra indicati, anche su tale argomento, hanno riferito il vero) si trae anche dalla testimonianza di VED. L. (citato) il quale, all'udienza del 10/11/2009, aveva invece dichiarato l'esistenza di un tale obbligo; smentendolo nettamente all'udienza del 11/12/2009, quando, su sua richiesta, è stato risentito dalla Corte ex art. 376 c.p. - dopo avere appreso del procedimento apertosi nei suoi confronti per il reato di cui all'art. 372 ce. (v. il capitolo sulle testimonianze) - e così dichiarando che ogni addetto aveva i suoi compiti, terminati i quali poteva stare dove voleva, in particolare dal pulpito a controllare la lavorazione con i monitor. Aggiunge VED. - sempre all'udienza del 11/12/2009 - che "era prevista" una complessiva ispezione della Linea almeno un paio di volte per turno; quest'ultimo dato viene riferito anche da altri testimoni, che dichiarano come, effettivamente, durante il turno gli addetti "girassero" lungo la linea a controllare: ma il o i controlli durante il turno di 8 ore sono ben diversi dall'originaria prospettazione dell'indicato obbligo di costante presidio. Riferisce infatti BO. (citato): "...normalmente il tempo che si trascorreva a bordo macchina era quello legato alle varie operazioni cioè di imbocco, saldatura, taglio all'uscita, eventualmente giri intorno alla linea per controllare...comunque un giro della linea lo si faceva alcune volte durante il turno, la parte rimanente del tempo lo si passava all'interno del pulpito"; e, dopo avere ribadito come non vi fosse alcuna disposizione precisa relativamente al tempo da trascorrere a bordo macchina o dentro il pulpito: "dal pulpito si riusciva...(con i monitor n.d.e.)...ad apprezzare bene gran parte della Linea".
D'altronde, considerando le dimensioni della linea 5, la sua complessità, le operazioni che gli addetti dovevano compiere (v. anche nel capitolo relativo alla descrizione) ed il numero di questi ultimi, si comprende, senza che residui dubbio alcuno, come un tale obbligo di "presidio" durante tutto il turno non potesse esistere, proprio perché incompatibile con la realtà imposta dalla lavorazione. Tanto che - ad ulteriore, anche se neppure più necessaria conferma - di tale incompatibilità, si deve qui ricordare che, durante i turni "centrali" - dalle 6 della mattina alle 22 della sera - era prevista per ogni addetto una "pausa pranzo" di mezz'ora, durante la quale, dandosi il cambio tra loro (cosicché, lungo la Linea, rimanevano solo 2 o 3 lavoratori), gli addetti potevano anche recarsi alla mensa (peraltro, come riferito, poco frequentata in quanto "distante" dalla 5); nel turno di notte, invece, non c'erano pause "fisse" ma certamente se ne dovevano poter fare nel corso delle otto ore; infatti gli addetti non solo potevano mangiare anche durante questo turno, ma ricevevano il relativo "sacchetto" della mensa (così v. MOR. e BO.).
Neppure nel già citato (v. capitolo "condizioni", nel paragrafo sulla "dismissione" dello stabilimento di Torino) documento in lingua tedesca sequestrato all'imputato ES., rimasto senza precisa paternità ma di certa provenienza "aziendale", si legge che gli addetti dovessero "presidiare" continuativamente la Linea durante il turno di lavoro, bensì: "di norma il personale di servizio dovrebbe ispezionare la linea una volta durante ogni turno, per rimuovere i residui cartacei e per tener pulito il capannone".
La difesa, preso atto dell'inesistenza di un obbligo di presidio fisico continuativo sulla Linea 5, afferma (v. durante le arringhe finali, ma v. anche le domande rivolte ai testi sul punto) che, quella notte, gli addetti alla linea 5 avrebbero dovuto comunque presidiare la sezione di entrata, dopo avere riavviato l'impianto, essendosi, con la fermata sopra descritta, verificato un "avvio problematico".
Richiesti sul punto, molti testi tra i lavoratori ed i tecnici (tra cui anche il qui più volte citato MOR.) hanno risposto affermativamente alla domanda loro posta dai difensori: "se c'erano problemi durante la lavorazione, controllavate a bordo linea?"; ad una tale domanda non si può che rispondere positivamente.
Ma un conto è la risposta - ovvia - ad una domanda generica; un altro conto è invece trarre da una tale risposta la necessità che, quella notte, al riavvio della Linea 5, gli addetti dovessero controllare a vista, a bordo linea, la ripartenza: non lo si può affermare, perché - come si è appena esposto - la fermata -causata dalla fotocellula - di per sé non rappresentava né costituiva alcuna situazione di "allarme" ovvero di "pericolo", ovvero di "anomalia" per il funzionamento della Linea 5, tale da richiedere il controllo da bordo macchina; sotto questo profilo, quindi, non si può affermare semplicemente che "dopo quello che era successo" (intendendo la fermata causata dal malfunzionamento della fotocellula) gli addetti dovessero controllare a vista la sezione di entrata. Anzi, affermare una tale necessità, con gli elementi dati e sopra riportati, significa proprio considerare la situazione di quella notte con il metro di valutazione ex post che non solo i difensori paventano, ma che è un rischio sempre presente alla Corte e da evitare - faticosamente, ricomponendo con estrema attenzione i singoli tasselli.
Dunque: i lavoratori, quella notte, non hanno "colpevolmente" omesso di controllare la sezione di entrata dopo il riavvio della Linea, perché, con gli elementi dati, non se ne ravvisava - ex ante - la necessità.

Sempre con riferimento ai momenti precedenti, la difesa concentra l'attenzione sull'Aspo in lavorazione al divampare dell'incendio: è infatti accertato (v. relativo verbale in faldone 2) che l'Aspo 1 non era centrato sulla carpenteria della Linea 5, bensì disassato e spostato verso il lato operatore.
Il teste BO., dopo avere dichiarato (come già sopra riportato) che non era stato lui, né nel turno precedente, né nel turno successivo dalle 22, ad imboccare i nastri, richiesto sul punto e, in particolare, se durante la fermata per la rimozione della carta, avvenuta nel turno precedente, qualcuno della squadra potesse avere imboccato, nel frattempo, il nastro, risponde (v. pag. 51-52 trascrizioni udienza 5/3/2009): "no non lo ricordo ma non credo, perché ricordo che poi effettuammo ulteriori operazioni di pulizia anche nel turno successivo per cui onestamente non ricordo se fu imboccato o meno il nastro, ho un ricordo più certo del fatto che fosse stato imboccato nel turno successivo" e alla domanda della difesa: "...il suo ricordo è che è stato imboccato da questa nuova squadra" BO. risponde affermativamente (v. pag. 53 trascrizioni).
Nonostante tale testimonianza, sia pure problematica, la difesa è convinta non solo che l'Aspo 1 fosse stato imboccato dalla squadra precedente, ma che volontariamente fosse stato spostato verso il lato operatore, in quanto "sciabolato" (v. anche sopra) e che la squadra smontante non avesse "passato le consegne" alla successiva, in particolare comunicandole il malfunzionamento della fotocellula e del voluto spostamento di Aspo 1; così non avvisando la squadra del turno successivo alle ore 22 del fatto che avrebbero dovuto controllare la sezione di entrata al momento del riavvio della Linea 5.
Ma questa ricostruzione rimane a livello di mera ipotesi, senza alcuna conferma probatoria: non è dato di conoscere se effettivamente l'Aspo 1 fosse stato caricato dalla squadra smontante: anzi, l'unica testimonianza - sia pure dubbiosa - va in senso contrario; molte ipotesi - tecniche - sono state esposte dai consulenti delle parti sul o sui motivi di tale disassamento, sino all'ultimo ed anche in sede di replica; nessuna però ha raggiunto una "certezza" tecnica verificabile; con la conseguenza che l'unico dato certo - quindi l'unico dato sul quale può e deve basarsi questa Corte - è la mancata centratura di Aspo 1; dato che, di per sé solo, non comporta le conseguenze sopra indicate ed esposte dalla difesa.

6.2 Le cause immediate dell'incendio
È necessario qui integralmente richiamare quanto è stato, nel presente dibattimento, accertato sulle condizioni di lavoro nello stabilimento di Torino, come esposto nel capitolo relativo (v. sopra) - in estrema sintesi condizioni relative alle carenze manutentive e di pulizia, alla presenza, lungo e sotto la linea 5, di rilevanti quantità di carta oleata e di olio, sia di laminazione sia idraulico, per le diffuse perdite dai circuiti oleodinamici, alla frequenza con la quale gli addetti alla linea 5 si trovavano a dover utilizzare gli estintori portatili e non solo, a fronte di focolai, di principi di incendio e di veri e propri incendi.
La - dettagliata - conoscenza di tale situazione permette di comprendere l'origine e lo sviluppo dell'incendio del 6/12/2007, oltre che di affermare, come vedremo dettagliatamente nel prosieguo, che, purtroppo, nella notte del 6/12/2007, non è intervenuto alcun fattore eccezionale, alcuna combinazione di imprevedibili anomalie.

Le approfondite analisi tecniche - acquisite agli atti - effettuate dai consulenti delle parti hanno permesso, anche in forza di successivi aggiustamenti generati, nel contraddittorio, da iniziali differenti prospettive ed ipotesi, di pervenire ad una sostanziale concordanza - tecnica - relativamente: al luogo in cui l'incendio si è originato; al suo innesco; al suo sviluppo sino al "collasso" di un flessibile del circuito oleodinamico, contenente olio in pressione (a 140 bar), che ha causato il propagarsi repentino e devastante in forza del ed. "flash-fire" (che vedremo infra, dettagliatamente); l'argomento sul quale, invece - sempre sotto il profilo tecnico - le parti continuano a sostenere diverse risultanze è il lasso di tempo intercorso tra l'innesco dell'incendio ed il suo avvistamento da parte degli addetti - in particolare, secondo la già riportata testimonianza di BO. - probabilmente da parte di S..

In breve.
L'innesco è stato causato dallo sfregamento del nastro contro la carpenteria -con formazione di scintille - ovvero o anche - da uno sfregamento del nastro contro la carta oleata - con infiammazione della stessa; ricordiamo, ancora una volta (v. il capitolo 5 già citato) che lo sfregamento del nastro contro la carpenteria era evento non raro sulla linea 5, molto più di frequente nell'ultimo periodo, in quanto determinato o dalla "sciabolatura" del nastro, cioè da una non sua perfetta laminazione con difetto di "planarità"; ovvero da una imperfetta "centratura" (su questo in particolare, v. anche infra, nel capitolo dedicato alle omissioni) dello stesso nastro, ovvero ancora dalla compresenza dei due fattori: nastro sciabolato e quindi di difficile imbocco e quindi volutamente - dagli addetti - imboccato non centrato, per cercare di "spianarlo". Come abbiamo già sopra ricordato, quella notte l'aspo 1 in svolgimento era disassato; non è dato invece di sapere se il nastro in lavorazione al momento dell'innesco fosse o meno "sciabolato".
Quello che possiamo con tranquillità affermare è che lo sfregamento del nastro sulla Linea 5 era accaduto molte altre volte in precedenza (v. capitolo citato, con anche i "segni" dello sfregamento visibili sulla carpenteria): era pertanto certamente prevedibile e non poteva certo considerarsi una "anomalia"; così come il fatto che, dallo sfregamento, in quella notte come molte altre volte in precedenza, si sviluppassero focolai ovvero incendi (v. sempre capitolo citato), causati dal ricadere - delle scintille, della carta oleata infiammata - sul pavimento sotto e lungo la linea, dove era presente "combustibile": ovvero ingenti quantità di carta oleata, di olio di laminazione gocciolato dai nastri in lavorazione, di olio idraulico da perdite dei circuiti dell'impianto oleodinamico (e ancora, come esposto sempre nel capitolo citato, "sporcizia" assortita: foglie secche, segatura intrisa di olio ecc.).
Nel caso del 6/12/2007, il focolaio ha avuto origine nella sezione di entrata della linea 5, sulla verticale della spianatrice, o raddrizzatrice, di Aspo 2, posta sotto il secondo pinzatore dell'Aspo 1 (ricordiamo che la linea si sviluppa su più piani, v. descrizione); lì sotto ha trovato questo combustibile - peraltro, come si è visto nel citato capitolo, distribuito ovunque sotto e lungo la linea 5 (ma non solo); lo riferisce BO.: "...(sotto la spianatrice, n.d.e.)...c'è il pavimento che normalmente era intriso di olio e spesso anche di segatura per ovviare a questo olio"; effettivamente, da quanto già abbiamo appreso e sopra esposto sulle condizioni di lavoro nello stabilimento, si sarebbe presentata come "anomalia" non la presenza, ma l'assenza - quella notte - del combustibile descritto.
Anche per il "combustibile", quindi, possiamo tranquillamente affermare che la sua presenza - e in quantità ingente - non costituisse un'anomalia, soprattutto - ma non solo - nell'ultimo periodo di operatività dello stabilimento e, come tale, fosse una "presenza" più che prevedibile.

È necessario aprire qui un'altra breve parentesi esaminando la questione del riavvolgitore della carta infraspira; si è già indicato (e v. capitolo descrizione, ma anche condizioni) che su tutti i nastri in lavorazione sulla linea 5 era apposta carta infraspira a protezione della qualità della superficie dell'acciaio; con la conseguenza che, svolgendosi il nastro lungo la linea per la sua lavorazione, contemporaneamente la carta doveva staccarsi dallo stesso nastro e a sua volta riavvolgersi su di un apposito aspo. Negli accertamenti successivi all'incendio del 6/12/2007 è stato verbalizzato (v., il dato è anche riportato in tutte le consulenze tecniche, ma deriva dal verbale di accertamento in faldone 2) che il selettore dell'aspo di avvolgimento carta era in posizione "manuale" e non "automatica": da tale rilievo, secondo i difensori degli imputati, si evince che il nastro in lavorazione al momento dell'incendio stesse svolgendosi lungo la linea con la carta adesa, cosicché l'incendio del 6/12/2007 si era determinato - secondo le varie possibilità già sopra esposte - dal surriscaldamento e conseguente infiammazione proprio della carta adesa; fatto di cui i lavoratori non si sarebbero accorti. Ma non vi è alcuna certezza -tecnica - che il nastro in lavorazione al momento dell'incendio presentasse carta adesa; così, non lo si può affermare: rimane un'ipotesi.
La Corte ritiene che la questione da affrontare riguardi il fatto che, secondo la prospettazione della difesa, il selettore in posizione "manuale" costituisca, di per sé, un "errore" di lavorazione compiuto dagli addetti quella notte. "Errore" che, invece, è smentito da una serie di testimonianze che è necessario qui brevemente richiamare. BE. (citato, v. udienza 28/4/2009) riferisce che, con il selettore in automatico, in caso di "strappo" della carta - perché adesa - quella sezione dell'impianto si fermava, l'operatore inseriva il manuale per poter svolgere nastro e carta e cercare di staccare la carta e farla riavvolgere: operazione che, come abbiamo già indicato, a volte non riusciva, cosicché la carta viaggiava impressa sul nastro sino al forno; questa è la procedura, ma come si è già riportato sopra (nel capitolo "condizioni") in pratica le operazioni non erano né così semplici né così schematiche; tanto che il teste VER. L. (citato, v. udienza 27/10/2009), primo addetto alla Linea 5, riferisce - come già riportato nel capitolo sulle "condizioni" - che, con la sua squadra, preferiva lavorare sempre con il selettore in "manuale" (v. e ne spiega anche i motivi ).
Con la conseguenza, relativamente a tale punto, che, se è vero che la procedura standard suggeriva di operare con il selettore carta in automatico, non vuol dire che da ciò si debba necessariamente trarre che la posizione del selettore, quella notte, fosse "in manuale" perché il nastro in lavorazione presentava carta adesa e, in più, che gli addetti siano incorsi in un "errore" posizionandolo ovvero - come anche ipotizza la difesa degli imputati -"dimenticandolo" in quella posizione. Si tratta, anche qui, di mere ipotesi, in quanto tali irrilevanti.
L'ultima affermazione cui giunge la difesa quale conseguenza della sua ipotesi - carta adesa certa ed "errore" di posizione del selettore carta - è che l'incendio si sarebbe potuto innescare - coinvolgendo l'olio sottostante e così sviluppandosi - solo in caso si fosse infiammata la carta adesa al nastro; è ben sufficiente, per dubitare di tale affermazione, ricordare quanto esposto nel capitolo relativo alle condizioni (v.) sulle cause dei focolai, dei principi di incendio e degli incendi avvenuti sulla linea 5; anche sottolineando la quantità di carta oleata presente sulla linea, nonostante i plurimi tentativi di pulizia da parte degli addetti (v. sopra).
Non appare invece necessario ricordare qui gli "esperimenti" video (v. consulenze difesa), esaminati anche durante il dibattimento, tendenti a rappresentare la "scarsa" infiammabilità dell'olio in presenza di carta "infiammata": le condizioni - bidone o vasca di olio con frammenti di carta infiammata - sono così radicalmente diverse dalle condizioni - reali - della linea 5 (e dello stabilimento in generale) che non occorre veramente spendere altre parole.

Terminata questa breve parentesi, si deve qui sottolineare che in quella notte funesta gli addetti alla linea 5 si sono accorti del principio di incendio innescatosi sotto la spianatrice con ritardo, senza prontamente intervenire -come loro stessi ed i loro colleghi erano intervenuti decine, centinaia di volte (v. il capitolo sulle "condizioni"), così permettendo lo sviluppo dell'incendio sino a determinare il "collasso" dei flessibili ed il repentino flash fire.
I difensori degli imputati hanno vigorosamente sostenuto come a causare l'incendio del 6/12/2007 sia stato un "coacervo di anomalie", tutte contemporaneamente ed inaspettatamente verificatesi; l'affermazione risulta pianamente ma radicalmente smentita dalla realtà delle condizioni in cui operavano gli addetti dello stabilimento, come sopra esposta e con il più volte -dovuto - richiamo al relativo capitolo; l'unica vera ed accertata "anomalia" verificatasi quella notte è stato un - mero -"ritardo" nell'avvistare l'incendio da parte degli addetti; ma non appare neppure corretto classificare tale "ritardo" come "anomalia": anche qui, considerate le condizioni di lavoro, le dimensioni della linea 5, le operazioni da compiere, la complessità della lavorazione -eccetera: insomma, il quadro complessivo, come già esposto - si può - e si deve - purtroppo concludere ritenendo che "anomalo" potesse essere, nella situazione data, il fatto che gli operatori fossero fino ad allora sempre riusciti ad intervenire tempestivamente, accorgendosi - subito - di ogni focolaio.

Si deve però ugualmente in questa sede - considerata la meticolosa attenzione con la quale è stato affrontato nel corso del processo - esaminare il fattore "tempo", la cui analisi dettagliata è stata resa possibile, nel corso del dibattimento, anche in forza di una integrazione probatoria tecnica (su cui v., in atti, consulenze e deposizioni testimoniali). In breve e per quanto qui rileva, si deve premettere che sul computer di controllo della linea 5 vi è traccia -registrazione - degli "eventi", comprendenti, come si vedrà, i "comandi" impartiti dall'operatore alla linea così come gli "accadimenti" che riguardano la stessa linea; si è anche accertato, nel corso del dibattimento, come l'orologio dello stesso computer non indicasse l'ora esatta di quella notte e come la registrazione degli eventi, quando pervengono tutti insieme ovvero a brevissima distanza l'uno dall'altro, possono essere registrati non nello stesso ordine dell'invio - da parte dell'operatore ovvero da parte della linea (v. in particolare su questo teste FRM. M., udienza del 26/5/2009, pag. 84 trascrizioni: "...all'interno del secondo, i decimi di secondo non hanno molto significato...perché le informazioni che vengono rappresentate da questo sistema di supervisione vengono trasmesse dai computer che gestiscono l'impianto...ad un driver che raccoglie queste informazioni una volta al secondo..."); sono così intervenuti, tramite i tecnici di parte ed a seguito anche della testimonianza testé citata, i necessari aggiustamenti; la Corte non ritiene necessario ripercorrere punto per punto questo iter, bensì dare atto di ciò che rileva: i risultati dell'analisi, cioè le registrazioni con le relative ore. Materia che viene dettagliatamente esposta dall'ing. MRM. - C.T. della Procura della Repubblica - nella sua consulenza (v. 23/9/2009) e che viene ripresa ed altrettanto dettagliatamente analizzata nella consulenza degli ingegneri QU. e BET. (v. 30/6/2010), consulenti della difesa degli imputati.
Corretto, come si è appena indicato, l'orario segnato sul server del computer e rimandando ad entrambe le relazioni tecniche citate (anche, in particolare, per la decodificazione delle indicazioni relative ai diversi tipi di "eventi" registrati) emerge, per quanto qui rileva, la registrazione dei seguenti "eventi", successivamente alla fermata della linea (sopra esposta, v.), che risale alle ore 23,07 del 5/12/2007 (v. in particolare dalla pagina 41 c.t. ing. MRM. e dalla pagina 14 c.t. ing. BET. e QU.):
-3 gruppi di "eventi", a partire dalle 00,31,05: si tratta di "comandi" inviati dall'operatore e preparatori al riavvio della linea -alle ore 00,35,46 - secondo la c.t. difesa 00,35,46,8, arrotondata a 00,35,47 - la linea viene riavviata: in quell'istante infatti è registrato il segnale "ok open"; la linea riparte alla velocità di 21 metri al minuto (era la velocità impostata e registrata dal segnale delle ore 22,44,00 del 5/ 12/2007);
-vi è un quarto gruppo di "eventi", dalle ore 00,35,48 alle ore 00,36,10, che registrano comandi impartiti dall'operatore e relativi al riavvio della linea; -alle ore 00,44,09 il collaudatore - che evidentemente era al suo posto - invia una "nota";
-alle ore 00,44,18 si arresta la sezione di ingresso della linea;
-alle ore 00,45,45 l'operatore riduce la velocità della linea da 21 a 18 metri al minuto;
-vi è un quinto gruppo di "eventi", di cui il primo è quello appena sopra indicato; gli altri, sino alle 00,45,51; riguardano comandi impartiti dall'operatore (riavvio pompe);
-gli ultimi due gruppi di "eventi" registrati, dalle ore 00,48,24 alle ore 00,49,53 (gruppo indicato dai c.t. come 6) e dalle ore 00,53,00 alle ore 00,53,10 (gruppo indicato dai c.t. come 7) non provengono più dagli operatori; alle ore 00,48,24 (o 00,48,25 come arrotondato dai c.t. della difesa) è registrato l'allarme "basso livello olio"; alle ore 00,53 è registrato l'allarme di "minimo livello serbatoio" ed alle ore 00,53,10 la linea si blocca.

La domanda che ci si deve porre è se sia possibile, in base ai dati acquisiti, individuare l'istante in cui l'incendio si è innescato, l'istante in cui i lavoratori si sono accorti dell'incendio e sono intervenuti (ed anche i tempi di tale intervento), l'istante in cui si è iniziato il flash fire. Con una considerazione preliminare: i tecnici delle parti hanno dibattuto questi argomenti a più riprese, in tutti i dettagli, sino alle ultime note difensive ed alle repliche; la Corte, dando atto di avere esaminato accuratamente anche questa parte, cerca qui di riportare esclusivamente il nocciolo essenziale del dibattito, sempre finalizzato al principio guida di ogni decisione e motivazione: quello della rilevanza.
Per rispondere alla domanda sopra indicata, è necessario procedere a ritroso; se alle 00,53 è registrato il "minimo livello olio", tanto che la linea si arresta dieci secondi dopo (alle 00,53,10) e se il "basso livello olio" è registrato alle 00,48,24 - o 25, significa che prima di quest'ultimo orario dovevano già essere "collassati" uno o più flessibili; quindi l'intervento degli operatori, per tentare di spegnere l'incendio (sulla "decisione" di intervenire v. invece infra) era certamente terminato prima della registrazione di tale "evento"; quando?
Logicamente l'avvistamento e l'intervento dovrebbero essere dopo le 00,44,09, quando il collaudatore ha segnalato un difetto del nastro; non sappiamo, invece, con certezza, se contemporaneamente o subito dopo la riduzione della velocità Linea, alle 00,45,45, perché non si può accertare il motivo di tale riduzione: è probabile che sia stato l'avvistamento del fuoco, ma non è certo.
Neppure si riesce - sempre con l'indispensabile certezza - a stabilire il momento dell'innesco; la linea, come abbiamo visto, è ripartita alle 00,35,46; il nastro in svolgimento sin dal suo inizio ha sfregato contro la carpenteria e, quindi, fin dal suo inizio ha provocato "scintille" ovvero l'infiammazione della -eventuale - carta adesa? Anche qui la risposta è incerta, perché, se tutto il tratto visibile dopo l'incendio presenta il segno dello sfregamento, è altrettanto vero che per i tratti iniziali dello stesso nastro - in forno e vasche - non è dato di rispondere, anche se quanto riscontrato renderebbe possibile - ma, ripetiamo, non certo, uno sfregamento sin dall'inizio (come da verbale in atti, v. faldone 2, accertamento del 18/1/2008); inoltre, dopo quanto tempo dalla partenza della linea lo sfregamento ha prodotto quelle scintille o quella carta infiammata che hanno costituito l'innesco? Non possiamo saperlo; dopo quanto tempo l'innesco ha "attecchito" incendiando le pozze di olio presenti sul pavimento sotto la spianatrice? Non possiamo saperlo. Ci dobbiamo ancora chiedere: dopo l'allarme "incendio", quanto è durato l'intervento degli addetti e degli altri lavoratori presenti con gli estintori, sino al momento in cui BO. (v. sopra, citato) ha deciso di adoperare una manichetta ad acqua? Su quest'ultimo punto la difesa degli imputati ha proposto un "esperimento": per prendere l'estintore e scaricarlo sono occorsi, da parte degli operatori di quella notte, 75 secondi (v.); ma le condizioni, anche in questo caso, non appaiono paragonabili: si dovrebbe sapere esattamente dove si trovavano, quella notte, non solo i lavoratori ma anche gli estintori che hanno utilizzato; ma non solo, il tempo indicato dalla difesa presuppone una contemporaneità, da parte di tutti i lavoratori, nel prendere gli estintori e nello scaricarli; il che contrasta con ciò che può accadere nella realtà in un momento di - vero - allarme.  Si deve anche ricordare che, se l'avvistamento coincidesse con la riduzione della velocità della linea - 00,45,45 - complessivamente l'intervento sarebbe durato un tempo di circa o meno di 2 minuti, perché l'allarme basso livello olio è indicato alle ore 00,48,24: ma a quest'ultimo momento, già si era verificato il collasso di uno o più flessibili.
Si deve logicamente concludere che non ritroviamo sufficienti dati certi per affermare a quale distanza di tempo dal riavvio della linea si è innescato il focolaio di incendio, a quale distanza di tempo dal riavvio della linea l'incendio si è sviluppato, quando è stato avvistato e, insieme, a quale distanza di tempo dal riavvio della linea ha raggiunto le dimensioni descritte da BO. (v. infra) e quanto tempo è durato l'intervento degli operatori, dall'avvistamento al flash fire.
La difesa sostiene invece, in sintesi, elaborando gli stessi dati sopra riportati, che l'intervento con gli estintori sarebbe avvenuto 11 minuti dopo l'avvio della Linea in quanto l'innesco dell'incendio sarebbe contemporaneo al riavvio della linea, lo sviluppo sarebbe stato immediato, l'intervento degli operatori celere ecc.; la Corte non può condividere tali certezze, in forza degli interrogativi -senza risposta tecnicamente precisa - sopra riportati.
La Corte ritiene che questo lasso temporale debba certamente essere ridotto -non è dato di sapere di quanto: ma certamente di qualche minuto - perché più a lungo di come indicato dalla difesa è realisticamente durato l'intervento degli operatori, perché non siamo certi che l'innesco sia avvenuto "nel primo minuto" dopo la ripartenza della linea, perché non sappiamo come - e con quali tempi -si sia sviluppato il primo focolaio.
Si tratta quindi di un tempo x non determinabile ma certamente inferiore a quello sostenuto dalla difesa; si deve quindi qui richiamare quanto sopra esposto: quella notte, gli addetti alla Linea 5 e gli altri lavoratori presenti si sono accorti in ritardo di qualche minuto - non sappiamo quanti - dell''incendio; ma, come si è già sopra esposto, considerate le condizioni di lavoro (v. relativo capitolo), le dimensioni della linea 5 (v. nel relativo capitolo), l'assoluta mancanza di qualsiasi "congegno" idoneo ad avvertirli, più che il ritardo di quella notte "anomalo" risulta essere il fatto che, in precedenza, i lavoratori fossero sempre riusciti a fronteggiare tempestivamente analoghe, ricorrenti situazioni.
Si deve ancora ricordare che non conosciamo il o i motivi del ritardo, ma possiamo escludere - perché è stato accertato, v. sopra, in questo e nel capitolo dedicato esclusivamente all'incendio - che gli addetti, quella notte, si siano accorti con ritardo - "relativo" - rispetto agli episodi precedenti - del focolaio di incendio perché "impegnati" in altro anziché nel loro lavoro: in particolare, non stavano né parlando con altri lavoratori (v. le surriportate testimonianze di P.G. e di P.S.) né guardando la televisione (v. capitolo sulla descrizione dell'incendio di quella notte).

Esaminato il fattore "tempo", si deve ora affrontare l'argomento dell'intervento da parte degli operatori, cioè del tentativo di spegnimento attuato con gli estintori a CO2 portatili (non è dato di conoscere se avessero utilizzato un carrellato: è stato trovato bruciato dopo l'incendio) e con la decisione di procedere con le manichette ad acqua.
Anche qui si deve richiamare quanto già esposto nel capitolo sulle condizioni di lavoro e nel paragrafo relativo al piano di emergenza ed alla sua applicazione pratica (v.): senza necessità di riportarlo per evitare inutili ripetizioni; ma sottolineando e avendo ben presente quanto analiticamente già esaminato su questa materia si può tranquillamente affermare come del tutto infondata appaia la tesi difensiva sul punto, secondo la quale i lavoratori non avrebbero dovuto intervenire con gli estintori; sia in quanto "non formati" in materia antincendio, sia in quanto, al momento dell'intervento, non si trattava più di "focolaio", bensì già di incendio vero e proprio: secondo questa prospettazione della difesa degli imputati, i lavoratori avrebbero disatteso le indicazioni contenute nel piano di emergenza.
Si deve invece espressamente concludere ribadendo che proprio seguendo le istruzioni aziendali, conseguenti all'ambiguità terminologica del piano di emergenza ed alla sua applicazione pratica, anche quella notte, come tutte le volte in cui in precedenza si erano trovati di fronte ad un analogo pericolo, i lavoratori sono intervenuti con gli estintori; quanto al focolaio, principio di incendio e incendio, appare sufficiente sottolineare come proprio nel piano di emergenza (v. sopra, apposito paragrafo) si indicasse "incendio" e non "focolaio" o "principio di incendio" quello sul quale si doveva intervenire, mentre non si doveva intervenire, sempre secondo il piano, solo in caso di incendio di "palese gravità"; concetti, tutti questi appena citati, mai oggetto di seria esplicazione, bensì rimessi alla libera interpretazione secondo "buon senso" del singolo lavoratore; come diffusamente riportato nel capitolo sulle condizioni di lavoro (v.) per la "palese gravità"; sulla differenza fra incendio, principio di incendio e focolaio, senza qui riportare una per una le testimonianze ma ad esse rimandando, si deve sottolineare che nessun lavoratore è riuscito a darne una definizione corretta (quale quella che abbiamo appreso dai testi appartenenti ai Vigili del Fuoco, come FO. F., citato).
I difensori "rimproverano" anche a BO. la decisione di procedere con la manichetta ad acqua - rimasta, come abbiamo già indicato, a livello di mero tentativo, perché nel frattempo (proprio mentre BO. si trovava accovacciato dietro il "muletto" per svolgere la manichetta) è esploso il flash fire che ha incendiato e ucciso tutti gli altri - ma soprattutto dubitano che l'incendio si presentasse al momento dell'intervento così come l'ha descritto BO. (v., con fiamme di 10-15 cm): i difensori esprimono "perplessità" chiedendosi perché, se fosse stato vero - come riferito da BO. - che le fiamme erano in quel momento relativamente basse, tutti e 8 gli operatori presenti si fossero - invece - sentiti in dovere di intervenire.
In ordine al primo punto, si deve qui ricordare come gli addetti agli impianti non intervenissero -"normalmente": cioè ogni volta che avvistavano un "incendio" - solo con gli estintori portatili, ma altresì - come abbiamo riportato, per averlo appreso da numerosi testi, v. sempre nel capitolo sulle condizioni di lavoro nello stabilimento - con le manichette ad acqua, con gli estintori carrellati, azionando gli impianti presenti sul sendzimir 62 (v. testimonianze citate): in breve, con tutto ciò di cui disponevano, differente nelle varie linee, nel frattempo chiamando ed in attesa dell'arrivo del capoturno, della squadra di emergenza e dei manutentori; e come lo stesso BO. ben fosse consapevole che l'acqua non si doveva utilizzare sulle zone in "tensione": così infatti egli risponde alla relativa domanda (v.).
In ordine al secondo punto, la Corte fatica a comprendere come i difensori possano dubitare del fatto che, in quel momento, l'incendio si presentasse così come descritto da BO.: cioè con fiamme apparentemente "domabili"; non si può certo pensare che, se in quel momento le fiamme fossero apparse alte come sembrano ipotizzare i difensori, i lavoratori avrebbero egualmente tentato di domarle; appare poi del tutto naturale la reazione che ha portato tutti i presenti a mobilitarsi; così logica e naturale che è anche - proprio come reazione - confermata da molti testi, che abbiamo già riportato sempre nel citato capitolo 5 sulle condizioni di lavoro (v. alcuni testi tra cui AB., citato, riferiscono anche che, in casi analoghi, "scaricavano" più estintori - anche 20 -ed accorrevano anche dagli impianti limitrofi).

Si deve quindi concludere affermando che i lavoratori - gli addetti alla linea 5 così come M. e S. - hanno, quella notte, intervenendo per cercare di spegnere il fuoco, ottemperato alle direttive aziendali; non hanno, sotto il profilo della ricostruzione ex ante, mantenuto una condotta diversa da quella che dovevano tenere - e che era certamente ed oggettivamente rischiosa -proprio seguendo le istruzioni dell'azienda.

6.3 Prime conclusioni
Esaminate ed esposte le condizioni di lavoro nello stabilimento di Torino, le ore precedenti e le cause immediate dell'incendio del 6 dicembre 2007, il tutto come emerso e provato in dibattimento, la Corte deve di conseguenza a conclusione di questa prima parte affermare:
-l'esistenza del diretto nesso di causalità tra tali condizioni (nei vari "punti" specificamente esaminati) e l'incendio;
-l'esclusione del caso fortuito, dell'imprevedibile sovrapporsi e concentrarsi di "anomalie" e, invece, la evidente prevedibilità da parte di tutti coloro che dirigevano, gestivano ed organizzavano il lavoro in quello stabilimento (v. infra);
-la prevedibilità anche di possibili drammatiche conseguenze - rischio per l'integrità fisica dei lavoratori - non determinate nel caso di specie da alcuna condotta imprudente o negligente o imperita da parte degli stessi lavoratori; tanto meno, ai lavoratori si può imputare alcuna condotta "imprevedibile" e tale da spezzare il nesso di causalità esistente tra le condizioni di lavoro e l'incendio; come si è ampiamente esposto, anche quella notte essi si sono comportati secondo le direttive aziendali.
Tanto che questa Corte non ritiene neppure necessario richiamare qui la costante giurisprudenza della Corte di Cassazione che afferma come occorra "un vero e proprio contegno abnorme, tale che esuli dalle normali operazioni produttive, perché la condotta del lavoratore faccia venire meno la responsabilità del datore di lavoro (v. così, dalla sentenza n. 3580/99 alle più recenti: n. 22615/2008, n. 14440/09).
Vedremo infra se, alla prevedibilità in generale del rischio che correvano i lavoratori intervenendo, quasi quotidianamente, per spegnere i frequenti "incendi", si accompagnasse anche la prevedibilità del rischio derivante, in particolare, dalla combinazione tra l'incendio e la presenza, lungo la linea 5, di numerosissime condutture - flessibili o meno - portanti olio idraulico ad una pressione di 140 bar (corrispondenti alla pressione che si può misurare sott'acqua a 1.400 metri di profondità).




7 Lo stabilimento di Torino e i controlli.
A) la mancanza del "certificato di prevenzione incendi".
B) rientrante negli stabilimenti a rischio di "incidente rilevante".
C) i controlli da parte degli Enti Pubblici.
D) il ruolo dei lavoratori e dei loro rappresentanti.


A) La mancanza del "certificato di prevenzione incendi".
La mancanza del certificato di prevenzione incendi è dato pacifico; lo stabilimento di Torino, secondo la puntigliosa ricostruzione anche riassunta durante l'arringa finale dai difensori degli imputati, operava sin dal 8/3/1985 con un "nullaosta" provvisorio, sulla base di una dichiarazione da parte dell'azienda; il primo incarico di "valutazione del rischio incendi" era stato conferito all'ing. AGO. nel 1997; la relativa relazione era del 3/12/1997; il Comando dei Vigili del Fuoco aveva approvato la relazione in data 24/6/ 1998 con la consueta formula: realizzate gli interventi previsti e, previo sopralluogo, verrà rilasciato il certificato. Trascorre un lungo periodo di silenzio (non risultano, salvo errori, comunicazioni da parte dell'azienda dell'avvenuta esecuzione degli interventi ovvero solleciti da parte dei Vigili del Fuoco); il primo sollecito da parte dei Vigili del Fuoco si riscontra in data 24/6/2002: ricordiamo come in data 24/3/2002 si fosse verificato l'incendio sul sendzimir di cui alla sopra citata sentenza (v.); l'azienda risponde al sollecito con la relazione ing. QU. in data 12/12/2003; i Vigili del Fuoco approvano, con la formula già sopra riportata, gli interventi programmati, oltre a quelli invece effettuati e relativi al solo sendzimir 62, in data 23/12/2003; dopo questa data, la Corte ha rinvenuto, da parte dell'azienda, richieste di proroga per completare gli interventi, l'ultima delle quali è costituita da una missiva, datata 10/1/2006, redatta dall'imputato CAF., indirizzata al Comando Provinciale Vigili del Fuoco, con riferimento alla relazione ing. QU. citata, del 12/12/2003, in cui si dice che "il programma degli interventi...è stato parzialmente realizzato" e si chiede una proroga per il completamento sino al dicembre 2007.
Non vi sono dubbi quindi che, al dicembre 2007, lo stabilimento si trovasse con "richiesta di proroga" rispetto agli interventi individuati nel - lontano -dicembre 2003.
Prima del gennaio 2006 vi erano state altre comunicazioni interne; la prima, per quanto consta a questa Corte esaminando i documenti sequestrati - inviata dall'imputato SA. all'imputato dr. ES. in data 23/1/2004, che comunicava la missiva del Comando Vigili del Fuoco, citata, del 23/12/2003, con la raccomandazione - espressa da SA. e rivolta ad ES. - di "collaborare" per rispettare quanto programmato; un'altra inviata da CAF. - in data 28/9/2004 - all'imputato ing. MO. e per conoscenza all'imputato SA. ed al teste DON. M. (v. infra, udienza 2/3/2010), in cui si indicavano le spese previste per l'adeguamento degli impianti antincendio e si chiedeva l'intervento - "è indispensabile" - precisando che, secondo i tempi "concordati" con i Vigili del Fuoco, la realizzazione doveva essere completata entro il 31/12/2005; un'altra - in data 11/10/2005 - inviata da CAF. al dirigente ternano PE. M. e, p.c, agli imputati SA. e MO., con richiesta al primo di una sua visita allo stabilimento di Torino per "completare la valutazione tecnica delle offerte dei vari fornitori"; altre ancora successivamente (in data 3 e 18 ottobre 2007), che vedremo infra per il loro stretto legame con gli investimenti ed. di fire prevention successivi all'incendio di Krefeld (v. infra).
Presupposto di tali comunicazioni è, naturalmente, che la situazione antincendio dello stabilimento non fosse "a norma" e che gli interventi individuati nel dicembre 2003 non fossero ancora terminati; secondo la difesa degli imputati, quasi tutti tali interventi - nel dicembre 2007 - erano stati effettivamente completati, tra i quali il nuovo anello antincendio per tutto lo stabilimento; la Corte non ha motivo di dubitarne: deve però ricordare che i Vigili del Fuoco, intervenuti nella notte del 6/12/2007, nella loro relazione (v. sopra, nel capitolo dedicato alla descrizione dell'incendio, riportata integralmente) danno atto che "...la pressione degli idranti all'interno dello stabilimento non era sufficiente alla formazione della schiuma", tanto che avevano deciso di "attaccare" l'incendio in corso con tubazioni alimentate dalle loro macchine.

B) Rientrante negli stabilimenti a rischio di "incidente rilevante".
Nel frattempo, nel dicembre 2004, durante un sopralluogo nello stabilimento effettuato ai sensi dell'art. 6 del D.Lgs n. 334/99, l'ing. M. OR.G., funzionario della Regione Piemonte addetto al settore "grandi rischi ambientali" (v. testimonianza udienza 24/3/2010), si accorgeva che lo stabilimento di Torino, in forza della quantità di acido fluoridrico presente, rientrava invece nell'art. 8 stessa legge.
È necessario qui ricordare che l'inserimento tra gli stabilimenti soggetti alle prescrizioni dell'art. 8 del D.Lgs 334/99 (e successive modifiche) comportava che, per il rilascio del certificato di prevenzione incendi da parte del Comandante Provinciale dei VVFF, quest'ultimo dovesse attendere anche le determinazioni del Comitato Tecnico Regionale (v. articolo 3 D.M. 19/3/2001, integralmente letto dai difensori degli imputati all'udienza del 16/3/2010, durante la testimonianza di PULITO C., pag. 77 trascrizioni); ma non era di ostacolo a che, nel frattempo, l'azienda completasse gli interventi proposti, come già sopra esposto e come infatti si ricava dai solleciti e dalle richieste di proroga: si tratta di due diversi iter che "viaggiano" in parallelo, così come del resto l'attività dei due diversi "comitati" previsti dal D.Lgs 334/99: quello di controllo regionale e quello di nomina ministeriale per verificare il "sistema di gestione sicurezza".
Si deve anche chiarire che l'obbligo - per l'azienda - di rispettare le norme di cui al D.M. 10 marzo 1998 ("criteri generali di sicurezza antincendio e per l'emergenza nei luoghi di lavoro", v. dettagliatamente infra, nel relativo capitolo) derivava direttamente dal D.Lgs n. 626/94, art. 13: infatti il citato D.M. è stato emanato in attuazione; non si può quindi sostenere che, rientrando lo "stabilimento" nei casi indicati nel D.Lgs 334/99, l'azienda non fosse più soggetta alla 626/94 e/o ad un suo decreto attuativo; è evidente come i diversi decreti legislativi normino diverse realtà economico-produttive: per tutte, il primo; per quelle con particolari "rischi" - v. subito infra - anche il secondo. Forse è utile sottolineare che proprio un'azienda soggetta a "rischio di incidente rilevante" - nel caso di specie, come si è indicato, non specificamente per il rischio incendio bensì per le quantità di acido fluoridrico - debba inevitabilmente prestare la massima attenzione (esigibile e possibile: v. infra, nei capitoli relativi) a tutte le misure di prevenzione - ivi comprese quelle relative, in particolare, alla prevenzione incendi - per evitare che eventi di altro tipo, come quello appena indicato, interferiscano con il rischio "specifico". Infatti l'appena sopra citato D.M. 10/3/1998 al punto 9.2 indica, tra le attività "a rischio di incendio elevato", alla lettera a): "industrie e depositi di cui agli articoli 4 e 6 del D.P.R. n. 175/88 e successive modifiche e integrazioni"; a sua volta il DPR 175/88 è stato emesso in attuazione della Direttiva CEE n. 82/501, relativa ai "rischi di incidenti rilevanti": è la ed. legge "Seveso", nella quale gli articoli 4 e 6 indicano le aziende a rischio di incidente rilevante; legge poi modificata ed integrata proprio dal D.Lgs 334/99, a sua volta chiamato "Seveso bis". Indicazione che comporta la necessità - nel caso di specie per lo stabilimento di Torino - che "i corsi di formazione per gli addetti (alla prevenzione incendi, n.d.e.) nelle sopra riportate attività devono essere basati sui contenuti e durate riportate nel corso C" (così l'ultimo paragrafo del citato punto 9.2); per le specifiche del corso C, la cui durata minima è di 16 ore, v. punto 9.5). E' utile qui ricordare la completa mancanza di formazione dell'addetto alla squadra di emergenza in servizio nella notte del 6/12/2007, il teste PO. (v. sopra).
In estrema sintesi, solo per quanto qui rileva, si deve ricordare che finalità della legge succitata è quella "di prevenire gli incidenti rilevanti connessi a determinate sostanze pericolose e a limitarne le conseguenze per l'uomo e per l'ambiente" (art. 1); la sua applicazione comprende "tutti gli stabilimenti in cui sono presenti sostanze pericolose in quantità uguali o superiori a quelle indicate nell'allegato I" (art. 2); al "gestore" dello stabilimento in questione sono prescritti gli obblighi di cui all'art. 4 (v.) e seguenti: in particolare, secondo l'art. 6, ha l'obbligo di effettuare la "notifica", ai vari Enti indicati e con la forma dell'autocertificazione, di tutte le notizie utili, tra cui - lettera d) - "le notizie che consentano di individuare le sostanze pericolose o la categoria di sostanze pericolose, la loro quantità e la loro forma fisica"; l'art. 8 impone inoltre al gestore di redigere un "rapporto di sicurezza" qualora nello stabilimento le sostanze pericolose siano "in quantità uguali o superiori a quelle indicate nell'allegato I, parti 1 e 2, colonna 3".
Quindi durante il sopralluogo l'ing. OR.G. aveva riscontrato l'erroneità della quantità di acido fluoridrico riportata in notifica rispetto a quella presente nello stabilimento: in particolare era stato dall'azienda "...interpretato male come si facesse la somma pesata sulla quantità della sostanza...era indicata correttamente la quantità di sostanza anidra, non correttamente la parte di sostanza in soluzione acquosa" (v. pag. 109-110 trascrizioni); quantità il cui procedimento di calcolo era esposto nelle tabelle allegate a D.Lgs n. 334/99. Ora, l'errore in cui era incorsa l'azienda rappresenta certamente una circostanza qui del tutto marginale: si deve però osservare che appare meno "scusabile" in quanto commesso in uno stabilimento facente parte di un grande gruppo multinazionale, con la concreta possibilità di avvalersi di consulenti e professionisti esperti; ciò che risulta poi alquanto singolare è che nel giorno successivo al sopralluogo ed al riscontro dell'errore - e del relativo illecito penale - l'azienda già potesse trasmettere all'Autorità un primo "rapporto di sicurezza" previsto dal citato articolo 8 (v.: il sopralluogo è avvenuto il 2/12/2004, il "rapporto di sicurezza" è stato trasmesso il 3/12/2004).
Sulle procedure attivatesi per ottemperare al D.Lgs n. 334/99 è stata esperita, nel corso del dibattimento, un'ampia istruttoria, con l'escussione di numerosi testi, incaricati dagli Enti pubblici quali componenti dei diversi "comitati" previsti e costituitisi (v. in dettaglio secondo il citato decreto legislativo); non appare rilevante ai fini della decisione ripercorrere dettagliatamente tali testimonianze (su cui v. udienze 16/3/2010, 24/3/2010 e 12/5/2010) ma solo riportare, a grandi linee, quali siano i "collegamenti", imposti dalla legge, tra il procedimento per l'ottenimento del certificato antincendio ed il procedimento derivante dal D.Lgs n. 334/99 e quale sia stata, in concreto, la procedura esperita dai componenti i comitati per elaborare il documento finale, previsto sempre dal D.Lgs n. 334/99, sottoscritto dai membri subito prima e subito dopo il 6 dicembre 2007 ed il "verbale" del Comitato Tecnico Regionale, formato il 21/6/2007 (v. in atti).
L'ampiezza dell'istruttoria ben si comprende quale attività richiesta ed espletata a favore degli imputati: i documenti citati consistevano anche in "descrizioni" dello stabilimento, con date coincidenti o di pochi mesi anteriori al 6 dicembre 2007, in cui non si dava atto di particolari "criticità" dello stabilimento di Torino (ma v. più in dettaglio infra); apparivano pertanto di particolare interesse per un'ampia difesa sulle "condizioni" dello stesso stabilimento (su cui v. sopra; v. invece infra, nell'apposito capitolo, per i "controlli" in generale da parte degli Enti pubblici).
Le risultanze testimoniali assunte hanno ridimensionato la rilevanza di tali documenti (anche sotto il complessivo e complesso profilo, che vedremo dettagliatamente infra, della "prevedibilità" dell'evento accaduto), non solo per i "tempi" cui risalgono: la relazione finale del Comitato nominato dal Ministero dell'Ambiente (terminata nel dicembre 2007) si riferisce ad una descrizione dello stabilimento risalente al giugno 2006 (il 27/6/2006 è terminato il sopralluogo; il "ritardo" nella redazione è dovuto a "trasferimenti" che qui non interessano); il verbale del Comitato Tecnico Regionale (anche questo in "ritardo" rispetto all'insediamento, per altri trasferimenti) deriva da un sopralluogo eseguito nel gennaio 2007 (v. il capitolo dedicato alle "condizioni di lavoro").
Ma, soprattutto, perché è stato accertato in dibattimento che tali "descrizioni" sono state effettuate, secondo lo spirito di collaborazione tra azienda ed Enti pubblici di controllo che informa la legge relativa, principalmente - ma si potrebbe affermare quasi "esclusivamente", esaminate le modalità dei sopralluoghi subito infra riportate - sulla base dei documenti aziendali, riguardanti la valutazione dei rischi come effettuata dall'azienda, senza alcuna diretta conoscenza della reale "situazione" dello stabilimento e neppure - lo si deve qui accennare: così risulta dalle testimonianze - nessun approfondimento relativo anche all'organizzazione (v., rimandando qui ai testi, per l'accertamento sul "gestore" dello stabilimento: era SA. perché si era presentato così; sulla "formazione" dei lavoratori - la teste TT. (v., citata) non aveva a loro riferito che i corsi erano tenuti fuori dall'orario di lavoro; sul "piano di emergenza", appariva "completo" perché riportava i punti di evacuazione).
Sul sopralluogo del giugno 2006 riferisce il teste DE.M. L. (v. udienza 16/3/2010; Vigile del Fuoco, membro sia del Comitato Tecnico Regionale, sia del Comitato nominato dal Ministero dell'Ambiente per verificare il sistema di gestione della sicurezza): "...non potevamo girare liberamente per l'azienda per i rischi presenti...il primo giorno è stato il 5 giugno 2006...loro (intendendo gli interlocutori aziendali: SA. e CAF., n.d.e.) dicevano che visto i rischi che potevano esserci era preferibile che la visita venisse fatta in percorso guidato, visita collegiale." Visita in cui non era stata compresa la Linea 5, la cui "valutazione del rischio" era stata tratta esclusivamente dai documenti aziendali (v. testimonianza anche di BLB. ., udienza 16/3/2010). La teste DI BIT. C. (in allora funzionario della Regione Piemonte, nominata, insieme a BLB. P. e DE.M. L., nello stesso Comitato del Ministero dell'Ambiente e redattrice della relazione finale, v. udienza 12/5/2010) poco ricorda "in fatto" e molto, durante la sua testimonianza, riprende rileggendo la sua relazione; conferma in ogni caso che la relazione del dicembre 2007 si riferiva alla situazione precedente il giugno 2006.
Un altro sopralluogo nello stabilimento era stato effettuato il 15 gennaio 2007, da parte di RCB. U. (Comandante Vigili del Fuoco, membro del Comitato Tecnico Regionale, v. udienza 24/3/2010) e di GNN. M. (funzionario regionale, segretario del C.T.R. ed anche nel gruppo di lavoro S.G.S. - sistema gestione sicurezza; v. udienza 24/3/2010); il teste RCB. (anche lui trasferito nel 2005-2006) dopo avere ricordato come, al momento dell'incendio del sendzimir nel 2002 (v. sopra, più volte), nello stabilimento di Torino: "...le condizioni erano veramente carenti, anche dal punto di vista degli idranti...quando si è sviluppato l'incendio invece dell'acqua usciva il vapore perché le tubazioni erano in cantina" (e si comprende così la prescrizione relativa al rifacimento dell'anello antincendio: completato, peraltro, con i risultati che abbiamo già ricordato sopra, riportati nella relazione dell'intervento dei Vigili del Fuoco nella notte del 6/12/2007, v.), aggiunge che, pur avendo "visto" - per 5-10 minuti; ricordiamo qui le dimensioni - la Linea 5 durante la visita, quella Linea non aveva attirato la sua attenzione; anche perché sulla base delle informazioni fornite dall'azienda "non si appalesava come una zona a rischio incendi" mentre il fatto che: "...lì passassero i tubi contenenti olio idraulico in pressione non era visibile, bisognava conoscere l'impianto"; il teste GNN. M., che accompagnava quel giorno RCB.: "...non ricordo le linee, abbiamo fatto un giro in generale dello stabilimento".
Il 21 giugno 2007 si tiene una seduta collegiale del COMITATO TECNICO REGIONALE alla quale (terminata la discussione tra i membri) partecipano anche i rappresentanti dell'azienda, nel caso gli imputati SA. e CAF.; lo riferisce con precisione la teste ZO. C. (funzionario ARPA, v. udienza 24/3/2010): "alla riunione CTR del 21/6/2007 i rappresentanti dell'azienda, presenti, hanno dichiarato che probabilmente entro l'anno l'azienda avrebbe chiuso e che quindi probabilmente questi lavori (intendendo quelli prescritti nel verbale, n.d.e.) non sarebbero mai stati fatti...mi ricordo perché di solito i rappresentanti dell'azienda discutono sempre sulle prescrizioni, sui tempi ecc....in quel caso, non fecero rimostranza alcuna comunicando in particolare CAF. che l'azienda sarebbe stata chiusa". Durante tale seduta è stato illustrato ed approvato il rapporto del gruppo di lavoro e sono state indicate alcune prescrizioni.
Come si è già sopra indicato, dai documenti finali non emergono particolari "criticità" (v. anche infra) per lo stabilimento di Torino; tali documenti, oltre ad analizzare lo stabilimento sotto diversa prospettiva rispetto a quella del rischio incendio - come ben chiarito dal teste RMN. A. (ingegnere consulente dell'azienda per questa materia - rischio di incidente rilevante - , v. udienza 2/3/2010): "...non ci siamo occupati di prevenzione incendi...la valutazione rischi di incidenti rilevanti contiene SOLO i rischi di incendi riferiti alle sostanze pericolose...finisce lì", sono anche il risultato di "accertamenti" effettuati con le modalità sopra esposte - sulla base dei documenti elaborati dall'azienda e con un rapido e superficiale "giro" nello stabilimento - cosicché non rispecchiano - non possono rispecchiare - le sue "reali" condizioni, neppure alle date precedenti (v. giugno 2006 e gennaio 2007); tanto meno, a fronte di siffatte modalità, i membri delle commissioni potevano rendersi conto di rischi non espressamente indicati dall'azienda. Il citato ing. RMN., richiesto sul perché non fosse stato indicato, per la Linea 5, il rischio rappresentato dall'olio idraulico in pressione, così dichiara: "...a scanso di equivoci...il fatto di non averlo considerato...non voleva dire che poteva o non poteva essere pericoloso, semplicemente ai fini grandi rischi non è stato portato...come rischio associato a rischi di incidenti rilevanti...l'analisi ha escluso il fatto che ci potesse essere un'interconnessione tra questi due tipi di rischio".
La Corte non intende qui esprimere alcuna critica al concreto modus operandi delle commissioni, gruppi di lavoro ecc.; tanto meno porre in discussione il sistema adottato dal legislatore anche con il D.L.gs 334/99, fondato sulla "autodichiarazione" ed "autovalutazione" da parte del datore di lavoro (principio, peraltro, che si ritrova già, come vedremo infra in dettaglio, nel D.Lgs 626/94); deve solo prendere atto che la tipologia di accertamento seguita, per i presupposti, le modalità operative e le finalità, non può essere utile nel nostro caso.
Si deve però aggiungere che, nonostante il controllo quasi meramente "cartaceo", qualche "scorcio" di realtà riesce ciò nonostante ad emergere: lo stesso teste RCB. precisa che, secondo la sua valutazione, nonostante l'azienda rientrasse nelle prescrizioni dell'art. 8 citato D.Lgs "...per il rischio tossico...in realtà le problematiche più serie erano relative all'aspetto antincendio...indubbiamente in azienda c'erano grossi quantitativi di olio...le condizioni di esercizio...le temperature e soprattutto le energie di tipo meccanico...che si potevano sviluppare, avrebbero consentito l'innesco di questi oli...''; aggiunge che, a marzo 2005, avevano rilevato l'incompletezza del primo "rapporto di sicurezza" (la Corte ritiene quello già citato, inviato dall'azienda il 3/12/2004), in particolare perché mancava tutta la parte relativa al rischio incendio.
Nel verbale del 21/6/2007 si trovano così una prescrizione particolare sulla necessità di "togliere" le perdite di olio, su cui il teste FRO. M. (in allora Direttore Generale dei Vigili del Fuoco del Piemonte e Presidente del C.T.R., v. udienza 16/3/2010) ha dichiarato: "...è una prescrizione molto importante...in quel caso l'ispezione rilevò la presenza di olio o cartacce o stracci, comunque nota dello sporco si arrabbia sempre dal punto di vista della sicurezza, perché è un indice molto grave di bassa attenzione nei riguardi della sicurezza"; poi un'altra "prescrizione" di carattere generale (immediatamente precettiva, perché non necessitante di interventi operativi) del seguente tenore:
"Il CTR raccomanda una attenta attuazione del Sistema di Gestione della Sicurezza, con particolare riguardo alle operazioni finalizzate alla sicurezza in caso di eventi anomali, previsti in regime manuale nell'attuale assetto organizzativo dello stabilimento, come si evince dall'analisi dei rischi prodotta." Prescrizione, almeno per la Corte, di non facile comprensione; ma dalle testimonianze abbiamo appreso (lo dice proprio RCB., v. pag. 93 trascrizioni) che è stata inserita per iniziativa dell'appena citato teste FRO. M.: "...si parlava a quel tempo di una possibile dismissione e questo ovviamente, in materia di sicurezza, è una circostanza che va tenuta con molta attenzione; tant'è che nel leggere le prescrizioni..." avevano deciso di aggiungere la clausola appena riportata; precisa FRO.: "...queste difficoltà, dovute alla provvisorietà, emergevano anche da un attento esame dell'analisi dei rischi e il C.T.R. ha ritenuto di precisarlo...evidentemente vi erano delle condizioni di provvisorietà, probabilmente dovute al fatto che si prevedeva la dismissione dell'attività... ed in questa fase provvisoria alcune azioni erano affidate alla mano umana, anziché ai dispositivi automatici"; in breve, a prescindere dal linguaggio involuto, il C.T.R. - in particolare il Direttore FRO.: perché altri membri, come emerge dalle loro testimonianze (v.), pensavano si trattasse di una mera "clausola di stile", ma il suo autore lo smentisce - era preoccupato del fatto che le "operazioni" da compiere in presenza di qualsiasi incidente, emergenza ecc. che si potesse presentare, dovevano essere svolte interamente dal personale, senza impianti automatici e ciò con il maggior fattore di "rischio" rappresentato dalla dismissione dello stabilimento.

C) I controlli da parte degli Enti Pubblici.
Come già abbiamo avuto modo di comprendere nell'esposizione dei precedenti paragrafi A) e B), la questione dei controlli, nello stabilimento di Torino, da parte degli Enti pubblici preposti - Vigili del Fuoco, comitati ex D.Lgs 334/99, ma anche, v. infra, ASL e SPRESAL - è stata oggetto di istruttoria testimoniale, di corposa documentazione sequestrata ed acquisita, di ampio dibattito tra le parti.
Per quanto qui rileva, si deve ricordare che l'attività di controllo sullo stabilimento di Torino (escludendo quella di cui agli appena citati paragrafi), in materia di sicurezza sul lavoro e precedente al tragico evento del 6/12/2007 (per quella successiva v. il paragrafo dedicato alle 116 prescrizioni comminate dallo SPRESAL) non ha potuto essere compiutamente accertata nel presente dibattimento, non oltre alcuni scarni dati documentali; infatti i funzionari e dipendenti A.S.L. addetti, chiamati a testimoniare dai difensori degli imputati, si sono tutti avvalsi della facoltà di non rispondere (v. in particolare udienza 2/3/2010), quali indagati in reati connessi (art. 323 c.p. - abuso di ufficio e 479 c.p. - falsità ideologica commessa dal p.u. in atti pubblici).
Anche qui (come già per le contestate false testimonianze) si tratta di separato procedimento penale, che seguirà il suo corso.
La Corte deve però osservare che alcuni testi - la cui attendibilità, su altre circostanze, è stata positivamente vagliata, come già sopra indicato - hanno, nel corso del dibattimento e su richiesta del Pubblico Ministero, riferito come in azienda fosse "conosciuta" in anticipo di qualche giorno la data in cui si sarebbero svolti i "controlli" da parte dell'A.S.L., cosicché ai lavoratori addetti agli impianti veniva ordinato di "pulire", di "mettere a posto" ecc.; senza qui riportare in dettaglio tutti i testi che hanno confermato tale "notizia", si deve ricordare che tra i documenti sequestrati sono state rinvenute alcune email (v. in particolare e-mail 12/9/2006 inviata da CAF. a SA., ai dirigenti, ai capireparto ed ai capiturno dello stabilimento di Torino) che parrebbero confermare proprio tale circostanza. La cui gravità, se accertata, non necessita di commenti.
Per quanto qui rileva, si deve osservare la complessiva scarsità e la carente incisività dei rilievi e delle prescrizioni da parte dell'A.S.L., come emerge dai relativi dati documentali e considerate le condizioni di lavoro nello stabilimento di Torino, già sopra esposte e che qui si devono solo richiamare. Sul tema generale della "rilevanza" dei controlli da parte degli Enti preposti -sotto il profilo delle responsabilità dell'azienda in generale in tema di sicurezza - si deve qui ricordare - ma l'argomento sarà trattato ampiamente infra - che non solo dai D.L.gs già citati (334/99 e 626/94), ma anche dalla Carta Costituzionale e dalle norme generali contenute anche nel codice civile (v. infra) emerge la assoluta centralità del datore di lavoro, cui è demandato sia il compito di individuare i "rischi" per l'incolumità dei lavoratori (v. infra, nell'apposito capitolo) che la sua attività economico-produttiva comporta, sia nell'indicare ed apprestare le necessarie cautele per eliminare ovvero ridurre tali rischi; sicché la sua responsabilità non è - non può essere - attenuata dalla incompletezza ovvero dalla omissione dei controlli; salvo aggravarsi - ma non è il nostro caso - qualora, al contrario, non abbia rispettato precise "prescrizioni" comminategli. Centralità del datore di lavoro che viene costantemente ribadita dalle decisioni della Corte di Cassazione: "Secondo un principio consolidato della giurisprudenza di questa Suprema Corte fondato proprio sulla considerazione che l'imprenditore è destinatario delle norme antinfortunistiche che lo riguardano, norme che non può non conoscere, prescindendo dai suggerimenti o dalle prescrizioni delle Autorità cui spetta la vigilanza ai fini del rispetto di quelle norme, la circostanza che, in occasione di visite ispettive, non siano stati mossi rilievi in ordine alla sicurezza della macchina, non può essere invocata per escludere la responsabilità dell'imprenditore" (sentenza n. 41985/2003); "...la normativa antinfortunistica è direttamente rivolta ad assicurare che i datori di lavoro assumano tutti i provvedimenti atti ad evitare infortuni indipendentemente dai controlli e dalle prescrizioni degli organi ispettivi...il dovere così imposto al datore di lavoro trae diretta origine nella legge, dalla cui osservanza il destinatario non può essere sollevato in virtù dell'intervento della autorità amministrativa" (sentenza n. 10767/2000).
Quanto appena esposto non è oggetto di contestazione da parte delle difese degli imputati, che ben conoscono le norme e la loro interpretazione da parte della Suprema Corte; affermano però, gli stessi difensori, in relazione al certificato di prevenzione incendi, l'insussistenza del nesso di causalità tra gli interventi programmati (v. sopra, si tratta di quelli individuati nella relazione ing. QU. del 12/12/2003) per il suo ottenimento ed il tragico evento del 6/ 12/2007; tanto che, secondo questa prospettazione, non solo l'azienda aveva completato quasi tutti gli interventi (secondo gli 11 punti già citati), ma anche la già, per ipotesi, avvenuta approvazione ed il rilascio del certificato non avrebbero avuto influenza alcuna su quanto accaduto. Così, da un lato rivendicano l'ottemperanza, da parte dell'azienda, a quanto richiesto dai Vigili del Fuoco, dall'altro affermano la valenza comunque "neutra" della mancanza dello stesso certificato.
La Corte, esaminando gli interventi in via di completamento (gli 11 punti), osserva che effettivamente non si ravvisa il nesso di causalità; ma ritiene semplicistica e non esaustiva tale prospettiva: perché gli interventi erano quelli proposti dall'azienda e derivavano proprio dalla valutazione del rischio effettuata dall'azienda; se incompleta e carente era quest'ultima (v. infra) e i "controllori" non l'avevano rilevato (v. qui sopra), logicamente gli stessi interventi non potevano "eliminare" e/o "ridurre" rischi mai evidenziati e considerati.
Quanto alla "neutralità", la Corte non può non sottolineare che la prolungata inerzia nell'effettuare anche tali interventi - comprovata dalle richieste di proroghe indicate nel paragrafo B), sopra - costituisce altro importante elemento che porta a ritenere la scarsa considerazione, la poca attenzione, la ripetuta sottovalutazione che l'azienda, non solo nell'ultimo periodo, aveva prestato e prestava verso la "sicurezza" dei suoi dipendenti in generale e, in particolare, verso la prevenzione in materia di incendi.

D) Il ruolo dei lavoratori e dei loro rappresentanti.
Collegato all'argomento dei "controlli" è il tema, emerso durante l'istruttoria dibattimentale in forza delle domande poste a numerosi testi da parte dei difensori degli imputati, riguardante il ruolo dei sindacati, dei rappresentanti per la sicurezza (R.L.S.), dei lavoratori in generale sulla questione "sicurezza" e, in particolare, "sicurezza antincendio" nello stabilimento di Torino.
I difensori degli imputati insistono su questo tema, non solo ricordando i compiti che la normativa assegna agli R.L.S. (v. articoli 18 e 19 D.Lgs n. 626/94), ma anche ricordando che i vertici aziendali erano aperti al recepimento di queste voci, come testimoniato dall'esistenza di un progetto - c.d. "Archimede" - volto a raccogliere "nuove idee" provenienti da tutti i dipendenti.
In breve (la Corte ritiene che non sia necessario riportare dettagliatamente su questo argomento le numerose testimonianze, v. anche infra) si deve dare conto che, dall'istruttoria dibattimentale, non è emersa un'attività sistematica e pregnante di "stimolo" dell'azienda, da parte dei lavoratori e dei loro rappresentanti, sul tema della "sicurezza", neppure nell'ultimo periodo, come si è sopra ampiamente esposto, di vero e proprio "degrado" (v. capitolo relativo alle condizioni di lavoro nello stabilimento); sono emerse alcune voci ed alcune richieste (v. capitolo testé citato), non idonee a smentire in pieno quanto affermato.
Eppure, abbiamo sentito - e riportato, con le relative necessarie verifiche - le numerosissime dichiarazioni dei lavoratori su questo tema: i frequenti incendi, le pozze di olio, gli accumuli di carta oleata, la manutenzione che appare eufemistico chiamare "carente", la mancanza di formazione unita al continuo spostamento sui vari impianti ecc.; non vi è dubbio poi sul fatto che gli stessi lavoratori fossero - tutti - ben consapevoli di lavorare in condizioni di continuo e reale pericolo per la loro incolumità (su questo v. anche infra); ma la loro consapevolezza non si è tradotta in una conseguente attività. Possiamo affermare - con certezza - che la relativa inazione da parte loro e dei loro rappresentanti non è dipesa né da condizioni di lavoro diverse da quelle accertate nel corso del presente dibattimento, né da una sottovalutazione, da parte loro, della pericolosità che le stesse condizioni rappresentavano. I motivi si possono agevolmente individuare in una "concentrazione", da parte dei lavoratori e dei loro rappresentanti, sulla questione della loro futura occupazione, considerata la annunciata, prossima "dismissione" dello stabilimento di Torino.
Non è certo compito di questa Corte, oltre a quello di riportare, per doverosa completezza (e non è compito facile in nessun processo; particolarmente difficile in questo), gli argomenti che sono stati dibattuti dalle parti, esprimere ulteriori valutazioni; la Corte, per quanto qui rileva, deve esclusivamente sottolineare che il mancato, concreto e pressante "stimolo" nei confronti dell'azienda sul tema della "sicurezza", da parte dei lavoratori e dei loro rappresentanti, in particolare nel periodo qui considerato, non è comunque, sotto alcun profilo, idoneo ad attenuare la responsabilità dei vertici aziendali, cui è legislativamente imposto (come già indicato sopra e v. anche infra) il preciso dovere di valutare i rischi dei complessi economico-produttivi che dirigono e gestiscono e di apprestare le relative cautele e prevenzioni; preciso dovere del tutto indipendente (nel senso che deve comunque essere assolto) dalle più o meno puntuali o pressanti "sollecitazioni" da parte dei lavoratori e/o dei loro rappresentanti.




8 Il dovere di tutela.
Il "dovere di tutela" in capo al datore di lavoro nei confronti delle persone che lavorano alle sue dipendenze, nel luogo di lavoro da lui diretto ed organizzato, discende non solo dalla normativa di settore, di cui il D.Lgs 626/94 è, insieme ad altre leggi e regolamenti, espressione, ma altresì dalla norma generale di cui all'art. 2087 codice civile: "L'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro"; così la Corte di Cassazione nella sentenza n. 23944 del 23/6/2010: "È principio non controverso quello secondo cui il datore di lavoro deve sempre attivarsi positivamente per organizzare le attività lavorative in modo sicuro, assicurando anche l'adozione da parte dei dipendenti delle doverose misure tecniche ed organizzative per ridurre al minimo i rischi connessi all'attività lavorativa; tale obbligo dovendolo ricondurre, oltre che alle disposizioni specifiche, proprio, più generalmente, al disposto dell'art. 2087c.c." (e v., tra le altre, anche la sentenza Corte di Cassazione n. 18628/2010).
Ancora prima, questo dovere lo troviamo nella nostra Carta Fondamentale, all'art. 41 della Costituzione: "L'iniziativa economica privata è libera.
Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana"
.
Ancora, la Corte di Cassazione enuclea tale dovere direttamente non solo dal diritto alla salute, costituzionalmente tutelato (v. art. 32), ma dal principio di solidarietà di cui all'art. 2 della Costituzione: "La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale"; così affermando (v. sentenza n. 41985/2003): "La conoscenza e il rispetto delle norme antinfortunistiche costituisce per l'imprenditore la manifestazione più significativa del rispetto del dovere di solidarietà imposto dall'art. 2 della Carta Costituzionale...solidarietà che, per l'imprenditore, non può non consistere, anzitutto, nella non superficiale conoscenza e nel più scrupoloso rispetto delle norme destinate a garantire la incolumità e la integrità del lavoratore...delle norme, cioè, che garantiscono, sotto l'aspetto della incolumità e dell'integrità, la persona, che è il valore per eccellenza della Carta Costituzionale".
E non della sola Carta Costituzionale: il diritto alla vita della persona, alla sua incolumità ed integrità fisica, è il primo ed assoluto tra i "diritti inviolabili" dell'uomo; la Corte lo deve sottolineare, ricordando che la materia della "sicurezza" sul lavoro altro non costituisce che un insieme di precetti normativi volti a ribadire tale fondamentale tutela, di fonte legislativa primaria, ma sulla quale si fonda ogni società civile; tutela necessariamente "affidata", in questo settore, al datore di lavoro perché non solo è colui che decide, organizza, sceglie, progetta, valuta, agisce, investe, ma anche perché è l'unico a "conoscere" come, in concreto, si articoli la sua attività economico-produttiva, come e quando cambi o si modifichi, di conseguenza quali siano i "rischi" che i lavoratori concretamente corrano alle sue dipendenze e quali cautele siano necessarie per eliminarli e, quando ciò non sia tecnicamente possibile, ridurli. È evidente, ma non di meno appare utile rammentare l'assoluta necessità - perché il sistema di "tutela" si compia effettivamente - della consapevolezza, da parte del datore di lavoro, dell'importanza della sua analisi, della sua valutazione, delle conseguenti cautele da lui - doverosamente ed obbligatoriamente - individuate ed apprestate, il tutto da compiersi con la indispensabile "trasparenza" e con un atteggiamento opposto a quello che, purtroppo, in questo dibattimento è emerso, come già esposto e come sarà esposto ancora in prosieguo. Atteggiamento di sottovalutazione, di trascuratezza della materia "sicurezza" in generale e, in particolare, della "sicurezza antincendio": quella che, per la tutela dell'incolumità dei lavoratori, appariva la più urgente e pressante nello stabilimento di Torino, come si è accertato nel presente dibattimento e, come si vedrà infra, nonostante i solleciti provenienti, proprio sulla sicurezza antincendio soprattutto per le linee di ricottura e decapaggio, alla THYSSEN KRUPP AST anche dalla casa-madre, nonché il consistente "budget" da quest'ultima stanziato a questo scopo (v. infra capitolo 12).
Atteggiamento, inoltre, tendente a minimizzare - nonostante la piena conoscenza e consapevolezza - i rischi concreti, quando non a cercare di occultarli non evidenziandoli nei prescritti documenti, nonostante l'esistenza di norme "tecniche" che li descrivevano in dettaglio, come si esporrà infra.
La Corte non ignora una ipotizzabile difficoltà, per il datore di lavoro, di conoscere effettivamente come comportarsi - in particolare rispetto alla sua responsabilità penale - a fronte di un dovere generale di solidarietà e di una espressione di ampio contenuto quale quella di cui all'art. 2087 c.c.; in particolare, un dovere generale ed una espressione di ampio contenuto si prestano, apparentemente, ad entrare in collisione con il fondamentale principio di "determinatezza" della responsabilità penale: il cittadino-imprenditore deve conoscere effettivamente il suo obbligo, omettendo il quale -e accertato il nesso di causalità fra tale obbligo omesso e l'evento - deve rispondere.
La Corte ritiene che i due - fondamentali - profili debbano, ma altrettanto in concreto "possano", nella interpretazione ed applicazione delle norme, contemperarsi: perché il dovere generale di tutela, derivante dalla Costituzione e dall'art. 2087 c.c., funge da - elementare, ma altrettanto fondamentale -criterio interpretativo per tutta la legislazione in materia di sicurezza e di salute dei lavoratori, a cominciare dal D.Lgs 626/94 - v. nelle prioritarie enunciazioni di cui all'art. 3: "misure generali di tutela" - passando per i decreti ministeriali (su cui v. sopra e infra), per giungere alle norme "tecniche" (v. infra), le quali ultime, riproducendo lo "stato dell'arte" (nel nostro caso, relativo alla materia di prevenzione antincendio), costituiscono il "contenuto" preciso del rinvio alla "tecnica" ed alle "conoscenze acquisite in base al progresso tecnico" come indicate all'art. 2087 c.c. e all'art. 3 D.Lgs 626/94.
Questo è l'attuale sistema su cui si fonda, nel nostro Paese, il tema della sicurezza sul lavoro; la Corte deve qui ricordare che, negli anni '50 dello scorso secolo, le omissioni contestate al datore di lavoro si riferivano, secondo la normativa in allora vigente, a specifiche prescrizioni di singole disposizioni di tipo "tecnico" (ed. valutazione ex lege del rischio); ma tale sistema è stato profondamente modificato, come sopra esposto, tra l'altro non per autonomo impulso interno, ma in attuazione di una serie di direttive europee; a conferma che l'impossibilità, da parte del legislatore, di poter prevedere e quindi indicare come prevenire i rischi in tutte le infinitamente varie realtà economico-produttive, in tutti i diversi "processi produttivi" ed invece la possibilità - ed il conseguente dovere - dell'imprenditore di valutare egli stesso i rischi ed attivarsi per prevenirli nella sua attività economico-produttiva, è constatazione - e patrimonio - comune non solo nel nostro, ma anche negli altri Paesi Europei.
Così insegna la Suprema Corte: "È principio non controverso quello secondo cui il datore di lavoro deve sempre attivarsi positivamente per organizzare le attività lavorative in modo sicuro, garantendo anche l'adozione delle doverose misure tecniche ed organizzative per ridurre al minimo i rischi connessi all'attività lavorativa" (così sentenza n. 23944/2010).
Ecco quindi la sopra illustrata "responsabilizzazione" del datore di lavoro, che peraltro vige da diversi lustri precedenti il caso di specie; ecco che ben si comprende perché non esista una specifica "norma" che indichi espressamente al datore di lavoro come, in tutti i particolari e considerato anche, solo come esempio, il tenore del "piano di emergenza", debba valutare il rischio incendio nella zona di entrata di una linea di ricottura e di decapaggio attrezzata come la Linea 5, inserita nel processo produttivo di uno stabilimento come quello di Torino, in un dato momento storico; e poi espressamente gli imponga di prevedere ed installare, in quell'area, l'impianto x e/o le altre misure y.
Una siffatta "norma" non esiste (né potrebbe esistere, considerate le infinite variabili di ogni singola realtà economico-produttiva); ma alla domanda -legittimamente, più volte, posta dai difensori nel corso del presente dibattimento - in base a quali norme, nel caso di specie, in capo agli attuali imputati (v. infra dettagliatamente) gravasse l'obbligo - omesso - di proteggere anche quell'area (v. anche infra), la risposta deve essere: in base all'obbligo di tutela, precisato dal D.L.gs 626/94 in tutte le sue articolazioni, specificato dai decreti ministeriali in materia - in particolare- antincendio, integrato nel suo contenuto "tecnico" dalle relative norme (v. infra, capitolo 11). Conferma questo concetto, sia pure in diversa fattispecie (cautele antirumore) e sotto il profilo della "spesa", la sentenza della Corte di Cassazione del 29/3/1995 c. Mafredi: "L'eccessiva accentuazione dell'aspetto economico, quale limite decisivo rispetto alla 'concreta attuabilità' delle misure non sembra corrispondere allo scopo perseguito dal legislatore che, invece, in funzione della primaria tutela della salute del lavoratore, si riferisce ad un metodo non restrittivo, dato dalle 'conoscenze acquisite in base al progresso tecnico', partendo dalle quali vanno individuati i parametri di concreta attuabilità di dette misure. La disposizione normativa va, dunque, intesa nel senso della valorizzazione delle conoscenze acquisite 'in base al progresso tecnico', al fine di rapportare ad esso la concreta attuabilità delle misure tecniche, organizzative e procedurali idonee a ridurre al minimo l'incidenza della rumorosità sulla salute dei lavoratori"; in caso contrario si seguirebbe "l'insostenibile principio secondo il quale la tutela della salute dei lavoratori sarebbe affidata all'alea incerta delle possibilità economiche del singolo datore di lavoro".

Ritornando al nostro caso, si deve anche osservare che le omissioni già esaminate sopra, nei vari capitoli, così come quelle relative al documento di valutazione dei rischi ed alla individuazione ed apprestamento delle cautele e delle "misure" (anche consistenti in "impianti" ed "apparecchi", v. nei capitoli successivi) che i vertici aziendali, nel caso di specie, dovevano adottare ed installare e così con riguardo ai singoli reati qui contestati, derivano tutte dalla violazione della normativa di settore; inoltre nessuna - ci si riferisce qui soprattutto alla valutazione dei rischi ed agli "impianti" ed "apparecchi" da installare - può certamente essere ricondotta a recenti "innovazioni tecnologiche", così che neppure si pone, nel caso di specie, la questione della "continua" evoluzione tecnologica rispetto alla quale può non essere facile "tenere il passo" (ancora sotto il profilo della "determinatezza" dell'obbligo in capo all'imprenditore): come si è indicato e si indicherà, si trattava invece di "tecnologia" molto risalente nel tempo ed anche - tra l'altro - di investimenti economicamente limitati (lo si deve qui accennare, solo per ricordare che la "misura" dell'investimento non è considerata, dalla costante giurisprudenza della Corte di Cassazione, "esimente"), non solo considerate le dimensioni dell'impresa ma anche in assoluto: semplici "rilevatori" con dispositivi di "spegnimento" automatico, ed. "sprinkler".




9 Il documento di valutazione dei rischi
Più volte, nel corso dell'esposizione, si è accennato al documento di valutazione dei rischi, previsto e descritto all'art. 4 del D.Lgs 626/94; norma di pregevole chiarezza; è sufficiente qui riportare la prima parte del 1° comma: "Il datore di lavoro, in relazione alla natura dell'attività dell'azienda ovvero dell'unità produttiva, valuta, nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro, i rischi per la sicurezza e per la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari"; e del 2° comma: "All'esito della valutazione di cui al comma 1, il datore di lavoro elabora un documento contenente" segue, alle lettere da a) a c), la precisazione del contenuto: si devono esporre la valutazione del rischio, anche specificando i criteri adottati per tale valutazione; l'individuazione delle misure di prevenzione e di protezione; il "programma" delle misure migliorative.
Il documento di valutazione del rischio costituisce così il fondamentale documento aziendale in materia di sicurezza e di salute dei lavoratori, necessariamente redatto dal datore di lavoro in quanto si tratta di un dovere "non delegabile"; infatti solo il datore di lavoro conosce - può e deve conoscere -compiutamente ed a fondo il luogo, i macchinari, le sostanze ecc. in cui e con cui si esplica la sua attività imprenditoriale ed è il datore di lavoro che dirige e organizza l'attività economico-produttiva, opera le scelte relative alla misura ed alla destinazione degli investimenti; di conseguenza, solo il datore di lavoro è concretamente in grado (naturalmente con l'eventuale ausilio di consulenti specializzati) di valutare i rischi insiti nell'attività da lui intrapresa, guidata e diretta; con il conseguente, imperativo dovere di individuare ed apprestare le cautele indispensabili e necessarie per eliminare tali rischi, ovvero ridurli quanto più possibile secondo le conoscenze tecniche. L'indelegabilità è stabilita dal comma 4ter dell'art. 1 D.Lgs 626/94: "nell'ambito degli adempimenti previsti dal presente decreto, il datore di lavoro non può delegare quelli previsti dall'art, 4, commi 1, 2, 4 lettera a) e 11 primo periodo".

Troviamo nella documentazione in sequestro il "documento di valutazione dei rischi" (v.), datato 1/2/2006 e firmato dall'imputato SA. R. (direttore dello stabilimento; v. infra su questo); ricordiamo qui che di questo documento "generale" è parte integrante anche il già esaminato (v. sopra) "piano di emergenza e di evacuazione". Per quanto qui rileva, nel documento di valutazione dei rischi sono elencati n. 18 "elementi di rischio di Stabilimento" risultati, secondo la valutazione aziendale, "ineliminabili perché propri della natura delle attività realizzate nello stabilimento e dalla conformazione dello stesso"; non è indicato fra tali elementi il "rischio incendio". Al n. 5 sono indicati gli "apparecchi in pressione"; al foglio 5 dello stesso documento - 006 F - nel capitolo selezione dei fattori di rischio compaiono, tra gli elementi di rischio, anche "esplosioni e incendi", il cui indice di rischio è risultato nel limite di "alto"; ma di nuovo non viene indicato - in particolare il "rischio incendio" - nella pagina seguente, contenente una tabella intitolata "stima e selezione dei rischi". Al Foglio 1 del doc 007E si trovano le "misure di prevenzione e protezione" degli apparecchi a pressione, costituite - tali misure - in null'altro che nella generica "manutenzione" e nella "ispezione".
Nel documento generale di valutazione dei rischi non vi sono altre indicazioni sul rischio incendio: si deve quindi esaminare lo specifico documento di valutazione - e prevenzione - del rischio incendi (portante la data del 22/5/2007, v.) come da art. 4 comma 2 D.L.gs 626/94 secondo le modalità indicate dal D.M. 10/3/1998.
In questo documento, per quanto qui più rileva, troviamo la parte dedicata alla Linea 5 (come da indice) dal Foglio 11 e sino al Foglio 26 (v.); è suddivisa in aree
1) L'area 1 intitolata "trasformatori impianto 'Andriz' Linea 5": viene indicato come "decapaggio elettrolitico" ed è un locale a parte (v.: non sono indicati lavoratori presenti, bensì "manutentori" ovvero "personale imprese esterne");
2) L'area 2 intitolata: "Linea n. 5 di trattamento finale - tratto con forno a metano"; qui ci troviamo "sulla" Linea 5, come da descrizione: "si tratta di una linea per il trattamento termico e decapaggio del nastro di acciaio prelavorato.
La linea utilizza un forno alimentato a metano localizzato in un tratto centrale ... Superficie in pianta: 3.900 mq. circa".
Si deve osservare preliminarmente una mancanza di chiarezza che ha indotto la Corte ad esaminare più volte tale documento. Il titolo (v. subito sopra) dell'area indurrebbe a ritenere la valutazione del rischio incendio per il solo tratto "con forno a metano"; le indicazioni relative alla lavorazione praticata -peraltro limitate, come appena riportato, a ricordare che si tratta di linea di ricottura e decapaggio - così come alla "superficie" in pianta sembrerebbero invece riguardare l'intera linea. In sostanza, non è chiaro se la valutazione del rischio incendio si riferisca a tutta la linea (come infatti sostengono le difese degli imputati) ovvero solo al tratto della linea "con forno a metano" (come infatti sostiene la Pubblica Accusa). L'ambiguità permane anche dopo l'esame completo di questa parte: infatti da un lato viene indicata la presenza di "olio delle macchine" come combustibile e di "fiamme libere" e "scintille" (tipiche della zona saldatura le prime e dello sfregamento del nastro contro la carpenteria le seconde) come sorgenti di innesco; dall'altra non si descrive il processo di lavorazione della linea 5 (descritto, sotto il profilo puramente "tecnico", nel documento generale di valutazione del rischio, v. nella parte DOC 004, per la linea 5, con la 1 e la 4, da foglio 2) e non si accenna né alle centraline idrauliche a servizio dei meccanismi, né alle condutture portanti olio in pressione a 140 bar e neppure alla zona del decapaggio le cui vasche contenevano acido fluoridrico diluito ed i cui coperchi erano in materiale plastico (v. infra, da capitolo 12). Anche questa ambiguità - ed incompletezza - è, ad avviso della Corte, preciso indice della superficialità e della scarsa professionalità con cui è avvenuta la redazione del documento, del quale -evidentemente - non si riconosceva l'importanza; tanto più che in quella data -22/5/2007 - come vedremo diffusamente infra (v. capitoli seguenti, a cominciare dal n. 12), era già avvenuto l'incendio a Krefeld, si era già messo al lavoro il Working Group della STAINLESS, vi era stato, da parte della STAINLESS, uno stanziamento straordinario finalizzato al "fire prevention", l'ing. BR. (citato infra) e l'ing. WE. (citato infra) della Compagnia di Assicurazioni AXA avevano già visitato lo stabilimento (12-13 aprile 2007) e "parlato" con SA. e CAF.; attività antincendio, come vedremo, soprattutto "focalizzata" sulle linee di ricottura e decapaggio, come la Linea 5 di Torino; addirittura, a quella data era già stato approvato dalla STAINLESS (il 9/4/2007) il progetto di investimenti straordinari per TK AST per il primo anno (2006/07), dell'importo di 8 milioni di euro, peraltro completamente destinato allo stabilimento di Terni (v. capitolo 16).
Continuando nella lettura (siamo al Foglio 14), l'identificazione dei "pericoli di incendio" sembrerebbe relativa a tutta la linea, perché il compilatore ha risposto sì alla presenza di sostanze infiammabili (gas metano), sì alla presenza di liquidi e materiali combustibili (olio delle macchine), sì alla presenza di sorgenti di innesco (apparecchiature con parti a temperatura elevata; apparecchiature e/o macchine elettriche con produzione di calore; processi di lavoro con utilizzo di fiamme libere o produzione di scintille); il compilatore ha risposto sì anche alla identificazione delle persone "esposte a rischi di incendio": "max 5 lavoratori, per ogni turno, presenti normalmente nell'area in esame", "max 2 manutentori", "max 3 personale imprese esterne". Il redattore indica la via di uscita - il "corridoio di fuga sgombro da materiali e di larghezza minima 120 cm." ed i "mezzi ed impianti di estinzione degli incendi": "estintori portatili: n. 12 ubicati in prossimità delle zone a rischio e raggiungibili con percorso minore di 30 m.", oltre "idranti: n. 4 UNI 70, con manichetta da 30 m., a distanza minore di 35 m.".
Ai Fogli 15 e 16 troviamo uno "schema" (utilizzato nel documento di valutazione del rischio incendio per tutte le "aree" esaminate) intitolato: "valutazione qualitativa del rischio di incendio: Linea n. 5 di trattamento finale"; schema sul quale le parti hanno più volte dibattuto. Il titolo sembra riguardare tutta la Linea 5; lo schema è suddiviso per caselle alle quali il redattore ha risposto "sì" o "no"; le caselle sono:
1) "pericoli presenti": la risposta è: "pericolo ridotto"; francamente non si può comprendere - perché nulla viene indicato - a che cosa si debba questa affermata "riduzione del pericolo";
2) "materiale combustibile o facilmente infiammabile": la risposta è "sì";
3) "condizioni locali di esercizio favorevoli all'insorgere dell'incendio": la risposta è "sì";
4) "esposizione delle persone": la risposta è "no";
5) "probabile propagazione nella fase iniziale": la risposta è "no";
6) "pericolo di danno immediato o difficoltà di evacuazione": la risposta è: "no".
Il risultato ottenuto con le risposte sopra riportate è (lo si vede nell'ultima casella dello schema) "classe di rischio medio". D'altronde, nella tabella riepilogativa della "valutazione del rischio incendio" (v. da foglio n. 298) apprendiamo che in tutto lo stabilimento di Torino tale rischio era stato valutato come "medio" per tutti gli impianti produttivi su cui si svolgevano le lavorazioni (anche sulla Linea 4 che, secondo i difensori, era più "rischiosa" della 5, v. capitolo 12); "basso" in altre zone non legate alle linee (come il "piazzale"; alcuni depositi); "alto" solo in alcuni locali sotterranei ed in alcuni tratti delle gallerie.
La Corte non può non rimarcare l'evidente erroneità delle risposte che il compilatore ha dato alle sue stesse domande, allo scopo - la Corte non riesce ad individuarne altri - di ottenere un risultato di "rischio medio"; come abbiamo appena sopra riportato (v.), al Foglio 14 paragrafo 2, sotto il titolo "identificazione delle persone esposte a rischi di incendio" il redattore ha indicato 5 lavoratori per ogni turno "presenti normalmente nell'area in esame", oltre a 2 manutentori e 3 persone di imprese esterne; come possa, al Foglio immediatamente successivo, nella compilazione dello schema, rispondere "no" alla domanda "esposizione delle persone" è francamente incomprensibile, oltre che in contraddizione con se stesso. Contraddizione che ritorna nello stesso documento al Foglio 303, in cui si afferma che "...tutto il personale è potenzialmente esposto al rischio di incendio" e, per l'individuazione in relazione ai posti di lavoro e mansioni, si richiama "la tabella di sintesi nel doc. di valutazione dei rischi (DOC-004)"; al foglio 8 del DOC 004 (nel documento generale di valutazione del rischio, v.) si trovano gli "addetti" alla Linea 5: un totale di 20, pari a 5 per turno (i turni erano 3; gli altri 5 lavoratori esposti dovrebbero quindi essere i 2 manutentori ed i 3 delle imprese esterne, come indicato nel documento di valutazione rischio incendio).
Se poi si ricorda che il "piano di emergenza" costituisce parte integrante del documento di valutazione del rischio (e in particolare proprio del rischio incendio, considerato l'oggetto di entrambi) e che secondo tale "piano" (v. sopra capitolo 5) gli addetti agli impianti - i 5 lavoratori per turno qui sopra indicati - dovevano intervenire (se "istruiti", ma v. capitolo 5) loro direttamente con gli estintori, purché l'incendio non fosse di "palese gravità" (v. sempre capitolo 5), la risposta "no" a quella domanda è certamente errata, evidentemente priva di collegamento non solo con la realtà dei fatti, ma anche con quanto esposto dal redattore nello stesso documento ed in quelli che lo integrano.
Ma questa non è l'unica risposta errata: lo è anche il "no" alla domanda sulla "probabile propagazione nella fase iniziale"; per rispondere a questa domanda, si deve ovviamente "conoscere" l'impianto in oggetto; ma la descrizione della Linea 5, sotto questo profilo, è stata quasi completamente omessa; e non è completa neppure la descrizione contenuta nel documento generale di valutazione del rischio (v. sopra). Esaminando il documento ci si accorge infatti come esso non contenga una serie di indicazioni - relative al processo produttivo - che connotavano, in particolare per quanto qui rileva, la linea 5: la presenza - anche per la movimentazione degli ASPI svolgitori ed avvolgitori - di "centraline" idrauliche collegate - anche alla "centrale" sotterranea - tramite decine di tubi, flessibili e non, contenenti olio in pressione (a 140 bar); il fatto che - durante la "normale" lavorazione - dai nastri in svolgimento "gocciolasse" olio di laminazione; omissione che costituisce una prima, precisa violazione delle "linee guida" del citato D.M. 10/3/1998; che al punto 1.4.1.1. classifica i "prodotti derivati dalla lavorazione del petrolio" come esempio di "...materiali presenti nei luoghi di lavoro (che) costituiscono pericolo potenziale poiché essi sono facilmente combustibili o infiammabili o possono facilitare il rapido sviluppo di un incendio". Attenzione: non solo non si indica la presenza di olio di laminazione né delle condutture di olio idraulico, ma, limitandosi ad indicare "olio delle macchine" come "combustibile", non si fa neppure cenno alle "condizioni" in cui quest'ultimo si presentava: cioè ad alta pressione.
Leggendo tale documento non ci si rende neppure conto che la - normale -lavorazione sulla linea 5 comportava lo svolgimento ed il riavvolgimento non del solo rotolo di acciaio, ma di eguali - quanto a dimensione - rotoli di carta infraspira a protezione; cosicché, da tale documento, non è possibile sapere che, anche durante la "normale" lavorazione, erano presenti ingenti quantità di carta intrisa di olio di laminazione, certamente "sostanza facilmente combustibile" come indicata nel punto 1.4 del D.M. 10/3/1998.
Così, senza tenere conto di tutti questi dati, il compilatore del documento risponde "no" alla possibilità di propagazione dell'incendio in fase iniziale; ma non certamente sulla base di dati "tecnici" (peraltro non indicati) o per la presenza di impianti di rilevazione e spegnimento - di cui ben sappiamo che la Linea 5 era completamente priva (salvo che nel locale seminterrato e alle cabine elettriche).
In conclusione, rispondendo correttamente "sì" a queste due domande, si sarebbe ottenuta, con lo stesso grafico, una classe di rischio incendio "alto" che evidentemente l'azienda non voleva che risultasse; perché l'avrebbe obbligata a prendere quei provvedimenti che, in particolare su Torino, non era intenzionata a prendere: sottolineando, sotto il profilo temporale, che il documento porta la data del 22/5/2007: abbiamo già accennato sopra e vedremo infra nei capitoli successivi (v. in particolare il 12) l'importanza, la "priorità" che aveva assunto per tutto il gruppo THYSSEN KRUPP, sotto la spinta della STAINLESS, la prevenzione e protezione dagli incendi, soprattutto per le linee di ricottura e decapaggio, dopo l'incendio di Krefeld (giugno 2006).
Ancora sullo "schema" di cui sopra, la Corte deve osservare che non appare neppure corretta la risposta "no" alla domanda "pericolo di danno immediato"; certamente la presenza delle centraline idrauliche e delle condutture - flessibili e non - di olio ad alta pressione costituivano "pericolo di danno immediato" (su questo v. qui infra, oltre che capitoli 11 e 12); l'unica risposta alle due domande "confinate" nella stessa casella comporta quindi un altro errore relativamente a questa prima domanda; mentre correttamente era possibile rispondere "sì" alla seconda, cioè alla mancanza di "difficoltà di evacuazione" (considerate le dimensioni del corridoio lato operatore).
Nel documento si parla ancora della Linea 5 ma non più della zona in cui si trova il vero e proprio "impianto"; infatti l'area 3 riguarda i "locali elettrici e trasformatori linea 5"; l'area 4 il "deposito materiale semilavorato e rotoli di carta"; l'area 5 la "sala pompe olio linea 5", quella più volte citata, al piano interrato.

Le critiche ed il focalizzarsi, da parte della Corte, sulle omissioni, errori e mancanze che connotavano il documento di valutazione del rischio incendio, quantomeno - nella parte qui esaminata - con riguardo alla Linea 5, possono derivare semplicisticamente da un giudizio ex post, perché la Corte conosce i tragici eventi accaduti e le cause che li hanno determinati? La Corte deve serenamente rispondere di no, perché i vertici ed i dirigenti dell'azienda erano ben consapevoli dei "rischi" di incendio esistenti anche sulla Linea 5, come dimostrano gli elementi ed i documenti che andiamo ora ad esaminare.
Nel "manuale di uso e manutenzione" della Linea LAF 4 di Terni (secondo i tecnici ed i testi sentiti, simile alla Linea 5 di Torino: tra i documenti in sequestro non c'è il manuale operativo della Linea 5) a pag. 110, al punto intitolato "Rischio di incendio" si legge: "Poiché la linea compie lavorazioni che prevedono l'uso di carta (a volte anche intrisa di olio di laminazione) e di fluidi idraulici, durante le fasi di lavorazione, potrebbero prodursi sostanze che favoriscono l'innescarsi di un incendio. Eventuali perdite di olio, che possono verificarsi durante le fasi di manutenzione o in caso di rotture di componenti, costituiscono rischio residuo di incendio e dovranno pertanto essere eliminate alla loro formazione per non costituire ristagni pericolosi. Per questi motivi, l'utilizzatore deve predisporre adatti sistemi antincendio per il rischio residuo dovuto allo svilupparsi di un incendio, deve istruire adeguatamente operai e manutentori al riguardo ed accertarsi che le istruzioni impartite siano state recepite"; a pag. 91, punto 3.7, si trovano le dettagliate indicazioni per la manutenzione sui "sistemi idraulici e pneumatici"; senza qui riportare tutte le cautele consigliate (v.), appare sufficiente riportare gli "effetti" del - solo - olio a quella pressione: "Attenzione! Un getto d'olio può perforare la pelle ed entrare nel flusso sanguigno; in questo caso prestare immediato soccorso medico" per concludere: "se questi avvertimenti vengono ignorati esistono serie possibilità di incidenti al personale".
In occasione della visita (aprile 2007: quindi subito prima dell'ultima versione del documento in esame) nello stabilimento di Torino da parte dell'ing. BR. e dell'ing. WE. della AXA ASSICURAZIONI (v. infra, capitolo 12), nella "presentazione" dello stabilimento preparata dall'ing. LU. (teste citato, v.; presentazione alla quale si rimanda per i dettagli e che contiene certamente delle "inesattezze": come la descrizione della procedura in caso di emergenza v.) si indica espressamente, per la Linea 5, la "zona di saldatura" come "area" da proteggere: "zona di saldatura con adiacenti impianti ad olio idraulico - pericoli di processo.
- Carico di incendio dovuto all'olio idraulico nella zona adiacente: circa 0,3 m. cubi
- Pericolo che l'incendio si propaghi per combustione/rottura delle tubazioni dei manicotti estremamente rapido favorito dall'alta pressione dell'olio;
- Possibili sorgenti di innesco di incendio: scintille da saldatura."
LU. esamina una sola delle sorgenti di innesco presenti sulla linea 5 (le scintille da saldatura: non menziona il "grippaggio" né lo "sfregamento") ed indica il solo olio idraulico presente nella "centralina", senza dare atto del collegamento con la centrale sotterranea e senza evidenziare il "dedalo" di tubi, flessibili e no, percorrenti tutta la linea; ma appare evidente come, sia pure con "censura" ovvero "autocensura" (l'obiettivo dell'azienda, come si vedrà infra, era di "abbattere" la franchigia che l'assicurazione aveva imposto sulle linee di ricottura e decapaggio dopo l'incendio di KREFELD con i minori interventi e, quindi, con il minor "costo" possibile; per Torino, alla fine, senza nessun costo prima del trasferimento a Terni degli impianti, v. infra, in particolare capitolo 16), l'ing. LU. - e certamente, in azienda, non solo lui - aveva ben presente quale fosse lo "scenario" di incendio possibile dovuto alla combinazione tra sorgenti di innesco e prossimità di impianti ad olio idraulico. Tanto che lo stesso LU. aveva chiesto a MANG., BON., DE. e CAF. i "volumi idraulici su linee di trattamento", come emerge da una e-mail in data 6/3/2007 (in cartaceo, nel faldone 3, tra i documenti sequestrati con verbale in data 11/12/2007 alle ore 18,15 nei confronti dell'imputato SA.: l'indicazione è 54/0/PERQ.) del seguente tenore: "Gentili Gest. Man linea 4 e 5, per la valutazione del rischio incendio sulle linee di trattamento di Vs. interesse mi è stata richiesta la quantità in metri cubi di olio presente nelle centraline idrauliche e serbatoi/fusti o quanto altro sulle linee 4 e 5. Potete fornirmi al più presto questi numeri? (se potete fornitemi, inoltre, una stima di quanto olio può essere presente nelle tubazioni in prossimità di aspi devolgitori e saldatrici)".
È sempre di quel periodo - si tratta di un documento aziendale (foglio di calcolo in formato excell), estratto dai p.c. in sequestro, non firmato, che risulta "salvato" da GIO. (teste citato; subordinato direttamente a CAF.) per l'ultima volta il 5/5/2007 - uno "schema" in cui si elencano i "rischi" incendio nei vari impianti dello stabilimento di Torino (v.). È opportuno riportarlo testualmente: per la Linea 5 (v. da A62 a F62) nella zona "ASPI INGRESSO" gli elementi di rischio sono: "Olio idraulico e di laminazione; Carta; Org. Mecc. in Mov."; le possibili anomalie: "Grippaggio; Sgocciolamento olio dai rotoli"; il rischio: "incendio"; i Provvedimenti in atto: "Estintori port. e carrellati a CO2, Idranti a parete"; gli ulteriori provvedimenti da adottare: "Curare la pulizia delle fosse; Aumentare il numero delle Ispezioni; spostamento comandi oleodin. Cambio cavi".
Viene qui considerata precisamente - nel maggio 2007 - la zona di entrata della Linea 5, in cui si è poi sviluppato l'incendio del 6/12/2007; si elencano espressamente gli elementi di rischio incendio: presenza di olio di laminazione e idraulico e carta; le sorgenti di innesco: grippaggio e organi meccanici in movimento; ma un altro profilo appare qui doveroso sottolineare, perché conferma ancora una volta come quanto avvenuto quella tragica notte fosse non solo prevedibile, ma addirittura - tecnicamente - previsto in un documento aziendale: l'indicazione, come "cautela" da adottare, di "spostare" i comandi (la "centralina") oleodinamici per, evidentemente, "allontanare" proprio il rischio di "flash fire".

Invece, nel "documento di valutazione del rischio incendio", nell'ultima versione del 22/5/2007, l'azienda, come già accennato, dopo avere "omesso" di considerare il - reale - processo di lavorazione, "valuta" erroneamente il rischio incendio della Linea 5 come "medio", in forza dello "schema" (v.) già sopra esaminato.

La Corte deve quindi affermare che il documento di valutazione del rischio - in generale - e il documento di valutazione del rischio incendio in particolare - relativo allo stabilimento di Torino: ometteva di valutare e, quindi, di prevenire il rischio incendio sulla Linea 5; individuandolo solo - erroneamente - come rischio "medio" - anziché "elevato"; violando così le prescrizioni contenute nel D.M. 10/3/1998; ometteva di individuare e di segnalare la possibilità di rapida propagazione, determinata dalla presenza di combustibile, sia sotto forma di olio di laminazione, sia sotto forma di carta intrisa dello stesso olio; ometteva infine di individuare il rischio costituito dalle "centraline" idrauliche a bordo linea e dalle condutture - flessibili e non - di olio in pressione a 140 bar.
Vedremo infra, in dettaglio, come il "datore di lavoro", per lo stabilimento di Torino e per la Linea 5 in particolare dovesse valutare il rischio derivante dall'olio in pressione contenuto nelle condutture, flessibili e non, sulla base anche di plurime norme "tecniche" universalmente conosciute e seguite nel mondo imprenditoriale, tanto più in uno stabilimento facente parte di un gruppo multinazionale, con la concreta possibilità di appoggiarsi ad alte professionalità tecniche interne ed a consulenti esterni.
Ma i già sopra citati documenti - semplici "manuali operativi" e schemi redatti da tecnici aziendali "interni" - consentono di affermare che lo "scenario" purtroppo realizzatosi la notte del 6 dicembre 2007 e in particolare il ed. "flash fire" si presentasse agevolmente prevedibile e rappresentabile sulla base di conoscenze tecniche "medie" - e patrimonio tecnico consolidato: sicuramente non di carattere "innovativo" - in materia di "rischio" incendi; certo applicandole alla lavorazione nei vari impianti, tra cui la Linea 5.
La mancata applicazione alla realtà - che dovrebbe, come appare banalmente ma tragicamente ovvio, guidare tali "valutazioni" tecniche - è uno degli evidenti difetti che si riscontra nei documenti esaminati; a questo proposito appare interessante citare anche le "direttive per l'attuazione dell'approccio ingegneristico alla sicurezza antincendio" contenute nel decreto ministero dell'interno 9/5/2007, pubblicato sulla G.U. il 22/5/2007 (entrato in vigore nell'agosto 2007), in particolare nell'allegato intitolato "processo di valutazione e progettazione nell'ambito dell'approccio ingegneristico alla sicurezza antincendio"; non per contestare ulteriori omissioni all'azienda, ma perché conferma - se ve ne fosse necessità - la indispensabile "prospettiva" di aderenza alla realtà appena sopra ricordata. Richiamando qui l'intero "allegato", appare utile riportare parte del punto 3: "3.4.2. L'identificazione degli elementi di rischio incendio che caratterizzano una specifica attività, se condotta in conformità (a quanto indicato dai DM. 4/5 e 10/3/1998, n.d.e.)...permette di definire gli scenari d'incendio, intesi quali proiezioni dei possibili eventi di incendio. Nel processo di individuazione degli scenari di incendio di progetto (definito nello stesso D.M., n.d.e.) devono essere valutatigli incendi realisticamente ipotizzabili nelle condizioni di esercizio previste, scegliendo i più gravosi per lo sviluppo e la propagazione dell'incendio, la conseguente sollecitazione strutturale, la salvaguardia degli occupanti e la sicurezza delle squadre di soccorso".
Come abbiamo già accennato e vedremo infra, la THYSSEN KRUPP AST era, nel periodo successivo al giugno 2006 (cioè dopo il già citato incendio di Krefeld nello stabilimento THYSSEN KRUPP NIROSTA, su cui v. infra, capitolo 12), anche sollecitata dalla casa-madre ad individuare i "rischi" di incendio soprattutto sulle linee di ricottura e decapaggio degli stabilimenti italiani (così come nel resto del mondo); appare qui sufficiente ricordare una e-mail datata 16/1/2007, inviata da RI. M. (teste citato; responsabile, in quel periodo, del Working Group Stainless, su cui v. infra) anche a ME. ed a DE. (testi citati) con allegate, affinché le compilino, delle "matrici sulle misure di lotta antincendio per le linee di ricottura e decapaggio"; in tali matrici si chiede una compilazione rispecchiante la "situazione attuale" delle linee, suddivise nelle varie "sezioni" (ingresso, saldatrice, sgrossatura, accumulo ecc.), quanto ai "carichi" di incendio": olio, grasso, carta, legname, materie plastiche; quanto alle "sorgenti di innesco: nastro caldo, corto circuito elettrico, connessioni elettriche staccate, sovraccarico elettrico, difetto dei cuscinetti, temperatura di processo, scintille, attività di manutenzione, sigarette"; così da potere - realmente - "valutare" il rischio.

Quanto appena esposto riguarda, ad avviso della Corte, la "normale" lavorazione - le "condizioni di esercizio" - presente sulla Linea 5; si deve ora ricordare come, nell'ultimo periodo e, soprattutto, dopo la comunicazione della decisa "dismissione" dello stabilimento di Torino - secondo quanto già ampiamente esposto sopra, v. - le condizioni di lavoro - le "condizioni di esercizio" - nello stabilimento e nella Linea 5 fossero divenute ben più "rischiose" proprio in materia di "incendi" (per tutti i motivi già indicati): non può quindi porsi in dubbio l'applicazione - anche - del 7° comma dell'art. 4 del D.Lgs 626/94, in cui si impone al datore di lavoro di "rielaborare" il documento di valutazione del rischio "in occasione di modifiche del processo produttivo significative ai fini della sicurezza e della salute dei lavoratori".
I difensori degli imputati contestano l'applicazione di tale comma al caso di specie - negando quindi l'obbligo del datore di lavoro - sottolineando come la "dismissione" dello stabilimento di Torino non comportasse alcuna modifica del "processo produttivo", in particolare sulla Linea 5; le "modifiche" causate dalla "dismissione" riguardavano, secondo i difensori, solo l'aspetto "organizzativo" e non "produttivo"; in sostanza, sugli impianti ancora in funzione, compresa la Linea 5, il modo di "produzione" era immutato, tanto che non era necessaria la prescritta "rielaborazione" del documento di valutazione dei rischi.
La Corte ritiene che non sia così: sulla natura del documento di valutazione dei rischi, anche nella parte dedicata al "rischio incendi" e sul fatto che non si tratti di un adempimento "burocratico" da assolvere in cartaceo con considerazioni di tipo generale ed astratto, possibilmente scaricabili da internet, ma che debba invece rispecchiare la realtà dell'unità economico-produttiva, fotografandola con la conoscenza, consapevolezza e professionalità che solo il datore di lavoro (con l'eventuale ausilio di consulenti esperti) può e deve avere, abbiamo già detto.
Allora, che in fatto la decisa "dismissione" dello stabilimento di Torino abbia inciso - pesantemente - sulla "sicurezza" dei lavoratori e che, quindi, le "modifiche" intervenute fossero più che "significative" ai fini della sicurezza (e della incolumità e della vita) dei lavoratori, la Corte ritiene qui di poterlo affermare solo richiamando quanto già esposto nei capitoli precedenti (v. sopra); si trattava però solo di cambiamenti di tipo "organizzativo" e non "produttivo", come sostenuto dai difensori degli imputati? La Corte ritiene di no; sia perché anche i "lavoratori", il "personale dipendente", secondo il linguaggio economico, costituisce uno dei fattori di produzione; sia perché, nel caso concreto, gli aspetti "organizzativi" avevano, di fatto, modificato anche il "processo produttivo", cioè le concrete condizioni di esercizio della attività produttiva: è sufficiente qui citare il continuo cambio di mansioni tra i lavoratori sui vari impianti, unito alla omessa loro formazione: così come tutti i fattori già elencati che causavano il moltiplicarsi del rischio incendio sugli impianti in generale e, per quanto qui rileva, sulla Linea 5.
Si deve solo aggiungere come risulti violata anche la prescrizione del comma 5 lettera b) dello stesso articolo 4, che prescrive al "datore di lavoro" di aggiornare le "misure di prevenzione in relazione ai mutamenti organizzativi e produttivi che hanno rilevanza ai fini della salute e della sicurezza dei lavoratori"; abbiamo ampiamente esaminato come, soprattutto dopo la comunicazione della decisione di dismettere lo stabilimento di Torino, non solo i responsabili dell'azienda non abbiano provveduto a tale "aggiornamento", ma abbiano consentito a che tutta la materia della sicurezza venisse, di fatto, "dimenticata": tanto, si stava "chiudendo".




10 Le accertate violazioni alle prescrizioni del D.Lgs 626/94, del D.P.R. n. 547/1955 contestate nei capi di imputazione
La Corte ritiene utile riportare un breve schema riassuntivo delle violazioni alle prescrizioni del D.Lgs n. 626/94 contestate dalla pubblica accusa nei capi di imputazione (v.), in modo da avere un quadro generale delle prescrizioni e dell'avvenuto accertamento - secondo quanto sinora esposto - delle violazioni contestate.

Articolo 3 Misure generali di tutela
Comma 1 le misure generali per la protezione della salute e per la sicurezza dei lavoratori sono:
lettera a) valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza;
lettera b) eliminazione dei rischi in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico e, ove ciò non è possibile, loro riduzione al minimo;
lettera d) programmazione della prevenzione mirando ad un complesso che integra in modo coerente nella prevenzione le condizioni tecniche produttive ed organizzative dell'azienda nonché l'influenza dei fattori dell'ambiente di lavoro;
lettera g) priorità delle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale;
lettera o) misure di protezione collettiva ed individuale;
lettera p) misure di emergenza da attuare in caso di pronto soccorso, di lotta antincendio, di evacuazione dei lavoratori e di pericolo grave ed immediato;
lettera r) regolare manutenzione di ambienti, attrezzature, macchine ed impianti, con particolare riguardo ai dispositivi di sicurezza in conformità alla indicazione dei fabbricanti;
lettera s) informazione, formazione, consultazione e partecipazione dei lavoratori ovvero dei loro rappresentanti, sulle questioni riguardanti la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro;
lettera t) istruzioni adeguate ai lavoratori;

Le violazioni della norma state accertate ed esposte nel capitolo relativo al "documento" di valutazione dei rischi (capitolo 9), con riferimento alle lettere a), b), d); nel capitolo relativo alle condizioni di lavoro nello stabilimento (capitolo 5) con riferimento alle altre lettere, ricordando che, secondo quanto già indicato, nel nostro caso, l'azienda aveva - al contrario di quanto prescritto dalla norma - ritenuto "prioritarie" le misure di protezione "individuale"; affidando esclusivamente alla "mano dell'uomo", in molti e complessi impianti - come la Linea 5 - sia la "rilevazione" degli incendi sia il loro "spegnimento" (v. su questo, vari paragrafi); richiamando poi in particolare i paragrafi relativi al "piano di emergenza", alle carenze manutentive così come di formazione e di istruzione dei lavoratori.

Articolo 4 Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto.
Comma 1: "Il datore di lavoro, in relazione alla natura dell'attività dell'azienda ovvero dell'unità produttiva, valuta, nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro, i rischi per la sicurezza e per la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari.
Comma 2: All'esito della valutazione di cui al comma 1, il datore di lavoro elabora un documento contenente: a) una relazione sulla valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute durante il lavoro, nella quale sono specificati i criteri adottati per la valutazione stessa; b) l'individuazione delle misure di prevenzione e di protezione e dei dispositivi di protezione individuale, conseguente alla valutazione di cui alla lettera a); c) il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza";

Comma 5: il datore di lavoro adotta le misure necessarie per la sicurezza e la salute dei lavoratori e in particolare:
lettera a) designa preventivamente i lavoratori incaricati delle misure di prevenzione e lotta antincendio...
Lettera b) aggiorna le misure di prevenzione in relazione ai mutamenti organizzativi e produttivi che hanno rilevanza ai fini della salute e della sicurezza del lavoro, ovvero in relazione al grado di evoluzione della tecnica, della prevenzione e della protezione;
lettera d) fornisce ai lavoratori i necessari ed idonei dispositivi di protezione individuale, sentito il responsabile del servizio di prevenzione e protezione;
lettera e) prende le misure appropriate affinché soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico;
lettera h) adotta le misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza e dà istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato ed inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa;
lettera i) informano il più presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave ed immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in materia di protezione;
lettera q) adotta le misure necessarie ai fini della prevenzione incendi e dell'evacuazione dei lavoratori, nonché per il caso di pericolo grave ed immediato. Tali misure devono essere adeguate alla natura dell'attività, alle dimensioni dell'azienda ovvero dell'unità produttiva, e al numero di persone presenti.

Comma 7: La valutazione di cui al comma 1 ed il documento di cui al comma 2 sono rielaborati in occasione di modifiche del processo produttivo significative ai fini della sicurezza e della salute dei lavoratori.


La violazione dei commi 1° e 2° è oggetto del capitolo 9; con riferimento alla lettera a) del comma 5° è sufficiente ricordare che l'azienda aveva affidato il compito di coordinare la squadra di emergenza (che doveva operare anche in caso di incendio) a Rocco M., investendolo di tale ruolo senza alcun percorso formativo e senza neppure il tempo materiale necessario ad acquisire le nozioni minime indispensabili per svolgere tale compito (v. capitolo 5 ed anche infra); con riferimento alla lettera b) stesso comma si deve richiamare il citato capitolo 9; con riferimento alla lettera d) stesso comma si accerterà nel successivo capitolo (n. 11) quali dispositivi di prevenzione collettiva antincendio dovessero essere adottati sulla linea 5 ma, a fronte della scelta aziendale di omettere completamente i doverosi dispositivi collettivi, i lavoratori addetti agli impianti, chiamati ad intervenire direttamente in caso di incendio (v. su questo il paragrafo relativo al piano di emergenza, in capitolo 5), non avevano neppure a disposizione specifici indumenti atti a proteggerli dal fuoco; con riferimento alle restanti lettere, si deve richiamare l'intero capitolo 5, ivi compreso il paragrafo dedicato al piano di emergenza; solo sottolineando che da tutto quanto esposto - come accertato in dibattimento - emerge come i lavoratori si fossero resi conto del rischio incendio e dell'aumento di tale rischio soprattutto nell'ultimo periodo di attività dello stabilimento trovandosi di fronte, loro stessi e numerosissime volte, a tale "rischio": non perché ne fossero stati compiutamente informati dall'azienda.
La violazione del comma 7° è stata ampiamente esposta, come accertata in dibattimento, nel citato capitolo relativo al documento di valutazione dei rischi (v. capitolo 9).

ARTICOLO 12: Disposizioni generali
Specifica il contenuto dell'art. 4, comma 5 lettera q): v. nei capitoli già sopra indicati.
ARTICOLO 13: Prevenzione incendi
Specifica le misure, le cautele, la formazione, i criteri ecc. per la "prevenzione incendi": v. nei capitoli già sopra indicati.
ARTICOLO 21: Informazione dei lavoratori
ARTICOLO 22: Formazione dei lavoratori
Anche questi articoli sono di "precisazione" analitica della "formazione" e della "informazione": v. nei capitoli già sopra indicati.
ARTICOLO 34: Definizioni.
Specifica cosa si intende per "attrezzatura di lavoro", per "uso" della medesima e per "zona pericolosa".
ARTICOLO 35: Obblighi del datore di lavoro.
ARTICOLO 37: Informazione.
ARTICOLO 38: Formazione ed addestramento.
ARTICOLO 43: Obblighi del datore di lavoro.

Precisano gli obblighi del datore di lavoro: v. nei capitoli precedentemente citati.

Si deve ancora sottolineare che le "omesse misure tecniche, organizzative, procedurali, di prevenzione e protezione contro gli incendi" - come contestato dalla Pubblica Accusa - costituiscono anche violazione delle prescrizioni antincendio, generali, previste dagli articoli 33 e seguenti D.P.R. 27/4/1955 n. 547 (abrogato successivamente con il D.Lgs n. 81/2008).
Il combinato disposto degli articoli 3 del D.Lgs n. 626/94 e dell'art. 33 del D.P.R. n. 547/1955 rende evidente l'obbligo di contrastare il rischio incendio in primis a mezzo di dispositivi tecnici e, solo in subordine, a mezzo di misure organizzative o mediante dispositivi di protezione individuale. L'art. 35 del D.Lgs n. 626/94 prevede poi che il datore di lavoro, scegliendo le "attrezzature" di lavoro, consideri i rischi derivanti dal loro uso: abbiamo già indicato nel corso della parte precedente e vedremo anche nel prossimo capitolo come, nel caso di specie, il datore di lavoro non abbia considerato i rischi legati alla lavorazione - anche - sulla linea 5.


 

 

11 Le misure che si dovevano adottare
11.1 l'obbligo di installare un impianto di rilevazione e spegnimento automatico sulla linea 5 (anche) nella sezione di entrata, (art. 437, 1° e 2° comma c.p.)

Appare necessario un breve inquadramento - essenziale, per quanto rileva nel caso di specie - del delitto di cui all'art. 437, in questo capitolo in cui si accerterà il solo elemento oggettivo (v. infra per il profilo soggettivo e le relative responsabilità).
Recita il citato articolo: "Rimozione od omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro. Chiunque omette di collocare impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire disastri o infortuni sul lavoro, ovvero li rimuove o li danneggia, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni. Se dal fatto deriva un disastro o un infortunio, la pena è della reclusione da tre a dieci anni".
L'omissione contestata nel caso di specie ha ad oggetto un impianto di rivelazione e spegnimento automatico: non vi sono dubbi che un simile "impianto" sia compreso nella letterale previsione normativa proprio tra "gli impianti, apparecchi o segnali" aventi, senza necessità qui di interpretazione alcuna, una precisa funzione antinfortunistica, ossia quella di evitare il verificarsi di disastri o di infortuni sul lavoro.
Insegna la Corte di Cassazione nella sentenza n. 20370/06: " ... il primo comma dell'art. 437 c.p. prevede un delitto doloso di pericolo (di infortunio e/o disastro) che si consuma nell'atto della 'omissione' o 'rimozione' dolosa, mentre il secondo comma della stessa norma introduce l'aggravante per il caso in cui l'infortunio e/o il disastro abbiano effettivamente a prodursi come conseguenza della condotta di cui al primo comma".
Possiamo quindi affermare che, nel caso di specie, la fattispecie contestata è comprensiva del secondo comma dell'art. 437 c.p.: l'omissione ha causato un disastro (nel nostro caso anche con le caratteristiche di estensione, complessità e gravità - v. il capitolo relativo all'incendio - richieste da parte della giurisprudenza) e un infortunio sul lavoro.
Si deve ancora ricordare che, secondo la più recente, ma ormai consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione, non occorre che l'omissione ponga in pericolo un'indistinta e generalizzata incolumità pubblica; per tutte, v. la appena citata sentenza n. 6393/2005: "Secondo la prevalente e preferibile interpretazione giurisprudenziale, il pericolo non deve interessare necessariamente la collettività dei cittadini o, comunque, un numero rilevante di persone, in quanto la tutela si estende anche all'incolumità dei singoli lavoratori, come si evince dall'interpretazione letterale della rubrica della disposizione in esame e dalla lettura logico-sistematica del secondo comma dell'art. 437 c.p., che configura un'aggravante del reato sussistente anche nell'ipotesi in cui si verifichi un infortunio individuale sul lavoro (v. sez. 4°, 16/7/1984, Bucatini; sez. 1°, 14/3/1988, Ziri; sez. 1°, 7/4/1988, Barbagallo; sez. 1°, 13/2/1991, Michelagnoli; sez. 1°, 22/9/1995, Gencarelli; sez. 1°, 20/11/1996, Frusteri; sez. 1°, 11/3/1998, Luciani); anche una più recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 12464/07, riafferma tale interpretazione.
Richiamando qui tutto quanto esposto in tema di dovere generale di tutela e di valutazione del rischio, occorre ora esaminare in particolare, come già sopra indicato, se, in relazione al caso di specie, esistesse un quadro normativo che imponesse l'obbligo, a carico dell'azienda (vedremo infra le singole "posizioni di garanzia") di installare, anche nella zona di entrata della Linea 5 in cui si è sviluppato l'incendio del 6/12/2007, un impianto di rivelazione e di spegnimento automatico: così come contestato dalla Pubblica Accusa al capo sub A), configurante il reato di cui all'art. 437 commi 1 e 2 c.p.
Come abbiamo già sopra esposto (v.) non è certo necessario, per affermare l'esistenza di tale obbligo, l'individuazione di una norma giuridica specifica che imponga di installare un impianto di quel tipo nella zona di entrata di una linea di ricottura e decapaggio montata ed attrezzata esattamente come la linea 5 nello stabilimento di Torino; fermo il richiamo a quanto già esposto, si deve qui solo citare quanto afferma, proprio su tale punto, la sentenza della Corte di Cassazione n. 20370/06: "La difesa obietta, inoltre, che nessuna norma giuridica e nessuna ragione di carattere tecnico imponevano di collocare, proprio in quel punto (nel punto dove era collocata la valvola B), una valvola a saracinesca. Ma anche questa obiezione appare inconferente, posto che giustamente i giudici di merito hanno argomentato che nessuna norma prevede 'al metro o al centimetro' dove installare le valvole, ma il DPR 547 del 1955 detta criteri generali e funzionali al fine di evitare danni alle persone in caso di rotture o fughe".
La risposta deve quindi essere positiva: perché tale obbligo deriva, de plano, dal complesso normativo già esaminato, applicato alle condizioni di lavoro nello stabilimento, come accertate e descritte; a questo proposito, occorre ricordare che la nostra fattispecie assolve anche alla più restrittiva e rigorosa interpretazione dottrinale, che esige che la trasgressione di una regola precauzionale si radichi in un contesto che, in base ad una valutazione ex ante, renda attuale il rischio di un infortunio o di un disastro con potenzialità lesiva indeterminata.
Si deve ora sottolineare che il fenomeno del c.d. "flash fire", che ha comportato le drammatiche conseguenze di questo incendio, lungi dall'essere causato da una "anomalia" imprevedibile, non conoscibile sulla base dei dati di "esperienza" (così come affermato dai difensori degli imputati) era invece segnalato e descritto, in dettaglio, dalle norme tecniche in materia antincendio universalmente conosciute, seguite ed utilizzate da parte di tutti i "tecnici" della materia, in quanto emesse da organismi internazionali (v. subito infra); d'altronde, abbiamo già esaminato finora alcuni documenti - ed altri ne citeremo in prosieguo - dai quali si evince la conoscenza, da parte dell'azienda, dei suoi vertici e dei suoi tecnici, proprio di tale specifico rischio.
Quindi la sussistenza di tale obbligo deriva dalla normativa già esaminata (Carta Costituzionale, art. 2087 c.c., D.L.gs 626/94, D.P.R. 547/55, D.M. 10/3/1998, D.M. 9/5/2007) applicata alle condizioni di lavoro nello stabilimento (v.), tra l'altro sprovvisto del certificato antincendio (v.) ed a rischio di incidente rilevante (v); ricordando ancora una volta che l'unico "presidio" antincendio sulla Linea 5 erano i lavoratori che dovevano avvistare tempestivamente ed intervenire con gli estintori a CO2 e con le manichette ad acqua (e v. il funzionamento del "nuovo" anello antincendio); ricordando che l'art. 3 del D.L.gs 626/94 impone "la priorità delle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale"; ricordando che lo stesso articolo, alla lettera b), prescrive la "eliminazione dei rischi in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico e, ove ciò non è possibile, (la) loro riduzione al minimo"; che già secondo il punto 5.3 dell'allegato V al D.M. 10/3/1998 occorre prevedere "impianti di spegnimento fissi, manuali o automatici" quando: "esistono particolari rischi di incendio che non possono essere rimossi e ridotti" e "nei luoghi di lavoro di grandi dimensioni o complessi od a protezione di aree ad elevato rischio di incendio"; obbligo così di installare un impianto di rilevazione e spegnimento automatico anche nella zona di entrata della Linea 5, considerato il "rischio" per l'incolumità dei lavoratori derivante dai frequenti incendi, dalla presenza di sorgenti di innesco e di materiale combustibile, e dalla presenza e prossimità, anche in tale zona, di impianti oleodinamici e di condutture contenenti olio idraulico in pressione a 140 bar.
Non si può quindi porre in dubbio che, nel caso di specie, l'obbligo omesso derivi dalla violazione di precise norme antinfortunistiche; ma la Corte non può non ricordare che, secondo la già citata sentenza n. 6393/2005: " ... il provvedimento impugnato è esente dai vizi denunciati, laddove ha evidenziato che - a prescindere dal fatto che l'art. 437 c.p. non subordina l'esistenza del reato alla violazione di norme contravvenzionali speciali - in ogni caso, nella fattispecie in esame, vi è stata violazione dell'art. 2087 c.c., perché già esistevano ed erano operative strumentazioni idonee a prevenire infortuni sul lavoro del genere accaduto (non manuali e rischiose come il sistema praticato del lancio della 'coda') e, inoltre, violazione di norme specifiche (DPR n. 547 del 1955, art. 41, 68 e 69)" (si trattava, nel caso, di una amputazione parziale del terzo dito di una mano di un dipendente, dovuta all'omessa collocazione "su tutta la linea della macchina continua di produzione della carta, l'impianto/apparecchiatura per l'imbocco non manuale della c.d. "coda" in fase di riavvio della produzione", n.d.e.)

Lo "scenario" di incendio che, nel nostro caso, poteva presentarsi stante la "prossimità" - tra le sorgenti di innesco, il combustibile presente e gli impianti e le condutture di olio idraulico con quella pressione - ed il conseguente obbligo di dotare quella zona di un impianto di rilevazione e spegnimento automatico - emerge proprio da quelle norme o regole "tecniche" che costituiscono il concreto "contenuto" dei riferimenti normativi al "progresso tecnico" (v. art. 3 D.Lgs 626/94) ed alla "tecnica" (v. art. 2087 c.c.), tanto che tali riferimenti - secondo quanto già esposto nei precedenti capitoli - perdono così anche la paventata "genericità"; perché tali regole tecniche, predisposte da organismi internazionali sulla base dello studio e dell'esperienza, sono conosciute ed utilizzate da tutti i "tecnici" che si occupano, per quanto qui rileva, della materia antincendio, come nel corso del presente processo più volte riferito dai testi "tecnici" - v. anche in materia di assicurazioni, infra - e confermato anche da molti documenti aziendali che ad esse si riferiscono. Costituiscono insomma quel "patrimonio tecnico" di base la cui conoscenza ed il cui utilizzo appare indispensabile sia per una concreta e "tecnica" valutazione del rischio incendio in qualsiasi unità produttiva - ed in particolare in uno "stabilimento" delle dimensioni e della complessità di quello di Torino -sia per la individuazione e la predisposizione "tecnica" dei presidi idonei ad eliminare - ovvero, se non possibile - a ridurre lo stesso rischio. Tanto che lo stesso imputato ES. (v. udienza 4/11/2009), durante il suo esame dibattimentale, ha riferito di conoscere e di utilizzare le regole tecniche predisposte dagli organismi internazionali.
Come si vedrà subito infra, da tali regole "tecniche" emerge, in particolare e per quanto qui rileva, proprio quel "rischio" particolare costituito dalla "condizione" in cui si trovava l'olio idraulico presente sulla Linea 5, con numerosissime condutture - flessibili o meno - collegate alla centrale sotterranea, contenenti olio ad altissima pressione (140 bar), oltre a "centrali" o "centraline" (v. infra) idrauliche con relativi serbatoi (a servizio di varie movimentazioni, tra cui proprio gli ASPI) e dallo "scenario" che si sarebbe presentato in caso di incendio sviluppato in prossimità.
Si deve, riguardo a tali "regole tecniche", precisare che non tutte sono dedicate e finalizzate specificamente alla "sicurezza" sul lavoro; anzi, molte hanno come obiettivo (ed infatti sono utilizzate dalle compagnie assicuratrici, v. infra) la sola difesa dei "beni materiali" (edifici, impianti); ne consegue che i vertici aziendali, conosciute e studiate tali norme (naturalmente, se necessario, con l'ausilio di professionisti specializzati: ma non pare certo questo un problema insuperabile per lo stabilimento appartenente ad una multinazionale, come abbiamo già ricordato in altri punti), le debbano necessariamente "combinare" (sempre sotto il profilo "tecnico") con il loro dovere generale di tutela dell'incolumità dei dipendenti; perché ben si può presentare un rischio incendio comportante un "danno" economico non "rilevante", in assoluto o rispetto alle capacità dell'impresa, che però costituisce nondimeno un altissimo "rischio" per la sicurezza e l'incolumità dei lavoratori.
In breve: le norme "tecniche" antincendio costituiscono un valido ausilio per la valutazione del rischio incendio e per conoscere come ovviare a tale rischio; ma la loro prospettiva, quando non dedicata espressamente all'incolumità dei lavoratori, non è sufficiente per il datore di lavoro, che è obbligato, inoltre, a valutare l'impatto dello stesso rischio, in concreto, considerando il processo produttivo della sua azienda, sulla sicurezza dei suoi dipendenti, oltre che ad apprestare le cautele necessarie per eliminarlo, ovvero ridurlo il più possibile (v. anche capitolo 8).

Si può cominciare con il citare la norma UNI ISO (organizzazione internazionale di normazione americana ed europea) 7745, al punto 4, intitolato Sistemi oleoidraulici; punto 4.1: " ... un qualsiasi cedimento nelle tubazioni o anche una piccola perdita possono comportare una proiezione di fluido a notevole distanza. Nel caso il fluido sia infiammabile, questo può, in molti casi, comportare un serio rischio di incendio"; punto 4.2: "la fuoriuscita di fluido in pressione in presenza di un possibile innesco di fiamma (per esempio, metallo fuso, bruciatori a gas, candele di accensione, apparecchiature elettriche o superfici metalliche calde) è stata spesso la causa di incendi di fluido oleoidraulico. Perfino il calore dovuto all'attrito può generare temperature sufficienti ad innescare la combustione spontanea (autoaccensione) di un fluido".
Un altro organismo, che si occupa più specificamente della sicurezza sul lavoro - la svizzera SUVA -; nel paragrafo dedicato agli impianti oleodinamici nei cantieri sotterranei, descrive:
"L'olio fuoriesce da una fessura stretta e a causa della forte pressione viene nebulizzato: l'olio prende fuoco in maniera repentina a contatto con una superficie calda o un'altra fonte di innesco (pioggia di fuoco). L'incendio si presenta sotto forma di un "dardo di fuoco" (come in un bruciatore) finché la pressione nel sistema idraulico (oleodinamico) non si annulla. La fiamma intensa, spesso estesa, brucia tutto il materiale infiammabile che incontra nei paraggi. Il dardo di fuoco si estingue non appena la pressione dell'olio precipita. L'incendio può tuttavia continuare ad ardere se nell'ambiente circostante ci sono delle sostanze che stanno già bruciando o se la perdita di olio non si arresta."
La stessa SUVA raccomanda poi di installare "un dispositivo integrato di rivelazione e spegnimento incendi" e la necessità di "scaricare la pressione del sistema idraulico tramite un interruttore di arresto in caso di emergenza".

Le norme della N.F.P.A. (National Fire Protection Association - statunitense) sono state oggetto di contestazione formale da parte dei difensori degli imputati (v. in particolare udienza del 23/2/2011), per la loro mancata traduzione in contraddittorio; la contestazione riguarda le norme N.F.P.A. tradotte dalla parte civile Medicina Democratica relative, così sembrerebbe, alla possibilità (di cui ha peraltro riferito in dibattimento il teste BELTRAME, v. citato) di sostituzione dell'olio idraulico con un altro fluido non infiammabile (possibilità, tra l'altro, indicata nel documento di valutazione del rischio incendio per lo stabilimento di Terni, successivo all'incendio del 6/12/2007, v. infra); altre norme N.F.P.A. descrivono il fenomeno del c.d. "flash fire"; ma la Corte, allo scopo di evitare qualsiasi eccezione sul punto, omette qui di riportare - e così di considerare ai fini della decisione - qualsiasi norma N.F.P.A., peraltro indicata in dibattimento - e commentata - dal teste LUC. (v. infra, citato).

Per la F.M. GLOBAL (che vedremo anche nel capitolo dedicato alle questioni assicurative: infatti il suo obiettivo è la tutela delle "cose materiali") ecco le caratteristiche dell'incendio: "quando l'olio idraulico viene rilasciato in pressione, il risultato solito è uno spray nebulizzato o una nebbia di gocce di olio che può estendersi fino a 40 ft (12 metri) dalla fuoriuscita. Lo spray di olio infiammabile prontamente si innesca tramite superfici calde, così come metallo riscaldato o fuso, riscaldatori elettrici, fiamme libere o saldature ad arco. L'incendio risultante usualmente è di tipo a torcia con una quantità di rilascio di calore veramente alto". Le raccomandazioni F.M. GLOBAL: "predisporre sprinkler automatici al disopra e ad almeno 20 ft (6 metri) oltre l'apparecchiatura idraulica. Una protezione sprinkler completa è necessaria se la costruzione o utenza combustibile si estende oltre ... Eccezione: potrebbero essere omessi gli sprinkler sopra ad un piccolo sistema idraulico singolo o sopra piccoli sistemi multipli adiacenti, cioè a meno di 20 ft (6 metri) l'uno dall'altro. Ciò è accettabile solo se i seguenti criteri sono verificati: la capacità complessiva dell'olio non supera i 100 galloni (380 litri); la costruzione e l'utenza adiacente sono non combustibili; le fonti di innesco sono normalmente non presenti".
La descrizione delle norme "tecniche" è la precisa fotografia, anzi il video in drammatica progressione, di quanto avvenuto nello stabilimento di Torino la notte del 6/12/2007, come accertata e ricostruita, tramite le testimonianze, i rilievi tecnici e le autopsie riportati nei precedenti capitoli.

I difensori degli imputati hanno affermato l'irrilevanza della "raccomandazione" SUVA perché relativa - come sopra indicato - ai "cantieri sotterranei"; vi è stato inoltre, nel corso del presente processo, un ampio dibattito fra le parti su ciò che esattamente "raccomandasse" la F.M. GLOBAL a proposito delle "centrali" ovvero delle "centraline" idrauliche; lo vedremo nei capitoli dedicati agli 8 "punti" contestati dalla Procura della Repubblica (v. infra).
La Corte ritiene che la questione - rilevante ai fini della decisione - non sia quella di avere o meno "violato" specifiche regole tecniche; agli imputati si contesta di avere "violato" precise norme giuridiche, come sopra ricordato; la questione è se lo scenario accaduto la notte del 6/12/2007 costituisse, con riguardo al "flash fire" (già abbiamo accertato che gli "incendi", sulla Linea 5 e soprattutto nell'ultimo periodo di gestione, non fossero "anomali", v. ampiamente sopra), una "anomalia", un tragico combinarsi di elementi imprevedibili; invece, apprendiamo dalle norme tecniche come tale "rischio" incendi specifico, che presentano gli impianti oleodinamici - senza dimenticare, nel caso di specie, le dimensioni e la complessità di quelli presenti sulla Linea 5, oltre che la pressione a cui lavoravano - in presenza di una qualsiasi fonte di innesco (ed abbiamo indicato quante "fonti di innesco" vi fossero sulla Linea 5, v.) fosse descritto dalle norme tecniche esattamente come si è purtroppo verificato nel caso di specie. Utilizzando tra l'altro espressioni quali: "il risultato solito", "l'incendio risultante usualmente" che dimostrano quanto la descrizione "tecnica" fosse assodata e consolidata e non certo frutto di rilevazioni ancora incerte o in fase di "studio" o frutto di tecnologia di "avanguardia"; proprio dalla precisa descrizione "tecnica" di tale rischio, anche indicato nella sua "repentinità" e nella sua estensione (12 metri) deriva, tramite le norme giuridiche in materia di sicurezza ed in applicazione del "dovere di tutela", già sopra descritto nelle sue articolazioni, l'obbligo di apprestare le idonee installazioni: in particolare, un impianto di rivelazione e spegnimento automatico; non è infatti sostenibile che, di fronte ad uno "scenario" come quello descritto dalle norme tecniche, un imprenditore trascuri di ricordare che sulla Linea 5 gli addetti lavoravano (e nelle condizioni già sopra esposte); anzi, imponga addirittura loro di costituire l'unico "presidio" a fronte di quel rischio specifico di incendio, sia per rilevarlo, sia per tentare di spegnerlo con mezzi evidentemente inadeguati.
La Corte ribadisce quindi, se ve ne fosse ancora necessità dopo quanto esposto, che l'obbligo - la necessità - di installare un impianto di rilevazione e spegnimento automatico anche in quell'area della Linea 5 non deriva da una valutazione ex post, "influenzata" da quanto accaduto, ma da una precisa, razionale e conseguente ricostruzione, basata su tutti gli elementi accertati nel corso del presente dibattimento, della situazione precedente, come si presentava a tutti coloro che avevano, per lo stabilimento di Torino, precise responsabilità di direzione, di gestione e di organizzazione.

I difensori degli imputati affermano inoltre che, a fronte della "eccezionalità" dell'evento, neppure l'installazione di un impianto di quel tipo sarebbe "servito", avrebbe cioè potuto evitare drammatiche conseguenze, che sarebbero forse state simili a quelle che si sono verificate; l'obiezione difensiva - oltre a ribadire l'eccezionalità dell'evento, negata in radice da quanto già sopra esposto e dal tenore delle norme tecniche - si riferisce ad una asserita insussistenza del nesso di causalità materiale tra le omissioni contestate - per quanto rileva in questa parte, la mancata installazione di un impianto di rilevazione e spegnimento automatico - e l'incendio del 6/12/2007.
La Corte non è in grado di indicare con assoluta certezza ciò che "sarebbe accaduto se ... "; è però sicura che:
-un impianto di rilevazione avrebbe avvisato gli operai sin dal "focolaio di incendio", cioè prima di quando abbiano potuto, quella notte, accorgersene "a vista";
-un impianto di rilevazione unito ad uno di spegnimento automatico avrebbe non solo avvisato subito gli addetti, ma impedito loro di avvicinarsi all'incendio con gli estintori, preservando così la loro incolumità, la loro vita; -un impianto di rilevazione e di spegnimento automatico con ogni probabilità avrebbe anche impedito il formarsi del "flash fire", intervenendo sull'incendio prima che determinasse il "collasso" dei flessibili: così ci indicano le norme tecniche, ma anche le norme giuridiche, entrambe basate sull'esperienza. Esperienza che non può essere quella "individuale", del singolo datore di lavoro (e su di un determinato impianto), cui sembrano riferirsi i difensori degli imputati, bensì l'esperienza "collettiva", frutto di "studio" e di "tecnica" consolidati. I difensori degli imputati hanno infatti più volte sottolineato che "in quel punto" preciso della Linea 5 in cui si è verificato l'incendio del 6/12/2007 "in precedenza" non si erano verificati altri incendi (quantomeno non altri incendi devastanti); ma la Corte deve osservare che questa esperienza, limitata e, in quanto tale, poco o per nulla significativa, viene contraddetta proprio dalle norme tecniche, rappresentative dello stato attuale della scienza e della tecnica, basato su plurime esperienze confrontate e studiate. È infatti - anche - in "quel punto" preciso della Linea 5 che si riscontrano tutte le condizioni di rischio - sorgenti di innesco, combustibile, prossimità con impianti e condutture di olio in pressione - di incendio e di conseguente "flash fire" descritte dalle norme tecniche, le quali ultime "raccomandano" (ma, come si è già visto, l'obbligo deriva già direttamente da una corretta "valutazione del rischio" e dal D.M. 10/3/1998) appunto di installare (quando non è possibile eliminare il "rischio" alla fonte, ma dovendo in ogni caso "ridurlo" per quanto "tecnicamente" possibile) un impianto di rilevazione e spegnimento automatico; come primo, indispensabile "presidio" tecnico, collettivo e non affidato unicamente alla "vista" ed alla "mano" dell'uomo.
La Corte ritiene quindi la sussistenza - che invero le appare evidente - del nesso di causalità tra la contestata omissione - consistente nel non avere installato un impianto di rilevazione e di spegnimento automatico anche nella zona di entrata della Linea 5 ("anche" perché, come si è diffusamente esposto, non era l'unica a rischio incendio ed a rischio "flash fire") e l'evento come sviluppatosi nella notte del 6/12/2007, in particolare all'esito del giudizio controfattuale appena esposto.




11.2 Le altre misure che si dovevano adottare, in quanto idonee a ridurre il rischio incendi sulla Linea 5.
Anche qui la Corte segue le contestazioni formulate dalla Procura della Repubblica; secondo l'ipotesi di accusa, le altre misure idonee a ridurre il rischio di incendio sulla linea 5, non approntate dall'azienda, sono:
-estintori a lunga gittata in luogo di quelli esistenti;
-sensori nella zona compresa tra l'aspo svolgitore e la saldatrice in grado di rilevare la posizione non corretta del nastro e di arrestare automaticamente la marcia del nastro;
-una procedura operativa che in caso di incendio prevedesse l'azionamento immediato e sistematico del pulsante di emergenza già esistente; -un pulsante di emergenza in grado di disattivare l'alimentazione elettrica delle centrali oleodinamiche della linea APL 5, togliere pressione ai condotti dell'olio, ed evitarne così la fuoriuscita ad alta pressione in caso di rottura dei tubi.

A)
Abbiamo già più volte ricordato - e qui lo richiamiamo - come sulla linea 5 si trovassero solo estintori a CO2 (una decina, secondo il citato teste CAN. v.) e le manichette ad acqua (sulla efficienza di queste ultime, v. nel capitolo dedicato al certificato di prevenzione incendi).
Potevano essere necessario dispositivo antincendio - con minimo investimento e nessuna necessità di lavori strutturali - degli estintori a lunga gittata? Certamente, quantomeno per evitare che gli addetti dovessero intervenire in assoluta prossimità "sull'incendio" e quindi con maggiore rischio personale; l'affermazione non è teorica e determinata ex post considerato quanto accaduto: ne è riprova il fatto, già sopra ricordato, che subito dopo l'incendio avvenuto a Krefeld (su cui v. infra), sulla linea omologa alla 5 dello stabilimento di Terni sono stati posti proprio degli estintori carrellati a lunga gittata (v., nei particolari, la già citata testimonianza di SE, udienza 28/5/2009). È quindi accertata la contestata omissione, così come il suo nesso di causalità con quanto accaduto nella notte del 6/12/2007.

B)
Abbiamo già indicato come una delle fonti di innesco dei frequenti incendi sulla Linea 5 fosse proprio lo "sbandamento'' e conseguente "sfregamento" del nastro di acciaio in svolgimento contro la carpenteria dell'impianto (v. sopra, per i particolari); abbiamo già ricordato come almeno uno degli incendi - non focolai - avvenuti sulla linea 5 durante l'ultimo anno prima dei fatti per cui è causa fosse dovuto proprio a tale sfregamento; anche l'incendio del 6/12/2007 ha avuto come "sorgente di innesco" lo sbandamento del nastro di acciaio contro la carpenteria (v. nel relativo capitolo); è circostanza pacifica che la Linea 5, al momento dell'incendio e precedentemente, non fosse dotata di alcun sensore per la centratura del nastro nella zona di entrata, in cui si è innescato e sviluppato l'incendio del 6/12/2007; e non fosse dotata neppure di alcun sensore che, a fronte dello sbandamento del nastro, fermasse automaticamente la linea.
Anche qui, non si tratta di dispositivi all'avanguardia e/o di particolare complessità tecnica; tanto che nella linea di ricottura e decapaggio LAF 4 (omologa alla linea 5 di Torino), in funzione a Terni, i centratori e i sensori antisbandamento erano originari - del 2002, come riferisce il già citato teste SE. (v. udienza 28/5/2009): " ... il rotolo viene caricato sull'aspo di entrata, viene svolto e mandato verso l'ingresso della linea. Prima delle cesoie ... c'è un rilevatore di posizione che attiva il movimento dell'aspo ad inseguimento per centrare la posizione del rotolo ... il rilevatore di posizione sarà 8-10 metri dall'aspo ... i centratori danno un allarme di massimo sbandamento: quando il nastro è fuori posizione ed il sistema non riesce a centrarlo viene visualizzato un allarme ... ed arresta la linea".
Sulla linea 5, invece, nella sezione di entrata non era in funzione alcun centratore e nessuno dei centratori disposti in altre zone arrestavano automaticamente la linea a causa dello sbandamento del nastro. Sul punto, senza qui riportarle integralmente, si devono in particolare richiamare le dichiarazioni di BE. (citato), che si riferisce, per la sezione di entrata, a dei - soli - sensori con segnalazione luminosa (la cui lampadina, tra l'altro, la notte del 6 dicembre 2007 non funzionava); conclude BE. - nella sua veste tecnica - " ... il sistema di controllo ... antistrisciamento del nastro contro la carpenteria ... funzionava ... però non serviva a niente ... non andava proprio bene come sistema"; ennesima conferma dello stato di abbandono in cui versavano gli impianti dello stabilimento di Torino.
Non vi sono dubbi che un dispositivo di arresto automatico della linea per sbandamento del nastro di acciaio, collocato nella sezione di entrata, fosse necessario per evitare il ben conosciuto - e più volte avvenuto - fenomeno dello sfregamento del nastro contro la carpenteria: anche questa omissione è quindi provata ed è causalmente connessa all'evento del 6/12/2007.

C)
Le parti hanno ampiamente dibattuto il tema del c.d. "pulsante di emergenza", che a sua volta si compone di tre differenti profili: quello dell'esistenza di una "procedura esecutiva", quello degli effetti del pulsante di emergenza posto sul "pulpito" e sui "pulpitini" della Linea 5, quello della "forma" del pulsante di emergenza.
L'accertamento degli "effetti" del pulsante di emergenza necessita di una breve premessa: si è già esposto, nel capitolo dedicato alla descrizione tecnica della Linea 5 (v.), così come nei successivi (v. riferendosi al "flash fire"), che tutti i movimenti necessari al funzionamento dell'impianto sono azionati "oleodinamicamente", tramite circuiti collegati ad un'unica "centrale" o stazione di pompaggio, in cui si trova il serbatoio principale (in posizione sotterranea e protetta da un impianto di rilevazione e spegnimento) - quello stesso, v. sopra, che si è parzialmente, per circa 437 litri, svuotato durante il flash fire: prima segnalando il basso livello olio idraulico e poi fermando la linea 5 arrivando l'olio del serbatoio principale al livello "minimo"; lungo tutta la linea si trovano numerose altre "centrali" o "centraline" (sull'argomento v. anche più dettagliatamente infra), a servizio dei vari meccanismi di movimento, composte di un serbatoio - di minore capienza - di un banco valvole, di elettrovalvole a due o tre posizioni (collegate, durante il funzionamento, al serbatoio principale), di una serie - numerosissima - di tubazioni rigide e di flessibili di raccordo (questi ultimi, come si è indicato sopra, hanno determinato, collassando, il devastante fenomeno del "flash fire") che percorrevano tutta la linea.
Sottolineando che il c.d. "pulsante di emergenza" non era l'unico dispositivo presente per arrestare la Linea 5: vi erano infatti, tra i "comandi" linea, dei pulsanti di arresto che fermavano l'impianto per "sezioni" (v. il capitolo relativo alla descrizione), così permettendo di utilizzare i c.d. "carri di accumulo" e che venivano azionati con grande frequenza dagli operatori, perché permettevano di
"regolare" la produzione in corso anche in presenza di inconvenienti, difetti del nastro, presenza di carta ecc.
I tecnici delle parti hanno discusso in particolare se, arrestando la linea tramite tale pulsante c.d. "di emergenza", si sarebbe interrotto il flusso di olio dalla centrale sotterranea, di modo che il collasso di uno o più flessibili, cessando l'alimentazione, avrebbe determinato un "flash fire" ridotto perché relativo - solo - all'olio in pressione contenuto nei serbatoi lungo linea e non -come effettivamente accaduto - relativo allo svuotamento dell'olio contenuto nel serbatoio principale.
Secondo la lettura "tecnica" degli schemi elettrici dell'impianto (v. consulenze in atti), il flusso di olio sarebbe stato interrotto dal c.d. "pulsante di emergenza" in tutte le centrali - o centraline - idrauliche poste sull'impianto munite di elettrovalvole a tre posizioni; non si sarebbe interrotto in quelle munite di valvole a due sole posizioni; si sarebbe così verificato un "flash fire" di dimensioni minori, con una quantità di olio c.d. "de residuo".
Permane qualche dubbio sulla corrispondenza tra gli schemi originari, che hanno portato a tale risultato tecnico condiviso, e l'operatività concreta ed attuale - sino all'incendio del 6/12/2007 - del sistema che, dopo l'evento, non si è potuto controllare; dubbio derivante dallo stato generale di carente manutenzione della linea 5, come si è già ampiamente esposto - v. per esempio quanto accertato sugli obsoleti ed inutili sistemi di centratura subito sopra -oltre che da - riscontrate - "modifiche" segnate a matita sugli stessi schemi (e v. anche lo stupore sulla efficienza di tale dispositivo manifestato da PE., teste citato infra).
Ma anche ritenendo esistente e funzionante, in allora, tale sistema, la Corte non ritiene necessario esaminare nel dettaglio cosa sarebbe accaduto se quella notte qualcuno degli operatori avesse schiacciato il c.d. "pulsante di emergenza"; in particolare, ci si riferisce qui alla consulenza effettuata da un consulente della Procura della Repubblica (v., in atti, l'elaborato di FI.), vibratamente contestata dalla difesa degli imputati, sui possibili scenari di un flash fire c.d. de residuo.
Non lo ritiene necessario perché è stato pienamente accertato, nel corso del dibattimento, non solo che non esisteva una "procedura operativa" scritta che indicasse agli addetti linea di azionare immediatamente, in caso di incendio, il c.d. "pulsante di emergenza", ma che mai, in nessuna forma, neppure durante alcun tipo di formazione, era stata trasmessa agli operatori tale - fondamentale - indicazione, con la relativa, indispensabile informazione sugli effetti (v. sopra) che tale modalità di arresto immediato comportava, unitamente alla "diversità" tra tale arresto c.d. di "emergenza" e gli altri comandi che fermavano la linea. Certamente una tale "procedura operativa" non si rinviene, per iscritto, nel "piano di emergenza", già sopra riportato ed esaminato, né in alcun altro "documento" aziendale rivolto ai dipendenti e, in particolare, agli addetti linea; quanto ad una ipotetica - sostenuta dalla difesa degli imputati - "istruzione" verbale riguardante il c.d. "pulsante di emergenza", la Corte deve constatare come sia stata smentita dai testi escussi: lo riferiscono tra gli altri, escludendo qui gli operatori, i testi - tecnicamente qualificati – LU. C. (citato), PER. (citato), BE. (citato); quest'ultimo, dopo avere confermato come non vi fossero direttive specifiche né istruzioni per l'uso del "pulsante di emergenza", aggiunge che "teoricamente" avrebbe dovuto schiacciarlo, precisando: " ... almeno io penso che l'avrei schiacciato ... purtroppo la brutta abitudine era quella di Termo la sezione di entrata, vado con l'estintore, spengo il pezzettino di carta e riparto' ... si fermava l'impianto col suo arresto normale ... e c'era l'intervento veloce con l'estintore".
Alcuni testi, invece, affermano che "tutti" (gli operatori) "sapevano" che si doveva, in caso di incendio, arrestare la linea con il c.d. pulsante di emergenza; ma emerge con evidenza come tali affermazioni, in particolare da parte dei testi MI. A. (citato, udienza 27/10/2009) e DE. A. (citato, indagato ex art. 372 c.p., udienza 24/2/2010), siano espresse in forma di assioma: i lavoratori lo sapevano, perché dovevano saperlo, non perché qualcuno dei responsabili li avesse informati; infatti lo stesso MI., richiesto sul punto (v., a domanda dell'avv. Anglesio), risponde che egli - come primo addetto alla linea 5 - non aveva mai dato indicazione sull'uso dello stesso pulsante, non essendocene bisogno appunto perché "tutti sapevano". Tali dichiarazioni, al di là della più o meno sincera "convinzione" espressa dai testi, confermano in pieno quanto già sopra esposto: cioè l'inesistenza di una procedura operativa, non solo scritta ma anche mediante formazione e/o informazione "orale", che imponesse od anche solo "consigliasse" agli operatori l'uso di quel pulsante in caso di incendio.
Anche qui, si deve purtroppo osservare che l'omessa "istruzione" corrisponde alla priorità delle esigenze di produzione rispetto a quelle di sicurezza: lo abbiamo "tecnicamente" appreso anche dai testi; il citato BE. riferisce che, fermando la linea con il pulsante di emergenza, ci volevano dai 5 ai venti minuti per ripartire e venivano danneggiati " ... da buttare ... " i tratti del nastro nel forno e nelle vasche; il teste CAM. G. (citato, udienza 17/11/2009), dopo avere anch'egli confermato che non vi era alcuna indicazione di usare il c.d. pulsante di emergenza in caso di incendio, anzi: " ... se non era necessario i ragazzi non lo schiacciavano assolutamente, tendevamo sempre ad andare avanti con gli impianti ... come le ho detto se pensavamo di poter spegnere con gli estintori spegnevano con gli estintori ... il fungo di emergenza era qualcosa che non si schiacciava mai, che ricordi io quasi mai abbiamo schiacciato il fungo di emergenza perché tendevamo a fare la produzione", precisava che razionamento di tale pulsante comportava la perdita di 20 minuti-mezz'ora di produzione "tra ritirare su di nuovo le temperature del forno e ripartire" e che si correva anche "il rischio" di restare fermi due-tre giorni perché il nastro poteva "cristallizzarsi" nel forno e quindi rompersi (v. pag. 53-54 trascrizioni).

In conclusione, non esisteva una procedura operativa che indicasse ai lavoratori di azionare, in caso di incendio, il c.d. pulsante di emergenza; con la conseguenza che gli addetti alla linea 5, seguendo le indicazioni aziendali anche per questo profilo, non dovevano - nel senso che nessuno li aveva istruiti in questo senso - avvistato l'incendio la notte del 6 dicembre 2007, premere immediatamente tale pulsante. Con l'ulteriore conseguenza, già sopra indicata, della irrilevanza, ai fini della presente decisione, di esaminare in dettaglio i possibili scenari che tale azionamento avrebbe comportato. E con un'altra conseguenza, relativa al terzo punto tra quelli sopra indicati: che appare irrilevante, sempre ai fini della decisione, l'acceso dibattito, svoltosi durante il processo, soprattutto fra i tecnici, ma anche oggetto di numerose testimonianze, sulla "regolarità" dello stesso pulsante che, per tale motivo, è stato più volte sopra indicato come "cosiddetto" di emergenza. Infatti, come analiticamente esposto dal teste - tecnico della materia – GE. F. (citato, udienza 4/6/2009), al quale si deve interamente rinviare, i pulsanti presenti sui pulpitini e sul pulpito e indicati come "di emergenza" non avevano le caratteristiche previste dalla normativa in materia; ma, come si è appena esposto, non da tale violazione è derivato il mancato azionamento da parte degli operatori, bensì dalla accertata inesistenza della sopra indicata procedura operativa e dalla assoluta mancanza di indicazioni ed istruzioni che ne imponessero - o raccomandassero - l'utilizzo in caso di incendio.

 




12 Gli 8 "punti" contestati dalla Procura della Repubblica.
Secondo le contestazioni della Procura della Repubblica, i vertici ed i dirigenti THYSSEN KRUPP AST avrebbero dovuto valutare il "rischio'' incendio nello stabilimento di Torino, sulle linee di ricottura e decapaggio, sulla linea 5, nella zona di entrata di quest'ultima e, quindi, prevedere ed apprestare le idonee misure tecniche per ridurre tale rischio, anche stimolati, guidati e pressati dai seguenti "fatti e documenti", verificatisi a partire dal giugno 2006 (come da contestazione temporale relativa al reato sub A); ma la cui rilevanza si estende, come emerge dai capi di imputazione, anche alle altre contestazioni, con riguardo all'elemento soggettivo.
È dovere della Corte accertare se tale assunto sia o meno fondato; durante il processo si è dedicato ampio spazio e discussione a questi "punti": la Corte cercherà qui di riassumere secondo il consueto criterio della rilevanza ai fini della decisione e rimandando ai documenti ed alle complete trascrizioni delle deposizioni testimoniali; si deve però premettere, affinché non si generino equivoci considerata - anche per questi punti - la vastità della materia, la mole dei documenti, l'inevitabile sfaccettatura ed il diverso punto di vista che ogni teste apporta, che l'obbligo - in capo ai vertici ed ai dirigenti di THYSSEN KRUPP AST - di valutare il rischio incendio anche in quella zona della Linea 5, di prevedere le misure per eliminare e, in subordine, ridurre tale rischio, prevedendo le indispensabili misure e, in particolare, un impianto di rilevazione e spegnimento automatico, deriva - direttamente - dal dovere generale di tutela, dalla normativa in materia di sicurezza sul lavoro, dalla normativa in materia antincendio, necessariamente integrata dalle norme tecniche già indicate; non deriva direttamente dalle "raccomandazioni" da parte delle compagnie di assicurazione (v. subito infra), né dalle indicazioni del Working Group Stainless (v. subito infra).
Per questo motivo si sono sopra utilizzati i termini "stimolati", "guidati" e "pressati": la constatazione, come si vedrà subito infra, è che, proprio a partire dal giugno 2006 (è del 22 l'incendio della linea di ricottura e decapaggio nello stabilimento TK NIROSTA a Krefeld, con distruzione completa della linea), il tema della "sicurezza antincendio" ("fire prevention"), soprattutto sulle linee di trattamento come la linea 5, fosse divenuto, a livello di "gruppo" STAINLESS, una vera e propria "priorità" ed "emergenza", all'ordine del giorno sotto vari aspetti e, principalmente - ma non solo - quello del danno economico che i frequenti incendi avevano comportato e potevano comportare al "gruppo" STAINLESS, del quale la ACCIAI SPECIALI TERNI era indubbiamente parte integrante.
I vertici e la dirigenza italiani, invece, hanno dimostrato - nei fatti - un'assoluta refrattarietà ad "occuparsi'' di tale questione, in particolare per lo stabilimento di Torino (v. infra: testimoniata, per esempio, dai "ritardi" nei progetti concreti, dalla "rappresentanza", per lo stabilimento di Torino, di DE., neppure sostituito, nel "sottogruppo" dedicato alle linee di trattamento), non solo in quanto rivolta verso l'obiettivo - sempre e comunque per loro doveroso, in quanto imposto dalla legge - della sicurezza dei dipendenti (e nonostante i precisi "input" da parte della capo gruppo anche in questa direzione), ma verso l'obiettivo della "conservazione dei beni" - in particolare nello stabilimento di Torino (v. quanto esposto sopra sull'interesse che aveva in particolare ES. a conservare tali impianti); unico obiettivo, quest'ultimo, in cui si muovevano ed a cui erano finalizzate le compagnie di assicurazione, come vedremo infra. Così manifestando, i vertici ed i dirigenti aziendali, non solo la più volte qui accertata e ricordata superficialità e negligenza in materia di sicurezza antinfortunistica, ma una complessiva miopia progettuale di chi, a fronte di un allarme preciso e documentato, quale quello proveniente dalla STAINLESS (v. infra) sceglie di continuare ad agire - ovvero a non intraprendere alcuna azione, a non prevedere né installare alcuna misura -come se l'allarme non ci fosse, o come se riguardasse "altro", marginale e trascurabile rispetto agli obiettivi - anche economici - già prefissati.
Ci si riferisce in particolare alla decisione di "dismettere" lo stabilimento di Torino con le modalità indicate nel relativo capitolo (v. 5), continuando il processo produttivo nelle condizioni descritte e tutto ciò durante e dopo i "fatti" ed i "documenti" di cui si dirà specificamente subito infra: temporalmente infatti vi è un'assoluta "coincidenza" tra le decisioni relative allo stabilimento di Torino, il degrado delle sue condizioni, l'abbandono in cui è stato lasciato ed i "fatti e documenti" esaminati nel presente capitolo; la Corte lo sottolinea qui, evidenziando le date già sopra indicate e le date che emergeranno infra. Un continuo richiamo a tali coincidenze renderebbe l'esposizione troppo dispersiva, ma la loro innegabile importanza ed evidente rilevanza impongono qui di ricordarlo e di sottolinearlo.
1) "l'incendio del 22 giugno 2006 sulle linee di ricottura e decapaggio KL3 e GBL3 dello stabilimento tedesco di Krefeld della THYSSEN KRUPP NIROSTA ... considerato dalla stessa THYSSEN KRUPP STAINLESS talmente distruttivo e devastante che solo per miracolo non vi erano stati morti, né feriti gravi";
e
2) "la ricostruzione nel 2006 delle predette Linee di KREFELD, dotandole di un sistema automatico di rivelazione e spegnimento degli incendi prima non presente".

l) e 2)
Più volte abbiamo accennato all'incendio devastante avvenuto nello stabilimento di Krefeld; in seguito a tale incendio, che ha causato ingentissimi danni economici (il teste TO. G., broker, udienza del 31/3/2010, ha riferito di circa 300 milioni di euro: per gran parte dell'importo addebitabili alla riduzione della produzione dovuta alla completa distruzione dell'impianto; il teste MA. A., v. infra, alla stessa udienza ha indicato invece circa 120 milioni di euro) con conseguenti, come vedremo subito infra, sostanziali modifiche nei contratti assicurativi, la THYSSEN KRUPP STAINLESS insediò un "gruppo di lavoro" dedicato in particolare alla individuazione del "rischio incendi" e delle misure idonee ad eliminarlo ovvero a ridurlo proprio sulle linee di ricottura e decapaggio presenti in tutti gli stabilimenti THYSSEN KRUPP del mondo.
L'allarme - sotto il profilo economico, ma anche sotto il profilo "sicurezza" dei lavoratori - sul "rischio" incendi prima presente, in tutte le società "stainless" del gruppo, ma prevalentemente rivolto verso altri impianti (in particolare quelli installati nelle aree c.d. "a caldo" e, nelle aree c.d. "a freddo", sui laminatoi, come il sendzimir a Torino: v. così le dichiarazioni del teste GI. S., udienza del 4/6/2009), si era invece esteso e "concentrato", dopo Krefeld, proprio sulle linee di ricottura e decapaggio.
Durante un "incontro" della THYSSEN KRUPP tenutosi in Messico nel marzo del 2007 (v.), incontro che prendeva evidentemente spunto dall'incendio di Krefeld, l'azienda aveva sottolineato tale "allarme" generale proveniente proprio dall'interno del "gruppo"; ve ne è corposa traccia documentale in particolare in una "presentazione" (v. tra i doc. in sequestro), di certa provenienza THYSSEN KRUPP, in cui si afferma: "uno dei progetti più importanti attualmente in corso all'interno del nostro gruppo è l'iniziativa 'prevenzione incendio'.
Prima di parlare di questo argomento vi citerò alcuni esempi che spiegheranno il motivo per cui crediamo che alle misure antincendio debba essere data priorità assoluta."
Seguono le immagini dell'incendio al laminatoio Sendzimir di Torino del 2002 (v. sopra); di un incendio alla "linea di rettifica bobine" ("completamente distrutta", secondo la presentazione aziendale) a Krefeld del 28/12/2005; dell'incendio alle linee di ricottura e decapaggio KL3/GBL3 (v. sopra) a Krefeld, il cui commento aziendale è: "È stato un miracolo che nessuno si sia ferito gravemente o non abbia perso la vita"; "un incendio di dimensioni estese presso l'impianto siderurgico di Magnitokorsk", Urali meridionali, 28/ 11 /2006, il cui commento aziendale è: "Permettetemi ora di mostrarvi un ulteriore esempio di un terribile incidente presso un'acciaieria russa. A seguito dell'incendio la linea di decapaggio è andata distrutta e 10 persone hanno perso la vita. Questi esempi dimostrano che una strategia di prevenzione antincendio altamente sofisticata è assolutamente necessaria."
Nella "slide" successiva, oltre ad uno "schema" sui motivi dell'iniziativa antincendio e sui "metodi", si trova il seguente commento: "la consapevolezza dei rischi da parte del nostro personale deve essere aumentata. Inoltre devono essere organizzati specifici corsi di formazione. Per questo motivo un'iniziativa straordinaria è di fondamentale importanza".
Non è necessario qui utilizzare molte parole per ricordare l'assoluta impermeabilità, da parte dei vertici della THYSSEN KRUPP AST, di fronte a tali inequivocabili quanto documentati allarmi - con conseguenti, evidenti "pressioni" ad agire! - provenienti, lo si deve ancora sottolineare, dalla casa madre THYSSEN KRUPP STAINLESS, affinché nelle società del gruppo si desse "priorità assoluta" ad una "strategia di prevenzione antincendio altamente sofisticata"; non è necessario ripetere come, nello stabilimento di Torino, non sia stato "fatto" assolutamente nulla: e ciò non nella sola zona di entrata della Linea 5; nulla in tutto lo stabilimento, salvo (v. infra) cercare di completare i lavori previsti nel documento QU. del dicembre 2003 (v.) per ottenere il certificato di prevenzione incendi (v. nel relativo capitolo).
La difesa degli imputati, sul punto, afferma la non influenza di questi primi "punti" in quanto la Linea 5 era diversamente "strutturata" rispetto alle linee di ricottura e decapaggio dello stabilimento TK NIROSTA di Krefeld e l'incendio, innescato dal "grippaggio" di un cuscinetto, aveva assunto quelle dimensioni nell'area delle vasche di decapaggio, divenendo "devastante" sia per il materiale plastico di cui erano costituite, sia per l'andamento "verticale" della linea di Krefeld.
Tali precisazioni della difesa sono incontestabili, perché rispondenti alla realtà; ma, ancora una volta, tendono a spostare il nocciolo della questione: mentre la THYSSEN KRUPP STAINLESS trae dagli "incendi devastanti" avvenuti negli ultimi anni, la necessità (e siamo a marzo 2007!) che la "prevenzione antincendio" diventi, appunto, "prioritaria" e "sofisticata" per tutte le società del "gruppo", i vertici della THYSSEN KRUPP AST nel frattempo nulla prevedono né attuano nello stabilimento di Torino (in cui il processo produttivo era quello descritto). I loro difensori obiettano che la THYSSEN KRUPP STAINLESS non aveva espressamente indicato la necessità di installare uno sprinkler nella zona di entrata della Linea 5; cercano quindi di sostenere che solo in conseguenza di una "precisa" indicazione di quel tipo loro sarebbero stati tenuti a "provvedere"; tesi che contrasta evidentemente non solo con le norme in materia di sicurezza sul lavoro (v. sopra e infra) ma anche con le indicazioni - quelle qui esposte necessariamente di carattere generale, ma non meno pressanti - che provenivano dalla capo-gruppo (e su questo v. anche infra).
Tra l'altro, anche volendo esaminare più nel dettaglio la posizione difensiva, si deve aggiungere che la Corte ha potuto apprendere, nel corso del dibattimento, come non esistano - almeno, a quanto è risultato in dibattimento, negli stabilimenti THYSSEN KRUPP STAINLESS - due linee di ricottura e decapaggio "strutturate" in modo assolutamente identico; una si compone in modo verticale (come a Krefeld), ovvero solo orizzontale (come la LAF 4 di Terni), ovvero in orizzontale ed in verticale (come la Linea 5 di Torino); ma deve aggiungere una considerazione. Le "apparecchiature" fondamentali, che permettono quel tipo di lavorazione del nastro di acciaio e quindi, solo a titolo esemplificativo, gli impianti oleodinamici che "muovono" i vari meccanismi (Aspi svolgiteli e avvolgitori in primo luogo), i forni, le vasche con acido fluoridrico diluito (e v. il capitolo dedicato al "rischio di incidente rilevante"), la necessità del "taglio" e della "saldatura" (oltre che dei "carri di accumulo") per lavorare a ciclo continuo, la "carta" infraspira" per la lavorazione del "finito", sono presenti su tutte le linee; con la conseguenza che è ben possibile "paragonare" tali linee ai fini della prevenzione del rischio incendi; infatti, come vedremo, dopo l'incendio di Krefeld la "nuova" assicurazione - AXA - aveva stabilito la stessa - altissima - franchigia per tutte le linee di trattamento presenti negli stabilimenti del gruppo sparsi per il mondo.
La difesa degli imputati sottolinea inoltre - qui come a fronte di altre iniziative di "fire prevention" che vedremo infra - la "autonomia" della THYSSEN KRUPP AST rispetto alla STAINLESS; la Corte non mette in dubbio l'esistenza di tale "autonomia"; si limita a sottolineare come, a fronte di tali - documentati -"stimoli" da parte della capo-gruppo - tutt'altro che "parcellizzati" all'area in cui si è sviluppato l'incendio di Krefeld, ma al contrario ben consapevoli della moltitudine di "rischi" incendio in ogni stabilimento del gruppo, in particolare, per quanto qui rileva, su di ogni linea di trattamento, abbia continuato a decidere di non fare assolutamente nulla per lo stabilimento di Torino (nonostante le condizioni in cui si trovava: certamente deteriori, come già abbiamo visto, sia rispetto a Krefeld sia rispetto a Terni).
D'altronde, dopo l'incendio di Krefeld, anche per la THYSSEN KRUPP AST la "prevenzione antincendio" sembrava - almeno secondo la comunicazione esterna - doversi imporre come "prioritaria" e non rimanere "parcellizzata" all'area "vasche" delle linee di ricottura e decapaggio; lo testimonia un articolo pubblicato sul sito internet dell'azienda il 12/7/2007 (v. prodotto all'udienza del 6/10/2009) intitolato "Prevenire è meglio che spegnere" ed in cui si legge: "l'incendio che nel 2006 ha gravemente danneggiato alcuni impianti dello stabilimento di Krefeld della ThyssenKrupp Nirosta dimostra quanto sia serio il rischio di simili eventi all'interno di realtà come le nostre, dove le potenziali cause di incendio sono moltissime: da quelle elettriche (scintille, surriscaldamento di motori ecc.) alle esplosioni, fino alla distrazione umana" seguono un elenco dei mezzi di "prevenzione" con la necessità della continua manutenzione degli "impianti antincendio, quali impianti fissi di spegnimento, estintori ecc. e con una attività di verifica dello "stato dei luoghi" in quanto: "..base dell'attività di prevenzione è il monitoraggio costante del livello di pulizia e assenza di sostanze combustibili in zone pericolose"; è interessante la lettura dell'intero articolo, ma sono sufficienti questi brevi stralci per comprendere di come anche qui si stia parlando dello stabilimento di Terni e non certo di quello di Torino e di come, senza necessità di "prescrizioni" da parte degli enti di controllo e/o di "pressioni" da parte dei lavoratori e dei loro rappresentanti, la dirigenza THYSSEN KRUPP AST fosse ben consapevole del significato e dei contenuti della materia di prevenzione e protezione antincendio (e v. anche, infra, per i vertici aziendali, il verbale del "board" in data 28/8/2007).
In sede di ricostruzione delle linee di Krefeld, avvenuta già nel 2006 e nei primi mesi del 2007 (i testi hanno riferito che le linee erano rimaste ferme per circa un anno), in particolare nella GBL 3 - linea analoga alla 5 di Torino, anche se, come abbiamo visto, diversamente strutturata - erano stati installati dei sistemi c.d. "sprinkler" nei settori: cantina/sala idraulica/ingresso; saldatrice; cantina/sala idraulica/uscita; decapaggio.
Ma non solo: erano stati previsti - come concordati tra gli "assicuratori" e la THYSSEN KRUPP NIROSTA - anche dei "piccoli dispositivi di spegnimento con impianto di rivelazione incendi RAS" sui "piccoli impianti oleodinamici".
Secondo il documento - da lui redatto - contenente quanto concordato tra l'azienda e la compagnia di assicurazione (AXA - per la quale all'epoca lavorava) relativo alla ricostruzione della linea di ricottura e decapaggio già distrutta dall'incendio di Krefeld, il teste WE. U. (ingegnere esperto in linee di trattamento, consulente AXA, v. udienza 27/4/2010; trascrizioni da pag. 80) ha riferito che per le "centraline oleodinamiche" identificate come "kleine" (piccola), presenti su quella linea, con serbatoio di 50-150 litri di olio, "impianti che non hanno grande importanza" erano stati previsti "sensori ed estintori locali ... automatici ... fissi ... perché volevano sicurezza 100%. Collegare gli impianti ..dei grandi per i piccoli erano troppo costosi ... allora hanno scelto due cose separate", appunto sensori ed estintori locali.

La Corte non ritiene neppure necessario sottolineare ancora la rilevanza di quanto appena esposto.

3) "la valutazione del rischio d'incendio da parte delle Compagnie di Assicurazione in seguito all'incendio di Krefeld quale rischio talmente elevato:
-da imporre per le linee di ricottura e decapaggio del gruppo THYSSEN KRUPP STAINLESS, compresa l'APL 5 di Torino, una franchigia specifica di 100 milioni di euro ben superiore alla precedente pari a 30 e doppia rispetto a quella di 50 prevista per altri tipi di impianti;
-e da escludere la riduzione della franchigia in assenza di efficaci sistemi di prevenzione e protezione antincendio"
.
3)
Il dato è assolutamente pacifico in causa; sull'argomento, molti testi sono stati sentiti e lo hanno confermato; non appare qui necessario riportarli: la situazione appare ben esposta e riassunta in una e-mail inviata da F. KR. (v. teste citato infra), con allegate le "nuove regole dell'assicurazione per TKL-AST in conseguenza dell'incendio a TKL-NR"; e-mail che viene qui integralmente riportata:

"E-mail di Kr. 13.11.2006
Gentili signori,.

in allegato trovate una copia delle nuove regole dell'assicurazione FBU per IKL-ASI, in conseguenza dell'incendio alla IKL-NR.

In sintesi, ci sono i seguenti cambiamenti:
1. I danni che hanno portato ad un cambiamento delle condizioni assicurative sono l'incendio alla IKL-NR e i danni all'impianto di galvanizzazione elettrolitica (linea di zincatura elettrolitica?) della linea 2 di Duisburg. '
2. Gli assicuratori sono stati cambiati, la Zurich, che in passato aveva l'incarico della prima parte, è stata sostituita dalla AXA Corporate Solution; la Allianz è stata sostituita dalla IID!.
3. La franchigia base è stata alzata da 15 milioni di E. a 50 milioni di € per danni da incendio e da interruzione dell' attività aziendale.
4. Escluse dalla regolamentazione della franchigia generale sono le linee di ricottura e decapaggio e di solo decapaggio, per le quali la franchigia per danni da incendio e da interruzione dell' attività aziendale è stata aumentata a 100 milioni di €. Dopo l'implementazione di misure di prevenzione incendio adeguate, la franchigia potrà essere abbassata, su iniziativa dell'assicuratore, a 50 milioni di E.
5. I premi assicurativi saranno aumentati da 681 I€ pa a 1. 580 IE pa.

Cercheremo di rimediare ai cambiamenti fondamentali della franchigia di base tramite una garanzia aggiuntiva della franchigia fra 15 milioni di € e 50 milioni di E. Questa garanzia aggiuntiva causa costi supplementari di circa 500 T€ pa. La regolamentazione particolare delle linee di ricottura e decapaggio e di solo decapaggio ci causa delle difficoltà: fino ad ora non ci è ancora riuscito di trovare un assicuratore che sia pronto a coprire il rischio isolato solo per una parte del blocco. Questo significa che, finche non troviamo un altro assicuratore, e finche AXA e 1IDI non considereranno le nostre misure di sicurezza antincendio per le linee di ricottura e decapaggio e di solo decapaggio adeguate a ridurre la franchigia, noi avremo un rischio aggiuntivo in caso di danni a questi aggregati fra i 50 e i 100 milioni di E.

Il risultato del cambiamento dell'assicurazione al momento è di circa 1.400 T€. In questa cifra non è inclusa un' eventuale assicurazione aggiuntiva della franchigia supplementare delle linee di ricottura e decapaggio e di solo decapaggio.

Saluti. F. Kr."

Si deve solo precisare:

-che - come già accennato e come risulta documentalmente e dai testi escussi - la franchigia di 100 milioni di euro riguardava tutte le linee di ricottura e decapaggio degli stabilimenti TK STAINLESS nel mondo, non solo quelli italiani (infatti la capogruppo decide di istituire il gruppo di studio su cui v. subito infra e di effettuare il meeting appena visto sopra);
-che il contratto di cui parla KR. nella e-mail sopra riportata era il contratto c.d. MASTER concluso a livello globale dalla THYSSEN KRUPP RISK (con broker assicurativo interno; il punto è pacifico e numerosi testi lo hanno confermato); a livello "locale" poi le singole società del gruppo si assicuravano -potevano assicurarsi - per la "fascia" di franchigia, ovviamente con maggiori costi complessivi per il "gruppo" Stainless;
-che (v. la deposizione del teste MAS. M., Capitano della Guardia di Finanza, udienza 11/6/2009, del teste CH. G., rappresentante legale AXA ITALIA, udienza 29/4/2009, nonché di altri) la THYSSEN KRUPP AST, per le linee di ricottura e decapaggio in Italia, aveva concluso un contratto con le ASSICURAZIONI GENERALI per la copertura da 0 a 30 milioni di euro e con la SAI FONDIARIA per la copertura da 30 a 100 milioni. Si deve in ultimo sottolineare che il tema "assicurazioni" (appena precisato per completezza), considerati l'elevato ammontare della franchigia sulle linee di ricottura e decapaggio dopo Krefeld e quanto si esporrà anche nei punti successivi (v.), rileva qui esclusivamente come elemento - ulteriore - di conoscenza, di consapevolezza e di "stimolo" ad agire in materia di "rischio incendi" soprattutto sulle linee di ricottura e decapaggio, in capo ai vertici ed ai dirigenti di THYSSEN KRUPP AST, non per verificare se e come si assicurassero la capo-gruppo e le singole società.

4) "la decisione del Comitato Esecutivo della THYSSEN KRUPP STAINLESS illustrata al meeting di Krickebeck del 17 febbraio 2007, che prevede appositi investimenti per la sicurezza antincendio in linea con le indicazioni tecniche del Working Group Stainless (WGS) e, in particolare, l'installazione di un sistema di rivelazione e spegnimento incendi sulle linee di ricottura e decapaggio quale l’APL5 di Torino".

4)

Il meeting sopra indicato - al quale, secondo il teste RI. M. (v. citato, udienza del 31/3/2010, pag. 33 trascrizioni) aveva partecipato anche l'imputato ES. - precede di un mese l'incontro svoltosi in Messico il 16-17 marzo - esposto sopra, ai punti 1-2 - e conferma, se ve ne fosse necessità, la serietà e la concretezza dell'impegno di THYSSEN KRUPP STAINLESS nel valutare quale "prioritaria" e "sofisticata" la prevenzione antincendio per tutti gli stabilimenti del gruppo STAINLESS.
Troviamo infatti nella "documentazione" relativa a tale meeting (v.), intitolata "iniziative collegiali sulla riduzione dei danni da incendio", in primo luogo lo stanziamento di un budget straordinario per tale materia, di totali 45,7 milioni di euro, suddivisi in tre esercizi (2006-2007, 2007-2008, 2008-2009: ricordiamo che i bilanci THYSSEN KRUPP andavano dal 1° ottobre al 30 settembre dell'anno successivo) tra le varie società del gruppo; in particolare, lo stanziamento per THYSSEN KRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI - secondo, come importo, solo a THYSSEN KRUPP NIROSTA, a favore della quale erano stanziati 17,4 milioni di euro - era di complessivi € 16,7 milioni di euro: 8 milioni di euro per l'esercizio 2006-2007, 5 milioni di euro per l'esercizio 2007-2008, 3,7 milioni di euro per l'esercizio 2008-2009.
Alle pagine seguenti troviamo la procedura "semplificata" per effettuare gli investimenti rientranti in tale budget e i "rapporti trimestrali" sul controllo dei progetti approvati e realizzati; alla pagina 7 i "punti chiave" della procedura, così individuati: "definizione chiara dei progetti di miglioramento proposti sulla protezione incendi. Proseguimento delle spese in corso e della pianificazione. Orientamento dei progetti focalizzati su: riduzione del carico di incendio; compartimentazione antincendio; miglioramento dei sistemi di estinzione incendio; miglioramento dei sistemi di rivelazione incendio".
A pagina 9 si trovano le "principali misure di riduzione danni da incendio sulle Linee GBL3 e KL3" di Nirosta; a pagina 10 uno schema intitolato "esempio di progetto per la linea combinata GBL3 di Ricottura e di Decapaggio" prevede un impianto di "rivelazione" continuo dall'entrata, attraverso forno e decapaggio, fino all'uscita; 3 impianti sprinkler rispettivamente nella sezione di entrata, nel decapaggio e nella sezione di uscita; il costo di questo investimento è indicato in circa 1 milione di euro; a pagina 11 vengono "dettagliati" (con schema) gli impianti sprinkler sulla sezione di ingresso, sul decapaggio e sull'uscita; alle pagine successive (v. pag. 14) si indica perché sia preferibile, sulla linea di Nirosta, prevedere per la zona decapaggio uno sprinkler piuttosto che sostituire il materiale delle vasche.
Anche questa contestazione è quindi pienamente provata, richiamando inoltre qui quanto già sopra esposto sulla protezione anche delle "centraline" bordo linea a Krefeld, come riferito dal teste WE..
Non appare neppure necessario sottolineare ancora l'importanza, sotto il profilo della responsabilità dei vertici e della dirigenza THYSSEN KRUPP AST, anche di tale documento; è di palmare evidenza, tanto che sarebbe inutile ripetere le stesse obiezioni difensive - sulla "diversità" delle linee e, quindi, sulla diversa "rischiosità" - già indicate sopra.

Sul Working Group Stainless si è svolta, in dibattimento, un'ampia istruttoria, di cui la Corte deve qui dare brevemente atto, riassumendola nei tratti salienti e rilevanti.
Il WGS era stato insediato dalla capogruppo TK STAINLESS come comitato di studio e di lavoro in materia antincendio sin dal 2002, con la partecipazione di tecnici di tutte le collegate; il teste PE. M., responsabile servizi ecologici e ambientali a Terni, all'udienza del 9/6/2009 (le sue risposte, nella trascrizione, sono erroneamente indicate come "GR.", il teste invece precedente) riferisce che il WGS era stato creato per avere un coordinamento generale per le attività antincendio, per l'analisi del rischio, per la scelta degli impianti, per definire delle "linee-guida" in materia; per l'Italia era il teste a coordinarlo, mentre FIS. (responsabile di THYSSEN KRUPP RISK) si occupava della parte assicurativa, di "copertura" del rischio. Precisa il teste RI. M. (già direttore dello stabilimento di Torino dal 1982 al 1997, poi in Germania come responsabile sviluppo e strategia, responsabile del WGS, udienza del 31/3/2010) che il WGS era stato costituito nel 2002 per "migliorare la situazione nei confronti degli aspetti assicurativi della società" (intendendo il gruppo STAINLESS, n.d.e.); per la THYSSEN KRUPP AST nel WGS era stato componente in un primo periodo l'imputato MO., poi sostituito da PE.; precisa RI. che il WGS non aveva funzioni "tecniche dirette" bensì di coordinamento: "voleva portare il livello di sensibilità degli addetti ed il livello di protezione dei sistemi ad un livello analogo in tutti gli stabilimenti ... la responsabilità delle soluzioni e delle realizzazioni rimaneva a livello locale".
Dopo l'incendio di Krefeld era stato istituito, all'interno del WGS, un apposito "gruppo di studio" dedicato a "valutare il rischio di incendio sulle linee di decapaggio": così informa una e-mail dello stesso RI. M. in data 12/7/2006 (v.); partecipavano a quest'ultimo, per la TK-AST, ME.D. da Terni e DE. A. da Torino. Precisa il citato teste PE. M. che egli non partecipava a tale gruppo di studio, ma - oltre a partecipare alla riunione mensile periodica con ES. e MO. per "verificare" lo stato "antincendio" del solo stabilimento di Terni (v. sopra, come già indicato) - aveva anche partecipato, con l'imputato MO. e con LI. L. (teste v. infra, gestore ordini e commesse presso l'ufficio tecnico di Terni) alle riunioni che avevano ad oggetto proprio l'utilizzo dei fondi STAINLESS straordinari (per l'antincendio: v. sopra).
Alla prima riunione del sottogruppo WGS - a Duisburg, il 24/1/2007 - era stato redatto un "modello di presentazione" per la valutazione dei rischi delle linee di decapaggio presenti nei vari stabilimenti del gruppo; con le linee- guida programmatiche "per migliorare la protezione" (v.doc. sequestrato e tradotto in atti); al punto 2 del documento si trovano elencati i "compiti e procedimenti": definizione degli obiettivi ... provvedimenti da adottarsi nelle aree a rischio e valutazione dei danni maggiori derivanti ... controllo costante delle situazioni a rischio specifiche sulla linea di ricottura e decapaggio ... prevenzione rischi/carenze che possono causare gravi danni ... ; al punto 3 (1), come primo OBIETTIVO si trova quello della "sicurezza del personale!" (il punto esclamativo è nell'originale); sempre al punto 3 (2), come obiettivo, si trova quello della protezione del "sito produttivo": "danni causati da incendi ... devono essere evitati il più possibile ... :-prevenire le perdite legate all'interruzione delle attività; -la rivelazione di un incendio deve avvenire nella sua fase iniziale e l'allarme deve essere trasmesso immediatamente ai vigili del fuoco (dello stabilimento); -la fase di piena propagazione dell'incendio deve essere evitata; -la linea di ricottura e decapaggio ... deve essere protetta in modo adeguato contro i rischi FLEXA (rischi coperti dalla polizza assicurativa: Fire - fuoco; Lightning - fulmine; Explosion - esplosione; Aircraft - caduta aerei, n.d.e.), in modo tale che la copertura assicurativa abbia termini ragionevoli; compito: ridurre la franchigia inerente alla linea di produzione portandoli da 100 milioni di € ai valori consueti"; al punto 6, nel "programma di protezione beni" viene indicato: "Aspo svolgitore con riserva di olio idraulico - rischio incidenti" e seguono i dettagli: "carico di incendio dovuto all'olio idraulico; pericolo di propagazione incendio ad es. dovuto allo scoppio di tubi idraulici/manicotti con propagazione estremamente rapida delle fiamme dovuta all'alta pressione"; "incendio dovuto a materiali infiammabili, ad es. elevato regime di rotazione dei cuscinetti dei motori elettrici" ...
Le misure previste per "Aspo svolgitore con riserva di olio idraulico" erano: "sistema automatico di rivelazione d'incendio; installazioni fisse antincendio (sistemi a spruzzo d'acqua/CO2 ... ); strutture tagliafuoco; alloggiamenti degli interruttori sigillati"; sempre al punto 6 erano indicati gli - analoghi - rischi incendio nella zona saldatrice (v.). Al punto 7, finale, si indicano le "prossime fasi": "-formulare direttive per la prevenzione di danni congiuntamente alle compagnie assicuratrici della proprietà; - acquistare sistemi di rivelazione incendi e sistemi di estinzione; - consultare un esperto in materia antincendio???".

Il documento appena riportato non necessita di ulteriori commenti, in particolare sotto il profilo della "consapevolezza", della "prevedibilità" e della concreta "previsione" di quanto potesse accadere - ed è in effetti purtroppo accaduto - sulla linea di trattamento 5 di Torino.

DE. A. (teste indagato ex art. 372 c.p. - v. relativo capitolo -caporeparto trattamento nello stabilimento di Torino da febbraio 2006 ad agosto 2007, poi trasferito a Terni, udienza del 24/2/2010) riferisce di avere partecipato ai lavori del WGS solo fino a maggio 2007: nessuno l'aveva poi "sostituito" per lo stabilimento di Torino (si conferma così, ancora una volta, l'abbandono dello stabilimento da parte dei vertici THYSSEN KRUPP AST: v. anche sopra); di avere "preparato" la relazione sul rischio incendio per le linee di ricottura e decapaggio di Torino relazionando all'imputato SA., suo diretto superiore; la "relazione" era stata elaborata secondo la "matrice" fornita dal WGS e sulla base dell'esperienza da DE. maturata sulle linee di ricottura e decapaggio dal febbraio 2006: "i dati erano sulla base dell'esperienza che io avevo. Cioè, il fatto di avere gestito le linee per circa un anno e quindi di avere individuato punti o meno di rischio, tenendo conto che comunque la logica era che dove c'era combustibile, comburente e possibilità di innesco, quella era una zona soggetta a rischio" (v. pag. 111 trascrizioni).
La Corte si permette di dubitare della piena professionalità del teste nel valutare il rischio incendio delle linee di trattamento e della linea 5: pur essendo tecnicamente qualificato - dottore in chimica industriale - alla luce del breve periodo di "gestione" della linea 5 (peraltro senza essere neppure informato sulla "manutenzione" della stessa, come egli stesso dichiara: v. pag. 121 trascrizioni), nel periodo precedente di lavoro essendosi occupato degli scarichi "reflui", non ha neppure sentito la necessità di "documentarsi" (con le norme "tecniche" o, quanto meno, sfogliando il manuale "operativo" della linea: v. quello della LAF 4 di Terni, v. sopra indicato) sugli effettivi rischi incendio presenti su di una linea di quella complessità. La Corte deve anche sottolineare come, secondo le stesse dichiarazioni rese da DE., la "valutazione" del rischio incendio sembra sia stata da lui effettuata pedissequamente seguendo le indicazioni delle assicurazioni, come loro riferite da FIS. alla prima riunione del WGS, nel gennaio 2007: " ... i suggerimenti dei tecnici dell'AXA c'erano già stati detti da FIS. nella prima riunione, sapevamo già più o meno cosa ci avrebbero detto ... a gennaio FI. ci aveva già detto che comunque l'assicurazione, come dictat, ci aveva imposto di coprire le vasche e l'aspirazione" (v. pag. 107-108 trascrizioni).
Il già citato teste RI. M. sembrerebbe confermare tale ipotesi, riferendo proprio del "sottogruppo" dedicato alle linee di decapaggio (v. pag. 21 trascrizioni): " ... diciamo che principalmente uno decide quali sono i tipi di rischio ... e quali sono ... le contromisure che ... possono essere di tipo comportamentale ad impianti mobili oppure ad impianti fissi ... perché poi il tutto si è concretizzato dopo la visita delle assicurazioni che hanno stabilito formalmente il tipo di interventi da fare su ciascuna linea di decapaggio del gruppo con documento che veniva sottoscritto da tutte le parti, in modo da (ag)giungere ad accordo, anche perché era obbiettivo quello di riportare le franchigie assicurative, che erano state in via straordinaria elevate dopo l'incendio di Krefeld, ai valori normali". Ma RI., tecnicamente preparato, aggiunge (v. pag. 22 trascrizioni): " ... l'attenzione era come dicevo all'inizio, sul carico fuoco, e su questo erano essenzialmente due punti, sono i decapaggi perché era per noi una cosa nuova al momento (il riferimento evidente è all'incendio di Krefeld, n.d.e.) e le centraline (oleo)dinamiche, in quanto contenenti olio in maniera significativa"; RI. espone poi l'importanza dell'aspetto "comportamentale", della pulizia ecc.
Sembrerebbe, soprattutto secondo la testimonianza di DE., che il "sottogruppo" WGS antincendio delle linee di trattamento, dopo un avvio volto ad individuare, in tutti gli stabilimenti, i fattori di "rischio" incendio - secondo le indicazioni generali della presentazione vista al punto 1 e del documento 24/1/2007 appena riportato - si sia poi adeguato a quelle che erano le richieste da parte delle Assicurazioni: individuare il "rischio" incendio delle linee di trattamento nella zona delle vasche - che avevano non causato, ma comportato lo sviluppo devastante dell'incendio di Krefeld - così raggiungendo l'obiettivo (con relativo "accordo" fra azienda e compagnia di assicurazione, v. sempre la testimonianza di RI.) di ridurre la franchigia "straordinaria" gravante su quelle linee.
Ma, a prescindere dalla constatazione che né il WGS (e RI. lo dice espressamente durante la sua testimonianza) né le Assicurazioni (v. subito infra) si occupavano di sicurezza sul lavoro, si deve osservare - così superando la questione di "attendibilità" del teste DE. - che quest'ultimo era stato membro del WGS, come già sopra indicato, solo fino a maggio 2007; il WGS aveva continuato il suo lavoro. Appare qui sufficiente indicare un altro documento aziendale (in sequestro, v. in atti), tradotto ritualmente, che contraddice l'affermazione secondo la quale il WGS si fosse "limitato" a recepire l'indicazione della AXA relativa alle "vasche" ed al materiale plastico in genere; quantomeno, il WGS aveva invece elaborato e progettato - sempre a livello di linee-guida in cui consisteva il suo ruolo - misure di protezione e prevenzione incendi. D'altronde, ciò risponde non solo alla utilizzazione dell'ingente budget stanziato dalla STAINLESS - che non si esauriva certo con la sostituzione delle vasche ovvero, per la Linea 5, dei soli coperchi - ma anche alle motivazioni generali (v. sopra) che avevano portato la STAINLESS a stanziare quegli importi per tutte le società operative.
Il documento cui ci si riferisce è una "presentazione" della Linea 5 di Torino inviata da PE. a RI. e, per conoscenza, all'imputato MO. in allegato ad una e-mail del 16/10/2007 (v.), intitolata "attività di protezione incendio sulle linee di ricottura e di decapaggio (LAC 4 e LAF 5)"; per la Linea 5 si indicano, nella "sezione di ingresso", la "pianificazione", nella zona saldatrice, di una "rivelazione" con estinzione "manuale", la "presenza" di una rivelazione con estinzione manuale sulla "Unità idraulica/sedi valvole", la presenza di una "rivelazione" ed "estinzione" nel locale E (cabina elettrica); nella "Sezione di accumulo di ingresso" si indica come "pianificato" una "rivelazione" nella sezione di accumulo orizzontale; nel "decapaggio" si indicano come "pianificati" 4 "rivelazioni" ed altrettante "estinzioni"; nella "Sezione di uscita" (e ricordiamo che la Linea 5 è disposta ad omega) si indica la "presenza" di un rivelatore ed estintore nel locale elettrico (E: lo stesso indicato in sezione di entrata), ma poi si indicano come "pianificate" (non come "presente", così come indicato in ingresso) una "rivelazione" ed una "estinzione" per le "Unità idrauliche".
Vi è quindi - indicata in un documento aziendale - la previsione di uno "sprinkler" nella zona di uscita della Linea 5 per "proteggere" le "unità idrauliche", oltre che di un rilevatore nella zona della saldatrice, oltre che di un rilevatore sull'accumulo orizzontale, oltre che di 4 rilevatori ed estintori sul decapaggio.
Quest'ultimo documento contraddice anche quanto riferito da alcuni testi - v. anche infra - sul fatto che, sulla Linea 5 di Torino, fosse comunque da sempre stata prevista solo la "sostituzione" dei coperchi delle vasche in materiale plastico (e delle condutture in eguale materiale); ovvero che le misure su tale linea fossero state individuate solo successivamente all'incendio del 6/12/2007 (v. teste LI., infra).

5) "la relazione del 16 marzo 2007, predisposta dall'ing. A. BR., consulente tecnico della società assicuratrice AXA, che raccomanda alla THYSSEN KRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a. l'installazione di un sistema di protezione antincendio automatico mediante spray ad acqua o sprinkler sulle linee di ricottura e decapaggio di Terni";
6) "la relazione del 26 giugno 2007, predisposta dall'ing. A. BR., consulente tecnico della società assicuratrice AXA, che raccomanda alla THYSSEN KRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a. l'installazione di un sistema di protezione antincendio automatico mediante spray ad acqua o sprinkler sulle linee di ricottura e decapaggio di Torino, ivi compresa l'APL 5";
7) "la relazione del 31 luglio 2007, predisposta dall'ing. U. WE., consulente tecnico della società assicuratrice AXA, che raccomanda alla THYSSEN KRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a. l'installazione di un sistema di spegnimento automatico fisso sulle linee di ricottura e decapaggio, ivi compresa l'APL 5 di Torino".

5), 6), 7)
Iniziamo dai documenti, ai quali si riferiscono i "punti" sopra contestati dalla Procura della Repubblica; le indicate "relazioni" sono quelle redatte dai consulenti AXA BR. A. (anche dipendente allora e tuttora di AXA) e WE. U. all'esito delle visite compiute negli stabilimenti di Torino e di Terni per "valutare" i rischi incendio e per individuare ed indicare all'azienda le misure idonee a "contenere" tali rischi affinché la compagnia di assicurazione potesse ridurre la franchigia sulle linee di ricottura e decapaggio in tutti gli stabilimenti. Franchigia pari a 100 milioni di euro (anziché i 50 milioni di euro per gli altri impianti), come si è già indicato "straordinaria" e determinata, dopo l'incendio di Krefeld, dalla constatazione che il blocco del tipo di lavorazione – il "trattamento" - che proprio su quelle linee si svolgeva, inserendosi nella fase mediana del processo produttivo, aveva tali ripercussioni su quest'ultimo da causare danni ingentissimi (v. sopra), probabilmente non compiutamente valutati in precedenza dalle compagnie di assicurazione che coprivano gli stabilimenti THYSSEN KRUPP STAINLESS nel mondo (con il contratto "master", v. sopra) prima di Krefeld.

La prima relazione citata è intitolata "resoconto di prevenzione sinistri" ed è relativa alla visita, effettuata dall'ing. BR. nello stabilimento di Terni, in data 19-21/12/2006; la relazione prende in considerazione l'intero stabilimento (v.) e consiglia, tra l'altro, di sostituire i contenitori e le tubazioni in materiale plastico ancora presenti nella zona decapaggio delle linee di trattamento; a pagina 13 l'ing. BR. si occupa delle "unità idrauliche":

2006.11 Protezione delle unità idrauliche
Per la protezione delle unità idrauliche dovrebbe essere considerato quanto segue:
a) Le unità idrauliche dovrebbero essere separate dalle installazioni limitrofe tramite divisioni non combustibili (o meglio resistenti al fuoco, almeno 60 minuti [NdT: si parla cioè di componenti almeno REI 60]) (se tecnicamente possibile).
b) Dovrebbe essere predisposta una protezione automatica a spray di acqua o a sprinkler (dipende dalle singole configurazioni delle aree da proteggere) per tutti i circuiti di olio minerale con la capacità superiore ai 500 1 [NdT, commento D. C. ciò sarebbe scorretto, mentre sarebbe da preferirsi l'uso di CO2 come agente estinguente].
I diversi livelli di priorità possono essere decisi sulla base di
- Importanza dei circuiti di olio idraulico in termini di danno alla proprietà e potenziale interruzione dell'attività;
- Accessibilità dello spegnimento manuale dei roghi in caso di incendio (si considerino i locali sotterranei come inaccessibili per via dello sviluppo di fumo / calore);
- Grado di esposizione verso altre attrezzature importanti.
I sistemi facilmente accessibili di scarsa importanza e che non espongono alter attrezzature importanti possono rimanere senza la protezione automatica se possono essere assicurate una pronta rivelazione e un veloce intervento manuale.
I sistemi dovrebbero essere progettati allo scopo di fornire almeno 113 l/min per bocca, usando componenti elencati UL/FM o approvati. Dovrebbero essere predisposti adeguati scoli, cordoli [NdT: o bacini di contenimento] o pendenze per contenere le perdite e l'acqua estinguente; I cordoli dovrebbero essere dimensionati per il contenimento del serbatoio dell'olio idraulico e la massima portata di progetto per la scarica del sistema di protezione per almeno 10 minuti (compresa la richiesta di flusso della manichetta). Questo consiglio di riferisce in particolare alle seguenti attrezzature:
a) Laminatoio a caldo, macchine di avvolgimento in fondo al laminatoio
b) Linee di Ricottura a Caldo/Freddo e Decapaggio LAC2 e LAF4, macchine di svolgimento / avvolgimento.
c) Linea di Ricottura in Bianco BA2, macchine di svolgimento / avvolgimento.
Commenti
I sistemi idraulici sono presenti per le apparecchiature a monte e a valle (in particolare le macchine di svolgimento / avvolgimento). Per le linee continue queste sono apparecchiature critiche, dal momento che possono arrestare l'intero processo. La protezione con sprinkler di queste attrezzature è considerata prioritaria.


La seconda relazione è intitolata "rapporto di prevenzione sinistri" ed è relativa alla visita effettuata dall'ing. BR. nello stabilimento di Torino in data 12-13/4/2007 (abbiamo già indicato la "presentazione" elaborata da LU. in vista della "visita": v.); apprendiamo da tale relazione anche alcuni altri dati interessanti:

Modifiche all'impianto
Nessun cambiamento e/o progetto in corso è stato riferito dai responsabili dello stabilimento; la maggior parte delle spese di capitale sono dedicate al completamento della nuova fornitura di acqua antincendio e alla rete antincendio (lavori quasi completati al momento della visita, anche se la nuova stazione di pompaggio non era ancora operativa). Gli investimenti riguardanti i nuovi sistemi di protezione incendi sono di circa 1,3 milioni di € e comprendono i seguenti progetti:
• Nuova fornitura di acqua e rete antincendio (quasi completata) - 315000 EUR
• Rivelazione automatica degli incendi e sistemi di allarme nei locali elettrici (completata) - 18900 EUR
• Compartimentazione dei tunnel e gallerie sotterranee (in corso) - 420000 EUR
• Rinnovo e restaurazione dei sistemi di estinzione fissi a protezione dei principali impianti di produzione (in corso) - 500000 EUR
•Nuovo serbatoio di stoccaggio di 5000 1 di CO2 per impianti di spegnimento a gas (completato) - 69000 EUR
Suggerimenti
Non applicabile, dal momento che questa è una visita originale1.
__________
1 NdT: qui "originale" è utilizzato col significato di "prima"


Abbiamo conferma che gli interventi di cui alla relazione QU. del dicembre 2003 dovevano ancora essere completati ad aprile 2007 e che alla stessa data nessun intervento di prevenzione incendi era "programmato" nello stabilimento di Torino, nonostante l'incendio di Krefeld, il meeting in Messico, lo stanziamento straordinario da parte della capo gruppo ecc.

2007.03 Organizzazione dell'emergenza dell'impianto
Allo scopo di assicurare un intervento veloce ed efficiente in caso di emergenza, le seguenti squadre di emergenza dovrebbero essere organizzate:
1. Squadre di prima risposta:
Almeno il 30% del personale dovrebbe essere addestrato per dare l'allarme e intraprendere azioni immediate per estinguere i principi di incendio nella rispettiva area di lavoro con gli estintori disponibili.
2. Squadre antincendio:
Queste sono gruppi organizzati di impiegati che sono aggiornati, addestrati and esperti per intraprendere un'azione immediata al fine di limitare il danno finché giunge l'aiuto esterno. Tali squadre dovrebbero essere sempre presenti nel sito durante l'orario di lavoro.
L'esatta composizione delle squadre dovrebbe essere determinata dal potenziale grado di esposizione. Esse dovrebbero comprendere da 3 a 5 pompieri totalmente addestrati per turno, come pure un operatore della pompa antincendio, un operatore alla valvola di controllo degli sprinkler e un elettricista o supervisore alle dotazioni. I compiti di ciascun componente devono essere stabiliti.
Dovrebbero essere svolte esercitazioni ogni tre mesi per controllare la coesione e l'efficienza delle Squadre Antincendio.

Commenti
Pressoché tutti gli impiegati della produzione ricevono addestramento ai piani di emergenza, con prove pratiche degli estintori e dei principali mezzi di protezione incendi; circa il 20% del personale è incaricato nella Squadra di Prima Emergenza. Ciò è soddisfacente.

Non c'è una squadra antincendio in questa struttura; l'intervento di emergenza del complesso produttivo include una squadra di Seconda Emergenza di circa 5 persone addestrate ad utilizzare gli apparati respiratori durante le attività di lotta al fuoco e addestrate nell'uso di tutti i mezzi di lotta antincendi disponibili nel sito (inclusi i sistemi di estinzione fissi, comandati manualmente).

Sebbene la composizione della squadra di Seconda Emergenza sia considerata di buona qualità, è consigliabile in un complesso così grande aumentare il numero dei membri (non necessariamente Vigili del Fuoco professionisti), allo scopo di coprire tutti i ruoli critici che potrebbero presentarsi in caso di emergenza.

Le carenze della organizzazione di emergenza sono state notate anche dall'ing. BR., il quale, nel corso della sua testimonianza (v. infra), a domande dei difensori degli imputati, ha ridimensionato tali osservazioni, precisando che si riferivano al solo dato numerico delle squadre e che non era in discussione la loro "preparazione".
Ma noi già sappiamo che, dopo aprile 2007, a Torino non è stato tenuto alcun corso di formazione antincendio e che la "squadra di emergenza", la notte del 6/12/2007, era composta da due persone: DI F. che, nonostante il corso effettuato a Pavia, riferisce di non essere in grado di utilizzare neppure un estintore carrellato (v. udienza 5/3/2009, pag. 87 trascrizioni) e PO., come abbiamo già indicato senza alcuna formazione antincendio.

2007.06 Protezione dei passaggi per i cavi
Dovrebbe essere verificato che le aperture intorno alle passerelle cavi in entrata o in uscita dai locali elettrici e tecnici, incluse le aperture nelle fosse sotto pavimento, siano sigillate utilizzando materiali approvati tagliafuoco (intonaco o lana minerale) con una classe di reazione al fuoco almeno pari a quella del pavimento o soffitto. Questa raccomandazione si applica anche alle aperture passacavi attraverso le separazioni murarie in tutti gli edifici.
Commenti
Sono stati notati passaggi per cavi non protetti nel locale elettrico della linea di ricottura a freddo e decapaggio n° 5; ciò sarà messo in pratica.

2007.07 Controllo delle apparecchiature elettriche
Il programma di manutenzione preventiva per le principali attrezzature elettriche dovrebbero includere:
a) Controllo regolare almeno una volta l'anno da un ente qualificato;
b) Scansione a infrarossi per tutte le attrezzature importanti ad alta potenza, almeno ogni due anni.
Commenti
È stato notato che alcuni sistemi elettrici nella linea di ricottura a freddo e decapaggio n° 5 sono in cattive condizioni (cavi scoperti e/o scollegati, lampada a fluorescenza lampeggianti, ecc.).

Un controllo termografico regolare e sistematico dovrebbe essere condotto per tutte le attrezzature importanti ad alta potenza per quanto possibile. Ciò contribuirà a rilevare possibili guasti in stati iniziali, prima che avvenga un danno più esteso e l'interruzione del lavoro.

A proposito di "manutenzione": anche l'ing. BR. ha notato lo "stato" delle apparecchiature elettriche sulla Linea 5.

2007.09 Protezione dei materiali plastici nei reparti di decapaggio
1. Come regola generale e come prima priorità, le quantità di materiale combustibile (principalmente materiali plastici per serbatoi, coperchi, tubi e condutture, guarnizioni, ecc.) dovrebbero essere ridotte per quanto tecnicamente possibile.
2. Se l'uso di materiali combustibili (plastica) non può essere evitato nei reparti di decapaggio delle linee 4 (coperchi, tubazioni per acidi e soluzioni detergenti, condotti di aspirazione delle emissioni gassose fino alle sezioni di filtrazione situate all'esterno dell'edificio, assorbitori, ventilatori, camini) e 5 (coperchi, tubazioni per acidi e soluzioni detergenti, condotti di aspirazione delle emissioni gassose, assorbitore, ventilatori, camini), dovrebbe essere predisposta adeguate e approvata protezione automatica. In particolare:
a) Le vasche, coperchi, guarnizioni, ventilatori, camini combustibili ecc. dovrebbero essere protetti dall'esterno per mezzo di sistemi a spray di acqua automatici che utilizzino un additivo schiumogeno adeguato;
b) Un'adeguata protezione automatica (spray di acqua o gas inerti) dovrebbe anche essere estesa all'interno dei sistemi di estrazione delle emissioni gassose, dalla copertura all'assorbitore. L'esigenza di una protezione aggiuntiva all'interno del condotto di estrazione a valle dell'assorbitore fino ad includere i camini necessita di essere decisa sulla base dei vari casi tenendo in considerazione l'ubicazione (all'interno o all'esterno del fabbricato), la lunghezza e il diametro delle sezioni delle tubazioni, e dell'accessibilità per lo spegnimento manuale.
Commenti
La presenza di materiali plastici rappresenta un pericolo critico di incendio, a causa dell'alto carico combustibile associato. Deve essere notato che il rimpiazzo delle parti plastiche più grandi (le vasche degli acidi) con materiali non combustibili è già stato adottato; ciò può dirsi soddisfacente.
A quanto è stato riportato, il rimpiazzo di altri materiali combustibili sarà discusso; se non fattibile, sarà promossa l'installazione di protezione automatici.
Un progetto dettagliato sarà gestito in altra sede. [NdT: è possibile anche la traduzione più letterale "sotto una diversa copertina "per esempio se ci si riferisce ad un altro documento].


Sulla "protezione delle unità idrauliche", il paragrafo è identico a quello già riportato dalla relazione su Terni:

2007.10 Protezione delle unità idrauliche
Per la protezione delle unità idrauliche dovrebbe essere considerato quanto segue:
a) Le unità idrauliche dovrebbero essere separate dalle installazioni limitrofe tramite divisioni non combustibili (o meglio resistenti al fuoco, almeno 60 minuti [NdT: si parla cioè di componenti almeno REI 60]) (se tecnicamente possibile).
b) Dovrebbe essere predisposta una protezione automatica a spray di acqua o a sprinkler (dipende dalle singole configurazioni delle aree da proteggere) per tutti i circuiti di olio minerale con la capacità superiore ai 500 l.
I diversi livelli di priorità possono essere decisi sulla base di
- Importanza dei circuiti oleodinamici in termini di danno alla proprietà e potenziale interruzione dell'attività;
- Accessibilità dello spegnimento manuale dei roghi in caso di incendio (si considerino i locali sotterranei come inaccessibili per via dello sviluppo di fumo / calore);
- Grado di esposizione verso altre attrezzature importanti.
I sistemi facilmente accessibili, di scarsa importanza e che non espongono altre attrezzature importanti possono rimanere senza la protezione automatica se possono essere assicurate una pronta rivelazione e un veloce intervento manuale. I sistemi dovrebbero essere progettati allo scopo di fornire almeno 113 l/min per erogatore, usando componenti elencati UL/FM o approvati. Dovrebbero essere predisposti adeguati scoli, cordoli [NdT: o bacini di contenimento] o pendenze per contenere le perdite e l'acqua estinguente; I cordoli dovrebbero essere dimensionati per il contenimento del serbatoio dell'olio idraulico e la massima portata di progetto per la scarica del sistema di protezione per almeno 10 minuti (compresa la richiesta di flusso delle manichette).
Questo consiglio si riferisce in particolare alle seguenti installazioni:
a) Linee di Ricottura e Decapaggio a Caldo/Freddo numero 4 e 5, svolgitori / avvolgitori.
b) Linee di Ricottura Brillante, svolgitori / avvolgitori.
Commenti
I sistemi oleodinamici sono presenti per le apparecchiature a monte e a valle (in particolare le macchine di svolgimento / avvolgimento). Per le linee continue queste sono apparecchiature critiche, dal momento che possono arrestare l'intero processo. La protezione con sprinkler di queste attrezzature è considerata prioritaria.

Per completezza, si deve sottolineare che in entrambe le relazioni l'ing. BR. dedica una parte del suo resoconto a "consigliare" all'azienda l'utilizzo di sistemi fissi automatici di spegnimento, anziché di sistemi "manuali".
Ma è di particolare interesse, per comprendere di quale "quadro", di quale "scenario" potessero disporre i vertici ed i dirigenti TK AST (v. infra, per ciascuno) con riferimento al "rischio incendio" sulle linee di trattamento (ivi compresa la Linea 5 di Torino), la frase subito sopra riportata della relazione con il titolo "commento" (v. qui sopra); infatti l'ing. BR. ritiene "prioritaria" "la protezione con sprinkler" proprio dei "sistemi oleodinamici ... presenti per le apparecchiature a monte e a valle (in particolare le macchine - gli aspi, n.d.e. - di svolgimento/avvolgimento)"; e ciò indipendentemente dalla "portata" del serbatoio al loro servizio (v. infra su questo), bensì per la loro caratteristica di "apparecchiature critiche dal momento che possono arrestare l'intero processo". L'ottica dell'ing. BR. è, come abbiamo già evidenziato e vedremo anche infra, quella dell'assicuratore che definisce "critiche" quelle apparecchiature delle linee perché arrestano il processo produttivo (ed infatti, come abbiamo visto, il contratto "master" copriva anche il fermo di produzione); ma non vi è dubbio che, ancora una volta ed in modo ancora più specifico, si era posta all'attenzione della "cliente" - della TK AST - il "rischio incendio" proprio per le centraline oleodinamiche e proprio nella zona in cui si è verificato l'incendio del 6/12/2007.
La Corte non ritiene di dover sottolineare con altre parole l'importanza anche di tale elemento conoscitivo.

La terza relazione è intitolata "resoconto ispezione speciale", è redatta dall'ing. WE. in data 31/7/2007 e si riferisce alla visita dello stabilimento di Torino effettuata in data 13 aprile 2007 (il secondo dei giorni indicati nella relazione n. 2); non è generale come quelle di BR., ma riguarda: "Oggetto: miglioramento sicurezza tecnica antincendio delle linee di decapaggio". Precisa l'ing. WE. (teste citato) che il 13/4/2007 si è tenuta, nello stabilimento di Torino, una apposita riunione tra tecnici dell'azienda e delle compagnie di assicurazione per le linee di trattamento in quanto soggette alla franchigia di 100 milioni di euro.
Così: non un resoconto generale, bensì "mirato" alle linee di trattamento sotto il profilo - espresso - della questione "franchigia".
Infatti l'ispezione del sito è così descritta dall'ing. WE.:

Programma / Ordine del giorno:
L'ispezione del sito ha riguardato le seguenti voci nell'ordine riportato:
• Presentazione del sito e degli impianti di decapaggio da parte della direzione.
• Ispezione dei principali impianti di decapaggio APL 4 & 5 nonché della linea in stand-by PL 1
• Presentazione di un programma antincendio da parte degli operatori per le linee APL 4&5
• Discussione e definizione di interventi preventivi adeguati (strutturali, tecnici ed amministrativi) in materia di protezione antincendio che, una volta attuati appieno, consentiranno in toto di ridurre la franchigia specifica portandola ai livelli della franchigia normale per le linee APL 4 & 5.

I "rischi" di incendio vengono così individuati:

Impianti di ricottura e decapaggio, Processi produttivi e Rischi
I nastri laminati a caldo / freddo sono lavorati nella linea di ricottura (trattamento termico con il calore) ed in quella di decapaggio (rimozione ossido/crosta di laminazione).
Nell'impianto TKL-AST di Torino sono presenti le seguenti linee:
Linea 1 Decapaggio a caldo (le bobine subiscono il trattamento in fornaci discontinue - forni a campana) - produzione non continua - linea in stand-by (capacità 7500 t/a) - no potenziale Interruzione di Attività.
• Linea 4 Ricottura e Decapaggio a caldo (può anche essere utilizzata per il trattamento delle bobine laminate a freddo) - principale linea di produzione / potenziale Interruzione di Attività significativo.
• Linea 5 Ricottura e Decapaggio a freddo - seconda linea per importanza.
• Linea Ricottura in bianco;

I principali rischi di incendio, collegati a questo tipo di attività, sono la fornitura di gas naturale / idrogeno (fornaci di ricottura), l'uso di liquidi combustibili per i circuiti idraulici (in particolare gli aspi svolgitori, la saldatrice e gli aspi avvolgitori), la formazione di polveri combustibili (sezioni di pallinatura) e la presenza di locali elettrici a rischio. Altre esposizioni a rischio incendio sono legate all'uso di materiali combustibili (plastici) necessari in atmosfere / ambienti altamente corrosivi (bagni di decapaggio).
….
Nelle linee continue H/CA&P, i sistemi idraulici sono utilizzati sia per l'impianto a monte (aspi svolgitori, cesoie, saldatura) sia per quello a valle (aspo avvolgitore); sono presenti circuiti elettrici aventi capacità in eccesso di 500 1. Non è presente un impianto sprinkler.
….
La presenza di grandi quantità di materiali plastici (coperture, tubazioni di scarico e sistemi di raccolta vapori, ecc..) rappresenta un'altra esposizione al rischio di incendio, a causa dell'utilizzo di bagni d'acido e di altre sostanze corrosive nella sezione di decapaggio. Le caratteristiche delle linee principali di produzione sono:

• Linea 4 HA&P:
o Vasche / Contenitori (3) in acciaio inossidabile isolato con mattoni e gomma;
o Coperture delle vasche fatte in materiali plastici (PPS);
o Tutte le tubazioni per le vasche acide e basiche (incluse le torri di lavaggio e le tubazioni di scarico fino alla sezione di filtrazione, che si trovano al di fuori dell'edificio di produzione (circa 150 m di tubazioni)) ed i sistemi di raccolta e scarico dei vapori sono fatti in materie plastiche.

• Linea 5 CA&P:
o Vasche / Contenitori (2) in acciaio inossidabile isolato con mattoni e gomma;
o Coperture delle vasche in materie plastiche (PPS);
o Tutte le tubazioni per le vasche acide/basiche (incluse le torri di lavaggio) ed i sistemi di raccolta e scarico dei vapori sono in materiale plastico.


L'ing. WE. trae quindi le seguenti conclusioni:

Conclusioni
Linee PL 4 & 5 - secondo il parere dell'esponente della HDI Tecnologia di Sicurezza -HST che ha partecipato all'ispezione, per gli impianti di ricottura e decapaggio dello stabilimento di Torino della ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni S.p.A. - il rischio potenziale di incendio derivante dai processi produttivi sugli impianti di decapaggio APL 4 & 5 deve essere considerato da medio ad elevato.
Queste conclusioni derivano fondamentalmente dai gravi incendi che hanno colpito la linea EBA2 - TKS di Duisburg e la linea KL3/GBL3 - TKL-NR di Krefeld (avvenuti nel 2006).

Pertanto sono consistiate ulteriori misure atte al miglioramento della sicurezza tecnica antincendio (si vedano gli allegati a questo documento).


Nelle allegate tabelle (v.), intitolate:
"Lista relativa alle misure antincendio concordate con gli assicuratori - Acciai Speciali Terni. Stabilimento dì Torino" viene previsto:
-per la Linea 4 le seguenti "misure concordate con gli assicuratori":
a) una "rivelazione automatica di incendio con rivelatori di calore" ed una "installazione di sistemi fissi a spruzzo d'acqua attivabili manualmente" nell'area "impianto idraulico dell'Aspo svolgitore e saldatrice"; si deve qui riportare la nota del traduttore (anche di questo documento, come di tutti quelli su cui si fonda - anche - la presente decisione, è stata acquisita la traduzione nel pieno contraddittorio delle parti): "nell'Area n. 1, alla colonna Area di protezione la voce 'Hydraulic system uncoiler and welding machinè si tradurrebbe letteralmente: 'Aspo svolgitore e saldatrice dell'impianto idraulico'.
Ciò risulta un concetto assurdo, poiché si esclude la possibilità di un impianto idraulico che abbia in dotazione una saldatrice; c'è da pensare in un errore nel testo originale; il significato inteso è quello riportato nella traduzione".
b) la sostituzione dei rivestimenti in PPS con acciaio inossidabile ovvero l'installazione di un sistema antincendio fisso automatico (spruzzo d'acqua a schiuma) nell'area di decapaggio;
c) la sostituzione dei tubi in PPS, ovvero l'installazione di un sistema fisso antincendio automatico, nell'area di scarico.


-per la Linea 5 le seguenti "misure concordate con gli assicuratori":
a) la sostituzione dei rivestimenti in PPS con acciaio inossidabile ovvero l'installazione di un sistema antincendio fisso automatico (spruzzo d'acqua a schiuma) nell'area di decapaggio;
b) la sostituzione dei tubi in PPS, ovvero l'installazione di un sistema fisso antincendio automatico, nell'area di scarico.


Si deve osservare, esaminando i sopra riportati documenti, che nei primi due l'ing. BR. indica la necessità nello stabilimento di Torino (ma per Terni vi è identica raccomandazione) di "compartimentare" le "unità idrauliche" e di proteggerle con impianti c.d. "sprinkler" ("dipende dalle singole configurazioni delle aree da proteggere") "per tutti i circuiti di olio minerale con la capacità superiore ai 500 l.".
Oltre al "commento", già sopra evidenziato, relativo alla "priorità" dell'installazione di uno sprinkler a protezione degli impianti idraulici a servizio degli Aspi svolgitori e avvolgitori.
Ne consegue, che, documentalmente (e v. anche infra), vengono confermati gli assunti sostenuti dalla Procura della Repubblica ai "punti" 5) e 6).
Non è così invece per la relazione dell'ing. WE.: come abbiamo appena visto in tale documento le "misure concordate con gli assicuratori" limitano l'intervento per la Linea 5 alla sostituzione delle materie plastiche presenti sulla linea ("coperchi" delle vasche di decapaggio e tubi in PPS).
Ne consegue che, documentalmente (ma v. anche infra), non viene interamente confermato (in particolare per la Linea 5; in parte per la Linea 4) l'assunto sostenuto dalla Procura della Repubblica al "punto" 7).
Sempre documentalmente, ci si ritrova di fronte, quantomeno per lo stabilimento di Torino, a due documenti fra loro in apparente contraddizione, pur provenendo, entrambi, da tecnici della Compagnia Assicuratrice AXA.

Gli argomenti - ed il contenuto di tali documenti - sono stati oggetto di ampia istruttoria dibattimentale, con l'escussione degli ingegneri BR. (v. udienze 14 e 15/5/2009) e WE. (v. udienza 27/4/2010), oltre all'ing. LUC. (collaboratore di BR., da poco tempo, in allora, in AXA, v. udienza 23/6/2009).
La Corte, prima di dare conto della risultanza di tali deposizioni, deve esporre una considerazione preliminare, relativa alle previsioni per lo stabilimento di Torino e in particolare per gli interventi indicati per la linea 5: pur essendo scritto dall'ing. BR., ci sembra a chiare lettere, che dovevano essere, nel modo sopra indicato, protette le centrali idrauliche con capienza superiore a 500 litri, e, in particolare - v. "commenti" sopra riportati - quelle degli Aspi svolgitori ed avvolgitori, anche della Linea 5 oltre che della Linea 4, sembra -sentendo i testi interni, tecnici dipendenti da TK AST, v. anche infra - che tali "raccomandazioni" non siano mai state emanate; sembra cioè che tali "consigli" non abbiano costituito alcun ulteriore "allarme", per i tecnici, per i dirigenti e per i vertici THYSSEN KRUPP AST, sul "rischio" incendio presente sulle linee di trattamento; tutti invece, trascurando completamente quanto esposto dall'ing. BR., hanno concentrato - almeno così sembra nella ricostruzione ex post- la loro attenzione sulle sole misure indicate in allegato alla relazione WE..
Per motivare tale scelta "aziendale", almeno come riferita in dibattimento, i difensori degli imputati hanno cercato di esaltare la "professionalità" di WE., in particolare "esperto" delle linee di ricottura e di decapaggio, a fronte, invece, della "genericità" di formazione e di professionalità di BR..
Ma, ad avviso della Corte, la ricostruzione non porta a queste conclusioni.
È certo - lo si ricava già dai documenti, senza necessità di sentirlo confermare dai loro autori - che le relazioni - prendiamo qui, per semplicità, le due di Torino: d'altronde quella di BR. per Terni è del tutto analoga a quella di BR. per Torino - hanno estensioni e finalità diverse; mentre quella di BR. è una prima visita, generale, dello stabilimento da pochi mesi "entrato" fra quelli "coperti" da AXA - con contratto master, v. infra e sopra - per la nuova cliente "gruppo" THYSSEN KRUPP, in cui il tecnico indica, in linea generale, i "rischi" incendio, la relazione di WE. invece è esclusivamente finalizzata a "ridurre" la franchigia, in allora di 100 milioni, sulle linee di ricottura e di decapaggio. Con la conseguenza che i responsabili di THYSSEN KRUPP AST avrebbero - figurativamente - "cestinato" la relazione di BR. -che rappresentava un ulteriore, serio allarme soprattutto per lo stabilimento di Torino - per "seguire" gli interventi minimi, ma in quel momento utili per ridurre la franchigia. Anzi, "seguire" quegli interventi solo virtualmente, perché, come vedremo infra, nello stabilimento di Torino, sulla Linea 5 (e neppure sulla Linea 4) "nulla" è stato neppure programmato (tanto meno attuato) nell'immediato, ma solo dopo lo spostamento di tali linee nello stabilimento di Terni (v. infra, così continuando il processo di produzione a Torino nonostante l'ulteriore "allarme").
Si deve qui riportare quanto riferito da WE. sulla "indicazione" di impianti di rilevazione e spegnimento in particolare sulla Linea 4 dello stabilimento di Torino, ricordando che egli stesso dichiara: "noi abbiamo solo fatto insegnare che devono fare per ridurre la franchigia"; dopo avere convenuto che la Linea 4 era "meno protetta" della Linea 5 (WE. non ricorda il "motivo" di tale minore protezione: si può ipotizzare - e WE. anche ne conviene sempre nel corso della sua testimonianza - che fosse per la centrale idraulica - con pompe e serbatoio - sullo stesso "piano" dell'impianto e non, come per la Linea 5, in un locale sotterraneo protetto) aggiunge: (da pag. 83 trascrizioni): "il desiderio della THYSSEN KRUPP, ridurre il rischio ed anche la franchigia. Sono cause economiche ... così anche loro pagano meno. I clienti dell'assicurazione hanno interesse di abbassare i premi che devono pagare per l'assicurazione. Se il rischio è elevato, il premio per il cliente è più alto ... Io rappresento un'assicurazione di cosa, io parlo dell'impianto della fabbrica, non parlo delle persone"; il teste, quando indica nel suo report del 31/7/2007 (v. sopra) la Linea 4 come più importante della 5 si riferisce alla maggiore produzione, quindi al maggiore "business" della 4 rispetto alla 5: "certamente ... il danno che deve pagare un'assicurazione non solamente incidente, anche quando la produzione se è ferma ... .allora chiaro che devo considerare su questo. Come ho già detto prima, la linea produce di più, quando non funziona, fa più danno economicamente alla THYSSEN in quel caso, allora è chiaro, salvaguardo prima questo" cioè, a Torino la Linea 4 era in questo senso "più importante" rispetto alla Linea 5 e dovendo decidere: " ... dove iniziare con qualcosa e questo era considerato più importante per la THYSSENKRUPP, che più produzione, l'interesse era della THYSSENKRUPP, abbassare la franchigia e la THYSSENKRUPP sicuramente aveva più interesse sulla Linea 4". BR. aveva già riferito, all'udienza del 14/5/2009, lo stesso concetto (da pag. 13 trascrizioni): la linea 4 "rappresentava ... un collo di bottiglia o comunque un impatto maggiore sulla produzione complessiva dell'azienda rispetto alla Linea 5 ... la valutazione è relativa al danno ... agli impianti industriali ed alla continuità produttiva"; ed alla successiva udienza: (v. pag. 29 udienza 15/5/2009): "un blocco sulla 5 poteva essere recuperato sulla linea 4 perché la linea 4 poteva essere utilizzata anche come linea di decapaggio e ricottura a freddo".
Quindi le indicazioni di WE. - già peraltro evidenti dal "titolo" della sua relazione - non riguardano prettamente il "rischio" incendi sulle linee di ricottura e decapaggio e gli interventi idonei a ridurlo: riguardano invece la possibilità, per l'azienda-cliente, di "ridurre la franchigia" ed a "cominciare" dall'impianto che potrebbe, con il suo arresto, provocare i maggiori danni alla produzione complessiva.
È utile qui ricordare, a conferma di quanto riferito da WE. e da BR., che effettivamente il maggior danno subito per l'incendio di Krefeld era stato rappresentato proprio dalla mancata produzione (oltre che, ma in misura minore, dalla distruzione dell'impianto); e che l'ottica della assicurazione, in particolare in un contratto "master" come quello di AXA, è - ovviamente -quello di evitare che accadano eventi-incendi che comportino danni superiori proprio alla franchigia; lo espone con estrema chiarezza il teste PE. (citato, v. udienza 9/6/2009, in cui è erroneamente indicato come "GR.", pag. 97 trascrizioni): " ... qual è il rischio legato a quello che poi loro (AXA, n.d.e.) hanno assicurato e cioè soprattutto la Business 'interruzione', cioè quanto tempo stanno ferme le linee in conseguenza di un evento dannoso ed il danno diretto. È chiaro che loro (AXA, n.d.e.) sono interessati a tutti gli eventi di una certa importanza, (economica, n.d.e.) quindi sopra la franchigia ... quindi loro sono focalizzati su un eventuale danno che possa provocare un loro eventuale risarcimento superiore a quella cifra ... quindi soprattutto al 90% ... la fermata dell'impianto".
Nella stessa ottica - di una Assicurazione in contratto "master" con quel tipo di franchigia - si pone l'argomento - fortemente dibattuto nel processo - della indicazione (contenuta, questa, nella relazione BR., v. sopra) della necessità di una protezione tipo "sprinkler" esclusivamente sulle "hydraulic unit" con capacità superiore a 500 litri. Si deve premettere che BR. ha riconosciuto -a contestazione dei difensori - di non avere misurato la "capacità locale" delle "centraline" presenti a bordo linea 5, in particolare quelle per movimentare gli Aspi e di avere ritenuto tale capacità superiore ai 500 litri; ma si deve ricordare non solo il chiaro ed inequivocabile contenuto del "commento" sopra riportato (che individua la necessità di proteggere con sprinkler proprio le "centraline" degli ASPI svolgitori ed avvolgitori per la loro "criticità", v. sopra), ma anche dare atto che, secondo entrambi gli ingegneri - BR. e WE., l'indicazione dei 500 litri, che deriva da una elaborazione AXA di norme tecniche N.F.P.A. (v. subito infra), non è di applicazione "automatica".
Sempre parlando delle "centraline" a servizio degli Aspi, BR. specifica (v. pag. 17 trascrizioni, udienza 15/5/2009): "si valutano quelle che sono le dimensioni dell'unità e del serbatoio e si tiene conto di quella che è ... si considera che l'olio presente in quell'unità non è solo, naturalmente, l'olio all'interno del serbatoio, ma è l'olio complessivo del circuito ... senza entrare in uno studio di dettaglio, di quelle che erano le sue specifiche"; (pag. 19): "in linea generale quello dei 500 litri (in realtà 380 litri secondo le norme internazionali) è il quantitativo del circuito, il quantitativo di olio all'interno del circuito oleodinamico al di sopra del quale il nostro (AXA, n.d.e.) standard prevede la richiesta di un impianto antincendio di tipo ... ad azionamento automatico"; anche a WE. viene chiesto cosa intende con il termine tedesco (da lui utilizzato nel rapporto per Krefeld) tradotto in inglese in "hydraulic unit", se solo la "centrale oleodinamica", da proteggere oltre la capienza di 500 litri, ovvero anche le "centraline" più piccole e il teste risponde: " ... tutto che serve per far funzionare i macchinari" cioè compresi i "banchi valvole" precisando: "non tutti di questi (intendendo le "centraline" oleodinamiche, non le centrali con capienza superiore a 500 litri, n.d.e.) hanno lo stesso rischio. Non hanno la importanza eguale ... il rischio più grande sono i tubi che se hanno anche una lesione minimale, grande di un capello che esce fuori, i tubi elastici ... flessibili, sì. La fuoriuscita anche piccolo ... quasi gas, il contatto con il caldo del motore ecc. può accendere, finché esce olio di qua ... dipende anche molto dove sono questi tubi. Perché possono portare il fuoco ovunque, in qualunque parte" (v. pag. 68-69 trascrizioni; sulle norme tecniche che ha utilizzato, WE. indica la VDS tedesca, ma aggiunge che il suo contenuto corrisponde a quello della N.F.P.A. americana ed alla FM GLOBAL - v. pag. 71 trascrizioni). Aggiunge LUC. (citato, udienza del 23/6/2009; è l'ingegnere che poi ha seguito gli interventi antincendio sugli impianti di Terni): "c'è da dire che la centralina in teoria deve contenere tutto l'olio che ci può essere poi nel circuito, perché comunque l'olio a riposo può andare per caduta, può tornare indietro, può andare in centralina, proprio per quello probabilmente F.M. dice centraline idrauliche perché con quel termine intende poi in realtà la capacità del sistema ... può essere che ci siano dei sistemi a bordo macchina che in una valutazione di danno economico siano comunque da proteggere anche se si tratta semplicemente di tubazioni, magari son dei tubi flessibili, magari c'è un banco di tubi flessibili a bordo macchina e magari può essere utile ... raccomandare qualche protezione localizzata, un paio di testine sprinkler sopra quell'area ... sicuramente (i flessibili, n.d.e.) son più rischiosi in termini di fessurazioni ... normalmente (una testina sprinkler, n.d.e.) copre 9-10 metri quadri ... secondo le linee guida F.M ... considera un raggio di 6 metri ... si considerano i 380 litri nel raggio o di singole centraline o di più centraline nel raggio di 6 metri".
Quindi, oltre alla constatazione - che appare ovvia anche alla Corte - in base alla quale la regola tecnica dovesse essere applicata considerati, oltre alla "capacità" - peraltro, secondo BR. come secondo LUC. - "complessiva" e non della singola centralina, anche una serie di altri "fattori" tecnici, tra cui la "posizione", i meccanismi in prossimità ecc. e considerata anche la "pericolosità" delle condutture di olio in pressione, in particolare di quelle flessibili (v. su questo anche WE., subito sopra); LUC. (v. pag. 35 trascrizioni): "N.F.P.E ... .per le hydraulic units dice di considerare questo rischio come elevato ed ha un dettaglio di protezione ... di 12 litri al minuto su 230 metri quadrati (la premessa è un impianto sprinkler, n.d.e.) ... F.M. va più in dettaglio perché dice anche che i sistemi sprinkler devono essere interbloccati poi con le pompe dell'olio ... praticamente di fermare le pompe dell'olio perché ... quello che fa l'olio nebulizzato fa come tipo lancia fiamme ... se noi mettiamo ... sprinkler questo si attiva, può sopprimerlo ma non lo spegne del tutto, appena io tiro via la protezione sprinkler l'olio nebulizzato ha bisogno semplicemente di una sorgente calda, cioè ... non nebulizzato brucia a 300 gradi, se nebulizzato brucia (a) molto meno"; " ... secondo F.M. - che va nel dettaglio - l'interblocco deve essere associato alla protezione spinkler e "normalmente gli impianti di spegnimento devono essere automatici".
Nel caso di specie poi, è bene rammentarlo, la valutazione del "rischio" incendio, su quelle linee, da parte della compagnia di assicurazione ed in conseguenza del suo contratto - è relativo, come è pacifico, ai soli danni "materiali"; è quindi divergente rispetto alla valutazione del "rischio" incendio che deve compiere il datore di lavoro a tutela dei dipendenti che su quegli impianti lavorano.
Rimane il fatto che, anche da questi documenti - come si è indicato, di pochi mesi precedenti l'incendio del 6/12/2007 - i vertici ed i dirigenti THYSSEN KRUPP AST potevano - dovevano - trarre, agevolmente, i "rischi" incendio presenti su quelle linee, anche nelle zone di entrata ed uscita, in cui si trovano gli aspi svolgitori ed avvolgitori: doverosamente, prendere le necessarie contro misure, installare gli idonei dispositivi.

8) "la richiesta di autorizzazione agli investimenti per i lavori di prevenzione incendi del 5 ottobre 2007 che descrive l'APL 5 di Torino come linea non conforme 'alle indicazioni tecniche dell'assicurazione, del comando provinciale dei vigili del fuoco e del WGS'.

8)
Ecco il documento:

Richiesta di autorizzazione agii investimenti per i lavori di prevenzione incendi

Nell'attuale anno fiscale 2007/8, TKLAST intende continuare a realizzare investimenti in materia di lotta agli incendi e prevenzione in qualunque area a rischio. Le aree coinvolte in questa seconda fase sono:
• Laboratorio di fusione acciaio
• Reparto di laminazione a freddo
• Officina (servizi generali e scorte)2
• Società S.d.F.

Gli investimenti hanno l'obiettivo di proteggere:
• Le persone
• Gli impianti e le strutture
• L'ambiente interno ed esterno alla fabbrica

La protezione sarà ottenuta mediante diversi tipi di misure, che possiamo riassumere come segue:
• Utilizzo di materiali da costruzione non combustibili
• Uscite di emergenza
•Protezione attiva (sistemi di rivelazione ed estinzione) e passiva (compartimentazioni e barriere antincendio)
• Organizzazione e procedure di emergenza
• Ispezioni e controlli

I progetti che richiediamo urgentemente di attivare sono elencati nel seguito.
___________
2 Ndt: oppure “magazzini”

LABORATORIO FUSIONE ACCIAIO
Rinnovo dell'equipaggiamento antincendio (1)
In molti casi, gli impianti di rivelazione ed estinzione del laboratorio di fusione dell'acciaio devono essere implementati e/o rinnovati.

Rivelazione di fumo nei condotti dei cavi ed in E.C. (2)
Tale impianto antincendio deve essere realizzato all'interno del condotto principale, dalla sottostazione elettrica ai quadri elettrici, sottostante le fornaci elettriche ed altri locali nel S.M.S. La galleria principale è anche fornita di un impianto di estinzione.

AREA A FREDDO PIX
Miglioramento dell'attrezzatura antincendio dello Zmill 54" di Torino. (3)
L'impianto di estinzione del Zmill deve essere implementato per adeguamento alle prescrizioni dell'assicurazione, del reparto locale dei vigili del fuoco e del WGS.

Miglioramento dell'attrezzatura antincendio dello Zmill 62" di Torino. (4)
L'impianto di estinzione del Zmill deve essere implementato per adeguament alle prescrizioni dell'assicurazione, del reparto locale dei vigili del fuoco e del WGS.

Miglioramento dell'attrezzatura antincendio della linea di Ricottura & Decapaggio n° 5 di Torino. (5)
L'attrezzatura antincendio della linea R&D deve essere migliorata per adeguarsi alle indicazioni tecniche dell'assicurazione, del reparto locale dei vigili del fuoco e del WGS.

Miglioramento dell'attrezzatura antincendio della linea di Ricottura in Bianco di Torino. (6)
L'attrezzatura antincendio della linea di Ricottura in Bianco deve essere migliorata per adeguarsi alle indicazioni tecniche dell'assicurazione, del reparto locale dei vigili del fuoco e del WGS.

Miglioramento dell'attrezzatura antincendio della linea Skipass di Torino. (7)
L'attrezzatura antincendio della linea di Ricottura in Bianco deve essere migliorata per adeguarsi alle indicazioni tecniche dell'assicurazione, del reparto locale dei vigili del fuoco e del WGS.


OFFICINA
Verniciatura del sistema di cavi. (8)
Verniciatura dei cavi con vernice non combustibile ed installazione di pannello tagliafuoco.

Centralizzare gli allarmi dell'officina 2° fase (9)
Collegamento dell'attrezzatura antincendio con l'allarme centrale della squadra antincendio per permettere l'intervento immediato sul posto dell'allarme antincendio.

Adeguamento luci di emergenza (10)
Realizzazione dell'installazione luci per via di fuga veloci in caso di emergenza nelle aree principalmente a rischio dell'officina.

C.P.I. per magazzino olio (11)
È necessario realizzare tutte le attività al fine di ottenere il C.P.I. dal reparto esterno dei vigili del fuoco e per minimizzare il rischio nel magazzino olio e magazzino principale delle vasche di olii usati.


SdF
Rivelazione ed estinzione nei locali tecnici dell'olio (12)
È necessario realizzare impianti di rivelazione ed estinzione nei circuiti idraulici principali e nei locali tecnici dell'olio (vedi nota precedente).

Rivelazione ed estinzione nell'impianto di raffreddamento (13)
La tempra è una delle parti più rischiose del SDF. Per ridurre il rischio di incendio è necessario realizzare un impianto di estinzione.

Compartimentazioni REI nella linea titanio e nell'impianto di raffreddamento (14)
Le compartimentazioni sono anche necessarie in entrambe di queste linee per evitare un'eventuale propagazione del fuoco in altre aree adiacenti.

Implementazione di anello idrico (15)
Sono necessarie un'implementazione della rete di idranti esistente e l'installazione di nuove pompe. La nuova rete è necessaria perché quella esistente è vecchia e non più a norma.


Il documento non ha necessità di particolari commenti: si tratta del "programma" di investimenti antincendio, rientranti nel budget straordinario già sopra indicato, relativi al secondo "step" per l'anno 2007-2008 (v. infra), per lo stabilimento di Torino; al punto (5), si trova il - generico - programma per la linea 5: "l'attrezzatura antincendio ... deve essere migliorata per adeguarsi alle indicazioni tecniche dell'assicurazione, del reparto locale dei vigili del fuoco e del WGS".
Non vi sono dubbi che, pur nella sua genericità, rappresenti un ulteriore, importante tassello della piena consapevolezza, da parte dei responsabili di THYSSEN KRUPP AST - nell'ottobre 2007 (e si può certamente collegare al "progetto" dettagliato già indicato sopra, allegato alla e-mail da PE. a RI. e MO. in data 16/10/2007) sul grave "rischio" incendio che veniva ogni giorno corso continuando a lavorare su di una linea di trattamento in quelle condizioni - "non adeguata" a nessuna delle indicazioni! - senza che nessun tipo di misure fosse, nel frattempo, stato adottato: e ricordiamo che l'incendio di Krefeld era del giugno 2006, che la prima riunione del WGS, con l'indicazione delle linee-guida che abbiamo sopra indicato, era del gennaio 2007.

La Corte non vuole qui ripetere quanto già esposto a conclusione dei vari "punti" esaminati in questo paragrafo: deve però sottolineare che ognuno di questi "punti" costituisce singolarmente una chiara ed evidente esposizione del reale "rischio" incendio presente sulle linee di trattamento (anche per la presenza e la quantità di "olio in pressione"; quindi anche rispetto allo scenario poi purtroppo verificatosi); ovvero costituisce una precisa indicazione - rivolta ai responsabili THYSSEN KRUPP AST - di agire, di attivarsi, di prendere contromisure (v. sopra: "comperare impianti di rilevazione incendi e spegnimento incendi"!) per - quantomeno - ridurre tale rischio; ovvero ancora rappresenta la piena consapevolezza, da parte degli stessi responsabili, dell'esistenza di tale "rischio" incendio, unita alla - dimostrata - volontà di nulla disporre a titolo di cautela, bensì di continuare a produrre, nello stabilimento di Torino, nelle stesse condizioni (tra l'altro, in via di "deterioramento", come si è visto nell'apposito capitolo).
Considerando poi tali "punti" nel loro complesso emerge, ad avviso della Corte, un quadro probatorio, a carico dei responsabili THYSSEN KRUPP AST, di non comune gravità; vedremo infra come tale responsabilità si atteggi, in concreto, per ciascuno di loro ed in relazione ai reati loro ascritti.

 




13 Le posizioni di garanzia.
Destinatari degli obblighi in materia di sicurezza sul lavoro sono, ai sensi dell'art. 1, comma 4 bis D.Lgs 626/94, il datore di lavoro, il dirigente ed il preposto.
Secondo l'ipotesi dell'accusa (v. i relativi capi) nel caso di specie destinatari di tali obblighi sono, come datore di lavoro "esercente anche lo stabilimento di Torino", ES., PR. e PU., in quanto tutti membri del Comitato Esecutivo del C.d.A., c.d. "board", il primo Amministratore Delegato, gli altri due Consiglieri Delegati; come dirigente con funzioni di Direttore dell'Area Tecnica e servizi MO.; come dirigente direttore dello stabilimento di Torino SA.; come dirigente con funzioni di responsabile dell'area Ecologia Ambiente e Sicurezza dello stabilimento di Torino CAF..

13.1 Il datore di lavoro: ES., PR. e PU.; il "board".
Il D.Lgs 626/94 (come modificato dal D.Lgs 242/96) definisce, all'art. 2, il datore di lavoro come "il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l'organizzazione dell'impresa, ha la responsabilità dell'impresa stessa ovvero dell'unità produttiva, quale definita ai sensi della lettera i), in quanto titolare dei poteri decisionali e di spesa". L'appena citata lettera i) così definisce l'unità produttiva: "Lettera i) unità produttiva: stabilimento o struttura finalizzata alla produzione di beni o servizi, dotata di autonomia finanziaria e tecnico funzionale".
La Corte deve qui ricordare che, come insegna la Corte di Cassazione (v. sentenza n. 4981 del 6/2/2004) la definizione di "datore di lavoro": " ... non è intesa nel senso esclusivamente civilistico e giuslavoristico, e quindi limitata a chi è titolare del rapporto di lavoro, ma si estende a chi ha la responsabilità dell'impresa o dell'unità produttiva ed è titolare dei poteri decisionali e di spesa ... a ben vedere il principio di effettività è stato legislativamente codificato proprio con l'approvazione della modifica dell'art. 2 del D.Lgs n. 626 del 1994 ad opera del D.L.gs n. 242 del 1996. Con questa modifica non si fa più riferimento ad un dato formale ... ma altresì a dati di natura sostanziale quali la responsabilità dell'impresa o dell'unità produttiva purché accompagnati - questo è il punto - dai poteri decisionali e di spesa. Insomma ciò che rileva, al fine di creare la qualità di datore di lavoro, e quindi la posizione di garanzia, sono il potere di decidere e quello di spendere. Chi li possiede è datore di lavoro e quindi titolare della posizione di garanzia ... Ma il principio di effettività non ha mai significato che il soggetto gravato della posizione di garanzia - e che disponeva dei poteri di decidere e di spendere - potesse esonerarsene su base volontaria o contrattuale e lo stesso istituto della delega di funzioni è stato assoggettato ad una rigorosissima serie di vincoli che comunque non hanno mai condotto alla totale esclusione della responsabilità del delegante qualora questi non avesse esercitato appieno i residui poteri di controllo sull'opera del delegato. Insomma il principio di effettività è un metodo, anche conoscitivo, per riportare la responsabilità laddove si trovano i poteri di decidere e di spendere e non un modo per esonerare da responsabilità chi, per scelta propria, di questi poteri disponga ma non li eserciti".
Ancora, per quanto qui rileva, nella stessa sentenza: "Nel caso di una società di capitali originariamente il datore di lavoro (in senso civilistico) va individuato nel consiglio di amministrazione o nell'amministratore unico. Ove, con la nomina di uno o più amministratori delegati, si verifichi il trasferimento di funzioni in capo ad essi, non per questo va interamente escluso un perdurante obbligo di controllo nella gestione degli amministratori delegati'. All'individuazione nel Consiglio di Amministrazione delle società di capitali l'originario datore di lavoro consegue la constatazione di come quest'ultimo si trovi in una "posizione di garanzia" inderogabile, di natura pubblicistica: "proprio in relazione alla natura dei beni tutelati (in particolare la vita e la salute delle persone) ... dal principio di inderogabilità delle funzioni di garanzia ... consegue altresì che il problema della riserva dei poteri di controllo neppure si pone posto che sono proprio i poteri originari correlati alla posizione di datore di lavoro che non possono essere unilateralmente o convenzionalmente rinunziati". Con la conseguenza che i doveri "residui" di controllo dei membri del Consiglio di Amministrazione derivano dalla inderogabilità della loro "posizione di garanzia" e sono - solo - civilisticamente previsti anche dal 2° comma dell'art. 2392 c.c., nella forma attenuata - ma non eliminata - successiva alla riforma del diritto societario (D.Lgs n. 6/2003).
Concetto ribadito, più di recente, dalla stessa Corte Suprema nella sentenza n. 38991/2010: "Questa Corte in plurime sentenze ha già avuto modo di statuire che nelle imprese gestite da società di capitali gli obblighi inerenti alla prevenzione degli infortuni ed igiene sul lavoro, posti dalla legge a carico del datore di lavoro, gravano indistintamente su tutti i componenti del consiglio di amministrazione (Cass. IV, 6820/07, Mantelli). Infatti, anche di fronte alla presenza di una eventuale delega di gestione conferita ad uno o più amministratori, specifica e comprensiva dei poteri di deliberazione e spesa, tale situazione può ridurre la portata della posizione di garanzia attribuita agli ulteriori membri del consiglio, ma non escluderla interamente, poiché non possono comunque essere trasferiti i doveri di controllo sul generale andamento della gestione e di intervento sostitutivo in caso di mancato esercizio della delega".

Fermi restando i principi di diritto appena esposti, condivisi da questa Corte, si deve osservare che, nel caso di specie, al momento dei fatti (dicembre 2007) ed in tutto il periodo precedente - da prima del giugno 2006, v. contestazione temporale relativa al capo A - l'assetto organizzativo verticistico di THYSSEN KRUPP AST s.p.a vedeva un Consiglio di Amministrazione che, tra i suoi membri, aveva nominato:
-l'imputato ES. H. quale Amministratore Delegato con delega: "in materia di Produzione, Materie Tecniche, Personale, Pubbliche relazioni. Allo stesso Amministratore Delegato, quale responsabile della Produzione, competono conseguentemente tutte le responsabilità in materia di sicurezza e di igiene del lavoro e di tutela degli ambienti interni ed esterni degli Stabilimenti di Temi e di Torino ed in genere l'osservanza di tutte le normative relative all'attività lavorativa, con piena autonomia gestionale e di spesa, in conformità con le procedure amministrative interne e con attribuzione di ogni correlativo potere di rappresentanza, da esercitarsi a firma singola"; si era aggiunta la delega in materia di "Affari Generali/Legali ed Internai Auditing";
-l'imputato PR. G. quale Consigliere Delegato con delega in materia di "amministrazione, finanze, sistemi informativi, controllo di gestione ed approvvigionamento" ;
-l'imputato PU. M. quale Consigliere Delegato con delega in materia di marketing e vendite.
Si deve aggiungere che, nello stesso "Verbale delle deliberazioni del Consiglio di Amministrazione della THYSSEN KRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a." in data 2/3/2006 (v. in atti), con il quale erano state conferite le deleghe sopra riportate, si legge che il Consiglio di Amministrazione: "A5) delibera di conferire i poteri di cui al sistema dei "poteri di rappresentanza", adottato con delibera consiliare del 23 gennaio 1997, all'Amministratore Delegato e Procuratore dr. H. ES. ed ai Consiglieri Delegati e Procuratori sig. G. PR. e ing. M. PU., come in appresso: - a firma singola i poteri di cui ai punti 5.8 - 5.9 - 5.10".
Troviamo questi "punti" nella delibera del C.d.A. citata, in data 23/1/1997 (v.), precisamente al paragrafo "5" intitolato "Problemi del lavoro"; i punti 5.8 e 5.9 (v.) riguardano la "rappresentanza" dell'azienda in materia appunto di "lavoro": innanzi alle Pubbliche Amministrazioni, Enti ed uffici privati, nonché innanzi a tutti gli Organi di vigilanza, verifica e controllo per gli adempimenti prescritti "dalle leggi, regolamenti e disposizioni vigenti sulla tutela dell'ambiente e sulla igiene e sicurezza sul lavoro".
Il punto 5.10 deve essere qui riportato interamente per il suo rilievo; perché anche PR. e PU., come ES., erano stati dal Consiglio di Amministrazione delegati con questo punto a: "Curare l'espletamento della vigilanza, della verifica e dei controlli previsti dalle norme sia generali che particolari e la predisposizione di tutte le cautele, misure e provvedimenti eventualmente richiesti da emanande disposizioni di legge o regolamentari, in ordine alla prevenzione degli infortuni, all'igiene ambientale, alla tutela dell'ambiente esterno, con poteri di disposizione organizzativa ed in autonomia, con facoltà di delegare a terzi i predetti poteri anche in via continuativa".
Come appare evidente dalla semplice lettura di questo punto 5.10, la delega conferita anche ai Consiglieri PR. e PU. non era - come affermato dalla difesa - relativa alla sola "rappresentanza esterna" (regolata ai punti 5.8 e 5.9), bensì incaricava espressamente il delegato di "curare" i controlli e "predisporre" tutte le cautele, misure e provvedimenti in ordine alla "prevenzione degli infortuni". Ancora in una e-mail successiva, del 9/1/2007, inviata anche ad ES., PR. e PU., intitolata "elenco aggiornato" dei poteri di firma, si ritrova, per tutti e tre, la "firma singola" anche per il citato punto 5.10.
Non può pertanto, da quanto finora esposto, porsi in dubbio:
-che PR. e PU., così come ES., fossero "datori di lavoro" di THYSSEN KRUPP AST, originariamente nella loro qualità di membri del Consiglio di Amministrazione;
-che in capo agli altri Consiglieri, in forza delle citate - effettive - deleghe, residuassero i soli " ... doveri di controllo sul generale andamento della gestione e di intervento sostitutivo in caso di mancato esercizio della delega";
-che, invece, in capo a PR. ed a PU., così come ad ES., proprio in forza delle citate deleghe, continuassero ad esservi, in pieno, tutte le funzioni - e gli obblighi - tipici del datore di lavoro.
I difensori, dopo avere sostenuto che anche il delegato punto 5.10 era relativo solo alla "rappresentanza" dell'azienda - argomento, come si è visto, smentito radicalmente per tabulas - affermano che, in ogni caso, PR. e PU. erano "datori di lavoro" "parziali", solo con riferimento ai dipendenti del loro settore "di competenza"; infatti PR. e PU. hanno, nel corso del loro esame, dichiarato che, appunto, si "occupavano" solo della "sicurezza" dei dipendenti che facevano parte del loro "settore"; alcuni testi - che non è necessario qui ricordare dettagliatamente, per quanto si dirà infra - hanno confermato tale dato.
La Corte ritiene che vi sia una evidente confusione tra due piani diversi.
Il primo piano riguarda la funzione di datore di lavoro, come definita normativamente (v. subito sopra) e che non può essere, all'interno della stessa azienda, "compartimentata" per settori o per materie; con l'unica eccezione relativa alla "unità produttiva", a sua volta definita come già sopra indicato: e certamente i "settori", le "materie" di cui - "esclusivamente" ovvero "principalmente": v. infra - si occupavano ES., PR. e PU. non rispondevano ai requisiti dell'unità produttiva come definita dalla legge.
Rimane quindi fermo, per quanto già sopra esposto, che anche PR. e PU., oltre ad ES., erano, a tutti gli effetti, datori di lavoro di THYSSEN KRUPP AST.
Il secondo piano riguarda, invece, l'ambito - in materia di sicurezza sul lavoro -di cui, in concreto - in fatto - PR. e PU. avevano, secondo quanto da loro stessi affermato, scelto di occuparsi, in considerazione della delega ricevuta; ma la legge, come si è appena indicato, non consente al datore di lavoro di scegliere di occuparsi solo di alcuni dipendenti e non di altri; lo insegna la Corte di Cassazione, già sopra citata, nella parte motiva in cui critica la sentenza di secondo grado: " ... il principio di effettività non ha mai significato che il soggetto gravato della posizione di garanzia ... potesse esonerarsene su base volontaria o contrattuale".
I datori di lavoro in THYSSEN KRUPP AST erano quindi, all'epoca dei fatti e sin da epoca precedente il giugno 2006, ES., PR. e PU..

L'ipotesi dell'accusa, come indicata nei capi di imputazione, è che questi tre soggetti componessero anche un Comitato Esecutivo o "board" caratterizzato da decisioni collegiali nelle materie loro singolarmente delegate dal Consiglio di Amministrazione.
La Corte deve quindi verificare se questa ipotesi accusatoria sia stata accertata in dibattimento.
Si deve cominciare dall'esame delle deleghe sopra riportate; esse corrispondono, civilisticamente, alla previsione della seconda ipotesi del 2° comma dell'art. 2381 c.c.: "Se lo statuto o l'assemblea lo consentono, il consiglio di amministrazione può delegare proprie attribuzioni ad un comitato esecutivo composto da alcuni dei suoi componenti, o ad uno o più dei suoi componenti".
All'epoca dei fatti quindi, sotto il profilo formale, in TK AST non esisteva un Comitato Esecutivo o "board"; era stato deciso, come abbiamo già riportato, di provvedere a "delegare ad uno o più dei suoi componenti": era invece esistito, dal 2001 al 2005 un "Comitato Esecutivo", secondo la prima ipotesi dell'appena citato 2° comma dell'art. 2381 c.c.: " ... può delegare le proprie attribuzioni ad un comitato esecutivo composto da alcuni dei suoi componenti".
La Corte non può, in questa materia, arrestarsi al dato formale, bensì deve verificare se quest'ultimo corrisponda alla realtà; esaminando quindi gli elementi di prova emersi nel corso del presente processo.
In primo luogo chiedendosi per quale motivo il Comitato Esecutivo fosse stato abolito ad appena 4 anni dalla sua introduzione. Motivo che non emerge dalla documentazione in atti, perché nel verbale della riunione del C.d.A. in data 10/3/2005 (v. doc. in atti) viene solo riportato che il Presidente del C.d.A. FE. ha illustrato: " ... al Consiglio i motivi per i quali appare opportuno rimodellare l'assetto organizzativo della società, revocando il Comitato Esecutivo e nominando un Amministratore Delegato e quattro Consiglieri Delegati"; certamente, non è necessaria l'indicazione a verbale delle ragioni della scelta; ma il silenzio sul punto appare in contraddizione con la completa esposizione - anche riportata nel verbale del C.d.A. in data 19/6/2001, v. doc. in atti - dei motivi che avevano invece determinato la decisione di introdurre, anche in THYSSEN KRUPP AST s.p.a., il Comitato Esecutivo. Si legge infatti nell'appena citato verbale e sono le parole dell'allora Presidente del C.d.A. HA. (v. pag. 4-5): "le previste dimissioni dell'ing. Ang. (che era stato per molti anni Amministratore Delegato, n.d.e.) coincidono con l'intendimento di ThyssenKrupp di operare una ristrutturazione dell'assetto organizzativo del management locale. Infatti, Acciai Speciali Terni adotterà una struttura conforme a quella delle altre analoghe società delle organizzazioni ThyssenKrupp, di modo che le decisioni rilevanti vengano adottate da tre managers, i quali decideranno sui correnti affari della Società. Il diritto societario italiano consente l'attuazione di una tale struttura, attraverso un organo denominato Comitato Esecutivo. Questo Comitato potrebbe essere composto di tre membri del C.d.A. dallo stesso nominati. Il Comitato potrebbe avere gli stessi poteri dell'Amministratore Delegato e dovrebbe prendere a maggioranza le sue decisioni nell'ambito di regolari riunioni. Il Comitato Esecutivo sarà presieduto da un Presidente, al quale saranno conferiti i poteri di rappresentanza della Società di fronte ai terzi". Si deve, in particolare, evidenziare la collegialità delle decisioni che caratterizzava il Comitato Esecutivo introdotto: analogamente, come espone il Presidente del C.d.A., a -tutte - le altre società del gruppo multinazionale.
Seguiva la formalizzazione di tale introduzione, con verbale notarile trattandosi di modifica statutaria (v. doc. in atti, in data 25/7/2001), così formulata: "art. 17) Il Consiglio può nominare nel proprio seno, determinandone il numero dei componenti ed il Presidente, un Comitato Esecutivo, delegando ad esso, nei limiti di legge, attribuzioni e poteri suoi propri diversi da quelli sui quali il Consiglio ha competenza esclusiva per legge o ai sensi del presente Statuto. Il Comitato Esecutivo è convocato dal Presidente, nonché su richiesta della maggioranza dei suoi membri in carica ... .Il Comitato nomina un Segretario, che può essere anche una persona ad esso estranea. Le deliberazioni del Comitato risultano da processi verbali che, trascritti su apposito libro tenuto a norma di legge, vengono firmati dal Presidente e dal Segretario ... "; l'art. 18 prevedeva la rappresentanza legale della Società di fronte ai terzi ed in giudizio, nonché la firma sociale, disgiuntamente al Presidente del C.d.A. ed al Presidente del Comitato Esecutivo".
Seguiva quindi, nella stessa data (25/7/2001, v. doc. in atti), la nomina da parte del C.d.A. del primo Comitato esecutivo, composto di un Presidente e due membri e con delega dei "poteri di ordinaria amministrazione".
Anche sulla "delega" conferita si notano delle significative differenze: in occasione della soppressione del Comitato esecutivo e della nomina del dr. ES. ad Amministratore Delegato il contenuto della sua delega era stato descritto fin nei dettagli e non per la parte sulla produzione, ma proprio per la parte relativa alla materia della sicurezza sul lavoro (v. doc. 10/3/2005, pag. 3-4 e v. già sopra): particolarmente significativa si presenta poi la clausola "di chiusura" che il C.d.A. ha ritenuto necessario inserire, nonostante la già evidente "chiarezza" della delega assegnata: "e in genere l'osservanza di tutte le normative relative all'attività lavorativa".
Si può quindi ritenere - non avendo peraltro i difensori esposto quali fossero stati invece i diversi motivi organizzativi che avevano spinto l'azienda a sopprimere il Comitato Esecutivo: e molto si è dibattuto sull'argomento nel corso del processo; e non essendo nel frattempo intervenute modifiche legislative riguardanti il Comitato Esecutivo - che tale abolizione fosse stata con quelle precise modalità formalizzata a seguito della condanna in primo grado, per l'incendio avvenuto nello stabilimento di Torino nel 2002, anche nei confronti dei due membri del Comitato esecutivo, oltre che del Presidente, intervenuta qualche mese prima, esattamente il 10/5/2004 (con motivazioni depositate nel luglio 2004; e ricordando ancora qui, ma v. sopra, che in secondo grado e poi definitivamente la condanna è stata confermata per il solo Presidente). In sostanza, allo scopo di concentrare su di una sola persona il "rischio" connesso alla materia della sicurezza sul lavoro.
E si deve ribadire che, come già sopra esposto (v. capitolo 5, paragrafo 5.1) e qui autorevolmente confermato dal Presidente del C.d.A THYSSEN KRUPP AST (v. sopra, HA.), il modello organizzativo di tutte le società del gruppo multinazionale prevedeva proprio l'esistenza di un "executive board", emanazione del C.d.A., a decisione collegiale per tutta "l'ordinaria amministrazione". Cosicché appare singolare che solo per la società operativa italiana si modificasse la struttura decisionale, già cambiata appena 4 anni prima proprio per "adeguarla" a quel modello organizzativo e senza neppure spiegare il o i motivi che lo consigliavano e/o lo imponevano.
Certo, una simile "lettura" dei documenti, che insinua dei dubbi sulla avvenuta abolizione "sostanziale" e non solo per "forma" e "rappresentazione esterna" del "board", non sarebbe di per sé legittima se non fossero emersi, nel corso del presente dibattimento, una serie di elementi che, come si vedrà, inducono a ritenere che il Comitato esecutivo o "board" continuasse ad operare, con caratteristiche molto simili alle precedenti, in particolare relative alla "collegialità" ed alla materia delle decisioni - riguardanti tutti gli aspetti di "gestione operativa", appunto l'ordinaria amministrazione riguardante tutte le materie ed i settori singolarmente delegati, anche dopo il 15/3/2005 e certamente sino alla data dei fatti che qui ci occupano.

Cominciamo l'esame di tali elementi dalle risultanze testimoniali.
Non utilizziamo il teste RA. A. (v. udienza del 11/6/2009) perché riferisce dell'esistenza del "board" solo fino all'autunno 2005 (quando egli ha smesso di ricoprire l'incarico di responsabile delle aree a freddo di Torino e di Terni): un periodo troppo breve per, eventualmente, recepire il cambiamento (RA. è poi stato licenziato nel febbraio 2006).
Il teste SE. A. (responsabile area a freddo di Terni, v. udienza 28/5/2009), trattando degli investimenti richiesti per l'area tecnica (che faceva capo in allora all'ing. MO.), precisa: " ... nel corso dell'anno si dà seguito agli investimenti che sono prioritari e compatibili con i budget, attraverso decisioni che sostanzialmente prende la nostra Direzione ... il cosiddetto board nostro, interno, cioè il dottor ES. insieme con il responsabile della parte amministrativa ... ieri era il dottor PR. e il PU. è il responsabile commerciale ... non tutti gli importi di investimento potevano essere decisi autonomamente a Terni ... al di sopra di un certo importo ... serve l'autorizzazione ... dalla Germania".
Il teste GI. S., responsabile del "controllo investimenti" (v. udienza del 4/6/2009), alla domanda relativa all'iter per l'approvazione -interna alla società operativa TK AST - degli investimenti risponde: " ... il Comitato Esecutivo è l'organismo che abbiamo avuto fino agli anni 2005 ... successivamente no, c'è stato un gruppo di consiglieri delegati, che qualcuno definisce "board", ma non è il Comitato Esecutivo di cui fa parte la procedura. Non cambia la sostanza delle cose ... significa che la raccolta dei dati e degli investimenti è nella stessa stregua che le dicevo prima e viene portata all'attenzione di questo gruppo, di questo board, di questi consiglieri delegati (che identifica in ES., PU. e PR.)"; il P.M. gli chiede se questo "board" facesse le stesse cose, o diverse, di quello precedente: "sostanzialmente presumo che faccia le stesse identiche cose: cioè lo esamini ed alla fine quello che ritorna è l'invio dell'autorizzazione agli investimenti in Germania ... da un punto di vista sostanziale normalmente è il Consiglio di Amministrazione che approva gli investimenti"; precisa GI. però che il suo lavoro era limitato alla raccolta dei dati ed alla loro presentazione per la richiesta di investimenti, che poi passava al suo responsabile di allora, RE., il quale a sua volta passava a PR.: dopo, il teste non è certo che il tutto fosse vagliato dai tre consiglieri delegati. Certamente, il teste non prendeva parte alle riunioni cui partecipavano ES., PU. e PR. (v. infra per questa affermazione); ma il teste GI. fa un riferimento molto importante (v. pag. 119-120 trascrizioni): ad una "procedura" (che non risulta fosse stata modificata dopo il marzo 2005): " ... Infatti la procedura è quella, la 051 ... prevede che questa raccolta dati venga con(g)segnata al Comitato Esecutivo che, a sua volta, APPROVA il discorso degli investimenti, poi la procedura si mette a dilungarsi sulla tipologia degli investimenti" dopo l'approvazione: "(le proposte, n.d.e.) per la parte che riguarda me, vanno sempre in Germania all'approvazione della STAINLESS". GI. prosegue precisando le diversità tra il precedente Comitato Esecutivo e quello che in azienda chiamavano board, per indicare ES., PU. e PR.; in particolare, mentre il Comitato Esecutivo si presentava come un organismo unitario, con competenze indifferenziate, invece i tre "Consiglieri delegati" avevano ognuno la propria competenza: PR. per amministrazione, finanza e controllo; PU. per il commerciale, ES. per la parte produzione, lavoro e altro. Il teste GI. sottolinea (v. pag. 124 trascrizioni): "abbiamo utilizzato ... il termine board; quello che realmente conosco, perché è pratica quotidiana, è che ognuno è responsabile effettivo e completo del proprio determinato settore"; a questo punto il P.M. gli contesta le dichiarazioni precedentemente da lui rese (17/12/2007): "il board è una figura che in Italia non esiste, ma nella THYSSEN KRUPP AST esiste ancora ... il board è un'amministrazione collegiale suddivisa per competenze, il cui coordinatore è il dottor ES.". Il P.M. gli chiede quindi: "alla luce di questa definizione, è quello che lei intendeva dire con le spiegazioni che ci ha finora fornito, o no?"
GI.: "Sì. Io le confermo che sostanzialmente ognuno dei tre è totalmente responsabile del proprio settore ... che poi quotidianamente, settimanalmente, quindicinalmente si riuniscono e decidono insieme altre cose probabilmente è sicuramente vero - dico probabilmente perché non ci sto, se no glielo direi con certezza - e che si consulteranno tra di loro, perché mi sembra assurdo che un responsabile della produzione decida di fare un investimento quando non sente il responsabile finanziario o dell'amministrazione ... il collegialmente significa probabilmente questo".
La Corte ha ritenuto opportuno citare questo ampio stralcio della deposizione di GI. perché, come vedremo anche infra, con altri testi, l'argomento del "board" si è rivelato così "delicato" da mettere molti testi "in difficoltà"; come vedremo, tanto da spingere alcuni ad affermazioni perentorie su fatti di cui non erano a conoscenza, ovvero - come per KR. - a tentare ardite interpretazioni linguistiche.
Il teste PE. (citato, udienza del 9/6/2009, sempre erroneamente indicato nelle trascrizioni come "GR.") si limita a riferire: "il board della THYSSEN KRUPP di Terni all'epoca era composto da ES., PR. e PU.". Il teste CAR. F. (v. udienza 25/6/2009: si occupava, a Terni, di controllo gestione-pianificazione), alle domande del P.M. sul "board" risponde parlando di amministratore delegato e di consiglieri delegati (v. pag. 56-57 trascrizioni); allora il P.M. gli contesta quanto dichiarato il 21/1/2008: "il report del controllo di gestione (cioè l'oggetto del suo lavoro, n.d.e.) viene redatto con cadenza mensile ed inviato ai rispettivi responsabili di area, nonché ai membri del board ... Identificali nei signori ES., PU. e PR. quali componenti dell'organo esecutivo aziendale, da non confondersi con tutti i componenti del Consiglio di Amministrazione"; il teste, alla contestazione, risponde che non sa per quale motivo si fosse "espresso in quella maniera".
Il teste BU. A. (v. udienza 12/3/2010, già responsabile reparto metallurgia, da novembre 2009 direttore di produzione e datore di lavoro) riferisce che ES., PU. e PR. erano membri del board, ognuno con le deleghe indicate; precisa: "che si riunissero mi sembra naturale ed assolutamente logico. Francamente di cosa si parlasse nelle loro riunioni ... non ho idea."
Il teste FER. A. (citato, udienza 12/3/2010) riferisce che ognuno dei consiglieri delegati, dopo il 2005, aveva un "referente" in Germania per la sua materia e che i tre "si incontravano, però maggiormente per unire un po' queste informazioni su come poi portare avanti lo stabilimento in funzione delle direttive che ognuno di loro riceveva da parte della capogruppo". Si deve osservare che non sembra alla Corte che, nel corso del dibattimento, né dai documenti, né da altri testi, né durante l'esame degli stessi imputati, sia mai emersa la figura del singolo soggetto "referente" tedesco cui accenna il teste FER. (sulla necessità di restituire, per la sua testimonianza, gli atti alla Procura, v. infra, nel paragrafo dedicato a SA.).
Il teste AD. P. (da fine 2006 segretario del C.d.A. THYSSEN KRUPP AST, v. udienza 26/3/2010) riferisce l'abolizione del comitato esecutivo (v. sopra) e la nomina dell'Amministratore delegato e dei Consiglieri delegati; dichiara di non essere a conoscenza di "riunioni" tra loro e ipotizza eventualmente riunioni "informali", non secondo il modello del Comitato Esecutivo previsto nel codice civile italiano.
Il teste RE. P. (responsabile controllo gestione, alle dirette dipendenze, in allora, di PR., "superiore" di GI., v. udienza 31/3/2010), richiesto dal P.M. sulla procedura standard di approvazione degli investimenti: " ... sì, abbiamo parlato di investimenti e li abbiamo divisi tra ordinari e straordinari, tutto quanto veniva condiviso con i tre consiglieri che guidavano la AST, quindi ES., PU. e PR., anche in fase di budget la proposta di suddividere i fondi ordinari in un certo modo, che mi veniva data da MO., poi veniva discussa e presentata ai tre consiglieri delegati"; lo stesso accadeva, secondo RE., per eventuali ulteriori investimenti sorti da esigenze manifestatesi durante l'anno; dopo avere in particolare esposto l'iter per i progetti su investimenti di tipo "tecnico" (che riprenderemo infra), il teste RE. conclude: "gli investimenti minori, sono gli investimenti che ogni azienda poteva effettuare in sua libertà ... e quindi c'eravamo dati noi come procedura interna che tutti quanti gli investimenti dovevano essere in qualche modo un po' previsti, e quindi cercavamo di coordinare meglio le richieste, e tutti quanti gli investimenti superiori a 25.000 euro dovevano andare ai tre consiglieri, per la loro approvazione, quelli invece inferiori potevano essere approvati anche soltanto con la firma del dr. ES. ... è un cambiamento della procedura che facemmo pochi mesi prima ... penso che fosse a fine del 2006 ... per migliorare appunto l'emissione di questi piccoli investimenti ed evitare che, chi prima arrivava, finiva la disponibilità monetaria ... noi trimestralmente relazionavamo anche alla nostra casa madre e quindi con l'occasione io facevo anche un quadro di insieme ai tre consiglieri"; precisa RE. che la relazione era per iscritto, ma capitava che "anche singolarmente mi chiamavano per parlarne, per capire meglio i dettagli"; riferisce RE. che comunemente, in azienda, i tre consiglieri erano chiamati "board", termine che egli stesso usava nelle sue e-mail, e " ... si riunivano periodicamente ogni due settimane ... dipendeva dai periodi ... per prendere le loro decisioni ... sì, prendevano decisioni insieme, sì ... ognuno dei tre ... aveva dei compiti specifici"; RE. precisa di non avere partecipato alle riunioni del board, ma ribadisce quanto già sopra esposto sulla approvazione degli investimenti e precisa che tale cambiamento procedurale: "fu richiesto da PR. per migliorare il flusso degli investimenti ... per pianificare meglio ... come potere di firma penso che bastasse ES. ... però insomma veniva presentato a tutti e tre.".
RE. precisa di ricoprire quella posizione - che lo rende, ad avviso della Corte, particolarmente qualificato nel riferire sui reali poteri di ES. e degli altri consiglieri delegati con riferimento, in particolare, all'iter di approvazione degli investimenti - dal marzo 2006 e di avere sempre, da quella data e sino ai fatti, riferito "trimestralmente a tutti e tre ed in fase di budget tutti e tre erano coinvolti ed erano a conoscenza degli investimenti che erano messi a budget".
Seguono poi alcuni testi (udienza 21/4/2010: FO. V., MT. S., RO. C., SL. V., UG. M., VI. C., BER. S.; udienza 4/5/2010: CL. M.) che, sul tema "board", riferiscono che con quel termine venivano indicati, in azienda, ES., PU. e PR.; che i tre si riunivano periodicamente: alcuni, tra i testi indicati, subito aggiungendo che la riunione aveva "solo scopo informativo": circostanza, quest'ultima, che essi stessi ammettono, a precisa domanda, trattarsi solo di una "opinione", non avendo nessuno di loro mai partecipato né presenziato ad una di tali riunioni e non trovandosi neppure nella posizione ricoperta da RE. (v. sopra) e da GI. (v. sopra): cioè quella, come si è esposto, di preparare e sottoporre alla "direzione" AST il "programma" degli investimenti.

Si può parzialmente qui concludere affermando che, dalle assunte prove testimoniali, depurate dalle affermazioni generiche e dall'evidente imbarazzo di alcuni testi, emergono seri elementi volti a ritenere non solo che un organismo indicato come board, composto da ES., PR. e PU. esistesse e si riunisse, ma prendesse, collegialmente, le decisioni operative per TK AST, anche in materia di investimenti ed anche in materia di investimenti riguardanti l'area "tecnica", proprio quella che qui più rileva.
Cominciando l'esame dei documenti in materia di "board", si deve in primo luogo indicare proprio quella "procedura" - la n. 051 - cui ha fatto riferimento il teste GI. (e che conferma così, documentalmente, la sua testimonianza); il relativo documento è agli atti (v.); non lo si riporta qui per intero perché si compone di 7 pagine; nella prima i titoli indicano: "procedura gestionale PRGQ - 051 REV.2 ... formulazione ed approvazione del piano degli investimenti", la parte relativa all'approvazione si trova a pag. 6 e si riferisce, come dichiarato da GI., ancora al Comitato esecutivo: "6.0 APPROVAZIONE. Il Piano degli investimenti del Gruppo, dopo l'approvazione del Comitato Esecutivo di ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni, viene predisposto da CIV e sottoposto al Board di ThyssenKrupp Stainless ... Il Comitato esecutivo di ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni approva numeri e strategie, piano ed anno; eventuali variazioni che si rendessero necessarie e modificano il Piano, debbono essere riportate al Comitato Esecutivo per ottenere una nuova approvazione".

In sede di perquisizione dello stabilimento di Terni è stato rinvenuto e sequestrato (v.) un "raccoglitore" contenente decine di "verbali" del "board", redatti in lingua inglese, portanti date successive alla formale soppressione del Comitato Esecutivo (ricordiamo, è marzo 2005).
Di molti di questi verbali è stata, nel contraddittorio delle parti, acquisita in dibattimento la traduzione, tramite il deposito da parte dell'ing. CV. (v. udienze 3/3/2009, 25/6/2009, 11/6/2010), ovvero direttamente tramite l'interprete nominato da questa Corte (v. 11/6/2010); verranno qui utilizzati solo i verbali tradotti con le appena riferite modalità.
La frequenza delle riunioni così verbalizzate è, grosso modo, bimensile; tutti i verbali tradotti (v. in atti) hanno il seguente "schema" fisso: l'intestazione "ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni s.p.a. Riunione dei Membri Esecutivi del Board"; l'indicazione riservato/personale; la data; il luogo (quasi sempre "ufficio del dr. Es."); i "partecipanti: dott. Es., sig. Pr., ing. Pu., sig. Kr. (verbali)"; al termine si trovano, quasi sempre, i nomi di Espenhahn e di Kruse, che ricopre evidentemente il ruolo di estensore dei "verbali" (ma v. per esempio il verbale 2/12/2005, in cui estensore è Priegnitz, in assenza di Kruse perché la riunione era alla "tenuta dei Ciclamini").
Segue la parte contenutistica, differente ovviamente in ogni verbale, con indicati gli "argomenti", in una forma estremamente succinta; il soggetto che li espone (quasi sempre, uno dei tre); molto di frequente si trova in tali verbali un soggetto indicato con un acronimo: "EMB"; non vi è dubbio alcuno sul fatto che EMB sia "Executive Members (of the) Board" siglato, come riferito da tutti gli interpreti (ma il teste KR., v. infra, è riuscito a porre in dubbio anche questo); tradotto, come da intestazione sopra riportata, in "Membri Esecutivi del Board o del Consiglio di Amministrazione" e seguito, con riferimento ai vari argomenti esposti, dai verbi "propone", "discute", "decide", "è d'accordo", "non è d'accordo".
Non vi sono state contestazioni sulla traduzione, nel pieno contraddittorio delle parti, di tali verbi dall'inglese all'italiano ("EMB ... proposed" "EMB ... discussed", "EMB..decided", "EMB ... agreed"); gli argomenti trattati e sui quali "EMB" propone, discute, decide, è d'accordo o meno riguardano tutti gli aspetti della vita e delle scelte aziendali (non è possibile riportare qui tutti i verbali: si deve per forza rinviare alla loro lettura), riguardanti l'ordinaria amministrazione: dagli investimenti da presentare come "budget" alle spese minute, dai volumi di produzione ai rapporti con i clienti, dalla decisione sulla nomina dei membri del "board" di una recente acquisizione societaria alle nomine dei dirigenti interni, dalla situazione economica generale alla possibilità di risparmiare sulla palazzina uffici di una controllata; dalle strategie dei concorrenti ai rapporti con i Sindacati, dai risultati, mensili e trimestrali, produttivi ed economici, alle previsioni di budget e di investimenti futuri, dai prezzi delle materie prime ai contratti, dalla soddisfazione dei clienti alla sicurezza sul lavoro.
Riportiamo qui alcuni esempi, tra i quali troviamo sia la relazione da parte di uno dei tre, sia la discussione, sia la decisione da parte dei Membri Esecutivi; sia i riferimenti a Torino, sia all'incendio di Krefeld ed alla questione "assicurazioni" e franchigie. Appare evidente, senza necessità che la Corte commenti ogni volta il testo, che le "discussioni" di EMB e, molte volte, anche le "decisioni" di EMB riguardavano tutti i settori: ivi compreso, per quanto qui rileva, quello della produzione e degli investimenti negli e sugli impianti; materia quindi sulla quale non era ES. unico "dominus".
La Corte sceglie di riportare alcuni stralci dai soli verbali tradotti dall'interprete nominata dalla Corte e discussi con gli interpreti delle parti all'udienza del 11/6/2010 (v.); in ordine cronologico, utilizzando le traduzioni dell'interprete della Corte ma anche, se necessario, dando rilievo alle precisazioni della interprete della difesa:
10/11/2005: "Titania ... I Membri Esecutivi del Consiglio di Amministrazione (EMB) hanno concordato che occorre una maggiore capacità manageriale presso Titania ed hanno deciso di raggiungere l'obiettivo aggiungendo un altro membro del Consiglio ...
Produzione. La produzione di "materiale freddo" a novembre potrà aumentare di 3.000t ...
Budget per il Progetto di Finitura. È stato discusso il budget del Progetto Finitura. Il budget al momento è allineato. Con la linea MRT risparmiamo +/-700.000 €, possibilmente per comprare una nuova cesoiatrice ... .
Contratti a lungo termine. In dicembre e gennaio verranno discussi i contratti a lungo termine con i nostri clienti. Con la Magneti Marelli è già stato firmato ... Torino. PR. ha chiesto se abbiamo qualche sussidio per la fabbrica a Torino. KR. dovrà relazionare ...
Materie prime. Il prezzo attuale del nichel è ... a novembre del 2005 il prezzo dei rottami di carbonio si è ridotto ... "

2/12/2005: "Situazione attuale. È stato discusso il nuovo programma di investimenti di AST ...
Torino. Discussione sulla gestione di Torino ...
Piano di investimenti. Il piano di investimenti per l'anno fiscale 05/06, 06/07 e
07/08 è stato discusso. Insieme a Mo., BK. (che ricopriva il ruolo
poi di RE., n.d.e.) deve specificare gli investimenti per i prossimi anni.
Mercato. PU. ha spiegato la situazione del mercato ...
Materie prime. È stata discussa la situazione delle materie prime ...
Titania. È stata discussa la richiesta di investimento di Titania per la macchina del test per i tubi di titanio ... Dopodiché, BK. deve verificare il calcolo dell'investimento ...
PR. dovrà controllare se l'investimento di AOD DO. O. è compreso nel piano investimenti dell'es. 05/06 ... "

17/1/2006: "Situazione attuale. La situazione economica attuale è stata discussa. Nel caso non si finalizzi il contratto per i metalmeccanici, ci sarà domani uno sciopero di quattro ore ad ogni turno ...
Personale. I Membri Esecutivi del Consiglio di Amministrazione (EMB) hanno deciso che RE. dovrà sostituire BK. ...
MBO. KO. ha fatto una proposta per MBO. La proposta è stata discussa e i membri esecutivi del consiglio di amministrazione (EMB) erano d'accordo con la proposta ...
Investimenti. È arrivata la prima proposta per il contratto della linea a caldo AP ...
Personale. Alla fine di dicembre il gruppo TKL AST aveva 3.486 dipendenti ...
Risultati. Sono stati discussi i risultati reali di dicembre del gruppo TKL ...
Servizi esterni. PR. ha presentato una proposta per il controllo e la gestione dei servizi esterni. I membri esecutivi del consiglio di Amministrazione (EMB) hanno discusso e concordato di adottare questo nuovo modello.
Eramet. I membri esecutivi del consiglio di amministrazione (EMB) hanno concordato il nuovo contratto per l'acquisto di cromo da Eramet ...

22/6/2006: "ES. ha fornito una panoramica circa l'incendio presso TKL NR di Krefeld. I Membri esecutivi del consiglio di Amministrazione (EMB) hanno discusso di come AST potrebbe aiutare in questa situazione. Potrebbe essere possibile che il volume di AST possa essere spostato da Torino a Terni per usare le capacità produttive di Torino per aiutare TKL NR ...
Fornitura del gas. I membri esecutivi del consiglio di amministrazione (EMB) hanno discusso la possibilità di limitare il fabbisogno di gas ...
Titania. È stato discusso il possibile nuovo investimento di Titania. I membri esecutivi del consiglio di amministrazione (EMB) hanno deciso di insediare un gruppo di progetto per verificare questa possibilità ...
Sogepar. PU. ha presentato il contratto ... I membri esecutivi del consiglio di amministrazione (EMB) hanno discusso ed ES. ha chiesto di fare un controllo finale ...
Servizio portuale Civitavecchia. St. ha effettuato un'analisi dei costi ... L'analisi è stata discussa e i membri esecutivi del consiglio di amministrazione (EMB) hanno deciso che l'analisi sarebbe stata la base per le negoziazioni con i servizi del porto..
Budget 2006/2007. Sono state discusse le ipotesi di base per il prezzo sul preventivo 2006/2007".

7/7/2006: "Situazione attuale. ES. ha fornito una panoramica circa il problema della Linea BA ... Questo problema ha anche impatto sull'aiuto a NIROSTA. Il piano produttivo effettivo era stato cambiato a Torino ...
Bilancio preventivo/FC 2. PR. ha fornito una panoramica della situazione del preventivo e del FC2. Fino a questo momento siamo allineati al preventivo 2006/2007 a più o meno 210 milioni per il gruppo AST ... Tubificio. Il sistema di addebito diretto prevede ... .I membri esecutivi del consiglio di amministrazione (EMB) hanno discusso i vantaggi e gli svantaggi e hanno deciso che Tubificio dovrà essere inserito nel processo di addebito diretto con i termini di pagamento ...
Tubificio. Il nuovo progetto di Tubificio relativo ai tubi senza sbavature sarà discusso più avanti".

28/8/2006: "Immissione (assunzione) ordini. È stata discussa la situazione ... I membri esecutivi del Consiglio di Amministrazione (EMB) hanno discusso di coinvolgere Dk. in una profonda analisi ... a seguito del risultato i Membri esecutivi del consiglio di amministrazione (EMB) decideranno se Dk. ... Prezzo di vendita. È stata discussa la situazione attuale del prezzo di vendita ... Terninox. È stata discussa la situazione attuale della produzione e delle spedizioni Terninox ... In questo contesto, i membri esecutivi del Consiglio di Amministrazione (EMB) hanno discusso anche le possibilità di sviluppo della TIX ...
Torino. È stato discusso lo sviluppo di Torino.
Personale. I membri esecutivi del consiglio di amministrazione EMB) hanno deciso che Re., Cd., Le. e Cp. passeranno a Dirigenti dal primo di ottobre ...
Investimenti generale. È stata discussa la relazione sugli investimenti dove l'oggetto cambia. A Re. i verrà chiesto di modificare la relazione e cercare maggiore trasparenza. PR. ne discuterà con RE. ... Immissione (assunzione) ordini Titania. La richiesta di ACNIES è stata discussa. I membri esecutivi del consiglio di amministrazione (EMB) hanno approvato l'ordine ...
Andamento dei prezzi. Il margine e l'andamento di EBT a giugno è stato discusso ... I membri esecutivi del consiglio di amministrazione (EMB) hanno anche discusso di politiche dei prezzi, della situazione attuale del mercato ...
EBT (risultato ante imposte). PR. ha riferito circa l’EBT di luglio. Il gruppo TKL globale ha un EBT di 61 milioni di euro ... Il risultato di fine anno per il gruppo TKL è previsto di 336 milioni di euro ... "

24/11/2006: "Produzione. Sono state discusse le attività di produzione e spedizione di dicembre ... Durante i giorni di Natale ci sarà la chiusura della linea BA per cambiare il forno a muffola ...
Assicurazione incendi. Kr. ha presentato una panoramica della situazione attuale delle assicurazioni contro gli incendi e l'interruzione delle attività (si tratta del contratto c.d. 'master', v. sopra, n.d.e.). È stato discusso il documento redatto da D. relativo al progetto sulla prevenzione incendi di LAC.
Previsione a 3 mesi. È stata discussa la previsione a 3 mesi di AST ...
MBO (gestione per obiettivi). PR. ha presentato gli obiettivi della società per l'anno fiscale in corso. I membri esecutivi del consiglio di amministrazione (EMB) hanno concordato ...
Contratto a lungo termine. PU. ha proposto un contratto con Mer.. I membri esecutivi del consiglio di amministrazione (EMB) hanno accettato ... "

28/6/2007: "Situazione di mercato. La situazione attuale del mercato è molto brutta ... A causa di ciò la pianificazione della produzione per luglio e agosto è fortemente ridotta rispetto alla previsione ... La produzione per il mese di giugno è più bassa di quella prevista a causa dello sciopero a Torino ...
Previsione a 3 mesi. PR. ha presentato la previsione a tre mesi., compresa la previsione per giugno. Il risultato di giugno sarà in linea con la previsione a 3 mesi (24 milioni di euro). Inoltre c'è una discussione attualmente in corso circa le conseguenze della chiusura di Torino e della scrittura (della svalutazione) del CSP ...
Bilancio per l'anno (esercizio) 07/08. È stato discusso il budget 07/08. I Membri esecutivi del consiglio di amministrazione (EMB) hanno concordato di presentare un'indicazione di 130 milioni di € ...
Materie prime. È stata discussa la situazione delle materie prime ...
PU. ha riferito della situazione delle importazioni di maggio dei paesi terzi ... "

28/8/2007: "Situazione del mercato. I membri del consiglio di amministrazione hanno discusso della situazione attuale del mercato ...
Previsione EBT (risultato ante imposte). È stata discussa la previsione attuale di EBT. AST sta puntando ...
Sicurezza sul lavoro. ES. terrà nei prossimi giorni una conferenza stampa sulla sicurezza sul lavoro. Recentemente ci sono stati diversi incidenti nell'area di TKL-AST. C'è una forte necessità (un forte bisogno) di migliorare la sicurezza sul lavoro di AST e dei suoi subappaltatori ... (su questa frase, v. anche infra, nel capitolo dedicato all'elemento soggettivo degli imputati ES., PU. e PR., n.d.e.) ...
Investimenti. LAC 10 inizierà come previsto il 15 settembre, l'altoforno (il forno) VOD è leggermente in ritardo, il manipolatore è ancora attivo (in linea). Lo spostamento di BA e Z-mill 54 sono leggermente più avanti del previsto ... (si tratta di impianti in trasferimento da Torino a Terni, n.d.e.) ... "

La Corte ritiene di non dover procedere oltre nel riportare, esemplificativamente, il contenuto dei verbali delle riunioni e delle decisioni assunte da "EMB", dai Membri Esecutivi del Board; deve ancora sottolineare che, tra i documenti sequestrati, si trovano anche una serie di e-mail: da RE. ad ES. ed a PR. relativa alle "approvazioni" da parte del "board" (v. in data 1/6/2007), da RE. a MO. in data 3/10/2007 (v.) che tra l'altro riguarda il tema di "fire prevention": "- ... 3) se il fire prevention è "urgente" lo presenterò al board. Ma se è così "urgente" perché mi avete mandato la richiesta solo ieri sera? 4) pochi mesi fa il board ha richiesto una procedura trimestrale degli investimenti. Cercate quindi di pianificare gli interventi e di limitare le urgenze; 5)per gli investimenti di cui sotto, aspetto ancora una descrizione ... ; con risposta di MO. (ad un'altra mail in cui Re. voleva "accorpare" alcuni "info" sugli investimenti "per non andare in continuazione al board"): " ... in conclusione sono convinto che il board sarà disponibile ad essere disturbato anche più volte per consentirci lo svolgimento ottimale del nostro lavoro!".

La Corte ritiene di dover solo accennare alla testimonianza di F. KR. (addetto a finanza ed amministrazione, alle dirette dipendenze di PR., v. udienza del 14/4/2010), l'estensore di molti dei "verbali" del "board" sopra descritti e, in parte, riportati; il teste KR. ha negato l'evidenza di quanto da egli stesso, più volte, scritto; affermando che scriveva "EMB" ma in realtà voleva dire che la decisione era presa da ES. da solo ovvero che non era una decisione ma solo "uno scambio di idee"; in ultimo, lanciandosi in improbabili interpretazioni linguistiche tra tedesco e inglese e viceversa.
Si devono quindi, per tale testimonianza, trasmettere gli atti alla Procura della Repubblica in sede, come richiesto.

La doverosa conclusione è nei seguenti termini: la THYSSENKRUPP AST s.p.a., nonostante la formale soppressione intervenuta a marzo 2005 (v. sopra), era dotata di un organo collegiale, indicato come board, composto da ES., PR. e PU., al quale erano sottoposte - dagli stessi consiglieri delegati e ciascuno di essi per la propria materia, di cui alla delega -tutte le questioni attinenti la direzione, la gestione e l'organizzazione dell'azienda (per lo stabilimento di Terni come per lo stabilimento di Torino, v. infra); questioni sulle quali il potere di decisione spettava, collegialmente, ai membri del board; per quanto qui rileva, al board erano demandati il controllo e la decisione sugli investimenti in qualsiasi campo aziendale (ivi compresi, quindi, gli investimenti nell'area produttiva, di "fire prevention", di sicurezza sul lavoro).
È necessario qui precisare i termini del ragionamento che porta a tale conclusione, anche tenendo conto delle obiezioni difensive: si è trattato in sostanza di accertare se l'organo esecutivo (rispetto alle deleghe conferite dal C.d.A.) e operativo (rispetto alla "vita" aziendale), che quindi "padroneggiava" tutte le decisioni aziendali di ordinaria amministrazione e sceglieva, per quanto qui più rileva, quanto, dove e come investire il "budget" di cui disponeva: quanto, dove e come investire anche in "sicurezza sul lavoro", anche in "prevenzione antincendi", fosse il - solo - ES. ovvero un organo collegiale.
Così delimitata la questione, appare evidente come la considerazione -evidenziata dalla difesa - secondo la quale il "budget" di THYSSEN KRUPP AST non era approvato dal solo "board" abbia, per individuare quale fosse nella realtà il compito dell'organo esecutivo-operativo, una valenza del tutto neutra: perché certamente il "budget" non era approvato neppure, seguendo l'ipotesi difensiva, dal solo ES.: tale approvazione spettava all'intero Consiglio di Amministrazione; anzi, l'approvazione definitiva, essendo la AST una "controllata", era di competenza della capogruppo TK STAINLESS, come riportato nella "procedura" 051 (v. subito sopra) e così riferito dai testi: "spettava alla Germania".
Ma appare altrettanto evidente, da quanto emerso in dibattimento, che, una volta approvato il "budget" e l'indirizzo generale (da parte del C.d.A. e/o da parte del "board" della STAINLESS) tutte le scelte operative di THYSSEN KRUPP AST s.p.a., in tutti i settori aziendali delegati, spettassero non al solo ES., non a ciascuno dei delegati all'interno della sua "materia", bensì a tutti e tre, riuniti nel "board" e con decisioni collegiali "condivise" (v. la precisa testimonianza di RE., già sopra riportata), così come era anche stato formalmente previsto sino al marzo 2005 e così come erano organizzate tutte le società, operative e capo gruppo, del colosso industriale multinazionale THYSSEN KRUPP.
La Corte deve ancora sottolineare (l'argomento sarà ripreso infra, nel capitolo relativo al profilo soggettivo) che PR. e PU. - e non il solo ES. - proprio in forza del "board" e delle sue frequenti riunioni informavano ed erano informati a tutto campo ed in "tempo reale" sull'intero "andamento" aziendale, sugli obiettivi, sui risultati produttivi, sui rapporti con i clienti, sull'andamento del mercato così come, sulle criticità: ed una di queste, come da verbale sopra riportato, riguardava proprio la sicurezza sul lavoro, definita da ES. con "forte necessità" di miglioramento nella riunione del 28/8/2007, poco più di tre mesi prima dell'incendio del 6/12/2007.
D'altronde, proprio nella materia che qui più rileva - riguardante la "suddivisione operativa" degli investimenti straordinari erogati da TK STAINLESS in materia di "fire prevention" (v. sopra, WGS ed ancora infra) - risulta una e-mail, in data 4/10/2007 (v. in atti), con cui RE. chiede ad ES., PR. e PU. la "approvazione dell'investimento per la Protezione Incendi 2007-08 fase 2".




13.2 MO. D.. Dirigente
Il ruolo dell'imputato MO. ing. D., come indicato nel capo di imputazione: "dirigente con funzioni di Direttore dell'area tecnica e servizi della THYSSEN KRUPP AST s.p.a." non è oggetto di contestazione e risulta documentalmente provato (v. organigramma.ppt, estratto dagli archivi informatici in sequestro). Quale dirigente, egli è direttamente investito degli obblighi in materia di salute e sicurezza sul lavoro, come da art. 1 comma 4 bis D.Lgs 626/94 "nell'ambito delle rispettive attribuzioni e competenze".
In data 19/4/2007 l'A.D. ES. aveva confermato all'ing. MO. la delega quale "responsabile dell'area tecnica e servizi"; il contenuto della delega consisteva nei "punti" 5.8, 5.9 e 5.10, già indicati nel precedente paragrafo (v.).
Si devono qui brevemente esporre i principi fissati dalla Corte di Cassazione in materia di delega.
Sentenza n. 13953/08, che premette di riportare la "consolidata giurisprudenza sul tema": "Per quanto concerne le caratteristiche della delega, va rilevato che per la sua efficacia ed operatività, è necessario che:
a) l'atto di delega abbia forma espressa (non tacita) e contenuto chiaro, in modo che il delegato sia messo in grado di conoscere le responsabilità che gli sono attribuite;
b) il delegato abbia espressamente accettato gli incombenti connessi alla sua funzione,
c) il delegato sia dotato di autonomia gestionale e di capacità di spesa nella materia delegata, in modo che sia messo in grado di esercitare effettivamente la responsabilità assunta;
d) il delegato sia dotato di idoneità tecnica, in modo che possa esercitare la responsabilità con la dovuta professionalità.
Tutto ciò, peraltro, fermo restando l'obbligo per il datore di lavoro delegante di vigilare e controllare l'attività del delegato e il concreto esercizio della delega".

Sentenza n. 7691/2010: " ... il datore di lavoro è costituito garante dell'incolumità fisica dei prestatori di lavoro, con l'ovvia conseguenza che, ove egli non ottemperi agli obblighi di tutela, l'evento lesivo correttamente gli viene imputato in forza del meccanismo reattivo previsto dall'art. 40 c.p. comma 2 ... la delega eventualmente conferita dal datore di lavoro, in tema di attuazione e controllo del rispetto da parte dei dipendenti della normativa antinfortunistica, richiede una inequivoca e certa manifestazione di volontà anche dal punto di vista del contenuto con riferimento al delegato, persona esperta e competente, di poteri di organizzazione, gestione e controllo adeguati agli incombenti attribuiti, nonché autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate. "

La delega da ES. a MO. soddisfa i requisiti indicati nella prima sentenza citata alle lettere a), b), d) (sulla competenza tecnica di MO., v. infra); per quanto invece riguarda il punto di cui alla lettera c): "capacità di spesa" ovvero, come ricordato nella seconda sentenza citata: "autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate", la delega da ES. a MO. risulta priva della disponibilità economica autonoma, in capo a MO., indispensabile perché sia sufficiente a "liberare" (ma giammai dell'obbligo di vigilare e controllare l'attività del delegato) ES. dalla sua responsabilità quale datore di lavoro: si legge infatti nella citata delega: "Utilizzerà (il delegato n.d.e.), in piena autonomia, il budget a Lei assegnato e qualora questo fosse insufficiente vorrà immediatamente informarmi per gli opportuni provvedimenti. "
Ne consegue che l'imputato MO. è, quale dirigente e con il ruolo sopra indicato, direttamente destinatario degli obblighi di cui al D.Lgs 626/94, mentre la delega a lui conferita da ES. sulla materia della sicurezza sul lavoro non è efficace, cioè non "libera" ES.: quest'ultimo continua ad essere personalmente obbligato e non solo per il residuo obbligo di vigilare e controllare l'esercizio della delega.
Vedremo infra, nel capitolo dedicato alla responsabilità dei singoli, in dettaglio i compiti di MO..

13.3 SA. R.. Direttore dello Stabilimento di Torino.
Anche il ruolo dell'imputato SA., come indicato nei capi di imputazione, non è oggetto di contestazione (anzi, durante il suo esame SA. ha dichiarato di essere "datore di lavoro" per lo stabilimento di Torino). Anch'egli riveste il ruolo di "dirigente", come tale direttamente destinatario delle norme in materia di sicurezza sul lavoro.
A SA. - indicato come "Responsabile Produzione a Freddo Torino" era stata conferita da ES. una delega (v. doc. in atti, in data 20/10/2003) quando quest'ultimo era "membro del Comitato Esecutivo" (dal 4/4/2003) con la responsabilità "della Produzione e delle Tecnologie" ed aveva - ES. - ricevuto a sua volta dal Consiglio di Amministrazione la delega relativamente agli stessi punti 5.8, 5.9, 5.10 "approvati nel Consiglio di Amministrazione nella riunione del 23 gennaio 1997" che abbiamo più volte - anche appena sopra per MO., ma v. per il contenuto il paragrafo sul "board" - indicato.
In particolare, nella delega conferita a SA. con il documento in data 20/10/2003, ES. scrive: "delego pertanto a Lei, nel modo più ampio, nella sua qualità di Responsabile Produzione a Freddo Torino, tutti i miei poteri concernenti qualsiasi attività rientrante nell'espletamento degli obblighi di legge connessi con i poteri anzidetti, che saranno da Lei esercitati in piena autonomia e con la più ampia facoltà di decisione". Seguono alcuni punti "esemplificativi".
Anche per SA. in punto "autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate" la formula utilizzata è identica: "Utilizzerà, in piena autonomia, il budget a Lei assegnato e qualora questo fosse insufficiente vorrà immediatamente informarmi per gli opportuni provvedimenti."
Identica delega è stata riconfermata, da parte di ES. - nella successiva veste di Amministratore Delegato, v. sopra - ed accettata da SA., in data 9/3/2006 (v. doc. in atti).
La delega, per i principi già sopra esposti, non è liberatoria nei confronti del datore di lavoro.
In particolare, non disponendo il delegato di autonomia finanziaria adeguata alle necessità di prevenzione infortuni e sicurezza sul lavoro (per uno stabilimento come quello di Torino, v. descrizione) e neppure, come vedremo subito infra, di alcun potere di "autonomia gestionale", intatta rimane, in capo al datore di lavoro, l'intera osservanza delle prescrizioni che lo riguardano e non il - solo - obbligo di controllo sull'attività del delegato e di intervento sostitutivo, oltre ai compiti indelegabili.

Si può subito qui escludere che lo stabilimento di Torino si configurasse come "unità produttiva" secondo la definizione contenuta alla lettera i) dell'art. 2 D.L.gs 626/94: "unità produttiva: stabilimento o struttura finalizzata alla produzione di beni o servizi, dotata di autonomia finanziaria o tecnico funzionale".
Lo vedremo subito infra, osservando che lo stesso imputato ES., riconoscendo espressamente durante il suo esame (v. udienza 4/11/2009) di essere "datore di lavoro" in THYSSEN KRUPP AST anche per Torino, ha escluso che lo stabilimento di Torino rientrasse in quella definizione; d'altronde la delega dal Consiglio di Amministrazione ad ES. quale Amministratore Delegato (v. sopra, nel precedente paragrafo) indicava espressamente gli stabilimenti "di Terni e di Torino".

La Corte ritiene egualmente necessario (v. infra) esporre qui gli elementi in forza dei quali è emersa la completa "dipendenza", anche sostanziale, dello stabilimento di Torino dai vertici e dai dirigenti di Terni nei vari settori; dipendenza che riguarda tutte le decisioni e le scelte operative e progettuali in qualsiasi settore: finanziario, produttivo, tecnico, di sicurezza sul lavoro come relativo al personale in generale.
Sin dall'organigramma aziendale (v. citato organigramma.ppt in sequestro) la "posizione" dell'imputato SA. corrispondeva a quella del suo omologo responsabile "produzione a freddo" di Terni (sulla "analogia" tra le due aree, v. anche sopra, in vari paragrafi), il teste SE. A., il quale ha infatti dichiarato: "sì, corrispondo a SA." (v. pag. 41 trascrizioni, udienza 28/5/2009).
Nel corso della presente esposizione già più volte abbiamo indicato elementi comprovanti tale dipendenza; si devono tutti richiamare, ricordando solo i solleciti di SA. verso Terni per i lavori volti ad ottenere il certificato antincendio; i contratti con la ditta EDIL ECO per le pulizie dello stabilimento, conclusi e modificati direttamente dai dirigenti di Terni; la formazione dei lavoratori di Torino, dipendente direttamente dal dirigente di Terni, dr. FER. (v. subito infra); oltre, come vedremo infra, tutte le decisioni sul "budget" straordinario stanziato da THYSSEN KRUPP STAINLESS in materia di prevenzione incendi.
Vediamo i vari argomenti:
a)Personale.
L'imputato SA. non aveva alcun potere decisionale sul personale dipendente che lavorava presso lo stabilimento di Torino (ricordiamo che il requisito giuslavoristico del datore di lavoro è proprio quello della "titolarità" del rapporto di lavoro).
Lo abbiamo chiaramente appreso dai testi FER. A. (citato, udienza del 12/3/2010) e VL. G. (citato, udienza del 2/3/2010); il primo, dirigente responsabile del personale a Terni, ha chiarito: "su Torino c'era un ufficio amministrativo composto da tre unità e svolgeva funzione di amministrazione del personale, paghe, contributi ... PI., TT. e nell'ultimo periodo VL.. VL. non aveva autonomia su assunzioni e rapporti contrattuali, seguiva le mie istruzioni: assunzioni, trasferimenti ecc. dello stabilimento di Torino era compito di Terni"; precisava FER. che solo per affidare al personale incarichi diversi - come settore o impianto su cui operare - egli cercava l'accordo con SA. ed era quest'ultimo a decidere.
Aggiungeva FER. (e le sue dichiarazioni sono confermate dallo stesso VL. e dalla teste TT., citata) che anche il piano di formazione annuale dei dipendenti era deciso a Terni, una volta "raccolte" - dalla teste TT. - le varie istanze provenienti dai diversi settori dello stabilimento; FER. si è occupato inoltre in prima persona delle trattative con i lavoratori, i sindacati e gli enti locali dopo la comunicazione della "dismissione" dello stabilimento (v. anche sopra, nel capitolo dedicato). FER. non solo era a conoscenza del numero e delle professionalità dei lavoratori che si erano, prima e dopo l'accordo, dimessi (v. la sua testimonianza, in particolare da pag. 27 trascrizioni) ma aveva deciso - in accordo con l'imputato SA. (v. pag. 28 trascrizioni) - i cambiamenti "organizzativi", relativi al periodo anche successivo alla conclusione dell'accordo (e v. anche la già indicata richiesta di maggiore "manutenzione" avanzata dai sindacati a novembre 2007, riferita da VL., pag. 24 trascrizioni: "FER. rispose che stava cercando di vedere se riusciva a contattare gli ex manutentori ... ").
C'è ancora una circostanza riferita da FER. che ben rappresenta, in concreto, le modalità con cui Terni esercitava il suo controllo su Torino - del tutto analogo a quello esercitato su di un "settore" o "reparto" dello stabilimento di Terni - e come tale controllo fosse diffuso, pregnante e costante, sino all'incendio del 6/12/2007: FER. dichiara infatti (v. pag. 29 trascrizioni), riferendo dell'uscita dallo stabilimento dei capiturno produzione GV. e AB., al 30 settembre 2007, di come: " ... anche M. a novembre voleva andare in pensione, ma riuscii a convincerlo a rimanere sino a tutto il 30 giugno 2008".
Lo stesso SA. ammette la sua mancanza di poteri sul personale dipendente: "Nel senso che non potevo ... se io dovevo assumere qualcuno non è che potessi alzare il telefono, chiamare la persona e dirgli 'domani vieni a lavorare che ti assumo' ... però potevo andare dal direttore del personale, dal dottor FER., dire 'occorre assumere?, com'è stato, d'altra parte ... " (v. udienza 14/9/2009).

b) "Budget" affidato a SA..
L'imputato SA., come abbiamo già indicato, in base alla delega conferitagli da ES., poteva utilizzare "in piena autonomia" il "budget" a lui affidato, rivolgendosi direttamente ad ES. nel caso non fosse sufficiente.
Vediamo allora, sempre considerate le dimensioni dello stabilimento di Torino (v. relativo capitolo descrittivo), a quanto ammontasse il "budget" del quale SA. poteva disporre autonomamente.
Ne riferiscono lo stesso SA. durante il suo esame (v. udienza 14/10/2009): "La mia firma era sempre abbinata. A firma singola erano solo le spese minori, che di volta in volta variavano e potevano essere sui diecimila euro, ventimila euro in base al momento venivano aggiornate e quindi variate ... io potevo comunque proporre anche spese maggiori che andavano comunque sottoposte, poi, all'approvazione degli enti interessati"; l'imputato ES. (v. udienza 4/11/2009) che, alla domanda su quale fosse la disponibilità di spesa "a firma singola" per SA. risponde: "all'incirca trentamila euro, però non sono certo, è una cifra di massima"; il teste RA. (citato, udienza 11/6/2009): "SA. aveva la stessa delega: diecimila euro o forse essendo unità separata, non mi ricordo, cinquantamila euro".
La cifra, quindi - variabile da diecimila a trentamila a cinquantamila euro - è del tutto insufficiente a rendere efficace - e, quindi, "liberatoria" per il datore di lavoro - la delega conferita a SA. in questa materia.

Si deve qui sottolineare che il teste FER. A. (citato, udienza 12/3/2010), dopo avere, come sopra esposto, riferito la assoluta mancanza di autonomia - formale e sostanziale - di SA. in tutta la materia riguardante il personale dipendente della THYSSEN KRUPP AST che prestava la propria attività lavorativa nello stabilimento di Torino, precisando che a Terni ed in particolare a lui come responsabile del personale spettava ogni decisione, in contraddizione con quanto appena da lui riferito, afferma invece che Torino era pienamente "autonomo". L'argomento viene affrontato partendo dal documento di valutazione del rischio (v. relativo capitolo; e v. anche subito infra); alla domanda se il teste sapesse chi fosse l'estensore di tale documento: "È stato redatto qui a Torino da CAF. ed è stato approvato da SA."; alla domanda se il teste sapesse se il documento fosse stato sottoposto ad ES.: "Assolutamente no. Su Torino e su Milano c'è lo stesso discorso. A Milano l'analisi del rischio è stata fatta dal R.S.P.P. ed è stata firmata da UG., che è il direttore dello stabilimento Terninox. Funziona così ovunque". Alla domanda se sapesse perché il documento non fosse stato firmato da ES., datore di lavoro: "Perché Torino è autonomo sotto tutti gli aspetti"; alla domanda se Torino fosse autonomo anche finanziariamente: "Sì"; alla domanda se sapesse il teste a quanto ammontasse la spesa di cui SA. poteva disporre "in autonomia": "Penso sui 50mila euro o qualcosa di simile, però ne poteva fare tantissimi tutti da(i) 50mila e quindi ne poteva fare 10 da 50mila e diventavano 500mila, perché il massimo su ogni acquisto era quello, quindi anche se era 10mila euro, come se l'aveva l'ufficio approvvigionamenti poteva fare 100 acquisti da 10mila euro e gli venivano tutti passati"; alla domanda se tale procedura risultasse dai documenti aziendali: "no, fissata nelle procedure delle garanzie di qualità che abbiamo in azienda ... i massimali di ognuno però, le ripeto, questi massimali sono massimali su una pratica, quindi più pratiche dello stesso tipo possono portare a 100mila euro ... se doveva spendere di più doveva fare o due o tre atti diversi, oppure se era un atto solo, chiedere all'amministratore delegato" (v. trascrizioni da pag. 54). Solo quest'ultima frase, come appare ovvio, corrisponde al contenuto della delega e, in particolare, ai limiti di spesa; non certo la singolare "prassi" riferita dal teste, volta ad aggirare e ad annullare proprio tali limiti e che la Corte dubita fortemente - anzi, ritiene di escludere -che si potesse praticare in TK AST (come in qualsiasi altra azienda).
Le dichiarazioni di FER. sulla autonomia finanziaria di SA., tratta dalle "modalità" come da lui riferite, risultano ancor più gravi considerata anche la sua conoscenza, teorica e pratica, della materia giuridica e giuslavoristica: FER. ha infatti riferito di essere laureato in Sociologia, di essersi specializzato in diritto del lavoro alla scuola di Gino Giugni e di avere lavorato, sin dal 1971, sempre nel campo "del personale" (in varie aziende ed in TK AST dal 1997).
La Corte deve quindi restituire gli atti relativi alla testimonianza di FER. A. alla Procura della Repubblica in sede, come richiesto.

c) "Budget" straordinario di prevenzione incendi e rapporti con le assicurazioni (v. sopra).
È emerso come SA. non avesse alcun potere di decisione e/o di scelta su questi temi (come, d'altronde, si era già constatato per i lavori per il certificato di prevenzione incendi); l'area tecnica era sotto il dirigente MO.; a lui ed ai suoi collaboratori si riferiva lo stabilimento di Torino per tutte le scelte, valutazioni e progettazioni di carattere tecnico; lo vedremo infra, anche più dettagliatamente. Quanto ai rapporti - sempre relativi al "fire prevention" -con AXA ed alla questione della riduzione delle franchigie, è sufficiente citare uno scambio di e-mail dell'aprile 2007: il 16/4/2007 FIS. (citato, di THYSSEN KRUPP RISK and INSURANCE) invia un messaggio, tra gli altri, a SA.; messaggio cui è allegato l'elenco delle misure di protezione incendi concordato con gli assicuratori per le linee 4 e 5 di Torino; FIS. chiede a SA. di esaminare, di scegliere e di rispondergli entro il 27/4/2007; il giorno successivo SA. "gira" il messaggio ad ES.: "Buongiorno H., dobbiamo decidere entro il 27 aprile"; lo stesso 17/4/2007 ES. "gira" i messaggi a MO.: "D., Ti prego di verificare se queste misure rispettano quanto abbiamo stabilito. Poi parla con RI. e chiedi la motivazione ufficiale per usare anche PPS sulle linee. Dopo, parla con il sig. FIS. sul futuro di Torino".
SA. (v. udienza 14/10/2009) conferma: "Ho trasmesso le richieste dell'assicurazione agli organi competenti e questi si sono attivati per studiare le modifiche ... io le ho date ... via e-mail al dr. ES. ed all'ufficio impianti nella persona del signor LI., penso".

d) produzione.
Neppure su questa materia a SA. erano affidati poteri decisionali e/o organizzativi: egli era sotto lo stretto controllo di ES., con il quale, su questo argomento, si sentivano per telefono tutti i giorni e lo stesso ES.si recava a Torino in media una volta al mese, a controllare "di persona" (il fatto è pacifico, riferito da SA. e da ES., v. anche infra); inviava a SA. anche comunicazioni via e-mail: "Sig. Sa., avete sempre troppi guasti! Spiegamelo!" (v. doc. in atti, e-mail del 13/5/2006); messaggio riferito, come si trae dall'oggetto indicato, ad un "fermo" produttivo avvenuto il giorno precedente, 12/5/2006.

Si deve quindi concludere affermando che lo stabilimento di Torino era, a tutti gli effetti, un semplice "reparto" o "settore" dipendente da Terni, analogamente all'area PIX o "a freddo" dello stabilimento ternano; si deve anche ribadire che SA. risponde dei reati a lui ascritti in quanto destinatario, come dirigente, degli obblighi di cui al D.Lgs 626/94 e non in base alla delega conferitagli da ES..

13.4. CAF. C., "dirigente con funzioni di responsabile dell'area Ecologia, Ambiente e Sicurezza e di R.S.P.P. dello stabilimento di Torino".
CAF. risulta, nel già indicato organigramma aziendale in sequestro, come "responsabile" dell'area EAS (nominato nel 1999: v. esame dello stesso CAF., udienza 6/10/2009, pag. 101 trascrizioni), direttamente sottoposto a CAM. (v.); ruolo che lo stesso CAF. conferma durante il suo esame (v. udienza 6/10/2009): "il mio responsabile funzionale è l'ing. CAM. di Terni"; non risulta invece, agli atti, che CAF. rivestisse il ruolo di "dirigente".
Il secondo ruolo indicato è parimenti confermato da CAF., che durante il suo esame ha riferito che "la mia funzione era ... quella di Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione", aggiungendo di essere stato nominato dall'ing. VE. nel 1995. Proprio in quest'ultima funzione CAF. è citato sia nel documento di valutazione del rischio, sia nel piano di emergenza e di evacuazione (v. sopra per entrambi, doc. in atti).

CAF. C. non risulta essere, così come invece indicato nei capi di imputazione, "dirigente"; rivestiva, secondo la documentazione in atti, il ruolo di "responsabile" dell'area Ecologia Ambiente e Sicurezza come impiegato. La Corte deve però osservare che CAF., nella sua veste di "responsabile" di quel servizio, operava, di fatto, come dirigente. Con poteri indiscutibilmente gerarchici e decisionali nei confronti dei suoi diretti sottoposti tra cui LU., DE. - fino a febbraio 2006, v. sopra - GIO., DI F., PO., tutti citati e qui da ricordare in particolare anche sul loro rapporto di sottoposizione gerarchica a CAF. per tutta l'area a lui affidata, sia nel settore "ecologia" (depurazione acque), sia nel settore "sicurezza" ed emergenza antincendio. A titolo di esempio, si può qui riportare come risponde GIO. alla domanda su chi l'avesse incaricato di svolgere le stesse mansioni di LU. dopo le dimissioni di quest'ultimo: "CAF. ... non mi ricordo di preciso ... comunque se vuole la frase ... non la ricordo, mi ha so(l)o detto che c'era da fare anche quello e se me la sentivo ... la gestione del contratto con CMA (v. sopra), le ispezioni alle linee ... e le radio e ... nel senso, la gestione della squadra di emergenza non la metto in conto con la A.S.P.P. (Addetto Servizio Protezione Prevenzione: incarico prima svolto da LU. e poi da GIO., n.d.e.) perché già facevo ecologia".
Ma anche con poteri decisionali manifestatisi ufficialmente all'esterno: è sufficiente, a questo proposito, ricordare il già ampiamente citato "ordine" in data 5/12/2007 (v. in atti) intitolato "modifica del piano di emergenza interno, emesso proprio da CAF. C., da lui inviato a BN., IN. e, per cc, a CO., SA., FER., VL. e ROS. del seguente tenore: "in allegato le nuove disposizioni sul piano di emergenza. Se ritenete necessario, sono disponibile ad effettuare una riunione con tutti i sorveglianti per chiarire ulteriormente le modifiche in oggetto"; in allegato a tale e-mail, troviamo la "Comunicazione interna", avente ad oggetto appunto: "modifica del piano di emergenza interno" del seguente tenore: "A seguito delle dimissioni dei Capi turno manutenzione, è stato necessario modificare il piano di emergenza interno. In particolare è stata data la responsabilità del piano di emergenza al capo turno produzione. Come riportato sulla procedura n. 241 'PIANO DI EMERGENZA ED EVACUAZIONE DELLO STABILIMENTO DI TORINO' il capo turno diventa il responsabile dell'emergenza. Pertanto i sorveglianti come tutti coloro che fanno parte della squadra in caso di emergenza dovranno far riferimento e prendere disposizioni dal capo turno di produzione ed effettuare quanto riportato nella procedura stessa. Nei casi in cui, per ragioni d'intervento, su disposizione del capo turno, un sorvegliante dovrà solertemente aprire le porte di accesso alle gallerie".
Oltre a tale documento - di per sé, ad avviso della Corte, dirimente in punto "dirigente di fatto" come qualifica di CAF. - è emerso, nel corso del dibattimento, che l'imputato CAF. svolgeva, nella materia sicurezza sul lavoro, quella che qui più rileva, mansioni operative anche di carattere decisionale, come "braccio destro" dell'imputato SA., il quale ultimo l'aveva anche "delegato" ad occuparsi della materia sicurezza sul lavoro (v. delega in atti, senza potere di spesa: v. anche CAF., pag. 36 trascrizioni udienza 6/10/2009): ulteriore elemento che, conferendo a CAF. ampi "poteri" in materia, ne conferma e ne rafforza il ritenuto ruolo dirigenziale "di fatto".
CAF. si era tra l'altro occupato, in prima persona, dei lavori necessari per l'ottenimento del certificato di prevenzione incendi (v., in atti, e-mail da CAF. a MO., PE. e SA. ovvero solo a PE., tutte relative a quei lavori ed ai relativi importi, inviate il 16/7/2003, 24/3/2004, 20/7/2006: quest'ultima anche in risposta alla precedente compagnia assicurativa, la ZURICH: infatti il periodo è successivo all'incendio di Krefeld, v. sopra), della procedura per il D.Lgs 334/99 (ricordiamo qui la presenza, anche di CAF. oltre che di SA., alla riunione conclusiva del CTR, come "rappresentanti aziendali" v. sopra), aveva seguito le visite delle assicurazioni nello stabilimento (v. vicenda AXA, sopra, e-mail del 3/4/2007).
Tanto che CAF. aveva redatto egli stesso, con l'ausilio del consulente ing. QU. (il dato è pacifico: lo riferisce lo stesso CAF. durante il suo esame, v.), il "documento di valutazione del rischio" e del "rischio incendio" (v. nel capitolo relativo, anche per il "merito" della valutazione ) per lo stabilimento di Torino, documento poi, come si è visto, firmato da SA. e -necessariamente, trattandosi di incombente indelegabile - "fatto proprio" da ES. durante il suo esame (v. udienza 4/11/2009).
D'altronde lo stesso CAF., nel corso del suo esame, ha più volte affermato che si era trovato a dovere "gestire" (insieme a SA., suo "datore di lavoro"), nello stabilimento di Torino, una situazione "così".

Ne consegue, da un lato, l'affermazione secondo la quale, ad avviso della Corte, anche l'imputato CAF. si trova in posizione di garanzia, quale destinatario delle norme antinfortunistiche, nel suo ruolo di dirigente "di fatto"; ciò in forza del principio di effettività che permea la materia della sicurezza sul lavoro, principio indiscutibile e che, come abbiamo già esposto (v. sopra), è divenuto legge nella definizione del "datore di lavoro" con le modifiche apportate al D.Lgs 626/94 dal D.Lgs 242/96 e che, nel caso del "dirigente", è divenuto legge -successivamente ai fatti di cui al presente processo - con il D.Lgs n. 81/2008, art. 2 lettera d) che prevede: "dirigente: persona che, in ragione delle competenze professionali e di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli, sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l'attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa".
Ne consegue, d'altro lato, secondo quanto in questo paragrafo brevemente esposto, ma richiamando i precedenti capitoli sulle condizioni di lavoro, l'affermazione secondo la quale, ad avviso della Corte, l'imputato CAF. ha completamente abdicato ai compiti che erano a lui stati affidati come R.S.P.P., secondo le relative norme di cui al D.Lgs 626/94 e in particolare a quella, fondamentale, di: "prestare 'ausilio' al datore di lavoro nella individuazione e segnalazione dei fattori di rischio delle lavorazioni e nella elaborazione delle procedure di sicurezza nonché di informazione e formazione dei lavoratori' (così Corte di Cassazione sentenza n. 2814/2011). Egli stesso dichiara: "A me non risultavano assolutamente gravi carenze in quello stabilimento. Le condizioni di lavoro, anche degli ultimi periodi, non si erano modificate rispetto a quelle precedenti. Per cui non ho ritenuto assolutamente di dover informare o segnalare qualcosa" (v. udienza 6/10/2009).
D'altronde CAF., come ben emerge dalle risultanze complessive del suo esame (v. udienza 6/10/2009), era quasi completamente assorbito dal suo ruolo operativo, di dirigente di fatto, che quindi doveva "gestire" la situazione produttiva, quella "presente" ed esistente, sotto il profilo della sicurezza e dell'emergenza, in collaborazione con SA., che identifica con il suo datore di lavoro; e considerava invece le funzioni, tipicamente consultive, di stimolo, di denuncia, di pressione del RSPP in materia di valutazione del rischio e di apprestamento delle misure per eliminarlo o ridurlo solamente come un'appendice subordinata a tale ruolo operativo.

I difensori di CAF. (v. in particolare udienza del 15/2/2011) svolgono una serie di argomenti e di eccezioni.
Contestano che egli fosse dirigente "di fatto", sottolineando in particolare che l'ordine sopra citato del 5/12/2007 era stato "deciso" da SA., come riferito dallo stesso CAF. durante il suo esame. L'ordine l'abbiamo già visto sopra, proveniva proprio da CAF. ed è, tra l'altro, non eccentrico ma anzi del tutto compatibile con la materia della quale proprio CAF. si occupava operativamente e che gli era stata "delegata" da SA. (v. sopra); rectius, di cui SA. l'aveva incaricato.
La Corte deve quindi ribadire l'affermazione già sopra esposta, cui consegue l'essere l'imputato CAF. direttamente destinatario della normativa di prevenzione, con legittima e corretta contestazione anche dell'aggravante della colpa specifica in relazione al capo sub D) e con legittima e corretta contestazione del reato di cui al capo A).

Sempre secondo i difensori, il ritenere, come la Corte effettivamente ritiene, secondo le risultanze dibattimentali, CAF. dirigente "di fatto" anziché dirigente "nominato" "implicherebbe riconoscimento di una condotta diversa da quella che era oggetto della contestazione ed il riconoscimento di un profilo di nullità di 521 nell'eventuale pronuncia che comportasse questo profilo di responsabilità ".
L'eccezione, ad avviso della Corte, è palesemente infondata: il ruolo dirigenziale - ricoperto di fatto, come qui ritenuto, ovvero secondo l'organigramma aziendale, come originariamente ipotizzato dalla Pubblica Accusa - attiene alla qualifica del soggetto imputato: qualifica che, di per sé e come tale, non può avere alcun riflesso sulla condotta, che è, invece, dato storico e fattuale. Se poi constatiamo che, nel caso di specie, la "qualifica" di CAF. rimane assolutamente identica, essendo mutato solo il presupposto in base al quale viene qui ritenuta, possiamo affermare, con assoluta certezza, che la condotta è (non si deve neppure utilizzare il verbo "rimane") esattamente quella contestata a CAF. nei capi di imputazione e sulla quale CAF., come gli altri imputati, si è difeso nel corso del presente dibattimento. L'infondatezza di tale eccezione non necessita di ulteriori osservazioni (ma v. comunque, in materia di correlazione tra accusa e sentenza, a conferma di quanto appena affermato e in materia di infortuni sul lavoro, sentenze Corte di Cassazione n. 2467/1999 e n. 10773/2000, entrambe sezione IV).

I difensori ricordano poi il ruolo del Responsabile Sicurezza Prevenzione e Protezione: meramente consultivo e non costituente quindi "posizione di garanzia" e si dolgono in quanto la Pubblica Accusa avrebbe omesso di contestare l'art. 113 c.p. (cooperazione nel delitto colposo), necessario (ma su tale "necessità" la Corte non deve dilungarsi, considerato quanto sarà subito infra esposto) seguendo la stessa giurisprudenza citata da entrambe le parti, condivisa e ripresa nella più recente sentenza della Corte di Cassazione n. 2814/2011 (con motivazione depositata il 27/1/2011, v.), che individua un possibile profilo di colpa in capo al soggetto RSPP "in ragione dell'inosservanza colposa dei compiti di prevenzione attribuitigli dalla legge"; inosservanza che "finirebbe con il costituire (con)causa dell'evento dannoso verificatosi in ragione della mancata rimozione della condizione di rischio".
La Corte ritiene parimenti infondata tale doglianza: lo stesso difensore la propone e la sviluppa sotto forma ipotetica, partendo dal presupposto che la Pubblica Accusa avesse individuato per CAF. la posizione di garanzia proprio come RSPP: presupposto che la Corte ritiene errato, constatato che CAF. era, come si è visto, indicato ab origine come "dirigente"; allo stesso modo, la Corte non individua con la presente decisione la posizione di garanzia di CAF. quale RSPP, bensì quale dirigente "di fatto".

 




14 Le responsabilità per i reati di omicidio ed incendio colposi, di cui ai capi sub D e sub E.
Si devono qui riprendere, per sommi capi e necessariamente rinviando alla precedente esposizione, le contestazioni di cui ai capi di imputazione sub D) e sub E), ascritti a CAF., SA., MO., PU. e PR.. La Corte, richiamando qui l'intera motivazione fin qui esposta, deve sottolineare che:
ha esaminato, esposto e ritenuto provate le posizioni di garanzia in capo a tutti gli imputati appena indicati (v. capitolo 13), in particolare CAF. dirigente di fatto, SA. e MO. dirigenti, PU. e PR. datori di lavoro;
ha esposto l'evento-incendio accaduto nello stabilimento di Torino nella notte del 6/12/2007 (v. capitoli 1 e 6), accertando sia il nesso di causalità materiale tra l'incendio e la morte di S. Antonio, S. Roberto, S. Bruno, L. Angelo, M. Rocco, R. Rosario, DE M. Giuseppe (v. capitolo 2), sia il nesso di causalità materiale tra le violazioni delle norme sulla prevenzione infortuni e sulla prevenzione incendi (come contestate nei capi di imputazione ed accertate, v. capitoli 5, 6, 8, 9, 10 e 11), l'incendio e la conseguente morte dei sette lavoratori sopra indicati (v. capitolo 6);
ha esaminato, esposto e ritenuto che la linea 5, di ricottura e decapaggio, costituisse un luogo "ad elevato rischio incendio" (v. capitoli 5, 9, 11);
ha esaminato, esposto e ritenuto che lo stabilimento di Torino rientrasse nell'ambito delle industrie "a rischio di incidente rilevante" e fosse sprovvisto del certificato di prevenzione incendi (v. capitolo 7).
La Corte ha esaminato, esposto e ritenuto che le misure di prevenzione antincendi, imposte dalla legislazione antinfortunistica, fossero "rese ancor più necessarie" a causa dell'assenza, sulla Linea 5, di "altre misure idonee a ridurre il rischio incendio o almeno l'esposizione dei lavoratori a tale rischio" (v. capitolo 11, secondo paragrafo).
La Corte ha esaminato, esposto e ritenuto che tali misure fossero "rese ancor più necessarie" a causa della situazione in cui versava lo stabilimento di Torino (secondo i profili indicati nei capi di imputazione e tutti riscontrati in dibattimento, v. capitolo 5).

La Corte ha inoltre accertato l'applicabilità al caso di specie dell'articolo 449 in relazione all'art. 423 c.p. (v. capitolo 3).
I profili fin qui elencati - ipotizzati dalla Pubblica Accusa e, come si è esposto finora, ritenuti dalla Corte provati nel presente dibattimento - costituiscono l'addebito, di cui al capo D), a carico degli imputati sopra indicati, di colpa anche specifica (v. art. 589 1° e 2° comma c.p.); ma la contestazione risulta aggravata secondo l'art. 61 n. 3 c.p.: "l'avere, nei delitti colposi, agito nonostante la previsione dell'evento"; secondo la seguente ipotesi in fatto: "di avere agito nonostante la previsione dell'evento, essendosi rappresentati la concreta possibilità del verificarsi di infortuni anche mortali sulla Linea APL 5 dello stabilimento di Torino, in considerazione di fatti e documenti tra quelli di cui ai punti da 1 a 8 del capo A)".
Analogamente, nella contestazione di cui al capo E), relativa all'incendio colposo, dopo avere individuato gli stessi elementi sopra indicati per contestare agli imputati l'elemento soggettivo della colpa, la Pubblica Accusa ascrive loro anche la colpa c.d. cosciente secondo la seguente ipotesi in fatto: "di avere agito nonostante la previsione dell'evento, essendosi rappresentati la concreta possibilità del verificarsi di incendi sulla Linea APL 5 dello stabilimento di Torino, in considerazione di fatti e documenti tra quelli di cui ai punti da 1 a 8 del capo A".
I punti "da 1 a 8" sono stati esposti, esaminati e ritenuti accertati da questa Corte nel capitolo 12 (v.), anche sottolineando la loro valenza: costituente un vero e proprio "allarme" di "rischio incendi", oltre che di "stimolo" e "pressione" ad agire, soprattutto sulle linee di ricottura e decapaggio quale la Linea 5 dello stabilimento di Torino.

Così riassunte (solo richiamando, perché ciascuno dei punti sopra elencati costituisce un capitolo o un paragrafo) le risultanze dibattimentali riguardanti l'elemento oggettivo, si deve, dopo avere esaminato, per ciascun imputato, il rimprovero a lui addebitato, accertare se risulti provato nel presente processo che egli, oltre ad avere omesso la condotta doverosa, come prescritta dalle norme antinfortunistiche, possedesse un patrimonio di "conoscenza" (ovviamente relativa agli "elementi" analizzati ed accertati in dibattimento, come esposti finora nella presente motivazione), tale da potersi "rappresentare" la concreta possibilità di un infortunio anche mortale (capo D) e la concreta possibilità di un incendio (capo E) sulla Linea 5 di Torino.
Per rispondere dell'aggravante della colpa c.d. "cosciente" l'evento che il soggetto si deve rappresentare, sulla base della sua conoscenza, come concretamente possibile e causalmente collegato alla sua condotta - nel caso di specie, condotta omissiva, secondo quanto stabilito dal 2° comma dell'art. 40 c.p. - non deve essere "identico" a quello che si è poi, di fatto, verificato. Lo detta la logica (ma anche, vorremmo dire, il semplice buon senso): l'evento oggetto di rappresentazione deve essere simile, analogo a quello successivamente accaduto, non esattamente coincidente perché, banalmente, la rappresentazione corrisponde alla prevedibilità umana e non alla preveggenza.
Corretta appare pertanto l'individuazione, da parte della Pubblica Accusa, degli eventi oggetto di rappresentazione da parte degli imputati, nella contestazione dell'aggravante, come di un "infortunio anche mortale" e di un "incendio"; osservando qui, in linea generale, che la rappresentazione di un "incendio" su di un impianto lungo il quale i lavoratori si trovano ad effettuare varie operazioni indispensabili per il suo funzionamento e, quindi, per la produzione, ben difficilmente, già a livello di "rappresentazione", si può disgiungere dalla pari rappresentazione - "previsione" - che esso possa coinvolgerli, ledendo la loro incolumità e la loro vita. Se poi il soggetto è - anche - a conoscenza del fatto che, su quell'impianto, si trovano centinaia di condotti, flessibili e non, portanti olio ad altissima pressione, la "rappresentazione" di un incendio in quella situazione non può che far pensare proprio a delle conseguenze ancor più disastrose e drammatiche.

La difesa degli imputati, sul punto, oltre ad affermare l'imprevedibilità dell'evento accaduto, affermazione che la Corte ha già ritenuto infondata (v. sopra, i capitoli citati), esaminando e riportando dettagliatamente tutti gli elementi - di fatto - che impongono invece di ritenere la prevedibilità sia di un incendio, soprattutto sulla Linea 5, sia di un incendio che, sviluppandosi, comportava lesioni alla vita ed all'incolumità dei lavoratori, aggiunge che la "prevedibilità" di un simile evento, comunque, non poteva riguardare la zona di entrata della Linea 5; caso mai altre "zone", secondo la difesa più "pericolose" di quella di entrata, come la saldatrice, nei pressi della quale si verificava il maggior numero di "focolai", ovvero la zona delle vasche di decapaggio, individuata come tale anche dalle assicurazioni.
La Corte potrebbe osservare che i difensori così riconoscono l'elevato rischio incendio presente sulla Linea 5, sia pure limitatamente alle zone da loro indicate; potrebbe sottolineare, come si è peraltro già esposto, che "l'esperienza" che porta a ritenere "rischioso" - in questo caso sotto il profilo del rischio incendio - un certo impianto produttivo, ovvero una o più zone dello stesso, non deriva (non deriva solo) da quanto, in concreto, accaduto fino ad allora su quello specifico impianto (così attrezzato e così montato e in quello stabilimento): tale esperienza, limitata ed individuale, deve essere implementata - in tutti i campi e così anche in quello della prevenzione degli infortuni, della sicurezza sul lavoro, della prevenzione incendi - dalle norme, giuridiche e poi tecniche, applicabili ai singoli casi ma derivanti da esperienze generali, osservate e tecnicamente studiate. Se così non fosse ogni imprenditore dovrebbe ricominciare "da zero" nella sua azienda, nella materia antinfortunistica così come, in generale, nel processo produttivo.
Questi ed altri argomenti non sono, nel caso di specie, neppure necessari; perché varrebbero ad eliminare ovvero ad attenuare l'ipotesi di colpa cosciente solo se nella zona di entrata della Linea 5 non vi fossero stati combustibili (e sappiamo che c'erano), non vi fossero state sorgenti di innesco (e sappiamo che c'erano), non vi fossero stati flessibili con olio idraulico ad altissima pressione (140 bar; e sappiamo che c'erano); inoltre, solo se gli imputati avessero adottato, per ipotesi, nelle zone e negli impianti che loro stessi definiscono "a rischio incendio", le indispensabili misure, o, almeno, qualche misura; sappiamo invece che, purtroppo, nessuna misura antincendio è stata adottata: nulla, assolutamente nulla è stato "fatto" per lo stabilimento di Torino anche dopo l'incendio di Krefeld, anche dopo lo stanziamento straordinario da parte della TK STAINLESS, anche dopo gli allarmati solleciti di quest'ultima; la Corte deve qui richiamare, non potendo riassumere in poche righe l'intera precedente esposizione, i capitoli relativi, come già indicati.

Passiamo ora ad esaminare le singole posizioni.

A) SA. e CAF..
Il rimprovero loro rivolto è identico: "omettevano di segnalare l'esigenza di adottare le necessarie misure tecniche, organizzative, procedurali, informative, formative, di prevenzione e di protezione dagli incendi presso lo stabilimento di Torino non appena avuta conoscenza della loro necessità, malgrado la piena e diretta conoscenza della situazione di gravi e crescenti abbandono e insicurezza nel predetto stabilimento".
Non c'è dubbio alcuno che SA. e CAF., che prestavano la loro attività dirigenziale (v. sopra) nello stabilimento di Torino, avessero conoscenza "piena e diretta" della situazione di insicurezza, di abbandono e quindi di continuo "rischio" dello e nello stabilimento, come sopra esposta.
Quindi, per SA. e per CAF. in primo luogo si deve constatare la diretta "visione" quotidiana dello stabilimento, del suo degrado progressivo ed inesorabile, del complessivo deficit di sicurezza come sopra esposto. La Corte non intende - perché non lo ritiene necessario e perché costituirebbe, considerata la vastità degli argomenti, una inutile ripetizione necessariamente schematica ed inevitabilmente incompleta - riportare qui, nuovamente, tutti gli argomenti trattati, che devono essere richiamati; ma deve sottolineare ancora una volta il ruolo di "gestione" di quella situazione, nel corso del suo progressivo deterioramento, da parte di entrambi gli imputati (v. anche i "provvedimenti" sul personale da loro emanati nell'ottobre e dicembre 2007, già citati), senza che - pur nella loro piena consapevolezza - segnalassero ("gridassero") l'assoluta impossibilità di continuare la produzione e l'attività lavorativa in quelle condizioni.
Ma gli imputati erano anche, come se non fosse già sufficiente la diretta conoscenza e la gestione da parte loro dello stabilimento in quelle condizioni, pienamente consapevoli: che lo stabilimento di Torino fosse a "rischio di incidente rilevante": avevano essi stessi, SA. presentatosi come "gestore" dello stabilimento, CAF. come "responsabile" della materia, intrattenuto i rapporti con gli incaricati dei controlli (v. così, tra l'altro anche partecipando alla riunione conclusiva del CTR, in tutta la parte relativa a tale argomento); che lo stabilimento di Torino fosse privo del certificato antincendio: sempre da loro era "curato" il lento, lentissimo (v. nel relativo capitolo) progredire dei lavori necessari: relazionando ai dirigenti ed ai vertici di Terni (v.) ed ogni volta "segnalando" a questi ultimi non la reale pericolosità e, quindi, il concreto "rischio" incendio dello stabilimento di Torino, bensì i "termini" di completamento - dei lavori "programmati" nel dicembre 2003! - che di volta in volta i Vigili del Fuoco imponevano, peraltro mai in via definitiva (v. sopra, nel capitolo relativo).
SA. e CAF. sapevano anche che era stato, dopo l'incendio di Krefeld, istituito il Working Group Stainless (v. sopra), con il sottogruppo proprio sul rischio incendi per le linee di ricottura e decapaggio, a cui partecipava, per lo stabilimento di Torino, DE. (v. citato), che dipendeva da SA. (v. le e-mail di FIS., già indicate); ben sapevano che la TK STAINLESS aveva deciso uno stanziamento straordinario proprio sulla materia di "fire prevention".
SA. e CAF. conoscevano anche tutta la "questione" assicurativa, delle franchigie ecc.; LU. (v. citato), sottoposto di CAF., aveva preparato la "presentazione" per l’AXA delle linee di ricottura e decapaggio di Torino (v. citata, aprile 2007), in cui erano stati individuati specificamente anche i rischi rappresentati dall'olio idraulico in pressione; sul punto, proprio con riguardo alla formazione di tale documento, LU. ha dichiarato (v. udienza del 29/4/2009), rispondendo ad una domanda sulla zona di entrata della Linea 5 di Torino: " ... visto che sicuramente tutto il coil, in quanto acciaio, è movimentato da apparecchiature oleodinamiche e quindi abbiamo sempre pistoni, cilindri, attrezzatura che senza un circuito oleodinamico interno non poteva andare avanti ... avevamo fatto questo computo ... 300 litri di olio totale, sulle centraline di media misura, piccola misura a bordo dell'impianto"; così descrive la dinamica: "quale era il pericolo ovviamente che l'incendio si propaghi per combustione o rottura delle tubazioni dei manicotti, estremamente rapido a salire per la pressione dell'olio" e continua: " ... identica dinamica ... perché ripeto, organi in movimento, il coil che viene srotolato, non a grandissima velocità però viene srotolato, eventuale rottura di un pistone, di un manicotto e quindi per quanto fossero sostanza del tipo gomma dura, resine ecc. potevano rompersi e quindi via via poi ad innescare un incendio". Si deve considerare che tale "presentazione", per AXA Assicurazioni, era stata certamente quantomeno discussa con CAF. - diretto "capo" di LU. - e visionata da SA.; entrambi gli imputati erano poi personalmente presenti alla visita dei tecnici AXA (v. sopra) durante la quale la presentazione - in power point - era stata proiettata. Abbiamo già sopra esposto (v. nel relativo capitolo) come la "conclusione" della presentazione ritenesse "sufficiente", per la zona di entrata, il "presidio" dei lavoratori: conclusione già più volte criticata, tanto che la Corte non vuole qui ancora una volta soffermarvisi, solo richiamandola; d'altronde, sotto il profilo della "rappresentazione" da parte degli imputati SA. e CAF., ciò che rileva è principalmente la loro -concreta ed effettiva "conoscenza" - anche del devastante scenario determinato dal c.d. "flash fire".
Ma gli imputati, anziché trarre dalla realtà dei fatti l'unica conseguenza responsabile e possibile - di segnalare l'insostenibilità della situazione - si sono prestati a "gestirla", cercando ancora, nei confronti dell'esterno - CTR, Assicurazione, Vigili del Fuoco, controlli in genere - di minimizzare, di sottovalutare, di cercare di occultare i reali rischi, perseguendo anche loro l'obiettivo aziendale di non dover spendere nulla a Torino, perché tanto lo stabilimento veniva "dismesso"; nei confronti dei lavoratori SA. "rimproverandoli" per aver lasciato bruciare una parte della linea 5 (v. sopra) e recandosi personalmente sulle Linee per "tamponare" con spostamenti nei vari impianti di lavoratori privi di addestramento per quella lavorazione, CAF. raccomandando loro di "non fare gli eroi".
La Corte ritiene che non vi sia necessità ulteriore di sottolineare come tale quadro di "conoscenza", di cui entrambi gli imputati disponevano, permettesse loro di prefigurare - di "rappresentarsi" - la concreta possibilità del verificarsi di un incendio e di un infortunio anche mortale sulla Linea 5 di Torino, analogo, simile a quello accaduto; inoltre, sussiste il nesso di causalità tra la loro condotta omissiva - consistita, appunto, nel non avere "segnalato" l'esigenza di adottare le indispensabili misure - e l'evento in concreto verificatosi: perché il loro comportamento ha causalmente contribuito al fatto che nulla - nessuna misura antincendio - fosse stata apprestata; ed abbiamo esaminato in dettaglio, nei relativi capitoli già sopra citati e che qui si richiamano, il nesso di causalità materiale esistente tra la violazione delle norme antinfortunistiche, la mancanza di misure e di apparecchiature antincendio e l'evento occorso il 6/12/2007. Sul punto, appare sufficiente ricordare quanto afferma la Corte di Cassazione: " ... la considerazione che l'evento lesivo si verificò proprio perché quelle misure precauzionali, che se concretamente attuate avrebbero scongiurato, evidentemente, l'evento medesimo, non vennero poste in essere, per colpevole condotta omissiva dell'imputato ... rende anche priva di fondamento la censura relativa alla dedotta insussistenza del nesso di causalità" (così sentenza n. 19183/2006).
La Corte ritiene quindi che gli imputati SA. e CAF. abbiano mantenuto la loro colpevole condotta omissiva, come contestata - colpevole in forza della posizione di garanzia da ciascuno di loro ricoperta, v. sopra -nonostante la previsione dell'evento.
La Corte non pone in dubbio - e naturalmente nessuno, durante il dibattimento, ha mai posto ciò in dubbio - che gli imputati sperassero, nonostante la prevedibilità, la previsione e la rappresentazione, anche da parte loro, dell'evento, che non "capitasse" nulla.
L'elemento soggettivo della "colpa cosciente", così come contestato a SA. ed a CAF. dalla Pubblica Accusa, comporta una indispensabile connotazione di "ragionevolezza" nella speranza che essi nutrivano; lo insegna la Corte Suprema: "Si versa ... nella colpa definita 'cosciente', aggravata dall'avere agito nonostante la previsione dell'evento (art. 61 n. 3 c.p.) qualora l'agente, nel porre in essere la condotta nonostante la rappresentazione dell'evento, ne abbia escluso la possibilità di realizzazione, non volendo né accettando il rischio che quel risultato si verifichi, nella convinzione, o nella ragionevole speranza, di poterlo evitare per abilità personale o per intervento di altri fattori" (sentenza n. 10411/2011, con motivazione dep. in data 15/3/2011).
Ad avviso della Corte, la "ragionevolezza" della speranza in capo a SA. ed a CAF. si può ravvisare nella loro posizione aziendale, completamente dipendente da Terni (come si è sopra, in più parti, esposto e qui solo richiamandolo) sotto il profilo gerarchico così come sotto il profilo tecnico (v. anche subito infra, trattando la posizione di MO.); dipendenza che, se ovviamente non costituisce scriminante alcuna rispetto ai loro obblighi derivanti dalla posizione di garanzia, nondimeno può considerarsi quale elemento psicologico sufficiente a ritenere che entrambi confidassero sul fatto che le scelte e le decisioni dei dirigenti tecnici di Terni e dei vertici di TK AST in qualche modo evitassero il verificarsi dell'evento previsto.

La Corte deve concludere ritenendo la responsabilità penale degli imputati SA. e CAF. per i reati loro ascritti sub D) ed E), con le aggravanti contestate.

B) MO..
Il rimprovero a lui rivolto: "ometteva, in sede di pianificazione degli investimenti per la sicurezza e la prevenzione incendi, di sottolineare l'esigenza di adottare le necessarie misure tecniche, organizzative, procedurali, di prevenzione e protezione dagli incendi presso lo stabilimento di Torino non appena avuta conoscenza della loro necessità e malgrado le ripetute sollecitazioni ricevute dal gruppo della THYSSENKRUPP STAINLESS".

Si deve qui ricordare che l'imputato ing. MO. ricopriva, in THYSSEN KRUPP AST, il ruolo di dirigente "con funzioni di Direttore dell'area tecnica e servizi"; sotto di lui operavano, a Terni, i tecnici tra cui PE., DON., LI., ME. (v. citati); a lui direttamente - ovvero ai tecnici che da lui dipendevano - si rivolgevano SA., CAF. ed i loro sottoposti di Torino per qualsiasi misura tecnica riguardante quello stabilimento, come si è già indicato nel corso della trattazione, in vari punti e come sarà ulteriormente indicato infra; quale dirigente e direttore di quell'area, a lui spettava l'individuazione - sotto il profilo "tecnico" - delle misure da adottare, in entrambi gli stabilimenti, utilizzando il budget straordinario stanziato dalla TK STAINLESS - pari per TK AST, ricordiamolo, a 16,7 milioni di euro, di cui 8 milioni di euro per l'esercizio 2006-2007, 5 milioni di euro per l'esercizio 2007¬2008, 3,7 milioni di euro per l'esercizio 2008-2009 - in materia di prevenzione incendi, soprattutto - dopo l'incendio di Krefeld - di prevenzione incendi sulle linee di ricottura e decapaggio; indicazioni tecniche che, come si è visto e si vedrà infra, dovevano poi sottostare alla decisione del "board" di THYSSEN KRUPP AST.
Di grado elevato si presenta quindi la responsabilità dell'imputato MO.; non solo sotto il profilo della colpa specifica, quale dirigente tecnicamente qualificato ricoprente la posizione di garanzia come già esposto e, solo per il profilo soggettivo (v. precedente capitolo) anche "incaricato" da ES. specificamente della materia della sicurezza sul lavoro; ma, ritiene la Corte, in punto colpa "cosciente": già solo in forza della sua competenza tecnica egli era certamente in grado di "rappresentarsi" la concreta possibilità del verificarsi, sulla linea 5, degli eventi indicati - incendio ed infortunio anche mortale. Sul punto, appare qui sufficiente richiamare - senza nuovamente riportarle - le regole "tecniche" (esposte nel capitolo 11), contenenti uno "scenario" esattamente sovrapponibile a quello che si è verificato nello stabilimento di Torino la notte del 6/ 12/2007.
I suoi difensori sostengono che il ruolo di MO. fosse meramente "burocratico", consistente nel redigere i "capitolati ... dei progetti di massima ... sulle proposte che vengono dalle attività produttive" e nel controllare il contenuto economico e tecnico "delle offerte" (v. udienza 15/2/2011); la Corte osserva che da tutti i documenti (molti già citati, v. in particolare le e-mail), così come dalle testimonianze, così come da quanto dichiarato, durante i loro esami, dallo stesso MO. e dall'imputato ES., vi è invece la prova, come si è appena accennato, che proprio a MO. competeva - anche, certamente, considerate le richieste provenienti dai vari reparti - la decisione "tecnica" (coadiuvato dai suoi sottoposti) dell'individuazione delle varie "misure", in particolare antincendio, da adottare in entrambi gli stabilimenti.
In fatto, sulla conoscenza da parte di MO. dello stabilimento di Torino, dei suoi impianti e delle sue condizioni, si deve ricordare qui che MO. (che ricopriva quell'incarico sin dagli anni '90, v. il suo esame, in data 21/ 10/2009), con i suoi collaboratori tecnici, ha "seguito" tecnicamente lo stabilimento di Torino, secondo quanto emerso in dibattimento, almeno fin dall'epoca successiva all'incendio del 2002; lo testimoniano le e-mail citate nel capitolo 7, relative ai lavori per l'ottenimento del certificato prevenzione incendi (v. sopra, in particolare le e-mail inviate da CAF., in data 28/9/2004, a MO. ed a DON. e in data 11/10/2005 a MO. e PE.); anche le misure dopo il primo incendio (tra cui l'anello antincendio, più volte citato, v. sopra) erano state tecnicamente individuate dai tecnici di Terni; Torino "gestiva" solo, necessariamente, i lavori via via che si svolgevano.

L'assoluta "dipendenza", nella materia anche "tecnica", dello stabilimento di Torino da Terni, con la conseguente, ovvia considerazione che, proprio in forza di tale dipendenza, i tecnici di Terni - ivi compreso il dirigente e direttore MO. - fossero e continuassero ad essere necessariamente informati delle condizioni in cui vi si svolgeva l'attività produttiva, viene confermata anche dal teste PE. (citato, v. udienza 9/6/2009, pag. 109 trascrizioni) che, alla domanda - in materia di "fire prevention" - se a Torino esistesse un'area tecnica analoga a quella di Terni o se si dovesse passare da TERNI risponde: "Sostanzialmente sugli interventi importanti come questi si passava da Terni" e alla domanda "sempre da Terni?" PE. risponde: "sì". D'altronde, il difetto di autonomia complessiva di Torino, a partire dal "budget" a disposizione, attraverso la gestione del personale e il controllo sulla produzione, non può che indurre a ritenere che anche per tutte le decisioni "tecniche", ivi comprese quelle di sicurezza sul lavoro e di prevenzione incendi, la decisione spettasse a Terni; ricordiamo qui come anche i contratti con ditte esterne (come quello per le pulizie, v. sopra) "dipendessero" direttamente da Terni. Tale dipendenza, del resto, viene riferita anche dall'imputato MO. durante il suo esame (v. udienza 21/10/2009): "Torino era considerato un reparto anche se atipico ... considerata la distanza da Terni ... (venivamo) chiamati da Torino ... senza formalità ... ogni qualvolta c'era da affrontare dei problemi tecnici".
Sappiamo quindi che all'imputato MO., nel suo ruolo, competeva l'individuazione delle misure da adottare in materia di "fire prevention" anche per lo stabilimento di Torino; o meglio, come vedremo infra, anche per gli impianti che in allora si trovavano a Torino; sappiamo quindi che MO., in tale ruolo, era informato delle condizioni di quegli impianti; sappiamo che egli era tecnicamente qualificato; sappiamo che egli era compiutamente informato dei lavori del WORKING GROUP STAINLESS, ai quali aveva egli stesso, in precedenza, partecipato; sappiamo che, per il sottogruppo dedicato alle linee di ricottura e decapaggio, di cui al primo incontro nel gennaio 2007, partecipava, per le Linee di Terni, ME. D., per Torino DE. (v. sopra).
Sappiamo quindi che MO. era informato sui lavori e sugli obiettivi del WGS e sulla posizione della capogruppo STAINLESS in materia di "fire prevention": sulla valenza, sotto il profilo della conoscenza dei rischi e della rappresentazione dell'evento, di tali lavori ed obiettivi, come risultanti dalla documentazione, la Corte deve qui limitarsi a richiamare interamente quanto esposto nel paragrafo relativo del capitolo 12 (v. sopra).
Sappiamo in particolare, come ci ha riferito il teste LI. L. (citato, udienza 28/5/2009) che le indicazioni per gli interventi antincendio gli pervenivano da DON., suo diretto superiore e da MO. (v. pag. 89 trascrizioni); che erano stati DON. e MO. a comunicargli lo spostamento degli investimenti sulla Linea 5 a dopo il suo trasferimento da Torino a Terni (v. infra, su tutto l'argomento "investimento straordinario" di "fire prevention", in dettaglio, nel paragrafo dedicato all'imputato ES.). Abbiamo già indicato, nel paragrafo relativo al "board" (v. sopra), lo scambio di e-mail tra MO. e RE. proprio aventi ad oggetto gli interventi di "fire prevention" e la loro sottoposizione al "board" per l'approvazione, oltre che i problemi di "ritardo" nella presentazione rispetto ai tempi indicati dal WGS.
MO. era certamente informato, oltre che del WGS, delle collegate problematiche relative alla nuova assicurazione dopo l'incendio di Krefeld, delle franchigie "altissime" e, quindi, da "abbattere"; egli stesso ha riferito di avere partecipato alla "riunione preliminare" durante la visita a Terni dell'ing. BR. (v. esame, udienza 21/10/2009); sulla valenza, con riguardo all'elemento soggettivo, anche di tali conoscenze, la Corte deve rimandare al relativo paragrafo del capitolo 12 (v. sopra); ma ribadiamo, come già sopra accennato, come l'ing. MO. non avesse neppure necessità di apprendere da altri tecnici quali fossero i livelli di "rischio" incendio su di un impianto come la Linea 5 di Torino.
Si deve qui indicare uno scambio di e-mail intervenuto fra RE., MO., PE. e LI. (già accennato nel capitolo 14, paragrafo relativo al "board"), ai primi di ottobre 2007, con riferimento agli investimenti del budget straordinario di "fire prevention" per il secondo anno - 2007/2008; in particolare (v. doc in atti) in data 2/10/2007 alle ore 15,13 PE. inviava il "progetto" di investimento a MO. e per conoscenza a LI. chiedendo se andava bene; nello stesso giorno, alle ore 17,59 PE. inviava i "documenti" relativi al progetto di investimento a RE. e per conoscenza a MO., LI., DON., MAG.; il giorno dopo, alle 11,31, RE. scriveva a MO.: "D., per non andare dal board in continuazione, presento questa richiesta appena sono disponibili anche le altre info relative agli investimenti ... ; alle 15,35 dello stesso giorno risponde MO., trasmettendo per conoscenza ad ES.: "Purtroppo non sono d'accordo!", MO. spiega perché, per gli altri investimenti, erano necessari ulteriori tempi tecnici (v.) ed aggiunge: "La autorizzazione all'investimento di fire prevention è di estrema urgenza in quanto relativa ad attività strategiche per la sicurezza degli impianti e per la riduzione delle franchigie assicurative (purtroppo TKLAST è già in ritardo su questo progetto) In conclusione sono convinto che il board sarà disponibile ad essere disturbato anche più volte per consentirci lo svolgimento ottimale del nostro lavoro!".
L'imputato ES. ha riferito, durante il suo esame (v. udienza 4/11/2009), che la decisione (su cui v. infra in dettaglio) di posticipare gli interventi sugli impianti di Torino e, soprattutto, sulla Linea 5, successivamente al trasferimento a Terni, era stata "concordata" con MO.: come appare logico e naturale, considerato che MO. era il responsabile dell'area tecnica. Con la conseguenza che, se è vero che a decidere era, unitamente agli altri membri del "board" (v. sopra e infra), ES., nondimeno MO. risponde anche per avere omesso di "sottolineare", nonostante la sua competenza tecnica, in quel momento, la necessità di adottare le misure di "fire prevention" sugli impianti di Torino, a fronte della continuità nella attività produttiva di quello stabilimento.

La Corte ritiene quindi che anche MO. possedesse un quadro di "conoscenza" tale da prefigurare, da "rappresentarsi" la concreta possibilità del verificarsi di un incendio e di un infortunio anche mortale sulla Linea 5 di Torino, analogo a quello verificatosi; sussiste inoltre il nesso di causalità tra la condotta omissiva da lui mantenuta - consistita, come contestato, nel non avere "sottolineato" l'esigenza di adottare le indispensabili misure - e l'evento in concreto verificatosi: il suo comportamento ha causalmente contribuito al fatto che nulla - nessuna misura antincendio - fosse stata apprestata. Sul nesso di causalità si deve qui ripetere quanto già esposto per gli imputati SA. e CAF.: la Corte ha già esaminato, in dettaglio, nei relativi capitoli sopra citati e che qui si richiamano, il nesso di causalità materiale esistente tra le norme antinfortunistiche, la mancanza di misure ed apparecchiature antincendio e l'evento occorso il 6/12/2007. E così insegna la Corte Suprema, già riportata: " ... la considerazione che l'evento lesivo si verificò proprio perché quelle misure precauzionali, che se concretamente attuate avrebbero scongiurato, evidentemente, l'evento medesimo, non vennero poste in essere, per colpevole condotta omissiva dell'imputato ... rende anche priva di fondamento la censura relativa alla dedotta insussistenza del nesso di causalità" (così sentenza n. 19183/2006).
Come già si è esposto per SA. e per CAF. (v. sopra), anche per MO., come per tutti gli imputati (v. sopra e infra), la Corte non pone in dubbio - e nessuno, durante il dibattimento, ha mai posto in dubbio - che egli sperasse, nonostante la prevedibilità, la concreta previsione e la rappresentazione, anche da parte sua, dell'evento, che non "capitasse" nulla. Si deve qui richiamare il concetto di "ragionevole" speranza già esposto nel precedente paragrafo, con riferimento a SA. e CAF. (v.), anche riportando l'insegnamento della Suprema Corte (v. sentenza n. 10411/2011); in capo a MO., tale "ragionevole" speranza non può che ravvisarsi nell'essere anch'egli "sottoposto" alle decisioni di ES. e degli altri membri del "board" (v. sopra e infra): sottoposizione che, se non costituisce scriminante alcuna rispetto ai suoi doveri derivanti dalla posizione di garanzia, anche per MO. può considerarsi quale elemento psicologico sufficiente a ritenere che egli confidasse sul fatto che le decisioni dei vertici di TK AST in qualche modo evitassero il verificarsi dell'evento previsto.

La Corte deve concludere ritenendo la responsabilità penale dell'imputato MO. per i reati a lui ascritti sub D) ed E), con le aggravanti contestate.

Con riguardo alla posizione di MO. appare inoltre necessario esporre qui un altro argomento, finora solo accennato, riguardante le misure, tecniche e procedurali, adottate nello stabilimento di Terni successivamente all'incendio verificatosi a Torino il 6/12/2007.
Anche tali misure sono state oggetto, nel corso del presente processo, di un acceso dibattito fra le parti, in particolare incentratosi sull'adozione o meno, sulla linea di trattamento di Terni simile alla Linea 5, di "protezioni" antincendio anche sulle "centraline" idrauliche lungo linea.
Abbiamo già ricordato (v. capitolo 12) che tali protezioni sulle centrali "kleine" erano state adottate durante la ricostruzione della linea di Krefeld, come ci ha riferito il teste WE. (v. sopra); e questo dato, riferendosi al periodo precedente l'incendio del 6/12/2007, è certamente importante e significativo per ricostruire l'elemento soggettivo della "rappresentazione" in capo agli imputati.
Si può anche osservare che proprio l'incendio di Torino poteva costituire quell'esperienza "diretta" cui più volte si è, come indicato, appellata la difesa degli imputati (ed in ordine alla quale la Corte richiama le osservazioni di cui sopra, nella parte introduttiva a questo capitolo): nondimeno, la difesa ha sostenuto che a Terni non erano state installate quelle protezioni.
Invece, dopo l'incendio di Torino, a Terni sono state - ragionevolmente -adottate una serie di misure: in primo luogo emergenti dal "documento di valutazione del rischio incendio" nell'area PIX (a freddo: v. sopra, corrispondente allo stabilimento di Torino), secondo la revisione del settembre 2008 (v. doc. prodotto all'udienza del 11/4/2009); a pagina 42 di tale documento - cui si rimanda integralmente: è stato per la Corte utile quale confronto con il già citato documento di valutazione del rischio incendio per lo stabilimento di Torino, v. sopra - si legge: "RISCHIO INCENDIO CENTRALINE IDRAULICHE. Per ridurre il rischio incendi, su tutte le centraline idrauliche è partita una campagna inerente la sostituzione e il controllo dei flessibili idraulici (avevamo già citato questo "programma", v. sopra, n.d.e.), inoltre sono in corso degli studi inerenti la sostituzione dell'olio minerale con l'olio sintetico (olio con elevato punto d'infiammabilità) ... All'interno dello stabilimento si sta adottando la politica di proteggere le centraline idrauliche fino a 400 litri d'olio con estintori sprinkler automatici a polvere da 12 kg. (vedi foto), tutte le altre centraline idrauliche con capacità maggiore sono protette con sistemi di rivelazione e spegnimento di tipo automatico". È interessante poi, procedendo nella lettura del documento, seguire le indicazioni degli impianti di sola rilevazione ovvero di rilevazione e spegnimento posti sulle linee LAC 2 e LAF 4 (quest'ultima, come si è più volte ricordato, analoga alla linea 5 di Torino): proprio considerati tali impianti, a pagina 47 del documento si valuta il reparto PIX come a rischio di incendio "medio"; non appare necessario qui neppure ribadire come invece - sulla base del solo "controllo" degli operatori muniti di estintori portatili - era stato valutato "medio" il rischio incendio per la Linea 5 di Torino (v. sopra, nel capitolo 9, dedicato al documento di valutazione del rischio).
Sul fatto che questi impianti a protezione anche delle centraline idrauliche lungo linea siano stati poi eseguiti, ne riferisce il teste LUC. G. (citato, udienza 23/6/2009), sulla base di una recente visita allo stabilimento di Terni (ricordiamo che l'ing. LUC. "seguiva" per AXA i lavori a Terni, come già indicato): " ... su LAF 4 ... stanno sistemando ... testina spinkler..copre circa 10 metri quadrati ... protetto il serbatoio delle centraline con cavi termosensibili a spruzzo" oltre, come riferiranno anche altri testi, la predisposizione di un "interblocco" delle pompe (per interrompere il flusso di olio in pressione) (che) ... dovrà essere collegato allo sprinkler".
Riferisce della "messa in quiete" delle centrali idrauliche, progettata per la LAF 4 di Terni dopo l'incendio di Torino, il teste SE. (citato, v. udienza 28/5/2009), precisando " ... non c'è protezione nell'ultimo tratto del flessibile con olio in pressione ... per questo ci siamo rivolti al sistema di messa in quiete" ed ancora: " ... per adesso alcuni sistemi di spegnimento ed anche la messa in quiete sono ad attivazione manuale ... il progetto è di farli automatici"; ne riferisce anche ME. D. (citato, v. udienza 28/5/2009); anche LI. L. (citato, v. udienza 28/5/2009): " ... il progetto di messa in quiete è partito da MO. ... fatto per le due centraline LAF 4 si è deciso di estenderle anche agli altri impianti"; anche PE. (citato, v. udienza 9/6/2009), che si sofferma sulle difficoltà tecniche di progettazione (per le quali, in dettaglio, la Corte rimanda alla testimonianza) anche dichiarando: " ... avevamo avuto notizie che a Torino sulla linea 5 ci fosse un tale dispositivo ... sono rimasto anche sorpreso, perché a Terni non c'è mai stata e non avevamo notizia che ci fosse a Torino, non pensavamo che ci fosse" (v. sopra, nel capitolo 11, paragrafo dedicato al c.d. pulsante di emergenza).

Riferisce esaurientemente sui dispositivi antincendio realizzati sulla LAF 4 di Terni proprio l'imputato MO., durante il suo esame (v. udienza 21/10/2009): " ... sono stati realizzati ... impianti di rilevazione e spegnimento nelle centraline di ingresso e di uscita, nella saldatrice, nella zona di decapaggio e nelle cabine elettriche ... sulle centraline inferiori a 500 litri, non essendo prescritte da alcun Ente esterno ... abbiamo applicato degli estintori particolari, molto semplici ... di facile installazione e manutenzione che sono delle bocce di CO2 appese sopra a queste piccole centraline che, se nel caso investite da eventuali fiamme, possono erogare una quantità modesta di estinguente, ma che comunque vista la dimensione del carico di incendio, vista la dimensione della centralina, abbiamo fatto delle prove sperimentali, si sono dimostrate comunque efficaci ... sono automatici, nel senso che la stessa boccia ha un sensore e ... se viene investita dalle fiamme ... automaticamente quel poco di contenuto estinguente ... che abbiamo verificato sperimentalmente essere efficace"; MO. riferisce poi diffusamente anche sul sistema di "messa in quiete" (v. da pag. 25 trascrizioni).
Il comportamento mantenuto da MO. durante il suo esame sarà considerato in sede di determinazione della pena.

C) PR. e PU..
Il rimprovero loro rivolto è identico: "omettevano, quali membri del Comitato Esecutivo della THYSSENKRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., di sottolineare l'esigenza di adottare le necessarie misure tecniche, organizzative, procedurali, informative, formative, di prevenzione e protezione dagli incendi presso lo stabilimento di Torino non appena avuta conoscenza della loro necessità".
La Corte ha diffusamente esposto (v. capitolo citato, 13) gli elementi ed i motivi, emersi nel corso del presente dibattimento, in forza dei quali gli imputati PR. e PU. rivestivano, in THYSSEN KRUPP AST, la "posizione di garanzia" di datori di lavoro; con la conseguente addebitabilità delle - indicate, v. capitoli sopra citati - violazioni alle norme antinfortunistiche, i cui obblighi erano a loro espressamente rivolti. Si deve anche sottolineare, come costantemente ripetuto dalla Corte di Cassazione e d'altronde logicamente conseguente proprio alla natura pubblicistica dei doveri su di lui gravanti (v. anche sopra, nei capitoli 8 e 9 e nel paragrafo dedicato al "board" del capitolo 13), che il comportamento del datore di lavoro non può certo andare esente da colpa, anche specifica, in conseguenza della sua scelta di non "occuparsi" della materia antinfortunistica.
Scelta che gli imputati PR. e PU. affermano di avere seguito nel caso di specie, disinteressandosi delle condizioni di lavoro di tutti i dipendenti; scelta che, a fronte dell'inequivocabile contenuto dei "poteri" loro delegati dal C.d.A. e di cui al punto 5.10 (v. sopra, in particolare nel paragrafo dedicato al "board"), hanno affermato riguardare tutti i dipendenti con l'eccezione di quelli addetti al loro specifico "settore". Specificazione che, se non cambia la natura della scelta, continuando a ravvisarsi la colpa anche specifica per il datore di lavoro che, a suo arbitrio, decide di occuparsi della materia antinfortunistica solo per alcuni dei dipendenti e non per gli altri, incide certamente - elevandola - sul grado di colpa in capo agli imputati PR. e PU., considerata la loro consapevolezza di essere "datori di lavoro" (sia pure con la illegittima, volontaria "limitazione" appena ricordata) e, di conseguenza, diretti destinatari della normativa antinfortunistica.

Si deve ora esaminare se gli stessi imputati rispondano anche della colpa c.d. "cosciente", consistente (come si è già indicato sopra e che qui si riporta per comodità) nell'avere agito (cioè nell'avere, PR. e PU., omesso di sottolineare ... l'esigenza di adottare le misure, v. subito sopra): "nonostante la previsione dell'evento, essendosi rappresentati la concreta possibilità del verificarsi di infortuni anche mortali sulla linea APL 5 dello stabilimento di Torino" per il capo sub D) e di "incendi" per il capo sub E) "in considerazione di fatti e documenti tra quelli di cui ai punti da 1 a 8 del capo A)". Se, quindi, il quadro di conoscenze a loro disposizione permettesse anche a loro - così come la Corte ha ritenuto per gli imputati SA., CAF. e MO. - di "rappresentarsi" tale concreta possibilità.
È necessario ricordare qui - e richiamare, ancora una volta, il relativo paragrafo - come il "board", che si riuniva in media due volte al mese, costituisse, per ognuno dei suoi membri, una fonte informativa qualificata, precisa, dettagliata su tutte le questioni, le problematiche, le criticità relative ai singoli "settori" - produzione, rapporti con i clienti, finanza ed amministrazione: in breve riguardanti l'intera "vita" aziendale. Dai "verbali", redatti da KR. in maniera più che succinta emergono infatti solo i "titoli" degli argomenti oggetto della relazione, trattazione, discussione, decisione da parte del "board"; ma è logico e conseguente ritenere che su tutti gli argomenti indicati con quella modalità a verbale i tre membri del board avessero effettivamente fornito e ricevuto notizie, informazioni, delucidazioni necessarie ed indispensabili per conoscere e di conseguenza scegliere, decidere ed operare in piena collegialità.

La Corte ha già evidenziato (v. sopra, stesso paragrafo) come in varie riunioni del "board" l'argomento fosse proprio lo stabilimento di Torino, fin dall'autunno 2005 (v. sopra nel capitolo relativo); PR. e PU. erano quindi debitamente, doverosamente informati sulle condizioni, i progetti, le criticità dello stabilimento di Torino, avendone seguito passo dopo passo gli sviluppi e condiviso le scelte operate da ES., dalla decisione (su proposta di ES., come da egli stesso riferito durante il suo esame, v. udienza 4/11/2009 e v. capitolo 5) - poi rinviata (ricordiamo quella "nota" al bilancio predisposta in "bozza" e poi soppressa, v. sopra) - della sua "dismissione", alla comunicazione ufficiale di quest'ultima, alla scelta di operare il trasferimento degli impianti da Torino a Terni in 15 mesi, continuando a produrre a Torino.
Non può esservi dubbio che la decisa dismissione con quelle modalità e con le conseguenze che essa comportava anche per i dipendenti, rendesse la situazione di Torino, da parte del datore di lavoro, certamente da "monitorare" e "controllare" anche e soprattutto nella materia della sicurezza sul lavoro.
Sappiamo inoltre che gli imputati PR. e PU. erano compiutamente informati, con riferimento allo stabilimento di Torino, anche degli investimenti - come si è indicato sopra, era proprio il "board" che decideva operativamente come, dove e quanto investire il "budget" assegnato - in generale anche nello stabilimento di Torino, in particolare, per quanto qui rileva, degli investimenti in sicurezza e prevenzione antincendio: come si è visto (v. capitolo 6) costituenti solo il 23,20% di quanto, negli stessi anni (2000-2007), era stato investito nella corrispondente area PIX dello stabilimento di Terni (v. capitolo 5). In punto investimenti - generali - si deve anche constatare - e lo richiameremo nella parte dedicata all'imputato ES. - che gli anni dal 2005 al 2007 (proprio quelli che hanno visto l'abbandono dello stabilimento di Torino: la decisione della sua chiusura risale quantomeno, secondo gli elementi in atti, al 2005, v. capitolo 5) sono stati "ricchi" di investimenti da parte di THYSSEN KRUPP AST: lo ha riferito il teste RE. (v. citato udienza del 31/3/2010, pagg. 134-135): " ... ci sono stati anni abbastanza fortunati ... hanno fatto parecchi investimenti in Italia"; il teste FV. E., funzionario dell'A.M.M.A., associazione sindacale-imprenditoriale (aderente a CONFINDUSTRIA) cui partecipava THYSSENKRUPP AST, dopo avere riferito che dal 2006 assisteva "come assisto tuttora la THYSSEN KRUPP" e di avere partecipato alle riunioni sindacali ed al "tavolo" delle trattative per la dismissione dello stabilimento di Torino, in punto investimenti precisa: "l'azienda (THYSSENKRUPP AST, n.d.e.) ... in occasione ... dell'incontro svoltosi presso Confindustria il 7 giugno (2007, n.d.e.) disse che negli anni 2005-2007 aveva già provveduto ad investire circa 300 milioni di euro, che avrebbe poi fatto ulteriori investimenti presso il polo ternano"; il teste TA. C. (all'epoca dei fatti ed attualmente segretario provinciale della FIM CISL di Terni, v. udienza 14/4/2010) riferisce degli investimenti in Italia tra il 2005 ed il 2007 come ammontanti a 600 milioni di euro (v. trascrizioni pag. 117); ma al di là della cifra esatta, ciò che rileva qui e che la Corte deve sottolineare è l'informazione e la condivisione, da parte degli imputati PR. e PU., della decisione di investire le ingenti somme a disposizione di TK AST nel "polo ternano". Decisione legittima e, così come quella della "dismissione" di Torino, assolutamente indiscutibile: decisione che ha però comportato il deficit di investimenti per Torino (tanto che anche i lavori per l'ottenimento del certificato di prevenzione incendi procedevano a rilento, come più volte ricordato), contemporaneamente puntando, la "direzione", alla continuità della produzione nello stesso stabilimento.
Molti altri dati documentali erano a disposizione di PR. e PU. sulla situazione dello stabilimento di Torino: come abbiamo esposto, in varie parti (v. capitolo 5, i precedenti paragrafi sugli altri imputati ed infra, il capitolo dedicato ad ES.), in quanto lo stabilimento di Torino era un "reparto" di Terni; così tutti i dati relativi ai lavoratori: la formazione, ma anche la riduzione, dalla primavera 2007, del numero di dipendenti ed il venir meno delle professionalità più qualificate (v. la sopra riportata testimonianza di FER., responsabile del personale anche per Torino); come quelli relativi ai contratti di pulizia, dipendenti da Terni; come quelli relativi ai consumi di materiale estinguente, in particolare alle ricariche degli estintori, e di olio idraulico (v. sopra, nei capitoli citati): perché tutte le spese di Torino facevano capo ed erano coperte da Terni. Dati documentali che ben rappresentano la frequenza con la quale si interveniva, a Torino, sugli incendi e sui focolai; la scarsa manutenzione degli impianti di Torino; le lavorazioni e l'emergenza affidate a lavoratori non esperti; in breve, il degrado e l'abbandono in cui versava lo stabilimento di Torino.
PR. e PU. avevano certamente conoscenza dell'incendio avvenuto a Torino nel 2002 e della intervenuta condanna in primo grado (v. più volte citata); leggendo la motivazione di quella sentenza del 2004 ben emergevano le carenze strutturali di quello stabilimento, in materia in particolare di prevenzione antincendio; a prescindere dagli impianti installati sul sendzimir incendiatosi, la mancanza di ulteriori investimenti su Torino non poteva certamente avere migliorato quelle lacune strutturali, specificamente individuate già nella citata sentenza proprio nella carenza di installazioni automatiche di protezione antincendio.
I difensori degli imputati sottolineano il fatto che durante le riunioni del "board" non fosse mai stata assunta una decisione riguardante la "sicurezza sul lavoro" (sulla questione "decisioni" da parte del board v. il relativo capitolo); è vero, così è esaminando i verbali ritualmente tradotti; ma, senza qui sottolineare nuovamente come sia emerso nel presente dibattimento - da ogni documento e da ogni testimonianza - la scarsa attenzione e considerazione, da parte dei vertici e dei dirigenti THYSSEN KRUPP AST, per tale materia, si deve però ricordare (v. anche sopra) che proprio un verbale del "board", in data 28/8/2007, documenti non solo una "trattazione" di quella materia, ma addirittura un vero e proprio allarme lanciato da ES.: "Sicurezza sul lavoro. ES. terrà una conferenza stampa sulla sicurezza sul lavoro nei prossimi giorni. Recentemente ci sono stati diversi incidenti nell'area della TKL-AST. C'è un forte bisogno di migliorare la sicurezza sul lavoro di AST e dei suoi subappaltatori''. Considerando le modalità di verbalizzazione normalmente utilizzate (v. subito sopra), non vi è dubbio che un siffatto allarme, così verbalizzato, proveniente da ES., poco più di tre mesi prima del 6/12/2007, non possa che far ritenere l'effettiva conoscenza, anche da parte di PR. e di PU., delle condizioni di rischio in cui si trovavano i dipendenti e della urgente ed indispensabile necessità di provvedere con adeguate misure. Posizione in linea, tra l'altro, con il budget straordinario stanziato dalla STAINLESS e con le indicazioni che provenivano dal WGS (su questo v. sopra); oltre che con il già sopra citato articolo comparso sul sito aziendale nel luglio precedente sulla importanza della "prevenzione" antincendio (v. sopra).

Sulla frase contenuta nel verbale del "board" 28/8/2007 e sopra riportata nella traduzione eseguita dalla interprete della difesa (depositata all'udienza del 11/6/2010, v.), traduzione del tutto corrispondente a quella eseguita dalla interprete nominata da questa Corte (v. sopra, il testo letterale di quest'ultima è quello riportato nel paragrafo relativo al "board" nel capitolo relativo alle "posizioni di garanzia"), è necessario un breve inciso. L'interprete del Pubblico Ministero (v. traduzioni depositate alla stessa udienza) intitola lo stesso paragrafo "Vigilanza sull'attività" e precisa che "il termine nel testo originale 'security' è da intendersi come la sicurezza da terzi, ad es. per attentati o furti; in questa accezione non si riferisce al rischio dei lavoratori, ma dal contesto risulta inappropriato e fa presumere a un errore di traduzione dello scrivente"; può quindi, anche a fronte di tale precisazione, la Corte essere certa che nella riunione l'argomento fosse quello della "sicurezza sul lavoro"?
La Corte ritiene di sì; perché così ha tradotto l'interprete nominata dalla Corte, sotto il vincolo del prestato giuramento; perché così ha tradotto l'interprete della difesa degli imputati; perché non avrebbe senso logico, da parte di ES. che lo propone, prevedere una conferenza stampa su "furti o attentati" (o su altri "accidents" di questo genere), mentre, a fronte di "diversi incidenti" - sul lavoro - verificatisi nell'area TKL-AST "recentemente" (e che potevano aver avuto eco sui mezzi di informazione, anche locali) ben si comprende perché ES. volesse indire una conferenza stampa: per tutelare l'immagine dell'azienda, per rassicurare sugli interventi di prevenzione ecc.
Ma c'è anche un'altra considerazione che la Corte deve aggiungere; il titolo nel documento originale inglese è "work security"; in inglese "sicurezza sul lavoro" corrisponde a "safety and security at work"; espressione che, se si vuole abbreviare correttamente in quella lingua, è "work safety". Ma chi ha scritto il verbale del 28/8/2007 è PR. (v.); in tedesco - così come in italiano - vi è un unico termine che significa "sicurezza" (in entrambi i significati sopra ricordati dall'interprete del P.M.) ed è "Sicherheit"; così, appare del tutto naturale, per un tedesco - come per un italiano - abbreviare in "work security", il termine "sicurezza sul lavoro", ancor più in un documento "riservato" e privo di rilevanza esterna, come erano i "verbali del board"; con l'ulteriore osservazione che, per lo stesso motivo sopra indicato, per ES. come per PU. l'indicazione poteva apparire corretta perché corrispondente all'argomento trattato.

Tornando agli imputati PR. e PU., si deve ricordare che essi erano stati anche compiutamente informati appunto sull'incendio di Krefeld (v. sopra, capitolo 12; avvenuto, lo ricordiamo, proprio su di una linea di ricottura e decapaggio), come documentato dal verbale del "board" in data 22/6/2006 (v. sopra, capitolo 14; l'imputato PU., durante il suo esame, ha invece negato che si fosse mai parlato dell'incendio di Krefeld durante le riunioni del "board", v. udienza 21/10/2009, pag. 56 trascrizioni), nel quale si torna a parlare dello stabilimento di Torino: " ... per usare la capacità produttiva di Torino per supplire a quella di TKL NIROSTA": già solo in forza di tale ultima frase, possiamo con certezza affermare che anche PR. e PU. fossero informati che nello stabilimento di Torino operavano impianti "simili" a quelli distrutti dall'incendio alla NIROSTA di Krefeld: altrimenti lo stabilimento di Torino non avrebbe potuto essere utilizzato per "supplire" al fermo di produzione causato dall'incendio.
PR. e PU. conoscevano anche, compiutamente, la questione relativa alle nuove assicurazioni ed alle franchigie (v. capitolo 12): lo documenta il verbale del "board" in data 24/11/2006, in cui lo stesso verbalizzante KR. "ha presentato una panoramica della situazione attuale delle assicurazioni contro gli incendi e l'interruzione delle attività" (PU., durante il suo esame, nega anche di avere mai "saputo" delle problematiche assicurative dopo Krefeld; v. udienza 21/10/2009, pag. 56 trascrizioni: la sua risposta è: "assolutamente no"); si tratta, come già sappiamo, proprio del contratto "master" (che assicurava appunto il danno diretto da incendio sugli impianti e il danno derivante dal "fermo" di produzione). Ma non solo: nello stesso verbale viene "discusso il documento redatto da D. relativo al progetto di prevenzione incendi di LAC". Frase quest'ultima che, unita a quella sopra riportata del verbale 28/8/2007, se ce ne fosse ancora necessità, contraddice in radice ogni affermazione della difesa volta a sostenere che "mai" gli altri membri esecutivi del "board", PR. e PU., si erano "occupati" della materia antinfortunistica e della prevenzione antincendio; permette inoltre di affermare che PR. e PU. fossero informati - anche - dei rischi incendio presenti sulle linee di trattamento e della necessità di adottare, su tali linee, delle indispensabili misure di prevenzione e protezione.
PR. e PU. conoscevano anche il documento indicato al punto 8 (v. capitolo 12); si tratta infatti della "richiesta di autorizzazione agli investimenti di prevenzione incendi" per l'anno 2007/08 in cui, nella parte dedicata alla Linea 5 dello stabilimento di Torino (v. punto 5), si afferma che l'attrezzatura antincendio di quella linea "deve essere migliorata per adeguarsi alle indicazioni tecniche dell'assicurazione, del reparto locale dei vigili del fuoco e del WGS"; ricordiamo qui la corrispondenza e-mail intervenuta tra il 2 ed il 3 ottobre 2007 tra RE. e MO. (v., dettagliatamente, nel precedente paragrafo dedicato a MO.) da cui si trae inequivocabilmente che tale "richiesta" fosse da sottoporre al "board" di TK AST (v.: " ... il board sarà disponibile ad essere disturbato anche più volte"); e v. anche nel capitolo successivo sul contenuto di tale richiesta.

Dall'insieme di questi verbali e documenti apprendiamo che gli imputati PR. e PU. erano quindi "informati", "conoscevano" la situazione dello stabilimento di Torino e, soprattutto (la Corte usa per brevità il verbo "sapere": ma per molti punti sotto indicati la decisione, per sua natura, non poteva che essere stata assunta collegialmente):
-sapevano che per Torino negli ultimi anni non erano più stati previsti né effettuati investimenti, in particolare in materia di sicurezza sul lavoro e di prevenzione incendi;
-sapevano che pochi anni prima proprio a Torino era intervenuto un incendio devastante;
-sapevano che a Torino le condizioni di lavoro e gli stessi impianti erano oggetto di progressivo degrado;
-sapevano che, nonostante tali condizioni, la "dismissione" di quello stabilimento sarebbe avvenuta continuando la produzione, addirittura "incrementata" dopo il fermo di Krefeld; lo stesso imputato PU., durante il suo esame (v. udienza del 21/10/2009), riferisce di avere egli stesso provveduto ad analizzare la "dismissione" dello stabilimento sotto il profilo del "mercato", mentre PR. aveva compiuto analoga analisi sotto il profilo economico-finanziario ;
-sapevano dell'incendio di Krefeld, avvenuto proprio su di una linea di trattamento "analoga" agli impianti che operavano a Torino;
-sapevano della valutazione di estrema pericolosità - rischio incendi - proprio di quelle linee effettuata, per tutti gli stabilimenti del mondo, dalla nuova Compagnia di Assicurazione AXA, con il relativo innalzamento della franchigia;
-sapevano della necessità di attrezzare tali linee con dispositivi antincendio (v. il citato documento D.) per ridurre le franchigie ma anche - v. verbale 28/8/2007 - in considerazione della " ... forte necessità di migliorare la sicurezza sul lavoro".
Ma gli imputati PR. e PU. erano compiutamente informati anche dello stanziamento straordinario disposto dalla STAINLESS e relativo alla materia di "fire prevention" (v. sopra, nel capitolo 12); altro argomento, di per sé solo ed ancora di più unito agli altri sopra indicati, la cui importanza, sotto il profilo della "conoscenza" in capo agli imputati e, quindi, del profilo soggettivo della colpa cosciente, è stato sopra illustrato (v. capitolo 12) e deve essere qui interamente richiamato. In fatto, sulla effettiva conoscenza da parte di PR. e di PU. del "budget" straordinario e dei suoi scopi, appare qui sufficiente ribadire (v. capitolo 14) che proprio il "board" decideva come utilizzare in TK AST anche quell'investimento, - come vedremo ancora dettagliatamente infra, nel paragrafo dedicato ad ES. - come documentato dalle e-mail da RE. ad ES., PR. e MO. già indicate (v. capitolo 13).
L'imputato PU., durante il suo esame (v. udienza 21/10/2009), dopo avere sottolineato la "difficoltà" di traduzione dei verbali del "board" (non tale per gli interpreti, come abbiamo indicato sopra) ed avere ribadito il compito meramente "informativo" di tali riunioni (v. sopra, capitolo 13, su tale punto), ha vigorosamente negato che durante le riunioni del "board" si fosse mai parlato dell'incendio di Krefeld (e v. invece il verbale sopra indicato); ha vigorosamente negato di essere informato delle problematiche assicurative dopo quell'incendio; la sua risposta, alle domande sul punto, è: "assolutamente no" (e v. invece il verbale sopra citato); ha vigorosamente negato di essere informato delle iniziative in tema di "fire prevention" da parte della STAINLESS e perfino dell'esistenza del fondo straordinario stanziato per lo stesso tema dalla STAINLESS a favore - anche - della TK AST (v. sopra per questi punti e nel capitolo 13); ha vigorosamente negato che durante le riunioni del "board" si fosse mai parlato di sicurezza sul lavoro (e v. invece il verbale sopra citato); anche l'imputato PR. durante il suo esame (v. udienza 4/11/2009) ha riferito che il "board" aveva solo ed esclusivamente compiti "informativi" (ma v. capitolo 13); ha negato che si fosse discusso dell'incendio di Krefeld durante le riunioni del "board" (e v. invece il verbale citato); ha confermato di avere predisposto un'analisi economica relativa alla "dismissione" dello stabilimento di Torino; ha confermato di essere al corrente delle attività del WGS e dello stanziamento straordinario da parte della STAINLESS anche per TK AST in materia di "fire prevention", negando però non solo di partecipare - come membro del board - alle decisioni relative a tali investimenti, ma anche di conoscerle nel dettaglio (e v. quanto già esposto sopra e nel capitolo 13); entrambi poi hanno affermato di essere "datori di lavoro" (per l'esattezza, PU. ha prima affermato di non esserlo e solo successivamente di esserlo nei termini che seguono) limitatamente ai dipendenti addetti ai loro "settori" (v. capitolo 13 su questo punto). La Corte ritiene che quanto dagli imputati riferito durante il loro esame contrasti nettamente con gli elementi di prova -documentali e testimoniali - emersi nel presente processo, esposti qui, nel capitolo precedente e negli altri citati.

La Corte ritiene quindi che anche PR. e PU. possedessero un patrimonio di "conoscenza" tale da prefigurare, da "rappresentarsi" la concreta possibilità del verificarsi di un incendio e di un infortunio anche mortale sulla Linea 5 di Torino, analogo a quello verificatosi; sussiste inoltre il nesso di causalità tra la condotta omissiva da loro mantenuta - consistita, come contestato, nel non avere "sottolineato" l'esigenza di adottare le indispensabili misure, v. sopra - e l'evento in concreto verificatosi: il loro comportamento ha causalmente contribuito al fatto che nulla - nessuna misura antincendio -fosse stata apprestata. Sul nesso di causalità si deve qui ripetere quanto già esposto per gli imputati SA., CAF. e MO.: la Corte ha già esaminato, in dettaglio, nei relativi capitoli sopra citati e che qui si richiamano, il nesso di causalità materiale esistente tra le norme antinfortunistiche, la mancanza di misure ed apparecchiature antincendio e l'evento occorso il 6/12/2007. E così insegna la Corte Suprema, già riportata: " ... la considerazione che l'evento lesivo si verificò proprio perché quelle misure precauzionali, che se concretamente attuate avrebbero scongiurato, evidentemente, l'evento medesimo, non vennero poste in essere, per colpevole condotta omissiva dell'imputato ... rende anche priva di fondamento la censura relativa alla dedotta insussistenza del nesso di causalità" (così sentenza n. 19183/2006).
Come già si è esposto precedentemente per gli altri imputali, la Corte non pone in dubbio - e nessuno, durante il dibattimento, ha mai posto in dubbio - che anche PR. e PU. sperassero, nonostante la prevedibilità, la concreta previsione e la rappresentazione, anche da parte loro, dell'evento, che non "capitasse" nulla.
Si deve qui richiamare il concetto di "ragionevole" speranza già esposto nei precedenti paragrafi, (v. sentenza Corte di Cassazione n. 10411/2011, sopra); in capo a PR. ed a PU. tale "ragionevole" speranza non può che ravvisarsi nell'essersi essi "affidati" all'esperienza ed alla professionalità, in materia di produzione come di sicurezza sul lavoro, di ES.; "affidamento" che, se non costituisce scriminante alcuna rispetto ai doveri derivanti dalla loro posizione di garanzia (unita alla loro conoscenza, come sopra esposta), può invece considerarsi quale elemento psicologico sufficiente a ritenere che essi confidassero sul fatto che le proposte operative ed il "controllo" esercitato da ES. in qualche modo evitassero il verificarsi dell'evento previsto.

La Corte deve concludere ritenendo la responsabilità penale degli imputati PR. e PU. per i reati a loro ascritti sub D) ed E), con le aggravanti contestate.




15 ES.. La responsabilità per i reati di omicidio ed incendio dolosi, di cui ai capi sub B e sub C.
La Corte, esaminate le imputazioni ascritte ad ES. e di cui ai capi B) e C), richiamando l'intera motivazione fin qui esposta deve preliminarmente ricordare che:
-ha esaminato, esposto ed accertato che ES. ricopriva il ruolo di "datore di lavoro" in THYSSEN KRUPP AST, anche per lo stabilimento di Torino (v. capitoli 13 e 8), come peraltro confermato dallo stesso imputato durante il suo esame (v. udienza 4/11 /2009);
-ha esaminato, esposto ed accertato che la delega in materia di sicurezza sul lavoro da lui conferita a SA. R., Direttore dello stabilimento di Torino, era inefficace (v. capitolo 13, paragrafo dedicato a SA.);
-ha esaminato ed esposto l'evento-incendio accaduto nello stabilimento di Torino nella notte del 6/12/2007 (v. capitoli 1 e 6), accertando sia il nesso di causalità materiale tra l'incendio e la morte di S. Antonio, S. Roberto, S. Bruno, L. Angelo, M. Rocco, R. Rosario, DE M. Giuseppe (v. capitolo 2), sia il nesso di causalità materiale tra le violazioni delle norme di prevenzione infortuni e di prevenzione incendi (come contestate nei capi di imputazione ed accertate, v. capitoli 5, 6, 8, 9, 10 e 11), l'incendio e la conseguente morte dei 7 lavoratori sopra indicati;
-ha esaminato, esposto ed accertato che la Linea 5, di ricottura e decapaggio, dello stabilimento di Torino, costituiva un luogo ad "elevato rischio incendio" (v. capitoli 5, 9, 11);
-ha esaminato, esposto ed accertato che lo stabilimento di Torino rientrava nell'ambito delle industrie "a rischio di incidente rilevante" ed era, al momento dei fatti, sprovvisto del certificato di prevenzione incendi (v. capitolo 7);
-ha esaminato, esposto ed accertato che mancava una "adeguata e completa valutazione del rischio incendio" (v. capitolo 9);
-ha esaminato, esposto ed accertato che mancava una "effettiva organizzazione dei percorsi informativi e formativi nei confronti dei lavoratori" (v. capitolo 5);
-ha esaminato, esposto ed accertato che mancava "un sistema automatico di rivelazione e spegnimento degli incendi" (v. più capitoli, in particolare il n. 11).
La Corte ha inoltre esaminato, esposto ed accertato che tali misure di prevenzione erano rese "ancor più necessarie per la situazione che si era creata a causa della disposta chiusura dello stabilimento, che aveva determinato la drastica riduzione del numero dei dipendenti ed il venir meno delle professionalità più qualificate" (v. più capitoli, in particolare il n. 5);
La Corte ha ancora esaminato, esposto ed accertato i "fatti e documenti" di cui ai "punti" da 1 a 8 (come riportati nei capi B e C), in particolare evidenziando il profilo della loro valenza di "allarme" di "rischio incendi" soprattutto sulle linee di ricottura e decapaggio come la Linea 5 di Torino; e contemporaneamente di "stimolo" e di concreta (considerati anche gli investimenti straordinari stanziati da STAINLESS) "pressione" ad agire, adottando le indispensabili misure (v. capitolo 12).
La Corte ha inoltre accertato l'applicabilità al caso di specie dell'articolo 423 c.p. (v. capitolo 3).

Si deve, ancora preliminarmente, richiamare quanto esposto nel paragrafo introduttivo del capitolo 14: in breve - senza ripeterlo completamente - la ritenuta, da questa Corte, correttezza dell'ipotesi accusatoria nell'individuazione dell'evento oggetto di rappresentazione: evento che non deve esattamente coincidere con quello effettivamente verificatosi, ma deve con quest'ultimo presentare delle analogie e delle somiglianze "fondamentali" tali da poterlo utilmente paragonare. Si deve anche richiamare la parte introduttiva successiva a quest'ultima, nella quale la Corte espone per quali motivi non ritenga di condividere le affermazioni difensive relative proprio alla "eccezionalità" e conseguente "imprevedibilità" dell'evento (ma su questo v. anche in vari capitoli precedenti, tra cui in. 6, 11 e 12).

Tutto ciò richiamato, si deve osservare che la Pubblica Accusa contesta all'imputato ES. (come agli altri imputati, v. capitolo 14) di essersi rappresentato "la concreta possibilità del verificarsi di infortuni anche mortali sulla Linea APL 5 di Torino" (capo B) e la "concreta possibilità del verificarsi di incendi sulla Linea APL 5 di Torino" (capo C), anche per la sua conoscenza dei "punti" da 1 a 8 appena citati (su cui v. capitolo 12); la Pubblica Accusa aggiunge nei confronti dell'imputato ES. una ulteriore contestazione: quella di avere accettato "il rischio del verificarsi di infortuni anche mortali sulla Linea APL 5 dello stabilimento di Torino" (capo B) e "il rischio del verificarsi di incendi sulla linea APL 5 dello stabilimento di Torino" (capo C).
Contestazione così strutturata: "poiché - in virtù degli effettivi poteri decisionali inerenti la sua posizione apicale, nonché della specifica competenza e della delega possedute in materia di sicurezza del lavoro e prevenzione incendi nell'ambito dello stabilimento di Torino prendeva:
-dapprima la decisione di posticipare dal 2006/2007 al 2007/2008 gli investimenti antincendio per lo stabilimento di Torino pur avendone già programmata la chiusura;
-poi la decisione di posticipare l'investimento per l'adeguamento dell'APL 5 di Torino alle indicazioni tecniche dell'assicurazione, del comando provinciale dei Vigili del Fuoco e del WGS, ad epoca successiva al suo trasferimento da Torino a Terni (FROM TURIN),
e ciò nonostante che la linea APL 5 fosse ancora in piena attività e vi continuassero a lavorare gli operai rimasti, per giunta nell'ambito di uno stabilimento quale quello di Torino in condizioni di crescenti abbandono e insicurezza".


La Pubblica Accusa addebita quindi all'imputato ES. l'omicidio (e l'incendio) volontario con dolo eventuale, in luogo dell'omicidio (ed incendio) colposo con l'aggravante, oltre che della colpa specifica, della colpa cosciente, addebitato (e da questa Corte ritenuto: come si è sopra esposto, v. capitolo precedente) agli altri imputati.

Nel corso della discussione, sia la difesa sia l'accusa hanno esaurientemente -e sapientemente - illustrato la non semplice questione giuridica della qualificazione del dolo eventuale, della differenza tra quest'ultimo e la colpa cosciente, della loro pratica applicazione.
La Corte deve ricordare che, mentre la colpa c.d. cosciente trova la sua fonte normativa nell'art. 61 n. 3 c.p. (v. sopra: "l'avere, nei delitti colposi, agito nonostante la previsione dell'evento"), il dolo eventuale è frutto di elaborazione giurisprudenziale, ormai risalente nel tempo e consolidata nelle basi teoriche, ma con indubbie residue difficoltà di applicazione alle singole fattispecie concrete.
La Corte condivide e segue l'insegnamento della Suprema Corte in primo luogo nell'affermare l'esistenza dell'elemento soggettivo individuato come "dolo eventuale" (esistenza negata da una parte della dottrina); richiama doverosamente - dopo averle esaminate - le numerose sentenze della Cassazione in materia, peraltro anche citate e riportate dalle parti durante la discussione, senza necessità di elencarle qui singolarmente (v. le relative trascrizioni in atti; e v. anche quelle citate nella sentenza di cui infra).
La Corte ritiene utile riportare di seguito ampi stralci di una recente sentenza della Corte di Cassazione sul tema; sentenza che considera e riassume, in modo approfondito ed incisivo, l'elaborazione giuridica, da parte della Suprema Corte, dell'istituto ed espone la definizione del dolo eventuale e la differenza tra quest'ultimo e la colpa cosciente; sentenza che, per la chiarezza e per la
precisione anche delle indicazioni rivolte ai giudici di merito, può costituire, oltre che il fondamento teorico, la "traccia" da seguire per la ricostruzione in fatto dell'elemento soggettivo in capo all'imputato ES..
Si tratta della sentenza n. 10411/11 (già sopra citata, con motivazione depositata il 15/3/2011).
Per la parte di inquadramento giuridico:
"1.L'esatta ricostruzione degli elementi distintivi tra dolo eventuale e colpa cosciente presuppone la definizione dei rapporti tra l'elemento della rappresentazione e quello della volontà nel quadro della struttura del dolo, che rappresenta il criterio ordinario d'imputazione soggettiva.
La volontà esprime la tensione dell'individuo verso il conseguimento di un risultato non in termini di mero desiderio - dimensione questa che attiene alla sfera della motivazione - quanto piuttosto di concreta attivazione in vista di un determinato scopo. Qualsiasi condotta umana, eccezion fatta per i comportamenti del tutto irrazionali, mira ad un risultato e solo il riferimento ad esso consente di individuare la volontà dell'agente, che deve investire direttamente o indirettamente (nei termini che saranno precisati al paragrafo successivo) anche l'intero fatto di reato colto nella sua unità di significato, nel dinamismo tra i suoi elementi e nella proiezione teleologica in direzione dell'offesa. In adesione ad una recente elaborazione è possibile affermare che, poiché il comportamento doloso orienta finalisticamente i fattori della realtà nella prospettiva del mezzo verso uno scopo, esso attrae nell'ambito della volontà l'intero processo che determina il risultato perseguito. Per conseguenza la finalizzazione della condotta incide sulla sfera della volizione e la svela.
L'elemento rappresentativo attiene, a sua volta, al complessivo quadro di conoscenza degli elementi essenziali del fatto nel cui ambito la deliberazione è maturata.
Esso costituisce il substrato razionale in virtù del quale la decisione di agire si pone in correlazione con il fatto inteso nella sua unitarietà, così giustificando il riconoscimento di una scelta realmente consapevole, idonea a fondare la più grave forma di colpevolezza. La volontà presuppone, perciò, la consapevolezza di ciò che si vuole. Il dolo è, quindi, rappresentazione e volontà del fatto tipico. La rappresentazione, che ha ad oggetto tutti gli elementi essenziali del fatto, assume - come osservato con efficace sintesi da un'autorevole dottrina - natura psichica di conoscenza, quando concerne gli elementi preesistenti e concomitanti al comportamento, di coscienza, quando è riferita alla condotta, di previsione, quando riguarda elementi futuri, qual è essenzialmente l'evento del reato.

Nell'agire doloso, il soggetto agente orienta deliberatamente il proprio comportamento verso la realizzazione del fatto di reato che costituisce un disvalore per l'ordinamento giuridico, modella la propria condotta in modo da imprimerle l'idoneità alla realizzazione del fatto tipico che può considerarsi voluto proprio perché il soggetto ha deciso in modo tale da determinarlo.
La rappresentazione e la volizione debbono avere ad oggetto tutti gli elementi costitutivi della fattispecie tipica - condotta, evento e nesso di causalità materiale - e non il solo evento causalmente dipendente dalla condotta, come è confermato dalla disciplina dell'errore sul fatto costituente reato ...
2. La giurisprudenza di legittimità individua il fondamento del dolo indiretto o eventuale nella rappresentazione e nell'accettazione, da parte dell'agente, della concreta possibilità, intesa in termini di elevata probabilità, di realizzazione dell'evento accessorio allo scopo seguito in via primaria. R soggetto pone in essere un'azione accettando il rischio del verificarsi dell'evento, che nella rappresentazione psichica non è direttamente voluto, ma appare probabile. In altri termini, l'agente, pur non avendo avuto di mira quel determinato accadimento, ha tuttavia agito anche a costo che questo si realizzasse, sicché lo stesso non può non considerarsi riferibile alla determinazione volitiva (Sez. Un. 12/10/1993, n. 784; Sez. Un. 15/12/1992; Sez. Un. 12/10/1993, n. 748; Sez. Un. 14/2/1996, n. 3571; Sez. I, 12/11/1997, n. 6358; Sez. I, 11/2/1998, n. 8052; Sez. I, 20/11/1998, n. 13544; Sez. V, 17/1/2005, n. 6168; Sez. VI, 26/10/2006, n. 1367; sez. I, 24/5/2007, n. 27620; Sez. I, 29/1/2008, n. 12954).

Si versa, invece, nella forma di colpa definita 'cosciente', aggravata dall'avere agito nonostante la previsione dell'evento (art. 61 n. 3 c.p.), qualora l'agente, nel porre in essere la condotta nonostante la rappresentazione dell'evento, ne abbia escluso la possibilità di realizzazione, non volendo né accettando il rischio che quel risultato si verifichi, nella convinzione, o nella ragionevole speranza, di poterlo evitare per abilità personale o per intervento di altri fattori.
Dall'interpretazione letterale dell'art. 61, comma 1, n. 3, c.p., che fa esplicito riferimento alla realizzazione di un'azione pur in presenza di un fattore ostativo alla stessa, si evince che la previsione deve sussistere al momento della condotta e non deve essere stata sostituita da una non previsione o controprevisione, come quella implicita nella rimozione del dubbio. Quest’ultimo non esclude l'esistenza del dolo, ma non è sufficiente ad integrarlo.
Una qualche accettazione del rischio sussiste tutte le volte in cui si deliberi di agire, pur senza avere conseguito la sicurezza soggettiva che l'evento previsto non si verificherà. Il semplice accantonamento del dubbio, quale stratagemma mentale cui l'agente può consapevolmente ricorrere per vincere le remore ad agire, non esclude di per sé l'accettazione del rischio, ma comporta piuttosto la necessità di stabilire se la rimozione stessa abbia un'obiettiva base di serietà e se il soggetto abbia maturato in buona fede la convinzione che l'evento non si sarebbe verificato.
In tale articolato contesto, come sottolineano i più recenti approdi interpretativi dottrinali e giurisprudenziali, poiché la rappresentazione dell'intero fatto tipico come probabile o possibile è presente sia nel dolo eventuale che nella colpa cosciente, il criterio distintivo deve essere ricercato sul piano della volizione. Mentre, infatti, nel dolo eventuale occorre che la realizzazione del fatto sia stata 'accettata' psicologicamente dal soggetto, nel senso che egli avrebbe agito anche se avesse avuto la certezza del verificarsi del fatto, nella colpa con previsione la rappresentazione come certa del determinarsi del fatto avrebbe trattenuto l'agente.

Nel dolo eventuale il rischio deve essere accettato a seguito di una deliberazione con la quale l'agente subordina consapevolmente un determinato bene ad un altro. L'autore del reato, che si prospetta chiaramente il fine da raggiungere e coglie la correlazione che può sussistere tra il soddisfacimento dell'interesse perseguito e il sacrificio di un bene diverso, effettua in via preventiva una valutazione comparata tra tutti gli interessi in gioco - il suo e quello altrui - e attribuisce prevalenza ad uno di essi. L'obiettivo intenzionalmente perseguito per il soddisfacimento di tale interesse preminente attrae l'evento collaterale, che viene dall'agente posto coscientemente in relazione con il conseguimento dello scopo perseguito. Non è, quindi, sufficiente la previsione della concreta possibilità di verificazione dell'evento lesivo, ma è indispensabile l'accettazione, sia pure in forma eventuale, del danno che costituisce il prezzo (eventuale) da pagare per il conseguimento di un determinato risultato (Sez. IV, 26/10/2006, n. 1367; Sez. I, 29/1/2008, n. 12954; Sez. V, 17/9/2008, n. 44712)."

Per le indicazioni rivolte ai giudici di merito:
"3. La delicata linea di confine tra il 'dolo eventuale' e la 'colpa cosciente' o 'con previsione' e l'esigenza di non svuotare di significato la dimensione psicologica dell'imputazione soggettiva, connessa alla specificità del caso concreto, impongono al giudice di attribuire rilievo centrale al momento dell'accertamento e di effettuare con approccio critico un'acuta, penetrante indagine in ordine al fatto unitariamente inteso, alle sue probabilità di verificarsi, alla percezione soggettiva della probabilità, ai segni della percezione del rischio, ai dati obbiettivi capaci di fornire una dimensione riconoscibile dei reali processi interiori e della loro proiezione finalistica. Si tratta di un'indagine di particolare complessità, dovendosi inferire atteggiamenti interni, processi psicologici attraverso un procedimento di verifica dell'id quod plerumque accidit alla luce delle circostanze esteriori che normalmente costituiscono l'espressione o sono, comunque, collegate agli stati psichici".

La Corte si accinge quindi a ricostruire ed accertare l'elemento soggettivo in capo all'imputato ES., cercando, nei limiti delle sue possibilità, di svolgere l'indagine secondo i canoni indicati dalla Corte Suprema.

La Corte deve ricordare che, mentre per tutte le contestazioni di cui ai capi B e C sopra riportate si è già avuto modo di esporre la loro ricostruzione in fatto, come emersa nel corso del presente dibattimento, tanto che la prospettiva che dovrà essere considerata in questa parte, a seguito dell'ampio richiamo ai capitoli precedenti, sarà solo quella della conoscenza e del significato che tale conoscenza aveva in capo all'imputato ES., invece la ricostruzione della condotta anche commissiva di ES. (riportata subito sopra) deve essere preliminarmente qui di seguito esposta ed accertata.

Le decisioni di ES., consistite nell'avere posticipato gli investimenti di "fire prevention" per Torino prima all'anno successivo (dal 2006/07 al 2007/08), poi all'avvenuto trasferimento degli impianti (compresa la Linea 5) da Torino a Terni, sono state da lui assunte (anche quest'ultima affermazione è comprovata, come vedremo subito infra) con la piena consapevolezza, in primo luogo, dei motivi e degli obiettivi dell'ingente stanziamento straordinario di TK STAINLESS: si deve qui ricordare, di 16,7 milioni di euro solo per TK AST, da investire nei tre anni successivi a partire da quello in corso (2006/07, v. capitolo 12). L'imputato ES. aveva infatti personalmente partecipato al meeting di Krickenbeck (17/2/2007; lo riferisce il teste RI., v. capitolo 12), nel corso del quale era stato presentato quel documento (v. sopra, sempre nel capitolo 12) con le linee guida e gli obiettivi di TK STAINLESS in materia di fire prevention, nonché il concreto esempio di prevenzione e protezione antincendio per la ricostruzione della linea di trattamento dello stabilimento NIROSTA di Krefeld, distrutta dall'incendio (v. sopra, capitolo 12: ricordiamo che nello schema si trovavano un impianto di rivelazione lungo tutta la linea e di estinzione nella zona di entrata, di decapaggio e di uscita, per il costo di 1 milione di euro; ricordiamo anche quanto riferito dal teste WE., v. capitolo 12): infatti, con una e-mail del 21/2/2007 (v.), la segretaria di ES. aveva inviato in allegato proprio quello schema di ricostruzione a MO. e PE., comunicando che il dr. ES. voleva sapere se si poteva applicare "al nostro fire prevention".
Prima ancora delle risposte da parte dei suoi tecnici (su cui v. subito infra) ES. - evidentemente edotto, durante il meeting, anche della urgenza che la TK STAINLESS riservava al "fire prevention" - aveva cominciato ad occuparsi dell'impiego di quel fondo, come testimoniato dalla e-mail inviata dalla sua segretaria alla collega in Germania, affinché la trasmettesse al sig. He., in data 2/3/2007 (v.: forse anche in preparazione dell'incontro in Messico, v. capitolo 12); in allegato a tale e-mail si trovano una serie di "lucidi" che individuano le "questioni incendi" in TKL-AST IMPIANTO DI TERNI": così è il titolo ed appare significativo perché, da quello che emerge dagli allegati, sembra appunto che il documento - tecnicamente diviso tra "prevenzione antincendio", "protezione antincendio", "vigili del fuoco dell'azienda", "dati statistici" e molto dettagliato - riguardi il solo stabilimento di Terni; tra le attività di prevenzione incendi "svolte" nell'arco degli anni 04/05-05/06 il riferimento sembra essere solo allo stabilimento di Terni; compare finalmente lo stabilimento di Torino invece tra le attività "da svolgere" nell'arco degli anni 06/07-07/08, come attività generale di "prevenzione incendi" per il rilascio del certificato, con appostati - con l'indicazione "area a freddo Torino" - 1 milione di euro per ciascun esercizio; come attività di prevenzione incendi per le "attività di decapaggio", sempre nel biennio 06/07-07/08, sono indicati per la Linea 5 1 milione di euro, di cui 0,6 per "sostituzione tubi aspiranti" e 0,4 per "sistema di allarme ed estinzione nell'area di decapaggio"; per la Linea 4 1 milione e 100mila euro, di cui 0,6 per la prima voce e 0,5 per la seconda.
Per un totale di previsione di 4 milioni e 100mila euro nel biennio 06/07-07/08: l'investimento più consistente di "fire prevention" per Torino, tra tutti quelli che si rinvengono nei documenti sequestrati (v. infra).
Non si può escludere che proprio questo fosse l'importo che, effettivamente, necessitasse per Torino già solo a livello di progetto di investimenti utilizzando il fondo straordinario di "fire prevention" per i primi due anni (06/07-07/08), nonostante la oggettiva limitatezza degli interventi: le condizioni dello stabilimento di Torino, dovute anche alla mancanza di investimenti "significativi" quantomeno nel corso del 2006 (v. subito infra), lo giustificano in pieno (anzi, probabilmente si è cercato ancora qui di "contenerlo").
Appare così logico pensare che ES., proprio a fronte della possibile entità di questo primo investimento, ingente come somma ma "minimo" quanto agli interventi (completamento lavori - indicati nel dicembre 2003, v. capitolo 7 - per ottenere il certificato e sostituzione del materiale plastico; interventi che sarebbero dovuti poi continuare, con ulteriori investimenti, negli anni successivi secondo le indicazioni e le linee-guida del WGS, v. capitolo 12 e infra), abbia deciso di dare corso alla già stabilita (dal 2005: v. capitolo 5) decisione di "dismettere" quello stabilimento; ovvero tale decisione sia stata presa direttamente da STAINLESS (su questo v. anche infra). Così evitando qualsiasi investimento di carattere "strutturale", sia per il certificato antincendi, sia per il materiale plastico (secondo le linee-guida del WGS che vedremo subito infra), sia per gli ulteriori interventi secondo il programma del WGS (v. infra), in uno stabilimento per il quale era già stata decisa la chiusura (più volte rinviata nel tempo per vari motivi: ma non perché vi fossero stati ripensamenti sulla decisione, v. capitolo 5); interventi ed investimenti destinati i primi ad essere abbandonati, i secondi a costituire uno spreco (v. anche infra).

Si deve qui ancora sottolineare che negli stessi lucidi allegati alla e-mail inviata per conto di ES. vengono riportati anche i dati statistici sulle cause di incendio (v. tabella); la percentuale più alta - pari al 25,8% - risulta dovuto allo "sporco", la terza - pari al 19,35% - alla "presenza di olio"; complessivamente quindi i due fattori rappresentavano, statisticamente, il 45,15% delle cause di incendio negli stabilimenti. Un dato che sarebbe perfino riduttivo definire, in questa vicenda, allarmante: perché ES. lo poteva apprezzare con riferimento alle condizioni in cui versava lo stabilimento di Torino, condizioni da lui direttamente conosciute (v. infra).

Il fatto che ES., al ritorno dal meeting di Krickenbeck, avesse "trasmesso" ai sottoposti, oltre allo "schema" (v. sopra, appena citato), anche l'importanza, l'urgenza e la delicatezza della questione "fire prevention", posta dalla STAINLESS come "priorità assoluta" e uno "dei progetti più importanti attualmente in corso all'interno del nostro gruppo" - entrambe le definizioni tra virgolette provengono dall'azienda e sono tratte dalla presentazione in Messico di tale programma nel marzo 2007: v. capitolo 12 - è documentato da una serie di e-mail scambiate tra l'imputato MO. e PE. ai primi di marzo 2007, che probabilmente fanno seguito alla richiesta di ES., appena sopra riportata, sulla possibilità di "applicare" il fire prevention emerso dal meeting di Krickenbeck anche agli stabilimenti italiani, anche alle linee di ricottura e decapaggio montate negli stabilimenti italiani.
In data 5/3/2007, ES. chiedeva infatti a MO., con una e-mail (spedita dalla segretaria) che indicava come oggetto "meeting TKL prevenzione incendi, 17.2.2007 Krickenbeck "(v.): "D., cosa si è rivelato utile per noi?"; comincia così una "catena" di e-mail; un'ora dopo MO. scriveva a PE.: "su un argomento così delicato non possiamo impiegare tanto tempo! Ho bisogno di un'analisi immediata."; da PE. a MO., nel tardo pomeriggio (v.): "Da una analisi svolta a Duisburg dal gruppo di lavoro apposito (Me., Ri. ecc.) si sono date le direttive per unificare le misure di prevenzione da adottare per le linee A&P nei vari siti del gruppo. Me. sta preparando un lavoro esplicativo al riguardo che ci presenterebbe nella giornata di dopodomani 7/3 (decidi l'orario) insieme a Se. ... "; risponde MO. a PE. poco più tardi: "Da questa risposta ho l'impressione che il documento non è ancora stato letto; preparati a rispondere domani pomeriggio ad ES. ... " i puntini di sospensione sono nel testo originale: stanno evidentemente a significare che ES. avrebbe criticato il ritardo con cui i "tecnici" avevano esaminato le linee guida di Krickenbeck e proposto le "misure" per AST; infatti PE., 5 minuti dopo l'ultima e-mail di MO., scrive a ME. (v.): "Puoi darmi qualcosa di sintetico per ES. domani?".
Procedendo in ordine cronologico, troviamo tra i documenti sequestrati (v.) una e-mail proveniente da RI. (teste citato, responsabile del WGS), intitolata "iniziative di 'fire prevention', in data 9/3/2007, sulla quale ES. ha scritto - in data 16/3/2007, a mano ed in inglese: "P. Re., per favore prepara" (RE.: v. teste citato sopra). Si tratta di una missiva riassuntiva proprio dell'incontro di Krickenbeck. È interessante riportarla qui di seguito:

"ThyssenKrupp StainleSS Corporate Development
M. Ri.
TEL. ***
FAX ***
@ ***@thvssenkrupp.com   Duisburg, 9 Marzo 2007

Initiative on Fire Prevention
Luogo e data: Schloss Krickenbeck, 17 Febbraio 2007
Partecipanti:
F., Dr. R. , He., Dr. B., Dr. Es., Dr. W. D., G., L., Ri.
Copia a: C., G., G., L.

Iniziativa riguardo alla Riduzione dei Sinistri da Incendio
Il Sig Ri. ha presentato (vedi allegato) le prime misure proposte per gestire il budget specifico di investimenti per prevenzione incendio. I punti principali sono:
• coordinazione tecnica del WGS (Gruppo di Lavoro Acciaio Inossidabile) riguardo alle misure della lotta antincendio previste per le singole Unità di Lavoro, accordo comune sulle soluzioni proposte;
• richiesta di approvazione ed autorizzazione dei progetti di miglioramento per la protezione incendia;
• rilascio di fondi per misure di prevenzione incendio nel budget specifico di investimenti;
• controllo e resoconto sulla realizzazione dei progetti approvati;
Le singole Unità di Lavoro devono consegnare al Dott. B., entro il 30 marzo 07, la lista finale dei progetti che necessitano di autorizzazione. Priorità deve essere data alle misure per ridurre i deducibili Linee di Ricottura e Decapaggio da € 100m a € 50m.
Il programma completo di investimenti 2006/07, 2007/08 e 2008/09 deve essere consegnato entro settembre 07.


Attività di Nirosta
Il Sig. D. ha illustrato (allegato A) le attività in corso a Nirosta:
• Audit eseguiti dai Consulenti della Global Risk (GRC)
• Nuove misure di protezione incendio per le linee GBL 3 e KL 3.
La riprogettazione della linea 3, con le nuove soluzioni di lotta antincendio, può essere considerata un esempio per quanto riguarda le prossime linee di ricottura e decapaggio.
La presentazione si è conclusa con l'elenco dei progetti di miglioramento riguardanti la protezione incendio previsti per l'impianto di Nirosta.
Il Consiglio di Amministrazione TKL ha richiesto di leggere il resoconto GRC prima della sua consegna al Consiglio di Amministrazione stesso. Una decisione riguardo all'estensione dell'attività GRC ad altre Unità di Lavoro sarà presa da TK in seguito al resoconto finale.

Attività di AST e VDM
Si è discusso delle attività principali e dei progetti di miglioramento previsti per gli impianti AST e VDM.

Uso di materiali in plastica
Grazie all'ottima resistenza chimica e alla facilità di progettazione e di manutenzione, negli ultimi anni l'uso di materiali in polipropilene termoplastico nelle sezioni di decapaggio è stata molto diffusa. Non è prevista la sostituzione di questo materiale sulle linee di decapaggio di TKL già esistenti. Occorre dotare tali linee con specifici sistemi sprinkler per minimizzare i danni in caso di incendio.
Il sig. Ri. preparerà una nota tecnica sui materiali in polipropilene in modo da arrivare ad un posizione comune sugli aspetti di infiammabilità di questo materiale.

Organizzazione

Nella prossima riunione il Dott. B. presenterà una proposta sull'organizzazione di uno specifico gruppo a livello di TKL, dedicato al coordinamento della protezione da incendi.

Prossima riunione
Sarà tenuta il 3 aprile 2007 tra le 14.00 e le 16.00 nel palazzo amministrativo centrale di Duisburg della TKL. La società Mexinox sarà collegata in videoconferenza. L'ordine del giorno della riunione sarà distribuito.
-Ri.”


Viene quindi confermato che la capo gruppo indicava di attivarsi in tempi stretti, presentando il programma di investimento per gli anni 2006/07 alla STAINLESS, con il WGS che effettuava il "coordinamento tecnico" sui progetti presentati, entro il 30/3/2007 e quello completo - per gli anni 07/08 e 08/09 -entro il settembre successivo (e v. anche infra, una serie di e-mail di ottobre); di utilizzare gli investimenti in generale in materia di prevenzione e protezione incendi, con "priorità" nel ridurre le franchigie - da 100 a 50 milioni di euro -sulle linee di ricottura e decapaggio; di prendere ad "esempio" le misure di protezione adottate nella ricostruzione a NIROSTA (v. sopra, in più punti); di mantenere il materiale plastico (PPT), proteggendo con impianto sprinkler la sezione di decapaggio.
Si deve sottolineare pertanto come sin dal 9/3/2007 il WGS avesse abbandonato l'idea di sostituire il materiale plastico - ipotesi seguita nel primo, già citato programma di investimenti per Torino anche da ES., v. sopra - decidendo invece di mantenerlo proteggendo la zona decapaggio con sprinkler; modifica programmatica e progettuale proveniente dal WGS che certamente ES. conosceva (v. la scritta di suo pugno sul sopra riportato documento); nonostante ciò lo stesso ES. durante il suo esame ha riferito ancora del progetto di sostituzione (citando lo sprinkler in via alternativa, v. esame udienza 4/11/2009) e nel corso della discussione finale alcuni difensori degli imputati hanno continuato a sostenere che l'unico intervento previsto per la linea 5 era quello della sostituzione del PPT (polipropilene termoplastico).
Con una e-mail in data 28/3/2007 (v.) RE. inviava ad ES. e, per conoscenza, a MO., la "lista dettagliata dei progetti" di fire prevention di TK AST con i seguenti importi: 2006/07 indicati 9,1 milioni di euro (invece di 8,0); 2007/08 indicati 2,7 milioni di euro (invece di 5,0); non si può non notare come la TK AST si dimostrasse in tal modo ben consapevole dell'urgenza degli interventi di prevenzione e protezione incendi negli stabilimenti italiani, prevedendo per il primo anno un budget addirittura superiore a quello indicato da STAINLESS; RE. informava che il "lavoro" - sotto il profilo "tecnico" - era stato svolto da MO., PE. e LI..
Nello schema allegato a questa e-mail si prevedeva nell'area a freddo di Torino (cioè, come sappiamo, nello stabilimento di Torino, reparto PIX) un investimento per il primo anno (2006/07) di 1 milione e mezzo di euro, senza però dettaglio alcuno (presente invece nel primo "lucido" sopra indicato e, in questo, gli interventi a Terni erano ben specificati: per la LAF 4, linea simile alla 5 di Torino, si indicavano: impianti di rilevazione e spegnimento per le centrali idrauliche, per la saldatrice, per le sezioni di decapaggio e di stoccaggio carta, oltre a impianti di spegnimento per il "looper" e per le cabine elettriche).
RE. chiedeva ad ES. se doveva inviarlo il venerdì successivo (la scadenza indicata da RI. era appunto il 30/3/2007, v. sopra) o attendere il lunedì (2/4/2007).
Il 2/4/2007, in allegato ad una e-mail, RE. comunicava a RI. la lista dei progetti e degli investimenti, informando ES. dell'avvenuto invio in Germania; lo "schema" allegato era apparentemente uguale, ma nella "zona fredda di Torino" l'investimento era stato spostato dal primo (2006/07) al secondo (2007/08) anno.
Il "board" della TK STAINLESS approvava il piano di investimenti delle società operative (per l'anno 2006/07, "nei limiti dei budget previsti": per TK AST 8 milioni di euro) in data 3/4/2007 (un'ulteriore dimostrazione dell'urgenza che la capogruppo riservava al "fire prevention"); nella e-mail proveniente da RI. in cui si comunicava l'avvenuta approvazione (v., in data 17/4/2007), si indicava anche la "procedura" e si precisava: "l'approvazione tecnica alle misure proposte deve essere data al WGS" e "le Linee guida di Buona Pratica sulle Linee di Decapaggio che sono in via di definizione saranno obbligatorie per le linee del gruppo TKL".
C'è anche, nella stessa comunicazione, un'altra frase indicativa sia della serietà e dell'impegno con cui la STAINLESS si occupava di "fire prevention" in quel periodo, dopo l'incendio di Krefeld, sia dell'abisso che in quel periodo - aprile 2007 - esisteva tra le iniziative STAINLESS e la realtà dello stabilimento di Torino (v. capitolo 5): "Mr. RI. ha presentato una proposta per rafforzare l'attività di prevenzione incendi alla TKL (che è l'intero gruppo, n.d.e.) definendo la nuova posizione di Manager del Rischio Tecnico presso la TKL e la nomina di Ingegneri del Rischio per ogni stabilimento produttivo ... . La proposta è stata approvata; il dr. B. selezionerà il Manager di Rischio Tecnico e comunicherà alle Unità Produttive la data di inizio per la nuova organizzazione". Certamente, era un progetto organizzativo non ancora attuato; ma non vi è dubbio che anche questa proposta - approvata - costituisca un ulteriore, pressante allarme e stimolo per ES., per tutta la TK italiana ma, soprattutto, per lo stabilimento di Torino.
Con riferimento ai rapporti tra società operative - come la TK AST - e capogruppo STAINLESS in materia di "fire prevention', si deve ricordare, ma la questione è già stata citata nel capitolo 12 (v. sopra) che i difensori degli imputati sottolineano l'indipendenza della TK AST in questa materia, in particolare rivendicando l'autonomia nelle scelte degli interventi e delle misure da installare e da adottare utilizzando lo stanziamento straordinario; la Corte osserva che, da parte della STAINLESS, proprio in questa materia e dopo l'incendio di Krefeld, il Working Group aveva un ruolo inequivocabile di "guida" tecnica (con "approvazione" degli interventi e delle misure proposte dalle singole società operative) per tutti gli stabilimenti del gruppo, come - senza qui dilungarsi - la Corte ritiene che emerga dai documenti che abbiamo appena indicato. In ogni caso, il tema riguardante il livello di autonomia della TK AST rispetto alla STAINLESS in questa materia non è di grande rilievo: il "rimprovero" ad ES. non consiste nell'avere "rispettato" o meno le linee-guida del WGS, bensì nel non avere agito - e nell'avere, agendo, deciso di nulla investire nello stabilimento di Torino - nonostante la sua conoscenza – e la conseguente consapevolezza - anche degli obiettivi, dei programmi, delle indicazioni tecniche del WGS ed avendo a disposizione lo stanziamento straordinario di STAINLESS.
RE. comunicava quindi ad ES., PR. e PU. (v., in data 4/10/2007) il "piano" di investimenti TK AST per il secondo anno (2007/08), premettendo che, per la "fase 1", erano stati nel frattempo emessi "ordini per un valore di 2,1 milioni di euro" sugli 8 milioni di budget assegnati per il primo anno a TK AST; con riguardo ai 5 milioni di budget per l'anno 2007/08, lo stabilimento di Torino non veniva più indicato nel documento.
Lo schema di progetto allegato alla e-mail riportava, per quanto qui rileva, nella "zona fredda PIX" (senza indicazione "Torino" come nello schema precedente, v. sopra) un investimento di 800.00 euro per "la linea di ricottura e decapaggio n. 5" e poi "from", cioè "da" (complemento di moto da luogo: v. sul punto il consulente-traduttore della Procura della Repubblica ing. CV., udienza 11/6/2010 ed anche cenno nel capitolo "svolgimento del processo") Torino; la stessa indicazione si trovava per gli interventi di "fire prevention" sulle altre linee.
È così accertato che, posticipato (dopo averlo ridotto rispetto al primo "programma", v. sopra) l'investimento per Torino dal 2006/07 al 2007/08, la decisione finale è stata che l'intervento di fire prevention sarebbe avvenuto sugli impianti (anche sulla linea 5) una volta trasferiti a Terni.
Sappiamo che la decisione di non investire nulla del "budget" straordinario di STAINLESS finalizzato alla prevenzione e protezione incendi, di non effettuare alcun intervento di "fire prevention" nello stabilimento di Torino, era stata assunta da ES., concordandola con l'ing. MO.; lo riferisce lo stesso ES. nel corso del suo esame (v. udienza 4/11/2009); lo conferma il teste PE. (citato, v. udienza 9/6/2009) che dichiara di avere appreso da MO. che gli interventi su Torino erano stati prima traslati e poi eliminati (v. pag. 82-83 trascrizioni).
Vedremo infra i motivi - meglio, gli obiettivi - che hanno spinto ES. ad assumere tale decisione; è necessario prima completare la verifica del quadro di conoscenze (sempre con riferimento alle contestazioni di cui ai capi B e C) che egli possedeva nel momento in cui decideva di posticipare l'investimento di "fire prevention" per Torino e per la linea 5 (28/3-2/4/2007) e nel momento in cui decideva che lo stesso investimento sarebbe avvenuto sugli impianti e sulla linea 5 solo dopo lo spostamento da Torino a Terni (prima del 4/10/2007).
La Corte deve però sottolineare che il riferirsi qui a delle "decisioni" operative (riguardanti, in particolare, la "ripartizione" tra i due stabilimenti della somma stanziata dalla STAINLESS in materia di ‘fire prevention’) da parte del - solo - ES. non è in contraddizione con quanto esposto nel capitolo 13 sulla collegialità di tale tipo di decisioni, assunte appunto dal "board" composto dallo stesso ES., da PR. e da PU.. Richiamando qui l'intero capitolo 13, si deve infatti osservare che certamente, su tale materia, l'impulso propositivo veniva da ES.; che, quanto alla prima decisione (relativa alla posticipazione dell'investimento nello stabilimento di Torino dal primo al secondo anno) manca la prova "documentale" - e-mail o "verbale" del board -che la proposta di ES. sia stata approvata da PR. e PU.; che tale mancanza può ben essere ricondotta alla ristrettezza dei tempi: solo il 28 marzo - mercoledì - RE. aveva inviato il "programma" tecnico ad ES. (in cui l'investimento per Torino era previsto nel primo anno), "programma" per il quale STAINLESS aveva posto, a tutte le società operative, il termine del 30 marzo - venerdì - e poi effettivamente inviato da RE. (con l'investimento per Torino posticipato) il 2 aprile - lunedì. Sottolineando poi che quanto già ritenuto dalla Corte - cioè che tali decisioni venissero appunto assunte dal "board" - viene inequivocabilmente confermato proprio dalla seconda decisione, assunta nell'ottobre successivo: come si è già sopra indicato, RE. aveva infatti inviato il piano di investimenti per il secondo anno (v. in data 4/10/2007, quello che stabiliva gli interventi "from Turin") appunto a PR. e PU., oltre che ad ES..

Ripercorrendo il piano di investimenti per TK AST abbiamo già accertato la - dettagliata ed approfondita - conoscenza che aveva ES. non solo del contestato "punto" sub 4 (v. anche capitolo 12), ma di altri "fatti e documenti": l'incendio avvenuto a Krefeld nel giugno 2006, del quale è lo stesso ES. ad informare gli altri membri del board durante la riunione del 22/6/2006 (v. capitolo 13) e la "posizione" successivamente assunta dalla capo gruppo STAINLESS, dalla definizione di "miracolo" perché a Krefeld non vi erano stati né feriti né morti, all'ingente stanziamento straordinario di "fire prevention" per tutte le società operative (v. punto 1, sopra e capitolo 12); i progetti per la ricostruzione della linea di ricottura e decapaggio dello stabilimento di Nirosta secondo lo schema presentato proprio allo stesso meeting di Krickenbeck (v. punto 2, sopra e capitolo 12, in quest'ultimo anche nella parte della testimonianza di WE.).
ES. era dettagliatamente ed approfonditamente informato anche delle questioni legate alla assicurazione AXA, dopo l'incendio di Krefeld, con le franchigie, sulle linee di ricottura e decapaggio come la Linea 5 di Torino, portate a 100 milioni di euro: è sufficiente qui richiamare la e-mail di KR. (v. capitolo 12) ed il verbale del "board" in cui si tratta dell'argomento (v. sopra, capitolo 13, in data 24/11/2006); oltre che delle relazioni redatte, a seguito delle visite, da parte dei tecnici della assicurazione ingegneri BR. e WE.; si tratta dei "punti" 3, 5, 6 e 7 (su cui v. sempre capitolo 12). La conoscenza viene confermata dallo stesso ES. durante il suo esame: egli aveva esaminato le relazioni ed i "consigli" e/o "commenti" dei tecnici dell'assicurazione anche per lo stabilimento di Torino (v. capitolo 12), non solo nella parte di "accordo" per la riduzione della stessa franchigia (v. teste WE., in particolare su quanto riferisce relativamente a Torino e, in generale, sulla pericolosità dei flessibili e delle centrali "kleine": la Corte vorrebbe evitare continue ripetizioni, ma gli argomenti sono così "intrecciati" che l'intento è difficilmente attuabile), ma altresì nella parte - certamente più interessante per il datore di lavoro - di valutazione generale del rischio incendio nello stabilimento - anche - di Torino ed anche sulla linea 5, di cui alle relazioni dell'ing. BR..
Non vi sono dubbi poi che ES. conoscesse il documento di cui al punto 8 (v. capitolo 12) "richiesta di autorizzazione agli investimenti per i lavori di prevenzione incendi" per l'anno 2007/08, in cui, tra gli altri, viene indicato il "miglioramento dell'attrezzatura antincendio" della Linea 5 di Torino, essendo per quest'ultima necessario "per adeguarsi alle indicazioni tecniche dell'assicurazione, del reparto locale dei vigili del fuoco e del WGS". Ed è opportuno ricordare che, nella parte introduttiva dello stesso documento, si legge che gli investimenti indicati "hanno l'obiettivo di proteggere:
" - le persone;
-gli impianti e le strutture;
-l'ambiente interno ed esterno alla fabbrica."
ES. aveva anche ricevuto il 3/10/2007 la già più volte citata e-mail spedita da MO. a RE. sulla approvazione del piano di fire prevention per l'anno 2007-08 (v. nel capitolo precedente), in cui MO. così si esprimeva: "La autorizzazione all'investimento per il fire prevention è di estrema urgenza in quanto relativa ad attività strategiche per la sicurezza degli impianti e per la riduzione delle franchigie assicurative (purtroppo TKLAST è già in ritardo su questo progetto)"; "in ritardo" perché, come abbiamo sopra indicato, il termine indicato da STAINLESS per i progetti relativi al secondo anno era il 30/9/2007.

Si deve qui anche ricordare:
-che è stato proprio ES. a lanciare il "grido di allarme" in materia di sicurezza sul lavoro, individuando la necessità di interventi in quel settore a causa dei numerosi incidenti avvenuti in TK AST: era, come abbiamo visto sopra (v., in dettaglio, capitolo 14), il 28 agosto 2007, durante la riunione del "board";
-che, nel luglio precedente, sul sito aziendale - quindi certamente ES. ne era stato informato - era anche comparso l'articolo (v. sopra citato in dettaglio) sul concreto "rischio incendi" negli stabilimenti.

ES. era certamente informato, nel dettaglio, dell'incendio avvenuto nello stabilimento di Torino nel marzo 2002 e di cui alla più volte citata sentenza di primo grado, emessa in data 10/5/2004 (v. sopra, diffusamente in capitolo 5), con i rilievi - in punto piano di emergenza e carenze di impianti collettivi di protezione antincendio - ivi contenuti. La sua informazione, anche su questo, si trae sia dalla partecipazione da parte di ES. alle modifiche del "board" intervenute nel marzo successivo (2005, v. capitolo 13): infatti già in quella sede ES. era stato nominato Consigliere delegato, con minori poteri rispetto a quelli conferitigli nel 2005; sia dallo scambio di e-mail sui lavori necessari per ottenere il certificato antincendio nello stabilimento di Torino (v. capitolo 7), conseguenti - come prescrizioni - proprio all'incendio del 2002.
ES. era infatti pienamente consapevole (è sufficiente qui citare le e-mail intervenute, più volte citate e v. anche infra) del fatto che lo stabilimento di Torino fosse privo del certificato di prevenzione incendi e rientrasse tra le industrie a "rischio di incidente rilevante" (v. capitolo 7).

ES. conosceva, in modo approfondito e dettagliato - la Corte non può non sottolineare come il dato sia di grande rilievo - le reali condizioni di lavoro nello stabilimento di Torino e così gli impianti, il tipo ed il volume delle lavorazioni, gli addetti, i responsabili locali SA. e CAF. (ed il loro livello, certamente non alto, di professionalità; v. sopra, in diversi capitoli ed anche infra), le misure antinfortunistiche ed antincendio presenti, la gestione e la formazione del personale, la riduzione di quest'ultimo - soprattutto di quello con maggiore preparazione professionale, le carenti pulizia e manutenzione, i frequenti incendi: in breve, tutto il quadro che abbiamo esposto nell'intero capitolo 5 era conosciuto da ES. in tempo reale, in ogni particolare; tutte le omissioni costituenti specifica violazione della normativa antinfortunistica (v. relativi capitoli) erano - di fatto - conosciute da ES. e rientravano, in forza della ritenuta inefficacia della delega da lui conferita a SA. (v. sopra), anche direttamente sotto la sua responsabilità.
La qui affermata, dalla Corte, conoscenza - completa, approfondita e dettagliata - dello stabilimento di Torino da parte di ES. deriva in primo luogo dalla sua regolare frequentazione di quello stabilimento, come emerge da vari documenti in atti e viene confermata dallo stesso ES. durante il suo esame (v. udienza 4/11/2009).
In particolare ES. ha riferito di essersi recato, durante tutto il periodo dal marzo 2005 - da quando cioè ha ricoperto il ruolo di Amministratore Delegato, v. sopra - e sino a settembre 2007, sistematicamente e regolarmente a Torino "una, due volte al mese" (v. esame udienza 4/11/200); in quelle occasioni parlando con SA. ed anche con i collaboratori di quest'ultimo; inoltre, di avere scambiato con SA. - anche qui sistematicamente - una telefonata quotidiana, sempre avente ad oggetto lo stabilimento di Torino. Non c'è dubbio quindi che ES. conoscesse e mantenesse sotto stretto controllo quello stabilimento, come egli stesso conferma, riferendo che il suo modo di lavorare - responsabile e condivisibile - era caratterizzato dal cercare " ... sempre personalmente di verificare la situazione dei fatti".
Richiamando qui interamente quanto esaminato, esposto ed accertato nel capitolo 5, si può ben ritenere che - con la preparazione conseguente agli studi da lui seguiti ed all'esperienza nel "settore acciaio" che egli stesso ha riferito di possedere (v. esame citato e infra) - non fosse necessario ad ES. recarsi in ogni visita a Torino anche direttamente sulle linee per sapere - per conoscere - quali fossero le condizioni di lavoro in quello stabilimento. Solo aggiungendo, se ve ne fosse necessità, che neppure qualche "pulizia" comandata in più agli operai, in vista della visita del "capo", era in grado di modificare la realtà di tali condizioni, strutturalmente degradate ed in deficit di sicurezza; è sufficiente qui richiamare l'ultimo paragrafo del capitolo 5, ricordando come si era presentato lo stabilimento di Torino nonostante la disposta ed effettuata "pulizia straordinaria" (v. capitolo 5).
Si deve inoltre sottolineare che la conoscenza "diretta" dello stabilimento di Torino ha indubbiamente, in capo ad ES. - sempre con riguardo al profilo soggettivo - un valore ancor più pregnante rispetto a quella posseduta da SA. e da CAF.: il livello di competenza e di professionalità del primo non può neppure essere paragonato a quello degli altri due; senza contare poi l'inevitabile, quotidiano "confronto" tra le condizioni dello stabilimento di Torino e le - ben differenti, v. sopra e capitolo 5 - condizioni di quello di Terni, nel quale ultimo - l'episodio è riferito dai testi (v. infra in dettaglio) - ES. era così attento alla pulizia da "sgridare" anche solo se vedeva un "bicchierino" per terra.
Ed ancora, in materia di prevenzione incendi, mentre a Terni una volta al mese ES. si riuniva con i tecnici suoi sottoposti per "monitorare" la situazione incendi in quello stabilimento (v. sopra, e-mail in data 16/10/2007 e 22/11/2007, testimonianza di PE., citato, che confermano le riunioni ed il loro oggetto), secondo quanto da egli stesso dichiarato egli riteneva sufficiente ricevere da SA. "notizie" degli incendi avvenuti nello stabilimento di Torino e solamente in relazione agli incendi da lui stesso definiti "grandi": e sappiamo (v. capitolo 5) che solo sulla Linea 5 se ne erano verificati tre - "grandi" - nell'anno e mezzo precedente il 6/12/2007 (v. la loro descrizione nel capitolo 5); notizia, quest'ultima, che, già di per sé sola, anche prescindendo da tutto il restante quadro, era sufficiente per ES. a "rappresentarsi" la concreta possibilità del verificarsi dell'evento; oltre che a spingerlo a disporre immediate, urgenti ed efficaci misure di prevenzione e protezione incendi.
La conoscenza di Torino per ES. non si limitava a quella "diretta"; dall'ufficio del personale di Terni, in particolare dal responsabile FER. (v. citato), dipendevano tutte le decisioni relative al personale di Torino, ivi compresi i programmi formativi (su cui v. capitolo 5, nel corso del quale abbiamo accertato la inadeguatezza ed insufficienza); come lo stesso FER. ha riferito ed è già stato sopra esposto, egli "controllava", nell'ultimo periodo, anche la riduzione dei dipendenti ed il "venir meno delle professionalità più qualificate" (v. sopra, più volte, anche capitolo 13); lo stesso FER., quale responsabile del personale, era direttamente sottoposto ad ES. ed era con lui in continuo contatto, soprattutto in quel periodo, per le trattative e per le questioni con il personale legate all'annunciata "dismissione".
I dati a disposizione di ES. sullo stabilimento di Torino erano poi anche quelli che abbiamo già più volte citato: sui consumi del materiale estinguente e sulle ricariche degli estintori, soprattutto portatili; sugli enormi consumi di olio idraulico (nonostante il sistema oleodinamico fosse per sua natura "chiuso"); sui contratti con le ditte esterne.
ES., proprio in forza della sua diretta e dettagliata conoscenza dello stabilimento di Torino, fin dal 2005, e della sua competenza in materia, aveva avuto modo di rendersi personalmente conto del degrado via via intervenuto nello stabilimento, in conseguenza della riduzione - quando non della completa mancanza - di investimenti, come la Corte ha avuto più volte modo di esporre, sia confrontando quanto destinato allo stabilimento di Torino rispetto alla corrispondente area "PIX" di Terni (v. sopra, in più punti), sia prendendo atto dell'ingente volume di investimenti complessivi effettuato da TK AST negli anni 2005-2007 in Italia (v. sopra, capitolo 14), nel "polo ternano" in modo preminente quando non esclusivo; sia ricordando la "nota" al bilancio 2006 (v.) di THYSSEN KRUPP AST - poi eliminata nella versione definitiva per il già ricordato rinvio della dismissione: "In seguito alla decisione della società, già commentata nella relazione sulla gestione, di trasferire l'area produttiva di Torino, non sono stati effettuati investimenti significativi su quest'area". Dati che - tutti - confermano in modo del tutto "obiettivo" l'evidente diversità - tutta "in peggio" per Torino - tra i due stabilimenti (già più volte sottolineata, v. in particolare capitolo 5). Sul punto, lo stesso ES., nel corso del suo esame, alla domanda se fossero stati effettuati investimenti antincendio sulla Linea 5 prima del suo trasferimento a Terni risponde "alcuni ... nel 2006", senza neppure indicarli; nessuno nel 2007 (v. infra).
Degrado - consistente in un evidente e preoccupante deficit di sicurezza, soprattutto per il rischio incendio - che, come abbiamo diffusamente esposto, si era verificato più lentamente sino alla primavera del 2007, per poi precipitare dall'estate e nel periodo immediatamente precedente l'incendio del 6/12/2007; degrado che si era sviluppato letteralmente sotto gli occhi dello stesso imputato, Amministratore Delegato che, ogni mese, era a Torino a controllare ed a parlare con il direttore SA..

La Pubblica Accusa contesta ancora all'imputato ES. di avere omesso misure quali: "una adeguata e completa valutazione del rischio incendio" ed un "sistema automatico di rivelazione e spegnimento incendi", a fronte del fatto che la linea 5 fosse un "luogo ad elevato rischio di incendio per la presenza di olio idraulico in pressione, olio di laminazione e carta imbevuta di olio di laminazione".
La Corte ha esposto quanto, sulla base degli elementi emersi nel presente dibattimento, ha ritenuto accertato anche in relazione a tali argomenti, nei capitoli che precedono e in particolare ai numeri 5, 8, 9, 11, che devono essere interamente richiamati; si deve aggiungere qui quale fosse, rispetto ai citati argomenti, la posizione dell'imputato ES..
Si deve in primo luogo ricordare come fosse piena responsabilità in capo ad ES. la valutazione del rischio nello stabilimento - anche - di Torino e la redazione del relativo documento e di quelli costituenti di esso parte integrante: il documento di valutazione del rischio incendio, nel caso di specie né "adeguato né completo", come esposto e ritenuto dalla Corte appunto nel capitolo 9; il piano di emergenza che presentava le criticità indicate nel capitolo 5. Ben sappiamo - la Corte lo ha esaminato ed esposto diffusamente -l'importanza di tali documenti in generale e, nel caso di specie, la loro essenziale valenza negativa, in quanto concausativa dell'evento, sia con riguardo alla mancata considerazione del rischio incendio, soprattutto sulla linea 5 (rischio "elevato" e non medio, come risulta dallo schema erroneamente compilato, v. capitolo 9) sia con riguardo alla diretta esposizione al rischio incendio dei lavoratori addetti agli impianti, soprattutto sulla Linea 5 dello stabilimento di Torino, dove erano dotati - ricordiamolo - solo di estintori a CO2 (oltre che di manichette ad acqua: ma v. i lavori per l'anello antincendio, più volte citato).
L'imputato ES. si è trovato nel presente processo - giuridicamente -"costretto" (per l'indelegabilità dell'incombente, v. sopra capitolo 9) a rivendicare come "propri" tali documenti; così infatti ha dichiarato durante il suo esame, riferendo che li aveva letti e "condivisi": "ritengo che l'ing. QU. insieme a CAF. abbiano fatto un buon lavoro" e, sul piano di emergenza: " ... lo ritenevo un buon lavoro, un piano di emergenza ben fatto".
La Corte deve quindi prendere atto che ES. non si è personalmente (anche con l'ausilio di tecnici esperti, interni o esterni) occupato della valutazione del rischio nello stabilimento di Torino, ma ha lasciato a CAF. ed al consulente di sua fiducia, ing. QU. (ed a SA., che pare si sia limitato a sottoscriverlo) l'elaborazione nel merito - non quale stesura materiale! - di questi fondamentali documenti (v. capitoli 8 e 9: la Corte non vuole qui aggiungere altro), nonostante la limitata professionalità e competenza (evidente esaminando gli stessi documenti, v. sempre capitolo 9) di cui essi disponevano e di cui ES., ben più attrezzato anche sotto questo profilo (v. infra), non poteva non essere consapevole. Appare sufficiente qui ricordare gli evidenti errori nella compilazione dello "schema" per la valutazione del "grado" di rischio, con risposte confliggenti con quanto indicato appena nella pagina precedente.
Nel capitolo 11 la Corte ha esposto inoltre le norme - giuridiche e regole tecniche - che imponevano - senza dimenticare l'obbligo di tutela in capo ad ES., datore di lavoro: v. capitolo 8 - di installare, anche nella zona di entrata della linea 5 dello stabilimento di Torino, un impianto di rilevazione e di spegnimento automatico, proprio a fronte del fatto che la linea 5 costituisse "un luogo ad elevato rischio incendio".
ES. non solo, come si è già subito sopra esposto, conosceva il processo produttivo che si svolgeva - anche - sulla Linea 5; non solo conosceva le reali condizioni di lavoro nello stabilimento di Torino, soprattutto dalla primavera del 2007; non solo doveva conoscere ed anche conosceva le norme giuridiche relative alla valutazione del rischio incendio, alla prevenzione e protezione; ma conosceva anche le regole tecniche internazionali, come si è già indicato universalmente utilizzate da tutti coloro che di questa materia si occupano (e poteva inoltre disporre di tecnici interni preparati - non a Torino, dove infatti si rivolgevano a Terni - e ben poteva rivolgersi a professionalità qualificate esterne): regole tecniche che, come abbiamo riportato, descrivevano esattamente lo scenario - che poi si è verificato - in presenza di sorgenti di innesco, di combustibile e di condotti - flessibili e non - contenenti olio ad alta pressione, condizione presente sulla linea 5 anche nella zona di entrata.
Appare sufficiente qui riportare la "norma" F.M. GLOBAL (il cui scopo, lo ricordiamo, è esclusivamente la tutela dei "beni materiali": impianti e immobili e non quello di tutelare la vita e l'incolumità dei lavoratori, che pure era ineludibile obbligo in capo ad ES., v. capitoli 8 e 13): "quando l'olio idraulico viene rilasciato in pressione, il risultato solito è uno spray nebulizzato o una nebbia di gocce di olio che può estendersi fino a 40 ft (12 metri) dalla fuoriuscita. Lo spray di olio infiammabile prontamente si innesca tramite superfici calde, così come metallo riscaldato o fuso, riscaldatori elettrici, fiamme libere o saldature ad arco. L'incendio risultante usualmente è di tipo a torcia con una quantità di rilascio di calore veramente alto". Ebbene lo stesso ES. ha dichiarato, nel corso del suo esame (v. udienza 4/11/2009) di conoscere anche queste regole "tecniche" internazionali e di utilizzarle normalmente.

Si deve ancora sottolineare che ES., come del resto la carica di vertice da lui ricoperta in un grande gruppo multinazionale richiedeva e come più volte si è già accennato, aveva ed ha certamente un alto livello di preparazione e di esperienza nel "settore acciaio"; nel corso del suo esame (v. udienza del 4/11/2009) egli ha infatti riferito: "Ho studiato economia tecnica dei materiali grezzi al politecnico di Assen (errore di trascrizione: Assen è in Belgio; l'imputato dovrebbe riferirsi ad Hagen, n.d.e.) più o meno è un'università. (Assen) è il centro per l'acciaieria in Germania ... la formazione tedesca comprende anche una formazione legale e dopo i miei studi ad (Assen) ho seguito un percorso formativo supplementare di economia, sempre all'università di Hagen ... il mio primo lavoro presso la THYSSENKRUPP è del 1990 e poi ho seguito un obbligo formativo. Obbligatorio in Germania nell'ambito dell'acciaieria. Durante i miei studi ho fatto diverse esperienze presso Duisburg ... il mondo dell'acciaieria è molto complesso, ritengo come in ogni specializzazione, in ogni mestiere non si finisce mai di imparare ... negli ultimi anni diciamo che sono diventato esperto, mi sono specializzato per quanto riguarda l'aspetto del management"; alla domanda se conoscesse le "tecnologie di prevenzione in acciaieria" ES. risponde: "In linea di massima sì, ma in dettaglio ... a grandi linee sì ... sostanzialmente ho una conoscenza di massima, grossolana delle tecnologie di prevenzione, ma non ho una conoscenza dei dettagli delle singole tecnologie di prevenzione, non sono un tecnico della prevenzione".
Dotato di alto livello di preparazione e di esperienza, oltre che particolarmente attento alla prevenzione degli infortuni sul lavoro ed alla prevenzione incendi: così emerge l'imputato ES. dalle parole di molti testimoni, che hanno descritto alla Corte una persona preparata, determinata, competente, scrupolosa; in materia antinfortunistica, i testi hanno riferito delle sue "sensibilità", "incisività", severità", con l'obiettivo sempre perseguito ed indicato ai suoi collaboratori e sottoposti di raggiungere in azienda l'obiettivo "infortuni zero" e con una particolare attenzione all'aspetto della "pulizia" negli stabilimenti (v. udienza 4/5/2010, testi CL. M., CD. S., BRU. F., LA. I., SI. R., CAP. R., FR. K., SC. G., LUF. M.).
Ebbene, proprio ES., con le sue competenza, preparazione ed esperienza, avendo a disposizione tutto il quadro conoscitivo sopra richiamato, che spazia dal processo produttivo dello stabilimento di Torino (con le condizioni di lavoro da lui tecnicamente conosciute e direttamente "viste", anche sulla linea 5) a tutti gli "allarmi" sul rischio incendio negli stabilimenti del gruppo, soprattutto sulle linee di trattamento (come la linea 5), soprattutto dopo l'incendio di Krefeld, decide di non investire nulla, di non effettuare alcun intervento di 'fire prevention' nello stabilimento di Torino, neppure sulle linee di ricottura e decapaggio, neppure sulla linea 5.
Non si può certo ritenere, considerata la personalità dell'imputato, come emersa nel presente dibattimento sia durante il suo esame, sia dalle descrizioni dei testimoni, che tale decisione sia stata presa con leggerezza o non meditata o in modo irrazionale.
È quindi necessario accertare perché ES. l'abbia assunta; così ha riferito l'imputato durante il suo esame:
"P. M. (DOTT. SSA LONGO) - Torniamo al discorso che abbiamo accennato prima e poi non abbiamo concluso. Lei ci ha detto che erano previsti investimenti per 1 milione e mezzo per Torino. Questa previsione che fine ha fatto poi, visto che ci ha detto anche che poi non sono stati fatti a Torino, che fine ha fatto questo previsione? Questa previsione è stata abbandonata o è stata concretizzata? Mi sembra che ci abbia già risposto prima dicendo che non è poi stata concretizzata. La mia domanda è: Dove sono andati a finire questi stanziamenti? Non sono stati fatti questi interventi e questi soldi, queste somme, questa previsione di spesa dove è andata a finire
IMPUTATO (ES.) -1 soldi sono stati previsti per l'infrastruttura di Torino. Nel 2007 hanno deciso di chiudere lo stabilimento di Torino. Dal momento che il denaro era destinato all'infrastruttura con la chiusura dello stabilimento abbiamo deciso che questo denaro, che era stato stanziato per l'infrastruttura che sarebbe stata chiusa, sarebbe stato dirottato su uno stanziamento di 2 milioni e mezzo di Euro per gli impianti che sarebbero stati trasferiti da Torino a Terni. Dal 2007 al 2008.
P. M. (DOTT. SSA LONGO) - Quindi, questa somma sarebbe stata spesa a Terni, è corretto? Sarebbe poi stata spesa dopo il trasferimento?
IMPUTATO (ES.) - Sì, però di questi 2 milioni e mezzo di Euro, 1,3 milioni di Euro erano previsti per l'impianto di laminazione a freddo. Inoltre avevamo previsto da 800 mila a 1 milione di Euro per la linea 5, in quanto si orientavano alle indicazioni dell'assicurazione per la linea 5, relativi alla linea 5, quindi la sostituzione delle parti in plastica della linea 5 che avrebbero potuto incendiarsi. Un impianto antincendio esclusivamente per il decapaggio, per evitare quello che poi è successo.
P. M. (DOTT. SSA LONGO) - La mia domanda era: Tutti questi interventi comunque sarebbero stati fatti dopo il trasferimento della linea a Terni, è così?
IMPUTATO (ES.) - Sia perché alla fine del 2008 ci sarebbe stato il trasferimento della linea ed in quanto questi interventi avrebbero richiesto dodici mesi o più per essere completati.

P. M. (DOTT. SSA LONGO) - Chi ha deciso spostare questa previsione di spesa e di rinviarla poi definitivamente a dopo il trasferimento a Terni?
IMPUTATO (ES.) - Ci siamo messi d'accordo, ho accordato questa scelta con il mio tecnico ed in particolare con l'Ingegnere Mo..
P. M. (DOTT. SSA LONGO) - Ha concordato questa scelta, quindi mi sta dicendo che l'ha fatta lei questa scelta concordandola con l'Ingegnere Mo.?
IMPUTATO (ES.) - Io ho adottato questa decisione insieme all'Ingegnere Moroni sulla base di quanto detto prima. Vorrei aggiungere che qua si sta parlando dell'unico impianto del gruppo ThyssenKrupp Stainless, l'impianto della linea 5 era l'unico impianto del Gruppo ThyssenKrupp dove c'era un sistema di estinzione incendi, un sistema antincendio nell'area del sistema aerodinamico
(errore della trascrizione: è un errore diffuso; quasi tutte le volte in cui i testi, i tecnici ecc. parlano di sistema o impianto "oleodinamico" i trascrittori indicano "aerodinamico", n.d.e.) dell'unità idraulica."

Quindi la decisione di non investire nulla a Torino in “fire prevention” -decisione, peraltro, non del tutto nuova: abbiamo ricordato sopra, più volte, il deficit di investimenti per Torino, anche prima dello stanziamento straordinario STAINLESS - deriva da quella di chiudere lo stabilimento e non - volere -sprecare somme in "infrastrutture" destinate ad essere dopo breve tempo inutilizzate; per la precisione, come abbiamo già più volte indicato, la decisione era quella di "dar corso" alla dismissione di Torino, già stabilita almeno due anni prima. Secondo le parole di ES. (v. sopra: "hanno deciso di chiudere lo stabilimento") sembrerebbe che tale decisione - di dare corso alla già decisa chiusura - non sia stata assunta direttamente da lui; la paternità di quest'ultima decisione non ha rilievo sulla posizione soggettiva di ES., così come non ne aveva quella originaria di chiudere lo stabilimento di Torino (v. capitolo 5); rileva invece che sia stato proprio ES. (d'accordo con MO., v. sopra) a disporre zero investimenti, zero interventi.
Si tratta, senza dubbio, di una decisione razionale e, sotto il profilo economico, giustificata: mettere "in sicurezza " gli impianti (che, quindi, in sicurezza certamente non erano!), compresa la linea 5, dopo il loro spostamento nella sede in cui continueranno la produzione; perché la decisione è di chiudere quel sito produttivo; spendere quanto stanziato in via straordinaria dalla capogruppo per fire prevention' in interventi duraturi.
Ma c' è un altro elemento che, purtroppo, si inserisce in questo obiettivo: continuare la produzione, in quello stesso stabilimento, per 15 mesi successivi all'annuncio ufficiale della chiusura (v. sopra, giugno 2007). Sottolineando che questo elemento, consistente nella decisione di una chiusura "a scalare", continuando la produzione e contemporaneamente trasferendo via via gli impianti, non si era inaspettatamente inserito dall'esterno "manu militari" nei programmi di ES.; al contrario, era scaturito dai "tavoli" di discussione tra l'azienda - in persona di ES. e di FER. - e i sindacati con la mediazione governativa; ed era, nondimeno (come già esposto nel capitolo 5) decisione di cui l'azienda - ed in particolare ES. - era primo ed unico responsabile. Infatti ES., che aveva partecipato in prima persona a quelle trattative, era - anche - ben consapevole non solo delle condizioni in cui si trovava in quel periodo (giugno-luglio 2007) lo stabilimento di Torino, non solo dei frequenti incendi che ivi si verificavano - anche sulla linea 5 - ma dell'allarme sul rischio incendio negli stabilimenti del gruppo, in particolare sulle linee di trattamento come la linea 5 di Torino, dopo l'incendio di Krefeld (e quindi, senza qui ripetere ulteriormente, degli investimenti, delle franchigie, dello stanziamento straordinario ecc. ecc.). Notizie, queste ultime, tutte di carattere aziendale e riservato: come tali ignorate dagli altri interlocutori.
La decisione di continuare la produzione a Torino aveva anche, senza dubbio, un contenuto economico vantaggioso per l'azienda: significava infatti contenere i danni derivanti da un blocco totale della produzione, programmando invece il trasferimento del singolo impianto nel momento produttivo più favorevole. Si deve quindi constatare che entrambi gli obiettivi perseguiti da ES. erano di carattere economico nell'interesse non suo personale ma dell'azienda. La contemporaneità dei due obiettivi: non disporre alcun intervento di prevenzione e protezione incendi a Torino, sulle linee di ricottura e decapaggio, sulla linea 5, nonostante "tutto" in quel periodo spingesse ES. ad intervenire (dalle norme tecniche al WGS, dal dovere di tutela ai decreti ministeriali, dalle condizioni dello stabilimento di Torino alle relazioni degli assicuratori ecc. ecc.) e continuare la produzione è stata una scelta sciagurata, compiuta in prima persona proprio da ES..
Precisando che la continuità della produzione a Torino per - ancora - un lungo periodo poteva anche non essere certa nel momento della decisione di posticipare di un anno gli investimenti per quello stabilimento (28/-2/4/2007) ma lo era senz'altro nel momento della seconda decisione (ottobre 2007): interventi sugli impianti solo dopo il loro trasferimento da Torino a Terni. Nel frattempo, Torino continuava a produrre in condizioni vieppiù degradate ed in sempre maggiore deficit di sicurezza (v. capitolo 5); e tutto ciò sotto gli occhi di ES., che ha continuato a recarsi a Torino fino a settembre 2007 (v. infra).
Il complessivo quadro sopra esposto, relativo agli elementi di conoscenza ed all'alto grado della consapevolezza in capo ad ES., induce la Corte a ritenere che certamente ES., così come contestato, si fosse "rappresentato" la concreta possibilità, la probabilità del verificarsi di un incendio, di un infortunio anche mortale sulla Linea 5 di Torino; e che, altrettanto certamente, rivolgendo ES. la sua volontà verso i due obiettivi sopra indicati, insieme omettendo qualsiasi intervento di "fire prevention" in tutto lo stabilimento ed anche sulla linea 5 ed anche nella zona di entrata della linea 5, ne avesse effettivamente accettato il rischio.
Perché gli obiettivi perseguiti comportavano necessariamente - ed in effetti hanno comportato - non solo il completo azzeramento degli investimenti previsti, degli interventi necessari, indispensabili, indicati pressantemente e con urgenza ad ES. dalla STAINLESS (v. sopra, più volte), ma dei quali egli era, già solo in forza della sua preparazione e competenza, ben consapevole; ma l'altrettanto completo azzeramento delle condizioni minime di sicurezza indispensabili per lavorare su impianti come quelli dello stabilimento di Torino, compresa la linea 5. Ed anche su questo secondo "azzeramento" (v. diffusamente capitolo 5) ES. era consapevole in modo diretto, dettagliato e completo, come la Corte ha già sopra esposto.
ES. ha perseguito con determinazione entrambi gli obiettivi; nonostante, lo ricordiamo qui per l'ultima volta, l'incendio di Krefeld, per il quale la stessa azienda aveva parlato di "miracolo", con tutte le conseguenti iniziative "prioritarie" di fire prevention, nonostante le condizioni in cui si trovava lo stabilimento di Torino, nonostante il complessivo "quadro" della situazione, interamente a sua conoscenza e da lui leggibile in forza della sua competenza e modificabile in forza dei poteri a lui facenti capo.
Perché si deve ricordare, tra gli elementi utili a disvelare l'elemento soggettivo (v. sentenza sopra citata) che l'imputato ES., come abbiamo già avuto modo di sottolineare, si presenta - così è apparso anche alla Corte durante il suo esame dibattimentale - ed è stato descritto dai testi (v. sopra) come persona preparata, autorevole, determinata, competente, scrupolosa. Lo stesso ES. che, come si è esposto nel corso della presente motivazione e subito sopra, si attivava e spronava il suo ufficio tecnico per individuare e progettare le misure di fire prevention dopo il meeting di Krickenbeck; lo stesso ES. che "sgridava" anche solo per un "bicchierino" lasciato sul pavimento, insistendo sulla necessità della "pulizia" in stabilimento (a Terni), lo stesso ES. che lanciava un grido di preoccupato allarme per la sicurezza sul lavoro nell'area TK AST (v. in data 28/8/2007); lo stesso ES. datore di lavoro responsabile e consapevole dei rischi - anche del rischio incendio - esistente negli stabilimenti, soprattutto - dopo Krefeld - sulle linee di ricottura e decapaggio; ebbene lo stesso ES. volontariamente e ben consapevole non solo del significato ma delle conseguenze della sua scelta, decideva di non "fare nulla" in tema di fire prevention nello stabilimento di Torino pur mantenendo attivo lo stabilimento, pur continuando la produzione in quelle condizioni.
La Corte, sempre al fine di compiere un esaustivo accertamento dell'elemento soggettivo, deve ricordare che l'imputato, nel corso del suo esame, ha riferito di essersi recato a Torino, per l'ultima volta prima del 6/12/2007, nel precedente settembre (2007) in quanto: " ... praticamente la produzione in quei mesi (dopo settembre 2007, n.d.e.) era ridotta a 7mila (non sappiamo se il numero sia stato riportato correttamente nella trascrizione, ma qui non rileva, n.d.e.) tonnellate, non c'era la necessità di visita e non erano presenti neanche più molti impianti"; dichiarazione, nella parte in cui ES. riferisce di rivolgere la sua attenzione verso Torino solo per la "produzione" e non per la "sicurezza", che conferma ciò che abbiamo appena ritenuto; dichiarazione (nella parte in cui ci informa che egli ha "visto" lo stabilimento l'ultima volta prima dell'incidente a settembre) che non costituisce certo un "alleggerimento" delle sue responsabilità: non solo perché egli non poteva liberarsi di quest'ultima "voltando lo sguardo altrove", ma soprattutto - sotto il profilo soggettivo - perché le condizioni dello stabilimento di Torino a settembre 2007 erano certamente tali, di per sé sole (la Corte cerca di non ripetersi più del necessario) da spingerlo a prendere urgenti, seri ed immediati provvedimenti. Si deve quindi ritenere, dagli elementi esposti, che ES. nei confronti dello stabilimento di Torino avesse deciso di non investire, di azzerare qualsiasi intervento in materia di sicurezza sul lavoro e di fire prevention; avesse deciso di continuare la produzione in quello stabilimento, per 15 mesi dopo l'annuncio ufficiale della sua dismissione; avesse continuato - sino a che i volumi si presentavano economicamente "significativi" - a controllare la - sola -produzione; avesse quindi, contemporaneamente, abdicato completamente al suo ruolo di "datore di lavoro", decidendo di non effettuare a Torino alcun intervento di "fire prevention" e lasciando che per tutta la materia antinfortunistica ed antincendio, per tutta la materia di tutela della vita e dell'incolumità dei lavoratori, dei dipendenti THYSSEN KRUPP AST nello stabilimento di Torino (v. capitolo 8), ad occuparsene fossero i suoi "collaboratori" di Torino, privi di ogni potere decisionale e di spesa autonomo (v. capitolo 13) e con l'approccio quotidiano da parte di questi ultimi e con gli esiti che la Corte ha già ampiamente ricordato e trattato: e che erano parimenti conosciuti e valutati da ES., sulla base della sua preparazione e competenza in materia.
La Corte ritiene, constatando il quadro conoscitivo di cui era in possesso ES. e la condotta - sia omissiva sia commissiva - da lui mantenuta, che egli si trovi nella situazione così descritta dalla Corte di Cassazione (v. citata sopra): "Il soggetto pone in essere un'azione accettando il rischio del verificarsi dell'evento, che nella rappresentazione psichica non è direttamente voluto, ma appare probabile. In altri termini, l'agente, pur non avendo avuto di mira quel determinato accadimento, ha tuttavia agito anche a costo che questo si realizzasse, sicché lo stesso non può non considerarsi riferibile alla determinazione volitiva".
In particolare, esaminando da un lato gli obiettivi che ES. perseguiva e dall'altro le condizioni di lavoro nello stabilimento di Torino, il rischio incendio in quello stabilimento, il rischio incendio sulle linee di trattamento come emerso dopo l'incendio di Krefeld, la Corte deve concludere ritenendo che l'elemento soggettivo in capo ad ES. corrisponda a quanto esposto nella citata sentenza della Suprema Corte: "Nel dolo eventuale il rischio deve essere accettato a seguito di una deliberazione con la quale l'agente subordina consapevolmente un determinato bene ad un altro."; nel nostro caso, il bene subordinato è quello della incolumità dei lavoratori nello stabilimento di Torino; il bene sovraordinato sono gli obiettivi economici aziendali.
Ed ancora, l'applicabilità dei principi esposti nella citata sentenza al caso di specie, per l'imputato ES., sono confermati anche sotto il profilo della necessaria "correlazione" tra il "soddisfacimento dell'interesse perseguito" ed il "sacrificio di un bene diverso" (v. sempre sentenza citata); non pare neppure necessario che la Corte ancora sottolinei la sussistenza di una stretta "correlazione" tra l'interesse perseguito da ES. - gli obiettivi economici aziendali - e il bene diverso sacrificato - la tutela dell'incolumità dei lavoratori.
La Corte ritiene quindi, così come emerge da tutti gli elementi fin qui esposti, che l'elemento soggettivo di ES. non comprenda la sola previsione della concreta possibilità di verificazione dell'evento lesivo, ma altresì la "accettazione, sia pure in forma eventuale, del danno che costituisce il prezzo (eventuale) da pagare per il conseguimento di un determinato risultato" (v. sempre citata sentenza).
È doveroso aggiungere che anche ES., come tutti gli altri imputati, nutriva dentro di sé la "speranza" che nulla accadesse; la Corte lo deve ribadire, ricordando ancora una volta come nessuno, nel presente processo, abbia mai dubitato di ciò. Si deve qui ricordare, come già indicato nel precedente capitolo, che la speranza, perché il soggetto escluda dentro di sé la concreta possibilità del verificarsi dell'evento previsto (e, quindi, perché la "speranza" sia in grado di limitare l'elemento soggettivo all'alveo della colpa c.d. cosciente), deve essere caratterizzata dalla "ragionevolezza"; non essere quindi solo un moto dell'animo paragonabile all'auspicio, bensì, come insegna la Corte Suprema: " ... nella ragionevole speranza di poterlo (l'evento, n.d.e.) evitare per abilità personale o per intervento di altri fattori".
La Corte non riesce, nel caso di ES., ad individuare alcun "fattore", alcun elemento, ripercorrendo l'intero quadro a disposizione dell'imputato, in forza del quale egli potesse "ragionevolmente" sperare che non sarebbe capitato nulla, nessun incendio, nessun infortunio anche mortale nello stabilimento di Torino, soprattutto sulle linee di trattamento, soprattutto sulla Linea 5, soprattutto dopo l'incendio di Krefeld, soprattutto non intervenendo in alcun modo in prevenzione e protezione, soprattutto conoscendo le condizioni di lavoro di Torino, le condizioni di lavoro sulla linea 5, soprattutto considerata -e da lui conosciuta, v. sopra - la frequenza degli incendi a Torino e sulla linea 5.
ES. durante il suo esame ha indicato due fattori sui quali "confidava" ("sperando" che nulla accadesse): la presenza - unico caso tra le linee di trattamento negli stabilimenti del "gruppo" STAINLESS, secondo lo stesso imputato - sulla linea 5 di Torino, di un impianto antincendio a protezione della "sala pompe" (nel locale sotterraneo, v. più volte sopra); le capacità dei suoi collaboratori di Torino. La Corte ritiene che questi due fattori non rendano purtroppo "ragionevole" la speranza di ES.; non il primo, perché ES. era, come si è già esposto, perfettamente informato e pienamente consapevole (v. sopra, in più parti e capitoli) sia del processo di lavorazione sulla linea 5, sia delle condizioni di lavoro sulla stessa linea 5, sia del carico di combustibile, sia delle sorgenti di innesco presenti sulla linea 5, sia dei frequenti incendi sulla linea 5 (di cui, come si è più volte indicato, tre "grandi" solo nell'anno e mezzo precedente quello del 6/12/2007, v. sopra, più volte), sia degli impianti oleodinamici a servizio delle movimentazioni, ivi compresi gli Aspi svolgitori e avvolgitori, sia della ramificazione di condutture, flessibili e non, portanti olio ad alta pressione (140 bar), presenti sulla linea, sia quindi del concreto rischio di flash fire: come descritto dalle norme tecniche (v. sopra), oltre che dal WGS (v. sopra), oltre che dai tecnici TK AST (v. sopra), oltre che dai tecnici dell'assicurazione (v. sopra); a fronte di tale quadro (tutto quello sopra riportato) non può certo una persona competente come ES. ragionevolmente "confidare" solo su di un impianto neppure a bordo linea. La Corte ha appena indicato "solo": perché anche l'altro "fattore" indicato da ES. è privo di ogni consistenza: la competenza, l'attenzione, la preparazione di ES. anche in questa materia - delle lavorazioni in corso, della sicurezza sul lavoro, della prevenzione antincendio - impediscono di ritenere che ES. potesse razionalmente "confidare" nelle capacità dei suoi collaboratori di Torino, tra l'altro in un momento sempre delicato come quello della "dismissione" di uno stabilimento; collaboratori che non disponevano di alcun potere decisionale autonomo (v. sopra, capitolo 13) e le cui - limitate - preparazione tecnica e capacità di gestione la Corte ha già avuto modo di esporre diffusamente. Cosicché, ben consapevole anche l'imputato ES. dei limiti professionali, tecnici, di "gestione" quotidiana dello stabilimento che presentavano i suoi collaboratori di Torino, limiti che egli stesso aveva avuto ed aveva modo di conoscere "controllando" sistematicamente lo stabilimento di Torino (v. sopra), si deve concludere ritenendo che "confidare" in loro, "affidarsi" a loro per scongiurare il verificarsi dell'evento - contemporaneamente decidendo di azzerare qualsiasi intervento di 'fire prevention' e di continuare la produzione in quelle condizioni - non conferisca, purtroppo, alcun elemento di "ragionevolezza" alla sua speranza. Doverosamente qui sottolineando che - anche - l'analisi dell'elemento soggettivo in capo all'imputato ES. è stata qui rigorosamente condotta solo sulla base del quadro di conoscenza e della manifestazione esterna della sua volontà - come emergente dalla condotta da lui mantenuta -antecedenti l'evento del 6/12/2007; tanto che la Corte ritiene che non si possa ravvisare, ripercorrendo questa analisi, alcuna affermazione tratta da una valutazione ex post.

La Corte deve quindi concludere ritenendo la responsabilità penale dell'imputato ES. per i reati a lui ascritti ai capi B e C, come contestati.

Si deve ancora aggiungere, in risposta ad alcune affermazioni difensive.
Non si pone alcuna questione relativa al nesso di causalità, certamente esistente, tra la condotta - omissiva quanto commissiva - dell'imputato ES. e l'evento occorso il 6/12/2007; si è già esaminato dettagliatamente nei capitoli precedenti il nesso di causalità materiale esistente tra la violazione delle norme antinfortunistiche, la mancanza di misure e di apparecchiature antincendio, l'esistenza, invece, dell'obbligo di adottarle e l'evento occorso il 6/ 12/2007; la Corte non ritiene, dopo quanto già esposto, di dovere ancora richiamare, riassumere, riprendere: il comportamento commissivo dell'imputato ES., come abbiamo appena esaminato, riguarda proprio la decisione definitiva di non adottare alcuna misura antincendio nello stabilimento di Torino, sulla linea 5, contemporaneamente decidendo di continuare a produrre in quelle condizioni.
La difesa ha affermato, nel corso del dibattimento e durante la discussione finale, che le "misure" antincendio previste sulla linea 5 e di cui alla decisione di ES. di effettuarle solo dopo il trasferimento della stessa linea da Torino a Terni non fossero causalmente collegate all'evento del 6/12/2007 perché riguardavano, sempre secondo la prospettazione difensiva, la sola zona di decapaggio. Il nesso di causalità viene così individuato dai difensori tra gli interventi di "fire prevention" che lo stesso imputato aveva deciso prima di adottare nello stabilimento di Torino, poi annullandoli, ovvero sugli interventi programmati sulla Linea 5 dopo il suo spostamento a Terni.
L'affermazione difensiva consegue a presupposti che la Corte, come già sopra esposto, non condivide; in particolare la difesa nega che vi fosse alcun obbligo di installare sulla linea 5 impianti ed altre misure antincendio, se non nell'area di decapaggio ed infatti solo in quell'area ES. aveva deciso di intervenire; così, sempre secondo la difesa, il fatto che tale intervento fosse poi stato spostato, non ha avuto incidenza causale perché l'incendio sulla linea 5 è avvenuto altrove.
La Corte ha già esaminato ed esposto, nei precedenti capitoli ed in questo, come, invece, tali obblighi sussistessero, come ES. ben li conoscesse, come proprio nel periodo precedente il 6/12/2007 "tutto" (v. sopra) lo spingesse a prendere misure urgenti di fire prevention a Torino, sulle unità idrauliche degli impianti di Torino, sulla linea 5 di Torino; la Corte qui deve limitarsi a richiamarli, non potendo riprenderli e ritenendo addirittura superfluo, in questa sede, tentare ancora di riassumerli. Si deve poi osservare che anche l'assunto da cui prende le mosse l'affermazione difensiva - cioè che la "previsione" di interventi per la linea 5 fosse solo quella relativa ad interventi di fire prevention limitati alla zona di decapaggio - non risulta provato in dibattimento.
ES., durante il suo esame, ha appunto ripetuto che l'unica "zona" individuata come a "rischio" incendio da parte della compagnia assicurativa fosse quella delle vasche in PPT (materia plastica) e, di conseguenza, che gli interventi sulla linea 5 fossero previsti solo in tale zona; sappiamo che non è vero; sappiamo in quale modo, con quale percorso e per quale obiettivo si fosse giunti a "concentrarsi" su tale area, in particolare sulla linea 5 di Torino (v. capitolo 12); sappiamo come i testi "tecnici" abbiano evidenziato il rischio delle centrali e delle centraline idrauliche (la "kleine" di WE., v.), così come dei flessibili; ricordiamo qui il "commento" contenuto nelle relazioni di BR. sulla "priorità" della protezione con sprinkler delle centraline a servizio degli aspi svolgitori e avvolgitori; sappiamo che il WGS solo in un primissimo periodo si era "concentrato" su tali aree (v. capitolo 12); sappiamo che le norme giuridiche e tecniche imponevano ad ES. di proteggere anche la zona di entrata della linea 5; sappiamo anche, lo si deve qui ancora una volta ricordare, che l'ottica e gli obiettivi della compagnia assicurativa non coincidevano certo - e non potevano coincidere - con l'ottica e gli obiettivi che si deve porre il datore di lavoro (v. capitoli 8, 9 e 12).
Abbiamo anche visto come solo nel primo progetto di investimento a Torino, inviato da ES. in Germania pochi giorni dopo il meeting di Krickenbeck (v. sopra, in data 2/3/2007), il "dettaglio" degli investimenti per la linea 5 di Torino riguardasse appunto la sostituzione delle vasche (e delle tubazioni) in materiale plastico; ma tale sostituzione era stata "sconsigliata" - di fatto eliminata dagli investimenti secondo lo stanziamento di fire prevention - già dalla sopra citata e-mail di RI. in data 9/3/2007 (v. sopra).
I successivi "progetti" per Torino non portavano invece alcuna indicazione sugli interventi (v. sopra); in particolare, era privo di indicazioni l'ultimo che qui interessa, quello dei primi di ottobre 2007, il "from Turin"; "responsabili" di tale progetto risultano essere PE. e LI. (v.).
Il teste LI. L. (citato, v. udienza 28/5/2009), appunto indicato quale "responsabile", insieme a PE., degli interventi su tutti gli impianti "da" Torino (e si deve ricordare che, come riferito dallo stesso PE., tutti gli interventi di "fire prevention" derivanti dal budget straordinario stanziato dalla STAINLESS erano decisi dallo stesso PE., dall'imputato MO. e da LI.), così risponde alla domanda del Pubblico Ministero che gli chiedeva se sapesse quali interventi fossero stati previsti sulla Linea 5 dopo il suo trasferimento da Torino a Terni: "Non ancora perché non abbiamo fatto in tempo a decidere quello che doveva essere fatto, purtroppo poi lo stabilimento è stato chiuso anche a seguito poi dell'incidente ... "; il Pubblico Ministero allora gli contesta quanto aveva riferito come da verbale in data 11/12/2007: "In merito alla linea produttiva numero 5 ubicata presso lo stabilimento di Torino sono al corrente del fatto che la stessa dovrà subire degli interventi tecnici volti a migliorare le condizioni di sicurezza, in particolare occorrerà realizzare: un impianto di spegnimento sulla sezione del decapaggio, sulla saldatrice e sulla sezione del loop, area in cui potenzialmente si può verificare l'accumulo di carta impregnata di olio". LI. alla contestazione del P.M. risponde: " ... questo era dopo l'incidente che era(no) stati definiti gli interventi che dovevano essere fatti ... nel momento dell'incidente ed anche prima ancora non sapevamo nulla di che interventi fare". La risposta si scontra con la realtà: secondo il teste LI. gli interventi sulla linea 5 sarebbero stati individuati solo dopo l'incidente del 6/12/2007 (a pag. 88 trascrizioni aggiunge: " ... a fine novembre, più o meno, proprio forse inizio dicembre che gli interventi erano mirati soprattutto alla parte del decapaggio"); ma la sua risposta - precisa e dettagliata, v. - è stata verbalizzata, come già indicato, il giorno 11 dicembre 2007, cioè 5 giorni dopo l'incendio; la Corte non può ritenere che proprio in quei giorni fossero stati individuati gli interventi di fire prevention sulla Linea 5.
La dichiarazione resa dal teste LI. innanzi alla Corte, relativa al fatto che, prima dell'incidente, non si sapesse ancora quali interventi sarebbero stati effettuati sulla Linea 5, opposta rispetto a quella resa dallo stesso LI. nel corso delle indagini preliminari (v., come da contestazione, verbale del 11/12/2007) è documentalmente smentita dai "lucidi" allegati alla e-mail inviata in data 16/10/2007 da PE. a RI. ed allo stesso LI. (per conoscenza a MO.), intitolata "attività di protezione incendio sulle linee di ricottura e decapaggio LAC 4-LAF 5" (v. sopra, capitolo 12 per la descrizione dettagliata).
Si devono quindi restituire gli atti relativi alla testimonianza di LI. L. alla Procura della Repubblica in sede, come richiesto.

Si deve ancora, sul punto, osservare che durante il suo esame (v. citato udienza 4/11/2009) ES. riferisce che, una volta presa la decisione di non effettuare interventi sugli impianti produttivi a Torino, dopo il loro spostamento a Terni erano preventivati 2 milioni e mezzo per l'area PIX già di Torino; poi indica uno stanziamento da 800 mila ad 1 milione di euro per la Linea 5 relativo solo alla protezione della zona del decapaggio (ancora citando la sostituzione del materiale plastico, ma poi indicando anche un impianto sprinkler in quella zona). Questa sua affermazione contrasta con una serie di dati acquisiti e già indicati; in primo luogo, non si comprende perché, se per la linea di trattamento distrutta dall'incendio di Krefeld, la previsione di spesa fosse di 1 milione di euro installando un impianto di rilevazione per tutta la linea e tre impianti anche di spegnimento (v. sopra, relativo documento, presentato al meeting di Krickenbeck, quindi di pochi mesi anteriore), invece per la linea 5 si dovesse spendere la stessa cifra per il solo sprinkler nella zona del decapaggio; in secondo luogo, secondo il progetto, già esaminato, allegato alla e-mail del 16/10/2007, sulla Linea 5 erano previsti più rilevatori ed impianti di spegnimento automatico (v.); in terzo luogo, anche sulle linee di trattamento già presenti a Terni erano previsti più rilevatori ed impianti di spegnimento automatico (v. tabelle più dettagliate per Terni).
Appare quindi non rispondente alla realtà ritenere che, per la sola Linea 5, rispetto non solo alle altre linee di ricottura e decapaggio presenti a Terni, ma presenti negli altri stabilimenti del gruppo, secondo le linee-guida del WGS (che, come si è già qui sopra visto ed anche esposto nel capitolo 12, procedevano, come interventi, "oltre" le prime indicazioni delle assicurazioni; e ciò già a partire dall'aprile 2007, come testimoniato dalla e-mail di RI. Sopra riportata), la "previsione" di interventi fosse quella riferita da ES. e ribadita da suoi difensori: per la Linea 5, con un progetto unico e configgente rispetto a tutte le altre linee di trattamento, era prevista solo la "sostituzione" o "protezione" nella zona di decapaggio, perché non "necessitava" di altro.




16 La responsabilità degli imputati ES., PR., PU., MO., SA. e CAF. per il delitto di cui all'art. 437 1° e 2° comma c.p., capo A dell'imputazione.
La Corte, richiamando anche in questa parte l'intera motivazione, deve sottolineare che:
-ha esaminato, esposto ed accertato la "posizione di garanzia" ricoperta da ciascun imputato, come contestata dettagliatamente in questo capo A (e richiamata negli altri capi), nel capitolo 13;
-ha esaminato, esposto ed accertato che la linea di ricottura e decapaggio APL 5 costituiva un "luogo ad elevato rischio incendio per la presenza di olio idraulico in pressione, olio di laminazione e carta imbevuta di olio di laminazione" (v. diversi capitoli, tra cui 5, 6, 9, 11);
-ha esaminato, esposto ed accertato che la stessa linea 5 era installata presso lo stabilimento di Torino "rientrante nell'ambito delle industrie a rischio di incidenti rilevanti e sprovvisto del certificato di prevenzione incendi (v. capitolo 7);
-ha esaminato, esposto ed accertato la sussistenza delle violazioni alla normativa della sicurezza sul lavoro ed antincendio, come contestate (v. in dettaglio il capo), verificando il nesso di causalità tra tali omissioni, l'incendio e l'infortunio mortale accaduti il 6 dicembre 2007 (v. capitoli 5, 6, 10).
-ha esaminato, esposto ed accertato la necessità - derivante dalle norme di prevenzione antinfortunistica ed antincendio - di "collocare impianti e apparecchi destinati a prevenire disastri ed infortuni sul lavoro con riferimento alla linea di ricottura e decapaggio ... denominata APL 5 ... e, in particolare, di adottare un sistema automatico di rivelazione e spegnimento degli incendi" (v., in particolare, capitolo 11);
- ha esaminato, esposto ed accertato come tale omissione, ai sensi del 2° comma dell'art. 40 c.p., abbia cagionato un incendio (v. capitoli 1 e 3 e, per la sussistenza del nesso di causalità materiale, capitoli 6 e 11), che a sua volta ha determinato la morte dei lavoratori S. Antonio, S. Roberto, L. Angelo, S. Bruno, M. Rocco, DE M. Giuseppe e R. Rosario (v. capitolo 2).

La Corte deve ancora qui richiamare interamente quanto esposto nel capitolo 11 (v.), sia nella parte in fatto - norme giuridiche e regole tecniche dalle quali derivava l'obbligo di collocare tale impianto anche nella zona di entrata della linea 5 - sia nella parte di inquadramento giuridico del reato, per il profilo dell'elemento oggettivo e ricordando, in particolare, i motivi che hanno indotto la Corte a ritenere che, nel caso di specie, ricorra anche l'ipotesi di cui al 2° comma dell'articolo 437 codice penale.

Si deve ora accertare la sussistenza dell'elemento soggettivo in capo a tutti gli imputati, osservando che la contestazione elevata dalla Pubblica Accusa nei loro confronti è quella di avere "omesso, nell'ambito delle rispettive attribuzioni e competenze", di collocare, sulla linea 5 dello stabilimento di Torino, impianti ed apparecchi destinati a prevenire disastri ed infortuni sul lavoro e, in particolare, di adottare un sistema automatico di rivelazione e spegnimento degli incendi.

Nell'ipotesi omissiva - "mancata collocazione" - corrispondente al caso di specie, il delitto di cui all'art. 437 c.p. si configura come omissivo proprio, del quale rispondono solo i destinatari dell'obbligo giuridico presupposto: sappiamo, come abbiamo già sopra ricordato, che tutti gli imputati sono stati da questa Corte individuati come destinatari di tale obbligo, nella loro qualità di datori di lavoro e dirigenti (v. capitolo 13).
Il reato di cui all'art. 437 c.p., di pericolo presunto (direttamente dalla legge) è previsto nella sola forma dolosa: si tratta, secondo la costante giurisprudenza della Corte di Cassazione e la migliore dottrina, di dolo generico consistente nella volontà e nell'intenzione di violare il proprio obbligo giuridico, omettendo di collocare il o i dispositivi prescritti; il soggetto deve altresì essere consapevole della destinazione antinfortunistica del o dei dispositivi; consapevolezza che implica la pericolosità della condotta omissiva.
Insegna la Corte di Cassazione, nella già citata sentenza n. 10048/1993, non a caso ripresa ancora recentemente dalla Suprema Corte (v. tra le altre la già citata sentenza n. 20370/06): "A garanzia della pubblica incolumità il legislatore ha poi previsto l'obbligatoria realizzazione di impianti o apparecchi o segnali destinati a prevenire disastri o infortuni sul lavoro. La mancata collocazione di essi da parte di coloro che vi sono tenuti o la loro rimozione da parte di chiunque sono puniti a titolo di delitto, a norma dell'art. 437 c.p.
Si tratta di un delitto di pericolo presunto, che si consuma con la semplice omissione degli impianti o con la loro rimozione, e indipendentemente dal danno che ne deriva in concreto. Se questo poi si verifica nella forma di disastro o anche di più semplice infortunio, ricorre l'ipotesi più grave di cui al comma 2.
Sia l'omissione che la rimozione devono esser tali da determinare pericolo per la pubblica incolumità.
Questo è presunto dalla legge come conseguenza inevitabile del fatto che vengono a mancare provvidenze destinate a garantire la pubblica incolumità.
Non occorre che sia anche specificamente perseguito (dolo specifico).

Si comprende allora come anche la semplice consapevolezza e accettazione di fare a meno degli impianti o degli apparecchi o dei segnali necessari, quale che ne sia la ragione, integri pienamente il reato. Anche se è causata dalla intenzione di ridurre i costi dell'opera cui le attrezzature servono e magari nella speranza che non si verifichi disastro o infortunio, la condotta rimane illecita e punibile ... .
La volontà dell'omissione si desume dalla decisione di compiere i lavori anche indipendentemente dalla messa in efficienza delle apparecchiature e dalla provvista dello schiumogeno ...
Tutto ciò implica anche la consapevolezza e l'accettazione del pericolo insito nell'operare senza le misure prescritte e comunque indispensabili per prevenire disastri o infortuni sul lavoro. Tanto basta per rispondere dell'ipotesi dolosa di cui all'art. 437 c.p.
Poiché il disastro e l'infortunio sul lavoro, benché non voluti, si sono verificati, gli imputati rispondono dell'ipotesi aggravata di reato prevista dal comma 2 dell'art. 437 c.p.".

La già citata sentenza della Corte di Cassazione n. 6393/2005 ha affermato:
"L'elemento psicologico del delitto è costituito dalla coscienza e volontà di omettere le cautele prescritte, che abbiano una destinazione di prevenzione di disastri o infortuni, nonostante la consapevolezza di tale destinazione e, quindi, pur rappresentandosi il pericolo per la sicurezza dell'ambiente di lavoro e dell'incolumità delle persone".
La già citata sentenza n. 20370/06: "Correttamente i giudici di merito, richiamando la giurisprudenza di questa Corte di legittimità ... hanno ribadito che sussiste il dolo quando volutamente si omette la condotta doverosa nella consapevolezza che si tratti di misura destinata a prevenire disastri o infortuni, con l'accettazione del pericolo per la pubblica incolumità e senza che rilevi l'intenzione di arrecare danno alle persone".
La sentenza n. 527/2000: "Tali conclusioni appaiono perfettamente conformi ai principi dettati da questa Corte, che ha costantemente ritenuto, sulla configurabilità del reato di cui all'art. 437 c.p., che: 'è sufficiente la coscienza e volontà di omettere le cautele prescritte, nonostante la consapevolezza del pericolo per l'incolumità delle persone" (sez. I, 20/11/1996, n. 11161)".

Fermo restando l'obbligo, in capo a tutti gli imputati, di collocare l'impianto automatico di rivelazione e di spegnimento anche nella zona di entrata della linea 5 (come accertato nel capitolo 11); fermo restando che tale "dispositivo" era certamente di natura "antincendio" e quindi "antinfortunistica"; richiamato quanto già dettagliatamente esposto, con riferimento all'elemento soggettivo di ciascun imputato, rispettivamente nel capitolo 14 per SA., CAF., MO., PR. e PU.; nel capitolo 15 per ES.; con particolare riguardo:
-al quadro complessivo di conoscenza in capo a ciascuno di loro accertato, soprattutto sul rischio incendio presente sulle linee di ricottura e di decapaggio, soprattutto nello stabilimento di Torino, soprattutto sulla linea 5 dello stabilimento di Torino;
-alla da loro manifestata - nei fatti, con la loro semplice inazione ovvero con la decisione di "nulla fare" - volontà di omettere di collocare - ovvero di far sì che venisse collocato - il doveroso e prescritto dispositivo antincendio;
la Corte ritiene, a questo punto, di doversi limitare a richiamare (senza pedissequamente ripetere; ovvero inutilmente riassumere) quanto esposto ed accertato nei citati capitoli 14 e 15: perché non pare possano esservi dubbi sul fatto che il quadro di conoscenza in capo a ciascun imputato sull'elevato rischio incendio presente in tutto lo stabilimento di Torino e soprattutto sulla linea 5, anche nella zona di entrata, unito alla completa omissione da parte loro (ovvero anche alla decisione di non fare "nulla") configuri proprio quella " ... coscienza e volontà di omettere le cautele prescritte, che abbiano una destinazione di prevenzione di disastri o infortuni, nonostante la consapevolezza di tale destinazione e, quindi, pur rappresentandosi il pericolo per la sicurezza dell'ambiente di lavoro e dell'incolumità delle persone" che costituisce l'elemento psicologico del delitto di cui all'art. 437 c.p.

La Corte conclude quindi ritenendo la penale responsabilità, in capo a tutti gli imputati, anche per il delitto di cui all'art. 437, 1° e 2° comma c.p. (sub A).

I difensori (in particolare il difensore della persona giuridica THYSSEN KRUPP AST s.p.a.: vedremo come la responsabilità ex D.Lgs 231/01 possa, nel caso di specie, conseguire solo all'accertamento della responsabilità - penale - per il delitto di cui all'art. 589 c.p., v. infra) hanno affermato che, in una fattispecie - come quella di cui al presente processo - in cui si ravvisa anche il 2° comma dell'art. 437 c.p. (e cioè, in concreto, si sono verificati il disastro, l'infortunio, ovvero entrambi), tale ipotesi delittuosa, in forza dell'evento accaduto, "assorbirebbe" l'omicidio colposo, di cui all'art. 589 c.p. Parte della dottrina sostiene tale tesi, opinando come uno stesso evento (la morte) non possa essere valutato due volte ovvero che nel concetto astratto di incolumità pubblica sia compendiata anche l'integrità dei singoli soggetti.
Ma la giurisprudenza della Corte di Cassazione, con chiare ed incisive motivazioni che questa Corte ritiene di dovere condividere, afferma autorevolmente - e costantemente, sin dagli anni 70 dello scorso secolo - il concorso tra il delitto aggravato (art. 437 2° comma c.p.) e il delitto di cui all'articolo 589 c.p. La già più volte citata sentenza n. 10048/1993 così afferma: " ... Il S ... .ha denunziato come erronea la contemporanea affermazione rispetto al fatto anche del reato previsto dall'art. 437 comma 2. Tale norma e quella di cui all'art. 589 c.p. rispetto allo stesso episodio sarebbero in concorso apparente, tanto più che il disastro cui si riferisce il primo reato e l'omicidio plurimo considerato dal secondo hanno lo stesso elemento soggettivo colposo. L'individuazione di due differenti reati nel medesimo fatto comporterebbe violazione della regola del ne bis in idem.
Ma l'obiezione non è fondata.
... Il fatto ascritto al S ... .ed ad altri imputati e la dolosa omissione di impianti diretti a prevenire disastri o infortuni sul lavoro da cui sono derivati - non voluti -il disastroso incendio e l'infortunio sul lavoro. La morte dei tredici operai è ulteriore effetto, pure non voluto, della stessa omissione.
Il danno alle persone non è compreso nella ipotesi tipica complessa di cui al comma 2 dell'art. 437 c.p., in quanto costituisce effetto soltanto eventuale - e non essenziale - del disastro o dell'infortunio causati dall'omissione delle cautele. Appunto perciò la morte della persona, sia pure in conseguenza della suddetta omissione delle misure, non viene assorbita da quella stessa ipotesi delittuosa ma costituisce reato autonomo.
A tali differenti eventi corrispondono i diversi reati di cui agli articoli 437 comma 2, 449 e 589 commi 2 e 3 in concorso formale.
Non è irrilevante al riguardo che l'omicidio colposo plurimo sia punibile con pena (fino a dodici anni di reclusione) più grave di quella dell'omissione aggravata di cautele (da tre a dieci anni).

La punizione dell'uno e dell'altro reato, pertanto, non costituisce duplice condanna dello stesso fatto (bis in idem).
... Le dette previsioni normative considerano distinte situazioni tipiche: la prima riguarda la dolosa omissione con conseguente disastro, l'altra la morte non voluta di una o più persone. Sono poi dirette a tutelare interessi differenti: le prime la pubblica incolumità, l'altra la vita della persona.
Poiché le disposizioni non regolano lo stesso fatto tipico e neppure la stessa materia (art. 15 c.p.) non sussiste un concorso (o conflitto) formale di norme.
Nessun sostegno alla tesi del ricorrente può peraltro trarsi dal fatto che il disastro cagionato e la morte degli operai derivino entrambi da colpa. Le più gravi conseguenze non volute del primo reato costituiscono circostanza aggravante, nella linea seguita dal codice anche per altre situazioni analoghe.
Ma l'involontarietà del più grave evento non modifica la struttura dolosa del reato ... .
La diversità dei beni giuridici garantiti dalle due disposizioni giustifica l'applicabilità all'omicidio colposo della circostanza aggravante della violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, di cui al comma 2 dell'art. 589 c.p., che pure costituisce la condotta tipica descritta dall'art. 437 c.p. ...
Al riguardo non è dubitabile che le norme da rispettare per la prevenzione degli infortuni sul lavoro sono non soltanto quelle specifiche contenute nelle speciali leggi antinfortunistiche, ma anche quelle che, se pure stabilite da leggi generali, sono ugualmente dirette a prevenirli: come l'omissione di impianti o di segnali destinati appunto a prevenire infortuni sul lavoro di cui all'art. 437 c.p.

Il fatto che tale omissione sia ascritta come reato autonomo non esclude che possa operare anche come circostanza aggravante del concorrente omicidio colposo. Invero essa offende interessi distinti e giuridicamente autonomi, rispettivamente la pubblica incolumità e la vita della persona.
Perciò è prevista da due norme (artt. 437 e 589, comma 2 c.p.) che regolano situazioni diverse e puniscono violazioni differenti, anche quando sono realizzate con la medesima condotta - come nel caso in esame - quasi in concorso formale fra reato e circostanza aggravante di altro reato: in modo peraltro non dissimile dal più comune caso della contravvenzione per violazione di norme contro gli infortuni e di circostanza aggravante dell'omicidio o delle lesioni personali che ne conseguono".

Questa Corte ritiene convincente e condivisibile l'orientamento motivatamente espresso dalla Corte di Cassazione, escludendo quindi l'ipotesi di bis in idem come prospettata dai difensori.




17 La determinazione delle pene.
17.1 ES.
L'imputato è penalmente responsabile dei reati a lui ascritti ai capi sub A, B e C.
Si tratta di reati dolosi, che appaiono evidentemente fra loro uniti da un medesimo disegno criminoso, ai sensi del 2° comma dell'art. 81 c.p.; la Corte richiama, sul punto, quanto ampiamente già esposto.
All'imputato ES. devono essere riconosciute due attenuanti: quella di cui all'art. 62 n. 6 c.p., come da documenti in atti, essendo stato, prima del presente giudizio, risarcito (dall'azienda THYSSEN KRUPP AST) il danno ai familiari delle sette vittime; quella di cui all'art. 62 bis c.p., c.d. "generiche", in considerazione del comportamento da lui mantenuto nel corso del suo esame davanti a questa Corte: è sufficiente ricordare come egli abbia "riconosciuto" il suo ruolo di datore di lavoro anche per lo stabilimento di Torino, non abbia negato lo stretto controllo che su tale stabilimento egli manteneva, abbia rivendicato a sé la decisione di non effettuare alcun intervento di 'fire prevention' sugli impianti di Torino; tutti dati e fatti che erano già emersi in dibattimento: nondimeno si deve dare atto ad ES. di essere consapevole delle sue responsabilità e di averlo anche manifestato.
Esaminato il disposto dell'art. 133 c.p.:
-nel primo comma, punto 3), valutando a favore dell'imputato l'elemento psicologico consistente, per il più grave reato, nel dolo eventuale; sottolineando per contro, punto 2), l'estrema gravità del danno e, punto 1), la persistenza nel tempo della sua condotta omissiva e la determinazione con cui, nonostante "tutto" (v. sopra), abbia perseguito gli obiettivi economici che si era prefissi;
-nel secondo comma, valutando a favore dell'imputato l'assenza di precedenti e le sue condizioni di vita.
Così, la Corte ritiene, individuato come più grave il reato di cui al capo B, di cui all'art. 575, 81 1° comma c.p., di determinare la pena base corrispondente al minimo edittale:
anni 21 di reclusione;
diminuita per l'attenuante di cui all'art. 62 n. 6 c.p. ad anni 16 di reclusione;
diminuita per l'attenuante di cui all'art. 62 bis c.p. ad anni 11 di reclusione;
aumentata ex art. 81 1° comma c.p. per la morte delle altre sei persone ad anni 15 di reclusione (8 mesi per ogni omicidio);
aumentata ex art. 81 2° comma c.p. per il reato di cui al capo A (art. 437 1° e 2° comma c.p.) ad anni 16 di reclusione;
aumentata ex art. 81 2° comma c.p. per il reato di cui al capo C (art. 423 c.p.) ad anni 16 mesi 6 di reclusione.
ES. deve pertanto essere condannato alla pena di anni 16 e mesi 6 di reclusione, dichiarando, ai sensi dell'art. 29 c.p., la sua interdizione perpetua dai pubblici uffici; dichiarando, ai sensi degli articoli 32 quater e 37 c.p. la sua incapacità di contrattare con la Pubblica Amministrazione per la durata di anni uno, pari alla pena inflittagli per il reato di cui al capo A.

17.2 PR., PU., SA. e CAF..
Tutti e quattro gli imputati sono penalmente responsabili dei reati loro ascritti ai capi sub A, D ed E.
Solo il reato di cui al capo A, art. 437 1° e 2° comma c.p., ha natura dolosa: non è pertanto giuridicamente possibile unificare i reati sotto il vincolo della continuazione; la determinazione della pena deve essere effettuata singolarmente per ciascun reato.
A tutti e quattro gli imputati deve essere riconosciuta l'attenuante di cui all'art. 62 n. 6 c.p., come da documenti in atti, essendo stato, prima del presente giudizio, risarcito (dall'azienda THYSSEN KRUPP AST) il danno ai familiari delle sette vittime; attenuante che deve essere considerata per il solo reato di cui al capo D.
Non si ravvisano motivi per concedere l'attenuante di cui all'art. 62 bis c.p., ricordando che le c.d. "generiche" devono riferirsi a circostanze diverse da quelle già indicate dal legislatore, devono essere tali da "giustificare una diminuzione della pena" e l'assenza di precedenti condanne (condizione già ricompresa, a contrario, tra quelle indicate nell'art. 133 c.p., per la determinazione della pena, v. 2° comma, numero 2) "non può essere, per ciò solo, posta a fondamento della concessione".
In particolare, si deve osservare che, contrariamente a quanto osservato con riguardo all'imputato ES., sia PR. sia PU. si sono presentati a questa Corte non semplicemente contestando ogni loro responsabilità, come è loro fondamentale diritto costituzionale di difesa, ma negando anche una serie di fatti e di circostanze emerse documentalmente nel presente giudizio: dal contenuto dei verbali del c.d. "board", alle deleghe, alla loro posizione di garanzia (v. capitoli 13 e 14). Di tal che la Corte non ravvisa neppure nel loro comportamento processuale un motivo idoneo a giustificare tale concessione e la conseguente diminuzione di pena.
Con riguardo agli imputati SA. e CAF. si deve ricordare che il loro comportamento successivo ai reati è stato, nell'immediato, quello di cercare (tentativo "disperato" proprio per le condizioni in cui lo stabilimento si trovava) di "presentare" lo stabilimento di Torino in modo "diverso" e migliore" rispetto a quello che effettivamente era; ci si riferisce agli episodi, sopra riportati, della "pulizia straordinaria" e della sostituzione degli estintori. Nel corso del presente dibattimento, si deve quantomeno stigmatizzare la loro iniziativa di organizzare una cena nell'estate 2009 (cena poi svoltasi, alla presenza loro e dei testimoni, v. sopra) con un nutrito gruppo di colleghi ed ex colleghi che dovevano testimoniare innanzi a questa Corte nell'autunno successivo, tra l'altro dopo che il teste GV. (v. citato) aveva già presentato la sua denuncia; la Corte non vuole qui neppure ricordare gli episodi, oggetto di altro procedimento, indicati nella parte relativa allo "svolgimento del processo", ma non si può esimere dal rinviare, sul punto, alle dichiarazioni spontanee rese da CAF. (v.). Lo stesso CAF. che, durante il suo esame, non solo afferma che la descrizione dello stabilimento di Torino emersa dai testi non corrispondeva alla realtà "forse" perché i testi erano mossi da "interesse"; ma riferisce, a domanda del Pubblico Ministero, che anche le fotografie non "rendevano" tali condizioni. Comportamenti ed affermazioni di CAF. a fronte dei quali non appare sufficiente il riferimento positivo allo stesso CAF. che emerge dalle dichiarazioni di BO. (v., citato ed anche altri testi), come di persona che " ... nel momento in cui aveva l'opportunità, la possibilità di farlo ha sempre tentato di risolvere i problemi" (v. udienza 5/3/2009, pag. 19-20).
In breve, anche per SA. e per CAF. la Corte non ravvisa alcun motivo idoneo a giustificare tale concessione e la conseguente diminuzione di pena.
Con riferimento alla ritenuta attenuante di cui all'art. 62 n. 6 c.p., da applicare come si è detto al reato sub D, si deve osservare che tale reato è aggravato da due circostanze: quella di cui al 2° comma dell'art. 589 c.p. (colpa c.d. "specifica", perché commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro); quella di cui all'art. 61 n. 3 c.p. (la colpa c.d. "cosciente" o "con previsione"); nel giudizio di comparazione tra attenuante ed aggravanti, di cui all'art. 69 c.p., la Corte ritiene che le due ultime debbano prevalere sulla prima.
I motivi si traggono esaminando tali circostanze, così come si presentano nel caso di specie; dell'attenuante di cui all'art. 62 n. 6 c.p. gli imputati legittimamente beneficiano, ma essa è di carattere meramente oggettivo, esterno ed estraneo rispetto alle persone degli imputati, poiché si tratta di un esborso economico, sia pure ingente, sostenuto dall'azienda; invece, entrambe le aggravanti riguardano il profilo soggettivo degli imputati, in particolare quella di cui al 2° comma dell'art. 589 c.p. caratterizzata dalle numerose e gravi violazioni accertate (v. sopra, vari capitoli), quella di cui all'art. 61 n. 3 c.p. caratterizzata dalla intrinseca gravità dell'evento oggetto di rappresentazione.
Esaminato il disposto dell'art. 133 c.p.:
-nel primo comma, valutando a sfavore degli imputati sia la gravità del danno (numero 2) sia il grado della colpa (numero 3);
-nel secondo comma, valutando a favore degli imputati l'assenza di precedenti (numero 2) e le loro condizioni di vita (numero 4), per contro, in particolare per gli imputati SA. e CAF., valutando a loro sfavore la condotta susseguente al reato (numero 3).
La Corte deve domandarsi se la determinazione della pena debba o meno differenziarsi tra gli imputati PR., PU., SA. e CAF.; si deve osservare che i primi due rivestono una posizione di vertice (v. capitolo 13) che certamente comporta una maggiore responsabilità; sotto questo profilo, quindi, a loro dovrebbe essere applicata una pena maggiore; d'altro canto SA. e CAF., pur non possedendo poteri significativi (v. sopra più volte) e quindi, sotto questo profilo, meritando una pena minore, hanno però non solo di fatto "gestito", con le modalità e gli esiti che abbiamo diffusamente esposto, lo stabilimento di Torino, ma hanno mantenuto una condotta susseguente al reato e processuale come appena sopra ricordata e che non può essere definita "buona".
La Corte ritiene quindi che, per i motivi esposti, sia congrua una pena identica per tutti e quattro gli imputati, così in concreto determinata:
-per il reato di cui al capo D), art. 61 n. 3 c.p., 589 commi 1, 2, 3 (ora 4) c.p.:
concessa l'attenuante di cui all'art. 62 n. 6 c.p. ritenuta subvalente rispetto alle aggravanti contestate;
pena base, in misura superiore al minimo edittale per quanto già esposto, anni 4 di reclusione;
aumentata ai sensi dell'art. 61 n. 3 c.p. ad anni 5 mesi 4 di reclusione;
aumentata ai sensi del comma 3 (ora 4) dell'art. 589 c.p. ad anni 9 (aumento di anni 3 mesi 8) di reclusione.
-per il reato di cui al capo E, art. 61 n. 3 c.p., 449 c.p. in relazione all'art. 423 c.p.:
pena base, in misura superiore al minimo edittale, anni 1 mesi 2 di reclusione;
aumentata ai sensi dell'art, 61 n. 3 c.p. ad anni 1 mesi 6 di reclusione,
-per il reato di cui al capo A, art. 437 1° e 2° comma c.p.:
pena base pari al minimo edittale, anni 3 di reclusione.
Gli imputati PR., PU., SA. e CAF. devono così essere condannati, ciascuno, alla pena complessiva di anni 13 mesi 6 di reclusione; dichiarando, ai sensi dell'art. 29 c.p. (per il reato doloso, sub A, ex art. 33 c.p.), la loro interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni 5; dichiarando, ai sensi degli art. 32 quater e 37 c.p., la loro incapacità di contrattare con la Pubblica Amministrazione per la durata di anni 3, pari alla condanna loro inflitta per il reato di cui all'art. 437 c.p.

17.3 MO.
L'imputato MO. è penalmente responsabile dei reati a lui ascritti ai capi sub A, D ed E.
Solo il reato di cui al capo A, art. 437 1° e 2° comma c.p., ha natura dolosa: non è pertanto giuridicamente possibile unificare tali reati sotto il vincolo della continuazione; la determinazione della pena deve essere effettuata singolarmente per ciascun reato.
All'imputato MO. deve essere riconosciuta l'attenuante di cui all'art. 62 n. 6 c.p., come da documenti in atti, essendo stato, prima del presente giudizio, risarcito (dall'azienda THYSSEN KRUPP AST) il danno ai familiari delle sette vittime; attenuante che deve essere considerata per il solo reato di cui al capo D.
All'imputato MO. deve essere riconosciuta e considerata, per tutti i reati a lui ascritti, anche l'attenuante di cui all'art. 62 bis c.p., in conseguenza del corretto comportamento processuale da lui manifestato nel corso dell'esame innanzi a questa Corte; l'argomento è già stato esposto nel capitolo 14 e si deve qui pertanto richiamare.
Nel giudizio di comparazione tra attenuanti ed aggravanti, di cui all'art. 69 c.p., per il reato di cui al capo D, la Corte ritiene corretta, per l'imputato MO., una valutazione di equivalenza; si deve qui richiamare, per l'attenuante di cui all'art. 62 n. 6 c.p., quanto già esposto nel precedente paragrafo e cioè il suo carattere meramente oggettivo, esterno ed estraneo rispetto alle persone degli imputati, trattandosi di esborso economico, sia pure ingente, sostenuto dall'azienda; oltre a quanto già esposto su entrambe le aggravanti: quella di cui al 2° comma dell'art. 589 c.p., caratterizzata dalle numerose e gravi violazione accertate, quella di cui all'art. 61 n. 3 c.p. caratterizzata dalla intrinseca gravità dell'evento oggetto di rappresentazione. La Corte ritiene di conseguenza che, ferme restando tali considerazioni, aggiungendo che la competenza e professionalità in campo tecnico (v. sopra) rendono la colpa dell'imputato MO. di grado maggiore rispetto a quella degli imputati PR., PU., SA. e CAF., la concessione anche dell'attenuante di cui all'art. 62 bis c.p. possa spostare la comparazione a favore dell'imputato solo fino alla equivalenza e non oltre.
Anche per i reati di cui ai capi A ed E la Corte ritiene corretta la equivalenza tra l'attenuante di cui all'art. 62 bis c.p. e, rispettivamente, l'aggravante di cui al 2° comma dell'art. 437 c.p. e l'aggravante di cui all'art. 61 n. 3 c.p.
Esaminato il disposto dell'art. 133 c.p.:
-nel primo comma, valutando a sfavore dell'imputato sia la gravità del danno (numero 2) sia il grado della colpa (numero 3) ;
-nel secondo comma, valutando a favore dell'imputato l'assenza di precedenti (numero 2) e le sue condizioni di vita (numero 4).
La Corte ritiene quindi che, per i motivi esposti, la pena per MO. debba essere in concreto così determinata:
concesse le attenuanti generiche di cui all'art. 62bis c.p. per tutti i reati a lui ascritti e l'attenuante di cui all'art. 62 n. 6 c.p. per il solo reato a lui ascritto sub D), considerate sia la prima (con riferimento a tutti i reati) sia entrambe (con riferimento al reato sub D) equivalenti rispetto alle aggravanti contestate per i singoli reati;
-per il reato sub D) (art. 61 n. 3 c.p., 589 commi 1, 2 e già 3, ora 4 c.p.), ritenute equivalenti le attenuanti di cui all'art. 62 n. 6 c.p. e 62 bis c.p. alle contestate aggravanti di cui all'art. 61 n. 3 c.p. e 589 2° comma c.p.: p.b. anni 4 di reclusione, aumentata ai sensi del già 3° ora 4° comma dell'art. 589 c.p. di anni 3 mesi 8 di reclusione e così ad anni 7 mesi 8 di reclusione;
-per il reato sub A) (art. 437 1° e 2° comma c.p.) ritenuta l'attenuante di cui all'art. 62 bis c.p. equivalente rispetto alla contestata aggravante di cui al 2° comma dell'art. 437 c.p., anni 2 di reclusione e così anni 9 mesi 8 di reclusione;
-per il reato sub E) (art. 61 n. 3, 449 in relazione all'art. 423 c.p.), ritenuta l'attenuante di cui all'art. 62bis c.p. equivalente rispetto alla contestata aggravante di cui all'art. 61 n. 3 c.p., anni 1 mesi 2 di reclusione;
L'imputato MO. deve così essere condannato alla pena complessiva di anni 10 mesi 10 di reclusione; dichiarando, ai sensi degli art. 32 quater e 37 c.p., la sua incapacità di contrattare con la Pubblica Amministrazione per la durata di anni 2, pari alla condanna inflittagli per il reato di cui all'art. 437 c.p.




18 La responsabilità della persona giuridica THYSSEN KRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a.
La responsabilità delle persone giuridiche (precisamente degli "enti"), fino ad allora sconosciuta nel nostro sistema giuridico, è stata introdotta con il D.L.gs n. 231/2001, in esecuzione della Convenzione OCSE del 17/12/1997, sulla lotta alla corruzione dei pubblici ufficiali stranieri e del secondo protocollo del 19/6/1997, sulla tutela degli interessi finanziari delle Comunità Europee: entrambi atti che prevedono appunto la responsabilità della persona giuridica, in linea con quanto già stabilito in molti Stati e nell'elaborazione di reati in sede internazionale (Unione Europea, Consiglio d'Europa, Nazioni Unite).
Con la legge n. 300/2000, il cui articolo 11 conteneva la delega al Governo in materia, il Parlamento ha indicato i principi fondamentali: per quanto qui rileva, la scelta di gravare gli enti di una responsabilità amministrativa e non penale; i diversi criteri di incolpazione a seconda che autori del reato siano i vertici ovvero semplici dipendenti; l'applicazione delle norme del codice di procedura penale, in quanto compatibili; l'irrogazione delle sanzioni da parte del Giudice che conosce il reato (commesso dalla o dalle persone fisiche).
Il D.Lgs n. 231/2001 ha originariamente previsto una così ristretta categoria di reati (v. articoli 25 e 26), rispetto a quelli indicati alle lettere da a) a d) del citato articolo 11 l. n. 300/2000, da indurre la migliore dottrina a parlare di "montagna che partorisce un topolino"; è opportuno ricordare come il reato per cui qui si procede e cioè l'omicidio colposo (e le lesioni personali colpose) commesso con violazione delle norme in materia di infortuni sul lavoro fosse già ricompreso nel citato articolo 11, insieme ad altri reati logicamente riferibili a carenze organizzative di impresa, come quelli riguardanti l'ambiente e l'inquinamento.
Il legislatore ha successivamente e gradualmente ampliato il numero e la tipologia di reati presupposti rispetto alla responsabilità della persona giuridica, con vari interventi; l'ultimo, per quanto qui interessa, relativo proprio alla introduzione dell'omicidio colposo (e delle lesioni colpose) commesso con violazione della normativa antinfortunistica, di cui all'art. 25 septies; con il che si deve affermare che i principi fondamentali in materia di responsabilità delle persone giuridiche, contenuti nella citata 1. n. 300/2000, sono stati dal legislatore originariamente dettati anche con riguardo ai delitti colposi ed anche con riguardo proprio al delitto per cui qui si procede. In altre parole, la -relativamente - recente introduzione anche di questa tipologia di reati e in particolare di quello di cui all'art. 589 2° comma c.p., è avvenuta come completamento del quadro legislativo originario, che già lo indicava e che anche di esso teneva conto e non, invece, come corpo estraneo successivamente aggiunto.
Nonostante il D.Lgs citato sia stato emanato nel 2001, la sua applicazione concreta è proceduta con lentezza, come testimoniato dalle non numerose sentenze, anche della Corte di Cassazione, in materia.
La prima questione dibattuta sia in dottrina sia in giurisprudenza riguarda la "natura" della responsabilità dell'ente, definita testualmente dal legislatore come amministrativa; ritenuta invece da parte della dottrina e da alcune pronunce come, nella sostanza, penale: secondo quest'ultima prospettazione, con potenziali questioni di illegittimità costituzionale.
Contiene l'affermazione della natura penale della responsabilità dell'ente, anche se "temperata" dalla successiva affermazione di un "tertium genus", la sentenza della Corte di Cassazione n. 3615/06: " ... ad onta del nomen juris, la nuova responsabilità, nominalmente amministrativa, dissimula la sua natura sostanzialmente penale; forse sottaciuta per non aprire delicati conflitti con i dogmi personalistici dell'imputazione criminale, di rango costituzionale (art. 27 Cost.) ... "; salvo poi affermare: " ... seppure si debba considerare la responsabilità creata dalla norma come un tertium genus nascente dall'ibridazione della responsabilità amministrativa con principi e concetti propri della sfera penale ... ".
Sembra invece decisamente optare per un innovativo "tertium genus" la successiva sentenza della Suprema Corte, n. 26654/08 (e, come vedremo infra, la n. 36083/09) che, dopo avere esposto le ragioni internazionali che hanno indotto il nostro Paese ad introdurre la responsabilità in capo agli enti (v.), afferma: " ... l'art. 11 della legge delega, pur nel recepimento delle indicazioni degli strumenti internazionali, ha dotato il nuovo illecito di un volto dai contorni ancora più precisi, contemperando i profili di generalprevenzione, primario obiettivo della responsabilità degli enti, con 'le garanzie che ne devono rappresentare il contraltare'. Sulla stessa linea d'ispirazione si è mantenuto il legislatore delegato del decreto n. 231/2001.
Ne è risultata un'architettura normativa complessa che, per quanto farraginosa e - sotto alcuni aspetti - problematica, evidenzia una fisionomia ben definita, con l'introduzione nel nostro ordinamento di uno specifico ed innovativo sistema punitivo per gli enti collettivi, dotato di apposite regole quanto alla struttura dell'illecito, all'apparato sanzionatorio, alla responsabilità patrimoniale, alle vicende modificative dell'ente, al procedimento di cognizione ed a quello di esecuzione, il tutto finalizzato ad integrare un efficace strumento di controllo sociale".
Questa Corte ritiene che, nell'interpretazione delle norme, il superamento del dato testuale si possa effettuare solo a fronte di elementi importanti ed univoci, che nel caso del citato D.Lgs., non si ravvisano; la stessa dottrina citata dai difensori della persona giuridica, che ricordano la locuzione - posta dall'autore in forma interrogativa
- "truffa delle etichette", argomenta ritenendo non solo che è vero che "la disciplina realizzata ha replicato in gran parte quella penale, ma è anche vero che per alcuni aspetti, non secondari, se ne è differenziata; ed è vero inoltre che il diritto penale è naturalmente strutturato in funzione della persona fisica e dell'applicazione della pena detentiva e che un sistema di responsabilità degli enti, anche se relativo a reati, deve naturalmente essere qualcosa di diverso". La stessa dottrina, dopo avere ricordato un'importante differenza costituita dal decreto di archiviazione emesso direttamente dal Pubblico Ministero (v. art. 58 D.Lgs. 231/2001), conclude: "si può ragionevolmente ritenere che quella degli enti non sia una responsabilità penale ma si inserisca in modo originale in un articolato sistema punitivo, di cui quello penale è solo una parte".
Questa Corte ritiene quindi che la volontà del legislatore, come traspare sia dalla legge delega sia dal decreto delegato, fosse quella di introdurre una nuova forma di responsabilità, tipica degli enti: di natura amministrativa, con garanzie procedurali che richiamano quelle processualpenalistiche, con sanzioni innovative in quanto non assimilabili né alle pene né alle misure di sicurezza.
Con la conseguenza che, così definita la natura della responsabilità, non possono porsi questioni di legittimità costituzionale, in particolare l'affermato conflitto con l'art. 27 della Costituzione (e v. anche infra).

La responsabilità dell'ente è modellata con precisione dall'art. 5 citato D.Lgs: "L'ente è responsabile per i reati commessi nel suo interesse ed a suo vantaggio:
a)da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell'ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso;
b) da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a).
L'ente non risponde se le persone indicate nel comma 1 hanno agito nell'interesse esclusivo proprio o di terzi."

Nel nostro caso il reato è quello di cui all'art. 25 septies (introdotto dall'art. 9, comma 1, legge 3/8/2007 n. 123, poi riformulato dall'art. 300 del D.Lgs. 81 del 9/4/2008 (modifica relativa alle sanzioni, più favorevole alla persona giuridica, così da applicare al nostro caso): "In relazione al delitto di cui all'art. 589 del codice penale, commesso con violazione dell'art. 55, comma 2, del decreto legislativo attuativo della delega di cui alla legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di salute e sicurezza sul lavoro, si applica una sanzione pecuniaria in misura pari a 1.000 quote. Nel caso di condanna per il delitto di cui al precedente periodo si applicano le sanzioni interdittive di cui all'articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore a tre mesi e non superiore ad un anno".
Considerato che la Corte ha ritenuto la responsabilità penale, per il reato di cui all'art. 589 2° comma c.p., anche degli imputati PR. e PU. (oltre che di MO., SA. e CAF.) nel loro ruolo di datori di lavoro (v. capitolo 14) si devono qui applicare la lettera a) del primo comma dell'art. 5 ed il primo comma dell'art. 25 septies (sul documento di valutazione del rischio richiamando il capitolo 9 e ricordando che si tratta di obbligo del datore di lavoro non delegabile).
Per l'accertamento della responsabilità dell'ente il primo presupposto, conseguente alla ritenuta responsabilità penale della persona fisica, per uno dei reati elencati nella parte III del citato D.Lgs., consiste nell'accertamento dell'interesse o vantaggio che ha spinto la stessa persona fisica ad agire (o, come nel nostro caso, ad omettere colpevolmente di agire, secondo il disposto del 2° comma dell'art. 40 c.p.). La legge prevede, in negativo, che la persona fisica non debba avere perseguito un "interesse esclusivo proprio o di terzi"; in positivo, che i reati siano stati commessi nell'interesse ovvero nel vantaggio dell'ente; si potrebbe aggiungere "anche" dell'ente, considerato che ad escludere - in prima battuta, v. infra - la responsabilità di quest'ultimo è l'interesse "esclusivo" proprio della persona fisica o di terzi.
Nel caso di specie, la Corte può con certezza escludere che le condotte colpose mantenute dagli imputati fossero caratterizzate da un interesse "proprio o di terzi"; si può ravvisare un "interesse" o "vantaggio" dell'ente? La Corte ritiene che la risposta debba essere positiva: le gravissime violazioni della normativa antinfortunistica ed antincendio (v. i vari capitoli precedenti), le colpevoli omissioni, sono caratterizzate da un contenuto economico rispetto al quale l'azienda non solo aveva interesse, ma se ne è anche sicuramente avvantaggiata, sotto il profilo del considerevole risparmio economico che ha tratto omettendo qualsiasi intervento nello stabilimento di Torino; oltre che dell'utile contemporaneamente ritratto dalla continuità della produzione.
La Corte ritiene che quanto appena esposto, consistente nel collegare il requisito dell'interesse della persona fisica, dell'interesse o del vantaggio dell'ente non all'evento bensì alla condotta penalmente rilevante della persona fisica corrisponda ad una corretta applicazione della norma ai reati colposi, in particolare a quello di cui all'art. 589 2° comma c.p.; ricordando qui come la responsabilità dell'ente anche per questo reato - logicamente collegato proprio all'organizzazione aziendale - fosse stata, sin dall'origine (v. sopra) considerata dalla legge delega.

Il secondo motivo di esclusione della responsabilità dell'ente (nel caso, come quello di specie, in cui la o le persone fisiche penalmente responsabili siano anche quelle di cui alla lettera a dell'art. 5) si trova all'art. 6: "Se il reato è stato commesso dalle persone indicate nell'articolo 5, comma 1, lettera a), l'ente non risponde se prova che:
a) l'organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi".

L'obiezione difensiva sulla "automaticità" della sussistenza della responsabilità dell'ente in caso di omessa adozione del sopra indicato modello, mentre l'elemento soggettivo - dell'ente - dovrebbe consistere nella colpa, ha già trovato convincente e condivisibile risposta nella sentenza della Suprema Corte n. 36083/09: "La tesi della ricorrente si muove all'interno delle categorie tradizionali di responsabilità, mentre il decreto legislativo n. 231/2001, che ha attuato parzialmente la delega prevista dalla legge 29 settembre 2000, n. 300, ha introdotto un nuovo sistema di responsabilità sanzionatorìa, un tertium genus rispetto ai noti e tradizionali sistemi di responsabilità penale e di responsabilità amministrativa, prevedendo un'autonoma responsabilità amministrativa propria dell'ente, allorquando è stato commesso un reato (tra quelli espressamente elencati nella sezione III del D.Lgs) da un soggetto che riveste una posizione apicale nell'interesse o vantaggio della società (all'art. 5.1 lett. a), sul presupposto che - come efficacemente è stato rilevato in dottrina - il fatto-reato commesso da un soggetto che agisca per la società è fatto della società, di cui essa deve rispondere.
In forza del rapporto d'immedesimazione organica con il suo dirigente apicale, l'ente risponde per fatto proprio, senza involgere minimamente il divieto di responsabilità penale per fatto altrui posto dall'art. 27 Costituzione.
La sussistenza dell'interesse (considerato dal punto di vista soggettivo) o del vantaggio (considerato dal punto di vista oggettivo) è sufficiente all'integrazione della responsabilità fino a quando sussiste l'immedesimazione organica tra dirigente apicale ed ente. Quest'ultimo non risponde allorquando il fatto è commesso dal singolo 'nell'interesse esclusivo proprio o di terzi' (art. 5.2), non riconducibile neppure parzialmente all'interesse dell'ente, ossia nel caso in cui non sia più possibile configurare la suddetta immedesimazione ...
... Originano da questi assunti le inversioni dell'onere della prova e le previsioni probatorie di cui all'art. 6 del D.Lgs. e, specificamente, la necessità che l'ente fornisca innanzi tutto 'la prova che l'organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a tal fine" (art. 6 lett. a D.Lgs. cit.) ...
... La mancata adozione di tali modelli, in presenza dei presupposti oggettivi e soggettivi sopra indicati (reato commesso nell'interesse o vantaggio della società e posizione apicale dell'autore del reato) è sufficiente a costituire quella 'rimproverabilità' di cui alla relazione ministeriale al decreto legislativo e ad integrare la fattispecie sanzionatoria, costituita dall'omissione delle previste doverose cautele organizzative e gestionali idonee a prevenire talune tipologie criminose.
In tale concetto di 'rimproverabilità' è implicata una forma nuova, normativa, di colpevolezza per omissione organizzativa e gestionale, avendo il legislatore ragionevolmente tratto dalle concrete vicende occorse in questi decenni, in ambito economico e imprenditoriale, la legittima e fondata convinzione della necessità che qualsiasi complesso organizzativo costituente un ente ai sensi dell'art. 1.2 D.Lgs. cit., adotti modelli organizzativi e gestionali idonei a prevenire la commissione di determinati reati ...
In conclusione, dall'esame del D.Lgs n. 231/01 e particolarmente dagli artt. 5 e 6, scaturisce il principio di diritto secondo cui l'ente che abbia omesso di adottare e attuare il modello organizzativo e gestionale non risponde per il reato ... commesso dal suo esponente in posizione apicale soltanto nell'ipotesi di cui all'art. 5.2 D.Lgs. cit."


Nel caso di specie il richiesto "modello di organizzazione e di gestione" idoneo a "prevenire reati della stessa specie di quello verificatosi", cioè il reato di cui all'art. 589 2° comma c.p., non era stato da THYSSEN KRUPP AST s.p.a. neppure adottato al 6/12/2007.
Il dato è incontestabile in quanto emerge documentalmente: solo durante il Consiglio di Amministrazione del 21/12/2007 (v.) erano state approvate le modifiche del preesistente "modello organizzativo" aggiungendovi le parti relative proprio all'omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme antinfortunistiche.
La difesa sostiene che il "modello organizzativo" esisteva di fatto perché la sua elaborazione, iniziatasi già nel mese di agosto 2007, era terminata alla riunione del 30/10/2007, durante la quale il "modello" aveva assunto gli stessi contenuto e forma poi approvati dal C.d.A. il successivo 21/12/2007; inoltre, sempre secondo la difesa, tale "modello" era già stato divulgato all'interno dell'azienda ed era già stato attuato, considerato che alla riunione del 30/10/2007 aveva partecipato anche l'avv. DE.VO., membro dell'organismo di vigilanza (v. lettera b, 1° comma citato art. 6). Anche seguendo sull'argomento il c.d. "principio di effettività" e, quindi, superando in tale prospettiva il dato formale della non avvenuta adozione del "modello" da parte dell'organo competente, in epoca precedente rispetto al verificarsi del reato, la Corte deve osservare che gli elementi emersi in dibattimento escludono che tale "modello" sia stato divulgato ed, ancor meno, sia stato attuato prima del 6/12/2007. Infatti, come apprendiamo dal teste AD. P. (dalla fine del 2006 ed in allora segretario del Consiglio di Amministrazione di TK AST, v. udienza 26/3/2010), se è vero che il testo approvato il 21/12/2007 corrispondeva a quello redatto nella riunione del 30/10/2007, solo con la delibera del C.d.A. del 21/12/2007 ai due precedenti membri dell'organismo di vigilanza (DE.VO. e RAD.) era stato affiancato - proprio per la competenza in materia antinfortunistica - l'ing. CAM. (v. infra); tanto che lo stesso teste AD., alla precisa domanda della difesa, onestamente risponde: "non so se il modello organizzativo per l'omicidio colposo fosse già stato efficacemente attuato". E che, prima del 21/12/2007, non vi fosse ancora stata alcuna "attuazione" del "modello" lo conferma proprio il teste CAM. F. (responsabile ecologia, ambiente, sicurezza dal 2003, a Terni; v. udienza 26/3/2010) che riferisce: " ... sono entrato a far parte dell'organismo di vigilanza nel dicembre 2007 o gennaio 2008 ... dal punto di vista OPERATIVO, abbiamo cominciato a fare audizioni, ispezione ... nei PRIMI MESI DEL 2008, in materia di sicurezza sul lavoro".
Sul punto, non appare necessario aggiungere altro; la Corte ritiene inoltre che, in questa parte, non rilevi procedere ad esaminare nel merito il "modello organizzativo" la cui adozione formale e la cui attuazione è certamente successiva al verificarsi del reato per cui si procede.

Si deve ancora dichiarare la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale sollevate dai difensori con riguardo alla "presunzione di colpevolezza", emergente dagli articoli 5, 6 e 7 del citato D.Lgs.; con riguardo alla "indeterminatezza" dei "modelli" prescritti, emergente dagli articoli 6 e 7.
Entrambe le questioni presuppongono la natura sostanzialmente "penale" della responsabilità dell'ente, che la Corte ha già avuto modo di escludere.

La Pubblica Accusa contesta alla persona giuridica THYSSEN KRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., in persona del Presidente pro-tempore del Consiglio di Amministrazione (J. FE.): "l'illecito amministrativo di cui all'art. 25 septies del D.Lgs. 8/6/2001 n. 231 dipendente dal reato di omicidio colposo aggravato di cui al capo D commesso in Torino il 6, il 7, il 16, il 19 ed il 30 dicembre 2007 da PU. M., PR. G., MO. D., SA. R., CAF. C., nelle rispettive qualità ivi indicate, nell'interesse e a vantaggio della THYSSEN KRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p. a. ".
La Corte deve osservare la forma estremamente succinta del riportato capo di incolpazione; nondimeno, non ravvisa alcun profilo di nullità, cui hanno accennato i difensori della persona giuridica peraltro solo nel corso della loro discussione finale, osservando l'indubbia comprensibilità ed effettiva comprensione della contestazione, tanto che gli stessi difensori hanno svolto una interessante ed approfondita discussione anche nel merito, confutando il rimprovero rivolto dalla Procura della Repubblica nei confronti della THYSSEN KRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a. (v., in particolare udienza del 25/1/2011).
Come si è già sopra indicato, è applicabile al caso di specie il 1° comma del citato articolo 25 septies; perché, come abbiamo diffusamente esposto, il reato di cui all'art. 589 c.p. è stato qui commesso anche dai datori di lavoro PR. e PU. (v. capitolo 13) e non solo, in generale, con violazione delle norme antinfortunistiche, ma specificamente con violazione anche dell'art. 4 D.Lgs n. 626/94, quindi dell'obbligo inerente la valutazione del rischio ed il relativo documento (v. capitolo 9).
È interessante qui ricordare l'insegnamento della Suprema Corte anche in materia di sanzioni (v. sentenza, citata, n. 26654/08): "Il sistema sanzionatone-proposto dal D.Lgs n. 231 fuoriesce dagli schemi tradizionali del diritto penale -per così dire - 'nucleare', incentrati sulla distinzione tra pene e misure di sicurezza, tra pene principali e pene accessorie, ed è rapportato alle nuove costanti criminologiche delineate nel citato decreto. E sistema è 'sfaccettato', legittima distinzioni soltanto sul piano contenutistico, nel senso che rivela uno stretto rapporto funzionale tra la responsabilità accertata e la sanzione da applicare, opera certamente sul piano della deterrenza e persegue una massiccia finalità specialpreventiva.
La tipologia delle sanzioni, come si chiarisce nella relazione al decreto, si presta ad una distinzione binaria tra sanzione pecuniaria e sanzioni interdittive; al di fuori di tale perimetro, si collocano inoltre la confisca e la pubblicazione della sentenza.

... L'art. 9/1° lett. c) prevede la confisca come sanzione, il cui contenuto ed i cui presupposti applicativi sono precisati nell'art. 19/1°, che testualmente recita: 'Nei confronti dell'ente è sempre disposta, con la sentenza di condanna, la confisca del prezzo o del profitto del reato, salvo che per la parte che può essere restituita al danneggiato ... '. Il secondo comma di quest'ultima disposizione autorizza la confisca anche nella forma per equivalente, replicando lo schema normativo di disposizioni già presenti nel codice penale o in leggi penali speciali.
Chiara, quindi, la configurazione della confisca come sanzione principale, obbligatoria e autonoma rispetto alle altre pure previste nel decreto in esame.
... Quanto al profitto, oggetto della misura ablativa, osserva la Corte che non è rinvenibile in alcuna disposizione legislativa una definizione della relativa nozione né tanto meno una specificazione del tipo di 'profitto lordo' o 'profitto netto' ... il termine è utilizzato, nelle varie fattispecie in cui è inserito, in maniera meramente enunciativa, assumendo quindi un'ampia 'latitudine semantica' da colmare in via interpretativa.
... La vigente normativa italiana ... utilizzando un lessico che sotto il profilo semantico lascia ampi spazi, affida all'interprete il compito d'individuare, nell'ambito del complessivo sistema, il contenuto e la portata dell'oggetto della confisca.

Il profitto del reato, in definitiva, va inteso come complesso dei vantaggi economici tratti dall'illecito e a questo strettamente pertinenti, dovendosi escludere, per dare concreto significato operativo a tale nozione, l'utilizzazione di parametri valutativi di tipo aziendalistico.
La confisca del profitto di cui all'art. 19 D.Lgs n. 231/01, concepita come misura afflittiva che assolve anche una funzione di deterrenza, risponde sicuramente ad esigenze di giustizia e, al contempo, di prevenzione generale e speciale, generalmente condivise. Il crimine non rappresenta in alcun ordinamento un legittimo titolo di acquisto della proprietà o di altro diritto su un bene e il reo non può, quindi, rifarsi dei costi affrontati per la realizzazione del reato. Il diverso criterio del 'profitto netto' finirebbe per riversare sullo Stato, come incisivamente è stato osservato, il rischio di esito negativo del reato ed il reo e, per lui, l'ente di riferimento si sottrarrebbero a qualunque rischio di perdita economica.".


La difesa ha sollevato anche sulle sanzioni una questione di illegittimità costituzionale: affermando l'irragionevolezza complessiva del sistema sanzionatorio previsto dal D.Lgs 231/2001, che emergerebbe in particolare confrontando le sanzioni più contenute nei confronti dell'ente quando il reato commesso dalla persona fisica sia un grave delitto doloso - come, per esempio, la previsione dell'art. 25, per le ipotesi di concussione e di corruzione - a fronte di sanzioni più gravi per l'ente quando il reato commesso dalla persona fisica sia invece di natura (solo) colposa, come nel caso di specie secondo la previsione dell'art. 25 septies. La Corte deve qui ribadire, come già esposto, che le sanzioni non sono di natura penale; aggiungendo che proprio il criterio seguito dal legislatore nel determinare le sanzioni a carico dell'ente ne disvelano la diversa natura e, in forza di questa, l'intrinseca "ragionevolezza" nel parametrarle diversamente rispetto alle pene previste per la persona fisica. Se infatti per quest'ultima l'elemento soggettivo doloso è intrinsecamente più grave e quindi prevede pene più severe, la diversità della responsabilità dell'ente rimane indifferente all'elemento soggettivo della persona fisica e si accentra invece sulla maggiore gravità della responsabilità dell'ente quando, pur trattandosi di reato colposo, esso - come nel caso dell'art. 25 septies -riguardi la normale, quotidiana attività dello stesso ente, sia quindi - come si è già sopra accennato - "logicamente" collegato alla sua organizzazione e gestione, come senz'altro è il rispetto della normativa antinfortunistica, con la conseguente tutela dell'incolumità delle persone che in quell'ente prestano la loro attività lavorativa.
La Corte ritiene quindi manifestamente infondata anche questa proposta eccezione di illegittimità costituzionale.
Venendo all'applicazione delle sanzioni, si deve ricordare che l'indicazione di "1.000 quote" di cui all'art. 25 septies consente al Giudice di comminare una sanzione pecuniaria variabile in un ampio spettro che parte da un minimo di € 258.000,00 ad un massimo di € 1.549.000,00 (v., secondo l'art. 10 l'importo di una quota va da un minimo di € 248,00 ad un massimo di € 1.549,00).
I parametri in base ai quali la sanzione pecuniaria deve essere commisurata si trovano all'art. 11; il legislatore ha già determinato, come si è indicato, la sanzione pecuniaria nel caso di cui all'art. 589 2° comma c.p. nel massimo di mille quote; si deve osservare che, anche senza tale previsione legislativa, la gravità del caso di specie, in cui hanno trovato la morte sette lavoratori, avrebbe comportato univocamente la stessa commisurazione; al secondo comma del citato articolo 11, per la determinazione dell'importo della quota, si prescrive che sia fissato "sulla base delle condizioni economiche e patrimoniali dell'ente allo scopo di assicurare l'efficacia della sanzione"; come più volte ricordato, nel caso di specie l'ente THYSSEN KRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a. è parte di una multinazionale tra le principali del mondo; la Corte ritiene quindi congruo, allo scopo indicato dal legislatore, determinare la sanzione pecuniaria in € 1.500.000,00 (un milione cinquecentomila euro).
La difesa chiede l'applicazione delle riduzioni di tale sanzione secondo il disposto del secondo e terzo comma dell'art. 12 D.Lgs citato.
Certamente spetta all'ente la riduzione secondo la lettera a) del 2° comma dell'art. 12: "l'ente ha risarcito integralmente il danno"; si tratta - come appare evidente e come ritenuto anche dalla Corte di Cassazione nella citata sentenza n. 36083/09 - di un'attenuante del tutto analoga a quella di cui all'art. 62 n. 6 c.p. Abbiamo già ricordato come risulti documentalmente avvenuto, prima dell'apertura del presente dibattimento, il risarcimento agli stretti familiari delle vittime.
Questo secondo comma prevede una riduzione da un terzo alla metà; la Corte ritiene congruo operare la riduzione di un terzo: se è vero infatti che il risarcimento è stato ingente - non si intende complessivamente, bensì con riguardo a ciascuna famiglia dei sette lavoratori - nondimeno la gravità complessiva, anche sotto il profilo della responsabilità organizzativa e gestionale dell'ente, è tale da non permettere una più ampia riduzione.
Così la sanzione pecuniaria deve essere definitivamente determinata in € 1.000.000,00 (un milione di euro).
Infatti la Corte ritiene che non si possa applicare il terzo comma dell'art. 12, che prevede la riduzione della sanzione pecuniaria nel caso concorra, oltre al sopra ritenuto risarcimento del danno, anche la circostanza che, prima dell'apertura del dibattimento, sia stato adottato e reso operativo "un modello organizzativo idoneo a prevenire reati della stessa specie di quello verificatosi". Sotto questo profilo - sanzionatorio - la Corte deve quindi accertare, in questo caso temporalmente sino all'apertura del presente dibattimento (febbraio 2009), se il "modello organizzativo" fosse stato adottato, fosse stato reso operativo e fosse idoneo a prevenire reati della stessa specie di quello verificatosi.
Ebbene, anche sotto questo profilo non appare necessario che la Corte esamini ex professo il modello organizzativo adottato con la citata delibera del Consiglio di Amministrazione del 21/12/2007, verificandone l'idoneità a prevenire reati di cui all'art. 589 2° comma c.p.; perché la Corte ritiene che, in ogni caso, tale "modello" non fosse stato, nell'arco temporale dall'evento all'apertura del presente dibattimento, efficacemente attuato. Il motivo emerge dalle dichiarazioni del già citato ing. CAM. e testimonia come, purtroppo, nonostante la tragedia avvenuta il 6 dicembre 2007, i vertici di THYSSEN KRUPP AST s.p.a. continuassero ad occuparsi con superficialità e scarsa attenzione della sicurezza sul lavoro. Quanto affermato emerge proprio dalla nomina, quale membro dell'organismo di vigilanza di cui all'art. 6 lettera b), organismo di vigilanza che, secondo la legge, deve essere "dotato di autonomi poteri di vigilanza e di controllo", allo scopo di implementare tale organismo con un membro "competente" in materia antinfortunistica, dello stesso ing. CAM.: senza neppure preoccuparsi - per questo la Corte si permette di indicare tale scelta come "superficiale e poco attenta" - del fatto, evidente, che il membro deputato ad efficacemente vigilare sull'adozione del "modello" in materia antinfortunistica era lo stesso dirigente del settore ecologia, ambiente e sicurezza; in sostanza, l'ing. CAM., come membro dell'organo di vigilanza, doveva controllare il suo stesso operato.
La circostanza emerge senza possibilità di equivoco dalla testimonianza dell'ing. F. CAM. (v. udienza 26/3/2010): "Io sono attualmente (e dal 2003, n.d.e.) responsabile dell'ente denominato Ecologia, Ambiente e Sicurezza ... il mio ufficio ha due settori. Una parte si occupa di ambiente e una parte di sicurezza ... per quanto riguarda la parte sicurezza, c'è la RSTP alle mie dipendenze con i tecnici ASTP che si occupano di sicurezza ... "; a precisa domanda del Pubblico Ministero, sul fatto che egli dovesse "vigilare anche su se stesso" l'ing. CAM. risponde: " ... io ... le confesso ... che ho avuto qualche dubbio su questo ... visto che siamo in Italia. Conflitto di interessi è una locuzione che va di moda. Però ecco ne ho parlato con il nostro legale ... ne parlai con l'avv. DE.VO. ... Lui mi ha detto che la mia presenza all'interno dell'organismo di vigilanza aveva un po' il compito di fluidificare, di fare un po' diciamo da tramite ... io faccio ancora parte, sì (dell'organismo di vigilanza, n.d.e.)".
Quindi l'ing. CAM., dirigente responsabile del settore sicurezza sul lavoro, entra a far parte dell'organismo di vigilanza di cui all'art. 6 lettera b) nel dicembre 2007, proprio per la sua competenza in materia di sicurezza e, nonostante i fondati dubbi, da lui stesso sollevati, sulla sua contraddittoria funzione di controllore e di controllato, vi permane certamente oltre la dichiarazione di apertura del presente dibattimento (febbraio 2009), quantomeno sino alla data in cui ha reso la sua testimonianza (26/3/2010).
La Corte ritiene che questa circostanza, di per sé sola, induca a ritenere che il modello adottato, nel periodo preso in considerazione, non poteva essere stato reso operativo, tanto meno in modo efficace, sottolineando che tale organismo deve essere dotato, secondo il citato art. 6, di "autonomi poteri di iniziativa e di controllo": non è necessario spendere ulteriori parole sulla "autonomia" del controllore quando è la stessa persona fisica del controllato.

L'art. 25 septies, come si è sopra indicato, prevede nell'ipotesi del primo comma, corrispondente al caso di specie, anche l'applicazione delle sanzioni interdittive "di cui all'art. 9, comma 2, per una durata non inferiore a tre mesi e non superiore ad un anno"; l'art. 9 comma 2 elenca le seguenti sanzioni interdittive: "a) l'interdizione dall'esercizio dell'attività; b) la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell'illecito; c) il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio; d) l'esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l'eventuale revoca di quelli già concessi; e) il divieto di pubblicizzare beni o servizi".
Secondo il successivo articolo 13 le sanzioni interdittive "si applicano in relazione ai reati per i quali sono espressamente previste": e l'art. 25 septies lo prevede; ma purché ricorra - anche - almeno una delle condizioni indicate nello stesso articolo 13. Nel caso di specie, non ricorre la lettera b); ricorre invece, ad avviso della Corte, la lettera a) che recita: "l'ente ha tratto dal reato un profitto di rilevante entità e il reato è stato commesso da soggetti in posizione apicale ovvero da soggetti sottoposti all'altrui direzione quando, in questo caso, la commissione del reato è stata determinata o agevolata da gravi carenze organizzative". Allora, il fatto che a commettere il reato siano stati soggetti in posizione apicale - PR. e PU. - oltre che sottoposti agevolati da gravi carenze organizzative - MO., SA. e CAF. - è già stato affermato e non necessita di ulteriori precisazioni; il fatto che l'ente abbia tratto da tale reato - come si è sopra indicato, dalla condotta omissiva che ha causato tale reato - un profitto di rilevante entità è stato già sopra accennato, riferendosi all'indubbio "vantaggio" - corrispondente ad un "rilevante profitto" che THYSSEN KRUPP AST s.p.a. ha tratto dall'avere risparmiato le somme necessarie per effettuare, nello stabilimento di Torino, gli indispensabili ed obbligatori interventi di "fire prevention", oltre che dall'avere continuato la produzione nello stesso stabilimento, con l'utile che ne è conseguito. Si deve qui richiamare l'analisi sulla natura di tale "profitto" emergente dalla sopra citata sentenza della Corte di Cassazione, in particolare laddove afferma che: "Il profitto del reato, in definitiva, va inteso come complesso dei vantaggi economici tratti dall'illecito e a questo strettamente pertinenti, dovendosi escludere, per dare concreto significato operativo a tale nozione, l'utilizzazione di parametri valutativi di tipo aziendalistico".
Aggiungendo alcune considerazioni tanto ovvie quanto, forse, necessarie: che tale profitto, nel caso di specie, del reato colposo di cui all'art. 589 2° comma c.p., non deve certo essere collegato all'evento bensì alla condotta che lo ha causato (e v. anche sopra); che la determinazione, in concreto, di tale profitto, poteva essere agevolmente indicata dalla THYSSEN KRUPP AST s.p.a., mettendo a disposizione pari somma come previsto dalla lettera c) dell'art. 17 (v. infra); che, in mancanza di tale determinazione, di nessun rilievo appare una consulenza tecnica affidata ad un prestigioso professionista esterno; che, in mancanza di tale determinazione, la Corte non può che attestarsi sul profitto "minimo", corrispondente alla somma indicata per la - prima e non definitiva - messa in sicurezza della linea 5 dello stabilimento di Torino, pari ad € 800.000,00 (v. sopra, vari capitoli), non disponendo di sufficienti dati per indicare anche quanto THYSSEN KRUPP AST s.p.a. abbia guadagnato continuando la produzione nello stabilimento di Torino.
La somma così determinata di ottocentomila euro può ritenersi di "rilevante entità"? Se fosse valutata in relazione alla grandezza economica di THYSSEN KRUPP AST s.p.a. si potrebbe anche rispondere di no; ma la Corte ritiene che tale valutazione debba essere riferita a criteri oggettivi generali, così da non privilegiare l'ente che abbia maggiori disponibilità economiche, rispetto all'ente dotato di minori risorse. La risposta deve pertanto essere positiva.
I difensori chiedono che non sia applicata a THYSSEN KRUPP AST alcuna sanzione interdittiva in forza dell'appena citato articolo 17; la Corte osserva che tale articolo esclude appunto l'applicazione delle sanzioni interdittive nel caso che, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento (nel nostro caso, come si è indicato, febbraio 2009), concorrano tutte e tre le condizioni indicate nello stesso articolo; nel caso di specie, ricorre solo la prima condizione, di cui alla lettera a) che riguarda l'integrale risarcimento del danno (v.); non ricorre né la condizione di cui alla lettera b) che riguarda di nuovo l'adozione e l'attuazione del "modello" organizzativo idoneo (v. subito sopra), né la condizione di cui alla lettera c), che riguarda la messa a disposizione, da parte dell'ente, del "profitto conseguito ai fini della confisca".
Ricorrono pertanto tutte le condizioni previste dalla legge per l'applicazione, nel caso di specie, alla THYSSEN KRUPP AST s.p.a., anche delle sanzioni interdittive.
La Corte è ben consapevole della importanza e della delicatezza di tali sanzioni, che possono pesantemente incidere su di una realtà produttiva di grandi dimensioni e nella quale lavorano migliaia di persone; d'altro canto, oltre ad essere l'applicazione anche di tali sanzioni imposta dalla legge, come appena esposto, non vi è dubbio che proprio all'ente e proprio nel caso di specie si debbano fondatamente rimproverare gravi carenze organizzative e gestionali in materia di sicurezza sul lavoro, causalmente collegate all'evento; oltre, come si è subito sopra esposto, ad una mancanza di attenzione a tale materia che è perdurata anche dopo il tragico evento.
Appare congruo quindi applicare a THYSSEN KRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., esaminato l'art. 14 citato D.Lgs., la sanzione interdittiva di cui alla lettera d) (nel dispositivo è erroneamente indicata la lettera a) dell'art. 9, consistente nella sua esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi pubblici per la durata di mesi sei; oltre alla sanzione interdittiva di cui alla lettera e) stesso articolo, del divieto di pubblicizzare beni o servizi sempre per la durata di mesi sei.
Ai sensi dell'art. 19, richiamando quanto già sopra esposto, si deve confiscare la somma di € 800.000,00 (ottocentomila euro).
Ai sensi dell'art. 18 D.Lgs. 213/2001 appare altresì congruo disporre, ricorrendone il presupposto, la pubblicazione della presente sentenza, per estratto e per una volta, sui principali quotidiani a diffusione nazionale: "LA STAMPA", "IL CORRIERE DELLA SERA", "LA REPUBBLICA", oltre a disporre l'affissione, sempre per estratto, nel comune di Terni, in cui THYSSEN KRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a. ha la principale sede italiana.




19. Le parti civili.
19.1 Introduzione

La materia della costituzione nel processo penale di soggetti "danneggiati" dal reato e la materia dell'esistenza e del risarcimento del danno (in particolare del danno "non patrimoniale") derivante da reato hanno conosciuto, in quest'ultimo decennio, una rielaborazione giurisprudenziale, anche e soprattutto ad opera della Corte di Cassazione civile e penale, che ha comportato una loro effettiva trasformazione, nei principi di diritto enucleati e relativi alla legittimazione, alla individuazione della lesione (profilo dell'an), così come alle indicazioni per la concreta determinazione (profilo del quantum).
La Corte svolgerà qui un paragrafo introduttivo della materia, rivolto alle questioni rilevanti nel presente processo, seguendo il più recente insegnamento della Suprema Corte, con una breve premessa:
-tutte le parti civili si sono costituite (sulla ammissibilità interamente richiamando le ordinanze emesse, v.) nel presente dibattimento quali persone fisiche ovvero giuridiche, ovvero associazioni ed enti collettivi, danneggiate da tutti o da alcuni dei reati oggetto di accertamento nel presente dibattimento, per ottenere il ristoro del danno patrimoniale (in alcuni casi) e non patrimoniale (in tutti i casi), assumendo di averlo subito in conseguenza degli stessi reati, quindi ai sensi degli articoli 185, 2° comma, c.p., 74 c.p.p., 2059 ce. Si tratta quindi, nella prospettazione, di "soggetti" ai quali "il reato ha recato danno", come indica il citato art. 74 c.p.p.; la stessa dizione della norma - "soggetto" - permette di ricomprendere, nella categoria dei "danneggiati", la persona fisica così come la persona giuridica e, in generale, gli "enti collettivi": in questa direzione, anche dopo la modifica, ormai ultraventennale, dello stesso articolo, si è sviluppata la giurisprudenza sul punto. Si deve aggiungere come, secondo la più recente giurisprudenza della Corte di Cassazione (v. in ultimo sentenza penale n. 22558/2010) le disposizioni dell'art. 91 e segg. c.p.p. non esauriscono le possibilità di tutela che l'ordinamento riconosce agli enti esponenziali, bensì: "gli articoli richiamati prevedono una forma di intervento e partecipazione al processo penale sicuramente nuova, in quanto non conosciuta dal codice di rito previgente, ma non esaustiva delle facoltà riconosciute ad enti ed associazioni rappresentativi degli interessi lesi dal reato; si tratta di una modalità di partecipazione al processo ulteriore rispetto alla costituzione di parte civile, che resta pienamente possibile e consentita nei limiti di quanto stabilito dall'art. 74 c.p.p., e del richiamato art. 185 c.p.; ciò è confermato dalla disposizione dell'art. 212 disp. att. c.p.p. il cui senso è quello di ricondurre la possibilità di costituzione di parte civile, eventualmente consentita da disposizioni previgenti, al rispetto dei limiti di cui al predetto art. 74. Né può diversamente ritenersi a seguito della espressa previsione contenuta nell'art. 61 del D.L .vo n. 81 del 2008 che attribuisce alle organizzazioni sindacali e alle associazioni dei familiari delle vittime di infortuni sul lavoro la facoltà di esercitare i diritti e le facoltà della persona offesa, trattandosi di una previsione che non modifica il quadro generale delle possibilità di partecipazione al processo, ma si limita a riconoscere a determinati soggetti, tra cui anche i sindacati, il potere di intervenire nel processo a prescindere dai requisiti stabiliti dal codice di rito. ";
-che l'avvenuto accertamento, nel presente dibattimento e secondo la motivazione sopra esposta, della sussistenza dei reati e della responsabilità penale, dolosa o colposa, in capo alle persone fisiche imputate, rappresenta il primo indispensabile presupposto dal quale partire per verificare l'esistenza della lesione affermata da ciascuna parte civile quale conseguenza del o dei reati e se da tale lesione derivino, in concreto, dei danni patrimoniali o non patrimoniali; attenendosi alle domande proposte;
-che l'ampia istruttoria dibattimentale, orale e documentale, ha permesso alla Corte non solo di accertare, nei singoli casi che verranno infra indicati, l'esistenza di un danno ingiusto, ma anche di provvedere, salvo alcune eccezioni, alla liquidazione.
Con riferimento alla liquidazione del o dei danni, patrimoniali e/o non patrimoniali, per ciascuna parte civile che ne ha diritto, si deve ricordare:
-che si tratta di debito di valore per entrambe le categorie di danno; la concreta liquidazione, nel caso di specie, è stata dalla Corte attualizzata al momento della sentenza, cosicché è dalla data del dispositivo che decorrono, sulle somme indicate, i soli interessi legali;
-che il danno patrimoniale soggiace all'onere della prova non solo, come quello non patrimoniale, sotto il profilo dell'esistenza, bensì anche sotto quello della sua determinazione, salva la dimostrazione dell'impossibilità di provare il suo preciso ammontare (v. art. 1226 c.c.);
-che invece il danno non patrimoniale (su cui v. anche infra), che ricomprende ogni ipotesi in cui sia leso un valore inerente alla persona (fisica, giuridica, ente collettivo e v. infra) non suscettibile direttamente di valutazione economica, proprio per questa sua natura deve essere liquidato equitativamente dal Giudice, indicando a grandi linee i criteri seguiti e servendosi, quando possibile, di parametri generalmente riconosciuti (recentemente la Suprema Corte ha indicato per la liquidazione del danno "biologico'' e morale e del solo danno morale da lesione parentale la opportunità di avvalersi delle c.d. "tabelle" utilizzate dal Tribunale di Milano; tabelle seguite anche, ormai costantemente, dal Tribunale di Torino, v. anche infra).
La Corte sottolinea inoltre che, per determinare il quantum del risarcimento, è indispensabile riferirsi anche alla gravità del reato che ha causato la lesione sofferta: con la conseguenza che, non potendo qui la Corte riesporre per ogni persona fisica o giuridica le considerazioni inerenti ciascun reato e che costituiscono la precedente parte motiva, deve qui limitarsi a richiamarle integralmente, solo affermando, in questa sede e senza doverlo infra ripetere volta per volta, che tutti i reati sono caratterizzati da estrema gravità, come accertato ed esposto nella precedente motivazione.

La Corte osserva che la posizione e la richiesta delle varie parti civili costituite (in totale n. 52) possono essere esaminate, considerata l'analogia delle loro posizioni, secondo una serie di "raggruppamenti" come di seguito individuati:
l) gli Enti Pubblici Territoriali: Regione Piemonte, Provincia di Torino, Comune di Torino; le Associazioni: FIM-CISL, FIOM-CGIL, UILM-UIL, FLMU Uniti-CUB, Medicina Democratica;
2) alcuni dipendenti (n. 9) THYSSEN KRUPP AST che lavoravano nello stabilimento di Torino, presenti nella notte del 6/12/2007 e che affermano di avere subito un danno non patrimoniale dal reato sub C) e sub E): C.G., T.R.G., C.F.D., S.F., R.P., B.P., P. S., P.G., DI F. R.; oltre che, solo i primi 7, patrimoniale;
3) gli stessi dipendenti appena indicati, insieme ad altri (n. 28): BO. A., A.G., A.S., Z.A.E., V.A., V.R., P.M., P.B., B.G., A.F., P.G., L.G.L., L.R., D'A.M., A.S., B.S., D.G., N.M., M.J., A.C., M.G., C.V., R.G., G.L., A.P.I., A.L., G.P., L. P.G.), tutti lavoratori dello stabilimento di Torino, che affermano di avere subito un danno non patrimoniale direttamente conseguente al reato sub A) ;
4) alcuni parenti e affini delle vittime che chiedono il risarcimento del danno da lesione parentale (n. 7): G.S., M.D., M.S., M.E., P.G., P.R., T.L..

Ciò premesso, si deve in linea generale, per chiarire i principi di diritto che saranno qui seguiti secondo l'insegnamento della Corte di Cassazione, riportare ampi stralci della recente sentenza già sopra citata (n. 22558/2010), che espone, con chiarezza e completezza, l'attuale posizione della giurisprudenza in tema di risarcimento del danno, ripercorrendo l'iter dell'ampia rielaborazione cui si è già accennato sopra: "Venendo al tema di fondo posto dai ricorsi degli imputati, la questione della legittimazione a costituirsi parte civile nel procedimento penale promosso per un reato che si concreta nell'essere stata cagionata la morte o lesioni personali ad un lavoratore subordinato con inosservanza delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, si inquadra nel più generale tema del riconoscimento della tutela degli interessi collettivi e diffusi e della azionabilità di posizioni giuridiche soggettive non rientranti nella tradizionale nozione di diritto soggettivo.
Si tratta di una questione delicata e a lungo dibattuta, riguardo alla quale appare opportuno un breve inquadramento sistematico ed il richiamo dei passaggi fondamentali che hanno segnato l'evoluzione della giurisprudenza di questa Corte, senza peraltro pretesa di completezza alcuna, certamente non possibile nei limiti della presente decisione e attesa la complessità della materia.
Riferimento fondamentale in materia è l'art. 74 del codice di rito vigente, a norma del quale 'l'azione civile per le restituzioni e per il risarcimento del danno di cui all'art. 185 del codice penale può essere esercitata nel processo penale dal soggetto al quale il reato ha recato danno ovvero dai suoi successori universali, nei confronti dell'imputato e del responsabile civile'. La norma è sostanzialmente conforme alla disciplina precedente, rispetto alla quale il termine persona è stato però sostituito con quello di 'soggetto' per chiarire che sono legittimate non solo le persone fisiche e giuridiche ma anche soggetti non personificati, come appunto è il caso che qui interessa, avendo il sindacato natura giuridica di associazione non riconosciuta.
La questione della legittimazione alla costituzione di parte civile (legitimatio ad causam) si risolve dunque nella individuazione del soggetto al quale il reato ha recato danno e dei requisiti del danno risarcibile (danno ingiusto). Per lungo tempo la giurisprudenza di questa Corte, sia civile che penale, ha affermato, almeno in prevalenza, principi assai restrittivi in materia che possono ricondursi alla necessità che il danno consista nella lesione di un diritto soggettivo e sia conseguenza immediata e diretta dell'illecito (v. in particolare S.U. civili 8/5/1978 n. 2207; S.U. penali 21/4/1979 n. 5519 e S.U. penali 21/5/1988 n. 3).
In particolare in questa ultima sentenza, premesso che l'azione civile per le restituzioni e il risarcimento del danno è unica, sia che venga esercitata proponendo la relativa domanda al giudice civile, sia che venga proposta in sede penale e che identici sono i presupposti e le condizioni necessarie per l'ammissibilità della domanda, è stato chiarito che la legittimazione alla costituzione di parte civile corrisponde alla titolarità del diritto fatto valere con l'azione proposta e che il danno per essere risarcibile deve essere ingiusto, ribadendosi che danno ingiusto è quello che deriva dalla lesione di un interesse tutelato in via diretta ed immediata dall'ordinamento e cioè dalla lesione di un diritto soggettivo; si è esclusa la legittimazione a costituirsi del consiglio di fabbrica ... .

La sentenza ha approfondito il tema degli interessi collettivi e pur riconoscendo che anche tali interessi, definiti collettivi in quanto riferibili appunto ad una collettività indeterminata di soggetti impersonalmente ritenuti portatori degli interessi stessi, possono essere tutelati in modo diretto ed immediato dall'ordinamento giuridico così da assurgere a diritti (e che il danno risarcibile può essere sia patrimoniale che non patrimoniale), ha precisato che l'interesse collettivo assurge a diritto solo quando è individuato da una norma c.d. di protezione che dà giuridico rilievo all'interesse stesso con riferimento ad una collettività determinata, caratterizzata dalla comunanza degli interessi in questione. Facendo assurgere la collettività stessa a soggetto di diritto. Ha poi individuato nel potere di diretto controllo sull'osservanza della normativa di protezione dei lavoratori e di autonoma promozione di attività di studio e ricerca al riguardo l'interesse direttamente protetto dall'art. 9 dello Statuto dei Lavoratori in capo alla collettività dei lavoratori di ciascuna azienda (nella specie si discuteva della costituzione di parte civile del Consiglio di fabbrica), escludendo che il fatto illecito contestato, l'avere gli imputati cagionato lesioni colpose a un dipendente, potesse ritenersi lesivo del diritto individuato dall'art. 9. Allorché, a causa dell'inosservanza di una norma di prevenzione, si verifichi una lesione della salute di un lavoratore, un tale fatto, di per sé, secondo le Sezioni Unite, non implica la violazione del diritto conferito alla collettività dei lavoratori dall'art. 9; implica la violazione del diritto alla salute del lavoratore, il quale soltanto ha titolo per pretendere il risarcimento del danno da parte di chi, mediante la inosservanza della norma di prevenzione, ha cagionato la lesione.
La necessità della diretta ed immediata consequenzialità tra reato e danno (ancorata allo specifico requisito previsto dall'art. 1223 c.c. in tema di responsabilità per inadempimento contrattuale) è stata però successivamente abbandonata dalla giurisprudenza di questa Corte, via via che si evidenziava la natura plurioffensiva dell'illecito penale e si affermava la possibilità di ritenere risarcibili anche danni che nella norma penale trovano solo una protezione mediata, non costituendo gli stessi oggetto specifico della tutela dalla stessa prevista. È ormai pacificamente ritenuto (da ultimo sez. I 8/11/2007 n. 4060; sez. I 2/3/2005 n. 13408; sez. IlI 12/7/2004 n. 36059) che il danneggiato dal reato non si identifica necessariamente con il soggetto passivo del reato, ma è chiunque abbia riportato un danno eziologicamente riferibile all'azione od omissione del soggetto attivo del reato. E anche la dottrina ha affermato che la locuzione 'danno immediato e diretto' esprime semplicemente l'esigenza dell'ordinamento dell'ordinario nesso di causalità tra reato e danno, richiedendo uno stretto collegamento del danno con gli interessi tutelati dalla norma penale incriminatrice al fine di evitare che vengano esercitate in sede penale azioni civili solo occasionalmente connesse al reato per cui si procede.
Requisito centrale del danno risarcibile è dunque diventato quello posto dall'art. 2043 c.c. del 'danno ingiusto'.
Tradizionalmente, e lo si è già sopra ricordato, l'ingiustizia del danno è stato identificato nella lesione di un diritto soggettivo.
Si è avuto, però, negli ultimi anni, un fenomeno notevolmente ampliativo dell'area del danno risarcibile, che sulla spinta di una moderna e più attenta dottrina ha visto una sensibile giurisprudenza civile ed anche penale riconoscere la azionabilità di situazioni giuridiche soggettive qualificate dalla lesione di interessi particolari non strettamente riconducibili al diritto soggettivo.

Si possono ricordare, in sede civile, la risarcibilità del danno conseguente alla lesione da parte di un terzo di un diritto di credito (c.d. tutela aquiliana del credito); il riconoscimento di posizioni giuridiche, quali il c.d. diritto all'integrità del patrimonio e il c.d. diritto alla libera determinazione negoziale che, pur non avendone la consistenza, venivano elevate al rango di diritto soggettivo; il riconoscimento del danno da perdita di chance e quello da lesione di legittime aspettative nell'ambito dei rapporti familiari ed anche al di fuori di essi con riferimento alla famiglia di fatto. Particolarmente significative, nella prospettiva evolutiva qui evidenziata, sono state le sentenze delle sez. un. n. 500 e 501 del 1999, che hanno riconosciuto la risarcibilità, in precedenza sempre negata, del danno provocato dalla lesione dell'interesse legittimo e che, come si ricava dalla semplice lettura di una delle massime estratte, contengono affermazioni di principio di carattere generale che vanno al di là della soluzione dello specifico caso considerato, essendosi ritenuto che: 'La normativa sulla responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c. ha la funzione di consentire il risarcimento del danno ingiusto, intendendosi come tale il danno arrecato non iure, il danno, cioè, infetto in assenza di una causa giutificativa, che si risolve nella lesione di un interesse rilevante per l'ordinamento, a prescindere dalla sua qualificazione formale, ed, in particolare, senza che assuma rilievo la qualificazione dello stesso in termini di diritto soggettivo. Peraltro, avuto riguardo al carattere atipico del fatto illecito delineato dall'art. 2043 c.c., non è possibile individuare in via preventiva gli interessi meritevoli di tutela: spetta, pertanto, al giudice, attraverso un giudizio di comparazione tra gli interessi in conflitto, accertare se, e con quale intensità, l'ordinamento appresta tutela risarcitoria all'interesse del danneggiato, ovvero comunque lo prende in considerazione sotto altri profili, manifestando, in tal modo, una esigenza di protezione ... '
Tali affermazioni, in una con quella parimenti contenuta nella sentenza secondo cui 'l'art. 2043 c.c. ... racchiude in sé una clausola generale di responsabilità', hanno indotto alcuni autori ad affermare che ormai il danno ingiusto può identificarsi in un danno inferto 'non iure' e lesivo di una situazione soggettiva giuridicamente protetta, alla quale cioè l'ordinamento, a prescindere dalla qualificazione formale in termini di diritto soggettivo, ha attribuito rilevanza; con esclusione soltanto degli interessi di mero fatto e delle aspettative semplici, prive di rilevanza giuridica.
Si tratta di una prospettiva di larga apertura, particolarmente significativa per la questione che qui interessa, che si salda con un'altra affermazione rinvenibile nella giurisprudenza della Corte che con sentenza della I sezione civile n. 1540 del 11/2/1995, per la verità rimasta isolata, aveva affermato che per i danni prodotti da reato il requisito dell'ingiustizia è 'in re ipsa' e non ha, quindi, bisogno di essere collegato alla violazione di un diritto soggettivo, giustificandosi tale affermazione proprio in relazione alla particolare fonte dell'obbligazione risarcitoria rappresentata da quei comportamenti che qualificandoli appunto come reato l'ordinamento dimostra di volere reprimere più severamente.

Anche sotto altri profili la giurisprudenza civile ha avuto notevoli effetti riflessi sulla estensione della possibilità di partecipare al giudizio penale, costituendosi parte civile, di enti e associazioni Ci si riferisce, da un lato, all'ampliamento della nozione di danno non patrimoniale e, dall'altro, al riconoscimento del diritto al risarcimento di tale danno in favore degli enti collettivi.
Sono note le sentenze della III sezione civile di questa Corte del 31/5/2003 n. 8828 e 8827 che hanno interpretato l'art. 2059 cod. civ. nel senso che 'il danno non patrimoniale deve essere inteso come categoria ampia, comprensiva di ogni ipotesi in cui sia leso un valore della persona', non potendo valere la limitazione di cui all'art. 2059 (di risarcibilità del danno non patrimoniale solo se derivante da reato) laddove la lesione ha riguardo a valori della persona costituzionalmente garantiti ed in particolare i diritti inviolabili dell'uomo riconosciuti dall'art. 2 della Costituzione. È evidente, ed è stato sottolineato da attenti commentatori, che tale autorevole presa di posizione ha influenza sulla giurisprudenza penale sotto il profilo delle ampliate possibilità di costituirsi nel giudizio penale invocando il risarcimento di danni non patrimoniali diversi dal danno morale soggettivo, in precedenza unicamente qualificato quale danno non patrimoniale.
Come pure è stato sottolineato che l'ampliamento della categoria del danno non patrimoniale riparabile al di là della categoria del danno morale soggettivo, ha comportato un ampliamento del diritto al risarcimento del danno in favore degli enti collettivi, ora pienamente riconosciuto dalla giurisprudenza non solo nei casi di 'non ragionevole durata del procedimento' di cui alla c.d. legge Pinto, ma anche con affermazioni di ampio respiro, come nel caso della sentenza della III sez. n. 12929 del 4/6/2007, secondo cui: 'Poiché anche nei confronti della persona giuridica ed in genere dell'ente collettivo è configurabile la risarcibilità del danno non patrimoniale allorquando il fatto lesivo incida su una situazione giuridica della persona giuridica o dell'ente che sia equivalente ai diritti fondamentali della persona umana garantiti dalla Costituzione, e fra tali diritti rientra l'immagine della persona giuridica o dell'ente, allorquando si verifichi la lesione di tale immagine, è risarcibile, oltre al danno patrimoniale, se verificatosi e se dimostrato, il danno non patrimoniale costituito - come danno c.d. conseguenza - dalla diminuzione della considerazione della persona giuridica o dell'ente nel che si esprime la sua immagine, sia sotto il profilo della incidenza negativa che tale diminuzione comporta nell'agire delle persone fisiche che ricoprano le distinte funzioni degli organi della persona giuridica o dell'ente e, quindi, nell'agire dell'ente, sia sotto il profilo della diminuzione della considerazione da parte dei consociati in genere o di settori o categorie di essi con le quali la persona giuridica o l'ente di norma interagisce. R suddetto danno non patrimoniale va liquidato alla persona giuridica o all'ente in via equitativa, tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto. '
Affermazioni che trovano riscontro nella giurisprudenza penale della Corte, essendosi testualmente affermato (sez. VI, 5/12/2003 n. 21677) che la risarcibilità del danno non patrimoniale è concepibile anche a favore di un ente pubblico e che (sez. I, 8/11/2007 n. 4060) i danni non patrimoniali, rappresentati da turbamenti morali della collettività, sono risarcibili a favore degli enti pubblici esponenziali di essa ... "
La Corte di Cassazione espone qui il caso - non paragonabile al nostro - dello sterminio della popolazione di Sant'Anna di Stazzema; interessa invece sottolineare quanto affermato più in generale dalla citata sentenza n. 4060/07 e cioè che quel fatto aveva "provocato dolore, sofferenze, sbigottimento nella collettività di cui le parti civili costituiscono enti esponenziali, creando nella memoria collettiva ... una ferita non rimarginata, che ancora oggi è fonte di indelebile turbamento ed è produttiva di danno non patrimoniale risarcibile".
Continua la sentenza n. 22558/2010: "E con specifico riguardo alla giurisprudenza penale, non può stupire che, nel quadro sopra delineato di vasta apertura verso la tutelabilità di sempre più ampie posizioni soggettive, si sia sviluppato un orientamento, nel tempo, via via sempre più ribadito, favorevole al riconoscimento della possibilità di costituzione diparte civile degli enti collettivi.
Particolarmente significativo e foriero di notevoli aperture è il principio affermato dalla VI sezione penale con sentenza del 1/6/1989 n. 59 secondo cui 'Gli enti e le associazioni sono legittimati all'azione risarcitoria, anche in sede penale mediante costituzione di parte civile, ove dal reato abbiano ricevuto un danno a un interesse proprio, sempreché l'interesse leso coincida con un diritto reale o comunque con un diritto soggettivo del sodalizio, e quindi anche se offeso sia l'interesse perseguito in riferimento a una situazione storicamente circostanziata, da esso sodalizio preso a cuore e assunto nello statuto a ragione stessa della propria esistenza ed azione, come tale oggetto di un diritto assoluto ed essenziale dell'ente. Ciò sia a causa dell'immedesimazione fra l'ente stesso e l'interesse perseguito, sia a causa dell'incorporazione fra i soci ed il sodalizio medesimo, sicché questo, per l'affectio societatis verso l'interesse prescelto e per il pregiudizio a questo arrecato, patisce un'offesa e perciò anche un danno non patrimoniale dal reato'. La Corte, con queste ed altre coeve, lucide ed approfondite decisioni dello stesso tenore, ha osservato come non diversamente da quanto avviene per il territorio, oggetto di un rapporto di integrazione con il Comune che giustifica l'assunzione da parte dell'ente degli interessi che sul territorio stesso incidono, vi sono gruppi o collettività che hanno fatto di un determinato interesse l'oggetto principale, essenziale della propria esistenza, di talché l'interesse stesso è diventato elemento interno e costitutivo del sodalizio e come tale ha assunto la consistenza di diritto soggettivo. Sulla base della rivalutazione degli interessi solidaristici e partecipativi riconosciuti dalla Costituzione, questa Corte ha non soltanto ribadito la (peraltro già riconosciuta sez. un. civili n. 2207 del 1978; sez. un. penali n. 3 del 1998) tutelabilità degli interessi collettivi, ma ha affermato che il riconoscimento di un diritto soggettivo in capo al soggetto che degli stessi è portatore deriva non necessariamente dalla c.d. norma di protezione (dalla sentenza n. 3 1998, come si è visto, ritenuta necessaria), ma può discendere dalla diretta assunzione di esso da parte dell'ente che ne ha fatto oggetto della propria attività, diventando lo scopo specifico dell'associazione.

Questa impostazione ha trovato seguito nella giurisprudenza della Corte non soltanto con riferimento a casi analoghi, essendosi anche di recente confermata la legittimazione alla costituzione di parte civile dell'ordine professionale nel procedimento a carico di soggetto imputato di esercizio abusivo della professione (sentenza del 6/2/2008 n. 22144), ma altresì in relazione a situazioni diversificate come quella della ribadita legittimazione delle associazioni ecologiste (sez. III 5/4/2002 n. 22539; sez. III 21/10/2004 n. 46746; sez. II 21/5/2008 n. 35393), quella della Federazione Pirateria Audiovisiva (FEPAV) in procedimento avente ad oggetto il reato di cui all'art. 173 ter della legge n. 633 del 1941 sulla tutela del diritto d'autore; del Sindacato unitario lavoratori di Polizia (SIULP) di appartenenza della vittima di reato di violenza sessuale posto in essere sul luogo di lavoro (sez. III 7/2/2008 n. 12738); del Sindaco per reato sessuale commesso nel territorio comunale; del Tribunale del malato in procedimento per reato colposo derivante da colpa medica (sez. V 17/2/1004 n. 13898).
In tutti questi casi il riconoscimento della legittimazione a costituirsi parte civile è stato motivato ritenendo che l'ente, per il proprio sviluppo storico, per l'attività da esso concretamente svolta e la posizione assunta, avesse fatto proprio, quale fine primario, quello della tutela di interessi coincidenti con quelli lesi o posti in pericolo dallo specifico reato considerato, derivando da tale immedesimazione una posizione di diritto soggettivo che lo legittimava a chiedere il risarcimento dei danni da tale reato anche ad esso derivanti.
Con specifico riferimento alla legittimazione delle organizzazioni sindacali dei lavoratori per i reati che costituiscono violazione della integrità fisica dei lavoratori, non si riscontrano decisioni recenti di questa Corte, la cui giurisprudenza è pertanto ferma alla più volte richiamata sentenza lori del 1988 e ad altra decisione di qualche anno successiva (sez. IV16/7/1993 n. 10048).
La sentenza lori aveva riconosciuto, in generale, alle rappresentanze dei lavoratori di cui all'art. 19 dello Statuto dei lavoratori la qualità di soggetto legittimato a far valere in giudizio, anche mediante la costituzione di parte civile, quei diritti di controllo e prevenzione dell'art. 9 dello stesso Statuto; ne aveva però negato la sussistenza nel caso di specie per mancanza di prova di un comportamento direttamente lesivo di tale diritto.
La sentenza Alienti (sez. W 16/7/1993 n. 10048) ha riconosciuto anch'essa la legittimazione dei sindacati a costituirsi parte civile, ma ha ritenuto condizione necessaria la iscrizione agli stessi sindacati dei lavoratori interessati.

Ritiene il Collegio che il mutato quadro di riferimento, di cui si è detto sopra, porti a ritenere ammissibile, senza il predetto limite della iscrizione, la costituzione di parte civile dei sindacati nei procedimenti per reati di omicidio e lesioni colpose commesse con violazione della normativa antinfortunistica, dovendosi ritenere che l'inosservanza di tale normativa nell'ambito dell'ambiente di lavoro possa cagionare un autonomo e diretto danno, patrimoniale (ove ne ricorrano gli estremi) o non patrimoniale, ai sindacati per la perdita di credibilità all'azione dagli stessi svolta.
È pacifico che il sindacato annovera tra le proprie finalità la tutela delle condizioni di lavoro intese non soltanto nei profili collegati alla stabilità del rapporto e agli aspetti economici dello stesso, oggetto principale e specifico della contrattazione collettiva, ma anche per quanto attiene alla tutela delle libertà individuali e dei diritti primari del lavoratore tra i quali quello, costituzionalmente riconosciuto, della salute. La tutela delle condizioni di lavoro con riferimento alla sicurezza dei luoghi di lavoro e di prevenzione delle malattie professionali costituisce sicuramente, specie nel momento attuale, uno dei compiti delle organizzazioni sindacali.

Come è stato osservato, il diritto alla sicurezza sui luoghi di lavoro, pur rilevando dal punto di vista della sua titolarità sul piano individuale, trova altresì idonea tutela attraverso gli strumenti dell'autonomia collettiva essendosi l'azione sindacale rivelata utilissimo strumento di prevenzione. Sotto tale profilo, l'art. 9 dello Statuto dei lavoratori ha costituito il primo riconoscimento della presenza organizzata dei lavoratori a tali fini, consentendo la costituzione di proprie rappresentanze con il compito di controllare l'applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali e di promuovere la ricerca al fine della migliore tutela della loro salute e integrità fisica. Anche se tale disposizione non ha avuto nella pratica lo sviluppo e l'intensità di applicazione che sarebbe stata auspicabile, rimanendo la presenza dei lavoratori e delle loro rappresentanze sindacali prevalentemente orientata alla tutela degli aspetti economici della prestazione lavorativa, essa rappresenta tuttavia una innegabile attribuzione di competenza alle forme associative di lavoratori, cui sono stati, con essa, riconosciuti specifici poteri sollecitatori. Come è stato osservato, l'art. 9 dello Statuto dei lavoratori ha aperto la via al riconoscimento alle organizzazioni rappresentative dei lavoratori della qualità di soggetti istituzionali nella garanzia della sicurezza sul lavoro.
Ulteriori e più pregnanti attribuzioni alle associazioni sindacali sono state successivamente effettuate dalla legislazione interna di attuazione della normativa comunitaria (dir. N. 391 del 1989) che, con riferimento alla sicurezza sul lavoro, sollecitava gli Stati a garantire ai lavoratori e ai loro rappresentanti un diritto di partecipazione conforme alle prassi e/o alle legislazioni dei singoli Stati.
Il D.Lgs 626/94 ha così attuato un coinvolgimento dei lavoratori nella tematica della prevenzione assai più incisivo di quello già contenuto nell'art. 9 dello Statuto, stabilendo (artt. 18-20) che in tutte le aziende o unità produttive deve essere eletto o designato il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, con funzioni di accesso, consultazione e proposizione espressamente previste e con garanzie di libertà per l'esercizio dei suoi compiti. "
La sentenza continua affermando che tale partecipazione è confermata ed ampliata dal T.U. n. 81/2008; osserva che l'infortunio mortale nel caso oggetto di quella sentenza si era verificato a causa della "scarsa attenzione posta dalla s.r.l. D ... al problema della sicurezza dei dipendenti, dell'ambiente di lavoro, della manutenzione dei mezzi ... " ed anche "alle inascoltate segnalazioni, richieste di attenzione e di coordinamento in più occasioni sollecitate dalle organizzazioni sindacali e dalle RLS".
Così concludendo: "Il grave incidente verificatosi ha avuto infatti, secondo il ragionato, meditato, condivisibile punto di vista del giudice di primo grado, innegabile ripercussione sull'immagine e la reputazione delle organizzazioni sindacali inducendo nei lavoratori un effetto di sostanziale sfiducia nelle associazioni di categoria e nella loro idoneità ad incidere con efficacia pratica in materia di sicurezza".

Ancora con riferimento alla configurazione del danno non patrimoniale (ed al lungo e a volte tormentato iter che ha condotto la Corte di Cassazione alle affermazioni sopra riportate) è interessante qui ricordare quanto afferma la Corte di Cassazione - penale - nella già - per altri argomenti - citata sentenza n. 4981/2004: "Va infatti innanzi tutto precisato che deve ritenersi indiscusso l'orientamento, ormai comunemente condiviso, che il danno non patrimoniale risarcibile non può essere riduttivamente ricondotto al c.d. 'danno morale soggettivo' (che peraltro né l'art. 2059 c.c. né l'art. 185 c.p. menzionano) - cioè alla mera sofferenza psicologica, al patema d'animo, al turbamento contingente conseguente al fatto illecito - riguardando invece tutte le conseguenze dell'illecito che non sono suscettibili di una valutazione pecuniaria.
L'ampliamento della nozione di danno non patrimoniale oltre la nozione di danno morale soggettivo ha avuto come prima conseguenza proprio quella di consentire di estendere la risarcibilità del danno non patrimoniale anche a soggetti diversi dalle persone fisiche (in questo senso v. Cass. civ., sez. 3°, 3 marzo 2000 n. 2367 ... ).
Non ignora la Corte che nella giurisprudenza di legittimità questi principi siano stati ancor di recente posti in discussione (v. Cass. sez. 6°, 12 luglio 2001 n. 32957 ... .
Questo non condivisibile orientamento ... è peraltro isolato perché gli altri precedenti della Corte di Cassazione ... .hanno invece ritenuto risarcibile il danno non patrimoniale ed in particolare il danno all'immagine subito dall'ente territoriale. E, analogamente, è stata affermata la risarcibilità dei danni non patrimoniali cagionati alle associazioni di categoria ... ."


Parallelamente, la Cassazione civile a sezioni unite "ridisegnava" il danno non patrimoniale con le note sentenze "gemelle" del 11/11/2008 (n. 26972, 26973, 26974, 26975); si deve ricordare, per quanto qui rileva - trattandosi, nel nostro caso, di danni conseguenti a reati contestualmente accertati: cosicché la "restrizione" operata ritornando alla dizione dell'art. 2059 c.c.. non ha influenza - che con tali pronunce la Corte ha riconosciuto la legittimità della figura del c.d. "danno esistenziale", nell'accezione orientata costituzionalmente (escludendo il risarcimento del danno "bagatellare"), precisando però l'unicità e la non suscettibilità della suddivisione in sotto categorie (di cui si era verificata nel frattempo una proliferazione anche giurisprudenziale) del danno non patrimoniale, aggiungendo che esso deve essere inteso come danno-conseguenza e quindi provato e non derivante "in re ipsa".
Successivamente, di nuovo a sezioni unite, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3677 del 16/2/2009, riprendeva il tema, ribadendo che "il danno non patrimoniale costituisce una categoria ampia, onnicomprensiva, unitaria, all'interno della quale non è possibile ritagliare ulteriori sotto categorie" e che "il diritto al risarcimento del danno morale ... non può prescindere dalla allegazione, da parte del richiedente, degli elementi di fatto dai quali desumere l'esistenza e l'entità del pregiudizio".

19.2 Enti territoriali, Sindacati e Medicina Democratica.
A) Enti territoriali

Oltre a quanto sopra esposto in generale con riguardo alle persone giuridiche ed agli Enti collettivi in generale, sugli Enti territoriali in particolare è interessante riportare alcune altre sentenze della Corte di Cassazione (civile sez. III n. 12929/2007): "allorquando il fatto lesivo incida su una situazione giuridica soggettiva di cui è titolare una persona giuridica o un ente, il riconoscimento della risarcibilità del danno non patrimoniale si impone per espressa previsione dell'art. 2 Cost, che riconosce i diritti inviolabili dell'uomo nel suo agire come singolo o attraverso le 'formazioni sociali in cui svolge la sua personalità" (conformi: sezione civile III, 12/12/2008, n. 29185, sez. civile I, 11/8/2009 n. 18218).
La Corte ritiene di dover aggiungere che gli Enti territoriali vengono citati anche nell'art. 5 della Costituzione che valorizza proprio le autonomie locali, di cui va pertanto tutelata l'identità storica, culturale e civile.
Identità della comunità rappresentata dagli Enti territoriali già affermata da un'altra, più risalente nel tempo, sentenza della Corte Suprema (civile, sezione III 15/4/1998 n. 3807): "in tema di danno morale da reato, non vi è dubbio che un disastro costituente reato di enorme gravità, per il numero delle vittime e per le devastazioni ambientali dei centri storici determini, come fatto-evento, la lesione del diritto costituzionale dell'ente territoriale esponenziale (il Comune) alla sua identità storica, culturale, politica, economica costituzionalmente protetta. Da ciò consegue che è insita la lesione della posizione soggettiva e che l'ente ha legittimazione piena e titolo ad esigere il risarcimento del danno".
In sostanza, l'Ente territoriale come rappresentante, secondo il dettato costituzionale, della collettività dei cittadini e, complessivamente, della loro identità storica, culturale, politica, economica; ma anche soggetto istituzionale che si prefigge determinati obiettivi a favore della collettività e svolge una serie di compiti istituzionali per raggiungerli.
Con la conseguenza che la commissione di alcuni reati può, in determinati casi, da un lato turbare profondamente la collettività rappresentata dall'Ente territoriale; dall'altro, ledere l'immagine dello stesso Ente territoriale, perché la tipologia del reato costituisce un vulnus degli interessi dallo stesso Ente perseguiti in nome ed a favore della sua collettività. Sotto quest'ultimo profilo, si devono ancora citare due recenti sentenze della Corte di Cassazione (penale sezione VI 31/1/2005 n. 2963): "è risarcibile il danno all'immagine a organi del Comune in un'amministrazione locale in cui la gestione della cosa pubblica sia stata caratterizzata da violazioni di norme penali"; (penale sezione III n. 38835 del 19/6/2008): "al Sindaco di un Comune nel cui territorio è stato commesso un abuso sessuale è riconosciuto il diritto di costituirsi parte civile e di ottenere il risarcimento dei danni, rappresentati, da un lato, dal danno economico diretto per le diminuzioni patrimoniali subite dagli organi comunali predisposti per alleviare i traumi delle vittime di abusi sessuali e, dall'altro, dal danno morale per la lesione dell'interesse statutariamente perseguito di garantire la libertà di autodeterminazione sessuale della donna e la pacifica convivenza nell'ambito comunale".

Come si è già indicato sopra, nel presente dibattimento si sono costituiti parte civile i tre Enti territoriali "di prossimità" rispetto al luogo - la città di Torino - in cui si è verificato il tragico evento conseguente alle gravissime responsabilità sopra accertate e ritenute: la Regione Piemonte, la Provincia di Torino, il Comune di Torino.

La Regione Piemonte si è costituita nel presente giudizio nei confronti di tutti gli imputati e per tutti i reati loro ascritti, chiedendo il risarcimento dei danni patrimoniali (quantificati e richiesti in € 173.299,08) e non patrimoniali (quantificati e richiesti in € 6.000.000,00).
Correttamente, la parte civile Regione Piemonte ha sottolineato in via preliminare un concetto che è banale, ma ugualmente necessario da ribadire e che vale per tutti gli enti collettivi: territoriali come associativi; l'Ente collettivo - territoriale o associativo - si costituisce parte civile proprio come rappresentante della comunità, più o meno estesa, di cui è esponente, rappresentandone gli interessi, i bisogni, i valori di civile convivenza, ovvero, come nel caso della Regione, della Provincia e del Comune, anche il territorio; non certo come rappresentante dell'organizzazione dell'Ente, né sotto il profilo politico né sotto il profilo amministrativo; con la conseguenza che eventuali comportamenti individuali di suoi funzionari, per ipotesi, infedeli rispetto proprio a quei fini istituzionali dell'Ente che, come vedremo, sono stati lesi dalla commissione dei reati qui accertati, risultano assolutamente privi di rilievo. La Corte si riferisce qui in particolare ai dipendenti degli organismi di controllo della Regione che, chiamati quali testi, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere per essere a loro volta indagati in reati connessi (v. sopra); ma lo stesso argomento vale per tutti i comportamenti per ipotesi omissivi, anche se privi di rilevanza penale, mantenuti da dipendenti o da associati degli Enti.
La Regione Piemonte quindi, in linea con quanto sopra riportato secondo la giurisprudenza della suprema Corte, afferma - e questa Corte ritiene di condividere tali affermazioni - che in capo ad essa esista uno "scopo istituzionale di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori da esplicarsi attraverso un'azione di prevenzione, uno 'scopo istituzionale' di tutela della salute individuale e collettiva da esplicarsi non solo attraverso un'azione preventiva di informazione, profilassi, ma soprattutto attraverso una successiva di cura, assistenza, recupero e riabilitazioni psicofisiche - tutti scopi o fini che rappresentano primaria ragione di esistenza dell'Ente in forza sia di un riconoscimento ed attribuzione costituzionali, sia in forza dell'attribuzione di poteri amministrativi idonei al raggiungimento del fine stesso (SPRESAL, ASL, ASO), sia di un'autonoma azione normativa e regolamentare"; con la conseguenza - sempre in linea rispetto alla citata giurisprudenza - che "assunta la certa configurazione di uno 'scopo o fine istituzionale' talmente proprio dell'Ente da compenetrarsi con lo stesso, la violazione di norme statali poste a tutela ... della salute pubblica e individuale e della sicurezza e salute dei lavoratori, ha comportato anche una violazione o frustrazione degli scopi istituzionali, quindi la lesione di una situazione soggettiva dell'Ente, un'offesa diretta e determinata del suo 'scopo sociale".
Ed ancora, la Regione Piemonte ha correttamente, ad avviso di questa Corte, individuato nei reati oggetto del presente processo, nel quale - v. sopra - si sono accertate gravissime responsabilità in capo agli imputati, plurime violazioni della normativa antinfortunistica, colpose e dolose, le conseguenze dannose da essa subite in: " ... un danno di natura patrimoniale rappresentato dai costi sopportati resisi necessari per il tentativo di cura d'emergenza posta in atto sulle persone colpite dall'incendio (v. sopra, capitolo 3, n.d.e.); ... un danno di natura non patrimoniale direttamente connesso al discredito derivante nella collettività, in specie dei lavoratori, e connesso alla frustrazione dei fini istituzionali che per Costituzione e legge le competono"; aggiungendo che " ... la tutela e la salute dei lavoratori rappresenta uno dei fini istituzionali dell'Ente" così costituendo un vero e proprio diritto soggettivo.
In particolare, si deve qui ricordare l'art. 117 della Costituzione, come recentemente riformulato e dal quale emerge la statuizione di legislazione concorrente Stato-Regione in materia, generale, di tutela della salute, ma anche di tutela e di sicurezza dei lavoratori; le competenze regionali, esercitate tramite le A.S.L., in materia di tutela della salute, assistenza sanitaria in generale, assistenza ospedaliera; oltre che, sempre tramite le A.S.L., in forza dell'art. 20 l. n. 833/1978 e poi dell'art. 23 D.Lgs. 626/94, l'esercizio del compito di "vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di sicurezza e salute sui luoghi di lavoro"; gradualmente, tutta la materia sanitaria è divenuta di competenza, anche economica, delle Regioni a statuto ordinario, come il Piemonte (v. D.Lgs. 56/2000, l. n. 388/2000, D.Lgs. 502/2002).
Ne consegue, in primo luogo, la risarcibilità, a favore della Regione Piemonte, del richiesto danno patrimoniale, costituito dai costi delle cure sanitarie prestate, purtroppo invano a causa della diffusione e della gravità delle ustioni riportate dalle vittime (v. capitolo 2); costi che, così come imposto ex lege per la determinazione appunto del danno patrimoniale, sono stati dalla Regione Piemonte documentalmente - e con assoluta precisione - provati nel presente dibattimento (v. relativa produzione in atti); costi che non vengono, nella loro concreta determinazione, contestati dai difensori degli imputati, i quali invece eccepiscono che non siano stati sopportati dalla stessa Regione, bensì dalle singole A.S.L., tanto che - sempre secondo i difensori degli imputati - la Regione non sarebbe legittimata a richiederne il risarcimento. La Corte ritiene tale eccezione non fondata: si deve qui in particolare richiamare quanto esposto, all'udienza del 17/9/2009, dalla teste BT. (capo ufficio Gabinetto settore avvocatura della Regione), sia per il calcolo dei costi (effettuato sulla base delle schede di pronto soccorso, delle cure e degli interventi ospedalieri; per quanto riguarda la vittima R. Rosario, anche in relazione al ricovero avvenuto all'A.S.L. "Villa Scassi" di Genova: con relativo "addebito Regione Liguria a Regione Piemonte per compensazione mobilità interregionale"); sia per quanto riguarda il meccanismo di imputazione e di rimborso dei costi da sostenere e poi sostenuti dalle A.S.L. in capo alla Regione Piemonte (v. per la sua dettagliata ricostruzione, che la Corte non può qui riportare integralmente, il fascicolo 2 delle produzioni documentali della stessa Regione). La citata teste BT. ha poi confermato che, in forza delle relative delibere della Giunta regionale del 2007, la Regione aveva assegnato alle A.S.L. - che operano in forza dell'erogazione corrente della Regione - le somme necessarie al loro funzionamento; somme che sono state anche -secondo l'importo correttamente indicato dalla stessa parte civile - utilizzate per prestare soccorso e cure alle vittime dell'incendio sviluppatosi nello stabilimento di THYSSEN KRUPP AST nella notte del 6 dicembre 2007.
La Regione Piemonte chiede altresì che le sia rimborsato, sempre a titolo di danno patrimoniale, il costo di uno speciale agente estinguente, del quale nell'incendio allo stabilimento THYSSEN KRUPP AST sono stati utilizzati 25 litri; si tratta di una voce pari ad € 831,58. Anche l'utilizzo di tale estinguente è documentalmente provato.
Si devono quindi, in accoglimento della domanda della Regione Piemonte, condannare gli imputati, in solido fra loro, al pagamento, a titolo di danno patrimoniale, della somma di € 173.299,08.

Venendo al richiesto danno non patrimoniale, la Corte ritiene che non possano esservi dubbi sul fatto che, dalla commissione dei reati qui accertati, dalla loro estrema gravità non solo per le dirette conseguenze, ma anche - come esposto nella precedente parte motiva - per le gravissime responsabilità in capo agli imputati che li hanno determinati, in particolare sotto il profilo delle plurime violazioni, perduranti del tempo, dolose e colpose, della normativa antinfortunistica, la Regione Piemonte abbia subito una grave lesione come Ente le cui finalità istituzionali in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro - costituzionalmente ad esso attribuite - sono state da tali reati gravemente lese, anche sotto il profilo dell'immagine dello stesso Ente come percepita da parte della collettività dei suoi amministrati. Sotto questo profilo sussiste certamente quella "lesione" del diritto soggettivo dell'Ente più volte ritenuta dalla giurisprudenza della Suprema Corte e sopra ricordata; lesione produttiva di danno non patrimoniale oggetto di risarcimento.
Lo stesso Ente Regione, esponenziale, rappresenta inoltre la popolazione che vive e lavora nel suo territorio, rappresenta ontologicamente anche il dolore, il turbamento, l'afflizione che gli eventi tragici, ma causalmente determinati dalle condotte degli imputati, hanno indotto nella popolazione torinese e piemontese, che ha con sbigottimento appreso che in un Paese tra i più industrializzati del mondo, in una Regione che è stata perno e traino dello sviluppo industriale dell'intero Paese, da oltre un secolo e soprattutto dall'ultimo dopoguerra fino ad oggi, in una Provincia che ha visto e vede una altissima concentrazione di piccole, medie e grandi attività produttive; in una città - come quella di Torino - da sempre considerata, non solo dai suoi abitanti (moltiplicatisi nel giro di pochi anni proprio per contribuire a questo sviluppo), una delle principali città industriali del Paese; ebbene, in Italia, a Torino, si è verificato un gravissimo infortunio sul lavoro, che ha comportato la morte atroce di sette lavoratori; evento purtroppo non determinato dalla fatalità, ma da ben precise e accertate responsabilità; e non in un cantiere edilizio improvvisato in cui si lavorava "in nero", bensì in uno stabilimento facente parte di uno dei gruppi multinazionali più grandi nel mondo; stabilimento nel quale le condizioni di lavoro erano - e, come abbiamo accertato, per un periodo non breve - quelle sopra esposte, nella parte motiva precedente.
Ebbene, il dolore, il turbamento, l'afflizione, ma anche la concreta sensazione di insicurezza, di mancanza di tutela prima di tutto della propria integrità fisica sul posto di lavoro, non protetta neppure dagli organismi a ciò preposti e nonostante una completa legislazione antinfortunistica, qui violata, costituiscono, ad avviso di questa Corte, concrete lesioni direttamente e causalmente connesse ai reati qui accertati, come tali determinanti un danno non patrimoniale il cui risarcimento spetta agli Enti territoriali che rappresentano la collettività: la Regione ma anche la Provincia ed il Comune.
Turbamento e dolore che, anche se certamente condivisi dall'intera comunità nazionale, come testimoniato dal messaggio di cordoglio del Presidente della Repubblica, si sono rivelati di particolare intensità, profondità e durata nel tempo (come testimoniato dalla partecipazione alle esequie; dalle parole dell'arcivescovo di Torino; dall'attenzione a questo evento da parte dei mezzi di informazione, locali e nazionali, v. anche produzioni in atti) proprio in considerazione della radicata storia industriale appartenente a questo territorio, della tradizione consolidata, risalente negli anni ma tuttora esistente, del lavoro produttivo; storia e tradizione che sono parte integrante e caratteristica della collettività qui rappresentata dagli Enti territoriali e costituiscono, insieme agli altri valori democratici, storici e civili, il contenuto della comune identità.
Appare così opportuno considerare subito anche gli Enti territoriali Provincia e Comune di Torino, per provvedere alla determinazione concreta del danno non patrimoniale, in forza - anche - della analogia di posizioni e, quindi, di lesioni subite: entrambi, come la Regione Piemonte, si sono costituiti parti civili nei confronti di tutti gli imputati e per tutti i reati ascritti, con le richieste, come precisate, per la Provincia di Torino di risarcimento del danno non patrimoniale quantificato in € 1.500.000,00, con richiesta in subordine di provvisionale pari ad € 500.000,00; per il Comune di Torino di risarcimento del danno non patrimoniale quantificato in € 1.500.000,00 e del danno patrimoniale quantificato (equitativamente) in € 50.000,00, con richiesta in subordine di provvisionale pari ad € 560.000,00.
Anche per la Provincia di Torino si ravvisa una lesione all'immagine, per gli stessi motivi sopra indicati, con riguardo alle competenze, in materia di lavoro, ad essa delegate dalla Regione; anche per il Comune di Torino si ravvisa tale lesione, direttamente incidente sugli obiettivi e le finalità che lo stesso Ente ha statutariamente indicato. Ne è riprova il testo dello Statuto comunale, che si deve riportare per le parti qui di rilievo:
"art. 1 - Il Comune di Torino rappresenta la comunità che vive sul territorio comunale, ne assicura l'autogoverno, ne cura gli interessi e ne promuove lo sviluppo civile, politico, economico e sociale ...
art. 2 - Finalità del Comune: il Comune esercita le proprie attribuzioni perseguendo le seguenti finalità:
1. tutelare e promuovere i diritti costituzionalmente garantiti attinenti alla dignità e alla libertà delle persone, contrastando ogni forma di discriminazione ...
2. contribuire a rendere effettivo il diritto dei cittadini al lavoro, alla tutela della salute ...
7. tutelare l'ambiente di vita e di lavoro, operando per rimuovere le cause di degrado e di inquinamento ...
8. valorizzare, anche sul piano nazionale ed internazionale, il patrimonio storico ... culturale ed ambientale della città e promuovere la conoscenza delle tradizioni culturali piemontesi e delle altre culture e specificità della comunità cittadina ... ".

Il Comune di Torino, come indicato nel presente dibattimento, ha inoltre concretamente operato proprio in materia di sicurezza sul lavoro con la sottoscrizione di appositi "protocolli di intesa" con altri Enti.
Il Sindaco della Città, sentito all'udienza del 18/9/2009 (v.), ha indicato tale concreto impegno del Comune ed ha altresì (v. subito sopra) confermato la tradizione industriale di Torino: "Torino è una città con una storia industriale molto ampia ... è una città che ... fin dagli anni dell'industrializzazione di massa ... ha fatto della tutela sul posto di lavoro, della sicurezza sul posto di lavoro e dell'ambiente di lavoro uno dei temi organicamente inseriti ... credo di poter dire che questo tema ... è diventato parte della cultura, direi quasi ... uno dei fondamenti della costituzione materiale e culturale di questa città"; riferisce il Sindaco di avere deciso di sospendere i festeggiamenti della città per capodanno, dopo avere consultato l'allora arcivescovo cardinale Poletto e narra del cordoglio cittadino: " ... non sarei neanche in grado di raccontare a memoria tutte le infinità di testimonianze attraverso e-mail, attraverso lettere. Alcune mi sono rimaste particolarmente impresse ... me ne ricordo almeno tre o quattro di lavoratori che hanno mandato a me attraverso una lettera i riferimenti per poter versare la loro tredicesima a favore delle vittime. Individuando nel Sindaco evidentemente un po' il garante ... ricordo naturalmente ... il coinvolgimento direi unanime anche se sobrio come credo sia nelle consuetudini della città ... avere soppresso la festa di capodanno ... è stato un po' il modo di rispondere a questa ondata di commozione che aveva investito la città".
Possiamo ritenere, come prima conclusione, che anche la Provincia ed il Comune di Torino abbiano subito, in conseguenza dei reati qui accertati, una grave lesione alla loro immagine, rientrando la tutela della salute dei lavoratori e la sicurezza sul lavoro tra i fini anche da loro perseguiti in nome ed a beneficio della collettività da loro rappresentata ed amministrata; che la Provincia ed il Comune di Torino rappresentino anche il dolore ed il turbamento patiti dalle collettività a seguito dell'evento-reato; che anche la Provincia ed il Comune di Torino abbiano pertanto subito un danno non patrimoniale causalmente collegato ai reati qui accertati e, quindi, ingiusto e, quindi, da risarcire.
Si tratta ora di quantificare equitativamente tali danni non patrimoniali; la Corte deve osservare che non appare agevole ancorare tali risarcimenti a dei precisi parametri, che sono di difficile enucleazione; né appare convincente quello suggerito dalla Regione Piemonte e relativo ad una sorta di "pecunia doloris" calcolato in un euro e mezzo per ogni piemontese.
Il percorso che ha portato la Corte a quantificare i danni non patrimoniali patiti dai tre Enti territoriali ha considerato: in generale, la rilevante gravità dei reati, anche sotto il profilo delle responsabilità, in vista di una quantificazione che tenesse conto di tutte le circostanze esaminate nella parte motiva che precede e che escludesse un valore meramente simbolico di tale risarcimento; non solo perché non vi era richiesta in tal senso dalle parti civili costituite ma anche perché l'esempio (relativo ad un altro processo) portato dai difensori non è paragonabile (là il fallimento dell'azienda aveva portato gli Enti territoriali a non sottrarre somme agli stretti congiunti delle vittime, non risarciti). In particolare, con riferimento a ciascun Ente, la Corte ha considerato da un lato il dovere istituzionale in materia di sicurezza sul lavoro promanante direttamente dalla Costituzione, oltre che da leggi ordinarie (per la Regione), ovvero delegato dalla Regione (per la Provincia), ovvero assunto nello Statuto e, per scelta, concretamente attuato ed operato (per il Comune); dall'altro lato la maggiore o minore "prossimità" fisica dell'Ente rispetto al luogo in cui si è verificato l'incendio, "prossimità" che determina, inevitabilmente, un maggiore turbamento ed una più profonda afflizione nella relativa collettività; nel nostro caso, come si è già esposto, aumentati in forza della tradizione industriale propria anche della Regione (e della Provincia), ma più vivamente ancora sentiti nella Città in particolare con riferimento allo stabilimento di corso Regina Margherita, come si è ricordato nel capitolo relativo (v. capitolo 4) storica "acciaieria" cittadina.
Così la Corte ritiene congrua la seguente quantificazione (di gran lunga inferiore a quella richiesta soprattutto dalla Regione, ma anche dalla Provincia; inferiore a quella richiesta dal Comune):
-per il Comune di Torino, complessivi € 1.000.000,00 (unmilione) a titolo di danno non patrimoniale, considerati anche la popolazione residente, l'estensione territoriale ed il numero di insediamenti industriali ivi esistente,
-per la Provincia di Torino, complessivi € 500.000,00 (cinquecentomila) a titolo di danno non patrimoniale, tenendo conto anche della minore prossimità rispetto al Comune;
-per la Regione Piemonte, complessivi € 973.300,00 (novecentosettantatremilatrecento) di cui € 173.299,08 a titolo di danno patrimoniale e la residua somma a titolo di danno non patrimoniale, considerati da un lato la maggiore estensione territoriale e dall'altro la minore prossimità.
Si deve aggiungere, per il Comune di Torino, che la richiesta di risarcimento del danno patrimoniale deve essere demandata al giudice civile per la sua precisa quantificazione, non avendo il Comune neppure allegato l'impossibilità di provarne l'ammontare e non dovendosi, di conseguenza, procedere secondo equità, difettandone il presupposto.
Si deve infine respingere la richiesta formulata dalla Regione Piemonte e dalla Provincia di Torino di provvisoria esecutorietà della condanna ex art. 540 1° comma c.p.p., non risultando neppure indicati i "giustificati motivi" su cui si deve fondare; per il Comune di Torino, invece, stante la devoluzione al giudice civile della quantificazione del danno patrimoniale, la condanna al pagamento della somma per il danno non patrimoniale deve essere emessa a titolo di provvisionale, immediatamente esecutiva ex art. 540 2° comma c.p.p.
Si devono quindi condannare gli imputati, in solido fra loro, al risarcimento del danno e quindi al pagamento a favore:
-della Regione Piemonte della somma di € 973.300,00;
-della Provincia di Torino della somma di € 500.000,00;
-del Comune di Torino della somma di € 1.000.000,00.
Consegue a tale statuizione civile la condanna degli stessi imputati, in solido, anche al pagamento delle spese di costituzione e difesa a favore delle stesse parti civili, ex art. 541 c.p.p (per la liquidazione si provvede in apposito capitolo, v. infra).

B) Sindacati.
Gli ampi stralci di sentenze della Corte di Cassazione sopra riportati nella parte introduttiva a questo capitolo e quindi per riassunto:
-la legittimazione a costituirsi parte civile dei Sindacati dei lavoratori, quali Enti collettivi (associazioni non riconosciute) esponenziali della comunità dei lavoratori;
-gli obiettivi dagli stessi Sindacati perseguiti in materia di sicurezza sul lavoro, in particolare a tutela della integrità fisica e della salute dei lavoratori, cosicché non solo la loro costituzione nei processi penali aventi ad oggetto infortuni, anche mortali, ma altresì la ritenuta lesione di tali soggetti, quali Enti collettivi proiettati anche e principalmente verso questi fini, in presenza di infortuni anche mortali dovuti proprio alla violazione, da parte degli imputati, della normativa antinfortunistica;
-il conseguente danno causalmente derivato dai reati commessi, in capo a tali Enti collettivi, danno "ingiusto" e, in quanto tale, suscettibile di risarcimento, sia sotto il profilo patrimoniale, sia sotto il profilo non patrimoniale; esime questa Corte dal ripetere qui l'intero percorso, giuridico e logico, seguito ed esposto dalla Corte di Cassazione nelle sentenze sopra citate ed in parte riportate; percorso e conclusioni peraltro pienamente condivise da questa Corte.
La Corte pertanto, occupandosi subito del caso di specie, osserva come si siano costituite parti civili nel presente processo, nei confronti di tutti gli imputati, chiamando altresì il responsabile civile THYSSEN KRUPP AST s.p.a., le tre maggiori organizzazioni sindacali di categoria: FIOM-CGIL, FIM-CISL e UILM-UIL, oltre alla Confederazione Unitaria di Base (FLM Uniti-C.U.B.). Per quanto riguarda quest'ultima, infondate appaiono le eccezioni proposte dai difensori degli imputati sulla necessità di effettive iscrizioni a quel sindacato (nel caso di specie) da parte dei lavoratori coinvolti nell'infortunio ovvero comunque presenti nel luogo di lavoro in cui l'infortunio si è verificato; presupposto richiesto dalla sentenza Alienti (v. sopra) ma superato, con motivazione condivisa da questa Corte, con la citata sentenza della stessa Cassazione (v. sopra, n. 22558/2010):
"Ritiene il Collegio che il mutato quadro di riferimento, di cui si è detto sopra, porti a ritenere ammissibile, senza il predetto limite della iscrizione, la costituzione di parte civile dei sindacati nei procedimenti per reati di omicidio e lesioni colpose commesse con violazione della normativa antinfortunistica, dovendosi ritenere che l'inosservanza di tale normativa nell'ambito dell'ambiente di lavoro possa cagionare un autonomo e diretto danno, patrimoniale (ove ne ricorrano gli estremi) o non patrimoniale, ai sindacati per la perdita di credibilità all'azione dagli stessi svolta.
È pacifico che il sindacato annovera tra le proprie finalità la tutela delle condizioni di lavoro intese non soltanto nei profili collegati alla stabilità del rapporto e agli aspetti economici dello stesso, oggetto principale e specifico della contrattazione collettiva, ma anche per quanto attiene alla tutela delle libertà individuali e dei diritti primari del lavoratore tra i quali quello, costituzionalmente riconosciuto, della salute. La tutela delle condizioni di lavoro con riferimento alla sicurezza dei luoghi di lavoro e di prevenzione delle malattie professionali costituisce sicuramente, specie nel momento attuale, uno dei compiti delle organizzazioni sindacali".

Richiamando qui quanto sopra esposto nella precedente parte motiva, in ordine alla estrema gravità dei reati qui accertati, anche sotto il profilo delle verificate gravissime violazioni, dolose e colpose, della normativa antinfortunistica, da parte degli imputati, si deve quindi ritenere che - senza ombra di dubbio - si è verificata una grave lesione personale a carico anche delle organizzazioni sindacali, secondo quanto affermato dalla Corte di Cassazione nella appena citata sentenza: "Il grave incidente verificatosi ha avuto infatti, secondo il ragionato, meditato, condivisibile punto di vista del giudice di primo grado, innegabile ripercussione sull'immagine e la reputazione delle organizzazioni sindacali inducendo nei lavoratori un effetto di sostanziale sfiducia nelle associazioni di categoria e nella loro idoneità ad incidere con efficacia pratica in materia di sicurezza".
La Corte deve osservare come proprio la gravità delle responsabilità accertate in capo agli imputati del presente processo, causalmente collegate al verificarsi del tragico evento, comportino anche evidentemente proprio una ripercussione negativa sull'immagine e sulla reputazione delle costituite organizzazioni sindacali, tanto più operanti in un territorio ad alta industrializzazione come quello della città e della provincia di Torino (v. subito sopra, nel paragrafo dedicato agli Enti territoriali); tanto più ricordando, ancora una volta, le condizioni di lavoro in quello stabilimento, come esposte ed accertate nel presente giudizio (v. parte motiva precedente).
Si deve osservare che, nel caso oggetto della appena citata sentenza della Cassazione, erano emerse anche plurime ed inascoltate - dai dirigenti e vertici aziendali - segnalazioni da parte dei Sindacati e dei lavoratori proprio con riferimento alle violazioni della normativa antinfortunistica (v. sopra, è riportata la frase relativa contenuta in sentenza); la Corte, sul punto, richiama quanto già esposto nel capitolo 7 (v. sopra); ritenendo che, secondo il ragionamento logico-giuridico svolto dalla Cassazione nella stessa sentenza, la sussistenza e l'intensità del vulnus all'immagine dei sindacati non dipenda dal numero delle segnalazioni effettuate; richiamando anche quanto già esposto nel paragrafo relativo agli Enti territoriali (v., in particolare per la Regione Piemonte) sulla differenza tra i fini e gli obiettivi che l'Ente - in questo caso il Sindacato - si pone, frustrati dal compimento di reati come quelli per cui qui si procede ed il comportamento di un singolo - dipendente ovvero associato.
I costituiti Sindacati chiedono di conseguenza il risarcimento del danno non patrimoniale determinatosi a seguito della lesione e lo quantificano, per ciascuno, in € 150.000,00, con richiesta subordinata di provvisionale pari ad € 75.000,00.
Anche per la quantificazione del danno non patrimoniale a ristoro dei Sindacati non appare agevole né immediato individuare dei precisi parametri cui ancorarsi; la Corte, anche qui, ha considerato in primo luogo, in generale, la rilevante gravità dei reati, anche sotto il profilo delle responsabilità, in vista di una quantificazione che tenesse conto di tutte le circostanze esaminate nella parte motiva che precede, che escludesse un valore meramente simbolico di tale risarcimento e tenesse conto - anche - della storia e della tradizione industriale della città in cui i reati sono stati commessi; tradizione industriale (v. nel paragrafo precedente) che significa parallelamente storia e tradizioni radicate anche delle organizzazioni sindacali sullo stesso territorio, in particolare attive proprio sul tema della sicurezza sul lavoro (come riferito anche dal Sindaco all'udienza del 18/9/2009, v.), oltre che sui temi contrattuali ed economici. La Corte non ha ritenuto di dover operare alcuna distinzione all'interno di posizioni sostanzialmente analoghe ed ha così ritenuto congrua una quantificazione, equitativa, per ciascuno dei Sindacati, di € 100.000,00 (centomila).
Si deve respingere la richiesta formulata dai Sindacati di provvisoria esecutorietà della condanna ex art. 540 1° comma c.p.p., non risultando neppure allegati i "giustificati motivi" su cui si deve fondare.
Si devono quindi condannare gli imputati, in solido fra loro e con il responsabile civile THYSSEN KRUPP ACCIA SPECIALI TERNI s.p.a., al risarcimento del danno e quindi al pagamento a favore:
-di FIM-CISL della somma di € 100.000,00, a titolo di danno non patrimoniale;
-di FIOM-CGIL della somma di € 100.000,00, a titolo di danno non patrimoniale;
-di UILM-UIL della somma di € 100.000,00, a titolo di danno non patrimoniale;
-di FLMU-Uniti CUB della somma di € 100.000,00, a titolo di danno non patrimoniale.
Consegue a tale statuizione civile la condanna degli stessi imputati, in solido fra loro e con il responsabile civile THYSSEN KRUPP ACCIA SPECIALI TERNI s.p.a., anche al pagamento delle spese di costituzione e difesa a favore delle stesse parti civili, ex art. 541 c.p.p (per la liquidazione si provvede in apposito capitolo, v. infra).

C) Medicina Democratica.
La posizione giuridica di Medicina Democratica - Movimento di Lotta per la Salute - si presenta del tutto analoga a quella dei Sindacati. Si tratta di una Associazione costituita fin dagli anni 70 dello scorso secolo la cui attività si rivolge ad obiettivi che si traggono dallo Statuto e per quanto qui rileva (richiamando l'intera documentazione prodotta in atti) dall'art. 3: "L'Associazione non ha fini di lucro ... essa persegue i seguenti scopi:
a) la promozione e la tutela della salute in ogni ambito di lavoro, sociale e di vita ... .l'Associazione tutela questi diritti costituzionalmente garantiti a ogni cittadina e a ogni cittadino, con particolare riferimento alle lavoratrici ed ai lavoratori ... opponendosi ogni qualvolta questi diritti siano lesi e, in primis, il diritto alla salute (ex art. 32 Costituzione) ...
b) la promozione della prevenzione da ogni agente di pericolo/rischio e tossico/nocivo in ogni ambiente di lavoro e di vita, anche attraverso iniziative di informazione e formazione a ciò finalizzate; ...
L'Associazione persegue altresì i seguenti scopi:
a) promuove l'informazione e favorisce la partecipazione di cittadine e cittadini per affermare gli scopi suddetti nonché la loro propria autodeterminazione e qualità della vita, attraverso il rigoroso rispetto dell'ambiente e della salute individuale e collettiva, per contribuire ad attuare un sistema produttivo ecocompatibile ovvero un sistema sociale con al suo centro il rispetto e l'affermazione della dignità e del benessere psicofisico della persona; ... "

Scopi statutari effettivamente e concretamente perseguiti dalla Associazione Medicina Democratica, su tutto il territorio italiano ed anche, in particolare, in quello piemontese, come documentato nel presente dibattimento dalla vasta produzione in atti, cui la Corte deve qui riferirsi, senza doverla elencare dettagliatamente.
Scopi statutari e concreta attività svolta dall'Associazione certamente lesi dai reati qui accertati, come esposto da questa Corte nella parte motiva che precede, richiamata integralmente, in particolare sotto il profilo delle gravissime violazioni, dolose e colpose, della normativa antinfortunistica, addebitate ed accertate in capo agli imputati e che hanno determinato le tragiche conseguenze oggetto di questo processo.
Così, come già affermato dalla Corte di Cassazione proprio con riferimento alla stessa Associazione Medicina Democratica nella recente sentenza n. 1117/2010: "Questa Corte di legittimità ha statuito che gli enti di fatto sono legittimati a costituirsi parte civile non soltanto quando il danno riguardi un bene su cui gli stessi vantino un diritto patrimoniale, ma più in generale quando il danno coincida con la lesione di un diritto soggettivo, come avviene nel caso in cui offeso sia l'interesse perseguito da un'associazione storicamente circostanziata, assunto nello statuto a ragione stessa della propria esistenza ed azione, con l'effetto che ogni attentato a tale interesse si configura come lesione della personalità o identità del sodalizio"; e, ancora con riferimento al danno non patrimoniale: " ... per quanto attiene al danno non patrimoniale di cui al già citato art. 2059 c.c.. alla luce dell'art. 2 della Costituzione che riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo che nelle formazioni sociali in cui si svolge la sua personalità, non può più essere identificato secondo la tradizionale restrittiva lettura dell'art. 2059 c.c. in relazione all'art. 185 c.p., soltanto come il danno morale soggettivo, sicché l'ambito del danno non patrimoniale rientra, oltre al danno morale subiettivo nei casi previsti dalla legge, anche ogni ipotesi in cui si verifichi un'ingiusta lesione di valori della persona costituzionalmente garantiti, dalla quale conseguono pregiudizi non suscettibili di valutazione economica. E tale lesione deve essere riconosciuta come possibile anche in danno alle persone giuridiche ed in genere agli enti collettivi, pregiudizio non patrimoniale che non coincide con la "pecunia doloris" bensì ricomprende qualsiasi conseguenza pregiudizievole di un illecito che, non prestandosi ad una valutazione monetaria basata su criteri di mercato, non possa essere oggetto di risarcimento ma di riparazione".
Nel presente processo Medicina Democratica si è costituita parte civile chiedendo la condanna, in solido, di tutti gli imputati e del responsabile civile THYSSEN KRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a. al pagamento della somma di € 250.000,00, determinata in via equitativa, di cui € 150.000,00 per danni patrimoniali ed € 100.000,00 per danni non patrimoniali; in via subordinata, al pagamento di una provvisionale pari ad € 100.000,00.
Così come già ritenuto per la richiesta del Comune di Torino (v. sopra), anche la richiesta di risarcimento del danno patrimoniale formulata dalla Associazione Medicina Democratica deve essere demandata al Giudice civile per la sua precisa quantificazione, non avendo la parte civile provato l'impossibilità di determinazione dell'ammontare e non dovendosi, di conseguenza, procedere secondo equità, difettandone il presupposto.
Anche per la quantificazione del danno non patrimoniale a ristoro della Associazione Medicina Democratica non appare agevole né immediato individuare dei precisi parametri cui ancorarsi; la Corte, anche qui, ha considerato in primo luogo, in generale, la rilevante gravità dei reati, anche sotto il profilo delle responsabilità, in vista di una quantificazione che tenesse conto di tutte le circostanze esaminate nella parte motiva che precede, che escludesse un valore meramente simbolico di tale risarcimento ed invece fosse di concreto aiuto alla prosecuzione delle attività statutarie; tenesse conto -anche - della concreta attività svolta - come documentata, v. - da Medicina Democratica negli ultimi decenni; tanto da apparire congrua una determinazione pari ad € 100.000,00, corrispondente a quella richiesta ed uguale a quella riconosciuta a ciascuna organizzazione sindacale (v. sopra).
Stante la devoluzione al giudice civile della quantificazione del danno patrimoniale, la condanna al pagamento della somma per il danno non patrimoniale deve essere emessa a titolo di provvisionale, immediatamente esecutiva ex art. 540 2° comma c.p.p.
Si devono quindi condannare gli imputati, in solido fra loro e con il responsabile civile THYSSEN KRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., al pagamento, a favore della Associazione Medicina Democratica, della somma di € 100.000,00 a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale. Consegue a tale statuizione civile la condanna degli stessi imputati, in solido fra loro e con il responsabile civile THYSSEN KRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., anche al pagamento delle spese di costituzione e difesa a favore della stessa parte civile, ex art. 541 c.p.p (per la liquidazione si provvede in apposito capitolo, v. infra).




19.3 I lavoratori costituiti parti civili per il reato di incendio (sub C e sub E)
C.G., T.R.G., C.F.D., S.F., R.P., B.P., P.S., P.G. e DI F. R. si sono costituiti parte civile nel presente dibattimento nei confronti di tutti gli imputati (chiamando anche il responsabile civile), assumendo di avere subito dei danni, non patrimoniali e, in parte residua, anche patrimoniali, direttamente derivanti dall'incendio verificatosi nello stabilimento di Torino della THYSSEN KRUPP ACCIAI SPECIALI nella notte del 6 dicembre 2007. Vedremo infra, nel prossimo paragrafo, come gli stessi lavoratori, insieme ad altri 28, si siano - inoltre -costituiti parti civili sostenendo di avere anche subito danni non patrimoniali direttamente derivanti dal reato di omissione dolosa di cautele antinfortunistiche, di cui al capo A).
Esaminando la loro costituzione per il reato di incendio (capi sub C e sub E), si deve in primo luogo richiamare quanto la Corte ha esposto nel capitolo 3, accertando che tale incendio presentava le caratteristiche del reato, doloso e colposo, di cui agli articoli 423 e 449 c.p.
Tutti i lavoratori sopra elencati, come si è indicato dipendenti dello stabilimento di Torino, erano presenti nel luogo di lavoro durante il turno di quella notte e sono accorsi, mentre l'incendio era ancora in corso (v., in dettaglio, capitoli 1 e 3), per prestare aiuto ai compagni ustionati, i quali moriranno - salvo S., deceduto nell'immediatezza - nei giorni seguenti (v. capitolo 2).
La testimonianza di quanto da loro vissuto quella notte è stata già, per alcuni di loro, riportata nel capitolo 1 (v. sopra): si tratta di B.P. (ud. 13/2/2009), di S.F. (ud. 17/2/2009), di DI F. R. (ud. 5/3/2009), di P.S. (ud. 11/3/2009) e di P.G. (ud. 11/3/2009); la Corte deve qui necessariamente richiamare le loro parole, come testualmente riportate, osservando come proprio da tali parole emerga il dramma sconvolgente da loro vissuto quella notte, da cui deriva - de plano - la fondatezza (peraltro, come vedremo, riscontrata dalle perizie mediche) del danno non patrimoniale, costituito dal danno morale e dal danno alla salute da loro lamentato e di cui chiedono il ristoro economico. Si devono ancora riportare alcune loro parole relative alla descrizione delle conseguenze che quanto da loro vissuto quella notte ha determinato sulle loro condizioni di vita.

B.P. (citato, udienza 13/2/2009) dopo il 6/12/2007: "Dopo questo evento sicuramente la mia vita ... è cambiata ... i primi dieci giorni si può dire che non ho dormito, o meglio non riuscivo a chiudere gli occhi, avevo paura di chiudere gli occhi perché ogni volta che chiudevo gli occhi avevo quelle immagini davanti, sentivo le voci. Io da subito sono andato dal mio medico curante che mi ha prescritto degli ansiolitici perché avevo momenti di ansia, non riuscivo a stare a casa da solo ... quella mattina ... appena sono arrivato a casa ... sono crollato"; successivamente B.P. è stato ricoverato, per i suoi disturbi, una settimana alle Molinette ed ancora al momento della testimonianza: " ... faccio fatica a stare in un posto chiuso ... quando entro in un posto nuovo mi guardo sempre intorno ... guardo le etichette degli estintori, guardo se c'è una via di fuga ... a Natale ero preoccupato che ... mio figlio accendesse l'albero ... ho avuto dei problemi ... anche con mia moglie, non riuscivamo più a dialogare, io ho vissuto per due mesi per conto mio. Per fortuna ora le cose vanno bene ... oggi (provo) solo rabbia, la rabbia di essere stati lì e non avere potuto fare niente, di aver dovuto subire quelle cose senza poterli aiutare ... non abbiamo potuto fare niente, abbiamo potuto solo assistere ... "

S.F. (citato, udienza 17/2/2009); " ... ho dato una mano a spostare i miei colleghi che ormai erano in condizioni pietose, completamente bruciati dalle fiamme ... Roberto S. e Angelo L.. Roberto a pancia in giù, non parlava, si lamentava, schiuma bianca dalla bocca ... invece Angelo L. urlava e mi chiedeva di portarlo via dalle fiamme ... li abbiamo presi praticamente di peso per spostarli però urlavano dal dolore, avevo paura a toccarli, la pelle ormai dura, compatta ... bastava sfiorarli per causare delle ferite, sensi di colpa che sicuramente non dimenticherò ... c'erano ... B.P., F.C., P.R. e G.C., quelli che ricordo ... quella sera sono andato al Pronto Soccorso per problemi respiratori e da quel momento ho attacchi di ansia, panico, paura del buio e palpitazioni. Mi tornano sempre quelle immagini dei miei colleghi, sensi di colpa perché magari avrei potuto fare di più, in quel momento non sono riuscito. Sentivo le urla di Antonio S. ... 'aiuto, aiuto, portatemi via!', però le voci arrivavano dall'interno del fuoco, delle fiamme quindi non potevo fare niente per aiutarlo ... "; dopo il 6/12/2007: " ... ( la vita, n.d.e.) è cambiata perché comunque mi tornano in mente quelle immagini, molto spesso non dormo la notte, ho attacchi di ansia, paura del buio, paura di posti sotterranei, vado a parcheggiare la macchina, mi si spegne la luce, rimango bloccato, fermo, tremo ... da solo non riesco a stare ... sono più nervoso del solito, molto irascibile, non vado d'accordo quasi più con i miei parenti. Con la mia ragazza allora ero comunque fidanzato, ci siamo lasciati perché ero troppo nervoso, non le stava più bene ... in un posto chiuso, dove risento rumori di fabbrica mi ritornano in mente quelle immagini ... stiamo frequentando anche un corso dove c'è un'officina, si effettuano delle manutenzioni, ogni volta che risento quell'odore di fabbrica, di officina, mi ritornano in mente quelle immagini ed è bruttissimo, preferisco evitare le fabbriche ... (il futuro n.d.e.) lo immagino molto difficile, perché non so cosa mi aspetta. "

DI F. R. (citato, udienza 5/3/2009): " ... sono ancora in cura presso l'A.S.L. di Venaria perché appunto ho problemi che non riesco a dormire, sto prendendo farmaci perché continuo a non dormire, le scene si ripetono in continuazione infatti cerco di evitare qualsiasi telegiornale perché già ci penso così più rivedere le scene mi porta comunque a essere molto irritabile infatti in famiglia la stessa cosa ... ".

P.S. (citato, udienza 11/3/2009); dopo il 6/12/2007: " ... io dovevo andare a fare un corso professionale fresatore tornitore ... fin quando facevo la teoria andava tutto bene ... il mio problema era scendere in officina, mettermi lì a lavorare su delle macchine a contatto con il mio ex collega e tutto riporta a quella notte, lì poi mi sono sentito male a scuola e la scuola direttamente ha chiamato l'ambulanza mi hanno portato al pronto soccorso e da lì ho iniziato a prendere farmaci ... mi hanno bloccato la cassa integrazione e io questo mese ho preso 26 euro ... prima facevo una vita regolare una famiglia si lavorava passavo il Natale in famiglia adesso quando arriva il Natale ho paura non faccio neanche più l'albero perché ho paura, l'albero di Natale con le luci, io dall'incidente passavo le mie notti a guardare le mie figlie che dormivano, vegliavo su di loro ... per la paura che scoppiasse qualche incendio in casa ... arrivavo alle 5 del mattino lì prendevo sonno pieno e alle 7 del mattino ero di nuovo in piedi ... quelle poche ore che dormivo mi sognavo di essere in un museo in Egitto e arrivavano queste mummie incontro ... mi sognavo M. che arrivava con un macchinone nero ... mi hanno ricoverato in psichiatria ... nove giorni ... perché vedevo L. che mi passava davanti, vedevo Bruno che passava in macchina e mi salutava, vedevo M. ancora oggi è passato un anno comunque nel portone di casa ho Bruno nudo a braccia aperte che mi guarda, questo tutti i giorni lo vedo ancora adesso ... non mangio più carne bianca petto di pollo tacchino perché mi ricorda il colore della loro carne, erano bianchi ... non vado più all'Auchan a fare la spesa perché il tempo di entrare dentro, passano 10 minuti di orologio e comincio a stare male, attacchi di panico, giramenti di testa, caldo, impazzisco, andavo alle feste della bambine a scuola, non posso più andare perché a sentire le urla dei bambini tutto mi torna in mente quella sera, è brutto"; al momento della testimonianza; " ... non c'è più L. che mi passa davanti, non c'è più M., ma Bruno è sempre sul pianerottolo ... che mi guarda nudo a braccia aperte come l'ho visto quella notte".

P.G. (citato, udienza 11/3/2009); dopo il 6/12/2007: " ... la mia fortuna è stata di avere 2 bimbi piccoli che mi hanno dato la possibilità di girare la pagina, però è difficile, molto difficile, danni fisici no, però mi è capitato anche qui alle prime udienze preliminari di controllare gli estintori, mi è rimasta una sorta di fobia negli ambienti chiusi, se vado al cinema con i bambini li siedo a inizio fila e sto in piedi vicino a un muro perché non riesco a stare seduto ... sarà il tempo a darmi una mano e a poter passare il tutto ... ".

Si devono ora riportare, almeno in parte, anche le parole degli altri quattro lavoratori, sentiti all'udienza del 17/9/2009 (v.).
C.G., saldatore sulla linea 4: " ... mentre andavo verso il rotolo da caricare vidi il signor M. che mi chiamava e urlava e mi disse ... 'ho visto R. in fiamme' ... corsi dietro alla linea 4 ... vidi uscire R. da una porticina ancora avvolto dalle fiamme, feci per spegnere le fiamme e lui urlava che non voleva morire ... era irriconoscibile. Mi gridava: 'non voglio morire! Ci sono gli altri! Ci sono gli altri!' ... una volta spento ... mentre mi giro ... vedo un'altra persona ... uscire dalla linea 5 ... mi rendo conto ... era irriconoscibile anche lui ... era Giuseppe DE M. ... anche lui era avvolto dalle fiamme, ho fatto che spegnere quel poco che era rimasto di indumenti addosso, dopo di che anche lui urlava che cosa aveva in faccia, che cosa aveva in faccia ... vidi la pelle che sembrava che colasse dalle mani ... mi gridavano tutti e due che c'erano gli altri ... io feci che andare verso la linea 5 e vidi che sotto la doccia dell'antincendio c'erano altri ... era il nostro capoturno Rocco M.. Anche lui fra le urla che invocava la moglie, la famiglia ... l'accompagnai anche lui verso gli altri miei colleghi bruciati ... mentre ero là ... sentivo delle urla al di là del fuoco ... corsi verso l'uscita della linea 4 e mentre arrivai nei pressi dell'uscita, vidi uscire dal tunnel S., anche lui irriconoscibile ... Quando sono arrivate le ambulanze ... uscendo ho visto che sopra c'erano S. e L., irriconoscibili anche loro. E abbiamo aspettato i soccorsi tra le urla ... "; continua C.: " ... dall'incidente la mia vita è cambiata totalmente. Non riesco ad avere un rapporto con una persona più di due ore, tre ore, non riesco poi a dormire di notte, continuo a sognare di continuo i miei colleghi deceduti, me li rivedo ancora che girano per la città o in qualsiasi posto di ritrovo ... li immedesimo in altre persone, cioè vedo persone che gli assomigliano e vedo loro, poi mi fermo, penso un po' e dico: 'ma quelli sono morti, te ne devi fare una ragione'. È dovuto forse ai miei rimorsi di coscienza, di non aver fatto tutto il possibile, che magari non ho fatto il possibile per aiutarli, o magari perché io sono vivo e loro morti ... non abito più qua ... mi sono trasferito dai miei per essere più tranquillo ... quest'estate ero al mare e uscendo la sera me li vidi in altre persone. Da quel giorno sto male di nuovo ... questi avvenimenti ci sono ancora, solo che sono più sporadici ... E ho messo in crisi il mio matrimonio, fortunatamente l'ho ripreso ... per i capelli e ho tentato due volte di togliermi la vita.. .prima ero pieno di vita, scherzavo, giocavo, uscivo, non avevo problemi con nessuno. Invece adesso mi sono ritirato in me stesso, non riesco più a fare niente, cerco di stare sempre chiuso in casa e non uscire per niente, possono passare anche mesi, esco sporadicamente ... non riesco a farmi il caffè, prima cucinavo e non riesco nemmeno più a cucinare, non riesco ad accendere il fuoco che ho paura del fuoco ... "; sui gesti anticonservativi: "(prima, n.d.e.) ... mai pensato, perché stavo bene, ero felice, contento. Andavo a lavorare, tornavo a casa da mia moglie ... dopo il 6 dicembre ho cancellato tutto, ero solo io con i miei rimorsi di coscienza ... non riuscivo più a rendere felice mia moglie, non riuscivo più ad avere un rapporto costruttivo con altre persone, ogni minima cosa li aggredivo oppure bisticciavo"; anche C. è in cura alle Molinette.

T.R.G., addetto al carro-ponte e "jolly" riferisce: " ... quella sera mi trovavo al carro-ponte, quando verso l'una o l'una e trenta ho sentito delle urla, ho visto A. BO. urlare: 'aiuto! Al fuoco! Al fuoco!'. Allora da lì ho capito che si trattava di qualcosa di grave, sono sceso dal carro-ponte e sono andato a chiamare subito i miei colleghi G.P. e P. S. e ci siamo messi a correre verso la linea 5, ma quando siamo arrivati là era troppo tardi. Abbiamo visto tutti i miei colleghi, D.M., R. e Bruno S. erano completamente nudi e bruciati. La carne ... cioè il colore della carne era bianca, come il colore del pollo, erano irriconoscibili, li ho conosciuti solamente dalla voce. D.M. si è avvicinato verso di me e mi ha detto: 'G. buttami un po' d'acqua che sto bruciando! Che cosa ho in faccia?', gli ho detto di stare tranquillo che sarebbero arrivati i soccorsi. Ho preso l'idrante che era nella linea 4, di fronte al gabbiotto, l'ho preso, ho aperto l'idrante ma non usciva l'acqua, usciva dal buco, là mi sono sentito qualcosa dentro, impotente ... mi sono tolto il giubbotto e gliel'ho messo sopra, l'ho portato verso fuori. Quando ... ho visto Bruno S. che aveva ancora il maglione ... attaccato al collo e poi ho visto il mio capo Rocco M., che a noi ci trattava come dei figli, era un capo bravissimo, che chiedeva solo di sua moglie: 'chiamate mia moglie!"; dopo l'incidente come è cambiata la sua vita: " ... tanto, perché la notte non riuscivo più a dormire, avevo sempre le immagini di quei ragazzi nella mente. Mi alzavo di notte con l'ansia, attacchi di panico, andavo ... aprivo il frigo, mangiavo tutto quello che c'era nel frigo e vomitavo, mi veniva mal di stomaco. Quando andavo nei locali chiusi venivano gli attacchi di panico, guardavo dove erano le uscite di sicurezza, gli estintori se erano tutti a posto ... non riesco più a mangiare il pollo, quando mia mamma fa da mangiare ... deve fare attenzione che magari quando fa del sugo e brucia qualcosa, subito la mia mente collega quella sera, quella notte ... tragico incidente che ho visto"; riferisce T.R. di avere seguito un corso di formazione, indicato da TK AST, come tornitore e fresatore, corso che non ha potuto terminare per gli attacchi di panico che lo coglievano quando si trovava in officina, con l'odore dell'olio ed i colleghi; di collegare, quando la madre cucina, l'odore della carne bruciata a quella "dei suoi colleghi"; di non essere più in grado di tornare a lavorare in fabbrica.

C.F.D., collaudatore alla linea 4 (la più vicina alla 5: v. in capitolo 1 e in capitolo 4), riferisce che, per una fermata della Linea 4, si trovava nel relativo pulpito insieme a B.P., S.F. e R. quando " ... sbuca(no) dalla campata 5 il signor BO. e gridando, dicendo 'al fuoco' dicendo 'c'è il fuoco, stanno prendendo fuoco' ... abbiamo varcato la campata della linea 5, da lontano abbiamo visto le fiamme che erano ... alte. Sembrava uno scenario di un film. Da lì ci siamo fatti avanti e i primi corpi ... diciamo ci siamo fatti avanti e i primi corpi ... i primi soccorsi ... c'era il signor S. Roberto e L. Angelo, i primi che abbiamo visto, che stavano prendendo fuoco, ci siamo tolti, diciamo le giacche e spegnevamo come potevamo, che si sono poi buttati per terra, erano per terra"; poi C. si allontana con BO. per chiamare aiuto: " ... non l'ho voluto lasciare da solo, perché anche lui piangeva, gridava, era in una situazione che si vedeva che era troppo disperato"; ritornato: " ... non arrivavano i soccorsi, da lì le fiamme erano alte ... erano lì i due corpi che erano per terra, il signor S. Roberto e L., erano diciamo vicino alle fiamme, abbiamo fatto che spostarli più indietro, però non li potevi toccare perché gridavano, si lamentavano, dicevano che avevano male ... tutti ... i vestiti si erano sciolti, erano solo con le scarpe ... al signor L. che era per terra gli era rimasta la cintura, forse ce l'aveva un po' stretta, mi ha detto, gridava solo: 'la cintura, la cintura', ho capito che era un po' stretta, ho fatto per allentarla. Non li potevi toccare perché ... come li toccavi gridavano, questo ce l'ho ancora in mente"; dopo l'arrivo dei soccorsi C. vede Rocco M.: " ... Rocco M. ..continuava a dire ... : avvisate mia moglie, non dite che ... dite che non c'è nulla di preoccupante, ditele che sto bene'. Poi anche venendo incontro c'era D.M. Giuseppe che fermava le persone, ha fermato anche me dicendomi: 'F., dimmi come sono e se sono bruciato, dimmi come sono in faccia', io gli faccio: 'stai tranquillo Giuseppe che non hai niente, una piccola bruciatura qua', cercavo di non dirgli come era la situazione"; continua C.: " ... io non ci ho pensato ho dato subito soccorso, perché a sangue freddo, piangevo sì, ma ero lì che davo una mano agli altri, però quando sono tornato ... a casa ho passato dei giorni ... che non riesco neanche a descriverli ... Sentivi le voci che gridavano 'aiuto, aiuto' da dietro le fiamme ... ma non potevi avanzare perché sentivi dei piccoli scoppi ... sopra c'era il carro-ponte che le fiamme arrivavano sopra ... eravamo impotenti di fare ... qualsiasi cosa, mi ricordo anche ... S.F. aveva steso la manichetta però da lì non usciva l'acqua". C. dichiara quindi: " ... prima ero una persona tranquilla, che faceva le cose normali che fanno tutti gli altri, da quella volta in poi sono diventato più sensibile alle cose, alle cose che succedono"; espone come esempio di essersi sentito male vedendo al telegiornale lo scoppio del treno e l'incendio accaduti a Viareggio e continua: " ... anche i primi periodi ... soffrivo di insonnia ... avevo gli incubi ... mi sento spesso ... sempre la voce ... dei nostri colleghi che gridano 'aiuto"; riferisce di patire i luoghi bui e chiusi; di avere paura delle fiamme, anche di quelle del gas dei fornelli di casa, tanto che alla mattina riscalda il latte nel microonde per non dover accendere il fornello; C. è in cura alle Molinette.

R.P., aiuto operaio alla linea 4, riferisce di essere accorso alla linea 5 a seguito delle grida di aiuto di BO.: " ... quando siamo arrivati lì ... mamma mia! Ho visto proprio una scena spaventosa, ma spaventosa veramente ... abbiamo sentito una voce dall'altra parte che c'era ancora un'altra persona che sarebbe S. Antonino, che ... volevamo avvicinarci ma le fiamme non ci davano il consenso di avvicinarci ... .Abbiamo ... L. Angelo e ... Roberto S., lo abbiamo allontanato dal fuoco, dal pericolo"; poi R. prova ad avvicinarsi a S. dall'altra parte, ma le fiamme non lo lasciano avvicinare; " ... c'era L. che era ... proprio ustionato, non aveva nessun indumento addosso, proprio ustionati, proprio nudi, nudi! E ha detto uno di questi: 'toglimi la cinghia', io ho preso il giubbotto e gliel'ho messo sopra. Poi questa persona mi ha chiesto: 'P. aiutami! Aiutami!' e lì purtroppo mi sono scappate le gambe, perché veramente io quello che potevo fare ... lo farei. Solo che però non ho potuto fare niente più di quello ... (L. e S.) erano per terra, erano a circa 5 o 6 metri dal fuoco"; dopo: " ... questa storia mi ha proprio ossessionato, mi ha ossessionato perché purtroppo mi sta andando male, sia da parte mia, sia dalla compagna che ho ... durante la notte mi sveglio e vedo sempre questa immagine davanti ... con l'ansia tremo ... sono nervoso ... purtroppo mi è successo di tutto. Oltretutto che non vado d'accordo più con la donna ... perché dice: ' ... stai ossessionando anche me '... prima c'era un rapporto bellissimo, regolare sulla parte psicologica, rapporto sessuale. Invece da quando è successo questo non c'è più ... non c'è più accordo ... ho paura, nausea.. .tremo pure ... quando vado nei luoghi chiusi oppure (in) ascensore ... le immagini che io vedo sono S. Roberto, L. Angelo e ... S. Tonino ... quando ci hanno mandato tutti fuori alla fine ... lo hanno tirato fuori questo ragazzo ... non dico ... mi sono messo a piangere ... perché era un ragazzo bravo, si è irrigidito proprio ... come dire ... una cosa spaventosa, guardi!".

Per ciascuno dei lavoratori è stata prodotta una consulenza medica, illustrata e confermata dai medici estensori (v. udienze 1/12/2009, 26/2/2010), con indicazione delle patologie sofferte dai lavoratori sopra indicati ed eziologicamente collegate proprio al reato di incendio, a quanto da loro visto e compiuto - per prestare soccorso ai colleghi - quella notte, ai ricordi divenuti, in alcuni casi, vere e proprie ossessioni, al senso di impotenza per non aver potuto aiutare i colleghi ustionati, ad - irrazionali, ma non per questo meno profondi - sensi di colpa per non avere "fatto" di più ed anche solo per essere vivi di fronte alla morte degli altri, cui erano legati anche da rapporti di amicizia e, in alcuni casi, di affetto (v. in questo senso le loro testimonianze: la Corte non può riportarle integralmente).
Vedremo infra per ognuno la diagnosi e i gradi di invalidità temporanea e permanente sofferta ed indicata dal medico; in generale, appare utile qui riportare quanto riferito dal dr. R.G.d.L. all'udienza del 26/2/2010: " ... entrambi i soggetti (si riferisce a DI F. e P., n.d.e.) ... sono stati accomunati ... da un'esperienza ... come dire limite per quanto riguarda la psicosopportabilità umana, alla quale ovviamente ognuno ha risposto secondo le proprie caratteristiche individuali ... l'esposizione ad una situazione che comporti il rischio per la propria o per l'altrui vita ... che comunque comporti la presenza di una spiccata paura, di un senso marcato di impotenza, nonché di orrore ... e quindi incendi, alluvioni, terremoti ... in entrambi si è sviluppata quella che è una reazione ... comune ... una sintomatologia essenzialmente ansiosa, caratterizzata da una insicurezza, da uno stato di allarme particolarmente pronunciato ... tengo a precisare ... che non si tratta soltanto di un fatto psichico, ma anche di un fatto organico, nel senso che oggi sappiamo che in questi casi esistono delle vere alterazioni anatomiche, anatomo-funzionali, dell'encefalo, del cervello, che sottendono a queste reazioni psicologiche ... (v. nei particolari, nel prosieguo della deposizione, n.d.e.)". Il dr. G.d.L. prosegue poi affermando come, in questi casi, l'individuo tenda a continuamente rivivere l'esperienza, sia di giorno mediante flash-back anche scatenati da suoni, odori, visioni, sia di notte sotto forma di incubi; di come si presenti costantemente all'erta in vista di pericoli; di come diventi irascibile e tenda a rinchiudersi in se stesso.
Appare inoltre utile quanto riportato dal dr. E.B. (v. anche udienza 1/2/2009), nelle sue relazioni mediche riguardanti CH., T.R., C., S.F., R., B.P. e P.S., sul "disturbo post-traumatico da stress": "si contraddistingue come un insieme di sintomi che si sviluppano dopo che il soggetto ha vissuto un evento estremamente traumatico. Il soggetto reagisce a questa esperienza con paura e senso di impotenza e tenta di non ricordarselo, tuttavia l'evento viene vissuto a più riprese ... conseguenza patologica del trauma è appunto il rivivere l'evento traumatico attraverso ricordi o sogni spiacevoli oppure sentirsi o agire come se l'evento stesso dovesse ripetersi, o anche reagire o provare disagio psicologico se si viene a contatto con fattori che, in qualche modo, riproducono aspetti dell'evento. Tutto ciò porta a condotte di evitamento di stimoli che abbiano a che fare con il trauma, ma anche a una minore reattività del soggetto. Infine, sempre per il DSM-TV-TR (v., i criteri richiesti per la diagnosi di quel disturbo, n.d.e.), si riscontrano un incremento dell'eccitabilità, (difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno, irritabilità o scoppi di collera, difficoltà a concentrarsi, ipervigilanza, esagerate risposte di allarme) e un disagio significativo o una compromissione del funzionamento del soggetto". Continua il dr. E.B. analizzando la differenza tra "disturbo post traumatico da stress" ed il "disturbo acuto da stress".
La Corte deve ancora ricordare che tutti i lavoratori qui considerati sono stati ovvero erano ancora, al momento della loro deposizione (v. sopra), in cura presso strutture pubbliche (v., Molinette, Inail ecc.: si richiamano le testimonianze).

Si devono ora esaminare le singole consulenze, in base alle quali la Corte opererà la quantificazione del danno non patrimoniale per ciascuna parte civile, seguendo i parametri economici delle "tabelle" in uso al Tribunale di Milano, del 2009, ricordando che, come già sopra indicato, la più recente giurisprudenza della Suprema Corte indica proprio in tali "tabelle" uno dei parametri ai quali i giudici di merito possono legittimamente riferirsi per la liquidazione del danno non patrimoniale, derivante "da lesione all'integrità psico-fisica" del soggetto; che le tabelle del 2009 tengono conto delle sopra citate sentenze delle sezioni unite della Corte di Cassazione civile in data 11/11/2008, e quindi della (come esposto nella parte introduttiva delle stesse tabelle) "esigenza di una liquidazione unitaria del danno non patrimoniale biologico e di ogni altro danno non patrimoniale connesso alla lesione della salute" proponendo quindi la "liquidazione congiunta" del danno non patrimoniale conseguente alla "lesione permanente dell'integrità psicofisica della persona suscettibile di accertamento medico-legale" così come del danno in termini di "dolore" e di "sofferenza soggettiva"; che le stesse tabelle rappresentano i valori monetari "medi", con possibilità di aumento nei casi specifici, anche oltre il massimo ivi indicato. Anche il danno non patrimoniale "temporaneo" derivante da lesione alla integrità psico-fisica della persona viene indicato nelle stesse tabelle, al 100% di invalidità per ogni giorno da un minimo di € 88,00 ad un massimo di € 132,00.
Per CH., T.R., C., S.F., R., B.P. e P.S. vi è richiesta anche di alcune somme a titolo di danno patrimoniale (costituito da spese mediche sostenute e/oda mancato guadagno dovuto alla chiusura anticipata dello stabilimento di Torino): anche tale danno sarà liquidato a loro favore, considerato che è direttamente conseguente allo stesso reato e che è stato, nel presente dibattimento, interamente provato con i documenti relativi (v. in atti, produzioni avv. Rossini).
La Corte, considerate le differenti percentuali di invalidità permanente indicate dai medici e i differenti periodi di invalidità temporanea, per ciascuna parte civile, ha però adottato un criterio unitario che tiene conto, per tutte queste parti civili, della gravità del reato, in particolare sotto il profilo della responsabilità, come qui accertata, in capo agli imputati, sotto il profilo soggettivo sia doloso che colposo (con colpa cosciente); criterio unitario per la quantificazione che, tenendo conto di tutte le circostanze del fatto-reato che ha causato la lesione, del dolore e della sofferenza in capo alle persone qui considerate, ha comportato un aumento rispetto al minimo indicato nelle tabelle e così: € 100,00 per ogni giorno di invalidità temporanea al 100%; un aumento del 25% per l'invalidità permanente rispetto all'importo indicato in tabella. La Corte ha invece escluso i giorni - richiesti nelle conclusioni precisate - di invalidità temporanea successivi alle consulenze mediche, non avendo modo di accertare fino a quando sia durata o, per ipotesi, tuttora perduri tale invalidità ed in quale percentuale.

Si deve ancora sottolineare che tutte le patologie e i disturbi riscontrati nelle relazioni mediche risultano causalmente collegati al reato - di incendio doloso e colposo - con riferimento al quale le parti civili qui considerate si sono costituite; appare sufficiente sottolineare quanto esposto dalle stesse parti civili e sopra riportato, oltre alle risultanze esposte nelle consulenze mediche infra riportate: assenza di patologie preesistenti, nesso di causalità tra evento traumatico vissuto e disturbo psichiatrico accertato.
I difensori degli imputati hanno obiettato la non risarcibilità di tale danno per la mancanza della contestazione, a carico degli imputati, del reato di lesioni; la Corte rileva che non si procede in questa sede ad accertare il reato di lesioni in capo agli imputati, non contestato dalla Procura della Repubblica (solo al capo A si contestano, sotto il profilo dell'infortunio, anche lesioni di S.F., P.G. e BO.: ma si tratta di lesioni "fisiche", consistite in lievi ustioni e/o difficoltà respiratorie in relazione alle quali non vi è alcuna domanda proposta dalle parti civili); rileva che le parti civili qui esaminate si sono costituite, come si è già indicato sopra, non quali parti offese del reato di lesioni, bensì quali soggetti danneggiati dal reato di incendio; ritiene pertanto tale eccezione del tutto infondata (e v. ancora, sul danno non patrimoniale causato da reato e risarcibile, la sentenza citata nel prossimo paragrafo).

1) CH. G.: si richiama integralmente la relazione medica (dr. E.B., v.) e se ne riportano le conclusioni:
"1) il signor G. CH. è stato (almeno sino al settembre 2008) affetto da un Disturbo Psichiatrico inquadrabile nosograficamente come disturbo post traumatico da stress cronico, di grado moderato e complicato da disturbo depressivo secondo la classificazione del DSM-IV-TR.
Attualmente (9/9/2009, n.d.e.) risulta affetto da un disturbo post traumatico da stress cronico, di grado moderato, secondo DSM-IV-TR.
2) In base ai dati anamnestici raccolti, il soggetto era esente da disturbi psichiatrici di rilevanza clinica e forense in epoca antecedente al trauma subito nella notte tra il 5 e il 6/12/2007.
3) Esiste nesso causale tra l'evento traumatico e il disturbo psichiatrico accertato.
4) Il disturbo post traumatico da stress cronico che ha afflitto e affligge il soggetto ha arrecato sia un danno temporaneo sia un danno permanente.
5) Invalidità Biologica Temporanea:
IBT a parziale 75%: 150 giorni
IBT a parziale 50%: fino al 9/9/2009.

6) Il disturbo post traumatico da stress, cronico, di grado moderato, rappresenta un danno biologico permanente, di natura psichica, quantificabile nella misura del 25% ... facendo riferimento alla manualistica ed alla letteratura medico-legale recente sulla quantificazione del danno psichico. "
E così:
per la liquidazione del danno biologico, secondo le tabelle del Tribunale di Milano (2009), calcolando € 100,00 per ogni giorno di invalidità temporanea al 100% ed effettuando l'aumento del 25% sull'importo dell'invalidità permanente del 25%, considerato che CH., nato nel 1977, aveva 30 anni al fatto:
€ 75 x 150 gg = € 11.250,00
€ 50 x 480 gg = € 24.000,00
€ 101.919,00 + 25% = € 127.398,80
per un totale di € 162.648,80 per il danno biologico, devalutato al 6/12/2007 = € 153.825,98, rivalutato (anno per anno) con interessi legali ad oggi = € 174.464,51;
per la liquidazione del danno patrimoniale (v. documentazione in atti) € 11.657,82 a titolo di mancato guadagno ed € 83,20 a titolo di spese mediche sostenute; per un totale di € 11.741,00 con rivalutazione (anno per anno) ed interessi legali dal 30/6/2008 ad oggi per un totale di € 12.832,48; con un totale, per il danno non patrimoniale e patrimoniale derivante dal reato di cui ai capi sub C e sub E, di € 187.296,99; arrotondato ad € 187.300,00.
(in dispositivo sono indicati ulteriori € 50.000,000, sui quali v. nel prossimo paragrafo).

2) T.R. G.: si richiama integralmente la relazione medica (dr. E.B., v.) e se ne riportano le conclusioni:
"1) il signor G. T.R.è stato (almeno sino al settembre 2008) affetto da un Disturbo Psichiatrico inquadrabile nosograficamente come disturbo post traumatico da stress cronico, di grado grave e complicato da disturbo depressivo secondo la classificazione del DSM-IV-TR.
Attualmente (9/9/2009, n.d.e.) risulta affetto da un disturbo post traumatico da stress cronico, di grado moderato, secondo DSM-IV-TR.
2) In base ai dati anamnestici raccolti, il soggetto era esente da disturbi psichiatrici di rilevanza clinica e forense in epoca antecedente al trauma subito nella notte tra il 5 e il 6/12/2007.
3) Esiste nesso causale tra l'evento traumatico e il disturbo psichiatrico accertato.
4) Il disturbo post traumatico da stress cronico che ha afflitto e affligge il soggetto ha arrecato sia un danno temporaneo sia un danno permanente.
5) Invalidità Biologica Temporanea:
IBT a parziale 75%: 150 giorni
IBT a parziale 25%: fino al 9/9/2009.
6) Il disturbo post traumatico da stress, cronico, di grado moderato, rappresenta un danno biologico permanente, di natura psichica, quantificabile nella misura del 25% ... facendo riferimento alla manualistica ed alla letteratura medico-legale recente sulla quantificazione del danno psichico. "

E così:
per la liquidazione del danno biologico, secondo le tabelle del Tribunale di Milano (2009), calcolando € 100,00 per ogni giorno di invalidità temporanea al 100% ed effettuando l'aumento del 25% sull'importo dell'invalidità permanente del 25%, considerato che T.R., nato nel 1981, aveva 26 anni al fatto:
€ 75 x 150 = € 11.250,00
€ 25x480 = € 12.000,00
€ 104.303,00 + 25% = € 130.378,80
per un totale di € 153.628,80 per il danno biologico, devalutato al 6/12/2007 = € 145.295,27, rivalutato (anno per anno) con interessi legali ad oggi = € 164.789,25;
per la liquidazione del danno patrimoniale (v. documentazione in atti) € 5.998,59 a titolo di mancato guadagno ed € 52,50 a titolo di spese mediche sostenute, per un totale di € 6.051,10 con rivalutazione (anno per anno) ed interessi legali dal 30/6/2008 ad oggi per un totale di € 6.613,63; con un totale, per il danno non patrimoniale e patrimoniale derivante dal reato di cui ai capi sub C e sub E, di € 171.402,90; arrotondato ad € 171.400,00.
(in dispositivo sono indicati ulteriori € 50.000,000, sui quali v. nel prossimo paragrafo).

3) C.F.D.: si richiama integralmente la relazione medica (dr. E.B., v.) e se ne riportano le conclusioni:
"1) il signor F.D. C. è stato (almeno sino al settembre 2008) affetto da un Disturbo Psichiatrico inquadrabile nosograficamente come disturbo post traumatico da stress cronico, di grado moderato, secondo la classificazione del DSM-IV-TR.
Attualmente (9/9/2009, n.d.e.) risulta affetto da un disturbo dell'adattamento, con ansia, cronico, di grado moderato, secondo DSM-IVA-TR.
2) In base ai dati anamnestici raccolti, il soggetto era esente da disturbi psichiatrici di rilevanza clinica e forense in epoca antecedente al trauma subito nella notte tra il 5 e il 6/12/2007.
3) Esiste nesso causale tra l'evento traumatico e il disturbo psichiatrico accertato.
4) Il disturbo post traumatico da stress cronico, di grado moderato che ha afflitto in precedenza e il disturbo dell'adattamento con ansia, cronico, di grado moderato che ora affligge il soggetto hanno arrecato sia un danno temporaneo sia un danno permanente.
5)Invalidità Biologica Temporanea: IBT a parziale 50%: 90 giorni IBT a parziale 25%: 90 giorni IBT a parziale 15%: fino al 9/9/2009.
6) Il disturbo dell'adattamento, con ansia, cronico, di grado moderato, rappresenta un danno biologico permanente, di natura psichica, quantificabile nella misura del 10%.. .facendo riferimento alla manualistica ed alla letteratura medico-legale recente sulla quantificazione del danno psichico. "

E così:
per la liquidazione del danno biologico, secondo le tabelle del Tribunale di Milano (2009), calcolando € 100,00 per ogni giorno di invalidità temporanea al 100% ed effettuando l'aumento del 25% sull'importo dell'invalidità permanente del 10%, considerato che C., nato nel 1979, aveva 28 anni al fatto:
€ 50 x gg 90 = € 4.500,00
€ 25 x gg. 90 = € 2.250,00
€ 15 xgg 450 = €6.750,00
€ 21.839,00 + 25% = € 27.298,80
per un totale di € 40.798,80 per il danno biologico, devalutato al 6/12/2007 = € 38.585,69, rivalutato (anno per anno) con interessi legali ad oggi = € 43.762,66;
per la liquidazione del danno patrimoniale (v. documentazione in atti) € 6.155,71 a titolo di mancato guadagno, € 30,25 a titolo di spese mediche sostenute, per un totale di € 6.186,00 con rivalutazione (anno per anno) ed interessi legali dal 30/6/2008 ad oggi per un totale di € 6.761,07 quale liquidazione del danno patrimoniale;
con un totale, per il danno non patrimoniale e patrimoniale derivante dal reato di cui ai capi sub C e sub E, di € 50.523,70; arrotondato ad € 50.525,00.
(in dispositivo sono indicati ulteriori € 50.000,000, sui quali v. nel prossimo paragrafo).

4) S.F.: si richiama integralmente la relazione medica (dr. E.B., v.) e se ne riportano le conclusioni:
"1) il signor S.F. è stato (almeno sino al settembre 2008) affetto da un Disturbo Psichiatrico inquadrabile nosograficamente come disturbo post traumatico da stress cronico, di grado lieve, secondo la classificazione del DSM-TV-TR.
Attualmente (9/9/2009, n.d.e.) risulta affetto da un disturbo dell'adattamento, con ansia, cronico, di grado lieve, secondo DSM-TVA-TR.
2) In base ai dati anamnestici raccolti, il soggetto era esente da disturbi psichiatrici di rilevanza clinica e forense in epoca antecedente al trauma subito nella notte tra il 5 e il 6/12/2007.
3) Esiste nesso causale tra l'evento traumatico e il disturbo psichiatrico accertato.
4) Il disturbo post traumatico da stress cronico, di grado lieve che ha afflitto in precedenza e il disturbo dell'adattamento con ansia, cronico, di grado lieve che ora affligge il soggetto hanno arrecato sia un danno temporaneo sia un danno permanente.
5) Invalidità Biologica Temporanea:
IBT a parziale 50%: 60 giorni
IBT a parziale 25%: 60 giorni
IBT a parziale 10%: fino al 9/9/2009.
6) Il disturbo dell'adattamento, con ansia, cronico, di grado lieve, rappresenta un danno biologico permanente, di natura psichica, quantificabile nella misura del 5%> ... facendo riferimento alla manualistica ed alla letteratura medico-legale recente sulla quantificazione del danno psichico. "

E così:
per la liquidazione del danno biologico, secondo le tabelle del Tribunale di Milano (2009), calcolando € 100,00 per ogni giorno di invalidità temporanea al 100% ed effettuando l'aumento del 25% sul minimo importo dell'invalidità permanente del 5%, considerato che S.F., nato nel 1983, aveva 24 anni al fatto:
€ 50 x gg 60 = € 3.000,00
€ 25xgg60 = € 1.500,00
€ 10 x gg 540 = € 5.400,00
€ 7.398,00 + 25 % = € 9.247,50
per un totale di € 19.147,50 per il danno biologico, devalutato al 6/12/2007 = € 18.108,85, rivalutato (anno per anno) con interessi legali ad oggi = € 20.538,48;
per la liquidazione del danno patrimoniale (v. documentazione in atti) € 5.962,61 a titolo di mancato guadagno, con rivalutazione (anno per anno) ed interessi legali dal 30/6/2008 ad oggi = € 6.516,91;
con un totale, per il danno non patrimoniale e patrimoniale derivante dal reato di cui ai capi sub C e sub E, di € 27.055,40; arrotondato ad € 27.055,00.
(in dispositivo sono indicati ulteriori € 50.000,000, sui quali v. nel prossimo paragrafo).

5) R. P.; si richiama integralmente la relazione medica (dr. E.B., v.) e se ne riportano le conclusioni:
"1) il signor P. R. è stato (almeno sino al settembre 2008) affetto da un Disturbo Psichiatrico inquadrabile nosograficamente come disturbo post traumatico da stress cronico, di grado moderato secondo la classificazione del DSM-IV-TR.
Attualmente (9/9/2009, n.d.e.) risulta affetto da un disturbo post traumatico da stress cronico, di grado lieve, secondo DSM-IV-TR.
2) In base ai dati anamnestici raccolti, il soggetto era esente da disturbi psichiatrici di rilevanza clinica e forense in epoca antecedente al trauma subito nella notte tra il 5 e il 6/12/2007.
3) Esiste nesso causale tra l'evento traumatico e il disturbo psichiatrico accertato.
4) Il disturbo post traumatico da stress cronico che ha afflitto e affligge il soggetto ha arrecato sia un danno temporaneo sia un danno permanente.
5) Invalidità Biologica Temporanea:
IBT a parziale 50%: 150 giorni
IBT a parziale 25%: fino al 9/9/2009.
6) Il disturbo post traumatico da stress, cronico, di grado lieve, rappresenta un danno biologico permanente, di natura psichica, quantificabile nella misura del 18% ... facendo riferimento alla manualistica ed alla letteratura medico-legale recente sulla quantificazione del danno psichico. "

E così:
per la liquidazione del danno biologico, secondo le tabelle del Tribunale di Milano (2009), calcolando € 100,00 per ogni giorno di invalidità temporanea al 100% ed effettuando l'aumento del 25% sul minimo importo dell'invalidità permanente del 18%, considerato che R., nato nel 1951, aveva 56 anni al fatto:
€ 50 x gg 150 = € 7.500,00
€ 25 x gg 480 = € 12.000,00
€ 47.888,00 + 25% = € 59.860,00
per un totale di € 79.360,00 per il danno biologico, devalutato al 6/12/2007 = € 75.055,15, rivalutato (anno per anno) con interessi legali ad oggi = € 85.125,15;
per la liquidazione del danno patrimoniale (v. documentazione in atti) € 5.635,61 a titolo di mancato guadagno ed € 141,11 a titolo di spese mediche sostenute per un totale di € 5.776,70 con rivalutazione ed interessi legali dal 30/6/2008 ad oggi = € 6.313,72;
con un totale, per il danno non patrimoniale e patrimoniale derivante dal reato di cui ai capi sub C e sub E, di € 91.438,90; arrotondato ad € 91.450,00.
(in dispositivo sono indicati ulteriori € 50.000,000, sui quali v. nel prossimo paragrafo).

6) B.P.: si richiama integralmente la relazione medica (dr. E.B., v.) e se ne riportano le conclusioni:
"1) il signor B.P. è stato (almeno sino al settembre 2008) affetto da un Disturbo Psichiatrico inquadrabile nosograficamente come disturbo post traumatico da stress cronico di grado moderato, complicato da disturbo depressivo, secondo la classificazione del DSM-IV-TR.
Attualmente (9/9/2009, n.d.e.) risulta affetto da un disturbo post traumatico da stress cronico, di grado lieve, secondo DSM-IV-TR.
2) In base ai dati anamnestici raccolti, il soggetto era esente da disturbi psichiatrici di rilevanza clinica e forense in epoca antecedente al trauma subito nella notte tra il 5 e il 6/12/2007.
3) Esiste nesso causale tra l'evento traumatico e il disturbo psichiatrico accertato.
4) Il disturbo post traumatico da stress cronico che ha afflitto e affligge il soggetto ha arrecato sia un danno temporaneo sia un danno permanente.
5) Invalidità Biologica Temporanea:
IBT totale 100%: 61 giorni
IBT a parziale 50%: 150 giorni
IBT a parziale 25%: fino al 9/9/2009.
6) Il disturbo post traumatico da stress, cronico, di grado lieve, rappresenta un danno biologico permanente, di natura psichica, quantificabile nella misura del 18% ... facendo riferimento alla manualistica ed alla letteratura medico-legale recente sulla quantificazione del danno psichico. "

E così:
per la liquidazione del danno biologico, secondo le tabelle del Tribunale di Milano (2009), calcolando € 100,00 per ogni giorno di invalidità temporanea al 100% ed effettuando l'aumento del 25% sull'importo dell'invalidità permanente del 18% e considerato che B.P., nato nel 1965, aveva 42 anni al fatto:
€ 100xgg61 =€6.100,00
€ 50 x 150 = € 7.500,00
€ 25x420 = € 10.500,00
€ 52.511,00 + 25% = € 65.638,80
per un totale di € 89.738,80 per il danno biologico, devalutato al 6/12/2007, = € 84.870,95, rivalutato (anno per anno) con interessi legali ad oggi = € 96.257,92;
per la liquidazione del danno patrimoniale (v. documentazione in atti) € 7.055,51 a titolo di mancato guadagno, € 423,42 a titolo di spese mediche sostenute, per un totale di € 7.478,90, con rivalutazione ed interessi legali dal 30/6/2008 = € 8.174,16;
con un totale, per il danno non patrimoniale e patrimoniale derivante dal reato di cui ai capi sub C e sub E, di € 104.432,10; arrotondato ad € 104.430,00.
(in dispositivo sono indicati ulteriori € 50.000,000, sui quali v. nel prossimo paragrafo).

7) P.S.: si richiama integralmente la relazione medica (dr. E.B., v.) e se ne riportano le conclusioni:
" 1) il signor P.S. è stato (almeno sino al settembre 2008) affetto da un Disturbo Psichiatrico inquadrabile nosograficamente come disturbo post traumatico da stress cronico, grave, complicato da disturbo depressivo, secondo la classificazione del DSM-IV-TR.
Attualmente (9/9/2009, n.d.e.) risulta affetto da un disturbo post traumatico da stress cronico, di grado moderato, secondo DSM-IV-TR.
2) In base ai dati anamnestici raccolti, il soggetto era esente da disturbi psichiatrici di rilevanza clinica e forense in epoca antecedente al trauma subito nella notte tra il 5 e il 6/12/2007.
3) Esiste nesso causale tra l'evento traumatico e il disturbo psichiatrico accertato.
4) Il disturbo post traumatico da stress cronico che ha afflitto e affligge il soggetto ha arrecato sia un danno temporaneo sia un danno permanente.
5) Invalidità Biologica Temporanea:
IBT totale 100%: 47giorni
IBT a parziale 75%: 150 giorni
IBT a parziale 50%: fino al 9/9/2009.
6) Il disturbo post traumatico da stress, cronico, di grado moderato, rappresenta un danno biologico permanente, di natura psichica, quantificabile nella misura del 25% ... facendo riferimento alla manualistica ed alla letteratura medico-legale recente sulla quantificazione del danno psichico."

E così:
per la liquidazione del danno biologico, secondo le tabelle del Tribunale di Milano (2009), calcolando € 100,00 per ogni giorno di invalidità temporanea al 100% ed effettuando l'aumento del 25% sull'importo dell'invalidità permanente, del 25%, considerato che P.S., nato nel 1975, aveva 32 anni al fatto:
€ 100 x gg 47 = € 4.700,00
€ 75xgg 150 = € 11.250,00
€ 50 x gg 437 = € 21.850,00
€ 100.727,00 + 25% = € 125.908,80
per un totale di € 163.708,80 per il danno biologico, devalutato al 6/12/2007 = € 154.828,48, rivalutato (anno per anno) con interessi legali ad oggi = € 175.601,51;
per la liquidazione del danno patrimoniale (v. documentazione in atti), € 7.353,50 a titolo di mancato guadagno, € 87,45 a titolo di spese mediche documentate, per un totale di € 7.440,50 con rivalutazione ed interessi legali dal 30/6/2008 = € 8.132,19;
con un totale, per il danno non patrimoniale e patrimoniale derivante dal reato di cui ai capi sub C e sub E, di € 183.733,70; arrotondato ad € 183.735,00.
(in dispositivo sono indicati ulteriori € 50.000,000, sui quali v. nel prossimo paragrafo).

8) P.G.: si richiama integralmente la relazione medica (dr. G.d.L., in data 30/12/2008, con aggiornamento in data 1/3/2010, v.) e se ne riportano alcuni, fondamentali stralci:
" ... i disturbi si strutturavano nel tempo in una vera e propria malattia psichica conclamata, definibile come disturbo d'ansia non altrimenti specificato secondo DSM-IV-TR ... (secondo l'aggiornamento n.d.e.): ... disturbo d'ansia N.A.S. con note depressive ...
la malattia da lesione è delimitabile in una dozzina di mesi ad oggi, da considerarsi per metà ad incapacità biologica temporanea parziale massima al 50% e per metà a parziale minima al 25% ...
Il danno biologico del periziando, già quantificato intorno al 6% nella mia precedente relazione.. .può essere valutato al sette-otto per cento ...
Alla luce della raccolta anamnestica, della connessione causale sotto forma di compatibilità cronologica e clinica, tenuto conto del rapporto tra fatti accaduti e conseguenze psicofisiche, previo confronto con la personalità del soggetto e lo stato anteriore, esaminata la documentazione disponibile, visitato il periziando, si conclude dunque per la sussistenza della malattia psichica nei termini testé enunciati, da ricondurre interamente alle vicende per cui è causa"

E così:
per la liquidazione del danno biologico, secondo le tabelle del Tribunale di Milano (2009), calcolando € 100,00 per ogni giorno di invalidità temporanea al 100% ed effettuando l'aumento del 25% sul minimo importo dell'invalidità permanente del 6%, considerato che P.G., nato nel 1970, aveva 37 anni al fatto:
€ 50 x gg 180 = € 9.000,00
€ 25 x gg 180 = € 4.500,00
€ 9.037,00 + 25% = € 11.296,30
per un totale di € 24.796,30 per il danno biologico, devalutato al 6/12/2007 = € 23.451,23, rivalutato (anno per anno) con interessi legali ad oggi = € 26.597,64 arrotondato ad € 26.600,00.
Si tratta del danno non patrimoniale derivante dal reato di cui ai capi sub C e sub E.
(in dispositivo sono indicati ulteriori € 50.000,000, sui quali v. nel prossimo paragrafo).

9) DI F. R.: si richiama integralmente la relazione medica (dr. G.d.L., in data 14/7/2008, con aggiornamento in data 1/3/2010, v.) e se ne riportano alcuni, fondamentali stralci:
"La sintomatologia accusata ed il quadro clinico consentono di inserire il medesimo nel disturbo post traumatico da stress secondo DSM-IV-TR ... considerato il tempo trascorso e l'intensità sintomatologica, la patologia può essere considerata cronica ...
la natura e le caratteristiche dell'evento, la documentazione prodotta, l'anamnesi con valutazione dello stato anteriore, l'esame neuropsichiatrico effettuato, soddisfano il nesso di causalità tra i fatti avvenuti e le alterazioni psicopatologiche riportate; sotto forma di compatibilità cronologica e clinica, intesa secondo la comune criteriologia medico-legale come adeguatezza qualitativa e quantitativa degli eventi a produrre danno ...
La malattia traumatica è definibile in sette mesi, dall'esordio dei sintomi soggettivi subito dopo l'evento fino alla stabilizzazione, non guarigione, della malattia. Tale periodo va considerato totalmente ad incapacità biologica temporanea parziale massima al 50%, tenuto conto della gravità del fatto traumatico e dell'intensità dei sintomi denunciati ...
E danno biologico psichico dell'interessato ... è oggi valutabile, secondo i comuni riferimenti ... al nove-dieci per cento"

E così:
per la liquidazione del danno biologico, secondo le tabelle del Tribunale di Milano (2009), calcolando € 100,00 per ogni giorno di invalidità temporanea al 100% ed effettuando l'aumento del 25% sul minimo importo dell'invalidità permanente, del 9,5%, considerato che DI F., nato nel 1977, aveva 30 anni al fatto:
€ 50 x gg 210 = € 10.500,00
€ 19.787,50 + 25% = € 24.734,40
per un totale di € 35.234,40 per il danno biologico, devalutato al 6/12/2007 = € 33.323,12, rivalutato (anno per anno) con interessi legali ad oggi = € 37.794,02, arrotondato ad € 37.795,00.
Si tratta del danno non patrimoniale derivante dal reato di cui ai capi sub C e sub E.
(in dispositivo sono indicati ulteriori € 50.000,000, sui quali v. nel prossimo paragrafo).

Ne consegue, a conclusione di questo paragrafo, la condanna degli imputati, in solido fra loro e con il responsabile civile THYSSEN KRUPP ACCIAI SPECIALI
TERNI s.p.a., al pagamento delle seguenti somme:

 

 

 

 

 

-a favore di CH. G. € 187.300,00;
-a favore di T.R. G. € 171.400,00;
-a favore di C. F.D. € 50.525,00;
-a favore di S.F. € 27.055,00;
-a favore di R. P. € 91.450,00;
-a favore di B.P. € 104.430,00;
-a favore di P.S. € 183.735,00;
-a favore di P.G. € 26.600,00;
-a favore di DI F. R. € 37.795,00.

Sussistono i giustificati motivi idonei a dichiarare la provvisoria esecutorietà di tali condanne, ex art. 540, 1° comma, c.p.p., considerate le precarie condizioni economiche delle parti civili (come da loro riferite durante le testimonianze, v.), il tempo trascorso dalla lesione subita, il cronicizzarsi delle patologie che rende più difficile il loro reinserimento nel mondo del lavoro.

Consegue a tale statuizione civile la condanna degli stessi imputati, in solido fra loro e con il responsabile civile THYSSEN KRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a. anche al pagamento delle spese di costituzione e difesa a favore delle stesse parti civili ex art. 541 c.p.p. ( per la liquidazione si provvede in apposito capitolo, v. infra).

19.4 Lavoratori costituiti con riferimento al reato sub A).
La Corte deve qui richiamare quanto già esposto nella parte motiva precedente e in particolare nei capitoli 11 e 16 in relazione al reato di omissione dolosa di cautele antinfortunistiche, aggravato, di cui all'art. 437 c.p.
La Corte deve in particolare qui ricordare che si tratta di un delitto doloso ricompreso nel titolo VI del codice penale, tra i delitti "contro l'incolumità pubblica"; che è un reato di pericolo "presunto" (presunzione peraltro temperata dalla necessaria ricorrenza del principio di offensività) "nel senso che dalla conformità della condotta del soggetto agente al modello legale il legislatore ha già presunto la sussistenza del predetto pericolo" (così Corte di Cassazione, sentenza n. 6396/2005); che tale pericolo "non deve interessare necessariamente la collettività dei cittadini o, comunque, un numero rilevante di persone, in quanto la tutela si estende anche all'incolumità dei singoli lavoratori, come si evince dall'interpretazione letterale della rubrica della disposizione in esame e dalla lettura logico-sistematica del secondo comma dell'art. 437 c.p., che configura un'aggravante del reato sussistente anche nell'ipotesi in cui si verifichi un infortunio individuale sul lavoro " (sentenza appena citata); che "il primo comma dell'art. 437 c.p. prevede un delitto doloso di pericolo (di infortunio e/o disastro) che si consuma all'atto della 'omissione' o 'rimozione' dolosa, mentre il secondo comma della stessa norma introduce l'aggravante per il caso in cui l'infortunio e/o il disastro abbiano effettivamente a prodursi come conseguenza della condotta di cui al comma 1" (Corte di Cassazione, sentenza n. 20370/2006); che l'interesse tutelato dalla norma (e v. in capitolo 16, in cui si tratta la questione del concorso tra il reato di cui all'art. 437 c.p. e quello di cui all'art. 589 2° comma c.p.) è la pubblica incolumità con specifico riferimento all'ambiente di lavoro; che si tratta di reato plurioffensivo (v. subito infra); che è un reato di "mera condotta", nella forma omissiva classificabile come reato omissivo proprio che si consuma nel momento in cui si è verificata l'omissione ed ha carattere permanente. Nel caso di specie, secondo la contestazione, il reato si è consumato nel giugno 2006 (dopo l'incendio nello stabilimento NIROSTA di Krefeld, v. sopra in vari capitoli) ed è perdurato sino al verificarsi dell'evento di cui al secondo comma, il 6/12/2007.
Ciò premesso, si deve in primo luogo verificare se sia ravvisabile un danno non patrimoniale derivante da un reato di pericolo.
Rispondono affermativamente a tale questione (dopo una lunga e contrastata elaborazione giurisprudenziale) le Sezioni Unite della Corte di Cassazione civile con la sentenza n. 2512/2002; che statuiscono anche - questo era il punto loro sottoposto specificamente - la risarcibilità del "danno morale" anche in assenza di lesioni all'integrità psico-fisica del soggetto: " ... contesta la tesi che il danno morale possa essere risarcito anche in assenza di danno biologico (o di altro evento produttivo di danno patrimoniale), che è appunto la questione di massima determinante l'assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite; questione che dopo la pronuncia della Corte ambrosiana ha ricevuto risposta negativa da parte della III sezione civile di questa Corte, con le sentenze 24/5/1997 n. 4631 e 20/6/1997 n. 5530, fondamentalmente sulla base delle sentenze n. 184 del 1986 e n. 37 del 1994 della Corte Costituzionale, affermando che il danno morale soggettivo inteso quale transeunte turbamento psicologico è, al pari del danno patrimoniale in senso stretto, danno-conseguenza, risarcibile solo ove derivi una menomazione dell'integrità fisica dell'offeso o da altro tipo di evento produttivo di danno patrimoniale.
Pertanto nel caso di compromissione anche grave della salubrità dell'ambiente, derivante da immissioni di una sostanza altamente tossica (nella specie diossina) a seguito di disastro colposo, il turbamento psichico subito dalla generalità delle persone costrette a sottoporsi a periodici controlli sanitari a seguito dell'esposizione a quantità imprecisate della detta sostanza, con conseguente limitazione della propria libertà di azione e di vita, non è risarcibile in via autonoma quale danno morale sopportato in eguale misura da ciascuno dei soggetti coinvolti nel disastro, ove non costituisca conseguenza della menomazione specificamente subita da ciascuno di essi nella propria integrità psico-fisica.
Ma la stessa sezione ... ha dubitato dell'esattezza del principio ... ed ha sollecitato un ulteriore approfondimento da parte delle S.U., con ordinanza 24/3/2000, la cui ampia ed articolata motivazione ha precisato motivi di perplessità attinenti: all'interpretazione della dicotomia danno-evento, danno-conseguenza, dovendosi escludere che il danno-evento, delineato dalla Corte Costituzionale nella citata sentenza n. 184 del 1986, si esaurisca nella menomazione psico-fisica propria del danno, biologico, senza comprendere anche eventuali lesioni suscettibili di tutela aquiliana diretta ed autonoma rispetto a quella indiretta ed indifferenziata apprestata dalla legge sull'inquinamento; alla eventuale strumentalizzazione della suddetta interpretazione al fine di evitare un'illimitata proliferazione di azioni risarcitone; alla autonoma risarcibilità del danno morale, secondo l'unica condizione (artt. 2059 c.c. e 185 c.p.) che esso consista nel perturbamento psichico della vittima causato da un reato; alla stessa utilità o necessità, allo scopo richiesto, della dicotomia danni-eventi e danni-conseguenze.

... va subito affermato che le Sezioni Unite optano per il principio opposto a quello di cui alle citate sentenze n. 4631 e 5530 del 1997, ritenendo che il danno morale soggettivo sia risarcibile anche in assenza di danno biologico o di altro evento produttivo di danno patrimoniale, in virtù delle considerazioni esposte nell'ordinanza di rimessione, completate da alcuni ulteriori rilievi ...
... l'art. 185 c.p. non richiede, oltre al perturbamento psichico della vittima, anche il verificarsi di un distinto evento di danno incluso nella fattispecie incriminatrice e, in detto contesto normativo, pure accogliendo del danno non patrimoniale la nozione ristretta, concludono nel senso che a favore della tesi della risarcibilità concorrono i diversi elementi dell'idoneità del fatto a ledere l'interesse protetto della norma penale; della incidenza di esso su una posizione soggettiva; della compatibilità del risarcimento con i reati di pericolo; della riconosciuta possibilità di risarcire il perturbamento psichico dei titolari di interessi suscettibili di essere compromessi da reati plurioffensivi, categoria nella quale si ascrivono i reati contro la pubblica incolumità.
... del resto, la stessa dicotomia danno-evento e danno-conseguenza appare, quantomeno per la tematica di cui trattasi, una mera sovrastruttura teorica, dal momento che l'art. 2059 c.c. pone come unico presupposto di risarcibilità del danno morale la configurabilità di un fatto-reato, rinviando all'art. 185 c.p. che, a sua volta, rimanda alle singole fattispecie delittuose ed oltre al turbamento psichico della vittima non pone altre condizioni, tantomeno la presenza di un distinto evento di danno.
Ma decisiva per la soluzione della questione è la natura del reato ex art. 449 c.p.: delitto colposo di pericolo presunto (nel senso che il pericolo è implicito nella condotta e nessuna ulteriore dimostrazione deve essere fornita circa l'insorgenza effettiva del rischio per la pubblica incolumità) ma, soprattutto, reato plurioffensivo, in quanto con l'offesa al bene pubblico immateriale ed unitario dell'ambiente (Corte Cost. 30/12/1987 n. 641), di cui è titolare l'intera collettività, concorre sempre l'offesa per quei soggetti singoli i quali, per la loro relazione con un determinato habitat (nel senso che ivi risiedono e/o svolgono attività lavorativa), patiscono un pericolo astratto di attentato alla loro sfera individuale.

Ne consegue che essendo pacifica la risarcibilità del danno morale nel caso di reati di pericolo o plurioffensivi, non sussiste alcuna ragione, logica e/o giuridica, per negare tale risarcibilità ove il soggetto offeso, pur in assenza di una lesione alla salute, provi di avere subito un turbamento psichico ... .Conclusione, questa, in sintonia con la più recente giurisprudenza di questa Corte in materia risarcitoria; al riguardo, è sufficiente il richiamo alle sentenze 27/7/2001 n. 10291, che ammette incondizionatamente il risarcimento del danno morale per i prossimi congiunti dell'offeso da lesioni colpose e 7/6/2000 n. 7713, secondo cui la lesione di diritti di rilevanza costituzionale va incontro alla sanzione risarcitoria per il fatto in sé della lesione danno-evento, indipendentemente dalle eventuali ricadute patrimoniali che la stessa possa comportare (danno-conseguenza). "

Applicando i principi enunciati dalla Suprema Corte si deve quindi affermare che i lavoratori qui costituiti parti civili con riferimento all'art. 437 c.p. corrispondono ai "soggetti singoli" che, per la loro particolare relazione -consistente nel caso di specie nell'avere lavorato nello stabilimento di Torino, come dipendenti, nel periodo (v. anche infra su questo) di permanenza del reato - da giugno 2006 sino al momento precedente il verificarsi dell'evento aggravante, 6/12/2007 - hanno patito "un pericolo astratto di attentato alla loro sfera individuale". Si deve aggiungere che, nel caso di specie, questo "pericolo astratto di attentato alla loro sfera individuale" si è verificato, per gli stessi soggetti singoli, anche e direttamente con il consumarsi dell'aggravante di cui al secondo comma dell'art. 437 c.p.
La "sfera individuale" oggetto di "attentato" in capo ai singoli soggetti corrisponde, nel caso di specie, alla loro integrità psico-fisica in particolare nel luogo di lavoro, direttamente tutelata dalla Costituzione agli articoli 2 - diritti inviolabili dell'uomo - 32 - tutela della salute - 35 - tutela del lavoro - 41 -"L'iniziativa economica è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana". Senza dimenticare che il nostro Paese è, secondo il primo articolo della Costituzione, una Repubblica democratica fondata sul lavoro.

Richiamando qui - tutto - quanto diffusamente esposto nella parte motiva precedente, si deve ricordare, in fatto, che il ritenuto ed accertato delitto di cui all'art. 437 c.p., consistito nel caso di specie nel non avere installato un impianto di rilevazione e di spegnimento automatico - anche - nella zona di entrata della linea 5, costituiva un perenne (dal giugno 2006: ma la corretta contestazione temporale si riferisce al profilo soggettivo del reato e non a quello oggettivo - cioè all'esistenza del rischio in concreto) e reale rischio incendio le cui potenzialità lesive dell'incolumità fisica non erano circoscritte ai soli lavoratori addetti a quell'impianto, ma si estendevano a tutti i lavoratori che prestavano la loro attività nello stabilimento di Torino; affermazione, quest'ultima, che se si può trarre dai cambi di mansioni, dagli operai utilizzati come jolly, dall'accorrere di tutti gli operai presenti in occasione dei frequenti incendi (v. capitolo 5), è stata drammaticamente confermata nei fatti, perché sappiamo che né Rocco M. (che ha lavorato in quell'acciaieria per una vita, ma mai alle linee di trattamento) né S. Bruno erano addetti a quell'impianto; eppure hanno perso la vita a seguito dell'incendio del 6/12/2007.
Condizione, quindi, di rischio, in particolare di rischio incendio, che era potenzialmente lesiva dell'integrità fisica di tutti i lavoratori dello stabilimento ed era anche da essi percepita, come loro stessi hanno riferito più volte nel corso delle testimonianze rese nel presente dibattimento (v., soprattutto, in capitolo 5; ma v. anche le loro complete testimonianze, di cui alle trascrizioni che la Corte non può riportare integralmente, nonché quanto dichiarato in dibattimento dai congiunti delle vittime); percezione, anzi meglio vera e propria consapevolezza di una condizione di lavoro degradata (come tale incidente anche sulla loro dignità di persone e di lavoratori) e sempre in via di peggioramento (nell'arco temporale segnato al capo sub A) sotto il profilo della sicurezza, soprattutto della sicurezza antincendio, a causa della frequenza con la quale si verificavano, nello stabilimento, incendi, focolai di incendi, principi di incendi (v. capitolo 5); consapevolezza quindi di una quotidiana esposizione ad un concreto pericolo di lesioni alla loro incolumità fisica, alla loro vita. Consapevolezza drammaticamente confermata da quanto accaduto il 6/12/2007, costituente il 2° comma dell'art. 437 c.p.
Ebbene, la Corte ritiene che tale consapevolezza, peraltro corrispondente alla realtà dei fatti, considerate le effettive condizioni di lavoro presenti nello stabilimento in quel periodo (v. sempre capitolo 5), poi confermata dalla drammaticità dell'evento, abbia costituito, per tutte le parti civili qui in esame, un profondo turbamento, una sofferenza psichica, un disagio continuo, un timore serpeggiante; turbamento, sofferenza, disagio e timore che hanno poi trovato drammatica conferma nell'evento accaduto il 6/12/2007; turbamento, sofferenza, disagio, timore idonei ad essere risarciti quale danno morale direttamente derivante dal reato commesso.

Risarcimento che non appare agevole né immediato quantificare monetariamente, individuando appositi parametri ai quali ancorarsi: la Corte ritiene che a tale determinazione si possa pervenire considerando (come indicato dalle stesse parti civili) il periodo di tempo (da giugno 2006 al 6/12/2007) contestato al capo A), ritenendo quindi che proprio durante quel periodo i lavoratori fossero esposti al rischio incendio e che, essendone consapevoli, patissero gli indicati turbamento, sofferenza, disagio, timore; oltre che considerando quanto questi loro vissuti si siano drammaticamente materializzati nella notte del 6 dicembre 2007.
Il periodo si compone di oltre 17 mesi; l'estrema gravità del reato, sotto il profilo soggettivo in capo a tutti gli imputati, così come della aggravante di cui al 2° comma dell'art. 437 c.p., deve essere qui solo richiamata, rimandando ai precedenti capitoli; la Corte ritiene equo, considerati tutti gli elementi, prendere a base la retribuzione media mensile raddoppiandola per ciascun lavoratore, per il periodo di esposizione al rischio, con un aumento per la gravità del reato e così per complessivi € 35.000,00; cui si deve aggiungere un importo, che la Corte ritiene congruo indicare in € 15.000,00, derivante direttamente dall'essersi verificato l'evento di cui al 2° comma dell'art. 437 c.p. e dall'ulteriore turbamento che tale aggravante ha comportato per ciascuno dei lavoratori.
Con tre precisazioni:
la prima riguardante le parti civili costituite che non hanno lavorato nello stabilimento nell'intero periodo sopra indicato e per i quali, quindi, il risarcimento deve essere diversamente liquidato: si tratta di A. S. (in pensione da settembre 2006), di M.G. (in pensione dal 31/12/2006) e di B.S. (in mobilità da gennaio 2007) per i quali, considerata la brevità del periodo rientrante nella contestazione di cui al capo A), appare equo provvedere ad una liquidazione complessiva, per ciascuno, di € 5.000,00 (cinquemila);
la seconda riguardante i lavoratori CH., T.R., C., S.F., R., B.P., P.S., P.G. e DI F., per i quali si è già provveduto, nel precedente paragrafo (v.), ad accogliere la loro domanda risarcitoria con riferimento ai reati di incendio, di cui ai capi sub C) e sub E); ebbene, il diritto al risarcimento derivante dalla commissione di quei reati è, ad avviso della Corte, del tutto indipendente dal diritto al risarcimento derivante dal reato sub A), qui esaminato. Richiamando quanto esposto al paragrafo precedente e quanto qui ritenuto con riferimento al reato di cui al capo A), la Corte ritiene non sia neppure necessario soffermarsi su tale punto, essendo evidente la diversità dei presupposti così come del danno sofferto, con il conseguente diritto dei lavoratori sopra indicati di ottenere il risarcimento anche per il danno non patrimoniale direttamente conseguente al reato sub A) ;
la terza riguardante BO. A., che nel presente processo si è costituito parte civile solo con riferimento al reato di cui al capo A) (espressamente riservandosi di agire con separato giudizio civile per le lesioni fisiche e psichiche), non per il reato di incendio (doloso e colposo); precisazione dovuta a quanto esposto dai difensori durante le arringhe finali e dall'avvenuto deposito di consulenza medica, che qui non può avere rilievo.

Ne consegue, a conclusione di questo paragrafo, la condanna degli imputati, in solido fra loro, al pagamento della somma di € 50.000,00 ciascuno a favore di BO. A. e di A.G..
La condanna degli imputati, in solido fra loro e con il responsabile civile THYSSEN KRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., al pagamento: della somma di € 50.000,00 ciascuno a favore di CH. G., T.R. G., C.F.D., S.F., R. P., B.P., P.S., P.G. i, DI F. R., Z. A.E., V.A., V.R., P.M., P.B., B.G., A.F., P.G., L.G.L., L.R., D'A.M., A.S., D.G., N.M., M. J., A.C., C.V., R.G., G.L., A.P.I., A.L., G.P., L.P.G.; della somma di € 5.000,00 ciascuno a favore di A.S., M.G. e B. S..

Sussistono i giustificati motivi idonei a dichiarare la provvisoria esecutorietà di tali condanne, ex art. 540, 1° comma, c.p.p., considerate le precarie condizioni economiche delle parti civili (come da loro riferite durante le testimonianze, v.) e il tempo trascorso dalla lesione subita.

Consegue a tale statuizione civile la condanna degli stessi imputati, in solido fra loro (per le spese di BO. e di A.) e con il responsabile civile THYSSEN KRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a. (per gli altri) anche al pagamento delle spese di costituzione e difesa a favore delle stesse parti civili ex art. 541 c.p.p. ( per la liquidazione si provvede in apposito capitolo, v. infra).

19.5 Parenti e affini delle vittime.
Si sono costituiti parti civili nel presente dibattimento, come già sopra accennato, alcuni parenti e affini delle vittime; l'accoglimento della loro costituzione di parte civile, nel rispetto di quanto stabilito dal 4° comma dell'art. 307 c.p., che definisce i "prossimi congiunti" e, come si vedrà infra, l'accoglimento delle loro richieste di risarcimento del danno per lutto parentale, non costituisce, ad avviso della Corte, contraddizione con la già riconosciuta -a tutti gli imputati - attenuante di cui all'art. 62 n. 6 c.p. (ed anche alla persona giuridica, art. 12, 2° comma lettera a) D.Lgs. n. 231/2001). Infatti, il risarcimento da parte dell'azienda ed a favore dei familiari delle vittime è avvenuto, come documentalmente provato (v.); i parenti e gli affini qui costituiti parte civile non ne hanno beneficiato in quanto, secondo le affermazioni dei difensori degli imputati e della persona giuridica, affermazioni non smentite durante il presente dibattimento, questi congiunti non avevano avanzato le loro richieste per tempo, mentre erano in corso (durante l'udienza preliminare) le trattative tra le parti relative a tale risarcimento.
Cosicché la Corte ha ritenuto doveroso riconoscere la citata attenuante ed altrettanto doveroso prendere in considerazione le domande qui proposte dai congiunti.
G.S. è cognato (marito della sorella), P. G. è zia (sorella della madre P. I.) di S. Roberto, deceduto a seguito dell'incendio del 6/12/2007; P. R. e T.L. sono entrambi cognati (mariti delle sorelle C. e L.) di R. Rosario, deceduto a seguito dell'incendio del 6/12/2007 e si sono costituiti entrambi anche in nome e per conto dei figli minori; M.D., M.S., M.E. sono zii (fratello e sorelle della madre M.R.) di S. Bruno, deceduto a seguito dell'incendio del 6/12/2007. Si tratta quindi di congiunti non componenti del "nucleo" familiare più ristretto, non conviventi con le vittime bensì facenti parte di una famiglia più "allargata", con vincoli anche affettivi che peraltro, soprattutto nel nostro Paese, frequentemente, per tradizione radicata, rimangono saldi e si perpetuano nel tempo.
Tale posizione (di membri della famiglia allargata) comporta il loro onere di provare, nei termini che saranno infra precisati per l'intrinseca difficoltà di fornire la prova di un "sentimento", l'esistenza di un normale rapporto affettivo tra loro e le vittime, presente al momento del decesso; normale rapporto affettivo di cui è naturale conseguenza il dolore per il lutto subito e che a sua volta costituisce il danno non patrimoniale subito dal congiunto; danno che le tabelle del Tribunale di Milano (v. paragrafo precedente) definiscono come "da perdita del rapporto parentale" ed in ordine al quale forniscono degli indicatori economici.
Sotto il profilo della prova del rapporto affettivo, nel caso di specie sono stati sentiti come testi altri congiunti delle vittime, in particolare all'udienza del 17/2/2009 (anticipando, sull'accordo delle parti, l'escussione di questi testi delle parti civili), oltre che successivamente (v. infra).
S.L. (udienza 17/2/2009), fratello di S. Bruno, ha riferito con riferimento al rapporto esistente tra quest'ultimo e gli zii M.: " ... mio fratello aveva un buonissimo rapporto con tutti e tre, in modo diverso naturalmente. Diverso dal fatto che vedeva magari più uno rispetto (all') altro; visto che abitiamo a Nichelino vedeva magari più la sorella ... una delle sorelle di mia madre ... M.E. ... mentre, magari, M.S., abitando alla Barriera di Milano che è un po' più distante, ci vediamo solo per le cene ... comunque andava a trovarla, perché mio cugino G. era molto legato a mio fratello ... (Bruno, n.d.e.) era come un figlio per tutti e tre ... buonissimo rapporto con tutti e tre"; sulla frequentazione: " ... ci incontravamo molto spesso a casa di uno o dell'altro ... "; aggiunge S. che, dopo la morte del fratello, gli zii sono stati vicino a tutti loro e soprattutto alla di lui madre; la frequentazione con i cugini "come dei fratelli" da parte di S. Bruno così come di suo fratello L. avveniva anche sul luogo di lavoro, perché nello stabilimento di Torino lavorava (come addetto alla linea 5) anche il teste S.L., anche il cugino D.G., figlio di M.S., anche il marito di quest'ultima e padre di G., D.G., anche il marito della sorella di G., D.B.G.. Aggiunge S.L.: "capitava che uscivamo ... ci beccavamo per delle cene insieme in famiglia e poi uscivamo, si andava al cinema con le ragazze, comunque c'era un buonissino rapporto con i figli di M.S. e anche con quelli di M.D., naturalmente, anche se più lontani a livello di distanza ... però il rapporto era splendido con tutti i cugini, i figli di M.E., S., D.".
La teste C.G.(udienza 17/9/2009), madre di R. Rosario, di R.C., moglie di P.R. e di R.L., moglie di T. L., riferisce che il figlio R. viveva ancora con lei ed il marito (R. Rosario è deceduto a 26 anni); che i suoi generi conoscevano fin da piccolo R. Rosario: "L.T. l'ha visto nascere, perché ... lavora dove abitavo prima, in corso Novara ... sotto casa mia c'è un'officina e lavora lì. Poi anche l'altro, P. ... ha conosciuto mio figlio che aveva sette anni, dieci. Quindi per loro era come un fratello ... comunque si andava in ferie insieme, si stava sempre insieme, non c'era festa che si andava in tutti i posti ... "; la teste narra il dolore per non avere suo figlio potuto conoscere le bambine, gemelle, figlie di R.L., nate il 10 gennaio 2008; aggiunge che era previsto che R. Rosario fosse padrino di battesimo di una delle bambine; sul rapporto tra suo figlio ed i figli di R.C.: " ... per loro era un fratello ... li andava a prendere a scuola, li andava a lasciare, li portava ai giardini, al cinema, come fa un fratello maggiore"; sul lavoro: " ... eravamo orgogliosi che mio figlio è andato a lavorare in quella fabbrica, perché mio marito ci ha lavorato quasi 40 anni ... ci sentiamo in colpa per averlo mandato lì dentro ... ".
La teste R.C. (udienza 17/2/2009) conferma il rapporto tra marito – P.R. - e fratello: " ... ho conosciuto mio marito nel 1990, mio fratello aveva 11 anni. Praticamente è stato sempre con me e mio marito. È sempre stato un punto di riferimento per mio fratello ... insomma il ragazzino è cresciuto con noi"; sulle vacanze insieme: "certo, l'ultima vacanza è stata proprio nel 2006 ... è capitato che sono andata in ferie a giugno e lui, con la ragazza, è venuto una settimana per farla insieme a me, i miei figli e mio marito ... li andava a prendere a scuola ... la figura dello zio gli manca.. .più che zio anche fratello, perché i miei figli li cresceva mia mamma, mio fratello era a casa con mia mamma, facendo i turni ... erano sempre insieme"; su T.: "Anche L. l'ha visto da piccolino, abitavamo dove lui ha la ditta ... perché noi siamo una famiglia unita, ancora adesso che mio fratello è al cimitero. Noi siamo sempre lì da lui, compreso L., R., tutti ... ".
La teste R.L. (udienza 17/2/2009) conferma il rapporto tra marito –T. - e fratello: " ... prima di essere mio marito lui era nostro amico. Mio fratello andava in officina da lui ... si confidava"; " ... facevamo dei week end insieme ... mio marito ha una casa al mare in Liguria e veniva (il fratello, n.d.e.) con noi"; la teste espone come ha appreso dell'incidente al fratello, mentre era incinta di otto mesi e come il dolore per la sua morte sia stato condiviso con il marito; conferma poi che anche P., il marito della sorella C., fosse stato un fratello per R. Rosario, che a sua volta era stato come un fratello per i figli di C..
La teste S.C. (udienza 17/2/2009), moglie di G.S. e sorella di S. Roberto, dal quale la separava un solo anno; insieme, 19 anni prima, avevano conosciuto G.; il fratello e G.: " ... lavoravano anche insieme, ha avviato nel lavoro mio fratello ... se lo portava quando era più ragazzino nei primi lavori con lui ... anche qua alla THYSSEN ... sono stati assunti ... mio fratello un anno prima ... si sono trovati a lavorare insieme sulla stessa linea"; dopo il matrimonio del fratello: " ... tutte le settimane ci riunivamo a casa della mamma, lui con i suoi bimbi, io con i miei e si passavano i sabati e le domeniche ... (G., n.d.e.) come un fratello perché ormai, dopo 19 anni se Roberto doveva confidarsi andava da lui, aveva bisogno di qualcosa andava da lui, era diventato come un fratello maggiore per Roberto".
Il teste T.M. (udienza 16/7/2009), fratello di T.L., conferma la conoscenza di R. Rosario fin da quando era bambino, perché la famiglia R. abitava al piano sopra dell'officina in cui lavoravano entrambi i fratelli T.; rapporto continuato nel tempo; espone lo sconvolgimento nella vita di suo fratello dopo la morte di Rosario.
Il teste P.B. (udienza 16/7/2009), fratello di P.R., conferma lo stretto rapporto affettivo che esisteva tra suo fratello e R. Rosario; quest'ultimo lo "cercava come punto di appoggio, si confidava"; per suo fratello la morte di R. Rosario: " ... è stato un colpo anche per lui ... è venuta a mancare una figura ... per i ragazzi (i figli di P. e C.R., n.d.e.) è stata una cosa micidiale ... (dopo il funerale, n.d.e.) me li sono portati io a casa per rincuorarli ... Rosario ... era ... il padrino di R. ... ".

Hanno poi esposto il loro rapporto affettivo con i congiunti deceduti direttamente le parti civili costituite; M. S. (udienza 17/2/2009): " ... eravamo sempre insieme; i nostri figli sono cresciuti insieme ... eravamo sempre insieme, andavamo sempre da mia mamma, sempre lì la domenica, uscivamo insieme, facevamo le scampagnate insieme"; poi, cresciuti: " ... parecchie volte veniva a dormire anche a casa mia Bruno, perché usciva con mio figlio, andavano a ballare, a mangiare la pizza fuori ... sempre insieme"; anche il figlio ed il marito di M.S. lavoravano nello stabilimento THYSSEN KRUPP AST di Torino: D.G. e D.Gi..
M.D. (udienza 17/2/2009): " ... eravamo sempre insieme, si usciva, si andava al mare, si andava al fiume, si andava in montagna, si andava a fare le grigliate insieme ... a casa dei nonni, a casa mia, a casa della mamma, del papà, mia sorella con mio cognato"; M. ha quattro figli, i quali uscivano e si divertivano con Bruno S..
P.G. (udienza 17/2/2009): " ... quando mia sorella aveva bisogno li (intendendo i figli di P.I., tra cui S. Roberto) guardavo io, lo stesso lei faceva con mio figlio, perché siamo molto unite, che nostra madre ci ha insegnato a portarci rispetto, a vivere tranquilli insieme nella famiglia ... eravamo sempre insieme ... quando i ragazzi sono cresciuti ci siamo sempre frequentati ... andavamo al mare ... a festeggiare il Natale ... quando si poteva si andava in Sardegna dai nostri fratelli sennò stavamo in casa tutti insieme, sempre, in tutte le feste"; riferisce che della sua famiglia nello stabilimento THYSSEN di Torino lavoravano anche G.S. e AB. S., suo cognato; conferma lo stretto legame tra suo nipote Roberto e G..
T.L. (udienza 17/2/2009): " ... Rosario lo conoscevo da sempre perché Rosario abitava nel palazzo dove io avevo la ditta perciò l'ho visto nascere perché sono andato a lavorare a 16 anni ... Rosario lo vedevo tutti i giorni perché veniva a giocare nel cortile ... lo aiutavo a riparare la bicicletta, gonfiavo il pallone, riparavo il motorino, insomma c'è stato sempre un bellissimo rapporto, poi dopo nel 1998 mi sono fidanzato con L. ... sono entrato.. .in famiglia a tutti gli effetti. Poi andavamo in montagna insieme, si andava a fare i week end"; espone T. di come sua moglie, dopo la morte del fratello, sia "sempre scontrosa, sempre depressa".
P.R. (udienza 17/2/2009) " ... avevamo un buon rapporto, un rapporto come un fratello minore ... io lo trattavo come se fosse mio figlio ... comunque il rapporto affettivo di una persona ... di un bravo ragazzo, di sani principi ... anche se delle volte magari non lo faccio vedere più, sento che mi manca questa persona perché effettivamente era una persona splendida ... Rosario con i miei figli ... era un fratello per loro ... un cuore sempre partecipe, andava a prendere i figli a scuola essendo che io e mia moglie lavoravamo"; espone poi le bugie raccontate ai bambini nei primi giorni dopo l'incendio e l'inevitabile, profonda sofferenza, loro e sua, nel doverli informare della morte dello zio e di come tale perdita abbia inciso anche sulla loro giovanissima vita; conferma lo stretto e profondo rapporto esistente tra Rosario e T..

Secondo quanto esposto, la Corte ritiene ampiamente provato un rapporto affettivo, risalente nel tempo, rinsaldato e rinnovato dalla frequentazione in famiglie tradizionalmente unite, pronte ad aiutarsi reciprocamente nelle fatiche quotidiane, a confortarsi nei momenti di difficoltà, a trascorrere insieme quelli di festa; rapporto esistente, fino al momento della morte di R. Rosario, S. Bruno e S. Roberto, tra questi ultimi e i loro rispettivi congiunti qui costituiti parte civile.
La Corte condivide sul punto quanto esposto dalla Corte di Cassazione civile sez. III 15/7/2005 n. 15019: "Come affermato da Cassazione III 7 /11/2003 n. 16716, la morte di un congiunto, conseguente a fatto illecito, configura per i superstiti del nucleo familiare un danno non patrimoniale diretto ed ingiusto, costituito dalla lesione di valori costituzionalmente protetti e di diritti umani inviolabili, perché la perdita dell'unità familiare è perdita di affetti e di solidarietà inerenti alla famiglia come società naturale. Risulta quindi evidente, da siffatta impostazione, che il danno in questione, incidendo esclusivamente sulla psicologia, sugli affetti e sul legame parentale esistente tra la vittima dell'atto illecito e i superstiti, non è riconoscibile se non attraverso elementi indiziari e presuntivi, che, opportunamente valutati, con il ricorso ad un criterio di normalità, possano determinare il convincimento del giudice. Cosicché appare illogica, perché contraria a principi di ordinaria razionalità, la pretesa, avanzata dal giudice a quo, circa la necessità di 'una prova in senso tecnico' a dimostrazione del dolore dei superstiti, che, essendo sostanzialmente un sentimento, e, comunque, un danno di portata spirituale, può essere rilevato solo in maniera indiretta ... .Proprio la sussistenza di normali rapporti, specie in assenza di coabitazione, lascia intendere come sia rimasto intatto ... il legame affettivo e parentale tra prossimi congiunti. Legame che, in presenza di tali rapporti, è costruito non soltanto sul ricordo del passato, ma anche sulla base affettiva nutrita dalla frequentazione in atto e dalla consapevolezza della presenza in vita di una persona cara, che è anche punto di riferimento esistenziale. Sostenere il contrario significa pretendere, contro normale ragionevolezza, ed anche in presenza di un vincolo più stretto, come tra genitori e figli, che il dolore per la morte del congiunto debba essere dimostrato dalla presenza di rapporti di natura ed intensità eccezionali e, come tali, difformi dal vissuto comune. Né l'assenza di coabitazione può essere considerata elemento decisivo di valutazione sotto il profilo che interessa la presente causa, quando si consideri che tale assenza sia imputabile a circostanze di vita che non escludono il permanere dei vincoli affettivi e la vicinanza psicologica con il congiunto deceduto. "
La morte di R. Rosario, S. Roberto e S. Bruno ha quindi determinato nei congiunti, anche quelli qui costituiti parte civile, un "danno ingiusto", non patrimoniale, come sopra dalla Suprema Corte individuato, che deve essere risarcito.
La sua quantificazione deve essere effettuata seguendo il principio di diritto così sintetizzato ed affermato dalla Corte di Cassazione, 3° sez. civile sent. 26505/2009: "Il danno non patrimoniale da lesione del rapporto parentale (nella specie, per la morte del genitore) va valutato e liquidato in via equitativa, con prudente discrezionalità, contemperando in maniera equilibrata il grado di gravità del fatto illecito, nonché l'intensità e la durata degli effetti del danno ingiusto, alla stregua delle tabelle utilizzate dai vari tribunali della Repubblica". Non è necessario ripetere qui la più volte ricordata estrema gravità del reato, sotto ogni profilo; la morte così atroce di giovani uomini ha comprensibilmente sconvolto tutta la cerchia familiare, incidendo pesantemente anche sulla vita dei congiunti qui costituiti parte civile.
La quantificazione deve tenere conto delle più volte citate tabelle del Tribunale di Milano, sottolineando però che in tali tabelle non è indicato il rapporto, di parentela e di affinità, che lega nel caso di specie le parti civili alle vittime; sono indicati rapporti esclusivamente di parentela più stretti di quelli qui considerati: a favore del fratello per la morte di un fratello ed a favore del nonno per la morte di un nipote. L'indicazione economica tabellare (unica per entrambi i rapporti di parentela) è di amplissimo spettro: da € 21.711,00 ad € 130.226,00; la Corte ritiene in ogni caso che tali indicazioni economiche si possano utilizzare quale parametro, confrontando per analogia il rapporto tra fratelli a quello dei cognati G., T. e P. e quello tra nonno e nipote degli zii M.D., S., E. e P.G.; considerando però che l'analogia non può prescindere dall'esistenza di un legame meno stretto del cognato rispetto al fratello e dello zio rispetto al nonno; cosicché la Corte ritiene congruo partire dalla indicazione economica minima contenuta in tabella per il rapporto di affinità (G., T. e P.); somma minima che deve, in forza dell'estrema gravità del reato, essere aumentata del 50% e così portata ad un totale, ad oggi, arrotondato di € 30.000,00 per ciascuno dei cognati, solo ricordando che i figli di T. e di P., all'interno del nucleo familiare ristretto, traggono beneficio anche dal risarcimento versato alle loro madri. La Corte sottolinea inoltre che la relazione medica prodotta dal loro difensore (v. in atti), contrariamente a quelle esaminate nel precedente paragrafo (v. 19.2), appare troppo generica e superficiale nel descrivere l'elaborazione del lutto da parte di T. e di P., tanto che questa Corte non ritiene vi sia prova che entrambi, oltre all'innegabile dolore, alla sofferenza per la perdita, allo sconvolgimento della loro vita familiare, probabilmente anche alle difficoltà lavorative (e, per questo, la determinazione del danno patrimoniale sarà demandata al giudice civile), soffrano effettivamente di un "disturbo" costituente lesione della loro integrità psico-fisica, tra l'altro con l'alta gravità invalidante indicata (15%). Per il rapporto di parentela (i M. e la P.), una somma di non molto superiore che, considerato l'aumento per la gravità del reato, appare congruo determinare in complessivi € 40.000,00 per ciascuno zio.

In conclusione, si devono condannare gli imputati, in solido fra loro, al pagamento, a favore di G.S., della somma di € 30.000,00 a titolo di liquidazione del danno non patrimoniale;
si devono condannare gli imputati, in solido fra loro e con il responsabile civile THYSSEN KRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., al pagamento:
-a favore di M.D. della somma di € 40.000,00 a titolo di liquidazione del danno non patrimoniale;
-a favore di M.S. della somma di € 40.000,00 a titolo di liquidazione del danno non patrimoniale;
-a favore di M.E. della somma di € 40.000,00 a titolo di liquidazione del danno non patrimoniale;
-a favore di P.G. della somma di € 40.000,00 a titolo di liquidazione del danno non patrimoniale;

Tutte tali condanne devono dichiararsi provvisoriamente esecutive, ravvisando nel tempo trascorso dal fatto un motivo sufficiente a così disporre.

Si devono inoltre condannare gli imputati, in solido fra loro e con il responsabile civile THYSSEN KRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., al pagamento, a titolo di provvisionale immediatamente esecutiva ex art. 539 2° comma c.p.p.:
-a favore di P.R. della somma di € 30.000,00 a titolo di liquidazione del danno non patrimoniale;
rimettendo le parti innanzi al Giudice civile per la liquidazione del danno patrimoniale, ex art. 539 c.p.p.;
-a favore di T.L. della somma di € 30.000,00 a titolo di liquidazione del danno non patrimoniale;
rimettendo le parti innanzi al Giudice civile per la liquidazione del danno patrimoniale, ex art. 539 c.p.p.

Consegue a tali statuizioni civili la condanna degli stessi imputati, in solido fra loro (per G.S.) e con il responsabile civile THYSSEN KRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a. (per gli altri), anche del pagamento delle spese di costituzione e difesa a favore delle stesse parti civili, ex art. 541 c.p.p (per la liquidazione si provvede in apposito capitolo, v. infra).




20. Le spese di costituzione e difesa delle parti civili.
Consegue alle statuizioni civili di cui al precedente capitolo (v. n. 19), ex art. 541 c.p.p., la condanna degli imputati in solido fra loro (nei casi già sopra indicati) ed anche in solido con il responsabile civile THYSSEN KRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a. (negli altri casi, anche sopra indicati) al pagamento delle spese processuali, non ravvisandosi, nel caso di specie, giusti motivi idonei a compensarle totalmente o parzialmente.
La Corte, rimandando agli importi finali indicati in dispositivo e quindi senza riportare operazione dopo operazione i - non brevi - singoli conteggi, ritiene di potersi limitare qui ad esplicitare i criteri seguiti per le liquidazioni: dopo l'esame delle singole note, confrontate con le tariffe professionali, si è tenuto conto delle plurime difese assunte e seguite da alcuni professionisti, valutando l'importo intero per la prima persona difesa; con un aumento, se le altre persone difese rivestivano identica posizione (secondo lo schema seguito nei precedenti paragrafi), del 5%; se invece l'ulteriore persona difesa rivestiva una diversa posizione (es: ente collettivo e persona fisica; ovvero persone fisiche costituite con riferimento a diversi reati), per la seconda ovvero per la terza persona l'importo intero è stato decurtato del 20%. Criteri seguiti dalla Corte allo scopo di rispondere anche ad un criterio di congruità sostanziale, con riferimento alle attività svolte dai singoli difensori e che hanno permesso, dovendo la condanna alle spese essere emessa a favore delle parti civili costituite e non dei difensori (ma v. anche infra), anche di calcolare l'importo delle spese a favore della singola persona che non aveva chiamato in giudizio il responsabile civile, in caso il suo difensore ne difendesse altre per le quali invece la chiamata era avvenuta (v. in dispositivo: sono i casi di G.S. di A.G.).
Per l'Associazione Medicina Democratica sono state liquidate anche, come da richiesta e da documentazione in atti, le spese sostenute per le consulenze tecniche (v. in dispositivo); a favore del difensore è stata, come da sua richiesta, ordinata la distrazione della somma ex art. 93 c.p.c.

21 Determinazioni finali.
Ai sensi dell'art. 535 c.p.p. gli imputati e la THYSSEN KRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a. devono essere condannati al pagamento delle spese processuali.

I difensori hanno, nel corso del presente dibattimento, depositato richiesta di dissequestro e restituzione della linea 5; la Corte, visto il 1° comma dell'art. 262 c.p.p., ritiene che il sequestro debba essere mantenuto a fini di prova, al fine di permettere eventuali ulteriori rilievi tecnici sulla linea così come si presentava successivamente all'incendio, nel caso i Giudici di grado superiore lo ritenessero necessario ovvero opportuno, sottolineando che non appare nel caso di specie percorribile l'ipotesi prevista dal secondo periodo del citato 1° comma, in quanto l'azienda chiede la restituzione proprio per provvedere allo smontaggio della linea.
Si deve così ordinare la restituzione, della linea 5 e degli altri oggetti ancora in sequestro, al passaggio in giudicato della presente sentenza.

La Corte deve ordinare la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica in sede, come da sua richiesta, con riguardo a FER. A., LI. L., KR. F. e QU. B..

La Corte, considerati la mole delle risultanze probatorie emergenti dal presente dibattimento; il numero dei testi escussi e dei documenti acquisiti; la complessità, in fatto ed in diritto, delle accuse contestate, nonché la loro gravità, ai sensi dell'art. 544 3° comma c.p.p., indica in giorni novanta il termine per il deposito della motivazione.

 


 


P.Q.M.


Visto l'articolo 533 c.p.p.; dichiara
ES. H. colpevole dei reati a lui ascritti e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche e la circostanza attenuante di cui all'art 62 n. 6 c.p., unificati i reati dal vincolo della continuazione, lo condanna alla pena di anni 16 mesi 6 di reclusione;
visto l'art. 29 c.p. dichiara la sua interdizione perpetua dai pubblici uffici; visti gli art. 32 quater e 37 c.p. dichiara la sua incapacità di contrattare con la Pubblica Amministrazione per la durata della pena inflitta per il delitto di cui all'art. 437 c.p.

dichiara
PU. M. colpevole dei reati a lui ascritti e, riconosciuta la circostanza attenuante di cui all'art. 62 n. 6 c.p. in relazione al reato sub D), consideratasubvalente rispetto alle contestate aggravanti, lo condanna:
per il reato sub D) alla pena di anni 9 di reclusione;
per il reato sub A) alla pena di anni 3 di reclusione;
per il reato sub E) alla pena di anni 1 mesi 6 di reclusione;
e così complessivamente alla pena di anni 13 mesi 6 di reclusione;
visto l'art. 29 c.p. dichiara la sua interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni cinque;
visti gli art. 32 quater e 37 c.p. dichiara la sua incapacità di contrattare con la Pubblica Amministrazione per la durata della pena inflitta per il delitto di cui all'art. 437 c.p. .

dichiara
PR. G. colpevole dei reati a lui ascritti e, riconosciuta la circostanza attenuante di cui all'art. 62 n 6 c.p. in relazione al reato sub D), considerata subvalente rispetto alle contestate aggravanti, lo condanna:
per il reato sub D) alla pena di anni 9 di reclusione;
per il reato sub A) alla pena di anni 3 di reclusione;
per il reato sub E) alla pena di anni 1 mesi 6 di reclusione;
e così complessivamente alla pena di anni 13 mesi 6 di reclusione;
visto l'art. 29 c.p. dichiara la sua interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni cinque;
visti gli art. 32 quater e 37 c.p. dichiara la sua incapacità di contrattare con la Pubblica Amministrazione per la durata della pena inflitta per il delitto di cui all'art. 437 c.p.

dichiara
MO. D. colpevole dei reati a lui ascritti e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, nonché la circostanza attenuante di cui all'art. 62 n. 6 c.p. in relazione al solo reato sub D), considerate tutte equivalenti rispetto alle aggravanti contestate per i singoli reati, lo condanna :
per il reato sub D) alla pena di anni 7 mesi 8 di reclusione;
per il reato sub A) alla pena di anni 2 di reclusione;
per il reato sub E) alla pena di anni 1 mesi 2 di reclusione;
e così complessivamente alla pena di anni 10 mesi 10 di reclusione;
visti gli art. 32 quater e 37 c.p. dichiara la sua incapacità di contrattare con la Pubblica Amministrazione per la durata della pena inflitta per il delitto di cui all'art. 437 c.p.

dichiara
SA. R. colpevole dei reati a lui ascritti e, riconosciuta la circostanza attenuante di cui all'art. 62 n. 6 c.p. in relazione al reato sub D), considerata subvalente rispetto alle contestate aggravanti, lo condanna:
per il reato sub D) alla pena di anni 9 di reclusione;
per il reato sub A) alla pena di anni 3 di reclusione;
per il reato sub E) alla pena di anni 1 mesi 6 di reclusione;
e così complessivamente alla pena di anni 13 mesi 6 di reclusione;
visto l'art. 29 c.p. dichiara la sua interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni cinque;
visti gli art. 32 quater e 37 c.p. dichiara la sua incapacità di contrattare con la Pubblica Amministrazione per la durata della pena inflitta per il delitto di cui all'art. 437 c.p.

dichiara
CAF. C. colpevole dei reati a lui ascritti e, riconosciuta la circostanza attenuante di cui all'art. 62 n. 6 c.p. in relazione al reato sub D), considerata subvalente rispetto alle contestate aggravanti, lo condanna:
per il reato sub D) alla pena di anni 9 di reclusione;
per il reato sub A) alla pena di anni 3 di reclusione;
per il reato sub E) alla pena di anni 1 mesi 6 di reclusione;
e così complessivamente alla pena di anni 13 mesi 6 di reclusione;
visto l'art. 29 c.p. dichiara la sua interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni cinque;
visti gli art. 32 quater e 37 c.p. dichiara la sua incapacità di contrattare con la Pubblica Amministrazione per la durata della pena inflitta per il delitto di cui all'art. 437 c.p.

Visto il D.Lgs n. 231/2001
APPLICA, ex art. 25 septies, 1° comma, alla THYSSEN KRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., corrente in Temi, in persona del legale rappresentante pro-tempore:
1) la sanzione pecuniaria di € 1.000,000,00 (un milione), ex articoli 9, 10 e 12 2° comma lettera a);
2) la sanzione interdittiva della esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi pubblici per la durata di mesi 6, ex articolo 9 2° comma lettera a);
3) la sanzione interdittiva del divieto di pubblicizzare beni o servizi per la durata di mesi 6, ex articolo 9 2° comma lettera e);
4) la confisca della somma di € 800.000,00 (ottocentomila), ex articolo 19-Dispone, ex art. 18 e con le modalità di cui al 3° comma, la pubblicazione, per estratto e per una volta, della presente sentenza sui quotidiani a diffusione nazionale: "LA STAMPA", "IL CORRIERE DELLA SERA" e "LA REPUBBLICA"; nonché l'affissione, per estratto, nel Comune di TERNI.

Visto l'art. 535 c.p.p. condanna gli imputati e la THYSSEN KRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., corrente in Terni, in persona del legale rappresentante pro-tempore, al pagamento delle spese processuali.

Visti gli art. 538 e segg. c.p.p.;
condanna gli imputati, in solido fra loro, al risarcimento del danno a favore delle seguenti parti civili costituite:

l) a favore di REGIONE PIEMONTE, in persona del Presidente pro-tempore, con condanna al pagamento, ex art. 538 2° comma c.p.p. della somma di complessivi € 973.300,00 (novecentosettantatremilatrecento), quale liquidazione del danno patrimoniale e non patrimoniale;
respingendo la richiesta di provvisoria esecutorietà ex art. 540 1° comma c.p.p.

2) a favore di PROVINCIA DI TORINO, in persona del Presidente pro-tempore, con condanna al pagamento, ex art. 538 2° comma c.p.p., della somma di € 500.000,00 (cinquecentomila) quale liquidazione del danno non patrimoniale; respingendo la richiesta di provvisoria esecutorietà ex art. 540 1° comma c.p.p.

3) a favore di COMUNE DI TORINO, in persona del Sindaco pro-tempore, con condanna al pagamento, ex art. 539 2° comma c.p.p., a titolo di provvisionale, immediatamente esecutiva ex art. 540 2° comma c.p.p., della somma di € 1.000.000,00 (unmilione) quale liquidazione del danno non patrimoniale;
rimettendo le parti innanzi al Giudice Civile per la liquidazione del danno patrimoniale.

Condanna gli imputati, in solido fra loro ed in solido con il responsabile civile THYSSEN KRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, al risarcimento del danno a favore delle seguenti parti civili costituite:

4) a favore di FIM-CISL, in persona del segretario pro-tempore, con condanna al pagamento, ex art. 538 2° comma c.p.p., della somma di € 100.000,00 (centomila) quale liquidazione del danno non patrimoniale; respingendo la richiesta di provvisoria esecutorietà ex art. 540 1° comma c.p.p.

5) a favore di FIOM-CGIL, in persona del segretario pro-tempore, con condanna al pagamento, ex art. 538 2° comma c.p.p., della somma di € 100.000,00 (centomila) quale liquidazione del danno non patrimoniale; respingendo la richiesta di provvisoria esecutorietà ex art. 540 1° comma c.p.p.

6) a favore di UILM-UIL, in persona del segretario pro-tempore, con condanna al pagamento, ex art. 538 2° comma c.p.p., della somma di € 100.000,00 (centomila) quale liquidazione del danno non patrimoniale; respingendo la richiesta di provvisoria esecutorietà ex art. 540 1° comma c.p.p.

7) a favore di FLMU Uniti - CUB, in persona del segretario pro-tempore, con condanna al pagamento, ex art. 538 2° comma c.p.p., della somma di € 100.000,00 (centomila) quale liquidazione del danno non patrimoniale; respingendo la richiesta di provvisoria esecutorietà ex art. 540 1° comma c.p.p.

8) a favore di ASSOCIAZIONE MEDICINA DEMOCRATICA - MOVIMENTO PER LA SALUTE - ONLUS in persona del legale rappresentante pro-tempore, con condanna ex art. 539 2° comma c.p.p. a titolo di provvisionale, immediatamente esecutiva ex art. 540 2° comma c.p.p., della somma di € 100.00,00 (centomila), quale liquidazione del danno non patrimoniale;
rimettendo le parti innanzi al Giudice Civile per la liquidazione del danno patrimoniale, ex art. 539 1° comma c.p.p.

9) a favore di CH. G. con condanna al pagamento, ex art. 538, 2° comma, c.p.p., con provvisoria esecutorietà ex art. 540 1° comma c.p.p., della complessiva somma € 237.300,00 (duecentotrentasettemilatrecento), comprensiva di rivalutazione ed interessi legali ad oggi; a titolo di liquidazione del danno patrimoniale e non patrimoniale;

10) a favore di T.R.G. con condanna al pagamento, ex art. 538, 2° comma, c.p.p., con provvisoria esecutorietà ex art. 540 1° comma c.p.p., della complessiva somma di € 221.400,00 (duecentoventunomilaquattrocento), comprensiva di rivalutazione ed interessi legali ad oggi; a titolo di liquidazione del danno patrimoniale e non patrimoniale;

11) a favore di C.F.D. con condanna al pagamento, ex art. 538, 2° comma, c.p.p., con provvisoria esecutorietà ex art. 540 1° comma c.p.p., della complessiva somma di € 100.525,00 (centomilacinquecentoventicinque), comprensiva di rivalutazione ed interessi legali ad oggi;
a titolo di liquidazione del danno patrimoniale e non patrimoniale;

12) a favore di S.F. con condanna al pagamento, ex art. 538, 2° comma, c.p.p., con provvisoria esecutorietà ex art. 540 1° comma c.p.p., della complessiva somma di € 77.055,00 (settantasettemilacinquantacinque), comprensiva di rivalutazione ed interessi legali ad oggi; a titolo di liquidazione del danno patrimoniale e non patrimoniale;

13) a favore di R. P. con condanna al pagamento, ex art. 538, 2° comma, c.p.p., con provvisoria esecutorietà ex art. 540 1° comma c.p.p., della complessiva somma di € 141.450,00 (centoquarantunomilaquattrocentocinquanta), comprensiva di rivalutazione ed interessi legali ad oggi;
a titolo di liquidazione del danno patrimoniale e non patrimoniale;

14) a favore di B.P. con condanna al pagamento, ex art. 538, 2° comma, c.p.p., con provvisoria esecutorietà ex art. 540 1° comma c.p.p., della complessiva somma di € 154.430,00 (centocinquantaquattromilaquattrocentotrenta);
a titolo di liquidazione del danno patrimoniale e non patrimoniale;

15) a favore di P.S. con condanna al pagamento, ex art. 538, 2° comma, c.p.p., con provvisoria esecutorietà ex art. 540 1° comma c.p.p., della complessiva somma di € 233.735,00 (duecentotrentatremilasettecentotrentacinque), comprensiva di rivalutazione ed interessi legali ad oggi;
a titolo di liquidazione del danno patrimoniale e non patrimoniale;

16) a favore di P.G. con condanna al pagamento, ex art. 538, 2° comma, c.p.p., con provvisoria esecutorietà ex art. 540 1° comma c.p.p., della complessiva somma di € 76.600,00 (settantaseimilaseicento), comprensiva di rivalutazione ed interessi legali ad oggi; a titolo di liquidazione del danno non patrimoniale;

17) a favore di DI F. R. con condanna al pagamento, ex art. 538, 2° comma, c.p.p., con provvisoria esecutorietà ex art. 540 1° comma c.p.p., della complessiva somma di € 87.795,00 (ottantasettemilasettecentonovantacinque), comprensiva di rivalutazione ed interessi legali ad oggi; a titolo di liquidazione del danno non patrimoniale;

Condanna gli imputati, in solido fra loro, al risarcimento del danno a favore delle seguenti parti civili costituite:

18) a favore di BO. A. con condanna al pagamento, ex art. 538, 2° comma, c.p.p., con provvisoria esecutorietà ex art. 540 1° comma c.p.p., della somma di € 50.000,00 (cinquantamila) a titolo di liquidazione del danno non patrimoniale (con esclusione del danno biologico, non richiesto in questa sede);

19) a favore di A.G. con condanna al pagamento, ex art. 538, 2° comma, c.p.p., con provvisoria esecutorietà ex art. 540 1° comma c.p.p., della somma di € 50.000,00 (cinquantamila) a titolo di liquidazione del danno non patrimoniale;

Condanna gli imputati, in solido fra loro ed in solido con il responsabile civile THYSSEN KRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, al risarcimento del danno a favore delle seguenti parti civili costituite:

20) a favore di A.S. con condanna al pagamento ex art. 538, 2° comma, c.p.p., con provvisoria esecutorietà ex art. 540 1° comma c.p.p., della somma di € 5.000,00 (cinquemila) a titolo di liquidazione del danno non patrimoniale;

21) a favore di Z.A.E. con condanna al pagamento, ex art. 538, 2° comma, c.p.p., con provvisoria esecutorietà ex art. 540 1° comma c.p.p., della somma di € 50.000,00 (cinquantamila) a titolo di liquidazione del danno non patrimoniale;

22) a favore di V.A. con condanna al pagamento, ex art. 538, 2° comma, c.p.p., con provvisoria esecutorietà ex art. 540 1° comma c.p.p., della somma di € 50.000,00 (cinquantamila) a titolo di liquidazione del danno non patrimoniale;

23) a favore di V.R. con condanna al pagamento, ex art. 538, 2° comma, c.p.p., con provvisoria esecutorietà ex art. 540 1° comma c.p.p., della somma di € 50.000,00 (cinquantamila) a titolo di liquidazione del danno non patrimoniale;

24) a favore di P.M. con condanna al pagamento, ex art. 538, 2° comma, c.p.p., con provvisoria esecutorietà ex art. 540 1° comma c.p.p., della somma di € 50.000,00 (cinquantamila) a titolo di liquidazione del danno non patrimoniale;

25) a favore di P.B. con condanna al pagamento, ex art. 538, 2° comma, c.p.p., con provvisoria esecutorietà ex art. 540 1° comma c.p.p., della somma di € 50.000,00 (cinquantamila) a titolo di liquidazione del danno non patrimoniale;

26) a favore di B.G con condanna al pagamento, ex art. 538, 2° comma, c.p.p., con provvisoria esecutorietà ex art. 540 1° comma c.p.p., della somma di € 50.000,00 (cinquantamila) a titolo di liquidazione del danno non patrimoniale;

27) a favore di A.F. con condanna al pagamento, ex art. 538, 2° comma, c.p.p., con provvisoria esecutorietà ex art. 540 1° comma c.p.p., della somma di € 50.000,00 (cinquantamila) a titolo di liquidazione del danno non patrimoniale;

28) a favore di P.G. con condanna al pagamento, ex art. 538, 2° comma, c.p.p., con provvisoria esecutorietà ex art. 540 1° comma c.p.p., della somma di € 50.000,00 (cinquantamila) a titolo di liquidazione del danno non patrimoniale;

29) a favore di L.G.L. con condanna al pagamento, ex art. 538, 2° comma, c.p.p., con provvisoria esecutorietà ex art. 540 1° comma c.p.p., della somma di € 50.000,00 (cinquantamila) a titolo di liquidazione del danno non patrimoniale;

30) a favore di L.R. con condanna al pagamento, ex art. 538, 2° comma, c.p.p., con provvisoria esecutorietà ex art. 540 1° comma c.p.p., della somma di € 50.000,00 (cinquantamila) a titolo di liquidazione del danno non patrimoniale;

31) a favore di D'A.M. con condanna al pagamento, ex art. 538, 2° comma, c.p.p., con provvisoria esecutorietà ex art. 540 1° comma c.p.p., della somma di € 50.000,00 (cinquantamila) a titolo di liquidazione del danno non patrimoniale;

32) a favore di A.S. con condanna al pagamento, ex art. 538, 2° comma, c.p.p., con provvisoria esecutorietà ex art. 540 1° comma c.p.p., della somma di € 50.000,00 (cinquantamila) a titolo di liquidazione del danno non patrimoniale;

33) a favore di B.S. con condanna al pagamento ex art. 538, 2° comma, c.p.p., con provvisoria esecutorietà ex art. 540 1° comma c.p.p., della somma di € 5.000,00 (cinquemila) a titolo di liquidazione del danno non patrimoniale;

34) a favore di D.G. con condanna al pagamento, ex art. 538, 2° comma, c.p.p., con provvisoria esecutorietà ex art. 540 1° comma c.p.p., della somma di € 50.000,00 (cinquantamila) a titolo di liquidazione del danno non patrimoniale;

35) a favore di N.M. con condanna al pagamento, ex art. 538, 2° comma, c.p.p., con provvisoria esecutorietà ex art. 540 1° comma c.p.p., della somma di € 50.000,00 (cinquantamila) a titolo di liquidazione del danno non patrimoniale;

36) a favore di M.J. con condanna al pagamento, ex art. 538, 2° comma, c.p.p., con provvisoria esecutorietà ex art. 540 1° comma c.p.p., della somma di € 50.000,00 (cinquantamila) a titolo di liquidazione del danno non patrimoniale;

37) a favore di A.C. con condanna al pagamento, ex art. 538, 2° comma, c.p.p., con provvisoria esecutorietà ex art. 540 1° comma c.p.p., della somma di € 50.000,00 (cinquantamila) a titolo di liquidazione del danno non patrimoniale;

38) a favore di M.G. con condanna al pagamento ex art. 538, 2° comma, c.p.p., con provvisoria esecutorietà ex art. 540 1° comma c.p.p., della somma di € 5.000,00 (cinquemila) a titolo di liquidazione del danno non patrimoniale;

39) a favore di C.V. con condanna al pagamento, ex art. 538, 2° comma, c.p.p., con provvisoria esecutorietà ex art. 540 1° comma c.p.p., della somma di € 50.000,00 (cinquantamila) a titolo di liquidazione del danno non patrimoniale;

40) a favore di R.G. con condanna al pagamento, ex art. 538, 2° comma, c.p.p., con provvisoria esecutorietà ex art. 540 1° comma c.p.p., della somma di € 50.000,00 (cinquantamila) a titolo di liquidazione del danno non patrimoniale;

41) a favore di G.L. con condanna al pagamento, ex art. 538, 2° comma, c.p.p., con provvisoria esecutorietà ex art. 540 1° comma c.p.p., della somma di € 50.000,00 (cinquantamila) a titolo di liquidazione del danno non patrimoniale;

42) a favore di A.P.I. con condanna al pagamento, ex art. 538, 2° comma, c.p.p., con provvisoria esecutorietà ex art. 540 1° comma c.p.p., della somma di € 50.000,00 (cinquantamila) a titolo di liquidazione del danno non patrimoniale;

43) a favore di A.L. con condanna al pagamento, ex art. 538, 2° comma, c.p.p., con provvisoria esecutorietà ex art. 540 1° comma c.p.p., della somma di € 50.000,00 (cinquantamila) a titolo di liquidazione del danno non patrimoniale;

44) a favore di G.P. con condanna al pagamento, ex art. 538, 2° comma, c.p.p., con provvisoria esecutorietà ex art. 540 1° comma c.p.p., della somma di € 50.000,00 (cinquantamila) a titolo di liquidazione del danno non patrimoniale;

45) a favore di L.P.G. con condanna al pagamento, ex art. 538, 2° comma, c.p.p., con provvisoria esecutorietà ex art. 540 1° comma c.p.p., della somma di € 50.000,00 (cinquantamila) a titolo di liquidazione del danno non patrimoniale;

Condanna gli imputati, in solido fra loro, al risarcimento del danno a favore delle seguenti parti civili costituite:

46) a favore di G.S. con condanna al pagamento, ex art. 538, 2° comma, c.p.p., con provvisoria esecutorietà ex art. 540 1° comma c.p.p., della somma di € 30.000,00 (trentamila) a titolo di liquidazione del danno non patrimoniale;

Condanna gli imputati, in solido fra loro ed in solido con il responsabile civile THYSSEN KRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, al risarcimento del danno a favore delle seguenti parti civili costituite:

47) a favore di M.D. con condanna al pagamento, ex art. 538, 2° comma, c.p.p., con provvisoria esecutorietà ex art. 540 1° comma c.p.p., della somma di € 40.000,00 (quarantamila) a titolo di liquidazione del danno non patrimoniale;

48) a favore di M.S. con condanna al pagamento, ex art. 538, 2° comma, c.p.p., con provvisoria esecutorietà ex art. 540 1° comma c.p.p., della somma di € 40.000,00 (quarantamila) a titolo di liquidazione del danno non patrimoniale;

49) a favore di M.E. con condanna al pagamento, ex art. 538, 2° comma, c.p.p., con provvisoria esecutorietà ex art. 540 1° comma c.p.p., della somma di € 40.000,00 (quarantamila) a titolo di liquidazione del danno non patrimoniale;

50) a favore di P.G. con condanna al pagamento, ex art. 538, 2° comma, c.p.p., con provvisoria esecutorietà ex art. 540 1° comma c.p.p., della somma di € 40.000,00 (quarantamila) a titolo di liquidazione del danno non patrimoniale;

51) a favore di P.R. con condanna al pagamento, ex art. 539 2° comma c.p.p., a titolo di provvisionale, immediatamente esecutiva ex art. 540 2° comma c.p.p., della somma di € 30.000,00 (trentamila) quale liquidazione del danno non patrimoniale;
rimettendo le parti innanzi al Giudice Civile per la liquidazione del danno patrimoniale, ex art. 539 c.p.p.

52) a favore di T.L. con condanna al pagamento, ex art. 539 2° comma c.p.p., a titolo di provvisionale, immediatamente esecutiva ex art. 540 2° comma c.p.p., della somma di € 30.000,00 (trentamila) quale liquidazione del danno non patrimoniale;
rimettendo le parti innanzi al Giudice Civile per la liquidazione del danno patrimoniale, ex art. 539 c.p.p.

Visto l'art. 541 c.p.p.
Condanna gli imputati, in solido fra loro, al pagamento delle spese di costituzione e difesa a favore delle parti civili costituite, così liquidate (comprensive del rimborso forfetario):

-a favore della REGIONE PIEMONTE complessivi € 81.045,00 (ottantunomilaquarantacinque) oltre CPA e IVA;
-a favore della PROVINCIA di TORINO complessivi € 81.045,00 (ottantunomilaquarantacinque) oltre CPA e IVA;
-a favore del COMUNE di TORINO complessivi € 79.695,00 (settantanovemilaseicentonovantacinque) oltre CPA e IVA;
-a favore di BO. A. complessivi € 83.767,50 (ottantatremilasettecentosessantasette/50) oltre CPA e IVA;
-a favore di A.G. complessivi € 4.511,80 (quattromilacinquecentoundici/80) oltre CPA e IVA;
-a favore di G.S. complessivi € 3.421,40 (tremilaquattrocentoventuno/40) oltre CPA e IVA;

Condanna gli imputati, in solido fra loro ed in solido con il responsabile civile THYSSEN KRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, al pagamento delle spese di costituzione e difesa a favore delle parti civili costituite, così liquidate (comprensive del rimborso forfetario):

-a favore della FIM-CISL complessivi € 85.533,75 (ottantacinquemilacinquecentotrentatre/75) oltre CPA e IVA;
-a favore della FIOM-CGIL complessivi € 85.533,75 (ottantacinquemilacinquecentotrentatre/75) oltre CPA e IVA;
-a favore della UILM-UIL complessivi € 84.093,75 (ottantaquattromilanovantatre/75) oltre CPA e IVA;
-a favore della FLMU Uniti-CUB complessivi € 90.900,00 (novantamilanovecento) oltre CPA e IVA;
-a favore della ASSOCIAZIONE MEDICINA DEMOCRATICA - MOVIMENTO PER LA SALUTE - ONLUS complessivi € 90.900,00 (novantamilanovecento) oltre CPA e IVA, con distrazione a favore del difensore ex art. 93 c.p.c. ed oltre a complessivi € 58.000,00 (cinquantottomila) per spese di consulenze tecniche;
-a favore di CH. G., T.R.G., C.F.D., S.F., R. P., B.P., P.S. complessivi € 114.806,25 (centoquattordicimilaottocentosei/25) oltre CPA e IVA;
-a favore di M.D., M.S., M.E. e P.G. complessivi € 78.691,10 (settantottomilaseicentonovantuno/ 10) oltre CPA e IVA;
-a favore di P.R. e T.L. complessivi € 95.445,00 (novantacinquemilaquattrocentoquarantacinque) oltre CPA e IVA;
-a favore di DI F. R. complessivi € 68.427,00 (sessantottomilaquattrocentoventisette) oltre CPA e IVA;
-a favore di A.S., Z.A.E., V.A., V.Renato, P.M., P.B., B.G., A.F. complessivi € 123.337,70 (centoventi tremilatrecento trentasette/70) oltre CPA e IVA;
-a favore di P.G., L.G. e L.R. complessivi € 75.071,70 (settantacinquemilasettantuno/70) oltre CPA e IVA;
-a favore di D'A. M. e A.S. complessivi € 71.848,40 (settantunomilaottocentoquarantotto/40) oltre CPA e IVA;
-a favore di B.S., D.G., N.M., M.J., A.C., P.G. complessivi € 85.533,80 (ottantacinquemilacinquecentotretatre/80) oltre CPA e IVA;
-a favore di M.G., C.V., R.G., G.L., A.P.I., A.L., G.P., L.P.G. complessivi € 121.818,90 (centoventunomilaottocentodiciotto/90) oltre CPA e IVA;

Visto l'art. 262 c.p.p.
ordina, al passaggio in giudicato della presente sentenza, la restituzione alla THYSSEN KRUPP ACCIAI SPECIALI TERNI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, della LINEA di ricottura e decapaggio n. 5 dello stabilimento di Torino e degli altri oggetti ancora in sequestro.

Visto l'art. 544 3° comma c.p.p.
indica in giorni 90 il termine per il deposito della motivazione.
Ordina, come da richiesta del P.M., in relazione a FER. A., LI. L., KR. F. e QU. B., la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica in sede.
Torino 15 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria
Torino, 14 novembre 2011