Cassazione Civile, Sez. Lav., 13 ottobre 2011, n. 21033 - Rendita per malattia professionale





REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio - Presidente

Dott. NAPOLETANO Giuseppe - rel. Consigliere

Dott. FILABOZZI Antonio - Consigliere

Dott. BERRINO Umberto - Consigliere

Dott. TRICOMI Irene - Consigliere

ha pronunciato la seguente:



SENTENZA



sul ricorso proposto da:

GI. AN. FI. , ST. AN. , ST. PI. , tutti in qualità di eredi di S.P. , elettivamente domiciliati in ROMA, VIA TARO 25, presso lo studio dell'avvocato STUDIO MAGARAGGIA, rappresentati e difesi dall'avvocato PAPADIA FRANCESCO VINCENZO, giusta delega in atti;

- ricorrenti -

contro

RE. FE. IT. S.P.A. in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, L.G. FARAVELLI 22, presso lo studio dell'avvocato MORRICO ENZO, che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 633/2008 della CORTE D'APPELLO di LECCE, depositata il 15/04/2008 r.g.n. 266/07;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27/09/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE NAPOLETANO;

udito l'Avvocato PAPADIA FRANCESCO VINCENZO;

udito l'Avvocato VALERIA COSENTINO per delega ENZO MORRICO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

Fatto



P.S. conveniva in giudizio, dinanzi al giudice del lavoro, le Fe. de. St. , alle cui dipendenze aveva lavorato dal 18 agosto 1968 al 1 gennaio 1990 per il riconoscimento di una rendita per malattia professionale. La parte convenuta si costituiva e, nel resistere all'avversa pretesa, deduceva il proprio difetto di legittimazione passiva sul presupposto che la gestione dell'assicurazione obbligatoria dei dipendenti delle Fe. de. St. etra stata trasferita all'INAIL.

L'adito giudice rigettava la domanda, ritenendo prescritto il diritto. La decisione veniva confermata, anche nella motivazione, dalla Corte d'Appello di Bari.

Questa Corte con sentenza n. 18202 del 2006, accogliendo il primo motivo del ricorso proposto dallo S. in relazione alla decorrenza del termine di prescrizione, annullava la sentenza della Corte di Bari e rinviava alla Corte di appello di Lecce in base al principio secondo il quale, ai fini della individuazione della decorrenza della prescrizione, occorreva tener conto anche che l'assicurato avesse coscienza del fatto che la lesione permanente residuata avrebbe potuto dargli diritto all'attribuzione di una rendita.

La Corte di appello di Lecce, adita in sede di rinvio dallo S. , rigettava l'appello di quest'ultimo ritenendo il difetto di legittimazione della Re. Fe. It. S.p.A.

Avverso questa sentenza gli eredi S. ricorrono in cassazione sulla base di un'unica censura.

Resiste con controricorso la società intimata che deposita memoria illustrativa.

Diritto



Con l'unico motivo i ricorrenti, deducendo violazione degli articoli 324, 394 e 436 c.p.c., formulano, dopo aver precisato la ratio decidendi posta a base della sentenza di appello emessa in sede di rinvio, il seguente quesito: "la mancata proposizione nel giudizio di Cassazione di una vicenda per la quale la sentenza impugnata ha omesso di pronunciarsi non può consentire di richiedere nel giudizio di rinvio un rimedio a tale omissione; ossia se le domande rigettate o non delibate nelle fasi di merito o non oggetto di gravame in via incidentale, debbono considerarsi coperte da giudicato e, quindi, non più riproponibili, con riferimento agli articoli 324, 394 e 436 c.p.c.".

Preliminarmente va disattesa l'eccezione, sollevata da parte resistente, d'inammissibilità della censura per violazione dell'articolo 366 bis c.p.c..

Invero il quesito risulta formulato secondo le prescrizioni del richiamato articolo 366 bis c.p.c. così come interpretato da questa Corte.

Vi è, infatti, indicazione, e dell'errore di diritto della sentenza impugnata in relazione alla concreta fattispecie (Cass. S.U. 9 luglio - 2C08 n. 18759), e del diverso principio al quale il giudice di appello si sarebbe dovuto attenere (Cass. S.U. 28 settembre 2007 n. 20360).

Nel merito la censura è fondata.

Occorre precisare che come, si evince anche dalla stessa sentenza della Corte di Appello di Lecce, il giudice di primo grado non emise alcuna statuizione in ordine alla allora sollevata eccezione di difetto di legittimazione passiva, limitandosi a ritenere prescritto il diritto azionato dello S. .

La Corte di Appello di Bari, su impugnazione dello S. e resistenza della controparte che non ripropose l'eccezione di difetto di legittimazione passiva, confermò la sentenza di primo grado in punto di prescrizione.

Questa Corte, su ricorso dello S. e controricorso della società, che nulla dedusse in ordine al proprio difetto di legittimazione passiva, cassò la sentenza della Corte di appello di Bari e rinviò alla Corte di Appello di Lecce perchè, tenendo conto che, ai fini della decorrenza della prescrizione, occorreva far riferimento anche alla circostanza che l'assicurato avesse coscienza del fatto che la lesione permanente residuata avrebbe potuto dargli diritto all'attribuzione di una rendita, accertasse il relativo dies a quo.

Riassunta dallo S. la causa dinanzi alla Corte di appello di Lecce, questa, con la sentenza oggi all'esame di questa Corte, ha rigettato l'appello dell'attuale ricorrente ritenendo fondata l'eccezione di legittimazione passiva riproposta, in sede di rinvio, dalla società appellata.

Da questo breve excursus dello svolgersi del processo emerge con evidenza che a fronte della decisione nel merito del giudice di primo grado, il quale implicitamente aveva, quindi, respinto l'eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dalla società convenuta,tale eccezione non è stata riproposta dalla società nel giudizio di appello instaurato dinanzi alla Corte territoriale di Bari con conseguente formarsi del giudicato sulla questione pregiudiziale relativa alla legittimazione passiva.

Infatti la mancata impugnazione del capo della sentenza che ha implicitamente deciso sulla questione pregiudiziale della legittimazione passiva, come ribadito di recente dalle Sezioni Unite di questa Corte (sent. 26 novembre 2011 n. 1764) costituisce sintomo di un comportamento incompatibile con la volontà di far valere in sede di impugnazione la questione pregiudiziale (che da luogo ad un capo autonomo della sentenza e non costituisce un mero passaggio interno della decisione di merito, come si desume dall'articolo 279 c.p.c., comma 2, nn. 2 e 4), in tal modo verificandosi il fenomeno dell'acquiescenza per incompatibilità, con le conseguenti preclusioni sancite dall'articolo 324 c.p.c. e dell'articolo 329 c.p.c., comma 2, in coerenza con i principi dell'economia processuale e della durata ragionevole del processo, di cui all'articolo 111 Cost.

Non è pertanto corretta in diritto la sentenza impugnata che, in sede di rinvio, ha deciso la causa in relazione alla questione pregiudiziale della legittimazione passiva non tenendo conto che su tale questione si era formato il giudicato implicito a seguito della mancata impugnazione della parte interessata del relativo capo.

In accoglimento del ricorso, pertanto,la sentenza della Corte di appello di Lecce va cassata con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte designata in dispositivo, che si adeguerà al principio sopra enunciato.

P.Q.M.



La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese di legittimità, alla Corte di Appello di Lecce in diversa composizione.